Ottocento n.18

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N°18 - SETTEMBRE - OTTOBRE 2009 - Semestrale - Anno VIII - Spedizione in A.P . - art.2 comma 20/B legge 662/96 - Direz. Comm. Imprese Emilia Romagna - 6.9 I I L L S S E E C C O O L L O O R R O O M M A A N N T T I I C C O O M agica P arigi M agica P arigi

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N°18 - SETTEMBRE - OTTOBRE 2009 - Semestrale - Anno VIII - Spedizione in A.P. - art.2 comma 20/B legge 662/96 - Direz. Comm. Imprese Emilia Romagna - €6.9

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L’AMORELA MORTE

LA NATURALA POESIA

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Emily“La sposa

del Terrore”di SILVIO RAFFO

La Sposa del Terrore(Book Editore, 2009,€14.00) è l’ultimo studiocritico di Silvio Raffodedicato alla poetessaamericana Emily Dickin-son. Nel saggio l’autoreesamina le poesie che laDickinson scrisse sullamorte e l’immortalità, per-ché, come spiega Raffo,Emily ebbe una vocazionealla poesia che si evolvevaparallelamente a un’insoli-ta vocazione alla morte. Lapoetessa, sostiene l’autore,viveva nella continua attesadi varcare l’ultima soglia econsegnarsi all’immorta-lità. Eppure, leggendo l’interocorpo poetico di Emily e lesue lettere, non può sfug-gire quanto fosse innamo-rata dell’esistenza. De-

cifrare una personalitàcomplessa, sfaccettata,estremamente intelligentee sensibile, come fu quelladi Emily, è molto arduo. Troppi dubbi avvolgono lesue parole perché la cono-scenza di un’interiorità,costruita come un labirintodi specchi dove le sue poe-sie e le immagini suscitatesi spezzano e si ricompon-gono mille volte, dove iriflessi si moltiplicanoall’infinito e le voci sonosempre di prima grandez-za, possa essere colta nellasua integra verità.

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Il Secolo Romanticocontinuerà il 1° febbraio 2010 con il Dossier

DOLCE MEDITERRANEODOLCE MEDITERRANEO

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“La sposa del

Terrore”

2a di copertina di 800 copia 7-08-2009 11:29 Pagina 1

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20 TRA TRA TRASGRESSIONE TRASGRESSIONE E BOHÈMEE BOHÈMEdi Susanna Servello

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IN COPERTINALe divan Japonais

di H. de Toulouse-Lautrec

OTTOCENTOIl secolo romantico

N° 18 - Settembre - Ottobre 2009Anno VIII - periodico culturale.Pubblicazione registrata presso ilTribunale di Parma con il N.5 del15.02.2001

DELTA EDITRICE Borgo Regale, 2143100 PARMA

tel. (0039) 521 287883fax (0039) 521 237546e-mail: [email protected]

©Copyright Delta EditriceParma (Italia)

DIRETTORE RESPONSABILECorrado Barbieri

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMEROMaria Giulia Baiocchi,

Ilaria Biondi, Sabrina Bottaro,Laura Fanti, Silvio Raffo,

Susanna Servello, Sabrina Villani

EDITINGSusanna Servello

GRAFICAMirella Stano

SEGRETERIATiziana Bertani

AMMINISTRAZIONELucia Dall’Aglio

Riguardo alle illustrazioni, la reda-zione si è curata della relativaautorizzazione degli aventi diritto.Nel caso che questi siano stati irre-peribili, si resta a disposizione perregolare eventuali spettanze.

Copie arretrate € 8.3. I versamentisi effettuano sul Conto CorrentePostale 74152307 intestato a DeltaEditrice di Corrado BarbieriC.P.409 - 43100 Parma.

ISSN-1593-2125

STAMPATEP (Piacenza)

Distribuzione: concessionariaper la distribuzione in Italia:

SO.DI.P. S.p.A. - Via Bettola 18 - 20092 Cinisello Balsamo (MI)

4 LALAVILLEVILLEdi LauraFanti

MP

AGICAARIGI

14 NOI SIAMO NOI SIAMO I POETII POETIdi Maria Giulia Baiocchi

37ERIKERIKSASATIETIEdi SabrinaBottaro

18 BAUDELAIREBAUDELAIREE LE L’INNO ALLA’INNO ALLABELLEZZABELLEZZAdi Silvio Raffo

32 NEL CUORENEL CUOREDI PDI PARIGIARIGIdiMariaGiuliaBaiocchi

51 LUNGO LALUNGO LASENNASENNAdi Maria Giulia Baiocchi

52 VINCENTVINCENTVVAN GOGH AN GOGH A PA PARIGIARIGIdi Corrado Barbieri

38 LL’OCCHIO ’OCCHIO DI DEGASDI DEGASdi Laura Fanti

45 LA COMUNELA COMUNEDI PDI PARIGI, ARIGI, LL’UL’UL--TIMA TIMA SETSET--TIMATIMA--NANAdiMariaGiulia Baiocchi

48 LA PLA PARIGIARIGIDEI «SALONS»DEI «SALONS»Mondanità e fermento letterarioin epocaroman-ticadiIlariaBiondi

62 LA PITTURALA PITTURADI UN LUPODI UN LUPOdi Sabrina Villani

64 JUVENILIAJUVENILIAFRANCESIFRANCESIdi Maria Giulia Baiocchi

66 JEANNEJEANNESAMARSAMARYYdi Sabrina Bottaro

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Magica Parigi

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alla Rivolu-zione in poi,la Francia vi-ve grandi

cambiamenti: l’avven-to di Napoleone, laRestaurazione, i moti,la colonizzazione del-l’Algeria, il SecondoImpero con NapoleoneIII, la sconfitta di Se-dan nel 1870. È unsecolo denso di novitàe di difficoltà e, forseproprio per questo, ilpiù vivo per la nazio-ne, che assume capa-cità catalizzatrice per ilresto d’Europa e delmondo. Rispetto ai se-coli precedenti, chepure la videro protago-nista in quanto grandepotenza nazionale emilitare, è dopo il re-gno di Luigi Filippo(1830-1848) che sidelinea una storia piùmoderna della Francia,più “borghese”: storiache subirà un arrestodurante il regno, anzil’Impero, di NapoleoneIII (1852-1870).Prenderemo in consi-derazione soprattuttogli anni della finedell’Impero e quelliche seguono alla scon-fitta di Sedan del1870. È da questo mo-mento in poi che lacapitale della Francia,Parigi, diventa il cen-tro attrattivo dell’Eu-

Sopra: Venditore di giornali, di Giovanni Boldini, 1880circa (Museo di Capodimonte, Napoli). A fronte in alto: Un

balcon, di Gustave Caillebotte, 1880; un soggetto trattatoanche da Monet e da altri artisti, seppure con prospettive diverse.

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ropa e il luogo deldivertissement: un poloartistico, si direbbeoggi, ma anche unacittà moderna dovepoter passare il propriotempo senza pregiudi-zi. Nasce il concetto ditempo libero, o me-

glio, avere del tempoper se stessi non è piùprerogativa assolutadei nobili, ma si esten-de a quasi tutte le clas-si sociali. In particolare è la bor-ghesia il ceto domi-nante, immortalato dai

pittori impressionistie non, e che frequentabar, caffè, teatri e leprime mostre di pittu-ra indipendenti. Solotenendo conto di que-sta ricchezza di oppor-tunità di svago e dellapresenza di attivitàindustriali, artigianalie commerciali, si puòcapire come Parigi,nonostante la sconfittabellica, sia diventatain quel periodo storicoil luogo più progressi-sta dove vivere, stu-diare e fare incontriinteressanti. Quelloche oggi si dà perscontato, ossia l’incon-trarsi tra amici, pro-fessionisti, colleghi,l’andare a vedere unamostra, uno spettaco-lo, ecc., non era certoun’abitudine per tuttifino a quel momento.Naturalmente,un gran-de contributo è statodato dalla stampa,dalle riviste di moda,dalla diffusione dellafotografia e dalla lito-grafia, che hanno per-messo una maggiorecircolazione di idee euna maggiore “visibi-lità” ai couturiers, agliartisti, agli incisori,ma anche agli attori, aicantanti, alle ballerine.Nasce una societàmoderna nel verosenso del termine,

di Laura Fanti�

aVilleLLaVille

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quella che già era statasubodorata da CharlesBaudelaire (1821-1867) ne Il pittore dellavita moderna (1863) ein Curiosità estetiche(1868). A queste con-siderazioni se ne uni-scono almeno altredue: gli artisti, consa-pevoli delle capacitàdella fotografia di fer-mare e riprodurre la

realtà visibile, cercanodi sfidarla e di concen-trarsi su quegli aspet-ti, quei particolari chela fotografia (allora inbianco e nero e abba-stanza approssimativa)non riusciva a blocca-re, ed operano una vera

A destra: Place de laConcorde, 1876 olio su tela

di Edgard Degas.

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gono dall'estero sonoManet, per il ritratto,Courbet e Corot per ilpaesaggio. Tutta lapittura prima delleavanguardie storichedel Novecento nonprescinderà da questimaestri. Il pranzo dei canottieri(1881) di AugusteRenoir (1841-1919) èil dipinto più notodell’Impressionismo.Costituisce un’icona

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e propria rivoluzioneculturale, uscendodall'atelier e dall'Ac-cademia, dipingendo larealtà visibile e supe-rando la gerarchia deigeneri pittorici, secon-do la quale, in testaalla classifica, c'era lapittura di storia e infondo il paesaggio.Inoltre, molti artistipionieri (Manet, Re-noir e Degas) ne inven-tano di nuovi, senzaperò ritenere il generein sé qualcosa da pro-teggere o da promuo-vere.

Dipingono qualsiasiangolo della città, dalpiù miserabile al piùlirico, con i colori chedesiderano in quelmomento, con i detta-gli che vogliono e cosìvia. In questo senso, igrandi modelli ancheper gli artisti che ven-

A sinistra: GustaveCaillebotte e il suo cane in

Place du Carrousel nel 1892.Nei due ritratti sotto:

ancora Caillebotte e ClaudeMonet in età avanzata. Asinistra sotto: Boulevarddes Capucines, di Claude

Monet, 1873.

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del tempo libero pari-gino e la summa dellericerche impressioni-stiche sul colore.L’opera rappresenta unsoggetto poco interes-sante, che poteva essereimmortalato più facil-mente nella pitturarealistica del Seicentopiuttosto che in quelladell’Ottocento, e per ilpittore diventa sia unmomento di gioia chedi goliardia e di e-spressione di vivacità,soprattutto delle don-ne – forse cocottes- perla prima volta rappre-sentate come libere,spregiudicate, negliatteggiamenti più vari.Inoltre, in un certosenso, crea un falso,perché per l’uomo inbasso a destra ha posa-to Gustave Caillebotte,non certo un canottie-re. Il colore imbeve

tutto il quadro e nonci sono pressoché om-bre. Renoir dedicamassima attenzione aiparticolari e le partiche sembrano inte-ressarlo di più sonola bellissima naturamorta sulla tavola e lefronde in alto a destra;i volti sono invece rap-presentati in modopiuttosto stereotipato erigido. L’amico Caillebotte(1848-1894) è un altroartista, molto bravotecnicamente, soprat-tutto per la sua capa-cità di documentare lacittà, con i suoi grandiboulevards, spesso vistidall’alto, i suoi pontidi ferro, le sue costru-zioni. Tra questi lavori spiccaAl balcone (1880),dipinto che sta traManet e Monet, incro-

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Sopra: La Place du Théâtre Français, di Camille Pissarro,1898. Sotto: Rue Lafayette, del 1891: un olio su tela di

Edvard Munch, che si cimenta nelle prospettive ardite dei quadriimpressionisti.

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cio tra le attenzioni delprimo alla figuraumana immersa nelcontesto cittadino e lepreoccupazioni colori-

stiche del secondo peril fogliame e per ilcielo. È una veduta diRue de La Fayette,cuore cittadino che

entusiasma molti arti-sti proprio per essereviva ad ogni ora delgiorno e della notte.Ispirò anche Edvard

Munch (1863-1944),l’artista espressionistanorvegese che vissegran parte della suavita nella capitale fran-cese.I dipinti dagli anniSettanta in poi diven-tano dunque docu-menti della vita citta-dina (paradossalmentedelle opere storiche!) esuperbi modelli pitto-rici, stilistici e tecnici. Parigi è una cittàgrandiosa, assume unaspetto monumentalee molti pittori sonoaffascinati, ma ancheturbati, dalla sua vita-lità e dal suo caos: non

Sopra: Parigi una sera dinovembre, di Guido Carmi-gnani, 1866 (GAM, Tori-no). Sotto: una bella fotogra-fia del Pont Royal nel 1860.

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dimentichiamo che,negli anni Novanta,Gauguin partirà per imari del sud, Bernardper l'Egitto e moltialtri seguiranno il loroesempio alla ricerca diluoghi nuovi ai qualiispirarsi. Da cosa eranomaggiormente attrattigli artisti - con tutti ilimiti di un discorsoonnicomprensivo? Iocredo dalla "possibi-

lità", ossia dallavarietà, dalla pluralitàdi esperienze e diopportunità che lacittà offriva, dal suo

Sopra: Alla ferrovia, di Edouard Manet, 1872.Per il dettaglio e la poesia che emana, il dipinto è sicuramente

una delle più belle opere di Manet. A sinistra: una fotografiadi Giuseppe De Nittis. Sotto: Al Bois De Boulogne, di

Giuseppe De Nittis, 1873.

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presentarsi come unpalcoscenico semprevivo.Per questo, persinoMonet e Pissarro, cherimarranno nella storiapiù per i loro paesaggiche per i quadri citta-dini, non furono indif-ferenti al fascino dellacittà, ma non ritrasse-ro teatri, bar, cantanti,ballerine, né immorta-larono la grandezza deinuovi edifici.Entrambi dipinsero

vedute dall’alto, dovegli uomini appaionocome formichine e ilpavé una massa infor-me lattiginosa, mentretutta l ’attenzione è

rivolta al cielo e aglialberi dei viali. Gliedifici, gli uomini e laloro vita per loro eranoun mondo privo diinteresse, indegno

Sopra: Flirtation, diGiuseppe De Nittis, 1874

(Fondazione Piceni Milano).A sinistra: Incontro digatti, una litografia di

Manet.

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delle loro attenzionipittoriche; anzi, spessol’effetto sfumato dellafotografia, che avevatempi di posa moltolunghi e quindi nonriusciva a immortalaretutto ciò che era mo-bile come i passanti,che apparivano comeombre evanescenti eduniformi, attirarono illoro pennello, ma soloper eguagliare i tagliarditi della fotografia eper evidenziare la mol-titudine che percorrevai viali e l’effetto lumi-nistico del suo movi-mento, in contrastocon le foglie deglialberi.Basta osservare la lon-tananza di un dipintodi Manet (1832-1883),La ferrovia (1873),dove lo sbuffo deltreno e gli effetti pit-torico-luministici sono

retrocessi al fondo deldipinto per far spazio,in primissimo piano, adue figure femmini-li: l ’una, VictorineMeurent (1844-1927),

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A fronte in basso: Les Quais de la Seine à Paris, di ArmandGuillaumin, 1880. Sopra: Le déjeuner des canotiers, di Pierre-Auguste Renoir, 1881. Un dipinto che riflette tutta la spensieratezzadell’epoca, dove canottieri, operai e fanciulle si ritrovano in atmosferagioiosa. Sotto: Scène de Rue di Maximilien Luce, che, al passeggio“borghese” sui viali, preferiva il quartiere popolare di Montmartre.

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era la modella preferitadel pittore, qui in unaposa disinvolta e con-templativa, con i lun-ghi capelli rossi e conin grembo un libro eun cagnolino; l’altra,una bambina vista dispalle, le fa da contrap-

punto pittorico. Dovela prima mostra l’orec-chio destro, questamostra il sinistro; dovel’abito della prima èblu con inserti bian-chi, questo è biancocon inserti blu: uninno alla pittura e, per

certi versi, l’opposto diquello che facevanoMonet e Renoir. Nonviene trascurato nulla:il pittore è attento afar vedere l’orecchino,il sottile bracciale,l ’acconciatura dellabambina, e più proba-

bilmente ha dipinto instudio, infatti, le duefigure non si interseca-no, non dialogano esono due mondi a sé.Completamente diver-so è Scena di strada(1900) di MaximilienLuce (1858-1941) dovetutto è uniformatodalla pennellata liqui-da e dallo studio delcontrasto simultaneodei suoi amici neo-impressionisti.Soggetto è un artista distrada, quasi indiffe-rente ai passanti sfug-genti dei quali non èriconoscibile il vol-to…ma sono passatitrent’anni e il dipintodi Luce è alle sogliedell’astrattismo.Un articolo a par-te meriterebbero gliitaliani che visseroaccanto agli Impressio-nisti e che parteciparo-no alle loro esposizioni.

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Giovanni Boldini(1842-1931), Giusep-pe De Nittis (1846-1884) e Federico Zan-domeneghi (1841-1917) sono gli artistipiù noti e tutti mori-rono a Parigi. Dei tre,De Nittis è il più gio-vane, colui che arriveràpresto ad altissimilivelli e la cui precocescomparsa lascia insospeso il nostro giu-dizio. È l’artista apparente-mente più calmo, piùvicino ai dettami diManet e di Degas, l’i-taliano che si è diverti-to di più dipingendola vita borghese aParigi, fatta di balli,corse, teatro, spessopuntando l’occhio suobiettivi lontani, suangolazioni particolari,diverso, in questo, daBoldini che ha incen-trato tutto il suo lavo-

ro sui primi piani fem-minili. Ciò è partico-larmente evidentenelle opere delle corseal Bois de Boulogne,dove De Nittis dà spa-zio ad elementi appa-rentemente secondari,quindi non alla corsache si sta svolgendo,ma agli spettatori, ailoro abbigliamentistravaganti, alle loroposizioni curiose e aitagli arditi della scena,mettendo i personaggiin infilata o riprenden-doli da punti di vistaparticolari. Tuttavia, Parigi èmolto di più di quelloche è stato scritto. La Belle Époque nascequi proprio nei primianni Settanta: la fedenel progresso, nell’evo-luzione, nelle scoperteed invenzioni scientifi-che aumenta la fiducianelle capacità dell’uo-

mo e della sua mentee, allo stesso tempo, fanascere un clima dispensieratezza che nonsi era mai vista pri-ma. Gli artisti sonoprotagonisti, fedeliregisti di tutto questo,ma con i primi vagitidel Simbolismo e poicon l’Espressionismo ele Avanguardie stori-che, quell’epoca giun-ge alla sua maturazio-ne e alla decadenza epoco manca all’iniziodella Prima GuerraMondiale che rove-scerà tutti gli ideali, lesperanze, la spregiudi-catezza e la spensiera-tezza dei suoi fruttiancora acerbi.

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A fronte in alto: Boulevard Haussmann I, di Giuseppe DeNittis 1876-1877; sotto: Le jardin de Paris, di Jean-LouisForain, del 1882. Qui sopra: In fiacre, due raffinati volti

femminili realizzati a pastello da Giuseppe De Nittis nel 1883(Museo De Nittis, Barletta). Sotto: dettaglio del dipinto Jeune

Fille, di Jules Adler,1899.

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arigi, magicaParigi, Parigiregina incon-trastata delsecolo roman-

tico capace di soggiogarel’Europa e il mondointero seminando cultu-ra, moda, arte e grandez-za. Parigi è tutta neisalotti, nelle mostre d’ar-te, nei teatri, nei boule-vards dove la gente siriversa a frotte: i poveriper ammirare i ricchi,gli aristocratici per farsiinvidiare la superioritànobiliare, ereditata dallanascita, nonostante gliorrori della rivoluzionescoppiata solo ieri. Parigi è le sue donne, lepiù belle, eleganti espregiudicate del mon-do, le migliaia di cocottesche si vendono a ogniangolo della strada, gio-vanissime e già senzaradici, perdute nell’ado-lescenza e dimenticatesubito dopo; le cortigia-ne, cariche di gioielli e

di belletti, che ricevonogli amanti con leggerez-za; le donne ben marita-te ma in cerca d’emozio-ni, di moti del cuore chesappiano renderle vive;le madri di famiglia cheinvano tengono stretti ifigli accecati dalle lucidella città e pronti a per-

dersi fra le mille tenta-zioni. Parigi sono lemalattie che non sinominano per una sorted’incoscienza o di super-stizione, sono quelledonate dall’amore equelle che non si sacome sconfiggere, comeil tifo, il vaiolo o la

tubercolosi.Parigi è il fondo d’unvulcano attivo pronto aesplodere contro il pote-re e a trascinare per lestrade la folla inferocitadove i derelitti che abi-tano nei tuguri e muoio-no per un nonnulla con-tinueranno ad essere talie a scomparire senzalasciare traccia. Parigi èla vita che pulsa in ognianfratto ed è la morteche banchetta insaziabi-le. Parigi è il nuovo chetende una mano verso ilfuturo così allettante eancora da scoprire, men-tre i piedi rimangonoben radicati in quellaterra nutrita col sanguedi coloro che s’immola-rono per un lembo dilibertà. Parigi è la cultura dovenascono e si scontrano ipoeti ebbri del profumodella vita da intensificarecon l’alcol e le droghe opronti a fuggire un’esi-stenza che terrorizza con

E’ ritrovata!Che? l’eternità.E’ il mare che si fondeCon il sole.

NArthur Rimbaud

P

Sopra: catturata con i colori più caldi da Maximilien Luce, l’a-nimazione di una giornata parigina ne Le pont de

l’Archevêché.

oi siamoNoi siamo

di Maria Giulia Baiocchi�

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il suo carico di dolore, dipovertà, di sofferenza edi morte; a Parigi con-vergono poeti cherespingono le donnerifugiandosi in una sortadi ascetismo o altri chele femmine le amanotutte o che ricercanovecchi piaceri innomina-bili, ma che ovunquesono ben noti. Parigi èpregna della poesia dimille poeti che s’incro-ciano, partono, ritorna-no, si conoscono, s’igno-rano, si amano e creanoversi che li renderanno, aloro insaputa, immorta-li. Essi sperimentanoparole e sensazioni, ine-

briati da una musica chesgorga violenta e inarre-stabile dal loro piùnascosto sentire. “Na-scere a primavera, morirecon le rose,… volare comeun soffio verso la volta infi-nita, ecco il destino incan-tato della farfalla! Somi-glia al desiderio che non siadagia mai, che insaziabilesfiora ogni cosa, tornando

infine al cielo in cerca dipiacere” è Alphonse deLamartine (1790-1869)a scriverlo, ne Lafarfalla, una lirica com-presa nelle Nuove medita-zioni poetiche del 1823.Alto, affascinante, bion-do, gli intensi occhi nerie la classe dell’indolentearistocratico, Alphonsesi muoveva fra l’elegantemondo parigino con ilportamento di un arcan-gelo, mietendo successifra le gentili dame chesubivano il suo fascino.Destinato alla diploma-zia, finì poi in politicaraggiungendo il successonel 1848, quando funominato ministro degliaffari esteri nel governorepubblicano. Con l’av-vento di Napoleone IIIscomparve dalla scenapolitica e si ritirò inbuon ordine cercando disopravvivere grazie allascrittura.“Siete voi care ombre!Lontano/Dalla folla, lon-tano dal chiasso/Ritornateogni notte, così/Nei mieisogni vi confondete…” (Lasera). Così le ombremalinconiche di coloroche aveva amato pressa-vano la sua anima pernon essere dimenticate,egli anelava a incontrarledi nuovo, amori passati eantichi affetti, sicuro chenon avrebbe mai avutouna felicità terrena, masentendosi sempre unesiliato, una figura di

passaggio alla ricerca diuna consolante melodia.“Vedo così i miei anni pas-sati/ Accumularsi dietro dime,/Come la quercia attor-no a sé/Vede cadere le suefoglie morte…”. (Ricordo)

E con questi versi cheanelano ad allacciare uneffimero legame con illettore, Lamartine s’al-lontana, in punta dipiedi, scomparendo nel-l’universo romantico chegli appartiene. Paul Verlaine raccolse inuna piccola antologia, I

poetim a l e d e t t i ,quelli che lui stessodefinì i “Poeti Assoluti”,per la forza irruentedella loro immaginazio-ne ed espressione; poetioscuri ma degni di glo-ria, costretti a viveremiseramente e in manie-ra irregolare e dunquemaudits, maledetti. La critica stenta a defini-re la poetessa MarcelineDesbordes-Valmore(1786-1859) “maledet-ta”: i temi da lei trattati(amore materno, spiritoreligioso e passioni con-trastate), la identificaro-no come una romantica,ma Verlaine, che l’amòmolto insieme a Rim-baud e Baudelaire, lainserì nella sua antolo-gia. “Le donne, lo so, nondovrebbero scrivere;/Ma ioscrivo/Perché tu possa legge-re da lontano nel miocuore,/come quando sei par-tito./Non dirò nulla chenon sia in te/Molto più

mo i poetimo i poeti

A sinistra: Alphonse De LaMartine. Sopra e in alto:

Marceline Desbordes-Valmore.

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bello,/Mala parola detta cento volte,quando viene da chi s’ama,/sembra nuova” (Una lette-ra di donna). E ancora:“Il mio nome non sia altroche un’ombra dolce e vana,/Non provochi mai né il ti-more né la pena,/Se lo portivia un povero dopo avermiparlato/E lo custodisca alungo nel suo cuore consola-to” (Rinuncia). Di leiVerlaine scrisse: “…checalore in quelle romanzedella giovinezza, in queiricordi della sua vita didonna, in quei tremorimaterni! E che passionecasta, discreta, forte, commo-vente!” Così Marcelinepoetava: “Fu un giorno!simile a questo bel giorno,/Che l’amore, per perdertutto, divampava” (Giornod’oriente).

Paul Verlaine (1844-1896), che si pub-blicò nell’antologia

con lo pseudonimo diPauvre Lelian, di se stes-so scrisse: “A questo Ma-ledetto deve esser toccata lasorte più malinconica, perchéquesta dolce parola puòcaratterizzare le sciaguredella sua esistenza a causadel candore di carattere e

della mollezza (irrimedia-bile) del cuore…”. Uomo mite e ragionevo-le capace però di trasfor-marsi in persona bruta-le, Verlaine ebbe unavita sentimentale tor-mentata e spesso siabbandonò alla violen-za forse spinto dall’usosmodato di alcol e didroghe. Poeta dai versivibranti e febbrili, inArte poetica definì lapoesia “musica prima ditutto”, relegando laletteratura a formad’espressione inferio-re. “E poi soprattutto,non dimenticare te stes-so,/ Trascinando la tuadebolezza e la tua sem-

plicità/ovunque si combatte eovunque s’ama,/In modo cosìtriste e folle, in verità!”(Sapientia). E ancora:“Ho il furore d’amore, il

mio cuore così debole è folle.(…) Non posso più contarele cadute del mio cuore”(Carità). Stéphane Mallarmé(1842-1898), nei suoifamosi martedì letterariparigini, riuniva intornoa sé i poeti delle nuovegenerazioni che assorbi-rono le sue idee, mentrela critica lo teneva di-stante. Forte, deciso, ir-ruente, Mallarmé, con-scio del suo valore, fuuna luce non solo per isuoi contemporanei maanche per i dadaisti, ifuturisti, gli ermetici ita-liani e i poeti visivi.“La luna intristiva. Se-rafini in lacrime/ Sognan-do,l’archetto fra le dita,nella calma dei fiori/ Va-porosi, traevano da violemoribonde/bianche singhioz-zi, scivolanti sull’azzurrodelle corolle./Era il giornobenedetto del tuo primobacio… ”(Apparizione). E

ancora: “Al di sopra delgregge nauseante degliumani/Balzavano a trattile selvagge criniere/Dei men-dicanti d’azzurro perdutisui nostri sentieri. (…)I piùrantolarono in burroni not-turni/Inebriandosi di gioiaal fluire del proprio sangue./La morte fu un bacio suquelle fronti taciturne” (Ladisdetta). Professore d’in-glese, cercava di rendere isuoi versi armoniosi,musicali, impreziositidalla bellezza che lo affa-scinava. Faticò a farsicomprendere dai con-temporanei, perché,

come spesso accade,il genio si racconta alfuturo. Quasi nessuno s’accorse,nella Parigi della secondametà dell’Ottocento, diE d o u a r d - J o a c h i mCorbière (1845-1875) aparte Verlaine, che loaccolse nella sua anto-logia, e più tardi J.Laforgue che lo riscoprì.Parigino solo per unabreve stagione, amaval’oceano, che navigavasolamente se tempestoso.Si disinteressò della glo-

�A sinistra: un disegno esegui-to da Bonnard per Parallela-mente, di Paul Verlaine.Sotto: ritratto di Paul Ver-laine. A destra: Mallarméin età avanzata. In fondoalla pagina: frontespiziodella prima edizione di LesIlluminations di ArthurRimbaud, del 1886, con prefazione di Verlaine; piùa destra: ritratto diEdouard-Joachim Corbière.

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ria e del successo e scrisseversi amari, pungenti eironici. Famosi gli epi-taffi: “Si uccise per ardore, omorì per pigrizia”; “Il suosolo rimpianto fu di nonessere la propria amante”.Nella lunga poesia Lafine c’è tutto il suo adora-

to mare: “Un turbine… èquesta la morte? le veleammainate/ Sbattute dal-l’onda! – Quel che si dicetoppare…/Un violento colpodi mare, poi l’alta alberatu-ra/Che sferza i grossi flutti– quel che si dice affonda-re.”/- Affondare – Sondatequesta parola. La vostramorte è proprio pallida (…)Vecchio fantasma sventato,la Morte cambia faccia:/IlMare! (…)”. Alto, ben fatto, i capellicastano chiaro, gli occhidi un pallido blu chebrillavano in un voltodall’ovale delicato,Arthur Rimbaud (1854-1891) piombò a Parigicon tutta la forza dei suoipochi anni. Insofferente,capace di rivoluzionare lapoesia con quel suomodo di risvegliare laparola, insolente, deditoa commerci spregiudica-ti, volutamente scanda-loso nel rapporto chelo legò a Verlaine,Rimbaud fu un poetamaledetto che brillò, eancora è colmo di luce,

nell’universo come unastella di prima grandez-za. “Nascondete i palazzimorti, nelle nicchie di le-gno;/l’antica luce smortarinfresca i vostri sguardi;/Ecco la rossa mandria diquelle che ancheggiano!”(…) Quando i tuoi piedihanno ballato così freneticinell’ira,/Parigi! e hai rice-vuto tante coltellate/E seicaduta, serbando nelle tuepupille chiare /Un po’ dellabontà della fulva rinasci-ta…” (Parigi si ripo-pola). Rimbaud sedicen-ne marinava la scuolamolto spesso; per am-mazzare il tempo cam-minava fra i boschi o sirecava in biblioteca dovechiedeva opere giudicateall’epoca sconvenienti,suscitando il disappuntodell’addetto, un signoreanziano che borbottavacontro il ragazzo che lofaceva anche scomodare!Rimbaud scrisse una

poesia I seduti riferitaproprio al vecchio biblio-tecario: “Neri di cisti, but-terati, gli occhi cerchiati diverde,/Le dita gnocco-lute abbarbicate al femo-re,/L’occipite cosparso direpellenti placche,/Come lelebbrose infiorescenze deimuri vecchi,/ (…) Percarità, che non si scomodino!Sarebbe una tragedia…”.Il bohémien Villiers del’Isle Adam (1838-1889), sarcastico, scetti-co, geniale e colmo d’or-

goglio si raccontò inquesta frase: “Non si devescrivere che per il mondointero…”. Il volto largo,gli occhi dilatati, i baffi eil pizzetto, i lunghicapelli ingrigiti, così sipresentava Villiers: in-quietante e misterioso.“Scuotevi la tua nera fiacco-la,/Non pensavi d’esseremorta:/Ho forgiato la gri-glia e la porta/E il miocuore è certo della tom-ba!(...)Tu non resuscite-rai!” (Incontro).“All’uscita del balloseguimmo la spiaggia./versola casa di un esilio, affi-dandoci alla strada/Anda-vamo: un fiore appassivanella sua mano./Era unamezzanotte di stelle e disogni”. Un linguaggioche esprime la sua capa-cità di fissare i ricordi suuna tela oscura come lanotte tanto amata dalpoeta gentiluomo, schivoe proiettato verso la glo-ria eterna. Lasciare dietro di sé unatraccia indelebile, spe-rando che il proprionome possa essereinscritto nel cerchiomagico della poesia.Questo desiderava JulesLaforgue (1860-1887)che visse in una famigliadisgregata dove i genito-ri e i numerosi fratelli e sorelle non erano mai

uniti, ma sparßsi per ilmondo. Jules non potéritrovarsi col padre, nel1879, per l’estremo salu-to quando questi morì,mentre la mamma eragià deceduta due anniprima, sfinita dall’enne-sima gravidanza, portan-dosi via anche l’ultimo edodicesimo nato. Con un senso perenne diabbandono e di inade-guatezza alla vita, pove-ro, timido, incapace divivere l’amore carnalema vedendo in ogni

A sinistra sopra: ritratto di Rimbaud facente parte deLe coins de Table, di HenriFantin-Latour. Al centro:

Villiers De L’Isle Adam. Sotto:Leah Lee, moglie di Laforgue.

In basso: Jules Laforgue.In alto: particolare de Le

Mardi Gras, di Paul Cézanne.

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donna la figura maternapura e perduta, Laforguetrovò nella letteraturauna grande consolazioneanche se s’arrabbiava conse stesso perché non eramai soddisfatto di quan-to scriveva. “Posso morirdomani e non ho maiamato./Mai labbra didonna le mie labbra hantoccato. (…) Sull’amore hosputato e ho ammazzato lacarne! /Pazzo d’orgoglio,contro la vita mi impunta-vo!(…) Tanto fango percosa? Tre secondi di spasi-mo!” (Per il libro d’amo-re). Il suo mondo rac-chiude malinconiciPierrot e la Luna, brillan-te e misteriosa, che ilpoeta vestì con milleabiti differenti. “Al chiarodi Luna,/Amico Pierrot,/Filiamo, in costume,/A pre-sieder lassù!/Il mio cervello èmorto,/Che Cristo se loporti!/Spalanchiamo allaLuna, la bocca come un “o”.(Compianto di LordPierrot). “Ah! La Luna,la Luna mi ossessio-na…/Credete che ci siaqualche rimedio? /Morta?E non può essere chedorma?/Inebriata da cosmi-ci cloroformi?” (Giochi). El’ossessione è data anchedai colori: del Pierrot,bianco immacolato congli occhi stellati; dellaLuna, argentata, fredda,lontana e irraggiungibilecome il cuore delle don-ne che egli disdegna;

della biancheria immaco-lata e inamidata, destina-ta a contaminarsi perchéa contatto con gli uomi-ni. Dissonanze, accosta-menti inusuali di parole,temi drammatici smor-zati da un linguaggiopopolare, così si presentaLaforgue ai suoi lettori. Infine, anch’egli s’inna-morò; scelse una donnadal dolcissimo e musicalenome inglese, Leah Lee,dai capelli rosso-castani, ilineamenti delicatamen-te cesellati, pura comel’aveva sempre sognata.“Ella è il solo tipo di donnache non giunga a spoglia-re…non ha per me organisessuali… Ella è tutto unosguardo, uno sguardo incar-nato, prigioniero di unaforma diafana, e che scorrevia dagli occhi…”.Sposò la sua Leah il 31dicembre 1886. Il 20agosto 1887, quattrogiorni dopo il suo venti-settesimo compleanno,era morto.

Bibliografia: Verlaine – I poetimaledetti, cura e trad. diClaudio Rendina, FratelliMelita, 1981; Alphonse deLamartine – Meditazioni ealtre poesie, a cura di Marc LeCannu, trad. di MaurizioCucchi, Oscar Mondadori,gennaio 1990; Jules Laforguecura e trad. di Enrico Guaral-do, Biblioteca UniversaleRizzoli, 1998; Arthur Rim-baud, trad. di Ivos Margoni eCesare Colletta, RCS Corrieredella Sera, 2004.

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A sinistra: caricatura diJules Laforgue eseguita dal

fratello Émile per LesHommes d’Aujourd’hui.

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�di Silvio Raffo

olti versi su-blimi sonostati scrittisulla Bellezza

nel secolo del Romanti-cismo. Il distico sicuramen-te più “immortale” per lasua icastica, scolpita espres-sività, è quello di JohnKeats nella parte finale dell’Ode su un’urna greca: “Beautyis truth, truth beauty, that isall/ye know on earth, and allye need to know,”. “Bellezza èVerità, Verità Bellezza. Questoè quanto / sulla terra sappia-mo, e quanto importa sapere”;distico a cui si coniuga semprel’altra apodittica dichiarazio-ne di fede incrollabile e perennenella “Bellezza che salverà ilmondo”: “a thing of beauty is ajoy forever”.Con Keats ci troviamoancora nella dimensioneaurea della classicità, inquella visione della vitasecondo la quale il Bello,con la “b” maiuscola, è l’u-nico traguardo a cui tendereper la gratificazione e ilpieno appagamento di unospirito assetato d’infinito.La concezione romantica,appunto, animata da quella“Sehnsucht” insaziabile –sete e nostalgia d’infinito,desiderio del desiderio –che vivifica i più nobili spi-riti di una generazione“eroica” e ancora fedele almito, da Holderlin aGoethe a Leopardi. Il pre-supposto di questa tensione(e di questa ideologia) è laconvinzione che il Bellocorrisponda al Buono e al

Vero, e vi si può rinveni-re una traccia della con-

cezione cristiana, ma

anche platonica, (kalòn kàiagathòn) per cui il sommobene non può che coincide-re con la vera bellezza spiri-tuale, ossia col divino.Ma solo pochi decenni piùavanti la visuale apparemolto diversa. CharlesBaudelaire, ovvero il padredella lirica moderna, scrivein uno dei suoi splendidi evelenosi Fiori: “Che tu dalCielo venga o dall’Inferno”,rivolgendosi alla deaBellezza. Più nessuna trac-cia di rassicurante e beatifi-ca identificazione con laVerità e il Bene. Baudelaireè, anche altrove, moltoesplicito: “Non ho mai cono-sciuto alcuna forma diBellezza in cui non ci fossequalcosa di malefico”. (“quel-que chose de malheur”). Che cosa è accaduto?All’idea di bellezza roman-tica si sta sostituendo l’ideadi bellezza decadente.L’ambiguità come cifradistintiva della nuova visio-ne è già tutta nell’aggettivoattribuito ai poeti dellagenerazione di Baudelairedalla critica militante:“decadente” è termine d’ac-cezione negativa, in parten-za, e anche quando i “male-detti” lo rovesciano a pro-prio vanto, legittimando lapropria condizione di emar-ginati e “malati” per diffe-renziarsi dall’ottica piatta-mente borghese del decoroe della rispettabilità di fac-ciata, mantiene comunquela sua sfumatura di malin-conico turbamento e didisfatta: una sofferta consa-pevolezza, insomma, della“morte di Dio”, della cadu-

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ta dei grandi valori ottocen-teschi. Questa ambiguità siriflette sul piano estetico inuna raffinatissima e morbosaesaltazione del chimerico, delvisionario, dell’ “interieur”travagliato e delirante di unapsiche sostanzialmente divi-sa: tra aspirazione all’ “ordre”,alla “pax” e alla “volupté”, e latentazione autodistruttiva del“cupio dissolvi”. Come direbbeil dottor Freud, che pochianni dopo smonterà e rimon-terà l’io confermando ancorauna volta che i poeti antici-pano davvero tutto, l’istintodi morte sembra prevaleresull’istinto di vita. L’Inno allaBellezza “ di Baudelaire cipropone immagini di scon-volgente violenza.“L’Omicidio danza/sulla curvaorgogliosa del tuo ventre”. Unamante è curvo sulla baradell’amata. Vampirismopuro. Chi è mai questa dea(fata, maga) che si compiacedi spargere sangue, di semi-nare terrore e devastazione, di“contaminare” l’anima ditutti coloro che l’amano e lavenerano?E’ la bellezza medusea. Il“dark side” dell’inconscio chebalza improvvisamente fuoridal buio in cui la letteratura el’estetica tradizionale l’hannorelegato in quanto poco deco-roso, troppo “disturbante”. E’la bellezza del male puro, maanche del sogno/incubo fus-sliano, del desiderio ancestra-le del ritorno al nulla da cuiproveniamo. Desiderio morboso, abbellitoda chimere. La “chimeramacabra”, come ama chia-marla Philippe Jullien, auto-re di uno dei più bei librisulla pittura simbolista,Dreamers of Decadence, in cui siconfrontano molto opportu-

namente i versi dei più squi-siti poeti di fine Ottocento,soprattutto francesi, ai dipin-ti dei visionari ed oniriciOdilon Redon, FernandKhnoppf e Gustave Moreau. Una cosa è certa. La nuova forma di Bellezzache canta Baudelaire nonrisiede mai nell’oggetto in sé,mai nel dato contingente, masempre e soltanto nel sogget-to fantasticante e nella proie-zione simbolica di tutto ciòche viene rappresentato: ilBello e il Vero, connubiodestabilizzante e non più

armonioso come nella visio-ne classica e in quella cri-stiana, ha radici oscure, evi si può attingere soloattraverso brevi, terrifi-canti attimi di “deraglia-mento dei sensi” con ilrischio, perdippiù, di per-dere il senno o addiritturala vita.

“Chi ha visto negli occhi laBellezza deve morire” (OscarWild)… “chè vivere non può chivide Dio” (Emily Dickinson) �� ��

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Inno alla bellezza

Che tu da cielo scenda, o dall’abissoSorga, Bellezza,il tuo sguardo divino ed infernaleconfusamente ci riserva il malee il bene: tu somigli in questo al vino.

Nell’occhio tuo risplendono l’auroraEd il tramonto, e intorno a te profumiSpandi come una sera d’uragano.Sono i tuoi baci un filtro, la tua boccaUn’anfora: ed il nardoChe ne traboccaFa prode il bimbo, e fa l’eroe codardo.

Che su dal nero gorgo o giù dagli astriVenga, il Destino sembra t’assecondiE come un cane segua la tua veste:Tu semini le gioie ed i disastri.Con le pupille tue dolci e funesteGoverni tutto, e di nulla rispondi.

Tu cammini sui morti con baldanza,e li deridi. E d’ogni tuo gioiellol’Orrore non è quelloche meno incanta; mentre,rosso pendaglio, l’Omicidio danza sulla curva orgogliosa del tuo ventre.

Una torcia tu sei che splende chiara, e vola a te l’effimera felice:crepita l’ala che ti benedice.L’amante, chino sull’amata, sembraUn morente che abbracci la sua bara.

Che tu venga dal cielo o dall’inferno,Bellezza, non importa,se tu con il tuo sguardo, il tuo sorrisoe col tuo piede schiudi a me la portad’un infinito nuovo e dell’eterno.

Da Satana o da Dio, Angelo o Maga,tu sei per me la fata che mi beacon l’occhio di velluto nero e terso:luce, ritmo, profumo: unica Deache rendi l’universomeno tedioso, e meno duro il tempo.

C.B.Traduzione di Romano PaltroniEdiz. Nuova Accademia

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ivere la Pa-rigi dellaBelle Époquepasseggiando

per i freschi e ombreg-giati boulevards, dandoun’occhiata alle vetrinerisplendenti dei nego-zi, chiacchierando neiparchi e frequentando igrandi magazzini – trale più strepitose novitàdell’epoca, vero “para-diso delle signore”-certamente costituisceun momento di piace-vole rilassatezza; spiar-ne la vita proibita,addentrandosi nei loca-li affollati e fumosi,perdendosi nei meandridei sentimenti e delleperversioni, rappresen-ta, tuttavia, una pro-spettiva stuzzicante danon lasciarsi sfuggire.Paris Ville Lumière,dove le stelle sono sfa-villanti, dove gli spet-tacoli accendono glianimi, dove il viziodiventa una scintillache attira e intriga. Èsoprattutto sulla rivadestra della Senna, aMontmartre - oggiquartiere a luci rosse -che batte il cuore dellanotte. All’inizio del-l’Ottocento, questacollina accoglie vignetie numerosi mulini avento dal sapore anticoche ne rendono l’atmo-

sfera suggestiva; con ilfinire del secolo, poi, lanascita di luoghi di

divertimento, sale daballo, caffè-concerto(locali in cui si può

assistere a spettacoliquali balletti, operettee giochi di prestigio),le dona un fascinonuovo.Il Moulin Rouge, alnumero 90 del boule-vard de Clichy, ne è unsimbolo. Charles Zied-ler, lo inaugura nel1889, lo stesso anno incui viene completata laTour Eiffel in occasionedella Exposition Univer-selle di Parigi, e diventasubito il luogo di ritro-vo degli artisti, del belmondo e del demi-mondeparigino ed emblemadi una società efferve-scente. All’ingresso, unmulino costruito daAdolphe Willette edipinto di sgargiantescarlatto accoglie i fre-quentatori, mentreall’interno la fantasia simaterializza in decori,specchi, tavolini, lam-pade a gas e tuttoquanto può renderel’ambiente brillante-mente attraente. Ingiardino c’è anche ungigantesco elefante dicartapesta che al suointerno ospita unambiente in stile ara-beggiante: una veraattrazione per la clien-tela maschile che attra-verso una delle suezampe vi accede salen-do per una scala a

TrasgressioneTra

Ve bohème

TrasgressioneTra

e bohème

�di Susanna Servello

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Sopra: Femmerousse assise sur

un divan, di Henri Toulouse Lautrec

1897. Qui a sinistra: l’attrice Marcelle Lender,

che debuttò al ThéâtreMontmartre a soli sedici

anni.Più a sinistra:

una fotografia di LilyGrenier in Kimono.

A fronte, in alto: manifesto di Lautrec

riproducente Jane Avril. Sotto, a sinistra: una fotografia della

ballerina e cantante ingleseMilton May, amica

di Jane Avril. A destra: “Mome Fromage”,

soprannome di una ballerina che lavorava

al Moulin Rouge.

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chiocciola e assiste aspettacoli di danza delventre. Musicisti, dan-zatori, donne affasci-nanti ne segnano lastoria e il can-can, rug-gente e impetuoso, neè la travolgente colon-na sonora. Nato nel1850 all’interno delBal Mabille e derivatoprobabilmente dallaquadriglia – ma c’èchi sostiene il contra-rio, ovvero che sia laquadriglia una deriva-zione del can-can- oforse, più pittoresca-mente, dall’abitudinedelle lavandaie dimostrare le gonne perle vie di Montmartre,questo ballo fantasiosoin cui le danzatricisembrano fiori provo-canti, gli occhi am-miccano e gli applausinon mancano è unevento rivoluzionarioper l’epoca e fa gridarei benpensanti alloscandalo. Passo dopopasso, infatti, conmosse osé le ballerine

fanno svolazzare levesti scoprendosi ecoprendosi in un giocosensuale.Personaggi dai nomid’arte fantasiosi caval-cano la scena: JaneAvril, che dopo unatormentata infanzia, siriscopre ballerina piùdelicata e malinconicarispetto all’amica LaGoule (L’Ingorda) checon la sua personalitàdinamica e irruentedomina la scena ed

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A fronte: Guele de bois: Labeveuse, è Suzanne Valadon

ritratta da Lautrec, nel 1895.Sopra: un ballo al MoulinRouge nel 1880. A destra:Vénus de Montmartre, di

Lautrec.

eccita il pubblico.Entrambe non avrannouna vita facile: laprima sarà ricoverata inuna casa di cura permalattie mentali, laseconda, dopo essereingrassata a dismisuraed essere diventata

un’occasione di diverti-mento per la gente–lavorerà anche comedonna cannone in uncirco-, aprirà un barac-cone alla Foire du Trône(una tipica fiera parigi-na) per poi finire inmiseria in una pen-s i on e p e r pov e r i .Non s i d evono di-menticare, poi, Rayond’Or (Raggio d’Oro),con ali di farfalla e veliche non velano le suenudità; Môme Fromage

(Ragazza Formaggio),estrosa e stravagantequanto il suo sopranno-me; Arc-en-Ciel (Arco-baleno) e poi Sauterelle(la Cavalletta): sonoaltre piccole grandistelle di questo mondovariopinto. E ancoraCha-U-Kao, personag-gio eclettico il cuinome dalle sonoritàgiapponesi deriva dallatrascrizione fonetica deitermini francesi chaut(una danza acrobaticaderivata dal can-can) echaos (per l’entusiasmoe il calore che l'accoglieal suo ingresso sul pal-coscenico) fa conoscereun tipo d'arte moltovicina alle performancesdella tradizione circen-se. Oltre a questi nomifemminili è da ricorda-re anche Valentin leDésossé – soprannome,“désossé” che fa riferi-mento alla particolareelasticità del suo corpocolpito da una malattia– detto anche “l’uomoserpente”, danzatore

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contorsionista che pro-pone momenti di spet-tacolo particolarmentesuggestivi all’internodei locali da ballo eche, si dice, non voglianemmeno essere paga-to per le sue esibizioni,tanta è la passione el’amore che prova perquest’arte.Ma il Moulin Rougenon è il solo locale adaccendere l’entusiasmoe la voglia di vita diParigi. In boulevard de Ro-chechouart, l’ElyséeMontmartre, in cui spo-polano i generi didanza di cui si è parla-to, fungerà da ambien-tazione per il raccontoLe masque di Guy deMaupassant che ci

introduce nella suaatmosfera con questeparole: “Davano unballo in mascheraall’Elysée-Montmartre,quella sera. Era inoccasione della festadella Mi-Carême e lafolla entrava dirom-

pente nel corridoioilluminato che condu-ceva alla sala da ballo.Il richiamo formidabiledell'orchestra, eclatan-te come una saetta dimusica, rompeva imuri e il tetto, siespandeva per il quar-

tiere, risvegliava per lestrade e le case vicinequesto irresistibiledesiderio di saltare, diavere caldo, di divertir-si che è assopito nelprofondo dell'animaleumano”. Come in ungrande calderone di

A sinistra: La clown Cha-U-Kao au Moulin Rouge

ritratta da Lautrec, nel 1895.Sotto: Aristide Bruant, “dici-tore” e cantante con impronta anarchica che frequentava i

cabarets parigini. Sotto; foto-grafia delle Folies-Bergères. A fronte in alto: Bal duMoulin de la Galette, diToulouse Lautrec, 1889.

In basso: il famoso manifesto di Lautrec che ritrae Aristide

Bruant. Lo stesso Bruantobbligò il direttore dell’Ambas-

sadeur a tapezzarne l’interolocale. Quel periodo parigino

fu ricco di personaggi caratteristici e trasgressivi.

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piacere, si ritrovanoinsieme diamanti einvidia, sorrisi accatti-vanti e loschi fini. Nel 1894 il suo giar-dino è sostituito dal-la sala spettacoliTrianon-Concert chevedrà esibirsi, tra lealtre, la cantanteJeanne Bourgeois, inarte Mistinguett che,prima di diventare unapetite étoile di questocielo brillante, conduceuna vita semplice.Nel 1881, al numero84 di rue Roche-chouart, dove primaera un ufficio postale,Rodolphe Salis apre ilprimo cabaret d’Euro-pa. Le Chat Noir –nome che curiosamentegli viene ispirato da

Amoureux, un grossogatto nero trovato nellevicinanze del luogo incui nascerà il locale – èpensato come un caffèper tutte le classi socia-li e un’occasione pergustare assenzio e hypo-cras, una bevanda abase di vino zuccheratoe aromatizzato con spe-zie. Ma il locale non sipropone solamente dioffrire delizie per ilpalato: gli spettacoliintellettuali e anti-conformisti sono alcentro della sua atten-zione.Vi si esibisce, tra glialtri, Aristide Bruant,personaggio curioso,eccentrico e spudorato,che dà sfogo al propriotalento di chansonnier

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in lingua popolare indifesa del sottoproleta-riato urbano parigino edelle rivolte dei bas-sifondi. Famosa è lasua canzone dedicataappunto al locale, ilcui ritornello rievocal’atmosfera delle seratespassose, romantiche eun po’ malinconichedella Parigi bohémienne:“Je cherche fortune,/Autourdu Chat Noir,/Au clair dela lune,/A Montmartre!”(“Cerco fortuna,/attornoal Gatto Nero,/Al chia-ro di luna,/A Mont-martre”).Nel 1885, nello stessoedificio, Bruant inau-gura un nuovo luogodi ritrovo, Le Mirliton.All’apertura non cisono che pochissimiclienti e Aristide se nefa beffa dando vita a

quel personaggio volu-tamente rozzo e inso-

lente che non esita arivolgersi alle frequen-tatrici scandalizzatecon un “Vecchie vacche!”che lascia ammuto-liti.Al Moulin de la Galette- nome di dolcetti tipi-ci scelto nel 1895 dalproprietario, Charles-Nicolas Debray, per ilcabaret che custodiscedue vecchi mulini avento si può ballareall’aperto in allegraspensieratezza di gior-no e di notte (l’ingressocosta 25 centesimi e gliuomini devono aggiun-gere 20 centesimi perogni danza), mentre aLes Folies-Bergères, cheprecedentemente èstato un magazzino dimaterassi ed un circo,si può giocare d’azzar-do e assistere a operettee varietà.Paragonata ad un’or-chidea e ad una farfalla,Loie Fuller, nota sem-plicemente anche comeLa Loie, è la ballerinastatunitense che sul

A sinistra: il manifesto di Lautrec dedicato alla Goulue, che

vediamo fotografata nella foto in alto e in basso.

Sopra: il baraccone della Goulue.

A fronte: Moulin Rouge di Lautrec.

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suo palcoscenico esibi-sce un sorprendenteestro creativo, dandoprova delle straordina-rie potenzialità espres-sive che il corpo, vesti-to di veli e sete, puòavere attraverso lafusione di luce, colore emusica e dando vita,così, a coreografie digrande suggestione. Il quartiere si presentacome un mondo tra-sgressivo e, tuttavia,multiforme, perché alleluci del palcoscenico siaffiancano spesso l’umi-liazione, la desolazionedi vite che smarrisconoi propri pensieri nel-l’alcol, nello sfrutta-mento, nella miseria,nella prostituzione enella perdita di se stes-si. L’immagine di que-sta Parigi dei contrastiè rappresentata con

passione e crudo reali-smo da Henri ToulouseLautrec, definito ap-punto “l’anima diMontmartre”. Apparte-nente ad una famigliabenestante e di nobiliorigini, l’artista nascead Albi nel 1864 evede la propria infanziasegnata dalla malattia eda una serie di inciden-ti alle gambe che, oltrea compromettere la suanormale crescita, glicauseranno un com-plesso d’inferiorità chelo porterà a rifugiarsinel disegno e nella pit-tura e ad allontanarsi,così, dai vincoli fami-liari e dal suo ambien-te, per avvicinarsi almondo degli emargina-ti e della sfrenatalibertà bohémienne. Unavita controcorrente,quella della bohème

Sopra: è ben visibile nella foto-grafia il Moulin Rouge, in

Place Blanche, come apparivanel 1890. A destra: il

Moulin de la Galette si trova-va, invece, sulla collina diMontmartre, in Rue Lépic

(dove avevano abitato i fratelliVan Gogh). Il nome deriva

dalla famosa focaccia (galette)che veniva preparata dai coniu-

gi Debray che lo gestivano.

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Magica Parigi

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Sopra: una fotografia dellaGoulue e Valentin le Désossé.Quest’ultimo personaggio siesibiva in balli snodati e si

dice che non pretendesse alcuncompenso per il suo spettacolo.

Sopra a destra: Au MoulinRouge: Le départ de laquadrille di Lautrec. A

fronte a sinistra: sempre diLautrec, Femme de maison

close, 1894.

parigina, che si opponead ogni regola edimposizione e si dedicainteramente all’amoreper la cultura e per ipiaceri sfrenati. Apre il suo atelier aMontmartre nel 1885e si dimostra, da subi-to, attratto della vitamondana. Passa il suotempo nei locali e dise-gna ovunque sia possi-bile farlo, non disde-gnando nemmeno to-vaglie e tovaglioliquali supporti per lasua ispirazione artisti-ca, innamorandosi diquell’universo di luci,danze, spettacoli eanticonformismo econoscendone semprepiù da vicino i prota-gonisti. L’anno successivo iniziauna relazione tumul-tuosa con la pittriceSuzanne Valadon, ilcui vero nome è Marie-Clémentine, che grazieal suo fascino diventamodella di molti arti-

sti.La vita che conduce è,in ogni senso, smoda-ta. Frequenta assidua-mente quegli ambientiambigui che sono ibordelli e diventa ilconfidente delle donneche vi lavorano; con-trae addirittura la sifi-lide, mentre il bere loaccompagna sino allarovina. Dapprima birra e vino,poi brandy e whisky einfine il famigeratoassenzio, la “fata ver-de” tanto amata dagliartisti. Si dice, e sismentisce, che questodistillato dall’alta gra-dazione alcolica abbia

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A sinistra: MadamePoupoule, vezzeggiativo diuna ragazza di strada cheLautrec ritrasse due volte.

Il soprannome è il diminuti-vo della parola “poule” perprostituta. Sotto: Jane A-vril, la modella preferita diToulose-Lautrec. Era unadonna fine e sofisticata (sidiceva che si nutrisse di

fiori...) ed era autentica enaturale. Lautrec le riserva-va una sconfinata ammira-zione e lei dovette la sua fa-ma a un numero di danza

stravagante denominata “laMélinite” (un esplosivo).

Jane era colta ed intelligentee la sola in quell’ambiente ainteressarsi realmente all’arte

di Lautrec. Era nata nel1868 dal marchese italianoLuigi de Font ed una mon-dana parigina, una donnacrudele e violenta. Costrettaalle peggiori umiliazioni,

fuggì da casa a 16 anni e fuquindi confinata dalla ma-dre in un ricovero per “luna-tici”. Quando uscì, cercò for-tuna nei locali da ballo e,nel 1889, fu assunta al

Moulin Rouge, dove mostròuna personalità diversa da

qualsiasi sua collega.

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Sopra: Un coin du Moulin de la Galette,

di Lautrec.A sinistra: fotografia

di Lautrec con M. Guibert. Sotto: Les

deux amies, del 1895.

effetti allucinogeni; ilfatto, comunque, è chenelle sue tonalità dellaclorofilla e nel suosapore di anice sianoracchiusi pensieri, ispi-razioni e poesia che

hanno donato alla cul-tura un contributostraordinario. Nel 1890, dopo averricevuto l’incarico dieseguire un’opera,Lautrec si trasferisce

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A sinistra: Dans le lit, unolio su cartone di Lautrec che fa parte della serie didipinti dell’artista che più

diedero scandalo. Sotto: una fotografia di

Jane Avril nel 1900 circa. A sinistra in basso:

Cha-U-Kao clown, ballerinanuda e contorsionista

derivava il suo nome da Chaut e Caos, cioè rumore ecaos, un famoso ballo dal

ritmo frenetico.

nella casa chiusa di ruede Moulins, la più lus-suosa di Parigi. Quello che traspira daisuoi lavori è una rifles-sione profonda chemira a mettere in lucela passione travolgentee la decadenza, l’alle-gria e la fatica spossan-te della vita: in unaparola, l’umanità deipersonaggi che ritrae.Gente comune chevive tra le luci e leombre di un mondoche spesso si dimenticache esistono anche lapovertà e il degrado,oltre allo scintillio deldivertimento. Attratto sia dalla bel-

lezza giovane e fresca,sia dal suo sfiorire,Lautrec sceglie comesoggetti ragazze delpopolo, bevitori inosterie, prostitute. La grosse Maria (Lagrassa Maria), notaanche come Vénus deMontmartre (Venere diMontmartre), diventa ilsimbolo della decaden-za deprimente di unadonna che ha subito losfruttamento fisico emorale di una societàche, per certi aspetti, sirivela ambiguamenteribelle. Lautrec entra nell’inti-mità dei diseredati con

comprens ione ,cercando di sve-larne l’animo e isentimenti, luistesso toccatoprofondamentedal disagio fisi-co, lui stessoemarginato. Ed è così cherivolge l’atten-zione alla quo-tidianità dellagente: il mo-mento della

toilette, l’atto di spo-gliarsi, l’abbandono alriposo, la svogliatezza,lo smarrimento nelbere. Routine e abitu-

dini che non offronospazio al riscatto inquanto diventanospesso silenzio e soli-tudine e cedono ilpasso all’ozio che,come ammonisce an-

che la saggezza popola-re, è padre del vizio. Ma Lautrec è anchel’artista dei moti del-l’animo portati all’ec-cesso. “L’amore è quando ildesiderio di esseredesiderati ti coinvolgein modo così forte chesenti di poterne mori-re”. Così si esprimeriguardo al sentimentoper eccellenza che,nelle sue opere, viene

declinato nelle sfuma-ture più audaci dell’o-mosessualità e deipostriboli, ma sempreritratto con la sensibi-lità d’animo dell’arti-sta.

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Sopra: La roue (la ruota),una gouache su cartone con la quale Lautrec ritrae la ballerina Loïe Fuller, mentreesegue la sua famosa

danza.La Fuller, nella foto

a destra, era americana e compariva in

palcoscenico indossando uncostume costituitosoltanto da ampiveli illuminati

dai riflettori e che Toulouse Lautrec definì“tecnica dell’elettricità”.

L’artista la ritrasse spesso nonostante lei

non mostrasse particolare apprezzamento nei suoi

confronti.

Un artista che è ancheinnovativo e, se sivuole, “pubblicitario”,in una Parigi che viveuna voglia nuova didistrazione, di monda-nità, di luci e di gioia. Con la sua linearitàpulita e decisa, ma atratti anche nervosa escattante, cattura mos-se fugaci e silhouettesche diventano veri epropri simboli dellaBelle Époque, il periododella spensieratezza dichi ancora non conoscegli orrori delle guerreche di lì a poco arrive-ranno a sconvolgere ilmondo, il momento incui la cultura deldivertimento, la leg-gerezza e la voglia divita la fanno da pa-droni. È grazie alle sue affi-ches, i manifesti dive-nuti ormai il simbolodi un’epoca, che i per-sonaggi di Montmar-tre acquistano cele-brità. Famosa è lalocandina commissio-natagli in occasionedel primo spettacolodella Goule al MoulinRouge nel 1891 e quel-la per l’inaugurazionedel Mirliton di Bruant.Quest’ultimo gli offrespazio all’interno dellocale per esporre isuoi disegni che hannocome soggetto anchele canzoni e quellasonorità unica e poeti-ca che appassionaMontmartre e che sirespira nell’aria frescadella sera. I tramonti, allora,accendono il cielo diParigi e la spumeg-giante voglia di vitadei suoi abitanti: staper iniziare un nuovoentusiasmante spetta-colo. ❂

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l Journal di Ed-mond (1822-1896) e Jules( 1 8 3 0 - 1 8 7 0 )

Goncourt è una minu-ziosa cronaca d’epocadove si ritrovano buonaparte degli scrittorifrancesi dell’Ottocento.I fratelli Goncourt ini-ziarono quasi per casola stesura di un diarioche, nelle loro intenzio-ni, doveva diventareuna grande opera lette-raria. A distanza dioltre un secolo è unagodibilissima cronacaarricchita di aneddoti,curiosità e frivolezze dipersonalità colte nel-l’intimità della vita. I Goncourt parlanopoco di sé, sono gli altriad essere i protagonistidi una penna, quella diJules, non certo toccatadalla grazia letteraria.Le frasi lunghe, gliaggettivi ripetuti, lasintassi poco curatache, nelle sue intenzio-

Magica Parigi

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In alto: una fotografia dei fratelli Goncourt. Sopra: La ruedes Abbesses di Maximilien Luce. L’opera di questo artista è indispensabile per comprendere l’atmosfera dei quartieri popolari

di Parigi.

Nel cuore

di

II ni, significava la sco-perta di un nuovogenere letterario, co-stringono a una certafatica il lettore ma si ègrandemente ripagatidalla gioia di leggerecome fossero le esisten-

ze di Flaubert, diGautier, di Zola, diHugo, di Renard, diMaupassant.

I fratelli scrivevano lasera, appena tornatidalle loro visite parigi-ne, perché approvavanola massima di CharlesDemailly: “Il genio è unamemoria stenografica”.Ancora caldi d’impres-

sioni, s’affrettavano afermare sulla carta lesensazioni e i dialoghiassorbiti nella loro atti-

vità salottiera, abituatipiù ad ascoltare che aintervenire. Rapidi epungenti nelle annota-zioni, si preoccupavanodi rendere visiva unasituazione astratta, discrivere per immaginicome se volessero fer-mare la vita. Come fos-sero un’unica persona,Edmond iniziava unafrase e Jules la termina-va, Jules scriveva eEdmond approvava,aiutandolo a ricordaretutto, anche le minuziepiù insignificanti.Riportavano così idiscorsi, le battute, ledescrizioni delle case,gli spettacoli visti, lemanie e i vizi degliintellettuali del tempo. “Queste sono le nostrememorie!” sbottò Zolaleggendo le pubblica-zioni a puntate delJournal. Ben più secco fu il giu-dizio di Tolstoj: “IGoncourt sono dei clown

Parigi

Nel cuore

diParigi

di Maria Giulia Baiocchi�

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“…abbiamo cercato di far riviverepresso i posteri i nostri contempora-nei nel loro aspetto vivo… con quel-le imprecisabili sfumature che resti-tuiscono l’intensità della vita – colnotare infine un po’ di quella febbreche caratterizza l’esistenza ine-briante di Parigi...”

Edmond de Goncourt- agosto 1872 -

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OTTOCENTO 33

A sinistra: ritratto diGustave Flaubert. In basso:ritratto di Alexandre Dumas

(1859).

che si prendono sul serio!”.Il loro lavoro certosinoresta comunque unadelle opere più curiosee interessanti dell’Ot-tocento, grazie al qualeabbiamo il permesso diassistere, come spetta-tori privilegiati, aun’accurata rappresen-tazione della realtàparigina.I Goncourt ci narrano itormenti di GustaveFlaubert (1821-1880),alle prese nel 1859 conil suo romanzo cartagi-nese Salammbô, che sidisperava perché nonpossedeva abbastanzaelementi per creare lagiusta atmosfera diquel tempo lontano.Essi annotavano cheegli “…è un giovanemolto grosso, molto forte,grandi occhi sporgenti,palpebre soffiate, guancepiene, baffi ruvidi ecascanti, un colorito tem-pestato di macchie rosse.Ogni anno passa quattroo cinque mesi a Parigisenza andare da nessunaparte e vedendo solo qual-che amico: è la vita daorso che facciamotutti…”.A novembre dello stes-so anno, Flaubert tor-nava a Parigi con lamadre e la nipote chevi avrebbero trascorsol’inverno e ammettevale difficoltà incontratenello stendere ilromanzo. “E’ obbligato

ad allungare il colorelocale come si allunga unasalsa” scrissero ironici.Riuniti spesso a cenacon lui e altri scrittori,discutevano delle lorofatiche letterarie maanche degli amori pas-sati e presenti. Duranteuna di queste riunioni,Gustave confessò diaver consumato il suoprimo amore con lacameriera della madree quello successivo conuna donna che aveva ildoppio dei suoi anni,bellissima e seducente.Per realizzare i perso-naggi di Madame Bo-vary, disse di aver rical-cato il vecchio Bovaryda un certo Énault, unufficiale millantatore eviolento conosciutodallo scrittore; inoltre,amava sottoli-neare che,m e n t r e

descri-v e v al’avvelena-mento di Ma-dame Bovary, si erasentito un peso dipiombo nello stomacoe la sofferenza lo avevafatto vomitare due

volte. Parlando del suo lavo-ro, spiegava di averel’abitudine di rileggeread alta voce le pagineterminate per control-larne il ritmo e il respi-ro e obbligava il suocameriere a parlarglisolo la domenica, per

farsi annunciare:“Signore, è do-

menica!”.

Ma peri Gon-

court, fraloro e lo scrit-

tore esistevano dellebarriere. “C’è in lui unfondo di esibizionismo pro-vinciale. Si capisce che hafatto tutti i suoi grandi

viaggi per stupire gli abi-tanti di Rouen. Ha lo spi-rito grossolano… portadei panciotti bianchi, vec-chi di dieci anni… E’balordo, eccessivo e privo dileggerezza in ogni cosa…la sua allegria da buemanca di ogni fascino”. Il18 novembre 1860,della loro Parigi scrive-vano: “La Parigi dovesiamo nati, la Parigi delperiodo 1830-48 se ne va,non solo materialmente maanche moralmente. Non sirespira più l’aria delmondo di Balzac, maquella di Londra”.Nel gennaio 1861,ebbero un incontro conAlexandre Dumas pa-dre (1802-1870), unospaccone impudenteche confessò: “Oh, chiu-detemi in una stanza concinque donne, carta, penneinchiostro e un drammada scrivere. Dopo un’orai cinque atti sarannoscritti e le cinque donneservite!”. Nel 1862, durante unavisita a ThéophileGautier (1811-1872),il raffinato ed ecletticoscrittore rivelò di poterlavorare solo in tipogra-

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fia facendostampare il romanzoche stava completandodi dieci righe in diecirighe. “Sulle bozze ci sipuò giudicare. Quello chesi fa diventa impersona-le…” spiegò ai fratelli“…mentre nel manoscrit-to ci siete voi, la vostramano…”.Si recavano abitual-mente anche da GeorgeSand (1804-1876), inRue Racine, dove, perun certo periodo, liaccolse l’incisoreManceau, uno dei suoiamanti. La scrittriceriempiva di compli-menti i Goncourt chela paragonavano a unfreddo pachiderma conuna sigaretta fra le lab-bra. La Sand aveva l’a-bitudine di

lavorare tutte lenotti dall’una allequattro, poi si sve-gliava intorno alleundici del mattinoe scriveva per altredue ore. Quando finalmente

fu pubblicato ilromanzo di Flaubert,Salammbô (1862), Sainte-Beuve (1804-1869), ilnoto critico letterario, lostroncò e lo scrittore siarrabbiò moltissimo.Durante una cena,Gustave volle incon-trarlo e, dopo un’accesadiscussione, ottenne diavere ben tre articoli asuo favore. Ma Sainte-Beuve avevaaltri crucci: vecchio ebruttino com’era avreb-be voluto essere bello eaitante. “Ho gusti bor-ghesi” confessava aiGoncourt “meglio giova-ne che vecchio, meglio riccoche povero…”. Il Journal è ricco dianeddoti di Sainte-Beuve che ne ha pertutti: per la Sand, perMusset, per Dumas,

padre e figlio,insomma una

miniera dis t o r i e l l e

che scio-rinava

a l l a

A sinistra: il critico Saint-Beuve. Al centro:Victor Hugo. In basso:ritratto di T. Gautier.

sua platea al ristoranteo in casa di amici.Ma neppure lui furisparmiato. I Goncourt scrivevanoche in casa era piutto-sto trasandato e indos-sava indumenti di lanarozza che lo rendevanosimile a un “portinaiogottoso”: niente male perun critico temuto e che,fra l’altro, fu senatore! Alla fine del 1867,Sainte-Beuve era moltomalato e dovette subireun’operazione.Costretto a letto, nonriusciva più a scrivere e,a chi si recava a trovar-lo, descriveva nei detta-gli i suoi problemi fisi-ci; poi nascondeva la

commozione voltando-si verso il muro. Aparte qualche altra tri-ste apparizione in pub-blico, tutti ormai sape-vano che era spacciato.Il 15 ottobre 1869,mentre si trovano aTrouville, i Goncourtappresero della suamorte.Purtroppo anche Julessi ammalò. Aveva con-tratto la sifilide fre-quentando i bordelliparigini. Cominciò aprovare fastidio per ilrumore degli zoccolidei cavalli, per l’ab-baiare dei cani o per ilsuono delle campane.

Edmond, che non riu-sciva a immaginare unavita senza il fratello,s’illuse che, essendocosì giovane, si sarebbepotuto riprendere. Malunedì 20 giugno1870, dopo una stra-ziante agonia, morì.“In questa casa dove siamosempre stati in due, misorprendo a pensare a luicome se fosse ancora vivo…Tutti i giorni sono deglianniversari del mio doloree della mia sofferenza…sono triste, a pezzi,annientato… ”. Pensòche non sarebbe piùriuscito a scrivere nulla,ma riprese a redigere ilJournal, perché gli sem-brava, in questo modo,di sentirlo vicino. Qualche tempo dopo,Edmond incontrò Vic-tor Hugo (1802-1885)per ringraziarlo dellabella lettera che gliaveva scritto in occasio-ne della morte di Jules.Il grande maestro vive-va accampato in appar-tamenti di passaggio,seguito dalla sua picco-la corte. “…Tra i suoi capelli cisono delle belle ciocchebianche e ribelli che ricor-dano quelle dei profeti diMichelangelo e sul suovolto aleggia una serenitàquasi estatica… Durantela visita, Hugo è amabile,semplice, alla mano…”. In un successivo incon-tro, Hugo disse aEdmond: “Lei è uno sto-rico e un romanziere, lei èun artista. Sa benissimoquanto lo sia io: passereiuna giornata di fronte aun bassorilievo. Ma è unacosa che appartiene a unacerta età… Più tardi ènecessaria la visione filoso-fica delle cose, ed è laseconda fase…Più tardiancora, in ultimo, bisogna

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A destra: Geor-ge Sand in undipinto di Auguste Charpentier (1838). Alcentro:il Sacre Coeur, chefarà di Mont-martre una méta obbligata per i turisti.In basso:una fotografia di Émile Zola e Guy deMaupassant.

scoprire il mistero dellecose, ciò che gli antichichiamavano “arcana”, ilfuturo segreto degli esseri edegli individui… Riflet-ta su quello che le hodetto!”. Qualche mesepiù tardi, Hugo sareb-be stato colpito da unennesimo lutto: lamorte dell’amato figlioFrançois. Com’era sua abitudine,Edmond si recava invisita da ThéophileGautier, malato dicuore e stanco. Abitavaal quinto piano, in unmodesto appartamentoda operaio, insieme alle

sorelle vestite misera-mente. “La soffitta, doveabita Théo, è tanto picco-la e bassa che la riempietutta con il fumo del suosigaro e contiene un lettocon le lenzuola sporche,una vecchia poltrona diquercia, una seggiola dipaglia… sopra delle assibianche ci sono dei librirovesciati…”.Il 2 marzo 1872, a unacena da Flaubert,Gautier salì le scale conevidente fatica. La seraEdmond scrisse: “Egliha il viso bianco come lamaschera di un pierrot,assorto, muto, mangia ebeve automaticamente, in

lui c’è già un moribondoche si risveglia e sfugge unpoco al cerchio triste delsuo io solo quando senteparlare di versi e di poe-sia”. Avrebbe avuto un’ulti-ma soddisfazione nelvedere ristampate leliriche Émaux et Ca-mées, un’opera di levi-gata compiutezza, cheportavano in copertinail suo ritratto. “24 ottobre 1872: ieri,mentre pranzavo con ilnaso immerso nel giornale,mi è venuta inaspettata-mente la notizia dellamorte di Théo…”.

Intanto, la figura diEdmond era diventatail punto di riferimentodi una nuova correnteletteraria: il naturali-smo. Giovani autori siaffacciavano sulla sce-na: un imberbe ÉmileZola (1840-1902) sirivolgeva a lui chia-mandolo maestro. Gracile, ipocondriaco,nervoso, parlava a tuttidelle malattie che loassalivano; lavoravadieci ore al giorno conl’intento di raggiunge-re il successo. Per ognisuo nuovo romanzostudiava esattamentegli ambienti e le perso-

ne che poi avrebbedescritto. Da Flaubert, Edmondincontrò un altro pro-mettente scrittore: Guyde Maupassant (1850-1893), che sarebbemorto pazzo, e il futuroromanziere e comme-diografo AlphonseDaudet (1840-1897)che, durante una cena,narrò la sua tristissimae misera infanzia.Aveva appena dodicianni quando si rifugiònei libri: “...ebbro di let-ture e di alcool e miopecom’ero, arrivavo a viverein una specie di sogno o diallucinazione dove nonpercepivo nulla dellarealtà circostante”.Nell’implacabile scor-rere del tempo, Gon-court visse il 1870 conil suo carico d’orrori edi devastazioni; assistépoi al crollo finanziarioe all’improvviso decessodell’amico Flaubert,alla morte del giovaneDe Nittis e a quella, aben 83 anni, di VictorHugo. Mieté ancora diversisuccessi letterari, maassisté anche a quelli di

Zola che era diventatol’idolo dei giovani enelle vetrine dei libraiemergeva solo la suaimmagine, mentreDaudet faticava aimporsi. Andando a una mostradi Manet, nel 1884,Edmond commentò:“Una beffa, nient’altroche una beffa…Manet è

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un venditore di stampe adolio di Épinal” (N.d.A.località famosa per lesue fabbriche di stam-pe). Con il passare deglianni, però, divennesempre più schivo,anche se continuò a fre-quentare la Parigi lette-raria; inoltre, cominciòa essere ossessionatodall’idea che il suonome potesse esseredimenticato. Trascorre-va le giornate ammi-rando e rimirando lesue librerie ricche divolumi rari e le colle-zioni d’arte che conser-vava gelosamente esulle quali applicava ilmarchio dei Goncourt.Dedicava molte ore allacoltivazione dei fiori,chiuso nella sua solitu-dine. Cominciò a sen-tire le nuove conoscen-ze sempre più lontane,non comprendeva i gio-vani poeti e, tanto me-no, le correnti artisticheche stavano nascendo. Più si avvicinava il ven-tesimo secolo, piùGoncourt si rituffavanell’amato e lontanoSettecento al quale sisentiva intimamentelegato, sia cultural-mente sia artistica-mente. Andò avanti a scrivere

il Journal sino a pochigiorni dalla morte,avvenuta il 15 luglio1896 proprio a casa diDaudet, che sarebbescomparso l’anno suc-cessivo. Grazie alle minuzie delsuo lavoro, il mondoletterario parigino è fis-sato per sempre, eternoe indelebile, fra le suepagine. I nomi di Edmond eJules, legati al presti-gioso premio letterario“Goncourt”, non sonostati dimenticati, comeentrambi i fratelli ave-vano fermamente vo-luto.

Bibliografia: Edmond eJules de Goncourt, Il dia-rio, a cura di MarioLavagetto, Garzanti,novembre 1965.

Sopra: Alphonse Daudet.In basso: la chiesa della

Trinité.

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ell’animataParigi otto-centesca ,s’udivano,

ad ogni ora del gior-no e della notte, iferri dei cavalli batte-re il selciato dellestrade. All’alba, deirobusti e tozzi ani-mali trainavano ipesanti carri prove-nienti dalle campa-gne che giungevanonella capitale carichidei prodotti da ven-dere nei mercati. Ma, nell’ora in cui lanotte lasciava cadereil suo abito buio el’aurora pigramentes’alzava vestita d’avo-rio e di rosa, era facileincontrare carrozzechiuse che rientrava-no in fastose dimorecon a bordo uominiin abito da sera cheavevano trascorso lanotte ai tavoli dagioco o accompa-gnandosi a graziosemadamigelle. Col passare delle ore,le vie si animavano eogni sorta di veicolos’avventurava lungole strade parigine:fastosi equipaggi,dove lo stemma e la

livrea dei servitorirendevano facilmen-te riconoscibile lacasata di appartenen-za; i fiacres, così chia-mati dal nome di S.Fiacre la cui imma-gine era appesa nelluogo in cui si affit-

tavano queste vettu-re; eleganti landò aquattro ruote e duemantici che si pote-vano chiudere a pia-cere, tirati da due oquattro cavalli; ano-nime carrozze chiusedove s’incontrava chidesiderava un po’ didiscrezione e dove lareputazione di giova-ni ragazze si smarri-va; i coupés, velocicarrozze a due posti,e nude e povere car-rette trainate dacavalli stanchi cheaccompagnavano illoro passeggero versol’ultimo e fataleviaggio.

A Parigiin Carrozza

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“…il coupé passò come una frecciaannunciato da due squillanti colpi dicampanello, poi le ruote smorzarono il

loro rumore sulla rena di un vasto corti-le e si fermarono…”

(da Il Nababbo di Alphonse Daudet)

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li elementi in-teressanti dellavita e dell’ope-ra del singola-

re pianista Alfred Eric(Erik) Leslie Satie, natonel 1866 ad Honfleur,delizioso villaggio dellabassa Normandia, ricon-ducono alla bohème piùscapigliata e alla misticapiù accesa. Dopo un’in-fanzia e una giovinezzasegnate dalla morte dellamadre, dal primo fru-strante impatto con ilconservatorio, le cui re-gole ferree lo annichili-scono, un tentativo dicarriera militare finitocon una bronchite che luistesso si procura per poteressere riformato, la suabohème inizia nel 1887 aMontmartre, la piùfamosa collina di Parigi.In quel momento,Montmartre è la culladell’arte girovaga e srego-lata, dove artisti e pittoriscapigliati vivono la lorogiovane stagione di vitabrada e anticonformista. Satie vive al numero 6 divia Cortot, frequenta LeChat Noir, diventa amicodi Debussy e degli artisticontemporanei (fra i qua-li i simbolisti) e si avvici-na all’esoterismo, unen-dosi all’Ordine Cabali-stico dei Rosa-Croce co-me compositore ufficiale

e fondando una fede per-sonale, l’ Église Métropo-litaine d’Art de Jésus-Conducteur, che nessunoabbraccerà. Lasciata daparte questa sua vena mi-stica, nel 1892 componele prime opere influenza-te da un’attitudine con-templativa e da studi sulMedioevo, in particolaresul canto gregoriano.L’anno successivo iniziauna relazione con Suzan-ne Valadon, abile pittrice

e bellissima modella ri-tratta da Renoir e Tou-louse-Lautrec e madre diUtrillo. Il nuovo secololo coglie preparato all’a-vanguardia e intenziona-to a sperimentare. Entrain contatto con il music-hall, il caffè concerto e lefiere popolari, con il bal-letto russo e con gli arti-sti che dettano legge(Diaghilev, Picasso, Ra-vel, Stravinsky e Cocteau,con il quale, nel 1918,

fonderà il “Gruppo deiSei”). La parola d’ordine èsperimentare e conoscerenuovi linguaggi e nuoveforme per esprimerli.Trascorre quindi tre annidi studio alla ScholaCantorum. Satie inseriscerumori di macchine dascrivere, propulsori diaeroplani, sirene di fab-brica in Parade di Picassoe Cocteau: Debussy inor-ridisce, ma Apollinaire, ilsurrealista, ne è gratifica-

to. Nel 1924 parte-cipa alle musichedell’intermezzo ci-nematografico diRené Clair, Entr’acte,ma è Socrate (1919)l’opera che indica co-me eredità. Muore nel1925 di cirrosi epaticaed è sepolto adArcueil in una sempli-ce tomba di pietra fratante. Le sue brillanti

composizioni mostranoeccentricità e desiderio dimeravigliare, di incanta-re. Le sue opere più affa-scinanti rimangono le trerasserenanti Gymnopédies(1888) e le sei ipnoticheGnossiennes (1889–1893).Il carattere misterioso epurissimo della sua musi-ca da camera lo rendonoun compositore unico almondo e un pianista chesuona con i polpastrellisul velluto.

G

Erik“Un vero musicista deve sottomettersi alla suaArte; ... deve porsi al di sopra delle miserieumane;... deve trovarne il coraggio in se stesso,...solo in se stesso.”Erik Satie

Sopra: Erik Satie ripreso all’internodella sua stanza. A destra, lo spar-tito di Je te veux.

di Sabrina Bottaro �

SatieErikSatieda pag.31 a pag 47.qxd 6-08-2009 18:22 Pagina 37

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Magica Parigi

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occhio

di Laura Fanti �

L’di egasDocchioL’

di egasDantante dicaffè concertocon guanto(1878) è

un’opera che da sempremi affascina. È uno deilavori più moderni diEdgar Degas (Parigi1834-1917) anche se trai meno noti. Incarnatutta la complessità dellapoetica dell’artista: ilsoggetto e il modo dirappresentarlo, l’uso delcolore, dello spazio edelle linee.Degas è un impressioni-sta sui generis, partecipa atutte le iniziative e allemostre del gruppo, spes-so promuovendole, puressendo molto diverso daMonet, Pissarro e Renoire affine per interessi ecifre stilistiche a Ma-net, Fantin-Latour eCaillebotte, tutti attrattipiù dall’uomo che dalpaesaggio. Ciò significache Degas, cresciuto inuna famiglia agiata,colto, anche un po’ snob,trovava noiosa la natura emolto più attraenti gliambienti costruiti dal-l’uomo: bar, caffè, teatri,circhi, scuole di danza,galoppatoi, persinonegozi di sartoria o di

lavanderia e tutte le per-sone, quasi sempredonne, che vi ruotanoattorno.Perché Degas era cosìattratto dalle persone,soprattutto se venivanodal popolo? Per cercaredi rispondere a questa

domanda ritorniamo alpastello citato.Su uno sfondo protoa-stratto, dove linee verdi erosse si alternano a com-porre un primitivo décor,si staglia un volto didonna, non bello, con labocca spalancata e con

calibrati accenti cromati-ci, fatti di ombre delpalco, di lumeggiaturebianche che partonodagli orecchini e daidenti e diventano lancet-tature, e soprattutto unguanto di un nero asso-luto, quasi geometrico.Degas ritrae una donnache sembra una caricatu-ra, ma la rende dramma-tica grazie ad una pitturamagistrale. Non era, quie altrove, interessato adabbellire i personaggi,ma a svelarne i loroaspetti più intimi allimite della deformità. Èpossibile che il mondodel teatro, vissuto al diqua da borghesia enobiltà, ma fatto spessoda persone di umileestrazione sociale, siastato per l’artista uneffluvio di vita, la suapassione, la molla che loportava a dipingereestraniandosi dal suocontesto. Un mondoprivo di arredi ricchi epesanti come nelle fami-glie borghesi, di falsi sor-risi sul volto e di poseconsumate, ma carico divita, di varietà, nei volti,negli atteggiamenti enelle speranze di vita. Il

C

Sopra: un collezionista di stampe, del 1866. A fronte:Chanteuse de café-concert (1878), in un pastello (tecnica

mista) su tela di Degas. Nella foto: un giovane Degas.

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ritratto della cantanteincarna la complessitàdel mondo del teatrocon le sue luci e le sueombre, la sua ricchezzadi gesti ed espressioni, lasua leggerezza e dram-maticità. È un’opera

sempre viva, un classico,che potrebbe esseredipinto anche oggi.L’anno precedente Degasaveva ritratto una can-tante in uno splendidolavoro, La canzone delcane, dove l’atteggiamen-

to mimetico della donnacontrasta con la superbiadella mano del pittore edove è ritratta magnifi-camente una notte pari-gina, forse per la primavolta, con i lampionitondeggianti, gli alberi

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Sopra: Orchestrali(1874-76), un tributo

di Degas alla magia delteatro (Städelsches

Kunstinstitut).A fronte: Ballerine(1883), nessun altro

quadro di Degas presentaquesta varietà di pose e

movimenti.

scurissimi e la folla indi-stinta e quasi noncuran-te. Spicca il fiocco rosso eil chiaroscuro sul volto.Sono i primi capolavoriimpressionisti di Degas,dove l’artista si svincoladal maestro Lamothe equindi da Ingres e anche

dall’esigenza naturalisti-ca. Quando ritrae le bal-lerine, il suo occhio nonè puntato sulla mimicadei volti, ma sul dinami-smo degli abiti, degliatteggiamenti, sul movi-mento del colore. Tuttoil suo entusiasmo è foca-

lizzato sullo spazio, sugliambienti, sullo studioanalitico di ogni pennel-lata, nonostante sia sti-mato più come un dise-gnatore che come un“colorista”. Questo è unluogo comune che nascedal fatto che Degas è

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molto attento al disegnosottostante e per questo èdiverso da Monet e daaltri che colorano diret-tamente sulla tela; inol-tre, per Degas, la strut-tura, le linee direzionali,hanno un ruolo fonda-mentale rispetto ai suoiamici più propriamenteimpressionisti, che ten-devano ad abolire i pianiprospettici e a volgere losguardo ad un solo, cen-trale, soggetto. Bastaguardare le opere cheritraggono le lezioni didanza o un originalissi-mo dipinto come MissLala al circo “Fernando”(1879) per capire come,oltre al noto interesse perla fotografia e per i suoitagli, Degas abbia lamentalità di un architet-to che, prima di tutto,considera lo spazio, l’am-bientazione, in questocaso un tendone le cuilinee direzionali sembra-no suggerire l’infinito;solo dopo aver completa-to il décor, Degas si con-centra sulla figura sospe-sa in aria, anche qui ametà strada tra volgaritàe lirismo. La signorina èappesa con i denti e tira-ta in alto da una corda,ma il corpetto, trattato

Sopra: La Chanson du chien (1876-77), eseguito con tecnica mista. Sotto: Scena di balletto,ancora un pastello di straordinaria finezza. Non era tanto lo spettacolo in se stesso che interessava

a Degas, quanto i suoi retroscena e la dimensione umana .

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Sopra: Degas in età avanzata. Sotto: Ballerina davanti a una finestra (1874).

come seta e la leggerezzache l’artista suggeriscesono novità assolute edespressione della finezzadell’artista. Si intuisceche Degas era disinteres-sato al soggetto: non havoluto esaltare le prodez-ze dell’acrobata ma pren-derla a pretesto per stu-diare l’architettura e glieffetti del movimentosul suo corpo. Lo stessoatteggiamento lo ritro-viamo nel noto dipintoL’assenzio (1876), dove ilcolore della bevanda

sembra prendere posses-so della tela e dei voltidei protagonisti, e dovelo spazio determina siaun horror vacui sia deipiani slittanti che sem-brano fuoriuscire dalquadro; solo qualchenota di giallo, nell’abitodella donna e nella pen-nellata accanto alla suaombra suggeriscono unaluce.Degas amava molto ilteatro a cui ha dedicatodiversi lavori, tra questispicca Musicisti dell’orche-

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stra (1870-71). È undipinto di difficile letturaperché si trova tra reali-smo e un impressionismoquasi astratto: il punto divista è ravvicinatissimo ecrea uno spaesamento inchi guarda sia per gliorchestrali sia per la primaballerina che ci guarda

come un’apparizionesovrannaturale. Naturaleil contrasto tra il biancodel tulle e il nero deimusicisti, che non devono

imporsi sulla scena;meno naturale la sceno-grafia: un groviglio dirami o chissà cosa, operadipinta già di per sé chenella trasposizione ulte-riore in quadro diventauna specie di epifania,una sospensione delnostro giudizio checi troviamo davanti a unangolo di pittura a-stratta. Le altre ballerinesono abbozzate, poichéall’artista non interessapiù la finitezza deldipinto.L’occhio di Degas sullavita parigina è spessospietato ma acuto, vivo:una spugna che coglietutti i cambiamenti dellacittà anche se costante-mente ripeteva di nonlavorare né d’istinto nésul posto. “Nessuna arte èmeno spontanea della mia.Quello che faccio è il risul-tato della riflessione e dellostudio dei grandi maestri;di ispirazione, spontaneità,temperamento, io non ne soniente. Bisogna rifare diecivolte, cento volte lo stesso sog-getto. Nulla in arte devesembrare casuale, neppure ilmovimento.”Noi gli crediamo fino adun certo punto. ❂

Sopra: Miss Lala al circoFernando, 1879. A destra:Donna che si asciuga dopo

il bagno (1884).

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al 18 marzoal 28 mag-gio 1871, ilmovimento

rivoluzionario la Com-mune ebbe il suo centroa Parigi. Esso si inserìnegli sconvolgimentipolitici causati dallaguerra franco-prussia-na: il popolo e la guar-dia nazionale insorse-ro contro il gover-no del conservatoreLouis-Adolphe Thiers(1797-1877), presi-dente della Repub-blica dal 1871-73dopo la caduta di Na-poeleone III e del IIImpero, costretto aripiegare a Versailles. La Commune instaurò,fra l’altro, una forma

di autogoverno checomprendeva il suffra-gio universale e lagestione operaia dell’e-conomia.Dopo una resistenzaaccanita, durata ben72 giorni, cadde, emigliaia di suoi soste-nitori furono trucidati.

La cronaca:Domenica, 21 mag-gio 1871: alleTuileries c’è aria difesta. Ben ottomilapersone assistono a unconcerto nonostanteThiers sia giunto allaperiferia di Parigi e iltuonare degli obicifaccia da sottofondo aimilletrecento orche-strali. Nessuno imma-

gina che, da lì a poco,i Versagliesi penetre-ranno dalla porta diSaint-Cloud nel modopiù semplice. Infatti,ai bastioni si affacceràun ex-ufficiale di fan-teria di marina, uncerto Ducatel, chegriderà al capitanodi fregata Tréves:“Parigi è vostra sevolete prenderla, fateentrare le vostre trup-pe; tutto è abbando-nato!”.Incredibilmente ècosì. La disorga-nizzazione dellaCommune è arriva-ta a lasciare liberauna porta deter-minante per lapresa di Parigi da

parte di Thiers e deisuoi uomini.Quando il Comitato disalute pubblica lo vienea sapere si scatena ilcaos, ma ormai è trop-po tardi: alle dieci di

m a t t i n a

di Maria Giulia Baiocchi �

La Comune di Parigi,l’ultima settimana

La Comune di Parigi,l’ultima settimana

DD

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venticinquemila versa-gliesi sono a Parigi ela città ancora lo igno-ra.

Lunedì, 22: questamattina il sole splendein un cielo terso mapochi lo notano. LaCommune è occupata aredigere un nuovoproclama: “Cittadini,basta col militarismo…si faccia posto al popo-lo… l’ora della rivolu-zione è suonata. Il popolonon teme nessuno deglistrateghi della scuolamonarchica… quei mise-rabili che hanno conse-gnato la Francia aiPrussiani e ci fannopagare il prezzo del lorotradimento… Se voletevivere in una Franciaegualitaria, se voleterisparmiare ai vostrifigli i vostri dolori… laCommune conta su divoi, contate sullaCommune”.Ma la confusione èmolta: la Commune èmal organizzata e ladisciplina inesistente;la gente lo sente e iboulevards si svuotano,i negozi chiudono.All’una i Versagliesioccupano già un quar-to di Parigi. LaCommune emette unaltro proclama: “…

�A sinistra: manifesto della Comune. Sotto e in basso:

scene della sollevazione edelle barricate a Parigi.

alle barricate! Ilnemico è nelle nostremura. Avanti per laRepubblica… allearmi!”.Cerca di far giun-gere un appello an-che ai soldati diThiers, invitandoliad abbandonare

l’esercito con la pro-messa di essere accoltia braccia aperte dallefamiglie del popolo,ma nessun messaggioarriverà mai alle trup-pe.

Inoltre, Thiers ha scel-to bene i suoi soldati: icontingenti giovani,più docili delle retro-vie composte invece dagendarmi, poliziottiurbani e marinai, sonola maggioranza. Quasinessuno è già stato aParigi o ha dei parentio dei ricordi nellacapitale. Per di più, aisoldati è stato ripetutomille volte che i com-munards sono tuttiladri e bricconi prontiad assassinare i prigio-nieri.Intanto, in queste oreParigi è in fermento:uomini, ragazzi, donnedel popolo e signore in

Magica Pariginero costruiscono ala-cremente le barricate:ognuno, ormai è chia-ro, difenderà il proprioquartiere. Quando calala sera: “…nessuna notteproduce nell’animo nostroun’impressione così lugu-bre come questa notte diraccoglimento, di vegliad’armi. Ci si cerca nelletenebre, ci si parla piano,si prende e si dà speran-za…” (HippolyteLissagaray).

Martedì, 23: morti,morti e ancora morti.Resistono le barricateagli assalti dei Versa-gliesi, ma Montmartreè presa. La barricata diplace Pigalle, difesasolo da donne, si ar-rende dopo ben tre oredi strenua lotta. Le sopravvissute mori-ranno, quella stessagiornata, sulla barricatadel boulevard Magenta. Uno studente di medi-cina inglese racconta:“Un uomo di qua-rant’anni ferito al pol-mone mi ha detto:“Cittadino, sono un sol-dato della Repubblica

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universale. Mi sono bat-tuto nel ’48 e muoio nel’71. Dite ai miei amiciche, morendo, io grido:“Viva la Commune!”. Dopo la presa diMontmartre, inizianogli arresti e le imme-diate fucilazioni.“Molti portinai, come nelgiugno del ‘48, fungonoda mediatori al massacrodenunciando i loroinquilini o gli abitantidel quartiere”(H. Lissagaray)

Mercoledì, 24: un’al-ba di morte. La disfat-ta dei comunali è pale-se ma Thiers nonvuole fermarsi. “Quellaborghesia che aveva capi-tolato con entusiasmo aiPrussiani trema di rab-bia al solo pensiero dicedere di fronte a Parigi.…trattare con dei prole-tari, rinunciare ai suoiprivilegi, questo no, piut-tosto la morte. … ilbastione del socialismodeve essere annientato e lerivendicazioni del prole-tariato devono esseresoffocate per lungotempo…” (H. Lissagaray).Francesi contro france-si in un’assurda lottafra tanti che chiedonod’avere più diritti epochi che voglionoconservare antichi pri-vilegi. Tutto si trasforma inesecuzioni sommarie,carneficine, fucilazioniordinate solo per deisospetti. E se i comunali corro-no da una parte all’al-tra delle barricatesenza più una parvenzad’ordine e di speranza,i Versagliesi si buttanocon le baionette suogni cittadino cheanela alla libertà.

Giovedì, 25, venerdì,26, sabato, 27: i Ver-sagliesi trionfano sututti i fronti. La confu-sione è terribile, lagente si barrica in casa,gli scuri sono serrati,non c’è più nulla damangiare, nessuno sifida di nessuno. Sopraa tutto l’odore degliincendi, dei cadaveriin putrefazione e dellapolvere da sparo; nelleorecchie il rumore de-gli obici, le urla dispe-rate della gente, ilpianto dei feriti, gliscoppi dei fucili. Unaterribile leggenda na-sce intorno alle pétro-leuses, così definite lepovere donne vestite distracci che si sospetta-no, a torto, di causareincendi. Molte sonocatturate e giustiziatesenza pietà. Il sabatomattina sorge grigio elugubre. A mezzogior-no i membri dellaCommune si riunisconoper l’ultima volta edecidono che ognunoandrà alle barricate eagirà secondo la pro-pria coscienza. Pertutto il pomeriggio icombattimenti sonoviolenti e bagnati dauna pioggia fredda einsistente, poi scendel’oscurità, preludiodella disfatta finale.

Domenica, 28: laCommune è durata duemesi, ma ha segnato lafine di un mondo. Nelfrattempo Thiers, inesecuzione di una leg-ge approvata il 26maggio, ordina cheben 1.053.000 franchisiano messi a sua di-sposizione per rico-struire la sua residen-za. Secondo le autoritàversagliesi, in una set-

timana ben 17.000persone sono stateuccise, diverse migliaiaimprigionate, 14.000condannate ai lavoriforzati o alla deporta-zione nelle colonie.“Da questa spaventosatragedia quale insegna-mento ha tratto la bor-ghesia vittoriosa?Duevolte in 22 anni essa havi s t o i l popo lo ne l l estrade, armato, terribi-le… Ha compreso? Haalmeno intravisto, dietroquesta forza e in questeperiodiche esplosioni,

un’idea, lo sforzo perl’avvento di un mondoche non vuole sottomet-tersi e che non può mori-re?” (H. Lissagaray). Fra i sopravvissuti,i l giornalista Hyp-polite-Prosper-OlivierLissagaray (1838-1901), al quale dob-biamo le prezio-se testimonianze ocu-lari.

Sopra: La forge, diMaximilien Luce. Nessuno fu

vicino ai problemi sociali come questo artista.

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di Ilaria Biondi �

La

deiParigi

«salons»

La

deiParigi

«salons»

n epoca romanti-ca, è a Parigi chespetta il ruolo dicapitale intellet-

tuale dell’Occidente, dicrogiuolo di talenti eidee, di privilegiatoluogo di incontro digiornalisti, scrittori eartisti. Nella società pariginadei primi decennidell’Ottocento, i salot-ti, scenario di vita mon-dana ed elegante, maanche di convivialità,piacere e divertimento,rappresentano per

uomini di lettere, arti-sti e politici un efficacestrumento per il rag-giungimento di fama egloria. I salotti più prestigiosie più assiduamente fre-quentati, quelli chepartecipano più attiva-mente al movimentodelle idee, sono animatida donne appartenentialla grande aristocrazia,come la duchessa diBroglie, la principessadi Belgiojoso, Delphinede Girardin, JulietteRécamier, o da figure

di grande spessoreintellettuale come gliscrittori George Sand eCharles Nodier. Il salotto di Madame deGirardin, che a partiredal 1842 si trasferisceinsieme al marito Émi-le in un maestoso palaz-zo sugli Champs-Ely-sées, organizza seratemondane ogni merco-ledì sera; è in quellestanze sontuosamentearredate che, con il sot-tofondo di buona musi-ca, si raduna la Parigidelle lettere e delle arti

(Balzac, Hugo, Ale-xandre Dumas, Gautier,Vigny, Mérimée, Geor-ge Sand, Lamennnais,Delacroix, Rossigni,Meyerbeer …), coinvol-gendo non di radoanche importanti espo-nenti del mondo politi-co come FrançoisGuizot e AdolpheThiers. La principale occupa-

II �

Sopra: George Sand à éventail. In questa splen-

dida opera a china e acquerello, Alfred de Musset

ritrae la Sand.

Mondanità e fermento letterario inepoca romantica

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zione all’interno deisalotti è rappresentatadalla letteratura: i par-tecipanti sono avidi discoprire nuovi testi inversi e in prosa e gliautori, dal canto loro,sono ben lieti di poter-si cimentare nelladeclamazione delle loropiù recenti fatiche.Insieme ai giornali ealle riviste letterarie, lepubbliche letture ese-guite nel contesto deisalotti rappresentanoper gli scrittori un’oc-casione propizia perfare conoscere al pub-blico le proprie opere,per incentivare la ven-dita dei propri libri. Sipensi ad esempio alleMémoires d’outre-tombe,di cui viene organizza-ta una pubblica letturaa partire dal 1834,mentre Chateaubriandè ancora alle prese conla stesura del testo.Fautrice di questostraordinario successo èJuliette Récamier,donna di fine intellettoe di inaudita bellezza,che accoglie nel suoappartamento all’Ab-baye-aux-bois, in ruede Sèvres, le persona-lità di spicco delmondo letterario, poli-tico e mondano dellaParigi romantica.

Particolarmente ap-prezzato è anche ilpalazzo in rue duMontparnasse dellaprincipessa di Bel-giojoso, nel quale ci sidedica prevalentemen-te ad attività musicali eteatrali, con personaggidel bel mondo che sicimentano nella messain scena di opere com-poste da autori dellanouvelle école comeVictor Hugo. Anche George Sand,donna di nobili natalinonché scrittrice ditalento, eclettica eappassionata, radunaattorno a sé a l’Hôtelde France, in rueLafitte, un salotto cheannovera tra gli invita-ti l’amato Alfred deMusset, Balzac, Dumas

figlio, Gautier, Méri-mée, Hugo, ma ancheChopin, che con leiintrattiene una lungarelazione, Delacroix eLiszt. Celeberrimo è inoltre ilsalotto che CharlesNodier organizza neilocali della Bibliothè-que de l’Arsenal. Leriunioni animate dalloscrittore sono tra le piùdivertenti e le più spi-ritualmente elevate deisuoi tempi: i poeti, imusicisti e i pittori chevi prendono partehanno la possibilità difare conoscere il pro-prio talento in un’at-mosfera allegra, doveil canto e la danza simescolano gradevol-mente alla recitazionedei componimenti poe-tici. Il salotto di Nodierdiventa ben presto ilfulcro della vita lette-raria cittadina, il cena-colo in cui si sviluppail movimento romanti-co. I più assidui fre-quentatori sono gliamici Hugo, Musset,Vigny, Sainte-Beuve,Lamartine, Soulié eDumas, che gra-zie all’indul-genza dei pa-droni di ca-sa si sento-no liberidi darevoce alp r o -p r i o

talento e alle propriestravaganze. Al pari di CharlesNodier, anche l’editoreRenduel gioca un ruolodi prim’ordine nell’evo-luzione del gusto, dellearti e della letteraturadel Romanticismo,facendo del propriocabinet de librairie, inrue des Grands-Au-gustin, una sorta disalotto letterario suigeneris, privilegiatopunto di ritrovo e diconfronto delle princi-pali personalità delmondo culturale dell’e-poca. Nella sua mode-sta boutique si succedo-no ogni giorno i piùgrandi nomi della scuo-la romantica, tra i qualifigurano lo stessoCharles Nodier, VictorHugo e il criticoSainte-Beuve.Renduel, il cui nome èoggi caduto nell’oblio,è una figura di primopiano nel movimentatoscenario della Parigidegli anni Trentadell’Ottocento; pur

��

In alto: un salotto parigino. Sopra: l’editore Eugène Renduel. Sotto:

Victor Hugo.

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essendo di umili originie non potendo vantareuna solida preparazioneculturale, egli possiedeun’intelligenza fine euna non comune sensi-bilità letteraria che lorendono attento allenovità che il panoramafrancese dell’epoca pro-pone. Egli ha infatti il meritodi presentire le poten-zialità straordinarie delnascente movimentoromantico e l’abilità diraggruppare attorno asé questa corte di gio-vani talenti che, fra unachiacchiera e l’altra,discutono animatamen-te di letteratura. A distanza di anni dallagrande avventura ro-mantica, Sainte-Beuverammenta con nostal-gia le vivaci sedutenello studiolo pocoilluminato dell’amicoRenduel. Anche Stendhal, duran-te i suoi frequentiviaggi all’estero, tornaspesso con il pensieroalle piacevoli seratetrascorse nella capita-le, insieme agli amici,nella soffitta di De-lécluze, in rue Cha-banais, o nel salotto diCuvier, al Jardin desPlantes, dove ha modo

di conoscere celebriesploratori come Am-père, Jacquement eCaillé e di ammirarela rara bellezza degliocchi di Sophie, lapiccola di casa Cuvier…. Ma proprio Sten-dhal, pur essendo unentusiasta frequenta-tore di salotti , nonpuò esimersi dal criti-care il peso taloraeccessivo che la società

mondana vuole eserci-tare sul mondo intel-lettuale, dando cosìvoce ad una preoccu-

pazione che attanaglianon pochi scrittori deltempo, fra cui VictorHugo. Con la luciditàche lo contraddistin-gue, l ’autore dellaChartreuse de Parmecritica, in particolare,il malcostume di farpartecipare le damedel bel mondo allesedute dell’AcadémieFrançaise, per deciderechi debba essere elettoe chi debba essere am-messo all’interno dellastorica Istituzione. È dalle pagine delNew Monthly Magazineche, in data 8 febbraio1826, egli afferma,con amara ironia,quanto la frequenta-zione delle affascinantidame dell’alta societàsia di gran lunga piùutile che non lo studioassiduo e il talentoartistico, per potersicreare una reputazionenel mondo delle lette-re: “Une telle fête spiri-tuelle e s t unique enEurope et au monde, et jen’hésite point à affirmerque tout homme cultivéqu’il soit né à Edim-bourg, à New York ou àLondres , s ’ i l n’a pasassisté à une séance àl’Académie telle que jeviens de la décrire seraincapable d’estimer lacentième partie des avan-tages que l ’on peutgagner, en ajoutant dixans de commerce avec labonne société, à vingt ansd’études classiques” .

Magica Parigi

In alto: Madame Récamier, di Jacques-Louis David (1800circa). Sopra: una caricatura, attribuibile a T. Gautier,

che rappresenta de Musset e Balzac. Sotto: Victor Hugo e isuoi sostenitori, in una caricatura di B. Roubaud (1842).

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a Senna at-t r a v e r s aP a r i g itracciando

un elegante arcoproprio dove lambi-sce il cuore della cit-tà e i suoi quartieripiù belli. Nell’Ot-tocento, gli ampiboulevards e le ele-ganti avenues s’insi-nuavano nei lungo-senna disegnandoun’augusta mappadove le residenze piùfastose s’ergevano la-sciando immaginaregli ampi saloni, lescalinate di marmo e isalotti esclusivi e civet-tuoli; tutt’intorno, gliampi giardini cullavanoville e palazzi come se uncuore verde ne racchiu-desse uno d’oro. Quaides Tuileries, Quai duLouvre, Quai d’Orsay,erano solo alcuni dei no-tissimi luoghi sempre af-follati dalle carrozze, dairicchi equipaggi e da unafolla eterogenea che simuoveva fra i grandispazi disegnati con cura.

Lungo laSenna

“Nel frattempo il fiume si era venuto ricoprendo a poco a poco diuna nebbia bianca che ristagnava bassa bassa, cosicché alzandomi

in piedi non vedevo più il fiume…” (Da Il fiume di G. de Maupassant)

di Maria Giulia Baiocchi �

I quartieri miseri e popo-losi di Parigi, le viuzzebuie e anguste abitatedagli operai, dai piccolicommercianti, dalle sar-tine, dagli sbiaditi im-piegatucci sembravanolontane come il resto del-la Senna che, lasciati iquartieri élitari dove an-che i numerosi pontivantavano una nobileorigine, riprendeva ad

essere il consueto fiumenavigabile dalle rive bo-scose. Il fascino dellaSenna e delle sue acquefu sovente fonte d’ispira-zione letteraria. Ne parlòparecchie volte Guy deMaupassant (1850-93)nei suoi racconti, comene La scampagnata, doveall’amore si mescolava labellezza dei luoghi ba-gnati dal fiume, o in Sul-

l’acqua, dove unvecchio canottiere“aveva in cuore unagrande passione, unapassione divoratrice,irresistibile: il fiume”. Pregna d’emozioneè anche la caccia, daparte di un poli-ziotto zelante, aJean Valjean, ilprotagonista de Imiserabili di VictorHugo (1802-85),prima lungo la Sen-na, all’altezza delPont des Invalides epoi nelle fogne pa-rigine. “L’argine era

solitario; non c’era un pas-sante, neppure un battelliereo uno scaricatore nelle chiat-te ormeggiate qua e là… Ilfuggiasco non si sarebbe po-tuto gettare nella Senna néscalare il lungofiume senzaessere visto da colui che loseguiva…”. Indifferentedell’essere stata una co-protagonista insieme atanti personaggi, laSenna continua a scorrerevia senza mai voltarsiindietro, incurante d’o-gni agire dell’uomo.

LL

Sopra: un’immagine della Senna ripresa da Camille Pissarro inLe Louvre.

Lungo laSenna

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ra mille tor-menti, allaricerca di sestesso e del

come esprimersi nellapittura, Vincent VanGogh decide, nel dicem-bre del 1883, dalla deso-lata provincia delDrenthe, di fare ritorno

alla casa paterna diNuenen, nel Brabanteolandese.Una serie di fallimentiesistenziali e sentimen-tali e le pressanti neces-sità economiche glifanno tentare il rientroin un ambiente che è perlui ormai impossibile. Si

sono fatti tesi anche irapporti epistolari colfratello Theo, verso ilquale mostra una forseinconsapevole ingratitu-dine, ritenendolo reti-cente a mostrare a Parigile opere che puntual-mente gli invia. Nellesue lettere si infervora in

discussioni sul rapportotra arte e denaro e siscontra con Theo giun-gendo a rifiutare il purevitale supporto econo-mico che il fratello noncessa di fornirgli; manonostante si esprima inmodo assai aspro, Theonon si ritirerà dal propo-

Magica Parigi

52 OTTOCENTO

Vincent

VanGogh

TTdi Corrado Barbieri �

�a Parigi

Vincent

VanGogha Parigi

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Nel 1886, quando era andato a Parigi ,Vincent aveva conosciuto la radiosa lumino-sità del colore impressionista. Durante i due

anni che vi trascorse trovò il modo di incorporare que-ste tonalità incredibilmente luminose nei disegni olan-desi che gli venivano naturali. Fu poi affascinato dall’i-dea del colore come “linguaggio simbolico”. Vincentimmaginava che questo potesse essere un modo dicomunicare che veniva dal cuore. “Ho sempre la speran-za di fare una scoperta, di esprimere l’amore di dueinnamorati attraverso il matrimonio di due colori com-plementari, la loro fusione così come la loro opposizione,le misteriose vibrazioni di tonalità affini”. Sperava “diesprimere la speranza con una stella, il desiderio di

un’anima con la radiosità del tramonto”.

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54 OTTOCENTO

sito ferreo di aiutarlocome può.Con I mangiatori dipatate, Vincent si sta giàrivelando per l'artistache è: immagini di forteintensità, studio accura-to dei rapporti dei colo-ri, precisione delleosservazioni.Le vicissitudini attra-versate, le sventure, lamiseria, sono però anco-ra un freno per la suapittura e fonte di indi-cibile tensione, controla quale lotta strenua-mente. Scrive a Theodopo una giornata tra-scorsa dall'alba al crepu-scolo tra la campagna ei pastori "... che si porta a

Nella pagina precedente: lo sfondo è Marais aux nénuphars(1881), e l’autoritratto Con cappello di feltro scuro, 1886. Inalto: Contadino e contadina che caricano una barca da torba.Qui sopra: studio a tecnica mista per I mangiatori di patate. A

destra, dall’alto: Theodorus Van Gogh, padre di Vincent, e le sorel-le Anna ed Elisabeth, (Museo Van Gogh Amsterdam). Sotto:

Cascinale con due fienili.

casa da una giornata delgenere? Solo molti schizzi.Eppure si riporta a casaanche un'altra cosa: unacalma passione per illavoro".Perduto nella sua stessaterra natale e nella suaricerca artistica senza

fine, Vincent non saancora che accade aParigi, non ha visto leopere degli impressioni-sti e nelle lettere al fra-tello si dice desiderosodi capire chi sono e cosafanno.Le lettere e i libri cheTheo gli invia sono leuniche finestre apertesull'evoluzione dell'arte.Egli attinge per la sua

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Sopra: fotografia del fratelloTheo nel 1889 (Museo Van

Gogh, Amsterdam). A destra: Contadina che

vanga (1885 circa). Sotto: Toits de Chaume, ese-

guito a tecnica mistanel 1884

(Tate Gallery-Londra).

pittura unicamente allasua riflessione e al suoistinto. Una pittura cheè ancora intrisa di nero,di tratti scuri, che riflet-tono i tetti delle case,gli alberi spogli, imuschi di quella re-gione.

Tra i libri che riceve c'èLes artistes de mon temps,di Charles Blanc, dovesi parla del colore edove sono citate affer-mazioni di De Lacroix

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Sopra: Busto d’uomo,1887. A sinistra: una foto-

grafia dei due ponti diAsnières, che verranno ripro-dotti da Vincent nel 1887

(a fronte in alto). Nella foto in basso al cen-

tro: è visibile il Moulinde la Galette e Rue Lepic.Sotto: l’unica fotografia

che ci è rimasta di Vincent, adiciannove anni.

A fronte in basso: Natura morta con girasoli,

uno dei tanti dipinti con questo soggetto, che avevano

sempre l’approvazione di Paul Gauguin.

in proposito.Theo è convinto, aragione, che malgrado isuoi sforzi Vincent nonpotrà evolversi se nonscoprirà la luce, se noncapirà l'evoluzione chesta avendo la pittura aParigi.A Nuenen, il 26 marzo

OT

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1885, muore il pasto-re Theodorus Van Gogh,padre di Vincent e l'at-mosfera familiare diven-ta per molti versi anchemeno respirabile per lui.Dopo un viaggio adAnversa, dove scopre lapittura giapponese, deci-de improvvisamente dipartire per Parigi. Nonne dà preavviso a Theo earriva il 28 febbraio1886. Alloggia a casadel fratello nel piccoloappartamento di RueLaval, ma entrambi sistabiliranno qualchemese dopo a Rue Lepic,nei pressi di Mont-martre. Non lontano c'èl'atelier Cormon, un pit-tore assai accademicoche Theo gli consiglia difrequentare in quantomaestro noto per lasciareuna certa libertà ai suoiallievi.

A sinistra: Il Moulin de laGalette; sotto: in una foto e

in una stampa.

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Lì, Vincent conosceràquasi tutti gli artisti piùin vista del momento:Monet, Cézanne, Pissar-ro, il giovane EmileBernard, Signac, Guil-lomin e Lautrec, con cuisi troverà in comunanzadi idee. Ma Vincent èun personaggio troppoparticolare per Cormon:il suo francese rauco, il

suo vestire come un ope-raio e i suoi modi bru-schi lo mettono anchequi in urto con il mae-stro. Lascia quindi benpresto lo studio assiemea Lautrec, e così sintetiz-za l'accaduto "...in quellostudio si impara a dipin-

gere come a vivere, nel-l'apparenza e con intri-ghi."Da quel momento Vin-cent accetterà comeguida solo se stesso, e lasua svolta avrà luogo.La maturazione portataavanti nel periodo di

Sopra: la Senna e il ponte di Clichy, ripresi da Vincent eriprodotti dalla cartolina inbasso. A sinistra: l’entrata

della casa dove abitavano i fratelli Van Gogh al 54 di Rue Lepic (Museo Van Gogh,

Amsterdam).

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Nuenen sfocia nella sco-perta del colore e dellaluce degli impressioni-sti, proprio come Theoaveva prefigurato, edegli si getta nel lavorocon il solito ardore. La sua sperimentazionespazia dalla pittura di

In alto: ancora il ponte diClichy in questo Pescatoria Primavera. Sopra: unafotografia con le tipicheimbarcazioni usate sulla

Senna a Asnières in un giornodi regata.

A destra: Ritratto diAlexander Reid.

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A destra: questo Barche ariva, del 1887, è una vistanon dissimile a quella dellafoto a fronte. A destra alcentro: la foto, scattata

lungo la Senna verso l’ottobre1887, ci mostra di fronte ilgiovane Émile Bernard e di spalle Vincent Van Gogh. In basso: Un paio di

scarpe.De Lacroix ai divisioni-sti. Pur teso nello sforzo diapprendere e scoprirenuovi canali espressivi,trattenendo per se stessociò che lo può aiutare aprogredire, dà sfogo alsuo genio, al di là diogni esperienza, specieper quanto riguarda ilcolore.Scriverà "L'aria dellaFrancia schiarisce le ideee fa bene, molto bene,tutto il bene del mondo..."Inevitabilmente i rap-porti con i colleghi sifanno, come di consue-to, difficili: la sua perso-nalità lo porta a scon-trarsi con chi lo contrad-dice o con chi concepi-sce l'arte in un'otticadiversa dalla sua, facen-dolo sentire indeside-rato. Nei due anni tra-scorsi a Parigi, Vincentorganizza anche variemostre e frequentando ilcelebre atelier del PèreTanguy conosce PaulGauguin, di ritornoanch'esso dal suo pere-grinare, con il quale sitrova momentaneamen-te in accordo. Ma giàinizia a parlare con Theodi andare più lontano,più oltre, di cercare unaluce più intensa.Il 19 febbraio 1888,Theo lo accompagnaalla stazione: Vincent sidirige verso il midi, “ilpaese giallo” dove sboc-cerà tutto il suo gran-dioso genio, assieme aipiù terribili tormenti. ❂

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ell’estate 1893Gauguin è co-stretto a can-cellare la tanto

desiderata visita alle lon-tane isole Marchesi dellaPolinesia per difficoltàeconomiche e rientra aParigi dove, convinto diaver svolto con il suolavoro un’opera artisticasuperiore a quella diogni suo contempora-neo, allestisce subito unamostra personale allagalleria di Durand-Ruel,certo di un successo eco-nomico e di critica. Tut-tavia, mentre quest’ulti-mo giunge, le opere re-stano invendute. CharlesMorice scrive un’intro-duzione molto elogiativaper questa esposizione. I problemi economici sifanno nuovamente senti-re: l’unico ad acquistareuna tela è l’amico Degas,che definisce quella diGauguin “la pittura di unlupo”. In seguito, Gau-guin racconterà a unagiovane vicina di casa lafavola del cane e del lu-po. Si narra che un lupofosse attratto da un caneper il suo manto lucido eil suo aspetto paffuto,ma una volta scoperto ilsegno della catena alcollo, decidesse di tenersi

NN la libertà e la fame. E’un’allegoria della subor-dinazione e dell’indipen-denza, e senz’ altro l’arti-

Sopra: Anne Martin e la scimmia Taoa, la modella giavane-se di Gauguin ritratta nel 1893.

sta si sente libero comeun lupo. Il fatto è real-mente accaduto e vieneriportato da Gauguinnel testo A proposito diEdgar Degas dove, però,

mente romanzato dellesue avventure tahitiane,in modo da agevolare lacomprensione delle sueopere più recenti.Charles Morice aggiungele sue poesie “civilizzate”quale accompagnamentoalla “barbara” prosa diGauguin. Pochi dei vec-chi amici lo sostengono,ad eccezione dello stessoMorice e di de Monfreid,spingendolo a legarenuove relazioni nell’am-biente artistico di Parigi.A quel periodo risale lasua amicizia con il musi-cista William Molard ela conoscenza dei pittoriAlphonse Mucha edEdvard Munch, e deldrammaturgo AugustStrindberg. Torna a quelpunto in Bretagna, aPont Aven, dove tra l’al-tro si frattura una cavi-glia in una rissa, restan-do fermo tutta l’estate ededicandosi a una seriedi incisioni su legno percorredare di illustrazioniNoa Noa, sfruttando lanatura primaria dellamateria con vigore esemplicità. La relazionecon una ragazza-madre el’aver trovato unamodella giavanese, AnneMartin, con scimmia alseguito, non riescono

a raccontare la favola èproprio Degas, nel ten-tativo di esporre almeglio la pittura dell’a-

mico a due visitatoridella mostra. Durantel’inverno insegna arte,scrive ogni tanto unarticolo e redige NoaNoa, un racconto legger-

di Sabrina Villani�

La pittura di un lupoLa pittura di un lupo

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tuttavia ad attenuare inlui la nostalgia per laPolinesia e per la solitu-dine. All’inizio del 1895gli viene diagnosticata lasifilide: rotto ogni lega-me affettivo e deluso perla mancanza del succes-so, decide di tornare persempre nei mari del Suddove, tra mille sofferen-ze, continuerà la suastraordinaria opera. ❂

Sopra: Autoritrattocon tavolozza ,1885. È il più straordinario

autoritratto dell’artista,

che si dipinge usando ingran parte la tecnica

puntinista.A destra: Aha oe feii?(Come, sei gelosa?),

un’opera del 1894che servì da studio

per un dipinto omonimo.

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64 OTTOCENTO

vventura, a-more, corag-gio, intra-prendenza:

questi alcuni degliingredienti di un affasci-nante romanzo del raffi-nato letterato e poetaThéophile Gautier(1811-1872), Il CapitanFracassa, che si diverte ainscenare le situazionipiù classiche e

a rendere la vicenda fan-tasticamente complicata,ma affascinante. Il barone di Sigognac,giovane, belloccio epovero, si unisce ad unacompagnia di comici eraggiunge Parigi, dove siesibisce con il nome diCapitan Fracassa. Inna-moratosi di Isabella,attrice comica, vorrebbesposarla, ma un antipa-tico duca, anch’egliinnamorato della gio-vane, la rapisce. Segueun duello fra il duca eil barone; quest’ultimosembra morto ma èsolo ferito. Intantoentra in scena il padre

IL CORAGGIO DICAPITANFRACASSA

�In queste pagine inalto: due illustrazioni tratte da un libro degli

anni ‘50 del 900 relativeall’opera di ThéophileGautier Il Capitan

Fracassa. Qui a fianco:il protagonista del famoso

romanzo di Jules Renard, Pel di

Carota.

“Gli alberi intonsi spingevano in cento direzioni irami ingordi. I bossi, destinati a segnare l’orlo delleaiuole e dei viali, erano divenuti arbusti. Semi portatidal vento avevano germinato a caso… I rovi irti dispine s’intricavano da una parte all’altra dei sentie-ri…”.

AAdel duca che riconosce inIsabella la figliola sot-trattagli anni prima.Chiarite le discendenze,ristabilitosi Sigognac,ecco che il giovane eroescopre un tesoro seppelli-to nella sua proprietà.Ricco, bello e innamora-to può finalmente sposa-re la sua adorata Isabella. Il Capitan Fracassa èun’opera romantica ma,pur concepita intorno al1830, fu scritta solo nel1863 e i trent’anni didistacco dalla gestazionela rendono pregna diquella accattivante ironiache è il suo pregio mag-giore. Gautier creò uneroe che, travolgendo ipregiudizi di classe, si

mescolòai comici, consideratireietti e neppure degnid’essere sepolti in terraconsacrata. La stantia e asfissiantesocietà stava allentandola sua morsa a favore diun rinnovamento cheavrebbe portato a grandicambiamenti. Sigognacsembra non accorgerse-ne, ma il lettore ne èsubito informato. Se ilpubblico adoravaGautier, la critica, purconsiderandolo capaced’intrecci notevoli, lobiasimava per non tratta-re temi più profondi ecomplessi. Di Gautier,come poeta, CharlesBaudelaire scrisse: “Egli

di Maria Giulia Baiocchi�

Juvenilia Juvenilia da pag.48 a pag 67mancafont.qxd 7-08-2009 7:28 Pagina 64

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�A destra: un antipatico Ducarapisce Isabella, l’innamorata

di Capitan Fracassa, e neuscirà un duello.

Il romanzo è un’opera romantica, concepita intorno il 1830, ma terminata 30

anni dopo da Gautier.

ha introdotto nella poesiaun elemento nuovo che si puòchiamare “consolazioneattraverso le arti”, compostodi tutti gli elementi pittore-schi che rallegrano gli occhie lo spirito. In questo senso èun innovatore”.

“Pel di Carota crede che sua madre gli stia sorridendo e,lusingato, risponde con un sorriso. Ma la signora Lepic, chesorrideva per conto suo, subito fa la faccia sdegnata e gliocchi scuri. Pel di Carota non sa dove nascondersi dallavergogna”.

molto tristela storia diPel di Carota,il protagoni-sta del

famoso romanzo di

Jules Renard (1864-1910). All’apparenza, ilpiccolo di casa Lepic,con i capelli rossi e lelentiggini, l’aria damonello e gli atteggia-menti ribelli, sembracapace solo di combinareguai e scempiaggini. Inverità lo mina una soli-tudine corrosiva perchéin famiglia nessuno loama: né la madre, unadonna troppo amareg-giata da un’esistenzainfelice, né i fratelli piùgrandi, che lo considera-no solo d’impiccio, né ilpadre, distratto dallepreoccupazioni e lontanodal figlio come se fossel’abitante di un altrouniverso. Sarà solo il ten-tativo di suicidio delpiccolo ad avvicinarlo al

PEL DI CAROTA:UN RAGAZZOINCOMPRESO

ÉÉ padre che comincerà avedere in lui un figlio eun amico. C’è la tragedia della soli-tudine nelle pagine diRenard, una profondaspaccatura che si produ-ce nell’animo di unragazzo segnandolo a talpunto da fargli desidera-re la morte. Dr ammat i c ament eattuale, nel libro si per-cepisce quello che è unodei mali più comunid’oggi: l’incapacità diascoltare, quando l'ascol-to dovrebbe anche signi-ficare la partecipazionealla vita dell’altro; il sor-gere dell’empatia chedovrebbe legare soprat-tutto chi appartiene a

una stessa famiglia. Renard è facilmenteidentificabile nel prota-gonista del suo romanzopiù celebre, adattatoanche a commedia nel1900, e che gli fruttòuna solida fama.Introverso, malinconico,acuto osservatore psico-logico e inguaribile pes-simista, lo scrittore sirivela tutto anche nelsuo Journal, pubblicatopostumo, dove, oltre apoter rivivere il mondoletterario dell’epoca, sileggono le sue acute elungimiranti annotazio-ni psicologiche capaci direndere il Diario undocumento godibilissi-mo. ❂

a francesia francesida pag.48 a pag 67mancafont.qxd 7-08-2009 7:28 Pagina 65

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Magica Parigi

66 OTTOCENTO

l ridente viso diLéontine PaulineJeanne Samary(1857-1890) ha

fatto il giro del mondoe rimarrà inquadratonella storia dell’artegrazie all’interesse diPierre-Auguste Renoir,che la ritrasse più voltein pieno momentoimpressionista, confe-rendole sempre un’im-magine fresca e briosa. Il regista Jean Renoir,figlio del pittore, regi-strò nel libro autobio-grafico Pierre-AugusteRenoir, mio padre che “leiè tutto il teatro”, ma“prima di tutto lei era unRenoir” e faceva parte diquella “immensa fa-miglia” di modelle e disoggetti che hanno pre-stato il volto e il corpoper incarnare e rende-re immortale il movi-mento.Samary entra nelConservatorio all’età diquattordici anni, ma ècome attrice dellaComédie Française che

debutta nel 1875 nelruolo di Dorine de IlTartufo di Molière perpoi diventarne membroe specializzarsi nei ruolidi cameriera e di sou-brette. Renoir la nota e la sce-glie come modella peralcuni di quelli chediverranno i suoi qua-dri più conosciuti.Samary è la giovaneassorta nel lungo vesti-to bianco e nero a na-stri color indaco neL’altalena (1876); laradiosa fanciulla sullosgargiante sfondo coloramaranto in JeanneSamary in abito scollatoconosciuto anche comeLa Rêverie (1877), pervia dell’aria estatica erapita della modella, èla composta dama bian-ca avvolta in una lucecolor avorio nel JeanneSamary in piedi (1879)ed è la signora con cap-pello e guanti neri, infondo sulla destra, chesi copre le orecchienella gioiosa e rilassata

compagnia de La cola-zione dei canottieri(1880-1882). Essereuna delle modelle diRenoir le concedepopolarità, ma non sta-tus sociale. La debole esposizionedel suo formale ritrattoin piedi al Salon nonregala il successo spera-to e così, dopo tre annidall’inizio della loro“ c o l l a b o r a z i o n e ” ,Samary preferisce di-ventare la modelladell’Accademia dove ipittori l’avrebbero, asuo dire, valorizzata perla sua bellezza e messaulteriormente in risalto.Poco prima della suaimprovvisa e prematuramorte all’età di trenta-tré anni, Samary scriveun unico, divertentelibro per bambini inti-tolato Le Ghiottonerie diCarlotta, illustrato daidisegni di JacquesOnfroy de Bréville,detto Job.Jeanne Samary è stata,dunque, uno dei volti

JeanneSamaryJeanneSamary"... classificavo in ordine di talento le più illustri:

Sarah Bernhardt, Bartet, Madeleine Brohan,Jeanne Samary;

ma tutte mi interessavano"Marcel Proust, La strada di Swann

II �Sopra: il noto ritratto di

Pierre-Auguste Renoir JeanneSamary che l’artista conobbe

dall’editore Charpentier.

più conosciuti dell’Im-pressionismo ed è stataraffigurata anche daLouise Abbéma nelRitratto di Jeanne Samary(1880), che si discosta,in qualche modo, dallecaratteristiche peculiaridel movimento impres-sionista, lasciandoci undipinto che sembra unafotografia per la suanitidezza e per i suoipunti luce. ❂

di Sabrina Bottaro�

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“Il mio amico è quello che si ferma qui, stupitodi ritrovarsi davanti ai miei quadri, e guarda e mi guarda. Ci siamo capiti.Ho un fratello, nel mondo, da abbracciare.Allora non mi sento inutile”.

Manuel Barbato

n questa frase siconcentrava il pen-siero e il sentiredell’uomo e artista

Manuel Barbato, scom-parso nella notte tra l’8e il 9 giugno scorso, a91 anni, nella sua abi-tazione di SantaMarinella, in provinciadi Roma.Un’esistenza tra arte esofferenza, tra eventidrammatici e dolorosicome guerra (fu feritoin Africa) e prigionia, ele emozioni che la suaarte e gli apprezzamen-ti ricevuti gli davanoquotidianamente.Un’arte pervasa dallospirito romantico e dacui scaturiva immedia-ta la poesia, quella poe-

sia, come egli diceva,“che fa di un uomo unessere che si avvicina aDio”. A noi piace ricor-darlo con l’aspetto fierodel suo autoritratto piùbello e con i suoi di-pinti. (C. Barbieri)

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