Pace a questa casa

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ANNO XXVIII NUMERO 1 GENNAIO 2013 questa casa Pace a Veri operatori di pace sono, allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della pace. (Benedetto XVI)

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Mensile della Chiesa di Nola Gennaio 2013

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Veri operatori di pace sono, allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della pace. (Benedetto XVI)

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mensile della Chiesa di Nola

Il mondo cattolico difetta di comunica-zione e solidità. Molto, oltre ogni giu-

stificazione. E la stampa italiana difetta di conoscenza della Chiesa e del mon-do cattolico. Al punto che ogzni analisi e approfondimento, al contrario dei suoi propositi, produce solo confusione e falsi miti. Lo si è visto benissimo nella vicen-da che, in sintesi, potremmo denominare “endorsement dei credenti a Monti”.

Andiamo con ordine. Davvero il “mon-do cattolico”, in una specifica fase, ha scelto Mario Monti come “proprio” can-didato alle prossime elezioni? Alcuni os-servatori hanno messo insieme alcuni elementi e hanno risposto «si». In pri-mis l’intervista del cardinale Bagnasco al Corriere della sera lo scorso dicembre, intitolata «Non vadano sprecati i sacri-fici fatti dagli italiani». Poi l’attivismo del cosiddetto “forum di Todi”, organismo formato da sette associazioni sociali ispi-rate dalla Dottrina sociale della Chiesa, al quale però le organizzazioni laicali ec-clesiali (Azione cattolica, Rinnovamento nello spirito, Comunione e liberazione, Focolari, Cammino neocatecumenale…) non partecipano se non come “osser-vatori” e solo in particolari eventi pub-blici. Nel frattempo anche un editoriale de “L’Osservatore romano” riconosceva il contributo dato da Monti al ritorno di un certo modo di fare politica. Infine si è registrato il protagonismo, nella forma-zione delle liste che hanno come leader il premier uscente, di due leader come Andrea Riccardi, fondatore della Comu-nità di Sant’Egidio, e Andrea Olivero, ex presidente delle Acli. Per la stampa italiana, abituata a cercare la verità per non più di dieci nanosecondi, il dado era già tratto: «La Chiesa è con Monti». Dimenticando alcuni particolari non da poco. Uno: quanto detto da Bagnasco al Corriere, e poi ribadito dall’Osservatore romano, rappresenta non un’investitura, ma il trasparente riconoscimento dei ri-sultati finanziari raggiunti dall’esecutivo dei tecnici. Tre mesi fa anche Bersani, Berlusconi, la Repubblica, il Corriere e le più svariate voci “influenti” del Paese affermavano la stessa identica cosa. Dire che Monti ha messo i conti a posto con l’aiuto incredibile dei cittadini onesti, che

azzerare questo lavoro sarebbe di una gravità inaudita, è quasi un’ovvietà. È semmai discutibile che l’inizio della cam-pagna elettorale abbia portato Pd e Pdl a prendere le distanze dalle politiche che loro stesso hanno approvato in Aula. Allo stesso tempo, i media hanno dimenticato i forti appelli dello stesso Bagnasco, e di tutti i vescovi italiani, a riprendere seria-mente tra le mani la “questione sociale”, evidentemente trascurata dall’esecutivo dei professori.

Insomma, leggere le parole della Cei con le lenti del politichese rischia di es-sere fuorviante. Così come è fuorvian-te parlare di “mondo cattolico” come di un monolite che ragiona, agisce e vota con una sola testa e una sola mano. Già Todi è – nella sua struttura base con 7 associazioni – un contenitore eteroge-neo e nel quale, in varie fasi, si sono contrapposti diversi scenari e prospetti-ve di lavoro. Ma semplicemente pensa-re che le associazioni ecclesiali storiche, dall’Ac ai Neocatecumenali, si prestino a modificare la loro natura per sposare un nuovo collateralismo, beh, questo è semplicemente incredibile. Nel senso di non-credibile. Quasi uno scherzo, una beffa. Così come è incredibile pensare che aggregazioni laicali molto diffuse e molto popolari si facciano dettare la linea politica da un prelato anziché da un altro, per trasmetterla poi con una circolare a migliaia di aderenti e simpatizzanti. Solo immaginarlo fa ridere.

Follie dell’ignoranza. Però, se è vero che ci sono le colpe dei media, ci sono quelle specifiche del mondo cattolico. Perché, in diversi anni di cooperazione e dialogo sulle questioni sociali e politiche, le organizzazioni dei credenti non sono

Sempre alto il rischio che l’impegno per il bene comune di chi crede venga strumentalizzato

IL “MONDO CAttOLICO” IN POLItICA di Marco Iasevoli

riuscite a far passare innanzitutto un me-todo e dei contenuti? Perché i loro mes-saggi vengono letti in modo ambiguo, come se sempre contenessero dei sotto-messaggi? Perché ancora non si riesce a sciogliere il nesso tra singoli cattolici che scendono o salgono in campo e i movi-menti da cui provengono?

Un motivo, forse parziale, c’è, ed è co-municativo – non in senso mediale, però, ma in senso di posizionamento chiaro nel dibattito pubblico -: i cattolici non riesco-no ancora a rappresentarsi pienamente come forza positiva e “utile” per tutto il Paese, senza distinzioni di campo. Au-toemarginandoci e vittimizzandoci come minoranza perennemente sotto assedio, ciascuno avverte poi il dovere di difen-dersi da questa o quella forza politica, o di aggrapparsi ad una di esse suppli-cando il leader di turno di tenere in vita brandelli della nostra identità e alcuni dei nostri valori. L’alternativa, richiamata quando all’autoemarginazione si associa anche un certo nostalgismo, è il ritorno al “partito dei cattolici”.

Il mondo vasto, complesso ed etero-geneo dei credenti sfuggirebbe invece alle semplificazioni giornalistiche se inve-ce riuscisse a salire un gradino più su, a raccogliere il meglio della sua storia e della sua elaborazione antropologica, so-ciale, politica, culturale e istituzionale, a metterla a disposizione di tutte le diverse agende programmatiche che si offrono ai cittadini. Se ne guadagnerebbe in auto-revolezza e libertà.

Per fortuna, stavolta a spazzare via le semplificazioni sono arrivate le liste. “Pattuglie di cattolici” sono in tutte le coalizioni, il forum di Todi è a destra, a sinistra e al centro, singoli delle aggrega-zioni ecclesiali si trovano sotto numerosi simboli, e dunque il “caso-endorsement” pare evaporato. Ma il tema resta tutto lì: se è vero che il tempo chiama i cattoli-ci ad un rinnovato protagonismo, come fare in modo che l’impegno di chi crede non venga strumentalizzato, stiracchiato, schiaffeggiato e infine sminuito a gioco di parte?

in Dialogo mensile della Chiesa di NolaRedazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985Direttore responsabile: Marco IasevoliCondirettore: Luigi MucerinoIn redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]], Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]],Antonio, Averaimo, Enzo FormisanoStampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)Chiuso in redazione il 26 gennaio 2013

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03gennaio 2013

La Terza Pagina

La pace nelle parole del Papa

UNA NUOVA UMANItàdi Francesco Iannone

Il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della Pace 2013 ha

generato molto rumore mediatico. L’ac-cenno alla tutela della vita e alla strut-tura naturale del matrimonio, che “va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equi-valente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale” (n.4) ha provocato l’ennesimo gratuito attacco alla Chiesa omofoba e al Papa libertici-da. In realtà ci sembra che si sia voluto “silenziare”o almeno depotenziare con una lettura colpevolmente parziale la carica profetica di una parola autorevole sottolineando poche righe isolate dal loro contesto e dimenticando tutto il resto. La verità è che questo messaggio per la Giornata mondiale della pace 2013 - a partire dalla lettura sapienziale della be-atitudine evangelica “Beati gli operatori di pace”, nelle sue declinazioni pratiche si concentra su due grandi poli: da una parte il legame tra la pace e una certa concezione dell’uomo e della sua vita; dall’altra il legame altrettanto profondo tra la pace e un nuovo modello dell’e-conomia fondato sulla giustizia, che è l’unica risposta autentica alla crisi che stiamo vivendo. Su entrambi i versanti il Papa ha espressioni molto forti: eccone tre esempi. «Coloro che non apprezza-no a sufficienza il valore della vita uma-na e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’abor-to, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. La fuga dalle responsa-bilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace». E poi ancora: «tra i di-ritti e i doveri sociali oggi maggiormente

minacciati vi è il diritto al lavoro. Ciò è dovuto al fatto che sempre più il lavoro e il giusto riconoscimento dello statuto giuridico dei lavoratori non vengono ade-guatamente valorizzati, perché lo svilup-po economico dipenderebbe soprattutto dalla piena libertà dei mercati. Il lavoro viene considerato così una variabile di-pendente dei meccanismi economici e finanziari. A tale proposito, ribadisco che la dignità dell’uomo, nonché le ragioni economiche, sociali e politiche, esigono che si continui « a perseguire quale pri-orità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti». Infine: «La sollecitudine dei molteplici opera-tori di pace deve inoltre volgersi – con maggior risolutezza rispetto a quanto si è fatto sino ad oggi – a considerare la cri-si alimentare, ben più grave di quella finanziaria. Il tema della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari è tornato ad essere centrale nell’agenda politica internazionale, a causa di crisi connes-se, tra l’altro, alle oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole, a comportamenti irresponsabili da parte di taluni operatori economici e a un insuf-ficiente controllo da parte dei Governi e della Comunità internazionale».

Bastano questi tre passaggi (ma sa-rebbe interessante per tutti la lettura in-tegrale del Messaggio…) per rimpiangere l’occasione perduta dalla maggior parte dei “media” di dar vita a un confronto su un tema tanto vitale quanto disatteso: la pace autentica è frutto di una umanità rinnovata nel cuore e nelle opere. Essa non è il risultato precario di strategie politiche o accordi diplomatici che si ac-contentano della tregua, ma il frutto che matura grazie all’impegno di operatori di pace. In tempi di dilagante disoccupa-zione, l’affermazione netta da parte del Papa del diritto al lavoro come essenziale per la dignità della persona umana suo-na come un grido di allarme, che chiede

una riflessione molto più profonda e de-cisa sulla trasformazione dei “modelli di sviluppo” che ci hanno portato al punto in cui siamo e in cui sono assenti quei principi di fraternità, solidarietà, gratuità che devono garantire la dimensione ve-ramente umana dell’ordine economico, sociale, politico. È indispensabile, allo-ra, che le varie culture odierne superino antropologie ed etiche basate su assunti teorico-pratici meramente soggettivistici e pragmatici, in forza dei quali i rapporti della convivenza vengono ispirati a criteri di potere o di profitto, i mezzi diventano fini e viceversa, la cultura e l’educazione sono centrate soltanto sugli strumenti, sulla tecnica e sull’efficienza. La negazio-ne di ciò che costituisce la vera natura dell’essere umano, nelle sue dimensioni essenziali, nella sua intrinseca capacità di conoscere il vero e il bene e, in ulti-ma analisi, Dio stesso, mette a repenta-glio la costruzione della pace. Senza la verità sull’uomo, iscritta dal Creatore nel suo cuore, la libertà e l’amore sviliscono, la giustizia perde il fondamento del suo esercizio. Scrive il Papa: “Per diventare autentici operatori di pace sono fonda-mentali l’attenzione alla dimensione tra-scendente e il colloquio costante con Dio. Così l’uomo può vincere quel germe di oscuramento e di negazione della pace che è il peccato in tutte le sue forme: egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste (…) La pace è ordine vivificato ed integrato dall’amore, così da sentire come propri i bisogni e le esigen-ze altrui, fare partecipi gli altri dei propri beni e rendere sempre più diffusa nel mondo la comunione dei valori spirituali”. Solo così la pace non è un sogno, non è un’utopia ma diviene possibile laddo-ve operatori di pace dal “cuore nuovo” e dallo “spirito nuovo” renderanno pos-sibile una “nuova alleanza” tra Dio e l’u-manità.

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mensile della Chiesa di Nola

Riparte la Scuola di Formazione Socio-Politica

PACE, SVILUPPO, AMBIENtEdi Alfonso Lanzieri

Un capitolo importante del messag-gio di Papa Benedetto XVI per la

46esima giornata mondiale della pace dello scorso 1o gennaio era dedicato all’indicazione di un nuovo modello di sviluppo e di economia visto quale uno tra i necessari fattori per la co-struzione della pace nel mondo. «Da più parti – ha scritto il Papa - viene riconosciuto che oggi è necessario un nuovo modello di sviluppo, come an-che un nuovo sguardo sull’economia. Sia uno sviluppo integrale, solidale e sostenibile, sia il bene comune esigo-no una corretta scala di beni-valori». In riferimento al concetto di “svilup-po” Benedetto XVI usa due aggetti-vi di grande rilevanza: “integrale” e “sostenibile”. In sostanza, sembra suggerire il Papa teologo, ripensando il modello di crescita mondiale occor-re tener presente da un lato ‛tutto’ l’uomo (non soltanto l’homo oeco-nomicus), dall’altro la sostenibilità culturale, sociale e ambientale del processo. In tale prospettiva, allora, appare particolarmente azzeccata la scelta del tema per la lezione inaugu-rale del secondo anno della Scuola di Formazione all’impegno socio-politico

promossa dalla Diocesi di Nola: “Am-biente, lavoro e sviluppo”. Svoltosi presso il Seminario Vescovile di Nola, l’appuntamento ha rappresentato il riavvio della fortunata esperienza partita lo scorso anno, tesa a formare cittadini consapevoli e capaci di pro-porsi, ove opportunità e possibilità lo permettano, come attivi protagonisti dell’impegno sociale e politico.

Dopo il momento di preghiera e i saluti iniziali di Mons. Pasquale D’O-nofrio, vicario episcopale della diocesi di Nola, la parola è passata alla prof.ssa Pina De Simone, docente della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale, la quale - richiamandosi alle parole pronunciate dal vescovo Beniamino Depalma lo scorso anno - ha ricordato gli obiettivi del percorso formativo socio-politico: «Lo scopo è poter incidere da cristiani nel tessuto della nostra società per contribuire, ciascuno secondo le sue possibilità, alla costruzione del bene comune. Per fare questo occorrono competen-ze per acquisire adeguati criteri di let-tura della realtà, adatti alla comples-sità del mondo che ci circonda. Serve saper leggere la società senza stere-

otipi, sterili enunciazioni di principio o luoghi comuni. Anche quest’anno, insomma, vogliamo studiare, nel senso letterale del termine: vogliamo unire sempre più passione limpida e competenze profonde, anche nelle speranza di fornire competenze utili ad un impegno diretto in ambito po-litico per quanti vorranno». Rispetto allo scorso anno – ha poi spiegato la prof.ssa De Simone – la scuola socio-politica vuole fermarsi su questioni specifiche, il lavoro e l’ambiente, pro-vando a pensarle e trattarle «in ter-mini concreti e progettuali».

Chiarito l’orizzonte di riferimento, il prof. Luigi Fusco Girard, docente della Facoltà di Architettura dell’Uni-versità Federico II, ha iniziato la sua relazione sul tema previsto.

«Anzitutto una premessa: quale politica per il nostro territorio? Quale modello di sviluppo possibile? La no-stra terra – ha argomentato il profes-sor Fusco Girard - non è attrattiva per gli investimenti soprattutto per l’inef-ficienza della politica e dei servizi. In queste circostanze costruire il bene comune e un futuro a misura d’uomo vuol dire, anzitutto, migliorare le no-

Obiettivi e contenuti del percorso formativo

La scuola diocesana di For-mazione all’impegno socio-politico si prefigge di contri-buire all’edificazione di una cittadinanza attiva, educata ai valori della Costituzio-ne italiana e del Magistero sociale della Chiesa. Tale obiettivo è perseguito me-diante un’offerta formativa finalizzata a dotare i par-tecipanti delle necessarie conoscenze e competenze, per comprendere la realtà politica ed economica ed operare in essa. Il percor-so formativo è strutturato in adesione di far emerge-re e coltivare la vocazione all’impegno sociale e politi-co. Il percorso formativo è articolato su due gruppi.

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Pace a quesTa casa

stre città. Sì, la mia tesi è questa: la città è la grande sfida del XXI secolo. Città ricche rappresentano – i dati economici lo indicano inequivocabil-mente – ricchezza per le rispettive nazioni».

In tal senso, allora, ha chiarito ancora il relatore, diventano fonda-mentali le politiche urbane, capaci di implementare i vari tipi di “capi-tale” presenti nei territori: naturale, artificiale (le infrastrutture), umano, simbolico-culturale e spirituale. Sulla base di queste argomentazioni, allo-ra, il prof. Fusco Girard ha invitato il folto uditorio – tra cui sedevano an-che alcuni sindaci e amministratori locali – a un cambiamento di men-talità: «lo sguardo non deve esse-re più rivolto anzitutto alle risorse economico-finanziarie; la ricchezza sta in primo luogo nella gente, nella capacità degli individui di cooperare per produrre ricchezza. In tal sen-so, dunque, diventano fondamentali concetti come formazione, cultura e cooperazione». È importante notare quanto convergenti siano state le pa-role che il Papa ha usato nel messag-gio per la pace: «per uscire dall’at-tuale crisi finanziaria ed economica – che ha per effetto una crescita del-le disuguaglianze – sono necessarie persone, gruppi, istituzioni che pro-muovano la vita favorendo la creati-vità umana per trarre, perfino dalla crisi, un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico.

Quello prevalso negli ultimi decenni postulava la ricerca della massimizza-zione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esi-genze della competitività. In un’altra prospettiva, invece, il vero e duratu-ro successo lo si ottiene con il dono di sé, delle proprie capacità intellet-tuali, della propria intraprendenza». Occorre quindi un nuovo paradigma culturale.

E proprio facendo leva sul tasto culturale che il titolare della cattedra di Economia ed Estimo Ambientale ha introdotto e spiegato il concetto di “green economy”. «Un modello eco-nomico – ha illustrato Fusco Girard – che tiene conto dell’impatto e della sostenibilità ambientali di un certo regime di produzione».

Quest’approccio innovativo pro-pone come soluzione misure econo-miche, legislative, tecnologiche e di educazione pubblica in grado di ri-durre il consumo d’energia, di risorse naturali e i danni ambientali promuo-vendo al contempo un modello di svi-luppo sostenibile attraverso l’aumen-to dell’efficienza energetica capace di procurare una riduzione dell’inquina-mento locale e globale, fino all’istitu-zione di una vera e propria economia sostenibile e duratura servendosi pre-valentemente di risorse rinnovabili e procedendo al più profondo riciclag-gio di ogni tipo di scarto domestico

o industriale evitando il più possibile sprechi di risorse. Questo vuol dire mettere in atto una strategia che fa leva – ha chiarito il relatore - sui concetti di «circolarizzazione» dell’e-nergia e «messa in sinergia» delle risorse e delle forze in campo. «Dati alla mano, dove questa strategia eco-nomica è stata attuata – ha concluso il relatore – si è avuto un pieno rilan-cio economico delle località urbane interessate. tutto questo è possibile solo dove buone istituzione incon-trano una cultura capace di immagi-nare in maniera creativa il rapporto tra territorio e sviluppo economico». tutto questo nell’ottica di uno svilup-po economico vissuto non soltanto come approvvigionamento di risorse da consumare qui ed ora, ma come creazione, servizio, dono di sé, mo-dificazione benevola e generosa del mondo, che unisce cura di sé, dell’al-tro presente, e delle generazioni fu-ture. Nell’impegno per la costruzione della vera pace che nasce, anzitutto, dall’edificazione di un luogo ospitale per la coesistenza. «Nell’attività eco-nomica – scriveva ancora Papa Be-nedetto - l’operatore di pace si confi-gura come colui che esercita l’attività economica per il bene comune, vive il suo impegno come qualcosa che va al di là del proprio interesse, a beneficio delle generazioni presenti e future. Si trova così a lavorare non solo per sé, ma anche per dare agli altri un futuro e un lavoro dignitoso».

Guarda su www.dioicesinola.it il video dell’inaugu-razione del secondo anno della scuola socio-politica

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mensile della Chiesa di Nola

Solo una comunicazione verace e ispirata a giustizia e carità genera la pace

PACE: QUEStIONE DI COMUNICAzIONEdi Mariangela Parisi

Era il 4 dicembre 1963 quando fu promulgato il decreto Inter Mirifi-

ca: sugli strumenti di comunicazione sociale, primo dei 9 decreti frutto del Concilio Vaticano II. «Non c’è dub-bio - si legge al n.5 del testo - che l’informazione, dato il progresso rag-giunto dalla società moderna, ed at-tese le sempre più strette relazioni d’interdipendenza tra i suoi membri, è diventata utilissima ed anzi, per lo più, una necessità […] È perciò inerente alla società umana il diritto all’informazione su quanto, secondo le rispettive condizioni, interessa gli uomini, sia come individui che come membri di una società. Tuttavia, il retto esercizio di questo diritto esi-ge che la comunicazione sia sempre verace quanto al contenuto e, salve la giustizia e la carità, completa; inol-tre, per quanto riguarda il modo, sia onesta e conveniente, cioè rispetti ri-gorosamente le leggi morali, i diritti e la dignità dell’uomo, sia nella ricerca delle notizie, sia nella loro diffusio-ne. Non ogni conoscenza infatti gio-va, “mentre la carità è costruttiva” (1 Cor 8,1».

Parole di grande forza ma anche di grande attualità, quella di allora e quella di oggi: più di allora è neces-sario infatti richiamare alla necessità di un “retto esercizio della comunica-

zione” da intendersi non solo come corretto passaggio di informazio-ni ma come presenza responsabile “nei” mezzi di informazione, dalla radio al quotidiano, dalla televisione al web, da facebook alla piazza o al gruppo sociale al quale si appartiene. Ogni luogo - reale o virtuale - infatti è potenzialmente luogo di dialogo e quindi luogo di passaggio di informa-zione: ma lo starci senza consapevo-lezza e senza responsabilità, non por-ta alla comunione e non porta quindi alla comunicazione. Sorge quindi la domanda: consapevoli e responsabili di cosa?

Nel discorso della montagna, elen-cando le beatitudini, Gesù dice: «Be-ati gli operatori di pace, parchè sa-ranno chiamati figli di Dio». E perché Gesù attribuisce questa “ricompensa” agli operatori di pace? Forse perché l’operatore di pace è testimone di una amore incondizionato per la salvezza del creato? Forse perché l’operatore di pace è testimone di un possibilità per l’uomo di trovare la piena realiz-zazione nell’intersoggettività? Forse perché l’operatore di pace è neces-sariamente operatore d’amore? Forse sì, ma la spiegazione che maggior-mente mi soddisfa è che l’operatore di pace è un uomo del dialogo, di un dialogo che, richiamando l’Inter Mi-

rifica, deve necessariamente essere verace e ispirato da giustizia e carità: l’operatore di pace è quindi capace di comunicazione ovvero di comunione: cercando la comunione con i suoi si-mili, l’operatore di pace agisce da fi-glio di Dio. Ne segue però che ogni operatore della comunicazione è po-tenzialmente un operatore di pace: e in un’era caratterizzata dal web ognu-no di noi è potenzialmente un opera-tore della comunicazione. Di questo dobbiamo essere dunque consapevoli e responsabili.

L’attenzione alla verità, alla giusti-zia e alla carità dell’Inter Mirifica, se chiama in causa gli esperti del settore della comunicazione non può quindi lasciare indifferente il singolo citta-dino né soprattutto, può lasciare in-differente il singolo cristiano che dal Battesimo è reso figlio di Dio e dun-que chiamato ad essere operatore di pace nella testimonianza della buona novella. La pace passa anche attra-verso il nostro quotidiano operare nei luoghi che viviamo: non importa se questo luogo sia twitter o l’ambiente di lavoro, ciò che fa la differenza è la nostra responsabilità, la nostra at-tenzione alle informazioni, la nostra adesione alla verità che non può pre-scindere dal nostro desiderio di vivere secondo intelletto, secondo giudizio.

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07gennaio 2013

La Parola di Dio e degli uominiP.Ermes Ronchi e Lucia Annunziata a confronto sulla Dei Verbum

Il dialogo e l’amore per l’altroSecondo incontro dei “Dialoghi in Cattedrale”

Un canto totale\Il concerto del tri State Gospel Choir nella Cattedrale di Nola

Dare in letizia ciò che abbiamo“Natale Insieme”: al Seminario vescovile la festa della Caritas per i suoi ospiti

In Diocesi

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mensile della Chiesa di Nola

P. Ermes Ronchi e Lucia Annunziata a confronto sulla Dei Verbum

LA PAROLA DI DIO E DEGLI UOMINIdi Annamaria Autiero

Lo scorso 18 dicembre, in Cattedra-le, a Nola, si è aperta la serie di

incontri voluti dalla Diocesi per ricor-dare dinamicamente, attraverso l’a-scolto di uomini di Chiesa e donne e uomini della migliore cultura italia-na, i cinquanta anni appena trascorsi dall’inaugurazione del Concilio Vati-cano II e per intraprendere, alla luce dello stesso, il nuovo cammino sino-dale della Chiesa nolana: Sotto il faro del Concilio. Dialoghi in Cattedrale a 50 anni dal Vaticano II.

L’articolazione interna del progetto ha previsto il dialogo tra due espo-nenti del mondo ecclesiastico e lai-co intorno alle quattro Costituzioni conciliari, ossatura e sostanza della “nuova” Chiesa voluta da Giovanni XXIII declinata sul paradigma della dialogicità e dell’ascolto dell’altro. Seguendo idealmente le urgenze e le provocazioni che lo stesso Vaticano II intese sottoporre ai padri concilia-ri, il primo incontro ha toccato il tema centrale della Parola di Dio, motivo di unione, ma anche di divisione storica dentro la tradizione cristiana, con-densatosi, poi, nella Costituzione Dei Verbum. I due protagonisti sono stati P. Ermes Ronchi, docente di Estetica teologica e Iconografia, ma più co-nosciuto al grande pubblico per i suoi interventi settimanali nel programma RAI A sua immagine, e la giornalista

RAI, nonché direttrice dell’Huffington Post Italia, Lucia Annunziata, unica donna, tra l’altro, nel calendario degli incontri.

Il confronto si è mosso dentro il campo dei rimandi tra i due fuochi della Parola di Dio e delle parole degli uomini. P. Ermes Ronchi ha presenta-to il clima totalmente nuovo in cui si svolse il Vaticano II, in piena sintonia con le intenzioni di Giovanni XXIII de-ciso ad aprire un Concilio che “des-se inizio piuttosto che concludere”, che inaugurasse una nuova stagione della Chiesa cattolica in dialogo e in ascolto del mondo e in cui lo stes-so concetto di “autorità” si evolvesse dalla sua secolare accezione di pote-re a quella più autentica di servizio. L’emblematicità del Vangelo aperto, assiso al centro della mastodontica assemblea conciliare, a simboleggia-re la centralità unica della Parola di Dio, evocata da P. Ronchi, spiega più di tanti preamboli l’assoluta novità del nuovo Concilio, non più fabbri-ca di decreti, ma autentica palestra dialogica per la presenza di delega-zioni altre dal mondo cattolico, per la vera conciliarità nell’approvazione dei documenti, per l’attenzione prestata dai padri alle voci più fresche della cristianità, quella, ad esempio, del giovanissimo e futuro teologo Nor-bert Lohfink, alla cui tesi di laurea,

discussa nel periodo dei lavori conci-liari, assistettero ben 500 vescovi. La strada così aperta dal Vaticano II è tutt’altro che conclusa, anzi, ha con-tinuato P.Ronchi, la sua recezione più matura si apre, probabilmente, solo adesso così come è stato riconosciuto da Lucia Annunziata, lucida testimone del migliore giornalismo laico, che ha sottolineato la intelligente e perspica-ce vitalità del mondo cattolico attra-verso la discesa su Twitter, il grande social network, di Benedetto XVI.

La felice intuizione dell’anziano papa, come fu per l’altrettanto ve-gliardo Giovanni XXIII il Vaticano II, è stata quella di aver compreso la ne-cessità che la Chiesa ha e ha sempre avuto di stare lì dove è la gente, ed oggi uno dei luoghi che meglio legit-tima un nuovo modo di cittadinanza, al di là di insite contraddizioni, è pro-prio internet, senza il filtro piramidale di una burocrazia spesso non capa-ce di leggere le nuove necessità. La possibilità di diffondere il messaggio universale della Parola di Dio anche attraverso i 140 caratteri imposti dal microblogging non intacca, secondo la giornalista, minimamente la me-ravigliosa chiarezza del messaggio evangelico che, anzi, come per le parole del migliore giornalismo, trae, semmai, beneficio dalla luminosa e sagace brevità imposta dal mezzo.

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09gennaio 2013

in Diocesi

Sulla Lumen Gentium il secondo incontro dei “Dialoghi in Cattedrale”

IL DIALOGO E L’AMORE PER L’ALtROdi Giuseppe Faicchia

L’11 gennaio scorso nel Duomo di Nola si è tenuto il secondo degli

incontri “Dialoghi in cattedrale” orga-nizzati in occasione del cinquantesi-mo anniversario dall’inizio del Conci-lio Vaticano II, al fine di rileggere e approfondire i temi, le idee e le sug-gestioni di quel grande evento eccle-siale che ha segnato in maniera inde-lebile la storia contemporanea della Chiesa. Questo secondo dialogo, dal titolo “Lumen Gentium: la Chiesa tra mistero e presenza”, ha visto l’inter-vento di S. E. mons. Bruno Forte, ve-scovo di Chieti-Vasto e teologo, e il prof. Ernesto Galli Della Loggia, sto-rico ed editorialista del Corriere della Sera.

Lo scopo dell’appuntamento, come ha ricordato Don Franco Iannone, moderatore della serata, è stato quello di volgersi alla Chiesa «al suo essere mistero e sacramento dell’in-contro con Dio e di tutto il genere umano, ma anche al suo essere re-altà storica, opportunità e talvolta inciampo, segno di contraddizione sia per l’ambivalenza che talvolta la caratterizza sia perché con il suo solo esserci talvolta contraddice il comu-ne pensare» e di farlo stimolando un dibattito autentico tra un “uomo di chiesa” e un “laico”.

Il primo ad intervenire è stato S. E. mons. Bruno Forte, il quale ha esordito definendosi un figlio e un in-namorato del Vaticano II. Il vescovo di Chieti-Vasto ha raccontato la sua esperienza riportando i dialoghi te-nuti con il segretario di Papa Giovan-ni XXIII – che pensò e volle il Concilio – mons. Loris Capovilla, attraverso i

quali è stato possibile venire a co-noscenza di retroscena più o meno conosciuti, e delineare una sorta di “dietro le quinte” del Vaticano II. In più, rifacendosi in particolare ai di-scorsi del Papa Buono, mons. Bruno Forte ha chiarito il messaggio, o se si vuole, l’atteggiamento di fondo che il Concilio assunse già ai suoi inizi, nel 1962, presentando «una chiesa non dirimpettaia del mondo, una chiesa amica degli uomini, che guarda gli uomini con simpatia, con tenerezza, con partecipazione con misericordia. Questa – conclude il vescovo Forte - fu la Chiesa del Concilio. (…) Una Chiesa che non cerca il proprio pote-re, il proprio successo, la propria glo-ria, una Chiesa che non vuole giochi di potere per affermarsi ma che vuole servire l’uomo, tutto l’uomo ed ogni uomo perché si compia il disegno di Dio. Questo è stato il grande filo che ha unito i documenti del Concilio ».

Il prof. Ernesto Galli della Loggia, oltre ad offrire una breve testimo-nianza biografica del suo vissuto ri-spetto all’evento del Vaticano II, ha contribuito al confronto mettendo an-zitutto in luce le peculiarità storiche del Concilio.

«Credo sia la prima volta nella storia della chiesa – ha esordito Gal-li della Loggia - in cui gli atti di un concilio della fede cristiana». In più, Il Vaticano II ha avuto nei suoi trat-ti essenziali una particolare affinità con lo spirito dei tempi in cui venne celebrato: una fortissima carica anti-gerarchica, antiautoritaria, un grande desiderio di riscoprire la lettera ori-ginaria, al tempo stesso una grande

apertura universalistica e anche una forte voglia di umanizzare e persona-lizzare il potere, considerato fino ad allora un potere di stato, un potere burocratico.

tuttavia, oggi, secondo il prof. Gal-li della Loggia, a causa dei profon-dissimi cambiamenti antropologici e culturali intercorsi (molti dei quali di problematica natura), bisogna inter-rogarsi molto sulla nostra percezione di quei documenti: l’ottimismo, l’a-pertura quasi “troppo” entusiastica del Vaticano II, sono ancora giustifi-cati? Dichiarandosi, con molti distin-guo, liberale, l’editorialista del Corrie-re, individua alcuni punti di contatto tra la cultura cattolica e il proprio orizzonte: la credenza razionale in una legge naturale indisponibile alle voglie e arbitri umani, l’esistenza perciò stesso di un limite alla volontà di potenza dell’uomo, la difesa dell’i-dentità e delle radici, coppia di con-cetti oggi sotto attacco.

Più che un punto di sintesi che ri-solva in un’unica formula la diversità degli approcci di questi due pensa-tori, lo spirito dei “Dialoghi in Catte-drale” invita a cercare un “punto di fuga”, ovvero una base per un dia-logo ospitale tra diverse prospettive che, pur non rinunciando alla propria essenza, vanno alla ricerca del com-promesso visto non come accordo al ribasso ma come ”terra di mezzo” in cui è possibile incontrarsi.

Guarda su www.dioicesinola.it i video dei primi due “Dialoghi in Catte-drale”

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mensile della Chiesa di Nola

Mentre spulciavo come al mio solito le varie notizie sui miei contatti fa-

cebook, ho ricevuto da parte di Indialo-goChiesadiNola un invito a partecipare al tri State Gospel Choir, che si sarebbe tenuto il 29 dicembre alle 20:30. Io sono animatrice liturgica, ricoprendo il ruo-lo di organista cantore: faccio sì che le persone eseguano canti in maniera cor-retta durante le celebrazioni da 25 anni alla chiesa di San Felice detta Collegio a Nola. E quindi amo particolarmente il canto religioso. Avevo ascoltato in tv qualche canto gospel e dal vivo non po-tevo mancare! Il giorno fissato mi sono recata con mio marito in cattedrale; in-vero siamo giunti con qualche minuto di ritardo, cosicché l’evento era già iniziato. Ci siamo accomodati e girandomi intorno ho notato interesse da parte degli astan-ti. La prima impressione a livello acustico era gradevole tranne l’amplificazione un po’ eccessiva, ma poi l’orecchio ci fa - come dire - l’orecchio, il coro e i solisti

erano intonati e ben ritmati; in un primo momento pensavo usassero basi musi-cali, ma poi ho notato attacchi dal vivo, individuando una tastiera. Cercavano parlando di comunicare con qualche pa-rola di italiano, strappando qualche sor-riso per la pronuncia, ma la musica non ha bisogno di parole o di comprensione verbale: il loro era un chiaro messaggio di amore universale, intriso di fratellanza e a tratti mistico senso devozionale! Fa-ceva invero abbastanza freddo in catte-drale, ma a poco a poco il clima si è via via riscaldato...

Direte come mai? Che è successo? A un certo punto un solista ci ha coinvolto nel battere le mani, e nel cantare alcu-ni incisi. Poi sono passati uno alla vol-ta tra noi, dipanandosi dal coro, come messaggeri di pace hanno incominciato a stringere la mano a tutti i presenti che capitavano loro a tiro. A uno di loro ve-nutomi vicino ho sussurrato “thank you”, il mio grazie per quello che ci stavano

regalando! Poi sono ritornati a compattarsi coro.

Da quel momento tutti ci siamo diretti verso di loro, ci hanno talmente coinvolto che nessuno è più andato via, battevamo le mani, qualcuno danzava, ci guardava-mo sorridendo. Che momenti splendidi, da non dimenticare! La musica è il lin-guaggio del cuore: dai gospel ho impara-to che cantare non si fa solo con la bocca, ma con tutto il corpo. Sarebbe bello se nelle nostre celebrazioni fossimo meno ingessati. Credo che essere cristiani sia coinvolgimento di tutto l’essere, non solo verbale! Il nostro corpo è uno strumento nelle mani di Dio, impariamo ad usarlo nella sua totalità, così da diventare con l’universo suono d’amore e frammento di Dio! Tutti uniti saremmo un’orchestra che suona e canta lodi a Dio! Io ringrazio chi ha organizzato l’evento gospel in cat-tedrale, ripeto, da non dimenticare. Nel lasciarvi auguro a tutti i lettori del DIA-LOGO un gioioso anno 2013!

Il concerto del tri State Gospel Choir nella Cattedrale di Nola

UN CANtO tOtALEdi Franca Ruggiero

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11gennaio 2013

in Diocesi

“Natale Insieme”: al Seminario vescovile la festa della Caritas per i suoi ospiti

DARE IN LEtIzIA CIò CHE ABBIAMOdi Maria Rosaria Guastaferro

Anche quest’anno, il 26 dicembre 2012, abbiamo vissuto l’esperienza “Natale insieme”, fortemente volu-to dalla Caritas di Nola, ospitati nel Seminario vescovile. L’iniziativa ha visto insieme gli ospiti dei tre centri zonali della Caritas diocesana: “Um-berto tramma” di Nola, “San Paolino” di Pomigliano D’arco e “don tonino Bello” di San Giuseppe Vesuviano e i numerosissimi volontari che han-no scelto di condividere con i fratelli meno fortunati un giorno di festa. Il centro dell’avventura cristiana è la vicinanza fisica, la compagnia con-creta di Dio alla persona umana: è l’incarnazione! Questa parola dice che Dio sta dentro la carne, che l’e-terno sta dentro la nostra umanità, che la fede sta dentro la vita. Questa è la fede che si gioca con la carità! Questa esperienza ci ha significato in modo chiaro che la carità è la vita vissuta nella gratuità. C’è un passo del vangelo che dice: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). tutto ciò ha dato a noi volontari l’occasione di incontrarci con altre comunità, favorendo nuove amicizie e testimoniandoci a vicenda. La gioia di dividerci i compiti, di con-frontarci, di fare quasi a gara perché il tutto fosse il più bello possibile è stata un’esperienza significativa per ognuno. Quello che abbiamo vissuto è stato un gesto umano di comunio-ne, stando con l’altro, cosicché l’altra persona sia partecipe di ciò che io vivo, di ciò che costituisce me come uomo, di ciò che mi fa essere. Men-tre ero lì mi veniva da domandare: che cosa ho io di prezioso da con-dividere? Cosa o chi mi costituisce uomo? La prossimità, la vicinanza di Cristo Gesù. Per questo la giornata ha avuto il suo momento più signifi-cativo quando abbiamo sperimentato la preghiera in comune. Un momen-to da tutti condiviso, e tutti hanno potuto pregare secondo la propria fede, annullando ogni distanza reli-giosa e culturale. Abbiamo pregato l’Unico Dio affidando i bisogni e le necessità di tutti. Quanta emozione! Il nostro Vescovo, Padre Beniamino, salutando i presenti e introducendo

la preghiera ci incoraggiava a sco-prire il vero significato del gesto che stavamo compiendo: “Per voi oggi è Natale, perché avete abbattuto l’in-differenza, nemico della povertà e dell’uomo. Oggi, con voi, la dignità di tutti è riacquistata!”. Il Direttore del-la Caritas, don Arcangelo Iovino, ci esortava a ricordarci, nella preghiera, di tutte le povertà che attraversano il cuore dell’uomo: “Noi rappresen-tiamo tutte le povertà e i disagi che la società esprime. Le nostre diver-sità, le nostre culture, l’espressione delle nostre fedi vogliono dire che è possibile vivere in pace e nella soli-darietà”. Dopo la preghiera vissuta intensamente, mentre ci avvicinava-mo al refettorio, pensavo agli incontri di formazione che avevano preparato questo momento. Ora tutto mi sem-brava più chiaro: Cristo opera dove vive l’uomo. Capivo di più che la ca-rità è il fondamento che regge la vita degli uomini e quindi regge la Chiesa di Dio. La carità è il fondamento che regge il luogo dove abita il Signore. Infatti, quella mattina, guardando i volti e ascoltando tante storie di po-vertà e solitudine la nostra fede è di-ventata un’esperienza vissuta. Solo così si capisce l’utilità e la bellezza del dono che ci è stato fatto. La fede ci faceva riscoprire la gioia di essere lì. Non è un modo di dire, ma realmente nel rapporto fugace con i nostri ospiti abbiamo incontrato Cristo. Che ab-braccio di felicità! Il volto di Cristo nei loro volti. Pensavamo di dare e invece abbiamo ricevuto. È proprio vero che Cristo ci afferra in tutte le occasio-ni. Sì, è donarsi l’atteggiamento che dà forma alla carità. Per quest’unica ragione vale la pena vivere cristiana-mente. Noi volontari eravamo presi da una consapevolezza inebriante: un gesto di carità è come un sì det-to a Cristo e all’uomo, diventa pro-gressivamente una sovrabbondanza di passione verso tutta la realtà, fino a diventare un’interrotta creatività. E cosa non ci siamo inventati per ren-dere adeguato, bello e accogliente la sala mensa perché tutto avesse un calore familiare: un centrotavola rea-lizzato a mano, una mise en place co-

lorata, natalizia e impeccabile, tanta animazione dai gruppi musicali e tan-to divertimento con la presenza del mago, il pranzo da 5 stelle e come dono, per tutti gli ospiti, cioccolatini ed una sciarpa. Mi sento di ringrazia-re di vero cuore la Caritas Diocesana di Nola e tutta l’equipe diocesana per averci donato un’opportunità di con-divisione davvero unica!

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mensile della Chiesa di Nola

Sotto il Faro del Concilio

Dialoghi in Cattedralea cinquant’anni dal Vaticano II

venerdì 12 aprile 2013ore 19.00

Sacrosanctum Concilium:quando l’invisibile

si fa visibile

Mons. Marco Frisinapresbitero, compositore e direttore di coro

dialoga con

Paolo Portoghesiarchitetto, saggista, critico e docente universitario

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13gennaio 2013

Una sola preghiera“Scambio interculturale” tra cattolici e musulmani a Scafati

Sport, amicizia e parrocchiaLa Partita del Cuore 2012 a torre Annunziata

La parrocchia e la cittàL’evento Notte bianca al Santuario

In Parrocchia

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mensile della Chiesa di Nola

Il 19 agosto del 1985, Papa Giovanni Paolo II incontrò i giovani musulmani

a Casablanca, in Marocco. Così iniziò il suo discorso: «...Cristiani e musulmani, abbiamo molte cose in comune, come credenti e come uomini. Viviamo nello stesso mondo, solcato da numerosi se-gni di speranza, ma anche da molteplici segni di angoscia. Abramo è per noi uno stesso modello di fede in Dio, di sotto-missione alla sua volontà e di fiducia nel-la sua bontà. Noi crediamo nello stesso Dio, l’unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione...è di Dio stesso che desi-dero innanzitutto parlarvi; di Lui, perché è in Lui che noi crediamo, voi musulmani e noi cattolici, e parlarvi anche dei va-lori umani che hanno in Dio il loro fon-damento, questi valori che riguardano lo sviluppo delle nostre persone, come pure quello delle nostre famiglie e delle nostre società, nonché quello della comunità in-ternazionale. Il mistero di Dio non è la realtà più alta dalla quale dipende il sen-so stesso che l’uomo dà alla sua vita?... »

Grazie all’Azione Cattolica e al parro-co di San Pietro di Scafati, grazie ad un gruppo di ragazzi marocchini e alle loro famiglie, sabato 5 Gennaio 2013 nelle sale parrocchiali, la Comunità di San Pie-tro ha vissuto un particolare momento di fraternità: i giovani dell’Azione Cattolica e i giovani marocchini di Scafati si sono incontrati e hanno dato vita alla seconda edizione di “Scambio Interculturale”. A differenza dell’anno scorso, quest’anno erano presenti oltre ai giovani maroc-chini, anche una coppia mista, lui tuni-sino, lei scafatese con la loro bambina di 4 mesi; una signora ucraina, cattolica di rito orientale, un giovane ghanese della chiesa evangelica e una signora scozzese che ormai da oltre 20 anni risiede nel no-

“Scambio interculturale” tra cattolici e musulmani a Scafati

UNA SOLA PREGHIERAdi Carmela Coppola

stro territorio e fa parte dell’Azione Cat-tolica di San Pietro. E non solo: al centro della sala, su di un tavolo, giacevano Bib-bia e Corano, sì, proprio loro, i due testi Sacri per i Cristiani e i Musulmani.

Racconta Nello Faiella responsabile del settore giovani: «Erano circa cento le per-sone che hanno vissuto questo momento di festa e comunione, cento persone che hanno voluto dimostrare che oggigiorno la diversità dell’altro è un arricchimento personale; hanno voluto dire che si può stare insieme, che insieme ci si può di-vertire, si può mangiare una pizza, si può andare sulle giostre, si può giocare a cal-cio, si può andare a teatro, che insieme si può lavorare, si può andare a scuola, ci si può innamorare, che insieme si può … che insieme si può anche pregare: cri-stiani e musulmani, recitando letture e salmi della Bibbia e Sure del Corano, ci siamo riuniti in un’unica voce che saliva a Dio. Brani scelti con minuziosa cura; brani che ci accomunano, che lodano Dio per le meraviglie del creato, brani che anche se in modi diversi e con parole di-verse, ci fanno innalzare il nostro grido a quell’unico Dio che è Creatore e Padre di tutti, che ci rende fratelli e che vuole il nostro bene, come ci ha ricordato la no-stra Presidente nell’introduzione! Duran-te la preghiera, recitata sia in italiano che in arabo, l’emozione ha riempito i volti di molti presenti accendendo un’atmosfera surreale, facendo crescere in ognuno la consapevolezza che la libertà, la felicità e la pace sono cose raggiungibili nel mon-do».

Il momento di preghiera si è concluso con la recita, da parte di tutti, di una pre-ghiera comune, quella formulata proprio dal Papa in Marocco.

Aggiunge Anna Sicignano, adulta di AC: «In un tempo in cui la crisi econo-

mica trasmette ansia, divisione, quando l’indifferenza per il prossimo primeggia, nella nostra comunità è nata una speran-za, un sogno si è realizzato. Abbiamo vis-suto un momento indiscutibilmente forte per le emozioni e per quella leggera brez-za che si respirava, aria di pace. Il par-roco ha giustamente affermato: “Dio ha un solo nome per ognuno di noi, rappre-sentanti di confessioni religiose diverse, il suo nome è Pace. E che si chiami Dio o Allah, è sicuramente felice di vederci qui insieme a pregare”. Per la nostra cit-tà di Scafati questo incontro dev’essere motivo di orgoglio, perché nonostante le difficoltà di ognuno, c’è chi fa spazio all’altro, chi tende la mano al diverso per incontrarsi in uno scambio di sguardi, emozioni, vissuti dolorosi e non, Cristo prende carne in ognuno di noi quando al centro del nostro cuore mettiamo l’al-tro». Il parroco ha anche ricordato che ci siano da esempio l’incontro e l’amicizia nata tra San Francesco d’Assisi e il sul-tano d’Egitto, segno e simbolo della pos-sibilità per gli uomini di comprendersi e superare contrasti e difficoltà, per quanto profondi e gravi essi siano.

Così ha raccontato la serata Morad El Byadi: «Questo momento di preghiera e di condivisione è stato davvero unico, ric-co non solo di alimenti ma anche di pre-ghiere, tutto grazie a questi giovani, che ci fanno sentire a casa nostra. Abbiamo vissuto un vero momento di pace, rom-pendo tutti gli ostacoli, eliminando tutti i pregiudizi,e sfruttando quelli che sono le cose che ci accomunano.“Pace” per noi è uno dei 99 nomi di Allah,è il nostro saluto con gli altri,e perché non, un amore di vera amicizia con i nostri fratelli di San Pietro. Infine vorrei ringraziare il gruppo dell’Azione Cattolica giovani e adulti, e che tutto il mondo prenda come esempio questa iniziativa, al fine di poter vivere tutti sereni e felici come unico popolo e con diverse ricchezze».

La serata si è conclusa con uno scam-bio culinario dove si facevano assaggiare piatti tipici della propria terra. Agli italiani era stato affidato il compito di preparare piatti salati: bruschette, pomodori, ga-teau di patate, verdure varie, frittate di maccheroni e tanti altri piatti preparati dalle signore di A.C.. Dopo il salato si è passati al dolce, e ci si poteva deliziare con dolcetti di origine marocchina, torte del ricettario ucraino, senza dimenticare le prelibatezze scozzesi e tunisine. “È più bello insieme, è un dono grande l’altra gente!”, è proprio così, come cantano i Gen Rosso

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15gennaio 2013

in Parrocchia

La Partita del Cuore 2012 a torre Annunziata

SPORt, AMICIzIA E PARROCCHIAdi Tina Morrone

L’amore al prossimo, quando prova ad essere autentico e profondo,

trova sempre vie nuove per dirsi, po-tenziarsi, solidificarsi in gesti concre-ti e storici. Sorge allora la creatività, quell’attitudine di chi sa produrre dal nulla qualcosa di significativo per il bene dell’altro e lo fa inventando for-me nuove e inesplorate, a partire da quel che c’è, dalle possibilità offerte dall’esistente. In quest’ottica credo, va raccontato l’evento di sabato 29 dicembre 2012, alle ore 14.30, tenu-tosi presso lo stadio comunale Giraud di Torre Annunziata, dove si è giocata la prima “Partita del Cuore” organiz-zata dall’Associazione Culturale Al-fonsiana, nata lo scorso anno presso la Parrocchia di S. Alfonso de’ Liguori. Alla manifestazione hanno preso par-te anche le Pgs (Polisportiva giova-nile salesiana) “Don Bosco” e della parrocchia “Ave Gratia Plena” di torre Annunziata. Lo scopo della “Partita del Cuore” era raccogliere fondi per le attività oratoriali delle parrocchie che accolgono le diverse associazioni: gli spazi aggregativi sul territorio sono scarsi, per non dire inesistenti. La parrocchia svolge un ruolo educativo e sociale molto importante – a trat-ti, mi sia permesso dirlo, fondamen-tale – e avere delle risorse, seppur esigue, cui attingere è di grandissi-mo aiuto. Al di là di queste motiva-zioni, l’appuntamento è stato anche un ottimo inizio per tessere rapporti saldi tra gruppi delle parrocchie della stessa città per poter in futuro crea-re ulteriori collaborazioni e stringere relazioni solidali. L’unione delle ener-gie è sempre da auspicarsi, anche in ordine ad una fondamentale testimo-nianza di comunione tra diverse co-munità cristiane.

La cronaca sportiva fa registrare la vittoria della Pgs Ave Gratia Plena; al secondo posto si è piazzata la Pgs “Don Bosco” e terza l’Associazione Culturale Alfonsiana. Il tutto con i se-guenti risultati: Pgs Ave Gratia Plena - Associazione Culturale Alfonsiana 2-1, Associazione Culturale Alfon-siana – Pgs Don Bosco 1-1, Pgs Ave Gratia Plena – Pgs Don Bosco 2-2.

Al di là degli esiti sportivi, si è trat-

tato, ovviamente, di una vittoria sim-bolica per tutte le associazioni per l’ottimo risultato raggiunto e per aver regalato ai giovani e giovanissimi un pomeriggio di sport e amicizia, e aver inoltre permesso loro di realizzare il sogni di tanti giovanissimi torresi: giocare nello stadio cittadino, sede della storica formazione oplontina “Ac Savoia 1908” la quale, dopo i fasti calcistici di una decina d’anni fa (nel-la stagione ’99-’00 i bianchi di Torre Annunziata disputano addirittura il campionato di serie B), lotta adesso in serie D per un posto al sole nei play-off.

Ci auguriamo vivamente che que-sta sia la prima di una lunga serie di eventi organizzati in comunione: vi-viamo in un territorio in cui occasioni d’aggregazione, solidarietà e socialità

non sono certo offerti in abbondanza, ma vanno creati, inseguiti, agognati costruiti con fatica e costanza. E vo-gliamo provare a non tirarci indietro. Quindi non ci resta che rimboccarci le maniche e lavorare per permettere ai nostri ragazzi di vivere più momenti come quello dello scorso 29 dicem-bre.

L’Associazione Culturale Alfonsia-na, deve doverosamente ringrazia-re tutti coloro che si sono adoperati per la riuscita della manifestazione, in particolare l’Amministrazione Co-munale nella persona del sindaco, l’avvocato Giosuè Starita e l’Assesso-rato ai Servizi Sociale nella persona dell’Assessore Ciro Alfieri, per aver gentilmente patrocinato la Partita del Cuore e offerto a titolo gratuito il Gi-raud.

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mensile della Chiesa di Nola

L’evento Notte bianca al Santuario

LA PARROCCHIA E LA CIttàdi Davide Casale

Sabato 15 dicembre scorso, agli occhi di tutti, poteva apparire una serata di

gala: parroci, il prefetto dott. Michele Ca-pomacchia, alcuni dirigenti scolastici e i rappresentanti delle istituzioni pubbliche presenti sul territorio sono intervenuti al grande evento organizzato dalla comu-nità parrocchiale Maria SS. Liberatrice dai Flagelli di Boscoreale denominato “Notte bianca al Santuario”. Arrivata alla seconda edizione, questo momento ha dato nuovamente una grande e positiva risonanza ai quartieri “Gescal” e “Piano Napoli”. Una serata ricca di interventi artistici, ma altrettanto ricca per la par-tecipazione (organizzazione) che è stata suggello di comunione per la comunità della Liberatrice.

L’evento voluto fortemente dal parro-co-rettore, don Tommaso Ferraro, testi-monia che la sua presenza nella comu-nità Maria SS. Liberatrice dai Flagelli, a poco più di un anno dal suo insediamen-to, va consolidandosi.

La parrocchia, alla sua chiamata, non si è per niente risparmiata, anzi ha dimo-strato che, in virtù dell’autonomia rice-vuta, è capace di realizzare grandi cose.

Il pubblico accorso da tutta la diocesi di Nola e non, è stato accolto sul sagrato della chiesa da una straordinaria perfor-

mance strumentale della banda parroc-chiale, che ha suonato un ampio medley dai pezzi classici napoletani alla musica jazz. I giovani del santuario, assieme al parroco all’ingresso della chiesa, hanno accolto gli invitati per dare loro un calo-roso benvenuto.

L’evento, diviso in due tempi, si è svol-to integralmente all’interno delle mura del santuario ed è stato presentato e condotto dalla giornalista televisiva Cin-zia Profita. La prima parte della serata ha visto, in successione, la presentazione delle opere pittoriche del M°Francesco Manes, seguito dalla gioviale esibizione strumentale dei giovani della banda mu-sicale “Maria SS. Liberatrice dai Flagel-li”, diretta in maniera impeccabile dal M° Giovanni Palomba.

Nel breve break tecnico è stato aper-to nel salone del santuario un momento di degustazione gastronimica, allestito , preparato e coordinato con maestria dal-le massaie della parrocchia.

Il secondo tempo della serata è inizia-to con la messa in scena dell’atto unico di Eduardo de Filippo “Pericolosamente” dal gruppo teatrale “la Scodella”. La ker-messe continuava poi con l’esibizione al piano dell’organista parrocchiale Lorenzo Casciello e a seguire con le deliziose note

dei canti religiosi del coro parrocchiale di-retto dal MoMariella Ciaravola.

Durante la serata è avvenuta la pre-miazione dei partecipanti al concorso presepiale “Natività e Arte”, curato dai giovani dell’Azione Cattolica, che ha visto vincitrice la giovane Assunta Collaro con il suo “Presepe ecologico”. La conclusio-ne dell’evento è stata affidata al concerto di musica classica del Margherita Volpe Klavier Quartet.

Sono seguiti i saluti del parroco-retto-re, don Tommaso Ferraro, che ha voluto ringraziare la comunità, i collaboratori e le autorità intervenute, il corpo dei vigili urbani, gli artisti tutti intervenuti con la consegna delle targhe ricordo della Notte Bianca al Santuario.

Tutta la kermesse è stata un concen-trato di eventi, di arte e di spettaco-lo vissuta all’insegna della gioia e della comunione, in una location d’eccezione. L’operosità dei fedeli ha trasformato il santuario in una cassa di risonanza di sé stesso aprendosi ancora una volta all’an-nuncio evangelico extra moenia .

In conclusione una particolare men-zione va riservata ai giovani del santuario che grazie alla loro generosa e instanca-bile collaborazione hanno contribuito allo straordinario successo della serata

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17gennaio 2013

La giustizia spiegata ai giovaniLa Giornata per la Legalità a Boscoreale

Scuola a porte aperteL’Open day dell’Istituto Paritario Vescovile di Nola

In Città

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mensile della Chiesa di Nola

Giornata per la Legalità a Boscoreale

LA GIUStIzIA SPIEGAtA AI GIOVANIdi Anna Casale

Si è celebrata il 9 gennaio scorso la Seconda Giornata Comunale per la

Legalità a Boscoreale dedicata alla me-moria del maresciallo dei carabinieri Luigi D’Alessio avvenuta nel gennaio del 1982 ucciso per mano della camorra.

La giornata - piena di eventi - è co-minciata al mattino presso il Santuario Maria SS Liberatrice dai Flagelli, ove il parroco-rettore don tommaso Ferraro ha accolto l’ospite d’eccellenza, don Luigi Ciotti,fondatore di “Libera”, il commis-sario prefettizio dott. Michele Capomac-chia, gli studenti delle scuole boschesi e i cittadini, con lo splendido risuonare delle campane del Santuario.

Don Luigi Ciotti con la sua passione trascinante ha commosso chi è inter-venuto all’incontro, dibattendo con gli studenti, invitandoli a porre domande su cosa siano e come combattere le orga-nizzazioni criminali.

Le sue parole di straordinaria forza han-no riecheggiato in tutto il Santuario, nelle

teste e nei cuori dei presenti,esortando soprattutto i giovani a non nascondersi davanti alle ingiustizie e alle malefatte: “non siate cittadini ad intermittenza…non scoraggiatevi perché tutti insieme dob-biamo sconfiggere una malattia grave: l’indifferenza!” e poi ancora “siate orgo-gliosi di vivere in questa terra. Sono testi-mone di cose stupende di questa terra” e continuando con grande passione “il primo testo antimafia e anticamorra è la Costituzione che deve diventare costume e cultura (…) La camorra con la cultura e la lotta la si fa in Parlamento con leggi giuste”. Il sacerdote ha chiuso l’incontro dando forza ai giovani e ringraziandoli di cuore, un’esplosione di applausi com-mossi ha accompagnato la chiusura del momento mattutino.

Don Luigi Ciotti non ha lasciato subi-to il Santuario e si è trattenuto ad ab-bracciare e a sostenere i ragazzi ed ha partecipato nel pomeriggio alla lunga ed interminabile scia di fiaccole che hanno

attraversato tutto il paes, radunatesi poi presso l’istituto “Vesevus” dove oltre la presenza di don Ciotti sono intervenu-ti Ivanhoe Lo Bello, vicepresidente di Confindustria per l’Education, Carlo De Stefano, Sottosegretario al Ministero dell’Interno e Raffaele Marino, Procura-tore capo della Procura della Repubblica di Torre Annunziata, i quali si sono af-fiancati in un incontro dal tema “Su la testa! Riprendiamoci il nostro futuro”, presenti anche la famiglia del marescial-lo Luigi D’Alessio, il prefetto e il questore di Napoli, il vicecomandante provinciale dell’arma dei carabinieri, il comandante provinciale della guardia di finanza .

La giornata si è conclusa con la pre-miazione dei vincitori della borsa di stu-dio “Il mio impegno per la legalità”.

Una giornata che finalmente, si spera, ha scosso gli animi, le coscienze, ed ha insegnato ai più giovani ( e non solo ) a non chinare la testa, ad esser fieri di sé stessi e della propria terra.

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19gennaio 2013

in ciTTàL’Open day dell’Istituto Paritario Vescovile di Nola

SCUOLA A PORtE APERtEdi Michela Giugliano

Domenica 20 gennaio 2013, presso l’Istituto Paritario Vescovile della

nostra Diocesi, si è svolto l’annuale Open day” per far conoscere la scuo-la agli studenti delle scuole medie territoriali intenzionati a frequentare il liceo classico o il liceo scientifico.

L’evento, svoltosi con successo di partecipazione delle famiglie, ha visto impegnati gli studenti dell’Istituto, i quali hanno mostrato le proprie qua-lità in campo recitativo, di accoglien-za e, perché no, culinario.

Gli studenti del secondo liceo classico,coadiuvati dalla Professores-sa M. Ciccone, per esempio, si sono prodotti in una spettacolare traspo-sizione di alcuni canti dell’Inferno di Dante, ricreando una suggestiva location in uno dei saloni messi a disposizione dal Rettore don Gen-naro Romano. Altri studenti hanno illustrato, con l’aiuto dei docenti, le numerose attività extracurricolari dell’istituto come la trasposizione ci-nematografica dei “Promessi Sposi” di Manzoni, messa in atto dall’attuale quarto scientifico e a cura della pro-fessoressa G. Napolitano, e la “Festa dell’Europa” a cura del Professor G. De Angelis. Per quest’ultima, che si tiene ogni anno agli inizi di maggio, e per i progetti europei ad essa legati, la scuola è stata premiata dall’Unio-

ne Europea presso il Parlamento di Bruxelles. Gli allievi, come bravissimi ciceroni, hanno, altresì, guidato le fa-miglie attraverso le meraviglie ospita-te dalla nostra struttura, come il Cip-pus Abellanus, la sala settecentesca della Biblioteca e l’aula di Scienze.

A tal proposito ci piace ricorda-re che il Cippus Abellanus, risalente alla prima metà del I secolo a.C., è un interessante documento in pietra calcarea scritto in lingua osca ripor-tante una sorta di codice, oggetto di studi da parte di insigni archeologi e glottologi. Ancora siamo orgogliosi di ricordare che l’edificio monumentale, voluto dal grande Vescovo Mons. tro-iano Caracciolo Del Sole, fu costruito su disegno dell’Arch. Luca Vecchione, di scuola vanvitelliana, e inaugurato nel 1754: esso presenta un impianto planimetrico rettangolare con un ele-gante ed ampio cortile interno.

Notevole inoltre è la storica biblio-teca del Seminario ubicata in una bella sala al primo piano, arredata da scaffali in legno, alti circa cinque metri, verniciati di bianco e con bor-di intagliati e rivestiti di oro zecchino. Il patrimonio librario è passato dai seimila volumi iniziali ai sessantami-la attuali. Essa si pone anche come un centro qualificato di ricerca e di dialogo culturale, al fine di favorire

e sviluppare l’incontro e il dialogo costruttivo tra il cristianesimo ed il mondo contemporaneo, nello spirito del Concilio Vaticano II. Ultima arri-vata in ordine cronologico è la nostra scuola che ricevette il riconoscimento legale già nel 1930 ad un solo anno dalla firma dei Patti Lateranensi: essa attualmente si compone di un Ginna-sio-Liceo Classico e di un Liceo Scien-tifico, con bienni iniziali utilizzanti la formula del day-college, con refezio-ne in sede. Inoltre per l’insegnamen-to delle lingue Inglese e Spagnolo e per quelle classiche (Latino e Greco) vengono utilizzati laboratori linguisti-ci. Sala multimediale, laboratorio di informatica, di fisica, palestra coperta e campo di calcetto con spogliatoi e docce costituiscono un valido apporto all’attività didattica.

Ritorniamo, però, volentieri al no-stro open day 2013. L’incontro si è concluso con la Premiazione delle Ec-cellenze nel cosiddetto Salone Luci-do: due studentesse Maffucci Alessia, diplomata con lode presso la sezione di Liceo Classico e Lodi Gelsomina, diplomata presso la sezione di Liceo Scientifico, hanno ricevuto, insieme al plauso del Preside, Prof. Arch. Ciro Tufano, e di tutti i Docenti, il contri-buto previsto dallo Stato per queste occasioni

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SANt’ANtONIO ABAtEdi Antonio Averaimo

Sant’ Antonio abate è considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo abate di tutti i tempi. A lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci, che, sotto la guida di un padre spirituale, detto abbà (da cui “abate”), si consacravano a Dio. È ricor-dato nel Calendario dei santi della Chiesa il 17 gennaio.

La vita di sant’Antonio abate è nota soprattutto grazie alla Vita Antonii, opera agiografica attribuita ad Atanasio, vesco-vo di Alessandria, amico di Antonio e suo coadiutore nella polemica contro l’eresia ariana. L’opera, tradotta in varie lingue, divenne popolare tanto in Oriente quan-to in Occidente, offrendo un contributo importante all’affermazione degli idea-li della vita monastica in tutto il mondo cristiano. Grande rilievo assume, nella Vita Antonii, la descrizione della lotta del santo contro le tentazioni di Satana. An-tonio nacque a Coma, in Egitto (l’odier-na Qumans), intorno al 251 d.C. , figlio di agiati agricoltori di religione cristiana. Rimasto orfano prima dei vent’anni, con un patrimonio da amministrare e una so-rella minore cui badare, sentì ben presto di dover seguire alla lettera l’esortazio-ne evangelica “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri” (Mt 19,21). Così, distribuiti i pro-

pri beni ai poveri ed affidata la sorella ad una comunità femminile, seguì la vita solitaria che già altri anacoreti facevano nei deserti attorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità. In questi primi anni fu tormentato da tentazioni fortissime, e non pochi dubbi lo assali-vano sull’opportunità di questa vita soli-taria. Fu così che chiese consiglio ad altri eremiti, i quali lo esortarono a persevera-re e a staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella roccia, nei pressi del villaggio di Coma. In questo luogo, secondo una cer-ta tradizione, sarebbe stato aggredito e percosso da Satana; privo di sensi, venne raccolto da persone che si recavano alla tomba per portagli del cibo e fu traspor-tato nella chiesa del villaggio, dove si ri-prese. In seguito, Antonio si spostò nei pressi del Mar Rosso, sul monte Pispir. Qui vi era una fortezza romana abban-donata, con una fonte d’acqua. Rimase qui per 20 anni, nutrendosi solamente col pane che gli veniva calato due volte all’anno. In questo luogo egli proseguì la sua ricerca di totale purificazione. Cer-cato continuamente dagli uomini per la sua fama di santo, secondo la tradizione, alcuni fedeli abbatterono le mura del for-tino, “liberando” Antonio dal suo rifugio.

Da allora il santo si dedicò ad assistere i sofferenti intercedendo presso Dio in fa-vore di prodigiose guarigioni. Ben presto si formò, intorno ad Antonio, un gruppo di seguaci, che successivamente si divise in due comunità, una a oriente e l’altra a occidente del fiume Nilo.

Questi monaci vivevano in grotte e anfratti, sotto la guida di un eremita più anziano, con Antonio quale supremo pa-dre spirituale. Nel 311, durante la perse-cuzione dell’Imperatore Massimino Daia, Antonio si recò ad Alessandria per soste-nere e confortare i cristiani perseguitati. tornata la pace, visse i suoi ultimi anni nel deserto della tebaide, dove, pre-gando e coltivando un piccolo orto per il proprio sostentamento, morì, a circa 106 anni. Venne sepolto dai suoi disce-poli in un luogo segreto. Nel 561 le sue reliquie furono traslate nella chiesa di San Giovanni, ad Alessandria. Sant’Anto-nio fu presto invocato in Occidente come patrono dei macellai e dei salumieri, dei contadini e degli allevatori, e come pro-tettore degli animali domestici.

Chiunque abbia a che fare con il fuo-co viene posto sotto la protezione di sant’Antonio, in onore del racconto che vedeva il Santo addirittura recarsi all’in-ferno per contendere a Satana le anime dei peccatori.

In Fede