Pace a Voi Maggio 2011

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Pace a Voi Che cosa ci ha colpito di Giovanni Paolo II ? La sua profonda fede nella presenza di Dio e il suo spirito missionario: sono queste le due testimonianze di santità che Papa Giovanni Paolo II ha lasciato al mondo e che vedono nella santità il vero nuovo umanesimo. a grande fede nella presenza di Dio nella storia: Giovanni Paolo II ci ha fatto vedere come il Verbo è realmente incarnato nella storia, come questa incarnazione sia efficace e come vinca il male. Attraverso la profonda grazia nella presenza eucaristica del Signore supera tutte le barriere e i regimi antiumani. Come non ricordare che Giovanni Paolo II abbia vissuto i regimi nazista e comunista, ed abbia visto l'implosione e la distruzione di entrambi. La sua seconda testimonianza di santità: il suo grande spirito missionario. I viaggi del Papa erano attività missionaria vera e propria. Raggiungeva i confini della terra per annunciare il Vangelo di Cristo. Questi due pilastri trovano una sintesi nella sua costante preoccupazione per un nuovo umanesimo cristiano: Giovanni Paolo II era profondamente convinto quanto fosse necessario oggi un nuovo umanesimo, che non riduca la verità sull’uomo ma la presenti nella sua integralità e natura profonda. Perché l’uomo ridiventi tale, infatti, occorre che il suo baricentro sia posto fuori di lui, nell’Assoluto. Il Dio che diventa uomo è l’essenza del cristianesimo e il fondamento di ogni progetto autenticamente umano, il perno per un movimento di rinascita. Per ridare un’anima alla società occorre ridarla alla persona. Solo il rispetto della persona rende possibile una democrazia degna di questo nome. Ma per sanare le deviazioni e le cattive immagini dell’umano, occorre volgere lo sguardo verso Cristo. Dall’inizio alla fine del suo pontificato, egli non ha smesso di indicare questa come la missione della Chiesa di oggi. In quello che probabilmente è l’ultimo discorso pubblico pronunciato, il 10 gennaio 2005, Giovanni a cura della redazione di Pace a Voi Santo Subito L

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la Newsletter della Comunità Cattolica Shalom

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Pace a Voi

Che cosa ci ha colpito di Giovanni Paolo II ? La sua p ro f o n d a f e d e n e l l a presenza di Dio e il suo spirito missionario: sono q u e s t e l e d u e testimonianze di santità che Papa Giovanni Paolo II ha lasciato al mondo e che vedono nella santità il vero nuovo umanesimo.

a grande fede nella presenza di Dionella storia: Giovanni Paolo II ci hafatto vedere come il Verbo è

realmente incarnato nella storia, come questa incarnazione sia efficace e come vinca il male. Attraverso la profonda grazia nella presenza eucaristica del Signore supera tutte le barriere e i regimi antiumani. Come non ricordare che Giovanni Paolo II abbia vissuto i regimi nazista e comunista, ed abbia visto l'implosione e la distruzione di entrambi.La sua seconda testimonianza di santità: il suo grande spirito missionario. I viaggi del Papa erano attività missionaria vera e propria. Raggiungeva i confini della terra per annunciare il Vangelo di Cristo.

Questi due pilastri trovano una sintesi nella sua costante preoccupazione per un nuovo

umanesimo cristiano: Giovanni Paolo II era profondamente convinto quanto fosse necessario oggi un nuovo umanesimo, che non riduca la verità sull’uomo ma la presenti nella sua integralità e natura profonda. Perché l’uomo ridiventi tale, infatti, occorre che il suo baricentro sia posto fuori di lui, nell’Assoluto. Il Dio che diventa uomo è l’essenza del cristianesimo e il fondamento di ogni progetto autenticamente umano, il perno per un movimento di rinascita. Per ridare un’anima alla società occorre ridarla alla persona. Solo il rispetto della persona rende possibile una democrazia degna di questo nome. Ma per sanare le deviazioni e le cattive immagini dell’umano, occorre volgere lo sguardo verso Cristo. Dall’inizio alla fine del suo pontificato, egli non ha smesso di indicare questa come la missione della Chiesa di oggi. In quello che probabilmente è l’ultimo discorso pubblico pronunciato, il 10 gennaio 2005, Giovanni a cura della redazione di Pace a Voi

Santo SubitoL

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Paolo II affermava: “La Chiesa cattolica, per la sua natura universale, è sempre direttamente coinvolta e partecipe alle grandi cause per le quali l’uomo di oggi soffre e spera. Essa non si sente straniera alcun popolo, perché ovunque c’è un cristiano suo membro, tutto il corpo della Chiesa ne è coinvolto; ben più, ovunque c’è un uomo, lì v’è per noi un vincolo di fratellanza”. Ventisei anni prima, il 28 gennaio 1979, a Puebla, aveva ricordato che “La verità che dobbiamo all’uomo è innanzi tutto una verità sull’uomo stesso”. E la sua prima enciclica, la Redemptor hominis, aveva colpito profondamente il mondo per quell’indicazione programmatica così densa di significato: “L’uomo è la via della Chiesa… via che corre, in un certo modo, alla base di tutte quelle vie, per le quali deve camminare la Chiesa, perché l'uomo -  ogni uomo senza eccezione alcuna - è stato redento da Cristo, perché con l'uomo - ciascun uomo senza eccezione alcuna - Cristo è in qualche modo unito, anche q uando q ue l l ' u omo non è d i c i ò consapevole” (n. 14). In queste parole è facile riconoscere la voce del Concilio, l’eco in particolare di quel passo della Gaudium et spes in cui si ricorda che “Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” (n. 41). E l’arcivescovo di Cracovia, al Concilio, aveva dato un grande contributo alla stesura della costituzione pas tora le su l la Ch iesa ne l mondo contemporaneo.

C’è il filosofoe teologo Wojtyla dietro alla centralità della persona e della coscienza. C’è il vescovo che scende tra i suoi operai a celebrare la Messa natalizia di mezzanotte, all’aperto con dieci gradi sotto zero, perché fosse riconosciuto il loro diritto a riunirsi in preghiera. Quello che la Chiesa intende proporre è un umanesimo “all’altezza del disegno di amore di Dio sulla storia”, un umanesimo integrale e solidale la cui declinazione concreta non è mai definita per sempre, perché sempre nuove e diverse sono le sfide che l’uomo si trova a dover affrontare. In questo senso l’umanesimo cristiano è sempre nuovo. Le scelte concrete che giorno per giorno i cristiani debbono compiere sono particolarmente difficili. Lo sono tanto più nel contesto complesso di oggi; lo sono a fronte di valori quali la giustizia e la pace la cui affermazione

passa non solo attraverso la coscienza dei singoli ma attraverso la complessità dei rapporti tra le culture, tra le nazioni. I comportamenti da assumere sono affidati alla ragione e alla fede, al rischio, talvolta al dramma della libertà.La Dottrina sociale della Chiesa è per Giovanni Paolo II la bussola per orientare queste scelte: uno strumento affidato alle persone, alle comunità, ai popoli, perché lo possano usare per costruire, di tempo in tempo e di luogo in luogo, le risposte possibili, le più alte possibili, alla domanda di pace e di giustizia che si leva come un grido dalla vita di tanti popoli e di interi continenti. E questo senza dimenticare che il messaggio di cui la Ch ie sa è por ta t r i ce non s i f e rma al l ’or izzonte puramente umano ma spalanca le prospettive di un oltre non alienante e di pienezza. Scrive nell’enciclica Centesimus annus: “La dottrina sociale ha di per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione: in quanto tale, annuncia Dio e il mistero di salvezza in Cristo ad ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l’uomo a se stesso. In questa luce, e solo in questa luce, si occupa del resto: dei diritti umani di ciascuno e, in particolare, del ‘ p r o l e t a r i a t o ’ , d e l l a f a m i g l i a e dell’educazione, dei doveri dello Stato, dell’ordinamento della società nazionale e internazionale, della vita economica, della cultura, della guerra e della pace, del r ispetto al la vi ta dal momento del concepimento fino alla morte” (n. 54).

In sintesi, l’umanesimo auspicato da Giovanni Paolo II contiene una visione della società centrata sulla persona umana e i suoi diritti inalienabili, sui valori della giustizia e della pace, su un corretto rapporto tra individui, società e Stato, nella logica della solidarietà e della sussidiarietà. È un umanesimo capace di infondere un’anima allo stesso progresso economico, perché esso sia volto "alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo" (Populorum progressio, 14; Sollicitudo rei socialis,30).

La santità è il vero umanesimo, la risposta alle sfide di oggi ? L’ultima riflessione, a coronamento di quanto detto finora, riguarda proprio il tema della santità. Non si tratta di un’aggiunta, ma di una prospettiva che percorre ogni aspetto dell’insegnamento di Giovanni Paolo II. E’ la santità, infatti, la strada per trovare risposta alle sfide di oggi, il fondamento per la costruzione della civiltà dell’amore. È la santità il vero umanesimo: possiamo dire, parafrasando il Concilio, che chi percorre la via della santità si fa più uomo.Ma cosa intendere per santità? Quale progetto di vita ne deriva? Nella lettera post-giubilare Novo Millennio Ineunte, Giovanni Paolo II ci ricorda che non solo la santità è chiamata per tutti, ma che essa è l’unico modo di essere cristiani; e che rispetto a questa chiamata non esistono sconti, se non tradendo nella sua radice l'essere stesso della vita cristiana. Non c'è una misura media possibile, ma solo una “misura alta”.

Sappiamo la bellezza e la fatica a vivere ordinariamente secondo la prospettiva della santità. Ne conosciamo il fascino e lo incontriamo anche in uomini e donne che vivono accanto a noi… nelle tante persone semplici che vivono con intensità, con

amore, con disinteresse; che sanno voler bene anche in situazioni difficil i, e af frontano con pazienza –non con rassegnazione, ma con speranza- le durezze della vita; persone che accolgono la vita con riconoscenza, comunque essa sia; persone che sanno stare accanto agli altri non solo in maniera generosa, ma soprattutto umile e semplice; specialmente persone che sanno cogliere con spontaneità la relazione tra il mistero della loro vita e quella del Signore…

Queste persone - ci dice Giovanni Paolo II con le sue parole e molto più con i suoi gesti, con le figure che ha elevato sugli altari- ci aiutano a pensare che la santità è possibile, dentro le condizioni ordinarie della famiglia, del lavoro, delle relazioni sociali e politiche… Il loro esempio contesta dentro di noi il pensiero che essere santi sia un’esperienza per pochi eroi, o per personalità eccezionali.

La santità è vivere con gratitudine, r iconoscendo nella nostra esistenza quotidiana i segni attraverso cui il Signore si accompagna a noi e conduce la nostra vita; è accogliere l’inquietudine del cuore, che ci fa desiderare di continuo un “oltre” di pienezza e di eternità mai raggiunto, se non nell’orizzonte di Dio.

Santità è vivere senza calcolo, con gratuità e d i s in t e res se perc hé i l cuore ha riconosciuto altrove la propria ricchezza, in un tesoro che è amore e che è la relazione con la persona del Signore; santità è consentire che Dio ci rigeneri di continuo nella sua misericordia. Santità è vivere legando la propria vita al Signore Gesù e al suo mistero. Questo aspetto riassume e racchiude tutti gli altri: credo che oggi sia importante che riscopriamo che alla radice della nostra vita d i impegno , d i se r v i z io , f o r se d i coinvolgimento corresponsabile nella vita pastorale della comunità c’è la fede e che essa è amore, che ci lega al Signore e che in esso trova il senso della vita. Questa dimensione contemplativa – che non è difficile riconoscere anche in Giovanni Paolo II - fa sì che la vita di ogni giorno ci appaia in tutta la sua dignità e il suo significato quando semplicemente essa ci riporta a tratti della vita di Gesù; quando ci fa rivivere nella nostra vita ciò che è stato nella sua; semplicemente, quando ci consente nell’amore di continuare in noi il mistero della vita di Gesù e della sua Pasqua.

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ROMA - Ama, protezione civile, trasporto pubblico, assistenza sanitaria, polizia municipale arte ed eventi: superano i 3 milioni di euro i costi degli interventi necessari all'organizzazione del grande evento. Roma si mobilita in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II e per il lungo week end del primo maggio mezzi e uomini si concentreranno nelle zone calde della città dalla periferia al centro.

FONDI - I numeri della beatificazione di Karol Wojtyla: l'evento costerà 3,5 milioni di cui 2,6 milioni per i servizi essenziali come la pulizia, i trasporti, i vigili urbani e la protezione civile; 900 mila euro saranno per l'accoglienza ed i servizi collaterali. L'opera romana pellegrinaggi darà un contributo di 450 mila euro. Il piano del Campidoglio, attuato anche con un contributo dell'Opera romana pellegrinaggi, prevede interventi in tutti i settori.

PUNTI DI ACCOGLIENZA - Saranno 35 i punti di accoglienza e assistenza a fedeli e turisti: ai 10 Punti Informativi Turistici normalmente attivi, si aggiungeranno altri 25 punti temporanei, distribuiti in tutta la città, dal Circo Massimo, alle Stazioni Metro, arrivando fino al Porto di Civitavecchia. L'informazione telefonica sarà garantita dal Call Center ChiamaRoma 060606, operativo 24 ore su 24, e - con specifico riferimento alla parte più turistica e culturale - dal Call Center Turismo-Cultura-Spettacolo 060608. Sarà potenziato il Servizio di Emergenza Sociale mediante l'allestimento di 3 Unità di Strada, con a bordo due operatori specializzati, attivabili mediante chiamata a un numero verde appositamente dedicato (800.440.022); ci sarà un servizio di assistenza e di accompagno per persone disabili attivabile su chiamata a un numero verde dedicato (800.062.026) in collaborazione con l'Unitalsi

IL TRASPORTO PUBBLICO - Il piano pullman prevede 5.046 posti bus allestiti (per 267.438 trasportati) dislocati in 11 municipi. Il trasporto pubblico tra sabato e domenica sarà potenziato: «Riaprirà la linea A

fino alle due di notte e intensificato le linee di trasporto su gomma perché vogliamo "aprire le porte" ai fedeli che giungeranno nella nostra città», ha sottolineato Aurigemma. L’ultima corsa delle due linee di metro partirà all’01.30 di notte mentre il servizio, domenica primo maggio, scatterà alle 4 del mattino. Sempre per domenica sono previste navette dalle stazioni di Termini e Ostiense destinazione stazione San Pietro e dall’aeroporto di Ciampino alla stazione metro di Anagnina.

PIANO ASSISTENZA SANITARIA- L'Area 118 ha predisposto un piano sanitario che prevede l'attivazione di 1 ospedale da campo in Piazza Risorgimento; 14 Posti Medici Avanzati; 87 ambulanze; 120 squadre di barellieri; 2 Centri di coordinamento; 2 eliambulanze. Per tutta la durata dell'evento sarà attivo un numero verde sanitario (800.118.800) in grado di fornire informazioni e consigli sanitari agli utenti. Ci saranno inoltre 400 bagni chimici (di cui 58 per portatori di handicap) presso le aree parcheggio e piazze storiche. Ci sarà l'apertura straordinaria dei bagni fissi.

FORZE DELL'ORDINE - Saranno 3mila invece gli agenti di polizia municipale impegnati per regolare la viabilità. Anche la protezione civile scenderà in campo con i suoi 3.470 volontari e 150 volontari, 186 punti di prevenzione e assistenza e 10 punti mobili, 2 posti di comando avanzato, 7 aree di pronto intervento e 3 di monitoraggio e assistenza.

«La dislocazione è prevista nei luoghi di arrivo con presidi di pronto interventi nei luoghi principali - ha detto Profeta - sarà una grande festa e vogliamo viverla nel miglior modo possibile, a tutti suggerisco di seguire le indicazione che saranno date dal personale. La domenica sarà il giorno più impegnativo». Tra sabato e domenica saranno distribuite circa un milione di bottiglie di acqua e saranno allestite 3 unità di strada per l’emergenza sociale.

I numeri della beatificazione di Giovanni Paolo II

"Dàmose da fa!" "Volèmose bbene!""Semo romani!"

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Un lavoro dignitoso e stabile per tutti

" L a C h i e s a s o s t i e n e , conforta, incoraggia ogni sforzo diretto a garantire a tu t t i un lavoro s icuro, dignitoso e stabile". Lo ha affermato il Papa dinanzi alle migliaia di fedeli della dioces i d i Terni -Narni -Amelia ricevuti in udienza stamane, sabato 26 marzo, nell'Aula Paolo VI.

ari fratelli e sorelle, Sono molto lieto di accogliervi questa mattina e di rivolgere il mio cordiale saluto alle autorità presenti, alle lavoratrici e ai lavoratori e a voi tutti che siete venuti pellegrini alla sede di Pietro. Un saluto par ticolare al vostro Vescovo, Mons. Vincenzo Paglia, che ringrazio per le parole rivoltemi anche a nome vostro. Siete venuti numerosi a questo incontro - mi dispiace che

alcuni non siano più potuti entrare -, cogl iendo l 'occasione del trentesimo anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Terni. Oggi, vogliamo ricordarlo in maniera speciale per l'amore che mostrò per il mondo del lavoro; quasi lo sentiamo ripetere le prime parole che pronunciò appena giunto a Terni: "Scopo precipuo di questa visita, che si svolge nel giorno di San Giuseppe... è di portare una parola di incoraggiamento a tutti i lavoratori ed esprimere loro la mia solidarietà, la mia amicizia e il mio affetto" (Discorso alle autorità, Terni, 19 marzo 1981). Faccio miei questi sentimenti, e di cuore abbraccio tutti voi e le vostre famiglie. Nel giorno della mia elezione, mi sono presentato anch'io con convinzione come un "umile lavoratore nella vigna del Signore", ed oggi, assieme a voi, vorrei ricordare tutti i lavoratori e affidarli alla protezione di san Giuseppe lavoratore. Terni è segnata dalla presenza di una delle più grandi fabbriche dell'acciaio, che ha contribuito alla crescita di una significativa realtà operaia. Un cammino segnato da luci, ma anche da momenti difficili, come quello che stiamo vivendo oggi. La crisi dell'assetto industriale sta mettendo a dura prova la vita della Città, che deve ripensare il suo futuro. In tutto questo viene coinvolta anche la vostra vita di lavoratori e quella delle vostre

famiglie. Nelle parole del vostro Vescovo ho sentito l'eco delle preoccupazioni che portate nel cuore. So che la Chiesa diocesana le fa sue e sente la responsabilità di esservi accanto per comunicarvi la speranza del Vangelo e la forza per edificare una società più giusta e più degna dell'uomo. E lo fa a partire dalla sorgente, dall'Eucaristia. Nella sua prima lettera pastorale, L'Eucaristia salva il mondo, il vostro Vescovo vi ha indicato quale è la sorgente da cui attingere e a cui tornare per vivere la gioia della fede e la passione per migliorare il mondo. L'Eucaristia della Domenica è diventata così il fulcro dell'azione pastorale della Diocesi. È una scelta che ha portato i suoi frutti; è cresciuta la partecipazione all'Eucarestia domenicale, dalla quale parte l'impegno della Diocesi per il cammino della vostra Terra. Dall'Eucaristia, infatti, in cui Cristo si rende presente nel suo atto supremo di amore per tutti noi, impariamo ad abitare da cristiani la società, per renderla più accogliente, più solidale, più attenta ai bisogni di tutti, particolarmente dei più deboli, più ricca di amore. Sant'Ignazio di Antiochia, vescovo e martire, definiva i cristiani coloro che "vivono secondo la Domenica" (iuxta dominicum viventes), ossia "secondo l'Eucaristia". Vivere in maniera "eucaristica" significa vivere come un unico Corpo, un'unica

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a cura della redazione di Pace a Voi

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Vivere in maniera "eucaristica" significa vivere come un unico Corpo, un'unica famig l ia , una soc ie tà compagina ta dal l 'amore. L 'esor tazione ad essere "eucaristici" non è un semplice invito morale rivolto a singoli individui, ma è molto di più: è l'esortazione a partecipare al dinamismo stesso di Gesù che offre la sua vita per gli altri, perché tutti siano una cosa sola.In questo orizzonte si colloca anche il tema del lavoro, che oggi vi preoccupacon i suoi p rob lem i , sop ra t t u t t o que l l o de l l a disoccupazione. È importante tenere sempre presente che il lavoro è uno degli elementi fondamentali sia della persona umana, che della società. Le difficili o precarie condizioni del lavoro rendono difficili e precarie le condizioni della società stessa, le condizioni di un vivere ordinato secondo le esigenze del bene comune. Nell'Enciclica Caritas in veritate - come ricordava Mons. Paglia - ho esortato a non lasciare di "perseguire quale priorità l'obiettivo dell'accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti" (n. 32). Vorrei ricordare anche il grave problema della sicurezza sul lavoro. So che più volte avete dovuto affrontare anche questa tragica realtà. Occorre mettere in campo ogni sforzo perché la catena delle morti e degli incidenti venga spezzata. E che dire poi della precarietà del lavoro, soprattutto quando riguarda il mondo giovanile? E' un aspetto che non manca di creare angoscia in tante famiglie! Il Vescovo accennava anche alla difficile situazione dell'industria chimica della vostra Città, come pure ai problemi nel settore siderurgico. Vi sono particolarmente vicino, mettendo nelle mani di Dio tutte le vostre ansie e preoccupazioni, e auspico che, nella logica della gratuità e della solidarietà, si possano superare questi momenti, affinché sia assicurato un lavoro sicuro, dignitoso e stabile. Il lavoro, cari amici, aiuta ad essere più vicini a Dio e agli altri. Gesù stesso è stato

lavoratore, anzi ha passato buona parte della sua vita terrena a Nazareth, nella bottega di Giuseppe. L'evangelista Matteo ricorda che la gente parlava di Gesù come del "figlio del falegname" (Mt 13,55) e Giovanni Paolo II a Terni parlò del "Vangelo del lavoro", affermando che era "scritto soprattutto dal fatto che il Figlio di Dio, diventando uomo, ha lavorato con le proprie mani. Anzi, il suo lavoro, che è stato un vero lavoro fisico, ha occupato la maggior parte della sua vita su questa terra, ed è così entrato nel l 'opera del la redenzione dell'uomo e del mondo" (Discorso ai lavoratori, Terni, 19 marzo 1981). Già questo ci parla della dignità del lavoro, anzi della dignità specifica del lavoro umano che viene inserito nel mistero stesso della redenzione. È importante comprenderlo in questa prospettiva cristiana. Spesso, invece, v iene vis to solo come strumento di guadagno, se non addirittura, in varie situazioni nel mondo, come mezzo di sfruttamento e quindi di offesa alla stessa dignità della persona. Vorrei accennare pure al problema del lavoro nella Domenica. Purtroppo nelle nostre società il ritmo del consumo rischia di rubarci anche il senso della festa e della Domenica come giorno del Signore e della comunità.

Cari lavoratori e lavoratrici, cari amici tutti, vorrei terminare queste mie brevi parole dicendovi che la Chiesa sostiene, conforta, incoraggia ogni sforzo diretto a garantire a tutti un lavoro sicuro, dignitoso e stabile. Il Papa vi è vicino, è accanto alle vostre famiglie, ai vostri bambini, ai vostri giovani, ai vostri anziani e vi porta tutti nel cuore davanti a Dio. Il Signore benedica voi, il vostro lavoro e il vostro futuro. Grazie.

Ge sù s t e s so è s t a t o

l a vo r a t o r e , a n z i h a passato buona parte della

s u a v i t a t e r r e n a a Nazareth, nella bottega di

Giuseppe. L'evangelista Matteo ricorda che la

gente parlava di Gesù come de l "fig l io de l

falegname" (Mt 13,55) e Giovanni Paolo II a Terni

parlò del "Vangelo del lavoro", affermando che

era " scritto soprattutto dal fatto che il Figlio di Dio,

diventando uomo, ha lavorato con le proprie

mani.

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Andiamo a Madrid!

Questa estate, la Comunità S h a l o m t i i n v i t a a f a r e unʼesperienza diversa da tutte le altre:

il viaggio alla GMG di Madrid! Un percorso di 2 settimane, dal 9 al 23 agosto 2011, ci condurrà allʼincontro con il Santo Padre nella capitale spagnola. Prima, il nostro cammino ci condurrà in Provenza-Costa Azzurra, a Tolone e in Andalusia, nella bel l issima Granada, c i t tà dellʼAlhambra. E per finire, sul luogo della Celebrazione di chiusura della GMG il 21 agosto, parteciperemo tutti a u n a s o r p r e n d e n t e F e s t a Brasileira!

Vieni insieme a noi!

Informazioni:

389.0581387  06.86329582

Programma Prezzo: 600 € compreso: viaggio, inscrizione alla prejornada e iscrizione alla GMG.

Andiamo a Madrid!

Questa estate, la Comunità S h a l o m t i i n v i t a a f a r e unʼesperienza diversa da tutte le altre:

il viaggio alla GMG di Madrid! Un percorso di 2 settimane, dal 9 al 23 agosto 2011, ci condurrà allʼincontro con il Santo Padre nella capitale spagnola. Prima, il nostro cammino ci condurrà in Provenza-Costa Azzurra, a Tolone e in Andalusia, nella bel l issima Granada, c i t tà dellʼAlhambra. E per finire, sul luogo della Celebrazione di chiusura della GMG il 21 agosto, parteciperemo tutti a u n a s o r p r e n d e n t e F e s t a Brasileira!

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9 Agosto MartedìAl mattino, partenza in pullman da Roma. Arrivo in serata a Tolone (Francia). Alloggio messo a disposizione dalla diocesi di Tolone.

dal 16 al 21 Agosto Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Il gruppo Shalom seguirà il programma elaborato dal Comitato Organizzatore, partecipando agli eventi del Festival Culturale organizzati dalla Comunità (concerti di Davidson Silva, Alto Louvor; spettacolo teatrale Canto das I r i a s ) . L a d o m e n i c a 21 a g o s t o , partecipazione alla Festa Brasileira nel luogo .

Andiamo a Madrid!

Questa estate, la Comunità S h a l o m t i i n v i t a a f a r e unʼesperienza diversa da tutte le altre:

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10 Agosto MercoledìVisita della città di Tolone

dal 16 al 21 Agosto Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Il gruppo Shalom seguirà il programma elaborato dal Comitato Organizzatore, partecipando agli eventi del Festival Culturale organizzati dalla Comunità (concerti di Davidson Silva, Alto Louvor; spettacolo teatrale Canto das I r i a s ) . L a d o m e n i c a 21 a g o s t o , partecipazione alla Festa Brasileira nel luogo .

Andiamo a Madrid!

Questa estate, la Comunità S h a l o m t i i n v i t a a f a r e unʼesperienza diversa da tutte le altre:

il viaggio alla GMG di Madrid! Un percorso di 2 settimane, dal 9 al 23 agosto 2011, ci condurrà allʼincontro con il Santo Padre nella capitale spagnola. Prima, il nostro cammino ci condurrà in Provenza-Costa Azzurra, a Tolone e in Andalusia, nella bel l issima Granada, c i t tà dellʼAlhambra. E per finire, sul luogo della Celebrazione di chiusura della GMG il 21 agosto, parteciperemo tutti a u n a s o r p r e n d e n t e F e s t a Brasileira!

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11 Agosto Giovedì Al mattino, partenza per Granada (Spagna). Accoglienza e alloggio messo a disposizione dalla diocesi di Granada.

dal 16 al 21 Agosto Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Il gruppo Shalom seguirà il programma elaborato dal Comitato Organizzatore, partecipando agli eventi del Festival Culturale organizzati dalla Comunità (concerti di Davidson Silva, Alto Louvor; spettacolo teatrale Canto das I r i a s ) . L a d o m e n i c a 21 a g o s t o , partecipazione alla Festa Brasileira nel luogo .

Andiamo a Madrid!

Questa estate, la Comunità S h a l o m t i i n v i t a a f a r e unʼesperienza diversa da tutte le altre:

il viaggio alla GMG di Madrid! Un percorso di 2 settimane, dal 9 al 23 agosto 2011, ci condurrà allʼincontro con il Santo Padre nella capitale spagnola. Prima, il nostro cammino ci condurrà in Provenza-Costa Azzurra, a Tolone e in Andalusia, nella bel l issima Granada, c i t tà dellʼAlhambra. E per finire, sul luogo della Celebrazione di chiusura della GMG il 21 agosto, parteciperemo tutti a u n a s o r p r e n d e n t e F e s t a Brasileira!

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dal 12 al 14 Agosto Giorni nelle Diocesi a Granada: visita della città, con il famoso palazzo dell’Alhambra. Spettacoli artistici e concerti musicali, animazione liturgica. Nella serata di domenica 14 agosto, Veglia di preghiera.

22 Agosto LunedìSoggiorno a Tolone (Francia), con possibilità di trascorrere la giornata in spiaggia

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il viaggio alla GMG di Madrid! Un percorso di 2 settimane, dal 9 al 23 agosto 2011, ci condurrà allʼincontro con il Santo Padre nella capitale spagnola. Prima, il nostro cammino ci condurrà in Provenza-Costa Azzurra, a Tolone e in Andalusia, nella bel l issima Granada, c i t tà dellʼAlhambra. E per finire, sul luogo della Celebrazione di chiusura della GMG il 21 agosto, parteciperemo tutti a u n a s o r p r e n d e n t e F e s t a Brasileira!

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dal 12 al 14 Agosto Giorni nelle Diocesi a Granada: visita della città, con il famoso palazzo dell’Alhambra. Spettacoli artistici e concerti musicali, animazione liturgica. Nella serata di domenica 14 agosto, Veglia di preghiera.

23 Agosto MartedìAl mattino, partenza per Roma e arrivo in serata.

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Questa estate, la Comunità S h a l o m t i i n v i t a a f a r e unʼesperienza diversa da tutte le altre:

il viaggio alla GMG di Madrid! Un percorso di 2 settimane, dal 9 al 23 agosto 2011, ci condurrà allʼincontro con il Santo Padre nella capitale spagnola. Prima, il nostro cammino ci condurrà in Provenza-Costa Azzurra, a Tolone e in Andalusia, nella bel l issima Granada, c i t tà dellʼAlhambra. E per finire, sul luogo della Celebrazione di chiusura della GMG il 21 agosto, parteciperemo tutti a u n a s o r p r e n d e n t e F e s t a Brasileira!

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15 Agosto LunedìAl mattino, partenza per Madrid. Alloggio messo a disposizione dal Comitato Organizzatore

23 Agosto MartedìAl mattino, partenza per Roma e arrivo in serata.

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I costi della guerra si calcolano in miliardi di dollari. In tempo di crisi economica, e di forti tagli di bilancio per i settori del welfare state, siamo sicuri che questa sia la soluzione migliore per r i so lvere i problemi e c o n o m i c i dell’Occidente? I soldi che si spendono e si spenderanno potevano essere spesi per avviare una seria e duratura o p e r a z i o n e d i partenariato economico e culturale col mondo arabo e nord-africano.

redo abbia colpito tutti l'intervista di mons. Martinelli  vicario apostolico di Tripoli che al telefono non va per le spicce, con accenti biblici: «Ogni notte abbiamo il nostro inferno di bombe e boati. Quando sento gli aerei arrivare, mi chiedo i m m a n c a b i l m e n t e : “ Pe r c h é m i h a i abbandonato?”. È possibile vivere una situazione così assurda e difficile pensando di risolverla solo con la forza? Non bastano i desideri di prestigio e di vittoria, serve ragionevolezza e attenzione ai popoli!Non c’è altra forza vincente… La forza senza saggezza e sapienza è vana».Ci sono cristiani filippini – prosegue mons. Martinelli -, infermieri che lavorano negli ospedali e con grande dedizione continuano a svolgere il loro servizio tra i malati. Ci sono poi africani che cerchiamo di aiutare come possiamo. Certo, che la situazione è fonte di preoccupazione per tutti. Non c’è più lavoro come pr ima. Ma questa gente deve sopravvivere in qualche modo e l’appello è quello di come poterli aiutare materialmente. Cerchiamo di farlo finché è possibile”.Inotre il vicario apostolico di Tripoli esprime “una certa preoccupazione” per la situazione a Bengasi delle comunità religiose presenti nella regione. “Non riesco a comunicare con Bengasi – dice - per cui non so proprio cosa dire. I telefoni stamattina non connettono con Bengasi.   Il vicario sottolinea l'eroicità delle religiose di Bengasi: “Mi hanno detto che avevano deciso di restare, di restare

nonostante tutto. Mi hanno detto: siamo religiose, siamo infermiere. Non è questo il tempo opportuno per lasciare la gente che conosciamo e che serviamo da tanti anni”.

E nel frattempo si adopera con il vescovo di Tunisi per cercar di risolvere i problemi di alcune migliaia di emigrati somali, eritrei, congolesi che stazionano attorno alla cattedrale. Ma torniamo alla guerra.A nostro avviso ci sono diverse cose che non ci convincono in questa guerra, che più tempo passa e più sembra darci ragione, eccole:

1. Come i recenti eventi bellici,   Iraq,  Afghanistan,   Kosovo, in Serbia, in Rwanda. ci hanno insegnato, una guerra si sa come comincia, ma non come finisce. Lo abbiamo visto recentemente Ma, come scrive l’Annunziata su La Stampa, «l’attacco che l’Europa muove oggi a un alleato di trent’anni è comunque la certificazione di uno schema politico andato a male». Senza considerare il difficilissimo contesto diplomatico internazionale e la divisione nel campo degli attaccanti, con le prese di distanza da Francia e Gran Bretagna di Lega Araba, Brasile, Cina, Russia, Norvegia e ora anche Italia;

2. è una guerra giusta quella intrapresa? Per certi aspetti sì, perché una dittatura non è mai tollerabile, in nessun luogo e in nessun tempo.

Libia: Una guerra che lascia perplessi

Attualità

a cura della redazione di Pace a Voi

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Perche' nessun governo autoritario e men che meno democratico puo' bombardare civili indifesi Ma ci sono dubbi. Due profeti del cattolicesimo, tra i tanti citabili, Sergio Quinzio e Igino Giordani, parevano mettere dei limiti a queste giustificazioni: l’uno diceva che «la giusta guerra non è mai giusta», mentre il secondo titolò un suo libretto L’inutilità della guerra. È molto incerto il confine tra le due, soprattutto in questo caso.

3. le rivoluzioni in corso nel mondo nord-a f r i c a n o e a r a b o i n g e n e r e m e r i t e r e b b e r o u n ’ a t t e n z i o n e particolare da parte dell’Occidente e del l ’Europa in par t icolare, che potrebbe proporsi come un polo mediterraneo assolutamente unico di libertà, uguaglianza e fraternità – al proposito, scrive Predrag Matvejevic su La Repubblica: «Il Mediterraneo si presenta da tempo come uno stato di cose, ma non riesce a diventare un progetto» –. Alla luce di questo i n t e r ven to , ancora una vo l t a , l'Occidente e l'Europa,  rischiano come tante volte è accaduto in passato di apparire solo come un club di g u e r ra f o n d a i c o l o n i a l i s t i c h e desiderano spartirsi le ricchezze altrui, non avendo nei fatti una grande considerazione delle popolazioni locali. Dice Formigoni (e non solo Vendola): «Si rischia di alimentare il sentimento anti -occidentale». Le manifestazioni di lunedì in Egitto confermano questo timore;

4. Anche se l'attuale primavera africana non presenta i simboli del radicalismo islamista, rimangono comunque   forti le tendenze radicali e islamiste, soprattutto

nell ’Africa settentrionale, come testimonia anche il referendum del 20 marzo in Egitto.A nostro avviso, un'Europa avveduta, invece di puntare tutto   sulla fabbrica della paura   contro l'immigrato, dovrebbe appoggiare nei fatti (e non con le armi) le tendenze dialoganti e umaniste che esistono nel mondo arabo. La lunga storia coloniale dice che le armi servono ben poco a questo scopo.

5. parliamo del problema immigrazione: conflitti come quello in corso rischiano solamente di accelerare e ingigantire l a t e n d e n z a , p e r r a g i o n i q e o e c o n o m i c h e , d e l l e m a s s e nordafr icane (con afr icani sub-sahariani al seguito) a cercare rifugio a N o r d , e v a r c a r e q u i n d i i l Mediterraneo. Il flusso rischia di essere incontrollato e incontrollabile (vedi la situazione ormai insostenibile di Lampedusa, per la quale l’esecutivo dovrebbe fare di più e meglio), facendo lavorare a tempo pieno la fabbrica della paura e suscitando come   reazione comportamenti di xenofobia e razzisti, altrettanto incontrollate e incontrollabili nelle popolazioni europee. Mentre ora bisognerebbe poter gestire l’inevitabile flusso con spirito civile, di sacrificio, cosa che l’Europa non riesce a fare perche' la sua cultura in gran parte e' fondata sull'egoismo edonistico;

6. la guerra è il teatro principe della menzogna. Lo scrive Robert Fisk, il più grande war reporter vivente, che definisce i conflitti bellici come «il mercato delle buone e cattive notizie fabbricate». Le schermaglie tra attaccanti e difensori lo confermano anche questa volta: la menzogna è

norma nel la guerra. In questo momento ci sarebbe invece bisogno di verità, di conoscere i fatti nella loro veridicità e di accompagnare nella sincerità le difficoltà dei popoli nordafricani:

7. siamo sicuri che le guerre chirurgiche dell’Occidente non facciano alla fine tante, troppe vittime civili? Troppe vicende belliche smentiscono questa solida certezza di tanti politici e militari. Benedetto XVI l’ha ricordato invocando «innanzitutto la sicurezza dei cittadini». Anche sui  raid di questa guerra incombe ormai il dubbio atroce di avere colpito degli innocenti, anche perché il rais schiera scudi umani a difesa dei luoghi “sensibili”;

8. il conflitto in Libia rischia di far e sp lodere le seco lar i t ens ion i interetniche che oppongono tripolitani e cirenaici, con l’esito finale possibile di una spartizione del Paese. È questa la migliore soluzione auspicabile? Se lo chiede anche il generale Usa Zinni, tra i principali strateghi dell’avventura irachena, che stigmatizza «le idee confuse» della coalizione, chiedendosi se il risultato finale della guerra non sarà semplicemente «la divisione della Libia in due»;

9. l’Italia è particolarmente esposta alle r itorsioni di un regime ferito e rabbioso, che non ha mai fatto della razionalità il proprio credo. Tanto più, come sostiene il vescovo di Tripoli, mons. Martinelli, «che l’Italia fino a qualche giorno fa si dichiarava amicissima della Libia e ora invece lancia i suoi aerei contro di essa». Aggiunge il vescovo: «L’Italia era nelle condizioni di essere la vera mediatrice di questa situazione ingarbugliata, e i libici stessi, a quanto mi risulta, avevano cercato il contatto senza ottenere risposta». Ora il governo pare muoversi, ma in ritardo grave, rivendicando un’autonomia direzionale rispetto ai francesi,  muovendosi come la mosca cocchiera;

10. i costi della guerra si calcolano in miliardi di dollari. In tempo di crisi economica,  e di forti tagli di bilancio per i settori del welfare state, siamo sicuri che questa sia la soluzione migliore per risolvere i problemi economici dell’Occidente? I soldi che si spendono e si spenderanno potevano essere spesi per avviare una seria e duratura operazione di partenariato economico e culturale col mondo

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l carcere Mamertino, questo il nome con cui, fin dal medioevo, si indica l’antica prigione di Stato chiamata Tullianum.

E' formata da due ambienti sovrapposti, due celle di cui la superiore, il carcere Mamertino vero e proprio, l'inferiore il carcere Tulliano, probabilmente da tullus, polla d'acqua, la sorgente che vi scaturiva da temmpo immemorabile e che alimentava anche il Foro romano, la Fonte Giuturna sacra ai Dioscuri.

Il carcere costituiva una vera e propria sepoltura per i vivi; vi si gettavano insieme uomini e donne, condannati o arrestati in attesa di processo. Vi erano due settori: l'interior, assolutamente privo di luce, e l'exterior, dove i prigionieri potevano ricevere a volte qualche visita. I condannati erano stretti da ceppi: i compedes ai piedi e le manicae ai polsi. Era anche il luogo deputato alle esecuzioni capitali i prigionieri, dopo il trionfo, venivano calati attraverso una botola nel cubicolo inferiore per essere giustiziati. Vi furono uccisi Giugurta re dei Numidi, Vercingetorige re della Gallia, e Simone di Giora difensore di Gerusalemme dall'assedio di Tito. Il carcere e' posto sul Clivio Argentario al di sotto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, può essere considerata la più vecchia, e per molto tempo anche il  solo carcere di Roma e, secondo Livio, fu fatta realizzare da re Anco Marzio. La parte frontale, che è possibile osservare ancora oggi, risalirebbe all’avvio dell’Età Imperiale come sembra confermare anche l’incisione che riporta i nomi dei consoli M. Cocceio Nerva e C. Vibio Rufino: la data della sua realizzazione non è precisa ma può essere fissata negli anni tra il 39 e il 42 d.C. Questa parete avvolge una facciata ancora più antica, realizzata con mattoni in tufo della Grotta Oscura. Si può giungere all’interno passando attraverso un ingresso, aperto recentemente, che permette di avviarci verso una sala a forma trapezoidale, realizzata anch’essa con mattoni di tufo provenienti, questa vol ta, da Monteverde e dal l ’Aniene, e databi le approssimativamente verso la seconda metà del II secolo a.C.

Originariamente l’ingresso era caratterizzato da una piccola porta, ora sostituita da un muro, posta ad un livello maggiore rispetto alla pavimentazione odierna che sorgeva nella parete di destra. Oltrepassando questa piccola porta si poteva accedere agli altri vani del carcere, conosciuti con la denominazione di Lautumia e in quanto erano ottenuti scavando vecchie cave di tufo.

Sulla superficie del pavimento si può notare un’apertura circolare che in origine rappresentava l’unica via d’accesso verso l’area sottostante, a cui oggi si può giungere percorrendo una moderna scalinata. Quest’area era chiamata Tullianum ed era quella più nascosta della prigione e la più temuta dai prigionieri: al suo interno, infatti, erano scaraventati i prigionieri di stato che poi venivano uccisi per strangolamento. Tra i prigionieri ai quali fu destinata questa triste sorte è possibile ricordare: Seiano e i suoi figli nel 31 d.C.; il capo dei Galli, Vercingetorice, durante il 49 a.C.; i Catilinari, nel corso del 60 a.C.; il sovrano della Numidia, Giutura, durante il 104 a.C.; i partigiani di Gaio Gracco, nel corso del 123 a.C.

Secondo quanto narrato da un’antica tradizione qui vi furono imprigionati anche i futuri San Pietro e San Paolo, qui  che li vuole reclusi, per nove mesi, prima della fuga avvenuta grazie alla conversione dei carcerieri. In particolare sembra che San Pietro, durante la discesa nel Tullianum insieme a San Paolo, cadde battendo la testa contro un muro e lasciandovi la sua impronta.

Una scritta "In questo sasso Pietro dà di testa spinto da sbirri et il prodigio resta" indica il luogo dove S. Pietro, spinto dalle guardie mentre scendeva la scala, batté la testa lasciandovi un'impronta. Sempre secondo la tradizione, una volta rinchiusi al buio in questa stanza gli apostoli riuscirono a far scorrere per miracolo una sorgente d’acqua (la locuzione polla d’acqua deriva dal latino tullus, da cui viene ripreso il nome Tullianum). Gli apostoli, inoltre, riuscirono a convertire al cristianesimo Processo e Martiniano, i loro carcerieri, e una volta fatto ciò, lasciarono il carcere. Nella cella inferiore fu costruito un altare con bassorilievo bronzeo raffigurante Pietro che battezza i suoi carcerieri, Processo e Martiniano, da lui convertiti. Accanto una colonnina dove si dice fosse incatenato l'apostolo.

Sopra il Mamertino fu costruita una chiesetta , S. Pietro in Carcere che nel 1539 fu presa in enf i teusi per 14 scudi annui dall'Arciconfraternita dei Falegnami. Nel 1598 la chiesetta fu demolita e al suo posto eretta la chiesa di S. Giuseppe dei Falegnami su disegno di G.B. Montani. In simbiosi col carcere sottostante, la Confraternita ebbe il privilegio di liberare un condannato a morte alla vigilia della festività di San Giuseppe. Solo nel  Quattrocento il Carcere Mamertino fu ritenuto  sacro, fu consacrato nel 1726 a S. Pietro in Carcere.

Il carcere Mamertino: prigione di Pietro e Paolo

Roma Cristiana

Margherita Tabarro

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l Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse

tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo.

E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.

E il Signore mi dette tanta fede nelle chiese, che così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, poiché con la tua santa croce hai redento il mondo. Poi il Signore mi dette e mi dà tanta fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a causa del loro ordine, che se mi dovessero perseguitare voglio ricorrere ad essi.

E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie dove abitano, non voglio predicare contro la loro volontà.

E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori, e non voglio in loro considerare il peccato, poiché in essi io vedo il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dell’altissimo Figlio di Dio nient’altro io vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il sangue suo che essi soli consacrano ed essi soli amministrano agli altri.

E questi santissimi misteri sopra ogni cosa voglio che siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi.

E dovunque troverò i nomi santissimi e le sue parole scritte in luoghi indecenti, voglio raccoglierle, e prego che siano raccolte e collocate in un luogo decoroso.

E dobbiamo onorare e rispettare tutti i teologi e coloro che annunciano la divina parola, così come coloro che ci danno lo spirito e la vita.

E dopo che il Signore mi donò dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare; ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io con poche parole e semplicemente lo feci scrivere e il signor Papa me lo confermò.

E quelli che venivano per ricevere questa vita, davano ai poveri tutte quelle cose che potevano avere; ed erano contenti di una sola tonaca rappezzata dentro e fuori, quelli che volevano, del cingolo e delle brache. E non volevamo avere di più.

E dicevamo l’ufficio, i chierici come gli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster; a assai volentieri rimanevamo nelle chiese. Ed eravamo illetterati e soggetti a tutti. E io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare, e tutti gli altri frati voglio che lavorino di lavoro quale si conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio.

Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore chiedendo l’elemosina di porta in porta.

Il Signore mi rivelò che dicessi questo saluto: Il Signore ti dia pace. Si guardino i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non siano come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini. Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, ovunque sono, non osino chiedere lettera alcuna nella curia romana direttamente o per mezzo di interposta persona, né per le chiese, né per altri luoghi, né per motivo della predicazione, né per la persecuzione dei loro corpi, ma, dove non saranno ricevuti, fuggano in altra terra a far penitenza con la benedizione di Dio.

E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di darmi. E così io voglio essere schiavo nelle sue mani che non possa andare e fare oltre l’obbedienza e la sua volontà, poiché egli è mio signore. E sebbene

Maestri dello Spirito

Francesco d’AssisiTestamento (1226)a cura della redazione di Pace a Voi

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Piccolo testamento(Siena, maggio 1226) Scr i v i i l modo i n cu i benedico tutti i miei frati che sono ora nell’Ordine e che vi entreranno fino alla fine del mondo. E siccome per la mia debolezza e per la sofferenza della malattia non posso parlare, in tre p a r o l e m o s t r e r ò brevemente la mia volontà e la mia intenzione a tutti i frati presenti e futuri.Cioè: in ossequio alla mia memoria, alla benedizione e al testamento, sempre si amino tra loro come io li ho amati e li amo; sempre amino ed osservino nostra signora la santa povertà; e sempre siano fedeli sudditi dei prelati e chierici della santa madre Chiesa.

sia semplice ed infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico che mi reciti l’ufficio, così come è detto nella Regola.

E tutti gli altri frati siano tenuti ad obbedire così ai loro guardiani e a recitare l’ufficio secondo la Regola. E se si trovassero dei frati che non recitano l’ufficio secondo la Regola o volessero comunque variarlo, o non fossero cattolici, tutti i frati, ovunque sono, siano tenuti per obbedienza, appena trovato uno di essi, a consegnarlo al custode più vicino al luogo dove l’avranno trovato. E il custodia sia tenuto fermamente per obbedienza, a custodirlo severamente come un uomo in prigione, giorno e notte, così che non possa essergli tolto di mano, finché personalmente lo consegni nelle mani del suo ministro.

E il ministro sia tenuto fermamente per obbedienza a farlo scortare per mezzo di frati che lo custodiscano giorno e notte come un prigioniero, finché non lo consegnino al cardinale di Ostia, che è signore, protettore e correttore di tutta la fraternità.

E non stiano a dire i frati che questa è un’altra Regola; poiché questa è un ricordo, un’ammonizione, una esortazione e il mio testamento che io frate Francesco poverello faccio a voi, fratelli miei

benedetti, perché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore.

E il ministro generale e tutti gli altri ministri e custodi per obbedienza siano tenuti a non aggiungere e a non togliere niente a queste parole.

E sempre tengano con sé questo scritto insieme con la Regola. E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole. E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente per obbedienza che non aggiungano spiegazioni alla Regola e a queste parole dicendo: Così si devono intendere; ma come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere la Regola e queste parole con semplicità e purezza, così semplicemente e senza commento dovete comprenderle e santamente osservarle sino alla fine.

E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell’altissimo Padre, e in terra sia ripieno della benedizione del diletto Figlio suo col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi. Ed io, frate Francesco, il più piccolo dei frati, vostro servo, come posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. Amen.

 

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Dalla storia del movimento francescano lo stimolo non a rigettare l’economia, ma a viverla in un orizzonte di “uso sensato” e non di sperpero, nella logica del bene comune. Gli studi di Giacomo Todeschini su P ie t ro d i Giovann i U l i v i f ra te francescano,  S.Bernardino da Siena e la fondazione dei Monti di Pietà che anticipano lo sviluppo di ciò che Max Weber attribuiva, invece, a Calvino ed alla Riforma.

resentiamo una riflessione  sul volume di Giacomo Todeschini, Ricchezza francescana. Dalla povertà volontaria alla società di mercato, Il Mulino, Bologna 2004 (Intersezioni, 268), ISBN

88-15-09795-3, pp. 216. Il lavoro di  Todeschini invita a rileggere diversamente le conclusioni storiche di Max Weber nel suo famoso testo L’etica protestante e lo spirito del capitalismo. Il movimento francescano, proprio per la necessità di chiarire come dovessero essere considerati i beni da un lato nella vita dei frati e dall’altro nella vita dei laici che si rivolgevano ai frati ma erano chiamati a continuare la vita nelle loro famiglie e nella loro professione, si manifesta un crogiuolo della riflessione cristiana sull’economia (ben prima del pensiero di Calvino) nella chiarificazione della differenza fra usura e prestito a rischio del denaro, fra lusso e giusto uso dei beni, nell’orizzonte del bene comune che richiede non una mera enunciazione di intenzioni, ma una “organizzazione”, una “istituzionalizzazione” che lo sostenga e lo renda concretamente possibile.

Il Todeschini  conclude con un giudizio storico che non condivido per i seguenti motivi.

L'A. afferma che oltre  Francesco, che si era dato tutto a tutti, c'erano dei limiti storici nella riflessione francescana dovuti ad una interpretazione riduttiva della “comunità” che portava all’esclusione di coloro che non erano cristiani. Questo giudizio non lo condivido in quanto Francesco e i suoi fratelli vivevano in un'epoca in qui i legami

sociali erano fondati su una società istituzione sacrale, quindi nel migliore dei  casi in una "amicizia elettiva" e preferenziale; il movimento francescano invece, apre verso tutti i cristiani indistintamente.

 Cari fratelli e sorelle vogliamo introdurvi nella grandezza di san

Francesco e dei suoi confratelli non solo sul piano spirituale, della fede, ma anche e soprattutto di una fede incarnata nella storia. Il vangelo si fa carne per Francesco ed i suoi fratelli, per mostrare questa grandezza inizieremo il nostro itinerario dagli studi  avviati fin dal 1974, da Giacomo Todeschini che analizza il processo attraverso il quale i Frati minori, fautori della povertà volontaria, sono diventati, paradossalmente, gli ideologi della società di mercato. Già nella Premessa (pp.7-8) egli evidenzia come i francescani, proprio grazie alla scelta di una povertà volontaria, siano venuti elaborando un linguaggio economico che contribuì alla formazione delle categorie basilari del pensiero economico occidentale. Nel capitolo primo, Un’epoca di sviluppo e di organizzazione (pp.9-54), l’A. illustra il contesto che favorì la nascita e la diffusione della nuova ricchezza nei secoli XII e XIII; egli, in particolare, mette in evidenza l’importanza della figura dei mercanti, i quali erano a volte associati e a volte contrapposti agli usurai. Proprio perché le due categorie erano facilmente confondibili, fu necessaria la definizione delle caratteristiche soprattutto per quel che riguarda gli usurai, i quali venivano considerati tali poiché avevano come scopo quello di «tesaurizzare, accumulare non per investire e distribuire, ma per accumulare ancora» (p.22).

Tuttavia, proprio in questo contesto storico si fa avanti un nuovo concetto di povertà che non è soltanto quella dei miserabili, ossia di coloro che sono privi di occupazione e falliti economicamente a causa

Storia della Chiesa

a cura della redazione di Pace a Voi

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di carestie e guerre, ma soprattutto quella scelta da chi riconosceva la povertà di Cristo quale valore sociale concreto. Proprio in questo tempo, caratterizzato da un confronto serrato tra il legame con la terra, la bramosia del denaro e l’emergente civiltà mercantile, nacque Francesco d’Assisi, il quale, come tutti i poveri volontari, divenne «portavoce di un’economia del possibile e dell’eventuale» (p.44) che favorì l’invenzione di nuove categorie interpretative per un’autoconsapevolezza economica, la quale, fino a quel momento, si era nutrita di quanto elaborato da monaci ed ecclesiastici durante la lotta del papato con l’impero.

Nel capitolo secondo, Francesco e i francescani: la scoperta dell’altrove (pp.55-107), l’A. mette in evidenza come le scelte codificate nella Regola minoritica richiedano che la stessa povertà «[debba] essere “pensata” e praticata, ossia fatta funzionare» (p.61). Proprio per soddisfare questa esigenza, apparentemente contraddittoria, inizia un percorso di riflessione riguardante la ricchezza, quale corrispettivo contrario della privazione. E così, per praticare la povertà, «di denaro [...] si parla spesso negli scritti di Francesco e del primo francescanesimo» (p.66), anche nel caso in cui ciò serva a vietarne l’uso, addirittura quando quest’ultimo è necessario per soddisfare i bisogni umani fondamentali. Nella continua valutazione della giusta distanza tra bisogni concreti dei frati e ricchezza complessiva del territorio in cui si vive, come anche tra necessario e superfluo, vengono analizzate parole come “uso”, “utilizzo”, “proprietà”, “possesso”. L’attenzione viene focalizzata sulle ricchezze del creato, con la loro utilità, le quali – proprio a motivo della scelta della povertà – non devono essere possedute, ma soltanto usate e fatte circolare. In questo modo la predicazione francescana non poteva non assumere una connotazione politica. Soltanto quattro anni dopo la morte di Francesco, nel 1230 con la bolla Quo  elongati la scelta della povertà divenne oggetto di un’articolata discussione riguardante l’uso del denaro e delle cose, con la separazione, appunto, dell’“uso” dalla “proprietà”. Nell’ambito della predicazione tale riflessione si estese, per i Minori, alla differenza tra l’uso sensato e lo sperpero dei beni, applicandosi, cioè, all’uso dei beni economici. Così la propria scelta di povertà diventa esempio per quanti devono amministrare la ricchezza e che per far questo chiedono consiglio ai frati stessi. Nel contesto di questa problematica si distinse il frate provenzale Pietro di Giovanni Olivi, spirituale difensore dell’uso povero ed, allo stesso tempo, teorico della realtà mercantile, o per meglio dire, del problema del “giusto prezzo”. Egli seppe trovare risposte efficaci, attingendo proprio dalla tradizione francescana, separando l’uso del denaro dalla sua proprietà, ossia l’utilità dall’appartenenza, in modo da giustificare l’uso delle cose, senza però affermarne, appunto, la proprietà. In questo modo viene data la «possibilità ai ricchi che rimangono ricchi di essere simili ai poveri di Cristo» (p.99). Di conseguenza il denaro viene ad assumere un senso positivo consistente nell’«abilità mercantile a farlo circolare senza immobilizzarlo: a usarlo senza volerlo accumulare, a viverlo come un’unità di misura, e non come un oggetto prezioso» (p.100).

Il capitolo terzo, L’uso del mondo: da Narbonne a Genova (pp.109-157), continua nell’analisi della riflessione francescana iniziata dall’Olivi, ma anche da Giovanni Duns Scoto, sottolineando come un passo ulteriore è da rinvenire certamente nella distinzione tra l’usura, consistente nella vendita di denaro per altro denaro, e i giusti diritti sul denaro, spettanti a coloro che lo prestano. Il mercante stesso è ormai inteso da Olivi come un professionista capace di aiutare la comunità nella gestione del denaro e che, come tale, può commerciare il suo stesso lavoro a patto che venga riconosciuto pubblicamente come una persona di fede, ossia corretta e coerente nel suo parlare e agire. Il mercante, per Olivi e altri francescani dopo di lui, è considerato come il garante della felicità pubblica, in quanto capace di coordinare i rapporti tra produttori, consumatori e i diversi professionisti. In questo modo, egli diventa un uomo virtuoso, se non addirittura eroico, «interlocutore privilegiato dei poveri in Cristo» (p.131). Come protagonista della vita sociale, il mercante è considerato come il buon amministratore della famiglia e proprio per questo non ci deve essere separazione tra vita privata e quella pubblica, cioè tra vita economica e vita politica. Ciò che decide della moralità o meno

di un mercante è l’uso che egli fa del denaro, ossia se quest’ultimo diventa capitale da investire per il bene comune, oppure rimane oggetto di un’appropriazione egoistica.

Nell’ultimo capitolo, Il mercato come forma della società: da Barcellona a Siena (pp.159-207), l’A. individua le conseguenze della riflessione francescana: infatti, se il mercante deve essere colui che gode di buona fama, in quanto attento al bene comune ed alla felicità pubblica, diventa indispensabile fornire alcuni criteri per riconoscerlo, o meglio, per riconoscere chi non lo sia in modo autentico. Dato lo stretto legame tra attività commerciale ed attenzione alla comunità, ne consegue il fatto che non ci si possa fidare di coloro che vivono non pienamente integrati nella vita civica, come si riteneva allora avvenisse nel caso di ebrei ed eretici. Le loro attività sono giudicate dai francescani come la negazione dell’economia solidale e mercantile che deve, al contrario, caratterizzare il vero mercante. Ciò introduce un elemento di conflittualità tra economia cristiana e non cristiana, in quanto quest’ultima condotta da persone ritenute responsabili di bloccare la crescita del mercato, quali ebrei, donne che si occupano di ornamenti inutili, speculatori e oziosi. Ormai non sono più i singoli contratti a dire della moralità o meno di una condotta economica, ma le intenzioni che gli uomini d’affari dimostrano di avere nel loro operare. I mercanti sono divisi tra fedeli e infedeli e ciò diventa il presupposto ideologico della fondazione dei Monti di Pietà che verranno ad esprimere un progetto economico di sviluppo favorito dalle stesse autorità pubbliche.

Coloro che sono dediti all’economia devono essere uomini di fede, come mostrano le prediche di Bernardino da Siena, innanzitutto nella loro famiglia per poi esserlo nel mercato, a beneficio di tutta la città. Le ricchezze non devono essere accantonate improduttivamente, ma fatte circolare in modo produttivo. Persino la restituzione di ciò che è stato tolto ingiustamente va differita se essa va a scapito del bene di tutta la comunità, così come il fallimento di un commerciante incapace è da favorirsi se significa uscire da una situazione di improduttività. In questa maniera si spiega anche la predicazione contraria ai monili femminili che sottraggono ricchezza destinata all’utilità della comunità cristiana. Proprio quest’ultima è il fine ultimo della vita economica; pertanto quella predicata dagli osservanti è un’economia che contrappone coloro che appartengono alla comunità cristiana a chi non vi appartiene. L’avversione agli ebrei viene così ad essere determinata non da motivi “razziali”, ma economici.

Con il tempo il pensiero francescano si diffonde al punto che un uomo d’affari come Benedetto Cotrugli nel 1458 può scrivere che il mercante perfetto è colui che usa il denaro in modo spassionato e indifferente, da vero uomo sociale capace di gestire anche il potere. Al tempo della Riforma i francescani compaiono ormai raramente nell’ambito del dibattito economico, tuttavia, le loro idee avevano ormai significativamente contribuito a formare le categorie di un pensare economico, grazie al loro modo evangelico di usare il mondo che condanna qualsiasi tesaurizzazione improduttiva, mentre esalta i legami di reciprocità e solidarietà. Proprio la difficile scelta francescana della povertà, secondo l’A., «aveva potuto catalizzare e razionalizzare le tensioni di un mondo in trasformazione» (p.197). La comunità, il bene comune devono essere il fine delle attività economiche e proprio a partire da queste categorie sviluppate dal francescanesimo sarà facile giungere ad attribuire allo stato il compito di regolare il rapporto tra privato e pubblico.

Distanziandosi dal pensiero di Max Weber (protestantesimo)l’A. afferma che «in questa prospettiva, le posizioni etico-economiche di Giovanni Calvino ci appaiono radicate in un terreno assai più antico di quello costituito dalla Riforma» (p.198). Tuttavia,  Todeschini conclude affermando che proprio ciò che fu elaborato dai francescani in merito al profitto ed al mercato, se da una parte condusse ad un incivilimento e ad uno sviluppo della socialità nel vivere economico, dall’altra comportò il formarsi di un grosso gruppo di esclusi dalla felicità pubblica costituito proprio da infedeli, infami, incivili e poveri.Le ricche note che corredano il testo, così come l’Indice dei nomi

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Elenco delle pubblicazioni

Libri

• 1980 Un trattato francescano di economia politica: il De emptionibus et venditionibus, De usuris, De restitutionibus di Pietro di Giovanni Olivi (Roma, Istituto Storico Italiano per il Medioevo)

• 1989 La ricchezza degli ebrei. Merci e denaro nella riflessione ebraica e nella definizione cristiana dell'usura alla fine del Medioevo (Spoleto, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo)

• 1994 Il prezzo della salvezza. Lessici medievali del pensiero economico (Roma, La Nuova Italia Scientifica)• 2002 I mercanti e il tempio. La società cristiana e il circolo virtuoso della ricchezza fra medioevo ed età moderna

(Bologna, il Mulino)• 2004 Ricchezza francescana. Dalla povertà volontaria alla società di mercato (Bologna, il Mulino: traduzione inglese,

St. Bonaventure University, New York, 2008; traduzione francese, Verdier, Paris, 2008)• 2007 Visibilmente crudeli. Malviventi, persone sospette e gente qualunque dal medioevo all’età moderna (Bologna, il

Mulino) Articoli in Riviste Scientifiche

• 1976 Oeconomica franciscana. Proposte di una nuova lettura delle fonti dell'etica economica medievale, "Rivista di Storia e Lette-ratura Religiosa" XII 1, pp. 15-77.

• 1977 Oeconomica Franciscana II. Pietro di Giovanni Olivi come fonte per la storia dell'etica economica medievale, "Rivista di Storia e Letteratura religiosa" XIII 3, pp. 461-494.

• 1983 Teorie economiche degli ebrei alla fine del Medioevo. Storia di una presenza consapevole, "Quaderni Storici" 52 XVIII/1, pp. 181-225.

• 1987 Una polemica dimenticata: Sombart e "Die Juden und das Wirt-schaftsleben" nella discussione storiografica (1911-1920), in "Società e storia" 35, pp. 139-160.

• 1990 Familles juives et chrétiennes en Italie à la fin du Moyen Age: deux modèles de développement économique, in "Annales E.S.C." 45/4, pp. 787-817.

• 1992 "Quantum valet?" Alle origini di un'economia della povertà, in "Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medioevo" 98, pp. 173-234.

• 1995 Testualità francescana e linguaggi economici nelle città italiane del Quattrocento, in “Quaderni Medievali” 40, pp. 21-49.

• 1997 "Judas mercator pessimus". Ebrei e simoniaci dall'XI al XIII secolo, in "Zakhor. Rivista di storia degli ebrei in Italia" I, pp. 11-23.

• 1998 Stereotipi antisemiti: il serbatoio e il ghiacciaio. A proposito di un seminario italo-francese di studi, “Zakhor. Rivista degli Ebrei d’Italia” II, pp. 157-166.

• 1998 I vocabolari dell'analisi economica fra alto e basso medioevo: dai lessici della disciplina monastica ai lessici antiusurari (X-XIII secolo), in “Rivista Storica Italiana” 110/3, pp. 781-833.

• 1999 Linguaggi economici e linguaggi amministrativi: le logiche sacre del discorso economico fra VIII e X secolo, in “Quaderni Storici” 102/3, pp. 597-616.

• 2000 Ecclesia e mercato nei linguaggi dottrinali di Tommaso d’Aquino, “Quaderni Storici” 105/3, pp. 585-621.

• 2001 La scienza economica francescana e gli ebrei nel Medioe Evo: da un lessico teologico a un lessico economico, “Picenum Seraphicum” n. s. XX (2001), pp. 113-135.

finale, rendono il volume di Giacomo Todeschini, allo stesso tempo, di grande interesse scientifico per gli addetti ai lavori, ma anche facilmente fruibile dai meno esperti.L’A. con il suo volume presenta un aspetto del pensiero francescano poco conosciuto; normalmente, infatti, è la questione della povertà l’argomento ritenuto caratterizzante il pensare dei Minori. Leggendo il testo di Todeschini non si può non riconoscere l’inadeguatezza di uno studio che, ad esempio, approfondisca il pensiero di Olivi, inerente la povertà, escludendo le sue riflessioni riguardanti l’attività mercantile. Soltanto nella considerazione di entrambi gli elementi diventa non solo comprensibile, ma anche praticabile, quanto da lui indicato come peculiare del carisma di san Francesco d’Assisi. Possiamo dire che il pensiero francescano inerente l’economia,

presentato da Todeschini, rappresenti la risposta a quanto chiedeva il cardinal Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI), arcivescovo di Milano, nel discorso pronunciato ad Assisi il 4 ottobre 1958: «E’ possibile, Francesco, maneggiare i beni di questo mondo, senza restarne prigionieri e vittime? E’ possibile conciliare la nostra ansia di vita economica, senza perdere la vita dello spirito e l’amore? E’ possibile una qualche amicizia fra Madonna Economia e Madonna Povertà? O siamo inesorabilmente condannati, in forza della terribile parola di Cristo: “E’ più facile che un cammello passi per la cruna d’un ago che un ricco entri nel regno dei cieli?” (Mt 19,24)... Così insegnaci, così aiutaci, Francesco, a essere poveri, cioè liberi, staccati e signori, nella ricerca e nell’uso di queste cose terrene, pesanti e fugaci, perché restiamo uomini, restiamo fratelli, restiamo cristiani».

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• 2003 Carità e profitto nella dottrina economica francescana da Bonaventura all’Olivi, in “Franciscan Studies” (New York) 60, pp. 325-339.

• 2003 Fra stereotipi del tradimento e cristianizzazione incompiuta: appunti sull’identità degli ebrei d’Italia, in “Zakhor. Rivista di Storia degli Ebrei d’Italia” VI, pp. 9-20.

• 2003 Proprietà ebraica, potere cristiano, storia economica: la "sicurezza nella possessione dei propri beni" come forma della socialità, in "Parolechiave", XXX (2003), pp. 99-120.

• 2003 “Licet in maxima parte adhuc bestiales”: la raffigurazione degli Ebrei come non umani in alcuni testi altomedievali, in “Studi Medievali” 44/3 (2003) = Miscellanea in onore di Claudio Leonardi, pp. 1135-1150.

• 2007 Guardiani della soglia. I Frati Minori come garanti del perimetro sociale (XIII secolo), in “RetiMedievali-Rivista” 2007/1 (http://www.dssg.unifi.it/_RM/rivista/saggi/Todeschini_2.htm).

Saggi in Atti di Convegni e Seminari • 1976 Il problema economico in Bernardino, in Bernardino predicatore nella società del suo tempo, Todi, Centro di Studi

sulla Spiritualità Medievale, pp. 285-309.• 1979 Trasformazioni economico-istituzionali e insediamenti francescani nella valle dell’Esino fra XIV e XV secolo: ipotesi

di un’organizzazione di potere, in Nelle Marche centrali, I, Jesi, pp. 489-522.• 1977 Ordini mendicanti e coscienza cittadina, in “Mélanges de l’Ecole Française de Rome – Moyen Age, Temps Modernes”,

89/2, pp. 657-666.• 1985 Teorie economiche francescane e presenza ebraica in Italia (1380-1462 c.), in Il rinnovamento del

Francescanesimo. L'Osservanza, Assisi, Società Internazionale di Studi Francescani, pp. 195-227.• 1989 Gli ebrei medievali come minoranza attiva nella storiografia italiana degli ultimi trent'anni, in La storia degli ebrei

nell'Italia medievale: tra filologia e metodologia, M. G. Muzzarelli, G. Todeschini edd., Bologna (“Istituto per i beni artistici e culturali della Regione Emilia-Romagna. Documenti”, 29).

• 1991 Ebrei e Francescani a Trieste fra Tre e Quattrocento: falsificazione dell'univocità di un modello, in Il mondo ebraico. Gli ebrei tra Italia nord-orientale e im-pero asburgico dal Medioevo all'Età contemporanea, G. To-deschini, P. C. Ioly Zorattini edd., Pordenone, Studio Tesi, pp. 45-55.

• 1999 Ordini mendicanti e linguaggio etico-politico, in Etica e politica: le teorie dei frati mendicanti nel Due e nel Trecento, Assisi, Società Internazionale di Studi Francescani, pp. 5-27

• 2000 Credito localizzato, finanza internazionale e diaspora degli ebrei fra XIV e XV secolo, in Movimientos migratorios y expulsiones en la diaspora occidental, F. Miranda Garcia ed., Universitad Publica de Navarra, Pamplona.

• 2000 Razionalismo e teologia della salvezza nell’economia assistenziale del basso Medioevo, in Povertà e innovazioni istituzionali in Italia. Dal Medioevo ad oggi, V. Zamagni ed., Bologna, il Mulino.

• 2000 Credito ed economia della civitas: Angelo da Chivasso e la dottrina della pubblica utilità fra Quattro e Cinquecento, in Ideologia del credito fra Tre e Quattrocento: dall’Astesano ad Angelo da Chivasso, Asti (“Centro Studi sui Lombardi e sul Credito nel Medioevo”), pp. 59-83.

• 2001 La razionalità monetaria cristiana fra polemica antisimoniaca e polemica antiusuraria (XII-XIV secolo), in XXVI Semana de Estudios Medievales, Estella, Gobierno de Navarra, Departamento de Educacion y Cultura, Pamplona.

• 2004 Franciscan Economics and Jews in the Middle Ages: From a Theological to an Economic Lexicon, in Friars and Jews in the Middle Ages and Renaissance, S. McMichael, S. E. Myers edd., Leiden, Brill, pp. 99-117.

• 2006 La comptabilité à partie double et la "rationalitè" èconomique occidentale: Max Weber et Jack Goody, in Ecrire, compter, mèsurer. Vers une histoire des rationalitès pratiques, N. Coquery - F. Menant - F. Weber edd., Paris, Ed. Rue d’Ulm, 2006, pp. 67-76.

• Theological Roots of the Medieval/Modern Merchants' Self-Representation, in The Self-Perception of Early Modern "Capitalists", A conference at the Clark Library organized by Margaret C. Jacob, UCLA, and Catherine Secretan, Centre National de la Recherche Scientifique, New York, Palgrave-MacMillan, 2008.

• Christian Perceptions of Jewish Economic Activity in the Middle Ages, in Michael Toch (Hrsg.), Wirtschaftsgeschichte der mittelalterlichen Juden. Fragen und Einschtzungen, , München, Historisches Kolleg, Oldenbourg, 2008.

• Trésor admis et trésor interdit dans le discours économique des théologiens (XIe-XIIIe siècle), in Le Trésor au Moyen Âge. Pratiques, discours, images, L. Burkart, P. Cordez edd., “Micrologus” Firenze, ed. del Galluzzo, in corso di stampa

Capitoli in Libri

• 1990 Usus raptus. Denaro e merci in Giovanni da Capistrano, in A Ovidio Capitani. Scritti degli allievi bolognesi, M. C. De Matteis ed., Bologna, Patron, pp. 159-188.

• 1996 "Usura" ebraica e identità economica cristiana: la discussione medievale, in Ebrei in Italia, C. Vivanti ed., Torino, "Storia d’Italia. Annali", 11/1, Einaudi, pp. 291-318.

• 2000 Linguaggi economici ed ecclesiologia fra XI e XII secolo: dai Libelli de lite al Decretum Gratiani, in Studi in onore di Mario del Treppo, G. Rossetti, G. Vitolo edd., Napoli, Liguori, I, pp. 59-87.

• 2003 Infamia e defensio fidei fra XII e XIII secolo, in Ovidio Capitani: quaranta anni per la storia medievale, M. C. De Matteis ed., I, Bologna, Patron, pp. 129-139.

• 2005 La riflessione etica sulle attività economiche, in Economie urbane ed etica economica nell'Italia medievale, R. Greci ed., Bari, Laterza.

• Cristianesimo e modernità economica, in Il Cristianesimo e la modernità, D. Menozzi ed., Torino, Einaudi, 2008.• Gli Ebrei in Italia, in Storia della Cultura Italiana, vol. I, L. Cavalli Sforza ed., Torino, UTET, 2008. Curatele

• 1989 La storia degli ebrei nell'Italia medievale: tra filologia e metodologia, M. G. Muzzarelli, G. Todeschini edd., Bologna (“Istituto per i beni artistici e culturali della Regione Emilia-Romagna. Documenti”, 29).

• 1991 Il mondo ebraico. Gli ebrei tra Italia nord-orientale e im-pero asburgico dal Medioevo all'Età contemporanea, G. To-deschini, P. C. Ioly Zorattini edd., Pordenone, Studio Tesi.

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Maggio 2011

1. L'Ufficio dell’Assistenza Internazionale, che attualmente operativo a Civita Castellana, a partire dal mese di giugno sarà a Roma, in Via Costantino Maes, 104. 2. Ritiro Settimana Santa "CROCE E RISURREZIONE: UN’OPERA NUOVA"

Venerdì Santo, 22 aprile09.00 Lodi

09.45 Motivazione alla Preghiera

10.00 Preghiera con la Parola di Dio

10.40 Pausa

11.00 Preghiera Comunitaria (Celebrazione Motivata)

Sabato Santo, 23 aprile

15.00 Preghiera Iniziale

15.30 Formazione

16.30 Pausa

17.00 Preghiera Comunitaria (Celebrazione Motivata)

Domenica di Pasqua, 24 aprile

16.00 Messa di Pasqua (in comunità)

18.00 Rinfresco Fraterno

3. Pranzo dell’Amicizia, Lunedì di Pasquetta, 25 aprile Concerto di Davison Silva 4. Beatificazione Papa Giovanni Paolo II

            -  29 aprile – Spettacolo “Abisso” al GP2

            - 30 aprile – Veglia di preghiera e animazione alla Basilica di S. Anastasia 5. Viaggio Brasile

dal 26 luglio al 9 agosto. Fortaleza, Rio de Janeiro e Salvador. A Fortaleza parteciperemo al più grande festival cattolico del Brasile "Halleluya".

In Agenda

Missione Roma

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omenica 10 aprile nella parrocchia di Sant’Anna, a Pian Paradiso (parrocchia di cui la Comunità Shalom lì residente

ha la cura pastorale), si è tenuto il primo “Picnic per le famiglie”, con l'occasione del festeggiamento del compleanno di P. João (Responsabile della parrocchia) e Giuseppe (membro della comunità).

I parrocchiani, fratelli, membri dei gruppi di preghiera ed amici non sono mancati a questa bella iniziativa che ha avuto inizio con la tradizionale santa messa alle ore 11,00 e a seguire il picnic nel giardino della chiesa dove si è allestito un abbondante barbecue, da sfondo hanno fatto tanta musica, amicizia e un piacevole clima familiare che ha coinvolto tutti.

Picnic per le famiglieJosé Carlos Pontes Pasternak Junior

In Agenda Missione Civita CastellanaD

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DolciBonito

La primavera è alle porte e quest’anno invece di pensare a regali inutili facciamo posto a  qualcosa di davvero speciale. Acquista i nostri dolci, le nostre cioccolate.Si tratta di prodotti genuini e freschi che vengono prodotti in maniera artigianale dalla nostra comunita'.La nostra produzione si basa sul dialogo, la trasparenza e il rispetto dei consumatori.Inoltre acquistando i nostri prodotti oltre a gustare prodotti genuini, ci aiuterai nell'evangelizzazione e nello sviluppo di una cultura economica che pone al centro la persona.

I nos t r i conta t t i

Aiutaci  oraDonazioni Le  a%vità  missionarie  della  Comunità  Ca3olica  Shalom    sono  realizzate  

grazie  al  lavoro  di  volontari  e    sono  finanziate  tramite  so3oscrizioni,  

contribu<,  donazioni,    sia  pubbliche  che  private.  

IBAN:  IT02P0335901600100000008000    

ROMA (RM / Italia): Via Costantino Maes 104 - Quartiere nomentano - CAP 00162 - Tel. + 39 06 86 32 95 82; e-mail: [email protected] Comunità Cattolica Shalom-Roma

CIVITA CASTELLANA (VT / Italia): Via Flaminia - km 46,800 - CAP 01033 Tel: +39 07 61 17 62 471; e-mail: [email protected]

CECINA (LI / Italia): Chiesa Santa Famiglia - Via Ambrogi, s/n - CAP 57023.Tel. +39 05 86 69 12 13 / 32 85 62 10 60; e-mail: [email protected]

BIOGGIO (Svizzera): Via alla Chiesa - Centro San Maurizio, 6934. Tel: +41 91 66 6917; e-mail: [email protected]