OTTOBRE 2018 N. 35 - MENSILE GRATUITO SPAGYRICA - Giorgini Dr. Martino Erbe e ... · 2018. 9....

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N. 35 - MENSILE GRATUITO SPAGYRICA news dal mondo naturale OTTOBRE 2018 MALATTIE AUTOIMMUNI SPECIALE DETOX Come gestire gli anticorpi impazziti Il finocchio Cosa s’intende per detossificazione? ALIMENTAZIONE ALCALINIZZARE Per riportare l’equilibrio all’organismo CAPELLI Chioma a prova di autunno! SPAGYRIA Lo Spirito di Vita (III Parte) del Dr. Giorgini ANGOLAZIONI INSOLITE Einstein un genio a… copiare? NEGLI INFINITI COLORI D’AUTUNNO PERDERSI RITROVARSI

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N. 35 - MENSILE GRATUITO

SPAGYRICAnews dal mondo naturale

OTTOBRE 2018

MALATTIE AUTOIMMUNI

SPECIALE DETOX

Come gestire gli anticorpi impazziti

Il finocchio

Cosa s’intende per detossificazione?

ALIMENTAZIONE

ALCALINIZZAREPer riportare l’equilibrio all’organismo

CAPELLIChioma a prova di autunno!

SPAGYRIALo Spirito di Vita (III Parte)

del Dr. Giorgini

ANGOLAZIONI INSOLITEEinstein un genio a… copiare?

NEGLI INFINITI COLORI D’AUTUNNO

PERDERSIRITROVARSI

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È presumibile supporre che in ogni persona vi sia una piccola parte che apprezzi una stagione come l’autunno. Certo, non è detto che sia così, ma in questo editoriale piace pensare che possa esservi tale possibilità. È vero, all’apparenza le giornate si fanno più brevi e fredde, le foglie cadono e si viene risucchiati dai numerosi impe-gni lavorativi e non; aspetti che, se comparati alle caratteristiche dell’estate, non possono non provocare una lieve malinconia (“d’ottobre” come cantava Lucio Dalla) o, ancora meglio, una nostalgia della stagione appena trascorsa. Eppure, la magia che ha contraddistinto le giornate estive può essere vissuta anche in autunno; ma in che modo? In un recente articolo su Spagyrica (settembre ’18), si faceva riferimento a una sorta di pensiero analitico che sostituisce, con il rientro al lavoro, quello analogico, imperante – grossomodo – durante l’estate. Ma proprio quest’ultima “modalità di pensiero” potrebbe essere mantenuta anche nelle restanti parti dell’anno: basterebbe tentare di vivere le numerose suggestioni che il mese d’ottobre offre per continuare a sperimentare quel sogno a occhi aperti in cui ci si è trovati durante il periodo estivo. Il che non vuol dire perdersi e trastullarsi in sterili fantasie, dove si susseguono immagini una dietro l’altra, quanto attivare la propria immaginazione per riuscire a vedere al di là della forma esteriore di una foglia caduta a terra o di un riccio di castagna lungo il marciapiede, e indagare così il loro significato simbolico. Non casualmente, la nudità delle piante, la loro spoliazione, la loro “morte” apparente, manifesta una verità ormai priva dell’inganno della falsificazione. Certo, questo nobile esercizio è più facile a dirsi che a farsi, soprattutto in quelle umide e cupe giornate in cui la pioggia raramente abbandona il suolo su cui cade e la mestizia sembra imperare.E però, la ricchezza di una stagione come l’autunno si basa proprio su questo suo linguaggio ambiguo e mul-tiforme, che – come un enigma – contiene aspetti naturali e sovrannaturali, di malinconia e conforto, dei quali è altresì intessuta l’esistenza umana. Ma forse, è davvero su tale comunanza che si basa il piacere per una stagione come questa, dove tra foglie multicolori che abbandonano i rami degli alberi e pioggia che s’infrange sui vetri delle finestre, si cela un magico sollievo fatto di naturalezza e spontaneità, di tinte uniche che riscal-dano l’atmosfera, insomma di quei frammenti d’umanità troppo spesso ricusati perché non conformi al vivere odierno e che, nondimeno, necessiterebbero di maggiore spazio. Questo numero di Spagyrica è per tutto ciò che dell’autunno vien respinto, anche se a guardarlo bene – ossia “con cigli inarcate et labbra strette” – non è poi tanto male.

LBM

MA LA STAGIONE AUTUNNALEPUÒ PIACERE?

SPAGYRICA news dal mondo naturale ~ Periodico mensile N. 35 Ottobre ~ [email protected]: Elitto Edizioni ~ Via Val della Meta, 4 - 50034 Marradi (FI)DIRETTORE RESPONSABILE: Lorenzo Bellei Mussini ~ e-mail: [email protected]: Martino Giorgini e Federica StefaniniPROGETTO E IMPAGINAZIONE: MAX ROSATI di Massimiliano Rosati

DIREZIONE, DISTRIBUZIONE, REDAZIONE E STAMPA (in proprio):© Ser-Vis Srl ~ Via Nanni Costa 30 - 40133 BolognaAutorizzazione del Tribunale di Bologna n. 8414 in data 07/04/2016

EDITORIALE

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Puoi contattarci in questi orari:dalle 8.30 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 18.00; dal lunedì al venerdì. email: [email protected] - sito web: www.drgiorgini.it

CAPELLILo specchio della saluteDr. Matteo Menetti Cobellini

SHIATSUElementi introduttivi allo ShiatsuFabio Zagato

SPECIALE DETOXQuale Detossificazione?Giorgini Dr. Martino

ANGOLAZIONIINSOLITEEinstein un genio a… copiare?Giorgini Dr. Martino

ALIMENTAZIONE Un digestivo naturale

SPAGYRICA IN CUCINAIl finocchioPaola Balducchi

PER SAPERNE DI PIÙFenilalanina

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SPAGYRIALo Spirito di Vita (III parte)Giorgini Dr. Martino

MALATTIEAUTOIMMUNISe il sistema immunitarioattacca se stesso

ECHINACEAQuesto invernonon ci si ammala!

ALCALINIZZAREUn organismoin perfetto equilibrio

OSTEOPOROSIPerché proteggerela densità minerale ossea

BLEFARITEQuando gli occhisi infettano.Tante cause, molte cureDr. Matteo Menetti Cobellini

Sommario

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SPAGYRIA

LO SPIRITO DI VITA (III PARTE)

Dai tre principi della Natura, uniti e indivisibili nello Spirito Universale o di Vita (che Giordano Bruno chia-mava “minimo” indivisibile), derivano, finalmente, gli elementi chimici “materiali”, cosiddetti “della Tavola di Mendelev”.Questi, insieme, formano 4 grandi corpi: si tratta del Sole, dell’aria, dell’acqua e della Terra, che sono compo-sti, ma simili per qualità a quei Quattro Elementi che non cadono sotto i sensi.Così avviene il passaggio continuo dallo spirituale al materiale, secondo gli Antichi: i raggi del Sole (Fuoco) agiscono nell’Aria, si mischiano insieme e si uniscono e fanno un tutt’uno. Da questa unione e congiunzione naturale di Fuoco e Aria deriva il calore innato della Vita, il Padre (o la Madre) della Luce Vitale (alcuni An-tichi chiamarono questa congiunzione zolfo). L’aria a sua volta agisce nei confronti dell’Acqua, si uniscono insieme e dalla loro unione viene fuori l’umido primigenio (chiamato anche mercurio) che mantiene in sé quel calore, che non è ancora calore materiale, perché sono uniti ma non sono fissi. Lo diventano con la qualità fissa della Terra, cioè quella del sale radicale, che, finalmente, unisce indissolubilmente gli altri due e diventano, per questo effetto, raggi di luce nell’atmosfera!Atmosfera che gli Antichi chiamavano mare nostrum, per via dell’acqua che contiene. Anche se molto diluita, se condensasse tutta i mari si alzerebbero di 80 cm!L’atmosfera è costituita dai due Elementi intermedi che uniscono gli estremi: da una parte il Fuoco caldo e dall’altra la Terra fredda. Sono le qualità dei Quattro Elementi, ma nello Spirito Universale sono 3 le qualità, caldo, umido e secco, ed è escluso il freddo!Molti scienziati scoprono parecchie cose che sono bellissime, molto utili e sconosciute fino a oggi, ma non fanno alcuna menzione dell’alto segreto degli Antichi scienziati: lo Spirito di Vita, ovvero la Medicina Uni-versale!I moderni non indagano sullo Spirito Universale o alimento universale per tutti i tre Regni della Natura, nono-stante che nessuna parte di loro può esistere nel suo essere se non è sostenuta continuamente da questo Spirito.La scienza medica, che chiamiamo medicina, la cui conoscenza dà al medico la facoltà del medicare, ignora lo Spirito di Vita! Quali sono le Università dove viene insegnata la conoscenza della Medicina che Dio dal Cielo trasmette sulla Terra per conservare la nostra vita?Molti professori e scienziati moderni non conoscono questo Spirito e questa Medicina, dicono che è impossi-bile.I filosofi arabi, ebrei, caldei, persiani, sumeri, invece, la conoscevano e hanno voluto mostrare, per enigmi e geroglifici, che per propria esperienza la conoscenza e l’uso era famigliare.Gli animali, i vegetali e i minerali vivono, si sostentano e si nutrono dello stesso alimento. Tutti gli alimenti, per quanto diversi, sono portati a un solo e unico alimento che nutre e conserva tutte le parti, anche differenti. Questo Spirito è la Quintessenza della Natura, degli Elementi e dei Principi che terminano in tale Spirito come nel loro vero centro.Poiché lo Spirito Universale è in tutte le cose, si può estrarre da tutte le cose, ma sarebbe determinato e non universale (quindi va bene per determinati fini).«Più giustamente bisogna estrarlo dalla sua fonte e origine prima che entri come nutrimento per i tre Regni – sostiene Jean Pierre Fabre, nel Compendio dei segreti chymici1. Prendiamo quello che la Natura ci mostra, nel momento in cui scende dal cielo… è la ragione per cui gli Antichi Filosofi concordarono nel sostenere che il Sole è il Padre e la Luna la Madre della nostra materia... il Sole vestito di umidità lunare… Poiché la medicina deve essere la più perfetta, com’è nell’intera Natura, ciò si può reperire solo nello Spirito Universale del Mon-do, che è la più perfetta delle cose che la Natura possa fare…Non c’è bisogno dell’unione di alcuna cosa, ma solo che sia stata separata la parte estranea che ha acquistato dall’impuro e dal sale legandosi a elementi infetti…

1 Tratto da: Opera reliquia, ecc. op. cit.

Gli Antichi Filosofi chiamarono la Natura con vari nomi per indicare e mostrare le sue varie proprietà e forze. Così, indicarono le molteplici e quasi infinite virtù con il nome di Pan, che vuol dire “tutto”! E gli attribuirono uno strumento musicale, un flauto con sette suoni diversi, per mostrare armonica l’armonia celeste con la quale sono “governate” le cose nella parte inferiore!«Lo Spirito di Vita prende come primo corpo quello di un sale, che gli Antichi chiamarono anche Demogorgo-ne, quasi Spirito della Terra, che dal suo centro spande raggi della sua potenza e penetra verso la superficie e anche nell’acqua e poi nell’aria, per produrre gli infiniti individui di ciascuna specie. Ognuno lo desidera per il proprio sostentamento, in quanto questa quintessenza possiede ogni nutrimento che ciascun individuo cerca per la propria produzione nutrizione e conservazione» (Panchymico).I semi particolari di tutte le specie che sono nell’universo sono specificati, come si è detto, dal luogo o matrice (alcuni Autori antichi lo chiamano anche “fermento”) in cui il seme universale si è condensato, specificandosi (cioè da universale a indeterminato a determinato) diventando e vivendo un individuo particolare. Ogni seme particolare ha una virtù di attrarre (grazie al fuoco naturale) ciò da cui è conservato. Dopo aver attratto il seme universale o determinato lo rende particolare, cioè lo determina, simile a sé. Gli Antichi chiamarono la Natura anche Giove, figlio di Saturno e Rea, cioè del Cielo e della Terra, infatti il Cielo e la Terra generano e producono ogni giorno lo Spirito della Vita, che conserva, genera e alimenta tutte le cose naturali, per la qual cosa viene chiamato anche Padre.Gli Antichi chiamarono la Natura coi nomi di quasi tutte le divinità! Se qualcuno ricerca e indaga i nomi di tali divinità, i loro compiti e genealogie, troverà che gli Antichi volevano far comprendere da questi racconti le varie proprietà e qualità della Natura. Ad esempio, Saturno era definito quasi saturo di figli e nello stesso tempo mai sazio, dal momento che la Natura crea e genera sempre nuove cose. Saturno però ebbe tre figli che non distrusse, grazie all’inganno e alla cautela della madre che li nascose e al loro posto mostrò sassi da divorare. Questi tre figli, Giove, Nettuno e Plutone, non vengono mai distrutti, come i principi incorruttibili della Natura, zolfo, mercurio e sale!La Natura fu definita Entelechia, poiché è il principio del movimento, la virtù mobile della Natura da cui è mossa dall’interno per generare e produrre tutto. L’Entelechia ha origine proprio nelle viscere della Terra.Ma lasciamo gli innumerevoli nomi che gli Antichi attribuirono allo Spirito Universale e alla Natura, per torna-re all’interno della Terra, che rappresenta la Madre Natura, nutrice di tutte le cose. Qui l’Archeo (dal greco Ar-cheos, Principio), o Sole Centrale terrestre, gira su se stesso ed è attratto dal Sole Celeste; quindi la notte è più fredda del giorno perché il Sole Centrale si decentra verso il Sole Celeste. Il calore viene dalla Terra e non dal Sole, diversamente non si spiegherebbero le nevi e i ghiacciai sulle vette delle montagne (più vicine al Sole)!L’Energia di Vita risale attraverso i pori della Terra e in questa risalita viene in gran parte consumata dal regno minerale. Arriva alla superficie alle radici del regno vegetale che, sempre con l’acqua, ne succhiano in quan-tità. Infine, si disperde nell’atmosfera, alla quale i componenti del regno animale sono tutti attaccati come a una unica mammella, per succhiare l’Energia Vitale con la respirazione. Ma questa è ormai troppo diluita per mantenere la vita e le sue funzioni animali e perciò devono andare a rifornirsene nei vegetali (e negli animali), e questi dai minerali. La digestione degli alimenti è messa in moto per arrivare a estrarre, con una seconda digestione (che avviene principalmente nei mitocondri), l’Energia di Vita che era accumulata nell’alimento.

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Lo Spirito Universale, principio e materia prima di tutte le cose, si espande tanto e per tutto l’universo da copri-re tutta la Terra e ogni misto [corpo] e composto naturale lo attira per la propria nutrizione e conservazione…La Medicina Universale è lo Spirito Universale del Mondo purificato da ogni materia estranea… questa sostan-za divina è omogenea in tutte le sue parti che si chiamano anima, spirito e corpo. Chiamano anima il calore naturale, altri zolfo; per spirito si intende l’umido radicale, alimento inseparabile di questo fuoco vitale o zolfo, essendo quasi veicolo dell’anima; per corpo si intende il nodo e il vincolo dell’umido col fuoco. L’unio-ne naturale e magica che il fuoco naturale ha con l’umido produce un vincolo dal quale sono stretti in modo inseparabile. Questo vincolo è detto sale, perché il sale è il principio della corporificazione. Infatti, nell’unione del fuoco naturale con l’umido radicale, il fuoco agisce su quell’umido e produce il sale o piuttosto lo rende visibile, essendo insito ma invisibile nel caos dell’acqua sotto la forma di umido. Prima della sua apparenza tutto è invisibile e sfugge ai nostri sensi corporali; da qui lo Spirito del Mondo tende naturalmente alla cor-porificazione, per mostrare ai nostri sensi le sue meraviglie e ogni cosa che esso racchiude spiritualmente e invisibilmente; sicché il fuoco che quello contiene e il suo umido sono talmente spirituali che, fuori dal corpo del sale, che li fa apparire, essi sono del tutto impercettibili.Le parti dello Spirito Universale, omogeneo e simile in tutte le sue parti, sono: il fuoco naturale, l’umido radi-cale e il sale radicale, che in chymica chiamano zolfo, mercurio e sale, oppure anima, spirito e corpo. Queste parti non sono differenti, ma solo distinte e naturalmente inseparabili… Per cui comprendiamo che lo zolfo, il mercurio e il sale dello Spirito Universale o della Medicina Universale, non sono lo zolfo, il mercurio e il sale di cui comunemente ci serviamo, ma un’altra cosa differente. Mentre lo zolfo volgare brucia, l’altro vivifica; mentre il mercurio usuale uccide con la sua freddezza, l’altro nutre e conserva col suo umido; mentre il sale consuma ed essicca, l’altro umidifica, conserva, preserva dalla corruzione e impedisce che gli individui in cui si trova siano portati di nuovo nelle tenebre del loro primo caos».«L’uomo creato dalla Terra vive nell’Aria – ci ricorda il Cosmopolita2 – perché nell’aria è nascosta la “carne di vita”, che di notte chiamiamo rugiada e di giorno acqua rarefatta, il cui spirito invisibile congelato è la cosa migliore e più preziosa di tutto l’Universo».Dunque è dall’acqua della rugiada che si estrae il “Salnitro dei Filosofi”, per mezzo del quale tutte le cose crescono e si nutrono?Come il sole che è al centro della Terra ha il suo mare e un’acqua cruda percepibile, così pure il Sole celeste ha il suo mare e un’acqua impercepibile. Per questo quando piove, la pioggia prende dall’aria una certa forza di vita e la congiunge al salnitro della Terra. Il salnitro della Terra ha la forza di attirare l’aria perché è stato aria lui stesso e si è legato al “grasso” della Terra.Tutti gli uomini, animali, vegetali, minerali attirano lo Spirito Vitale per nutrirsi, trattenere e conservare il loro essere. In questa attrazione e nella eliminazione ordinaria di tutti gli escrementi, essi manifestano perfettamen-te la separazione del puro dall’impuro. Essi rigettano gli escrementi fuori dai loro corpi con una forza incre-dibile, che è impossibile arrestare senza provocare la totale rovina dei soggetti nei quali si vorrebbe impedire la separazione. Questo è il meraviglioso e miracoloso artificio per separare il puro dall’impuro. Nel momento in cui la Natura ha cominciato a produrre, nutrire e conservare i suoi figli, nello stesso tempo ha cominciato a esercitare la separazione del puro dall’impuro. Senza questa separazione, questo artificio, non si può in alcun modo produrre, nutrire e conservare, così gli antichi scienziati dovevano apprendere la maestria per fare questa separazione.

Fine della terza e ultima parte.Salve!

2 Nuova Luce chymica.

SPAGYRIA

Giorgini Dr. Martino

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Informazione pubblicitaria a cura di VIS MEDICATRIX NATURAE® s.r.l. di Giorgini Dr. Martino

MALATTIEAUTOIMMUNI

na lotta invisibile e continua tra batteri e virus contro le difese dell’organismo: questo è quanto avviene all’interno di ogni corpo umano; una guerra, tuttavia,

ancora misteriosa perché sempre in evoluzione: cambiano armi e nemici. Si può pensare al sistema immunitario come un’orchestra perché il suo fun-

zionamento armonioso è essenziale per la salute, ma anche a un esercito perché costituito da sentinelle, soldati e generali che devono allertare della presen-za del nemico e mettere in atto tutte le difese possi-bili. Purtroppo, però, non sempre è così automatico: a volte è complicato riconoscere il vero nemico – non tutti i batteri sono cattivi – altre volte i solda-

ti possono “tradire” l’organismo e colpirlo anziché difenderlo. L’autoaggressione favorisce le malattie autoimmuni, mentre quando il sistema di difesa sba-glia bersaglio, focalizzando l’attenzione su sostanze innocue, ecco le allergie.

Le malattie autoimmuni sono patologie croniche provocate da una reazione scorretta del sistema immunitario che attacca e distrugge i tessuti sani dell’organismo, riconoscendoli erroneamente come estranei. Esse sono scatenate dalla perdita della tol-leranza immunologica verso i costituenti dell’or-ganismo (autoantigeni) che, in condizioni normali, non dovrebbero essere il bersaglio del sistema immu-nitario; possono interessare un singolo organo o ap-parato, ma anche l’intero sistema. Ed è per questo motivo che vengono distinte in forme organo-spe-cifiche e in forme sistemiche: le prime sono deter-minate dall’attività di anticorpi (risposta umorale) e linfociti T (risposta cellulo-mediata) rivolti contro antigeni self (propri) selettivamente ristretti a un determinato organo, mentre il resto dell’organismo non è direttamente coinvolto dal processo autoimmu-ne. Le seconde sono provocate dal riconoscimento da parte del sistema immunitario di strutture cel-lulari e molecolari self non limitate a un solo orga-no, quindi sono caratterizzate da lesioni infiammato-rie diffuse a più organi e apparati.

Come tutte le patologie croniche, le malattie autoim-muni, oltre a incidere profondamente sulla qualità della vita dei pazienti, che sono principalmente di sesso femminile, costituiscono un pesantissimo far-dello per il sistema sanitario nazionale.

Le malattie autoimmuni vengono suddivise in rag-gruppamenti riguardanti gli apparati dell’organi-smo. E infatti, vi sono quelle endocrino-metaboliche come il diabete mellito tipo I; quelle gastroentero-logiche, come le malattie infiammatorie croniche dell’intestino e la celiachia; quelle dermatologiche, neurologiche, oftalmologiche, ematologiche e reu-matologiche come l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico. I sintomi variano a seconda dei tessuti coinvolti nella patologia presa in conside-

razione. In molti casi sono associati a sintomi generali quali affaticamento, febbre e un senso di malessere generalizzato. Per esempio, l’esordio e l’evoluzione della malattia lupica presenta sintomi alquanto vari tra le persone affette e dipendono dall’organo colpito dalla malattia. All’esordio, i sintomi più comuni sono spesso disturbi non specifici e presenti in molte altre condizioni, come stanchezza e malessere generale; in alcuni casi c’è una febbre intermittente o conti-nua, calo di peso e perdita dell’appetito. Comun-que, tra i sintomi specifici del lupus, le manifestazio-ni più comuni sono quelle cutanee e articolari.

Le cause che portano all’instaurarsi delle malattie autoimmuni non sono conosciute, generalmente si ri-tiene che ci possa essere una base genetica, probabil-mente uno dei fattori scatenanti può essere l’aumento della permeabilità intestinale, ma vi sono anche squi-libri ormonali e, soprattutto, fattori ambientali sca-tenanti, sia legati ad agenti patogeni sia intesi come eco-sistema che circonda l’uomo. Da non sottovalu-tare, come afferma il Ministero della Salute, anche lo stile di vita che, se scorretto, può contribuire allo sviluppo delle patologie.

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SE IL SISTEMAIMMUNITARIOATTACCA SE STESSOLE MALATTIE AUTOIMMUNI SONO IN AUMENTO NELLA POPOLAZIONE GENERALE:UNA BREVA PANORAMICA

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È bene focalizzare l’attenzione sul fatto che, oltre a un aumento degli anticorpi circolanti (derivanti dai linfociti B), si verifica uno squilibrio del rapporto linfociti T helper (quelli che aumentano la risposta immunitaria e stimolano la produzione di anticorpi) e linfociti T suppressor (quelli coinvolti nello “spe-gnimento” della risposta immunitaria). Prevalen-do i primi, la risposta risulterà ipersensibile e ciò potrà innescare il meccanismo che porta a reazioni allergiche, intolleranze alimentari e malattie autoim-muni. A regolare il rapporto tra linfociti T helper e suppressor è l’aminoacido essenziale istidina, che l’ha quindi portata a essere sempre più impiegata

nella formulazione di prodotti per contrastare le re-azioni allergiche.

In generale, però, non vi sono ancora trattamenti definitivi per le malattie autoimmuni: indubbiamen-te, molto viene fatto da alcuni centri specializzati che, giorno dopo giorno, sviluppano nuovi procedi-menti terapeutici. Da questi istituti, sono emersi stu-di che evidenziano il ruolo del microbiota nell’in-terazione con diverse patologie: «il mantenimento di una corretta eubiosi intestinale (equilibrio della flora batterica) è un comportamento virtuoso che ha numerose ripercussioni sullo stato di salute generale.

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[…] alcune patologie autoimmuni, come l’artrite reuma-toide, hanno una sicura concausa in una disbiosi intestina-le» (Disbiosi e immunità, prevenire e curare le alterazioni dell’equilibrio intestinale, a cura di R. Iantorno, L. Lozio, P. Paganelli, Milano 2005). Infine, merita una menzione la corteccia della pianta dell’uncaria (Uncaria tomentosa) alla quale sono state attribuite proprietà che favoriscono le naturali difese dell’organismo. L’impiego di tale pianta può essere utile come «antinfiammatorio per il morbo di Crohn […] per artriti (di tutti i tipi)» (L. G. Taylor, The healing power of rainforest herbs, New York 2005), quindi agire nel trattamento di alcuni sintomi. Certamente, comun-que, muoversi nell’universo delle malattie autoimmuni presuppone sempre grande attenzione, vista la delicatezza del tema che merita di essere affrontato con serietà nel ri-spetto delle persone che, purtroppo, ne sono affette.

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empre più utilizzata negli integrato-ri alimentari, la pianta dell’echinacea è originaria del nord America e veniva utilizzata dagli indigeni di quelle terre,

come medicamento in caso di puntura di insetti e morsi di serpenti, per il suo affetto antimicrobico potente: essa, infatti, andava a neutralizzare le tos-sine e il veleno penetrati nell’organismo. Il termine echinacea deriva dal greco echinos, che significa ric-cio di mare, e si riferisce alle squame aculeate della

porzione sommitale del capolino maturo. Delle nove specie di Echinacea, quelle più comunemente utiliz-zate in fitoterapia sono tre: la pallida, la purpurea e l’angustifolia.

Agli inizi del ventesimo secolo, alcuni studiosi, nel percepire che il patrimonio culturale degli indiani d’America era in pericolo, fecero pressioni sul Con-gresso affinché venisse istituito un organismo che ri-cercasse e archiviasse le conoscenze dei nativi.

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In tale occasione nacque il Dipartimento di etno-logia americana, il cui obiettivo era quello di cata-logare il sapere degli indiani nord americani. Buona parte di quel che attualmente si conosce dell’echina-cea proviene proprio dai lavori degli etnografi che afferivano al Dipartimento.

Le recenti analisi delle specie di echinacea hanno rivelato un ampio assortimento di costituenti chi-mici con attività farmacologica. Recentemente, peraltro, un articolo pubblicato sulla versione onli-ne del Corriere della Sera, riporta che tale pianta, nelle sue tre varietà primarie, come rimedio fitote-rapico funziona veramente, riducendo il rischio di raffreddamento del 60% in circostanze normali e dell’86% se associato alla vitamina C.

Se tali sono le conferme sugli effetti positivi che questa pianta ha sull’organismo, occorre cercare di comprendere come gli estratti di echinacea agi-scono all’interno del corpo umano.

Prima di tutto, va sottolineato che la complessa composizione chimica di quest’erba medicinale suggerisce possibili effetti sinergici tra i suoi com-ponenti. Per esempio, in alcuni modelli sperimen-tali, i polisaccaridi stimolano le cellule del sistema

immunitario più dei componenti liposolubili che aumentano la fagocitosi dei macrofagi. Da un punto di visto farmacologico, i costituenti più importanti sono polisaccaridi, flavonoidi, derivati dell’aci-do caffeico e oli essenziali. Per quel che riguarda i primi, essi hanno proprietà immunostimolanti e leggermente antinfiammatorie. «Per esempio, l’inu-lina, la componente principale della radice dell’e-chinacea, ha attivato una parte del sistema immu-nitario, nota come via alternativa del complemento: ne risultava un incremento di globuli bianchi nelle aree interessate dall’infezione» (M.T. Murray, Il potere delle piante medicinali, Milano 2003). Nel-lo specifico, l’effetto di incremento sui linfociti T – responsabili dell’immunità cellulo-mediata –, sui macrofagi e sulle cellule natural killer. Quando i polisaccaridi dell’echinacea si legano alla superfi-cie delle cellule T, questa aumentano la produzio-ne di interferone e di altre sostanze che potenziano il sistema immunitario. Ne deriva un incremento della proliferazione delle cellule T, dell’attività dei macrofagi, del legame con gli anticorpi e un aumento del numero di neutrofili circolanti, un altro tipo di globuli bianchi che inglobano e distruggono batteri e che sono particolarmente importanti nella prevenzione delle infezioni batteriche.

QUESTO INVERNO NON CI AMMALA!GRAZIE ALL’UTILIZZO DELL’ECHINACEA SI PUÒ RAFFORZARE IL SISTEMA IMMUNITARIO

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Le tre specie di echinaceafavoriscono le naturali dife-

se dell’organismo e lafunzionalità delle primevie respiratorie. Inoltre,l’echinacea angustifolia e

purpurea promuovonola funzionalità delle vie

urinarie mentre l’echinaceapallida svolge una benefica

azione antiossidante.

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L’attività antivirale della pianta è dovuta principalmente all’acido cicorico presente nel fito-complesso che, oltre all’azione di stimolo sull’atti-vità fagocitaria dei macrofagi, è in grado di inibire l’enzima jaluronidasi, ovvero il fattore di propaga-zione dei microrganismi che, aumentando la per-meabilità del tessuto connettivo, permette a questi di diventare più invasivi. Peraltro, grazie all’inibi-zione della ialuronidasi, a trarne giovamento sarà l’attività immunostimolante della pianta.

La ricchezza di principi attivi dell’echinacea fa sì che essa presenti anche un effetto antiossidante: questo sembrerebbe dovuto ai derivati dell’acido caffeico

e dai flavonoidi (su tutti, la quercitina) in essa pre-senti. Recenti studi hanno evidenziato che l’echina-coside e l’acido cicorico sono utili nel prevenire la degradazione del dai danni provo-cati dai radicali liberi. Sebbene le ricerche su questo aspetto siano ancora in corso, quel che è conferma-to è invece l’attività che l’echinacea ha sugli orga-ni emuntori (fegato, intestino, pelle), sostenendoli nell’eliminazione delle tossine.

Da sempre più tempo, comunque l’echinacea è indicata per le patologie di raffreddamento: può essere assunta sia a livello preventivo oppure a dose piena fin dalla comparsa dei primi sintomi

influenzali; in ogni modo è considerato un antimicrobico ad ampio spettro. Oltretutto, recentemente essa ha assunto molto interesse dal momento che ci sono sempre più batteri che sono diventati antibiotico-resistenti e, quindi, si fa sempre più fatica a sconfiggere le infezioni con i comuni antibiotici. La sua attivi-tà immunostimolante, antivirale e antiossidante nasce comunque dalla sinergia del fitocomplesso e, quindi, dall’azione combina-ta di più principi.

In generale, il periodo migliore per assumere estratti di echina-cea è rappresentato dai mesi autunnali e invernali: la sua as-sunzione può rivelarsi una valida profilassi, come detto, ma può anche essere utilizzata nel momento in cui si è contratta l’in-fezione. Non solo, ma può essere anche per uso esterno, a uso topico, nelle affezioni cutanee di tipo infiammatorio! Attenzione però per chi soffre di malattie autoimmuni o comunque sta as-sumendo degli immunosoppressori, in tali circostanze occorre rivolgersi al proprio medico.

Come detto, il periodo più indicato per la sua assunzione va da settembre a febbraio, in modo da affrontare un inverno ridu-cendo il rischio di contrarre raffreddori e influenza, come confer-ma un altro articolo pubblicato sul Corriere della Sera (versio-ne online), secondo cui: «Sull’Echinacea esistono molti lavori scientifici, condotti anche sui bambini, che confermano come questa pianta, originaria del Nord America, sia sicura e utile nel ridurre la gravità dei sintomi influenzali, febbre compresa».

ECHINACEAEstratto integraleContenente l’intero fitocomplesso della pianta.

Conservare fuori dalfrigorifero anchedopo l’apertura.Si suggerisce di diluirele dosi giornaliere inuna bottiglia d’acquada consumaresorseggiandonell’arco della giornata

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ALCALINIZZARE Informazione pubblicitaria a cura di VIS MEDICATRIX NATURAE® s.r.l. di Giorgini Dr. Martino

La salute è tendenzialmente una questione di equilibrio che deve essere mantenuto

tale praticamente sempre. Ogni modifi-ca di questa condizione armonica, infat-

ti, avvia l’organismo verso alterazioni nel proprio funzionamento. In tal senso, negli ultimi tempi si sta affrontando con grande interesse una discussione re-lativa all’equilibro acido-base, sempre più alterato e tendente verso l’acidificazione. Ma cosa s’intende con questo termine?

Normalmente, l’organismo accumula scorie meta-boliche che abitualmente vengono eliminate attra-verso l’intestino (feci), i reni (urina), la pelle (sudo-re) e i polmoni (respiro). Molti di questi residui sono acidi – ovvero presentano un pH molto inferiore a 7 – e, quindi, necessitano di un’opportuna neutraliz-zazione, prima della loro successiva eliminazione; peraltro, anche alcune funzioni necessarie per pro-durre energia generano di per sé “acidità” che, in una situazione di normalità, viene comunque neutraliz-zata dall’organismo.

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UN ORGANISMO IN PERFETTO EQUILIBRIO

DA SEMPRE PIÙ TEMPO SI PARLA DELL’IMPORTANZA DI ALCALINIZZARE IL CORPOPER PROTEGGERLO DA UN’ECCESSIVA ACIDITÀ

Se però si crea un eccesso di sostanze acide, la capa-cità di eliminarle viene a ridursi, sicché queste vanno ad accumularsi dapprima nella matrice extra cellu-lare del tessuto connettivo, quindi – gradualmente – anche nei tessuti “più importanti” (cardiovascolare, endocrino…), indebolendoli. In questo modo, le sco-rie metaboliche generate dal metabolismo di grassi, carboidrati e proteine, se accumulate, possono pro-vocare, nel tempo, una condizione di “acidosi”.

Ma si faccia un passo indietro: poc’anzi si è parlato di pH, ebbene cosa si intende per questo termine? La differenza tra acidi e basi consiste nella loro ca-pacità di liberare o di attirare ioni idrogeno; l’unità di misura del grado di acidità o di alcalinità di un organismo viene definito pH ovverosia la potenza (p) di liberare ioni idrogeno (H). La scala di valore del pH va da 0 a 14; 7 è il numero che indica l’equi-librio da acidi e basici, mentre l’organismo è nelle condizioni ottimali per lavorare con un pH di 7.39, ovverosia leggermente alcalino.

Questo valore ottimale viene mantenuto tale grazie a dei sistemi tampone che l’organismo possiede per bilanciare alimenti e bevande acidificanti che vengo-no introdotte nello stesso per il suo nutrimento. Tali sistemi, però, non sempre riescono a neutralizzare il surplus di acidità.

Come ipotizzabile, la causa principale di “acidosi” va individuata in uno stile di vita errato: alimenta-zione sbagliata, abuso di zuccheri, caffè, nicotina e alcol sono comportamenti che altro non fanno che danneggiare l’organismo. A ciò, si può senza dubbio aggiungere l’eccessivo stress che oggigiorno carat-terizza la vita di numerose persone.

Le conseguenze di acidosi possono rivelarsi assai in-sidiose per l’organismo, infatti l’eccessiva presenza di acidi nell’organismo stimola la demineralizzazio-ne dello stesso, a causa dei continui prelievi di sali alcalinizzanti dai tessuti minerali naturali (muscolo e ossa) per fronteggiare l’aggressione degli acidi.

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ALCALINIZZARE

In pratica, la continua richiesta di minerali come calcio, ferro, magnesio, manganese, potassio e rame provoca la riduzione delle difese immunitarie per infiammazione del-le mucose e, come detto, la demineralizzazione dell’orga-nismo. Quando il corpo è in sovraccarico di acido, scende anche l’ossigeno, per cui il sangue è messo a dura prova e il corpo inizia a “mangiare” calcio dalle ossa e glutammina dai muscoli: cervello, intestino e tutte le membrane ricevo-no il resoconto di tutta la situazione generale. Insomma, l’or-ganismo preferisce demineralizzare se stesso piuttosto che acidificare il sangue, con conseguenze assai rischiose per il proprio benessere. Sintomi generali come stanchezza, debo-lezza e irritabilità saranno solo il primo effetto di un corpo eccessivamente acido. Osteoporosi, diabete, patologie car-diache saranno, invece, tra le conseguente più gravi. D’altra parte, un pH acido nelle parti sbagliate del corpo, inibisce la capacità dell’organismo di assimilare le sostanze nutri-tive, produrre nuove cellule e riparare i tessuti danneggiati.

Per questo che è in stretto rapporto con la tossiemia: l’aumento di scorie metaboliche oltre il limite di tol-leranza.

Per questo in alcuni casi diventa indispensabile alca-linizzare il corpo. Partendo da un stile di vita sano, che preveda una corretta alimentazione e idratazione, occorrerà ridurre l’assunzione di tutti quegli alimenti che creano acidità (cibi raffinati, proteine animali…). Bene sarà mantenere una buona salute mentale (le preoccupazioni acidificano!) ed effettuare attività fisica così da ossigenare il sangue che circolerà in maniera più fluida.

Una breve sottolineatura: va detto che l’acidità degli alimenti nulla ha a che vedere con il modo con cui l’organismo interagisce con l’alimento. Nel caso del sempre più impiegato limone, per esempio, ciò

che è importante è l’alta presenza di sali minerali alcalinizzanti, utili per tamponare l’acidità dell’or-ganismo. Ed è proprio l’assunzione dei sopracitati elementi (calcio, magnesio, potassio …), insieme ad aminoacidi basici (lisina), che porta a un riequilibrio acido-base, dal momento che si crea una sorta di ri-serva allorquando l’organismo necessita di attivare velocemente i sistemi tamponi. Tali sostanze andreb-bero assunte preferibilmente a stomaco vuoto o lon-tano dai pasti, per evitare che vengano neutralizzate dall’acidità dello stomaco.

Altrettanto importante, infine, sarà riattivare gli organi emuntori – intestino, pelle, polmoni e reni – attraverso l’assunzione di drenanti naturali. In questo modo, si potrà correggere l’acidificazione, ricordando sempre che un organismo alcalino può essere considerato un organismo più sano.

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el mese di ottobre si tiene abitualmente la giornata mondiale dell’osteopo-rosi, un momento per riflettere su una

malattia spesso sottovalutata e non sempre affrontata in maniera corretta. La prevenzio-ne è fondamentale ed estremamente facile da effet-tuare, ciò nonostante viene spesso trascurata.

L’osteoporosi è una malattia caratterizzata da una progressiva riduzione della massa ossea e da al-terazioni della struttura del tessuto osseo che ne

riduce la resistenza e, quindi, lo espone a un aumen-tato rischio di frattura da fragilità. Concetto che esprime il fatto per cui l’osso si frattura a causa di un trauma che normalmente non dovrebbe determinarne la rottura. Sostanzialmente, ne esistono di due tipo-logie: quella primaria che è un fenomeno involutivo legato all’età, alla quale tutti, più o meno, sono sot-toposti (si hanno quella postmenopausale e quella senile); e quella secondaria, che invece è determina-ta da un ampio numero di patologie e farmaci.

L’osteoporosi rappresenta una malattia di rilevan-za sociale: la sua incidenza aumenta con l’età sino a interessare la maggior parte della popolazione oltre l’ottava decade di vita. Si stima che in Italia ci siano oggi circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini affetti da osteoporosi. Oltretutto, le fratture osteoporotiche hanno importati implicazioni sociali ed economiche, oltre che sanitarie.

Essa è frequentemente asintomatica, o meglio, molto blanda nella sua manifestazione, sicché viene scambiata per altre forme di patologie, come – per esempio – l’osteoartrosi. Peraltro, l’osteoporosi si rivela nel momento più grave, allorquando si veri-fica una frattura, come quella del femore, ma anche quelle del polso, della caviglia e quelle vertebrali. Proprio queste determinano un rischio maggiore di future fratture, detto “effetto domino”. Infine, indi-pendentemente dall’età e dalle condizioni fisiche, è molto importante ricominciare a muoversi dopo eventi come quelli sopra riportati e tornare al più pre-so a essere attivi. L’immobilità, infatti, rende l’os-so ancora più fragile, indebolisce la muscolatura e, specie nei più anziani, riduce i riflessi: tutti fattori che espongono a nuovi rischi per la salute.

Ma per quale motivo le ossa si deteriorano? Anzi-tutto, va detto che esse sono un tessuto vivo, sempre in rifacimento: costantemente si distruggono e co-stantemente si ricreano. Il collagene è la componente

morbida della struttura ossea e il fosfato di calcio è la componente minerale che dà forza e durezza all’osso. La combinazione di questi due elemen-ti fornisce compattezza ma anche flessibilità, in un costante riassorbimento di osso vecchio combinato alla formazione di osso nuovo.

I bambini e gli adolescenti hanno una maggiore formazione rispetto al suo riassorbimento fino al raggiungimento del picco osseo massimo (massima densità e durezza dell’osso) che avviene nella se-conda decade della vita. Dopo tale età, il riassorbi-mento comincia a prevalere sulla formazione e ciò può comportare un incremento della fragilità delle ossa che diventano più porose. Oltretutto, la prima condizione è particolarmente evidente nelle donne subito dopo la menopausa, anche se l’osteoporosi si sviluppa con maggiore probabilità quando il picco di massa ossea, raggiunto entro i primi 20-25 anni di vita, non è ottimale. Se la quantità di osso vecchio scende sotto determinati livelli, si parla in una prima fase si osteopenia (povertà ossea) e in una seconda, più grave, di osteoporosi.

Ma quali sono le condizioni per le quali non si rie-sce a costruire un capitale osseo omogeneo? Sicura-mente fattori genetici e ormonali, come un livello ridotto di androgeni, estrogeni e ormone della cre-scita; alimentari, come un apporto insufficiente di calcio e vitamina D; infine, anche uno stile di vita

N

PERCHÉ PROTEGGERE LA DENSITÀ MINERALE OSSEAL’OSTEOPOROSI È UN PROBLEMA SOTTOVALUTATO CHE PUÒ PROGREDIRE NEL CORSO DEGLI ANNI SENZA DARE ALCUN SINTOMO

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e coadiuva la normale funzionedel sistema immunitario;

insieme al calcio, contribuisceal mantenimento della funzione

muscolare e interviene neiprocessi di divisione delle cellule.Il calcio, inoltre, contribuisce alla normale neurotrasmissione e

coagulazione del sangue e,insieme al fosforo, sostieneil metabolismo energetico.

che preveda poca attività fisica, ridotta esposizione ai raggi solari, nonché eccessivo consumo di sigaret-te. Purtroppo, però vi sono anche fattori indipendenti come le malattie congenite, croniche e trattamenti farmacologici prolungati (l’abuso di cortisone è de-leterio per le ossa).

Come noto, l’osteoporosi è molto frequente nel-la terza età, tant’è che dopo i settant’anni il 66% delle donne e il 56% degli uomini ne sono affetti. Non solo, ma essa si verifica anche nel periodo della menopausa perché vengono meno gli estrogeni che hanno una funzione protettiva, sicché l’osso diventa più pieno di cavità e quindi più fragile; e comunque, la donna è più soggetta dell’uomo perché lo schele-tro femminile è più piccolo, quindi meno resisten-te. Sebbene l’attenzione all’osteoporosi venga posta dai sessant’anni in poi, tuttavia recenti studi hanno evidenziato quanto sia indispensabile proteggere la densità minerale ossea, sin dai primi anni di età, adottando semplici modifiche allo stile di vita.

Oggigiorno è ormai risaputo quali atteggiamenti as-sumere per prevenire o limitare l’osteoporosi: tutti conoscono l’importanza dell’adeguata assunzione di calcio, dell’attività fisica e dell’esposizione al sole che permette al nostro organismo di sintetizzare la

, anche se spesso vengono tralasciati i potenziali danni dei raggi ultravioletti.

Oltre a questi consigli, però, vi sono ulteriori ele-menti fondamentali da tenere presenti. Una cospi-cua quantità di evidenze scientifiche ha dimostrato che, sia la composizione sia le proprietà funzionali del tessuto osseo sono influenzate dal boro. Questo è presente alle massime concentrazioni nelle zone in accrescimento e in via di calcificazione delle ossa lunghe. In alcuni studi sull’uomo, la privazione del boro è stata deleteria per la formazione e il manteni-mento del tessuto osseo. Non solo, ma tali alterazio-ni erano acuite da una dieta povera di magnesio. Il boro e il magnesio sono necessari per un metabo-lismo ottimale del calcio e, dunque, per prevenire l’eccessiva perdita di tessuto osseo (J. E. Pizzorno jr, M. T. Murray, Trattato di medicina naturale, Novara 2001).

Ancora, la lisina, un aminoacido essenziale che il corpo non riesce a produrre, è presente nel collagene e nell’elastina, ed è in grado di stimolare l’assor-bimento intestinale e migliorare la conservazione renale del calcio. Infine, elevati livelli di omocistei-na – un prodotto intermedio del metabolismo dell’a-minoacido essenziale Metionina – sono correlati allo sviluppo di diverse patologie, compresa l’osteoporo-si.

Tale sostanza interferisce con la sintesi del colla-gene, determinando la produzione di una matrice os-sea difettosa, provocando alterazioni scheletriche, assottigliamento e indebolimento della struttura delle ossa. L’acido folico (ma anche la vitamina B12 e B6), neutralizza l’omocisteina riconvertendola in metionina (M. T. Murray, Guida medica agli integra-tori alimentari, Milano 2005).

Come desumibile, la prevenzione primaria deve sempre accompagnare la vita di ogni persona, sicché è indispensabile assumere calcio, muoversi rego-larmente ed esporsi adeguatamente al sole che me-tabolizza la vitamina D. Quest’ultima poi andrebbe integrata costantemente, specie oltre i 65 anni di età, dal momento che la cute perde la capacità di sinte-tizzarla e il suo contenuto negli alimenti è general-mente scarso.

Inoltre, alcuni studi hanno visto maggiore efficacia di alcuni farmaci se assunti in combinazione con supplementi di calcio e vitamina D.

Di fronte poi a quei fattori genetici che possono regolare la ve-locità con cui il calcio viene perduto dall’osso, l’introito di tale elemento deve essere fondamentale. Normalmente, la dose di calcio ideale da assumere al giorno è di 1200 mg (secondo il Ministero della Salute), ma è importante ricordare che il cal-cio viene prelevato in continuazione dallo scheletro per otti-mizzare i livelli ematici che consentono la normale funzionalità del sistema nervoso e dell’apparato muscolare; e però, in questo modo, se non si reintegra, si corre il rischio di rimanere senza!

Viceversa, la prevenzione secondaria è quella di capire chi è a rischio, mirando – con determinate apparecchiature – a una diagnosi precoce della malattia. Ve n’è anche una terziaria che si rivolge ai pazienti che hanno già subito una caduta. In questo caso, verranno adottate diverse forme terapeutiche, come per esempio, quella riabilitativa.

Benché negli ultimi trent’anni si siano resi disponibili due ti-pologie particolari di farmaci – gli inibitori del riassorbimen-to osseo, quelli che frenano la perdita della massa ossea, e i neo-formatori ossei – occorre comunque ricordare che l’osso è un organo in continua evoluzione, anche in termini di cono-scenze e, quindi, di possibili effetti favorevoli da parte di ali-menti certo, ma anche di micro e macronutrienti.

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Informazione pubblicitaria a cura di VIS MEDICATRIX NATURAE® s.r.l. di Giorgini Dr. MartinoBLEFARITE

a blefarite è un’infiammazione delle palpe-bre. Nella fattispecie si manifesta nei bordi

superiori e inferiori delle stesse con la presenza di croste. Lo studio con-

giunto di F. A. Jacobiek, B. Dobli Srinivasan e E.T. Gamboa, dal titolo Recurrent Herpetic Angular Ble-pharitis in Adult e pubblicato sull’American Journal of Ophthalmology nel lontano 1979 – ma conside-rato ancora oggi una pietra miliare del settore – ha certificato che le infezioni più gravi si sviluppano da un attacco di Herpes simplex di tipo 1, un ceppo del virus Herpes associato a infezioni oro-facciali.

La blefarite, comunque, è più spesso causata da condizioni meno insidiose e solitamente i fattori scatenanti sono un’alterata secrezione delle ghian-dole palpebrali, l’ipermetropia e l’astigmatismo, la mancanza di vitamine e un attacco di batteri. L’infe-zione si presenta con bruciore agli occhi e un forte calore percepito sulle palpebre, ma anche con l’evi-dente alterazione del colore delle stesse, tendenti a un imbrunimento. La presenza di cisti sui margini delle medesime, la desquamazione, le secrezioni e la fotofobia completano il quadro. A seguire il pru-rito: se soddisfatto con il grattamento, può produrre microlesioni anche gravi.

Oltre i citati fattori, anche forfora del cuoio capel-luto o rosacea (una forma di acne) possono com-promettere la salute della palpebra. Ma non è tutto: ad arrosare gravosamente gli occhi, forse in maniera meno limitante, ma da rilevare, sono anche gli agen-ti atmosferici come le polveri e lo smog, nonché gli inquinamenti più artificiali, come la luce degli schermi dei computer, l’uso di cosmetici aggres-sivi, l’aria secca degli uffici oltre al prolungato uso di lenti a contatto. In questi casi la natura viene più comodamente incontro: camomilla, fiordaliso e meliloto sono erbe note per la loro azione lenitiva che vengono impiegate nella formulazione di colliri naturali che rendono l’occhio meno secco.

La medicina distingue tre tipi di blefarite: quella ulcerativa (dovuta all’infezione batterica dello stafi-lococco) tipica dell’età infantile. La seborroica, cau-sata come scritto da acne e forfora (in questo caso è importante seguire, per prevenzione, una dieta ricca di vitamine da integrare con supplementi); e quel-la iperemica, causata da edemi all’occhio e congiun-tiviti non curate.

Per ridurre l’infiammazione, in ogni caso, è provato che l’assunzione orale di omega 3 porta beneficio in quanto questi “grassi buoni” aiutano l’equilibrio lipidico delle membrane cellulari, cioè gli impor-tanti rivestimenti protettivi delle cellule stesse.

QUANDO GLI OCCHISI INFETTANO.TANTE CAUSE, MOLTE CURE

NOIOSA, MA ANCHE DOLOROSA, È SPESSO CAUSATA DA UN’INFEZIONE, MA ALTRE VOLTE

PUÒ ESSERE COLPA DELLA FORFORA. IN MOLTI CASI LA NATURA PORTA SOLLIEVO

TIPOLOGIEDI BLEFARITE:

ULCERATIVADovuta all’infezione

batterica dello stafilococco, tipica dell’età infantile

SEBORROICAÈ provocata daacne e forfora

IPEREMICACausata da edemi

all’occhio e congiuntivitinon curate

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A prevenzione della blefarite è invece utile seguire una dieta equilibrata, con un buon consumo di frut-ta e legumi e, laddove non possibile, integrare con prodotti naturali ad hoc.

Da non trascurare sono inoltre alcune importan-ti nome igieniche da seguire quando si è attaccati dall’infezione, ma che valgono anche come ottima prevenzione. Una corretta e routinaria igiene delle palpebre si rende necessaria sia prima di andare a dormire, perché l’occhio viene pulito dalle impurità accumulate durante la giornata, sia al risveglio. In-fatti, durante la notte, l’assenza di lacrimazione fa sì che ci sia un accumulo di detriti tossici o pro-infiam-matori sulla superficie oculare che potrebbero esse-re lavati da impacchi caldi umidi di garze sterili scaldate con acqua calda (40-45 gradi) che dovreb-be avere il compito di sciogliere le secrezioni che si accumulano sul bordo palpebrale. Anche la terapia delle blefariti richiede un’igiene regolare e accurata della palpebra e, infatti, consiste in impacchi caldi, pulizia con detergenti naturali specifici e acqua o con garze medicate sterili, monouso, imbibite di principi attivi ad azione antinfiammatoria ed emolliente.

Un’alternativa alla camomilla, comunque sem-pre valida in queste contingenze, è rappresentata dall’estratto di noce (Juglans regia) – le cui gemme fresche sono indicate «nei processi infiammatori e infettivi delle mucose» (B. Brigo, Medicina naturale dalla A alla Z, Milano 2006) – che possiede un’otti-ma funzione depurativa generale e viene impiegata per le sue proprietà «astringenti anche per quelle in-fiammatorie, antibatteriche e fungicide» (E. Campa-nini, Dizionario di fototerapia e piante medicinali, Milano 2012). Infine, in presenza di occhio secco da evaporazione, l’utilizzo di impacchi con garze cal-de riattiva le ghiandole di Meibomio, svuotandole, consentendo così un’efficace distribuzione del film lacrimale. Attenzione, perché sarà importante non utilizzare lenti a contatto durante il decorso della malattia che, se non debitamente curata, potrà diven-tare cronica con perdita delle ciglia, un’alterazione della crescita ciliare o addirittura complicanze quali l’orzaiolo.

Dr. Matteo Menetti CobelliniGiornalista professionista

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e il volto è il quadro che stabilisce l’identi-tà di tutti noi, i capelli ne sono la cornice, il biglietto da visita. Che siano belli e sani è importante, ma non esclusivamente per

un fattore estetico. Infatti, insieme a pelle, occhi e unghie, essi sono la cartina tornasole dello stato di stress dell’organismo.

In comune con la pelle i capelli hanno una forte sen-sibilità alle aggressioni climatiche. Come la pelle stessa, il cuoio capelluto è composto da tre strati: epidermide; derma (che contiene vasi e innervazio-ne) e ipoderma, che poggiando sul tessuto adiposo è il livello più profondo del cuoio capelluto.

LO SPECCHIODELLA SALUTELA COMPOSIZIONE CHIMICA DEL CUOIO CAPELLUTO NON È UGUALE PER TUTTI E VARIA A

SECONDA DELL’ETÀ, DELLO STATO DI SALUTE DEL CORPO E DELLE CONDIZIONI ATMOSFERICHE.

LE CAUSE DEL DIRADAMENTO SONO TANTE: CATTIVA ALIMENTAZIONE E… TROPPO SOLE

Costituito da cheratina, cioè una proteina spiraliz-zata dura e flessibile innestata nel cuoio capelluto, ma anche da acqua, da lipidi e da melanina, alla quale si deve il colore, il pelo (questo il termine tecnico) è ricco ferro, zinco, magnesio e rame. A dare la forma ai capelli sono i follicoli, che inclinati a 75 gradi sul cuoio capelluto, ne danno tre stili: Ulotrichi, comu-nemente chiamati ricci; Lissotrichi, lisci; Cimotri-chi, ondulati.

La bellezza o meno della chioma dipende principal-mente dallo stato del cuoio capelluto, che se esposto ad agenti aggressivi come sole, vento e stress, fatica a sviluppare, in densità e composizione, capelli sani e ricchi degli oligoelementi necessari al loro ciclo vitale. Ciclo vitale che – questa è cosa nota – in au-tunno vede una piccola rivoluzione. Benché alcuni medici parlino di stress da rientro dalle vacanze e di un ritorno allo “smog cittadino”, il ricambio natu-rale dei capelli, in questo periodo, è una condizione fisiologica.

Ma quali sono le cause principali che interferiscono sul sano sviluppo del capello fino alla sua caduta? Nella rivista Scripta Medica Volume 10 del 2007, una ricerca attesta che l’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti (naturali e artificiali) danneggia gravo-samente i capelli poiché si produce «una modifica della composizione chimica»; «la perdita della cuti-cola (il rivestimento esterno)»; «una minore resisten-za allo strappo».

Ma il cuoio capelluto può anche essere suddiviso in tre categorie: secco; grasso; con forfora.

Se le cause del capello secco sono molteplici e perlo-più topiche (uso di prodotti aggressivi, tinture e ba-gni in acqua calcarea), quelle del capello grasso sono connesse a fattori ormonali e allo stato di salute del fegato, i cui enzimi, avendo come principale funzio-ne quella di eliminare le sostanze tossiche dall’orga-nismo, regolano la struttura del sebo, composta prin-cipalmente da colesterolo e acidi grassi.

COMPOSIZIONECAPELLO

Costituito da cheratina,ma anche ferro, zinco,

magnesio erame

CUIOCAPELLUTO Può essere secco,

grasso, conforfora

CADUTACAPELLI

Nel periodo autunnaleè una condizione

fisiologica

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Nel caso di un cuoio capelluto con forfora è da evita-re il balsamo, perché a causa del suo pH (la scala di misura dell’acidità) può ulteriormente appesantirli. Il dottor Andreas Mario Finner, nel volume Nutrition and hair: deficiencies and supplements, sottolinea che i capelli attaccati da forfora sono compromes-si da disordini alimentari, intolleranze, eccesso di latticini e un calo delle difese del capello dovuti all’uso di prodotti nocivi. I capelli sani, ben pig-mentati e forti, prima di tutto sono ben nutriti e molti dei loro deficit, fino ad arrivare al diradamento e alla caduta, sono provocati da una cattiva alimen-tazione, continua Finner. L’integrazione con prodotti naturali, come sempre approvata dal Ministero della Salute con il decreto che disciplina l’impiego degli integratori, vede tra i prodotti più impiegati per il so-stegno del cuoio capelluto e dei capelli piante come l’ortica (Urtica dioica) che, oltre a molteplici altri benefici sulle articolazioni e le funzionalità di dre-naggio del corpo, ha una funzione positiva su un-ghie e capelli. Da non dimenticare, poi, l’equiseto, pianta ricca di silicio, che promuove il trofismo dei tessuti connettivi, favorendo il benessere di unghie e capelli. Tra i vari nutritivi, si segnalano lo zinco, il selenio e la biotina che favoriscono il naturale be-nessere dei capelli, mentre il rame ne può incentivare la normale pigmentazione.

Come sempre la chiave di lettura è quella di essere propensi, laddove possibile, ad affidarsi per preve-nire i problemi a comportamenti e prodotti “natu-rali”: dall’alimentazione corretta, all’utilizzo di pro-dotti per lo shampoo delicati e possibilmente a base di piante, oltre a un’adeguata assunzione di quelle sostanze sopra menzionate, da incentivare proprio in questo momento dell’anno.

Dr. Matteo Menetti CobelliniGiornalista professionista

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o shiatsu è fondamentalmente un sistema di norma-lizzazione del  flusso  vitale. Tale normalizzazione

viene operata tramite specifiche stimolazioni manuali, secondo precisi criteri operativi.

Per meglio definire il campo d’azione dello shiatsu sarà bene precisare che per ‘flusso vitale’, o ‘Qi’ in cinese, oppure ‘Ki’ in giapponese, si intende quell’insieme di energie che, al di là di qualsiasi altro attributo gli si pos-sa dare, permea l’essere vivente, facendo sì che il corpo fisico si rigeneri continuamente. Alla cessazione di que-sto flusso energetico assistiamo a ciò che comunemente chiamiamo ‘morte fisica’, ossia al realizzarsi nel corpo solo di processi disgregativi. Tale condizione di flus-so non è casuale, bensì condizionata e condizionabile. L’essere vivente esiste all’interno di un macro-sistema energetico, Terra-Cielo, che a sua volta si esprime in sot-tosistemi differenziati: i cicli annuali, le stagioni, il giorno e la notte; questi sottosistemi interagiscono costantemente con i sistemi energetici di tutti gli esseri viventi.Vi è quindi un costante scambio tra noi e l’‘esterno’ nel quale ci poniamo talvolta in modo armonico, più spesso in modo disordinato, danneggiando, per ignoranza, noi stessi e gli altri. CHE COSA DANNEGGIAMO?

Ciò che danneggiamo, primariamente, è l’equilibrio dell’energia vitale che fluisce nel nostro corpo nutren-do organi e visceri e distribuendosi regolarmente lun-go specifici percorsi, detti ‘meridiani’. Quando, per motivi di varia natura ed entità, questo equilibrato flui-re si altera, compaiono disagio, malessere, malattia. Quanto più a lungo permane l’alterazione energetica, tanto più profondamente il corpo e la mente ne soffrono. L’energia generale diminuisce, la lucidità mentale si ap-panna, compaiono instabilità emotiva e i primi disturbi fisici. Succede così che, come la deviazione di una sor-gente a monte crea siccità e rovina a valle, così l’alterar-si del flusso dell’energia vitale in qualsiasi sua parte, se non corretto per tempo, trasforma progressivamente tutto il nostro essere in qualcosa di sbilanciato e pericolante.

LA CRONICIZZAZIONE DELLO SQUILIBRIO

Poiché l’essere vivente, in quanto tale, tende automatica-mente a ricreare un equilibrio, per precario che esso sia, alla comparsa delle prime alterazioni seguiranno fasi in cui il flusso vitale si riorganizzerà secondo nuove relazioni. L’es-sere vivente ‘cambierà’ in modo più o meno visibile; con-temporaneamente il segnale, il malessere fisico o mentale, perderà di urgenza e passerà a un sottolivello di coscienza. Si avrà così una condizione apparente di funzionalità ge-nerale, precariamente sorretta però da rapporti energetici impropri. Il permanere di questo ‘equilibrio improprio’ provocherà usura, nuovi squilibri e, nel tempo, compar-sa di nuove e più gravi sintomatologie mentali e fisiche. La correzione dello squilibrio energetico può essere ovvia-mente ricercata a partire da vari approcci, così come l’ener-gia vitale si esprime in modi differenti e a differenti livelli.

La tecnica shiatsu trae la sua origine dal più antico gesto che l’uomo abbia mai compiuto alla comparsa della sofferenza: posare la mano sulla zona fisica dove il dolore si focalizza. Da questo gesto istintivo molta strada è stata fatta.

ALCUNE OSSERVAZIONI STORICHE SULLO SVILUPPO DELLO SHIATSU IN OCCIDENTE

• Lo Shiatsu è una tecnica a mediazione corporea di ori-gine composita, il cui sviluppo è stato ed è sicuramente eclettico, tanto nelle forme che sono praticate in Giap-pone, quanto nelle evoluzioni che alcune di queste han-no espresso a contatto con la cultura Occidentale. La grande varietà degli stili oggi praticati, i diversi sistemi di valutazione energetica, a volte le stesse dichiarazio-ni di finalità che vengono poste a monte della pratica, testimoniano esplicitamente del grado di polimorfi-smo che i modelli originari hanno sviluppato.

• Possiamo in ogni caso affermare che, quantomeno in Occidente, i modelli esportati che hanno trovato mag-gior risposta sono due: il modello Namikoshi ed il mo-dello Masunaga.

L

SHIATSU

ELEMENTI INTRODUTTIVI ALLO SHIATSU

IL MODELLO NAMIKOSHI

• Tokujiro Namikoshi, a cui va l’indubbio merito di aver per primo formalizzato la tecnica Shiatsu in Giappone, riuscendo ad ottenerne il riconoscimento da parte del governo nel 1955, ha costruito una strut-tura teorico-pratica il cui aspetto fondamentale, e un po’ sorprendente, consiste nell’allontanamento dal modello proposto di gran parte dei tratti in qualche misura collegabili al background tradizionale a cui fa riferimento la medicina tradizionale Giapponese. Di fatto si tratta quindi dell’abbandono dei modelli reinterpretativi della cultura sinica che il Giappone ha elaborato a partire dal VI secolo ad oggi, a favore di una visione potremmo dire “fisioterapica” del rapporto con il corpo.

• Contemporaneamente però è difficile non individuare una contraddizione abbastanza visibile tra la pratica che viene proposta, che trae sicuramente le sue origini dalle tecniche tradizionali giapponesi, e il tentativo di razionalizzarne gli effetti attraverso il linguaggio pro-prio della scienza medica occidentale, evitando accu-ratamente qualsiasi riferimento alla medicina orientale. Questa presa di distanze è particolarmente sorprenden-te, soprattutto se si considera che negli ultimi decenni i tentativi di leggere in chiave positivista gli effetti, per esempio, dell’Agopuntura sono stati e sono moltissimi, senza che questo abbia mai richiesto di rinnegare l’Ago- puntura stessa, al massimo di fraintenderla.

• È innegabile infatti che nello Shiatsu da lui proposto siano presenti criteri di pressione mantenuta, perpendicolare e conforme, assieme ad altre tecniche di pressione derivate dall’anima e dal massaggio cinese, e che qua e là gli sfuggissero anche riferimenti espliciti a concetti di medicina orientale «... le persone che hanno problemi di cuore hanno spesso mignoli deboli…» ecc.

• Nel contempo, però, Tokujiro Namikoshi spiegava ai chiropratici americani l’efficacia dello Shiatsu in termi-ni di riduzione dell’acido lattico e aumento del glicoge-no nei muscoli.

• Forte di queste caratteristiche, la tecnica Namikoshi si è diffusa in Occidente, a partire dagli anni ’60, soprat-tutto negli ambienti paramedici e comunque in genere solo attraverso Scuole che sono emanazioni dirette e autorizzate della Scuola Giapponese di Shiatsu.

IL MODELLO MASUNAGA

• Shizuto Masunaga invece si era laureato in psicologia a Kioto, era membro della Associazione Giapponese di Medicina Orientale e aveva lavorato per circa un de-cennio come insegnante nella Scuola Giapponese di Shiatsu, da cui si era separato successivamente, proprio a causa del suo voler introdurre nella pratica Shiatsu l’utilizzo dei meridiani energetici, riannodando così i legami con il vasto mare della medicina tradizionale cinese (M.T.C.)

• Sulla base dei suoi studi sulla medicina tradizio-nale cinese e giapponese e della sua pratica cli-nica, sostenne innanzitutto la centralità del trat-tamento del Meridiano in quanto tale e in toto. Nella tecnica terapeutica, enfatizzò il concetto di attivazione del meridiano attraverso la sollecitazio-ne manuale dei vuoti  -  pieni  (kyo  –  jitsu) rilevabili percettivamente nella struttura del meridiano stesso, mentre contemporaneamente non dimostrò che un interesse marginale per i punti (tsubo) canonici. In questo modo si discostava quindi nettamente anche dallo Shiatsu eseguito attraverso la stimolazione dei punti di Agopuntura e Moxa, presente in Giappone presso alcune scuole.

• Conseguentemente allo sviluppo di questo approccio, attraverso l’indagine percettiva e il grande utilizzo del-la tecnica di stretching sui pazienti, Masunaga arrivò a sostenere che, differentemente da quanto comunemente accettato, il tracciato dei 12 meridiani principali era rilevabile in tutto il corpo, tanto nella parte superio-re che inferiore.

• Inoltre trovò delle piccole diversità di percorso anche lì dove i tracciati canonici di M.T.C. e quelli da lui iden-tificati tendenzialmente concordavano. Considerando che gli studi di Maruyama e Nagahama sulla risonanza elettromagnetica dei meridiani sembravano sostenere le sue ricerche, e confortato dai risultati che la pratica clinica sua e dei suoi allievi gli offriva, Masunaga non soffrì di eccessivi complessi verso il sistema di meri-diani più diffuso e comunemente accettato di M.T.C., tanto che le sue osservazioni in proposito lo portavano a dichiarare:

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«Per quanto riguarda la diagnosi con il tatto, in Agopun-tura e Moxa il nucleo della diagnosi è il polso, mentre le diagnosi dell’addome, della schiena e dei meridiani sono puramente sussidiarie; inoltre l’oggetto di tali diagnosi rimangono pur sempre i punti dei meridiani e non si dà molta importanza alla diagnosi del kyo – jitsu dei meri-diani stessi».

In sostanza, partendo dal lavoro di Masunaga è possibi-le ipotizzare che il tragitto dei meridiani tradizionali di M.T.C. sia più un “luogo logico” che riunisce più punti con caratteristiche coerenti, che non tanto un “luogo reale” e praticabile. La cui funzione, nella pratica terapeutica dello shiatsuka e non solo nella teoria, potrebbe essere in-vece qualcosa di più che non collegare dei punti tra di loro. Per Masunaga, in ogni caso, il meridiano è una vera enti-tà energetica, vettore direttamente percepibile dell’armo-

nia o disarmonia energetica, e quindi oggetto principale dell’attività terapeutica.

• La “diagnosi  con  il  tatto” (setsushin) aveva inoltre portato Masunaga a identificare sul dorso e sull’addo-me del soggetto complessivamente 24 aree di diagnosi, 12 yang e 12 yin, utilizzabili per definire in termini di kyo – jitsu lo stato dell’energia d’Organo e Viscere (diagnosi di Hara). La sistematizzazione delle aree dia-gnostiche quindi fece sì che esse divenissero strumenti fondamentali per tutti gli shiatsuka che fecero poi riferi-mento a questo metodo. Il lavoro di ricerca di Shizuto Masunaga portò nel 1977 alla pubblicazione della versione definitiva della mappa dei meridiani Iokai, o meridiani Masunaga come ven-gono comunemente chiamati.

SHIATSU

PRINCIPALE TECNICA SHIATSU TECNICHE DERIVATETECNICA NAMIKOSHI

• Utilizzo dei punti Namikoshi e dei criteri di pressione definiti dalla Scuola Giapponese di Shiatsu.

• La diagnosi è di tipo medico occi-dentale

• L’intervento è prescritto in base alla sintomatologia

• Genericamente tutti i trattamenti che utilizzano la pressione sui punti Namikoshi e derivati, e non su i meridiani energetici o sui punti di agopuntura e moxa.

TECNICA MASUNAGA

• Utilizzo integrale dei meridiani e delle aree di diagnosi Masunaga

• Diagnosi di Kyo–Jitsu sui meridiani e su Hara e trattamento per coppie di Kyo–Jitsu

• Tecniche di pressione e Kata stile Iokai

• Utilizzo integrale dei meridiani e delle aree di diagnosi Masunaga. Mantenimento dei criteri fondamentali di diagnosi e attivazione del Ki (Qi) nei meridiani e della diagnosi di Hara, secondo i criteri di Kyo–Jitsu. Evoluzioni delle tecniche di pressione, delle tecniche diagnostiche, dei Kata e delle metodologie di trattamento.

• Mantenimento o contiguità ai criteri generali di diagnosi di Kyo–Jitsu, utilizzo della diagnosi di Hara, ma utilizzo dei meridiani di Agopuntura e particolare interesse all’utilizzo dei punti tradizionali di Agopuntura. Evoluzioni delle tecniche di pressione, delle tecniche diagnostiche, dei Kata e delle metodologie di trattamento.

• Ibridazioni particolarmente eclettiche, che utilizzano tendenzial-mente i principi generali già descritti applicandoli di volta in volta a: meridiani e punti di Agopuntura, monconi dei tragitti Masunaga, aree di diagnosi Masunaga e punti Shu–Mu usati come punti dia-gnostici.

PROPRIOCEZIONE ED ETEROCEZIONE• Lo Shiatsu è comunque anche una disciplina in cui la mediazione tra atto tecnico e capacità di interpretazione dell’atto

tecnico da parte dell’Operatore assume valore capitale, in modo assai più significativo che non in altre discipline. Darò qui di seguito alcuni elementi di sostegno a quanto affermato.

• Per propriocezione in genere si intende l’attività svolta dall’insieme dei sistemi che sono coinvolti nel fornire informazioni circa l’orientamento del corpo nello spa-zio, il suo movimento o il movimento di parti di esso, la sua posizione eccetera.

• Nello Shiatsu lo sviluppo dei somatosensi riporta l’O-peratore a un’attività propriocettiva particolare, speci-ficamente funzionale al rapporto terapeutico. Infatti, tutta la tecnica dei kata  (sequenze di atti pressori) è anche un addestramento continuo alla propriocezione. All’Operatore è richiesto di sviluppare una precisa con-sapevolezza della posizione del suo corpo nello spazio e un’uguale consapevolezza dei movimenti che il suo corpo compie, perché sarà proprio attraverso un kata impecca-bile che entrerà in contatto correttamente con il soggetto. Infatti un aspetto specifico della propriocezione nello Shiatsu è legato al fatto che l’Operatore muove se stesso ‘verso’ il soggetto fino a stabilire un contatto finalizza-to, e da questo contatto nasce una risposta che attiva in termini sottili le funzioni propriocettive dell’Operatore.

• Va sottolineato che il momento propriocettivo più im-portante si instaura proprio nella fase di stasi della pres-sione shiatsu, lì dove l’Operatore apprezza la risposta che il corpo del soggetto gli rimanda. Avremo quindi, al termine dello spostamento nello spazio del corpo dell’o-peratore, l’instaurarsi di una fase che chiameremo ‘pro-prio-eterocettiva’, determinata dalla pressione shiatsu, in cui operatore e soggetto si scambieranno messaggi ‘energetici’, per definire con un’unica parola i livelli so-matici, psichici, emozionali, elettromagnetici ecc., che entrano in interazione durante la fase pressoria.

Scomponendo infatti ciò che accade durante l’atto te-rapeutico shiatsu, possiamo proporre le seguenti osser-vazioni, in relazione alle dinamiche propriocettive ed eterocettive che vengono in essere nelle sequenze di ingresso, stasi e uscita.

1 L’operatore muove verso il soggetto mante-nendo un certo grado di attenzione verso le sen-sazioni che provengono dal suo corpo che si spo-sta correttamente nello spazio (rachide allineato, diaframma libero, uso dello spostamento del baricentro). La posizione corretta e l’attenzione gli permettono così di percepire la tensione eventuale presente nel suo cor-po, provocata o da una scorretta esecuzione tecnica del kata, oppure da uno stato psicofisico non bilanciato.

La tensione, che può esprimersi nell’operatore in vari modi e in varie aree del soma, produrrà comunque sempre sensazioni nell’area addominale, che è, non a caso, la zona dove sono rilevabili le aree di diagnosi energetica yin di or-gani e visceri. Sappiamo infatti che l’atteggiamento ener-getico generale yin comprende in sé le caratteristiche di accoglimento-percettività, e l’esperienza ci insegna che le zone in cui più chiaramente percepiamo le emozioni sono l’addome e il petto. Non a caso nell’uso popolare esistono espressioni come ‘sentire di pancia’, ‘sentirsi dentro’ ecc. Nell’area addominale, quindi, l’Operatore avrà la possi-bilità di percepire la propria reazione al suo avvicinarsi al soggetto, al suo entrare in contatto con un altro corpo, forse sofferente in misura più o meno esplicita, e di questa reazione dovrà essere assolutamente consapevole, pena il suo stesso sbilanciamento energetico.

2 L’Operatore carica il suo peso corporeo sul sog-getto utilizzando gli strumenti di lavoro appropriati. Nella fase statica della pressione, l’Operatore è in rappor-to diretto con il corpo del soggetto e, mantenendo focaliz-zata l’attenzione sull’area di contatto, ha la possibilità di ascoltare il dialogo che si instaura tra i propri sistemi pro-priocettivi e quelli del soggetto (eterocezione), all’interno di un meccanismo di biofeedback spontaneo.Possiamo infatti considerare che di fronte a qualsia-si sensazione noi abbiamo una risposta di tipo binario: a) sensazione piacevole;b) sensazione spiacevole.Esiste poi la situazione ‘non-a) non-b)’, in cui la sen-sazione è ignota, quindi neutra; ma in breve tempo, appena messa a fuoco, diventerà di tipo a) oppure b). In relazione alla sensazione piacevole, la risposta psi-cofisica condizionata sarà quella di ‘trattenere’ la sen-sazione, in modo da poter prolungare il piacere stesso. In relazione alla sensazione spiacevole, la rispo-sta condizionata porterà automaticamente ad atteg-giamenti di evitamento e difesa che abbrevino il tempo di percezione della sensazione spiacevole. In ambedue i casi questi atteggiamenti, apparentemen-te polari, si scontrano con un dato di realtà incontrover-tibile: i fenomeni, infatti, di qualsiasi tipo essi siano, sono impermanenti e sostanzialmente ingovernabili. Così, come il desiderio che una sensazione piacevole non svanisca non può che generare uno stato di frustrazione, e cioè di congestione del flusso energetico, così il non rico-noscere che anche una sensazione spiacevole è imperma-nente e in gran parte ingovernabile determina, in ragione

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SHIATSU

dello sforzo di negarla, la medesima situazione di frustra-zione e congestione energetica.In senso generale, quanto affermato è stato probabilmente sperimentato chiaramente da ognuno di noi, quanto meno in situazioni particolarmente coinvolgenti di piacere e di-spiacere.Tuttavia, ciò che è importante sottolineare è che l’atteg-giamento di trattenimento-evitamento è presente nella mente in modo quasi continuo, ed è motivo quindi dell’in-staurarsi di un attrito continuo tra la realtà dei fenomeni e il modo in cui noi li viviamo.In termini utilizzabili nella teoria della tecnica shiatsu, possiamo quindi dire, per esempio, che una sensazione piacevole dallo stato di esistenza (yang) tende ad andare verso il suo naturale stato di quiescenza (yin) seguendo il normale flusso oscillatorio di ogni fenomeno.La mente che vuole trattenere la sensazione piacevole ol-tre il suo naturale tempo di vita si pone quindi in attrito ir-ragionevole con il tessuto energetico della realtà, creando in certo modo una specie di realtà separata, allucinatoria. Allo stesso modo, il tentare di negare l’insorgere (yang) di un fenomeno sgradevole è un po’ come tentare di fermare l’alta marea con le mani: impossibile, frustrante, origine di ulteriori sensazioni spiacevoli.Dalla nostra capacità maggiore o minore di accettare le sensazioni per quel che sono, fenomeni impermanenti e ingovernabili, oscillanti tra la condizione yin e yang, dipende quindi  lo  stato di maggiore o minore  conge-stione in cui costantemente ci troviamo.Diventa così evidente l’importanza che assume quanto esposto in relazione al contatto terapeutico che si instaura tra l’operatore ed il soggetto.

3 L’operatore si ritira dalla pressione rapidamente o len-tamente a seconda dell’effetto desiderato. Nella fase di uscita diventa particolarmente evidente quanto detto sul rischio di ‘invischiamento’ dell’Operato-re nelle sue sensazioni.Sono infatti normalmente presenti, nelle supervisioni fatte ai professionisti, i riporti di situazioni in cui l’uscita dalla pressione viene posticipata perché genera sensazioni pia-cevoli all’Operatore, oppure, al contrario, affrettata perché genera sensazioni spiacevoli. Il tempo della pressione in questo modo non viene più de-terminato dalla necessità terapeutica, ma dalla reattività più o meno inconscia dell’operatore.

Deve essere chiaro peraltro che tutto ciò non rappresenta mai un danno per il soggetto, al massimo un riduzione di beneficio, ma può essere un danno per l’Operatore.Abbiamo detto infatti che la condizione normale dell’e-nergia vitale è quella di flusso, e che tutti i problemi nasco-no proprio dall’alterarsi di questa situazione.La vera azione terapeutica dello Shiatsu si sviluppa quin-di nella misura in cui l’Operatore riesce a richiamare nel soggetto la migliore condizione di circolazione energeti-ca possibile. Per ottenere ciò dispone di una metodologia specifica che gli permette di intervenire, tramite pressioni, sui meridiani energetici e sulle aree di diagnosi.Questo intervento, in certa misura, anche se condotto su-perficialmente ha già un’attività normalizzatrice su parte delle condizioni energetiche del soggetto. Tuttavia, nel momento in cui insorgono nell’Operatore atteggiamenti di trattenimento-evitamento, questi atteggiamenti stessi gli precludono l’accesso a livelli più sottili e profondi dello stato energetico del soggetto, poiché esprimendosi come congestione non possono certo svolgere un’azione norma-lizzatrice nei confronti di congestioni similari.Inoltre le condizioni di congestione non consapevole che insorgono nell’Operatore divengono responsabili delle sensazioni a volte lamentate da chi pratica Shiatsu profes-sionalmente: stanchezza, sensazione che il ricevente ab-bia prosciugato tutte le energie dell’Operatore, sensazioni sgradevoli di rimbalzo o che insorgono in lui durante il trattamento, e così via.Questo tipo di disturbi sono in pratica autoprovocati dall’Operatore stesso, e trovano poi terreno fertile nel ri-verberare sui suoi problemi energetici costituzionali.In relazione a quanto detto è quindi di estrema importan-za che nel training formativo dei professionisti sia curato lo svilupparsi di un’attenzione propriocettiva costante, in certo modo automatica e istintiva.

Dr. Fabio Zagato M.D.B in Medicina Naturale M.A.

in Psicologia Presidente IRTE(Istituto di Ricerche e Terapie Energetiche)

Presidente della Commissione Formazione della FISIEO(Federazione Italiana Shiatsu Insegnanti e Operatori)Presidente IAS (Interassociazione Arti per la Salute)

[email protected]

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SPECIALE DETOX

Il concetto di depurazione e detossificazione è la base del metodo naturale di cura da più di cento anni. All’inizio del '900, alcuni medici scoprirono che il sangue si carica di tossine che provengono soprattutto dall’intestino (auto - intossicazione, che provoca tra l’altro senescenza precoce) a causa della putrefazione degli alimenti indigeriti nel colon e che la putrefa-zione intestinale si può eliminare: con i fermenti lattici; con l’aiuto del clistere per un rapido lavaggio; con l’aiuto di fibre alimentari; e con erbe antrachinoniche1 laddove l’evacuazione è insufficiente2. Questi metodi (economici e casalinghi) sono stati nascosti ai medici a partire dalla fine degli anni '30, (con l’avvento della penicillina, con la quale si pensava di aver vinto la lotta contro i batteri dannosi), poi sottovalutati per la loro semplicità e, infine ridicolizzati. L’ultima volta che ho chiesto a un medico cosa ne pensava dei, clisteri, mi ha risposto: «se voi vi divertite così… io e la mia compagna ci divertiamo in altro modo!». Dunque il lavaggio intestinale, da pratica primaria per la salute in generale, è percepito oggi come una sorta di perversione!Le erbe lassative antrachinoniche poi, sono descritte nei libri moderni di erboristeria accompagnate da un’ampia serie di controindicazioni e negatività. Il corso di laurea in erboristeria (triennale) non insegna questo metodo di fitoterapia. Qui voglio spiegare in che modo la natura ha previsto di eliminare le tossine sia endogene che esogene. Bisogna dedicare attenzione a questo punto: non basta bere tanta acqua e fare tanta “plin plin” per disintossicarsi! Bisogna bere 1-2 litri di acqua al giorno ma, semplicemente perché è il maggiore componente del nostro organismo ed è necessaria a tutte le rea-zioni biochimiche, dato che si realizzano tutte in ambiente acquoso! Ma tante sostanze anche comuni, come ad esempio caffeina e vanillina, non vengono eliminate automaticamente con le urine, prima devono essere neutralizzate dal fegato, attraverso due fasi successive, chiamate Fase I e Fase II di detossificazione, per mezzo di enzimi, antiossidanti e speci-fiche sostanze nutritive come vedremo. Dai primi del novecento a oggi, la quantità e il numero delle sostanze tossiche è aumentato enormemente. A queste si è aggiunta la radioattività (di più di 2000 bombe atomiche fatte esplodere), i pesticidi, i diserbanti, le pratiche di conserva-zione (irradiazione) e di lavorazione industriale degli alimenti (che li privano di tante sostanze nutritive e ne aggiungono o ne formano altre tossiche, come, ad esempio, gli acidi grassi trans-), nonché l’esaurimento dei minerali e degli oligoe-lementi dai terreni e, infine, l’uso comune degli antibiotici senza vitamine del gruppo B e fermenti lattici durante e dopo l’assunzione. Cosa sono le tossine? Sono composti che hanno un effetto nocivo sulle funzioni cellulari. Possono provenire dal normale metabolismo (come l’ammoniaca), dall’esterno (metalli pesanti, tossine chimiche e composti microbici) e dalla putrefa-zione intestinale. I metalli pesanti nocivi comprendono piombo, mercurio, cadmio, arsenico, nichel e alluminio. Una persona su quattro soffre di questo tipo di avvelenamento! Solo negli U.S.A. gli stabilimenti industriali scaricano nell’atmosfera 600 milioni di Kg di piombo all’anno, destinato a depositarsi sui raccolti, nelle acque, per essere poi ingerito. I metalli pesanti creano radicali liberi e, la persona intossicata, anche lievemente, accusa: mancanza di concentrazione, cefalea, stanchezza, dolori muscolari, tremiti, indigestione, stitichezza, anemia, vertigini, pallore ... I bambini che manifestano difficoltà di appren-dimento e hanno un comportamento bullistico e criminale, hanno spesso un accumulo di metalli pesanti nell’organismo. Le sostanze chimiche tossiche comprendono solventi, detergenti, formaldeide, toluene, benzene, farmaci, alcool, pestici-di, erbicidi, additivi alimentari (coloranti, stabilizzanti, aromi, conservanti…).Gli idrocarburi policiclici (come DDT, diossine, 2, 4, 5-T; 2,4-D; PCB e PCP) che compongono diversi pesticidi ed erbi-cidi, si riscontrano in tutti i tessuti adiposi esaminati! I sintomi che le sostanze chimiche provocano comprendono: sintomi psicologici e neurologici, depressione, cefalea, con-fusione mentale, malattie mentali, parestesie, disturbi del sistema nervoso, nonché allergie e cancro. I composti microbici sono costituiti dai prodotti di scarto e dai frammenti cellulari dei batteri e dei funghi presenti nell’in-testino: endotossine, esotossine, amine tossiche vasoattive e varie sostanze cancerogene (come quelle derivate dalla bile per azione di un batterio putrefattivo intestinale).Le tossine microbiche provenienti dall’intestino sono responsabili di malattie del fegato, morbo di Crohn, colite ulcerosa, malattie della tiroide (compresa la tiroidite autoimmune), psoriasi, lupus eritematoso, pancreatite, alcune reazioni aller-giche, asma, disfunzioni del sistema immunitario. Inoltre, gli anticorpi prodotti contro le sostanze tossiche derivate dai microrganismi intestinali, possono avere delle reazioni crociate con i tessuti dell’organismo provocando malattie autoim-muni, le quali comprendono artrite reumatoide, miastenia grave, diabete, anemia perniciosa e cancro.

1 Aloe, Senna, Rabarbaro, Cascara e Frangula2 Cfr. Le Fondamenta della salute – Intestino.

L’organismo elimina la maggior parte delle tossine neutralizzandole nel fegato e poi le espelle attraverso gli organi emun-tori con la bile, con le urine, il sudore, le ghiandole sebacee e tramite le mucose dei polmoni (e, in misura minore, degli occhi, orecchie e organi genitali). Alcune piante e fermenti lattici sono utili per disintossicare. Altea (Althaea officinalis) inibisce l’assorbimento delle tossine a livello intestinale. Salsapariglia (Smilax medica) neutralizza direttamente le enterotossine che circolano nel sangue. Crespino (Berberis vulgaris) neutralizza direttamente le tossine che si formano nell’intestino, inoltre inibisce l’enzima decarbossilasi, prodotto da un batterio putrefattivo intestinale, che converte gli aminoacidi in amine vaso-attive. Camomilla (Matricaria chamomilla) neutralizza direttamente le tossine che si formano nell’intestino, inoltre riequilibra la flora intestinale. Lactobacillus acidophilus riduce l’enzima beta-glucuronidasi, prodotto da un batterio putrefattivo intestinale, che libera nell’intestino sostanze cancerogene, farmaci e ormoni già neutralizzati dal fegato con la Fase I e II. Lactobacillus acidophilus e Bifidobacterium bifidum inibiscono l’enzima ureasi, prodotto da un batterio putrefattivo inte-stinale che trasforma gli acidi biliari in composti cancerogeni.

DETOSSIFICAZIONEIl fegato, oltre a svolgere un ruolo chiave in gran parte dei processi metabolici, è primo fra tutti gli organi per la detos-sificazione. Neutralizza gran parte delle sostanze tossiche, inoltre, nel quadro di rinnovamento continuo, deve anche neutralizzare ormoni, neurotrasmettitori, sostanze chimiche infiammatorie come l’istamina e una vasta serie di metaboliti di scarto. Il fegato svolge la detossificazione in due modi: filtrando il sangue; e smembrando le tossine per mezzo di enzimi (Fase I e II).La metà del sangue che circola passa ogni minuto attraverso il fegato per essere detossificato. Il sangue proveniente dall’intestino (attraverso la vena porta), contiene batteri, endotossine batteriche, complessi antigeni-anticorpi e altre so-stanze tossiche. Se va tutto bene, il fegato elimina il 99% di batteri e tossine durante il primo passaggio per mezzo di un “filtro,” costituito dalle cellule del Kupffer del sistema reticolo-endoteliale, che inglobano e distruggono. Il secondo processo di detossificazione avviene in due momenti denominati Fase I e Fase II. La Fase I neutralizza alcune tossine direttamente (come nel caso della caffeina), e ne modifica altre, formando delle so-stanze intermedie attivate che saranno neutralizzate, per mezzo degli enzimi, dalle Fase II. Il sistema di detossificazione, se funziona, previene le malattie, compreso il cancro. Il fegato produce e secerne la bile, la quale è anche un veicolo per quelle sostanze tossiche che vengono eliminate at-traverso l’intestino, assorbite dalle fibre alimentari ed eliminate con le feci. Un’alimentazione povera di fibre causa un riassorbimento delle tossine! Inoltre, alcuni batteri dell’intestino, modificano le tossine rendendole più dannose. Le so-stanze da detossificare comprendono farmaci (fenitoina, eritromicina, codeina, warfarin, amitriptilina, fenobarbitale, pre-dnisone, steroidi ecc.), OTC (paracetamolo, ibuprofene, salicilati ecc.), alimenti (caffeina, vanillina ecc.), nutrienti (acido arachidonico, acidi grassi ecc.), tossine ambientali (alcool, insetticidi, tetracloruro di carbonio, benzopirene del fumo di sigarette, carne cotta sul carbone vegetale ecc.).

DETOSSIFICAZIONE DI FASE IGli enzimi di Fase I, come si è detto, neutralizzano direttamente solo alcune sostanze chimiche (che non hanno bisogno della Fase II), mentre tutte le altre vengono convertite in forme intermedie completate dalla Fase II. Queste forme inter-medie sono molto più attive dal punto di vista chimico, quindi potenzialmente più tossiche! Se i sistemi di Fase II non funzionano, gli intermedi possono causare dei danni molto gravi, tra i quali anche i processi cancerogeni. La detossificazione di Fase I è svolta da un centinaio di enzimi, riuniti sotto il nome di Citocromo P-450, specializzati per certe sostanze. L’attività di questi enzimi dipende dalla genetica personale, dal livello di esposizione a tossine chimiche e dall’eugenetica, cioè dalla nutrizione (nutrimenti disponibili). La Schisandra e il Tè verde stimolano e aumentano l’attività del Citocromo P-450.Le persone con una detossificazione di Fase I insufficiente hanno intolleranza alla caffeina, ai profumi e ad altre sostanze chimiche e rischiano malattie al fegato. Il citocromo P-450 trasforma alcune tossine in sostanze meno tossiche e le rende idrosolubili ed eliminabili dai reni, come la caffeina. Altre le trasforma in sostanze più attive chimicamente che vengono poi metabolizzate dalla Fase II. Un effetto collaterale di Fase I è la produzione di un radicale libero per ogni molecola di tossina neutralizzata. L’antiossidante più importante per neutralizzare i radicali liberi di Fase I è il glutatione, dal quale dipende anche un importante processo di detossificazione di Fase II, cioè la neutralizzazione degli intermedi attivati dalle Fase I. In carenza di glutatione questa neutralizzazione non avviene e gli intermedi attivati, potenzialmente cancerogeni, possono essere rimessi in circolo.

QUALE DETOSSIFICAZIONE?

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La velocità con cui la Fase I produce intermedi attivati deve essere bilanciata dalla velocità della Fase II che termina la trasformazione. Se il sistema di detossificazione di Fase I è molto attivo e la Fase II è lenta o inattiva, avvengono reazioni insolitamente gravi in relazione ai veleni ambientali. Si può verificare lo stesso squilibrio anche se la persona è esposta a molte tossine per un lungo periodo di tempo, perché i nutrimenti necessari alla detossificazione di Fase II si possono esaurire e gli intermedi attivati tossici possono aumentare. Il sistema enzimatico del citocromo P-450 è presente anche in altre parti del corpo, in particolare nel cervello. Se gli antiossidanti e i nutrienti sono insufficienti possono verificarsi dei danni ai neuroni (morbo di Alzheimer e Parkinson). I nutrienti necessari per la Fase I sono: magnesio (una sua carenza accresce la tossicità dei farmaci), rame, zinco e vita-mina C. Alcune  sostanze attivano  la Fase  I: alcool, nicotina, steroli, sulfamidici, fenobarbitale, gas di scarico, esalazioni di vernici, diossina, pesticidi, tetracloruro di carbonio, carni cotte su carbone vegetale, dieta iper-proteica. Ovviamente, la stimolazione della Fase I è controindicata se i sistemi di Fase II non sono attivi. Il cavolo, i broccoli, i cavolini di Bruxelles e altre crucifere stimolano sia la detossificazione di Fase I che di Fase II. Contengono una sostanza, l’indolo-3-carbinolo (una molecola che protegge dai tumori del seno) che stimola gli enzimi detossificanti dell’intestino, oltre che del fegato. Arance e mandarini contengono il limonene sostanza che mostra una possibile implicazione nel prevenire la crescita tu-morale, forse perché stimola gli enzimi detossificanti di Fase I e II3. Alcune sostanze inibiscono la Fase I, ovvero inibiscono il citocromo P-450, aumentando la permanenza delle tossine nell’organismo. Il succo di pompelmo è una di queste sostanze e, a causa della presenza del flavonoide naringenina, di-minuisce anche la rapidità di eliminazione dei farmaci nel sangue. «250g di succo di pompelmo contengono una quantità di naringenina sufficiente a ridurre l’attività del citocromo P-450 del 30%»4. Gli inibitori della detossificazione di Fase I noti sono: benzodiazepine, antistaminici, cimetidina e altri farmaci che bloc-cano la secrezione di acido cloridrico dello stomaco, chetoconazolo, sulfafenazolo, naringenina (pompelmo), eugenolo (chiodi di garofano), Calendula officinalis, quercitina (cipolle), curcumina (Curcuma longa), invecchiamento, tossine prodotte da batteri intestinali. La curcumina (Curcuma longa), merita un discorso a parte, «in quanto inibisce (rallenta) la detossificazione di Fase I ma, contemporaneamente, stimola la detossificazione di Fase II. Questo effetto può risultare molto utile per la prevenzione di determinati tipi di cancro. È stato infatti osservato che la curcumina inibisce l’azione di alcune sostanze cancerogene come il benzopirene (il cancerogeno presente nella carne cotta su carbone vegetale) in diversi modelli animali. Sembra che la curcumina eserciti la propria attività anticancerogena incrementando il processo di detossificazione dei cancerogeni attivati. È stato inoltre dimostrato che la curcumina inibisce direttamente la crescita delle cellule cancerogene5. Dal momento che gran parte delle sostanze chimiche contenute nel fumo di sigaretta svolgono attività cancerogena soltan-to durante il periodo compreso tra l’attivazione della Fase I e la detossificazione finale di Fase II, la curcumina può aiutare a prevenire gli effetti cancerogeni del tabacco 6»7.L’attività degli enzimi di detossificazione di Fase I diminuisce con l’età e l’invecchiamento riduce il flusso di sangue al fegato; ecco perché l’attività fisica è essenziale per la circolazione del sangue (e ancor più della circolazione linfatica). Inoltre, gli anziani hanno spesso una dieta povera di nutrimenti che compromette la detossificazione.

DETOSSIFICAZIONE DI FASE IILa detossificazione di Fase II consiste nel legare (coniugare) piccole sostanze alle tossine provenienti dalla Fase I, per mezzo di enzimi. La sostanza che si coniuga neutralizza la tossina e, inoltre, la indirizza verso un emuntore specifico (reni, pelle…) o verso la bile per essere eliminata con le feci. Alcune tossine, come si è detto, possono essere neutralizzate direttamente dalla Fase II, senza passare attraverso la Fase I. Ci sono sei tipi di detossificazione di Fase II:

1. coniugazione con glutatione2. coniugazione con aminoacidi 3. metilazione

4. solfatazione5. acetilazione6. glucuronidazione

Vale la pena di prestare attenzione a cosa viene eliminato per mezzo di questi processi metabolici, quali nutrimenti sono necessari, quali fattori inibiscono e quali stimolano la Fase II.

3 Crowell P.L., Gould M.N., Chemoprevention and therapy of cancer by d-limonene, Critical Rev Oncogenesis 1994; 5: 1-22 4 J. E. Pizzorno jr, T. Murray, Trattato di medicina naturale, voll. I e II, Novara 2001. 5 Nagabhushan M., Bhide S.V., Curcumin as an inhibitor of cancer, J am Coll Nutr 1992; 11:192-198.6 Polosa K., Raghuram G.T., Bowman B.B., Krishnaswamy K., Effect of turmeric on urinary mutagens in smokers, Mutagenesis 1992; 7: 107-109.7 J. E. Pizzorno jr, T. Murray, Trattato di medicina naturale, voll. I e II, Novara 2001.

FATTORI CHE INIBISCONO GLI ENZIMI DI DETOSSIFICAZIONE DI FASE II8

Coniugazione con glutatione - Carenza di: Selenio, Zinco, Vitamine B2, B6, B12, Glutatione- Alcool

Coniugazione con aminoacidi - Dieta ipo-proteica

Metilazione - Carenza di: Acido Folico, Vitamina B12

Solfatazione - Farmaci antinfiammatori non steroidei (acido acetilsalicilico, ibuprofene, ketoprofene ecc. )

Acetilazione - Carenza di: Vitamine B2, B5, C

Glucuronidazione - Acido acetilsalicilico, probenecid

FATTORI CHE STIMOLANO GLI ENZIMI DI DETOSSIFICAZIONE DI FASE II9

Coniugazione con glutatione- Cavoli, broccoli, cavolini di Bruxelles- Limonene (scorze dei frutti di arancio, mandarino)- Olio essenziale di semi di Finocchio e di Cumino

Coniugazione con aminoacidi - Glicina

Metilazione - Lipotropi: Colina, Metionina, Betaina, Inositolo, Acido folico, Vitami-na B12

Solfatazione - Aminoacidi solfonati: Metionina, Taurina, Cistina, CisteinaAcetilazione - Nessun fattore ancora scoperto

Glucuronidazione - Olio di pesce, limonene, pillola anticoncezionale, fenobarbitale, fumo di sigaretta

1. Coniugazione con Glutatione La principale detossificazione di Fase II è la coniugazione con Glutatione. Il Glutatione è un tri-peptide, cioè è composto da tre aminoacidi: Cisteina, Acido glutamico e Glicina. La coniugazione con glutatione produce: delle sostanze idrosolubili eliminabili con le urine e delle sostanze liposolubili, ad esempio con i metalli pesanti (mercurio, piombo…), eliminabili con le ghiandole sebacee. La quantità di Glutatione prodotto dal corpo dipende dalla disponibilità di Metionina e Cisteina. Ovviamente, più tos-sine ci sono è più Glutatione sarà richiesto e consumato. Paracetamolo, nicotina, organo-fosfati (insetticidi impiegati in agricoltura), epossidi (sostanze cancerogene), vengono eliminati dal Glutatione. Ecco perché si dice che il Glutatione è un epato-protettore, perché protegge il fegato eliminando le tossine. Inoltre, il Glutatione è un antiossidante contro i radicali liberi e per questo è la sostanza anti-cancerogena più importante nelle cellule (insieme alla SOD, Super-Ossido-Dismutasi). Il fumo aumenta il consumo di Glutatione, sia per detossificare la nicotina, sia per neutralizzare i radicali liberi prodotti dal fumo. Il Glutatione è contenuto nella frutta e nella verdura fresca, nel pesce cotto e nella carne. È assorbito dall’inte-stino senza essere intaccato da enzimi digestivi. Alcune sostanze come la vitamina C, l’N-Acetil-Cisteina (NAC), la Glicina e la Metionina, aumentano la produzione di Glutatione. 2. Coniugazione con aminoacidiGli aminoacidi Glicina, Taurina, Glutamina, Arginina, e Ornitina, si combinano con tossine come benzoato di sodio (un conservante) e acido acetil-salicilico, (aspirina) neutralizzandole. Fra questi aminoacidi è la Glicina quello più comunemente usato. La coniugazione con aminoacidi è scarsa nelle persone con: epatite, artriti croniche, ipo-tiroidismo, tossiemia intestinale, tossiemia gravidica. Inoltre, nelle persone esposte a sostanze chimiche e in coloro che consumano alcool. La glicina e gli altri aminoacidi sono carenti in una dieta ipo-proteica.3. Metilazione La metilazione consiste nel legare dei gruppi metilici (-CH3) alle tossine. Il maggior donatore di gruppi metilici è il SAMe (Solfo-Adenosil-Metionina), seguito dalla Betaina (tri-metil-glicina). Per produrre il SAMe sono necessari la Metionina, la Colina, la Vitamina B12 e l’Acido folico.

8 J. E. Pizzorno jr, T. Murray, Trattato di medicina naturale, voll. I e II, Novara 2001.9 Ibidem

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Il SAMe disattiva: estrogeni, dopamina, adrenalina, istamina, tiouracile. Inoltre, aumenta la fluidità delle membrane cel-lulari (ridotta dagli estrogeni) e favorisce il flusso della bile. 4. Solfatazione La solfatazione consiste nel legare dei composti dello Zolfo a: tossine ambientali e intestinali (da batteri), farmaci, additivi alimentari, coloranti (all’anilina), cumarina, paracetamolo e, inoltre, nell’ambito del rinnovamento continuo, metil-dopa, estrogeni (compresa la pillola), testosterone e ormoni tiroidei. Poiché la solfatazione neutralizza anche i neuro-trasmetti-tori, il suo mal funzionamento può causare disturbi al sistema nervoso. È bene assumere integratori di aminoacidi solfonati (Metionina, Taurina, Cistina, Cisteina, Glutatione, SAMe, NAC), cioè ricchi di Zolfo. Anche aglio, cipolla e uova sono ricchi di Zolfo.5. Acetilazione L’acetilazione consiste nel coniugare, cioè nel legare le tossine all’Acetil-Coenzima A (acetil-CoA), con il quale si eli-minano, ad esempio, i sulfamidici e altri antibiotici. Per l’acetilazione sono necessari, acetil-CoA, vitamine B1, B5 e C.6. Glucuronidazione La glucuronidazione è la combinazione delle tossine con l’acido glucuronico. Molti dei farmaci più prescritti vengono detossificati attraverso questa via: paracetamolo, morfina, diazepam, digitale, acido acetii-salicilico (aspirina), vanillina (vaniglia sintetica, aroma naturale), benzoato di sodio (conservante), mentolo e alcuni aromi. Studi recenti (Fernandez, Shahani e Amer) dimostrato che Lactobacillus acidophilus ha anche una potente azione an-ti-tumorale in quanto protegge la glucuronidazione. Ecco cosa succede. La neutralizzazione delle sostanze cancerogene avviene quando si legano all’acido glucuronico. Neutralizzate in questo modo vengono poi eliminate con la bile e, arrivate all’intestino, espulse con le feci. Ma ecco che l’enzima beta-glucuronidasi, prodotto da batteri putrefattivi intestinali, rompe il legame tra acido glucuronico e sostanze cancerogene: l’acido glucuronico viene “mangiato” dai batteri e la so-stanza cancerogena è di nuovo libera. Questa può agire contro le cellule delle mucose del colon e del retto (70% dei tumo-ri), ma può essere anche riassorbita in circolo nel sangue! L’acido glucuronico si lega anche agli estrogeni, per eliminarli fisiologicamente, ma se questi vengono “liberati” dalla beta-glucuronidasi e poi assorbiti, i loro livelli in circolo aumen-tano e possono causare cancro a mammella, utero e ovaie. L’acido glucuronico, come si è detto, si lega anche a farmaci...

Vitamine antiossidanti (A, C, E) sono necessarie per proteggere il fegato e come aiutanti nelle fasi di detossificazione. Anche le vitamine del gruppo B, i minerali traccia (oligoelementi), sono necessari per eliminare i metalli pesanti e altre tossine. Gli agenti lipotropi come Colina, Betaina, Metionina, vitamina B12, Acido folico (vitamine B6 e C come aiutanti) favoriscono il flusso di bile dal fegato. I lipotropi aumentano anche i livelli di SAMe e Glutatione! Il Cardo mariano (ricco in silimarina) è la pianta che esercita più benefici al fegato, l’epato-protettore per eccellenza, favorendo anche i processi di detossificazione. Agisce come antiossidante, favorisce la produzione di Glutatione e aumenta la rapidità con cui si rigenera il tessuto del fegato. Si è dimostrato efficace nel proteggere il fegato dai danni chimici e da sostanze altamente tossiche come le tossine dell’A-manita phalloides e A. muscaria! Il Cardo mariano favorisce la detossificazione ma senza arrivare all’esaurimento del glutatione indotto da alcool o altre sostanze tossiche.

Il 5% della popolazione, pur non avendo una sintomatologia grave, presenta mancanza di appetito, malessere, stanchez-za e una colorazione della pelle leggermente giallastra (non solo sul volto), causato da un errore nel metabolismo della bilirubina. Si può guarire da questo stato con Cardo mariano (Silybum marianum) e/o SAMe, che si è dimostrato il più efficace nel curare questo stato detto sindrome di Gilbert. SAMe si è dimostrato efficace nel trattare, oltre alla sindrome di Gilbert, anche un eccesso di estrogeni (dovuto alla pillola o alla gravidanza), che è una delle cause più comuni del ristagno di bile nel fegato (colestasi e colestasi gravidica).

Nel corso dei millenni le pratiche di detossificazione sono diventate molteplici: digiuno (eccetto l’acqua), sauna, idro-te-rapia. Ricerche condotte di recente documentano l’efficacia di questi metodi per l’espulsione di molte tossine, ma si può fare di meglio fornendo, insieme all’acqua, tutte le sostanze necessarie per la Fase I e II: - Glutatione e i suoi precursori (Glicina – Cisteina – Acido glutamico) - Aminoacidi solfonati (contenenti zolfo): Cisteina, Metionina, Taurina, NAC, SAMe - Aminoacidi: Glicina, Glutamina, Arginina, Ornitina - Vitamine: B1, B2, B5, B6, B12, C, Acido folico, Colina - Sali minerali e oligoelementi: Magnesio, Zinco, Rame, Molibdeno, Selenio.

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EINSTEIN UN GENIO A… COPIARE?La carriera scolastica di Einstein non calza di certo con l’immagine del più grande genio di tutti i tempi che è stato sostenuto dal sistema scientifico cosiddetto ortodosso. «Alle scuole medie si trovò in difficoltà con quasi tutti i professori e quando cercò di essere ammesso al Politecnico di Zurigo non riuscì nemmeno a superare gli esami di ammissione. In età adulta i suoi presunti trionfi scientifici sono stati favoriti fino all’eccesso da alcune opportune inesattezze storiche e scientifiche»1.La famosa formula E=mc2 non è farina del sacco di Einstein, a dimostrarlo è la ricerca di 62 pagine depositata il 23 novembre del 1903 negli archivi del reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Schio, da un dilettante di fisica laureato in agraria, Olinto De Pretto. Dunque il primo a elaborare la famosa formula fu De Pretto e non Einstein!«Einstein visse alcuni anni della sua adolescenza nel nord Italia ed ebbe alcuni amici di famiglia in comune proprio con l’autodidatta italiano. Einstein, insomma, giunse fisicamente così vicino a De Pretto che è vera-mente difficile credere che le incredibili somiglianze della sua equazione siano solo un frutto del caso… il fatto più paradossale di tutta questa vicenda è tuttavia un altro, e cioè che la formula di Olinto De Pretto faceva parte di una teoria fondata proprio su quel concetto di etere che Einstein respinse fermamente»2.La ricerca di Olinto, infatti, si intitolava L’ipotesi dell’etere nella vita dell’universo!L’unica differenza è che l’equazione di De Pretto era scritta E=mv2 mentre quella attribuita a Einstein è E=mc2. Il De Pretto scrisse E=mv2 per intendere che la massa andava moltiplicata per la sua velocità elevata al quadra-to. Velocità, che indicò con la lettera v, era ritenuta variabile, cioè uguale o superiore o inferiore alla velocità della luce. Einstein sostituì il valore variabile v con c, valore costante della velocità della luce.L’ingegnere italiano Marco Todeschini, candidato al Nobel per la fisica, dimostrò l’esattezza della formula del De Pretto con la variabile “v” al posto della “c” costante di Einstein. «In virtù delle proprietà dinamiche dell’etere da lui scoperte e dei calcoli matematici effettuati dedusse infatti che le particelle nucleari (nucleoni) compiono rivoluzioni attorno al nucleo atomico a velocità 1,41 volte superiore alla velocità della luce»3.Anche il concetto di spazio-tempo non è farina del sacco di Einstein poiché, come sottolineato da Tesla, «la teoria della relatività è in realtà più vecchia dei suoi attuali proponenti. Fu proposta 200 anni fa dal mio illustre conterraneo Ruggero Boscovich, che tra l’altro era un grande filosofo che scrisse un migliaio di volumi sugli argomenti più svariati. Tra questi argomenti Boscovich si occupò di relatività, incluso il cosiddetto continuum spazio-temporale». Einsitein “copiò” anche il compito di matematica da un altro italiano, rimasto completamente nell’ombra, il matematico Gregorio Ricci Curbastro (1853-1925). Fu questo e non Einstein a effettuare i calcoli tensoriali e a individuare il tensore di curvatura Ricci, su cui si basa la teoria della relatività generale. Il resto della teoria matematica della relatività Einstein la “copiò” da Tullio Levi-Civita (che non era relativista), dalla geome-tria di Bernhard Riemann (1826-1866) inventata nel 1854, da Karl Schwarzschild (1873-1916) e dalla teoria dell’invarianza sviluppata dai matematici Arthur Cayley (1821-1895), J. J. Sylvester (1814-1897) insieme a una schiera di loro seguaci…

1 M. Pizzuti, Scoperte scientifiche non autorizzate, Edizioni Il Punto d’Incontro, Vicenza 2011.2 Ibidem.3 Ibidem.

Giorgini Dr. Martino

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Compatto, carnoso e sodo sono gli aspetti con cui il finocchio si presenta a chi intende gustarne il sapore e ricavarne tutti i benefici che esso possiede. Il Foeniculum vulgare è una pianta che appartiene alla famiglia delle Apiacee (Ombrellifere) originaria dell’Europa meridionale – ma conosciuta anche da-gli antichi Egizi – e presente in tutto il bacino del Mediterraneo. Non casualmente, la toponomasti-ca della pianura nei pressi del mare Egeo, dove gli Ateniesi sconfissero i Persiani nel 490 a. C., aiuta a comprendere quanto questa pianta fosse già diffusa in quel periodo, giacché Maratona significa, in gre-co, “campo di finocchi”.

Com’è immaginabile, del finocchio e dei suoi semi

si trova menzione in due opere di riferimento per le

piante e la coltivazione: la Naturalis Historia di Pli-

nio il Vecchio e nel De Rustica di Columella; oltre-

tutto, secondo il primo autore, tale pianta era efficace

nel trattamento dei problemi agli occhi. Plinio, in-

fatti, osservando alcuni serpenti che, subito dopo la

muta, si strofinavano contro i finocchi, notò che gli

occhi degli stessi diventavano ancora più chiari e tra-

sparenti, deducendo pertanto che l’impiego di questa

pianta poteva rivelarsi un ottimo rimedio contro  i problemi alla vista.

ALIMENTAZIONEPiù avanti nei secoli, Carlo Magno ordinò che que-sta pianta venisse coltivata in tutti gli orti officinali del suo impero, mentre Ildegarda di Bingen la an-noverava tra le sue piante officinali preferite.

Riguardo alle varietà di finocchio coltivate in Ita-lia, generalmente questo ortaggio si presenta in due tipologie, la specie Foeniculum dulce che compren-de le cultivar di finocchio dolce di cui si consuma il cosiddetto “grumolo” e il Foeniculum sativum colti-vato per i semi dal tipico aroma intenso.

Il finocchio dolce è una  pianta  erbacea biennale: nel primo anno sviluppa la parte vegetale edibile, co-stituita principalmente dal grumolo (o falso bulbo) mentre nel secondo anno produce i fiori, i frutti e i semi che servono per la riproduzione.

Il “grumolo” è una struttura che serve alla pianta per accumulare sostanze nutritive, formata dalle guai-ne fogliari carnose, sovrapposte, avvolgenti e serrate attorno al minuscolo fusto che cresce direttamente a contatto col terreno.

Solitamente si distinguono due tipi di grumolo: uno a forma più tondeggiante, destinato principalmente ad essere consumato crudo  (definito erroneamente “maschio”), e uno a forma più allungata destinato soprattutto ad essere consumato cotto (definito erro-neamente “femmina” o “finocchiella”).

Cotto o crudo, il finocchio viene preparato rapida-mente: questo lo rende adatto  alla  vita moderna che concede poco tempo al lavoro in cucina.

Non solo, ma il finocchio è uno degli ortaggi  più graditi, dolci e profumati utilizzati dalla gastro-nomia  nazionale: in cucina il grumolo può essere consumato crudo in insalata e pinzimonio, così da apprezzarne al meglio le proprietà, oppure – come visto – cotto. Dal punto di vista nutrizionale esso ri-entra tra gli ortaggi ipocalorici (19 kcal/100 g), con una modesta quantità di fibre  e uno  scarso  con-tenuto di sali minerali e vitamine. I semi ottenuti recidendo le ombrelle, che vengono essiccate al sole e poi trebbiate, vengono impiegati, grazie all’elevata presenza di oli essenziali, per aromatizzare carni, pesce, verdure, dolci, liquori.

TABELLA NUTRIZIONALE DEL FINOCCHIOComponenti principali in 100g di prodotto commestibile

ACQUA 92,4 g FIBRE 2,0 gCARBOIDRATI 3,0 g LIPIDI 0,2 gPROTEINE 1,4 g MINERALI 1,0 g

VITAMINEQuantità contenute in 100g di parte commestibile

Apporti giornalieri ammessi dal Ministero 

della SaluteVitamina A 25 mcg 1200 mcgβ-carotene 0,14 mg 7,5 mgVitamina D 0 50 mcgVitamina E 0 60 mgVitamina K 0 200 mcgVitamina C 9 mg 1000 mgVitamina B1 (tiamina) 0,035 mg 25 mgVitamina B2 (riboflavina) 0,11 mg 25 mgVitamina B3 (niacina) 0,2 mg 54 mgVitamina B6 0,06 mg 10 mgVitamina B12 0 1000 mcgAcido folico 35 mcg 400 mcgBiotina 0 0,450 mgAcido pantotenico 0 18 mg

MINERALIQuantità contenute in 100g di parte commestibile

Apporti giornalieri ammessi dal Ministero 

della SaluteCalcio 40 mg 1200 mgFosforo 50 mg 1200 mgMagnesio 12 mg 450 mgFerro 0 30 mgZinco 0,22 mg 15 mgRame 0 2 mgManganese 0 10 mgFluoro 0 4 mgSelenio 0 100 mcgCromo 0 200 mcgMolibdeno 0 100 mcgIodio 0 225 mcgBoro 0 3,6 mgPotassio 395 mg 2000 mgCloro 0 non definitoSodio 25 mg non definitoSilicio 0 non definito

S. W. Souci, W. Fachmann, H. Kraut, Tabelle Complete degli Alimenti, edizione italiana a cura di M. Carruba, Fidenza 2009.

Ma la caratteristica più nota del finocchio è quella di essere un ortaggio con un’azione carminativa, che promuove l’eliminazione dei gas, favorisce la funzione digestiva e regola la motilità intestinale e che, quindi, è adatto per essere consumato a fine pasto. Peculiarità ben differente da quella che veni-va ascritta ai semi della pianta da parte della Scuola Medica Salernitana secondo cui, questi, bevuti con il vino eccitavano  i  piaceri  di Venere, ridestando negli anziani il vigore giovanile («Semen cum vino sumptum veneris moves actus, atque senes eius gu-stu juvenescere dicunt»)!

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I semi del finocchio si usano per aromatizzare piatti di maiale o salumi come la finocchiona. Non solo, ma tisane, decotti e infusi, con essi preparati, possono essere molto utili per colo-ro che abbiano problemi di gonfiore addomi-nale e aerofagia. I contadini fanno una distin-zione tra: finocchio maschio, che ha una forma tondeggiante ed è adatto a essere consumato crudo, e finocchio femmina, di forma allunga-ta e adatto alla cottura.

L’ideale è consumarlo crudo, in purezza o in pinzimonio, scegliendo le foglie più tenere. La parte verde, invece può servire per minestre o per insaporire l’acqua della pasta.

Come accennato, il finocchio ha molteplici pro-prietà; povero di grassi ma con fibre e con una buona funziona diuretica, è un alimento partico-larmente indicato per le diete. Non va consumato in quantità eccessiva, perché la grande quantità di cellulosa in esso contenuta, può renderlo indige-sto. Stimola la produzione di latte nelle donne che allattano.

In abbinamento con il finocchio si possono bere il Verduzzo del Friuli e il Pignoletto. In generale, vini bianchi frizzanti.

Curiosità

Cucinare il finocchio

Proprietà

Abbinamenti

ricettemieLe

di Paola Balducchiappassionata di cucina e autrice di libri sull’argomento

La pianta delFoeniculum vulgare(finocchio selvatico)era conosciuta nel

Mediterraneo fin dall’antichità per il suo uso alimentare,aromatizzante e curativo.

Plinio, oltre a consigliarequesta pianta per curare

la vista e mantenersi giovani,le attribuiva molte virtùterapeutiche: nell’anticaRoma il finocchio venivaconsigliato alle puerpere

per aumentare il latte.

Sempre nella città eterna, igladiatori considerati un

simbolo di virilità se ne alimen-tavano anche per accrescere il loro vigore e coraggio, mentre le matrone lo assumevano per

mantenere la “linea”.

La scuola salernitana auspicava l’uso anche dei semi di

finocchio: se bevuti con il vino eccitavano i piaceri di

Venere, inoltre si pensavache ridestasserola gioventù negli

anziani.

ilin cucinaFINOCCHIO

Finocchi in padellaIngredienti per 4 persone

Preparazione: 10 minuti

Difficoltà: facile 4 finocchi 2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva 3 pomodori qualche foglia di basilico Sale Pepe

Preparazione:Lavate i finocchi, tagliateli a fettine sottili e sistemateli in padella, irrorateli con l’olio e fateli rosolare per 5 minuti, quindi unite i pomodori tagliati a dadini e senza semi, facendo cuocere per circa 10 minuti. A cottura ultimata, cospargete con foglie di basilico spezzettato, togliendo il tutto dal fuoco. Potete servirlo come con-torno di carne o pesce.

Insalata di finocchi

Ingredienti per 4 persone

Preparazione: 10 minuti

Difficoltà: facile

2 finocchi maschi

1 arancia 50 g di olive nere

2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva

Sale Pepe

Preparazione:

Sbucciate a vivo l’arancia e tagliatela a fettine

sottili. Pulite i finocchi, lavateli e tagliateli a

fette sottili, mettendoli in una ciotola insieme

alle fette di arancia. Unite le olive senza semi,

condite con olio, sale, pepe; quindi mescolate,

lasciate riposare e servite.

Finocchi gratinatiIngredienti per 4 persone

Preparazione: 40 minuti

Difficoltà: facile

60 g di parmigiano reggiano grattugiato 4 cucchiai di pangrattato Burro per la pirofila

Preparazione:Mondate i finocchi e tagliateli a fette. Fateli bollire in acqua salata fino a che non saranno cotti, quindi scolateli e conditeli con metà del burro e pepe. Dopodiché imburrate una pirofila e sistematevi i finocchi lessati, versateci sopra la besciamella. Spolverizzate di parmigiano grattugiato e pangrattato, mettendo il rimanente burro sulla superficie. Cuocete in forno già caldo a 200° per 15 minuti, mettendo la funzione grill negli ultimi 5, in modo che si formi la crosticina in superficie. Sfornate i finocchi gratinati e serviteli caldi.

4 finocchi 1 tazza di besciamella 50 g di burro

Sale Pepe

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SPAGYRICAIN CUCINA

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FENILALANINA

50 I prodotti del Dr. Giorgini sono disponibili nelle migliori erboristerie, farmacie e parafarmacie

PER SAPERNE DI PIÙ

La Fenilalanina è un aminoacido essenziale, protei-co e anabolizzante. È necessaria per la produzione di insulina, delle proteine fibrose (collagene, elastina) che si trovano nella pelle e nel connettivo e vari en-zimi.La Fenilalanina è precursore  di  alcuni  neurotra-smettitori (L-dopa, dopamina, noradrenalina, adre-nalina) che trasferiscono i messaggi, attraverso le cellule nervose, a tutto il corpo, detti catecolamine. Quando vengono rilasciate dalle cellule nervose vi è prontezza e risveglio mentale, un’inclinazione posi-tiva dell’umore, soprattutto, una risposta allo stress. Ci sono delle cause fisiche dello stress, ma anche rabbia, paura, frustrazione, eccitamento, sono tut-ti portatori di stress! Per reagire allo stress il corpo produce adrenalina, per mantenere la stabilità del-la struttura del corpo (omeostasi): le onde cerebrali cambiano e il sangue fluisce ai muscoli (è l’azione del sistema nervoso simpatico). Se questa risposta dura a lungo i nutrimenti necessari per la produzio-ne dell’adrenalina verranno meno (vitamina B6, C, Magnesio, Fosforo, Rame e SAMe). Lo stress allora causerà: la demolizione delle proteine dei muscoli per prendere gli aminoacidi che necessitano; il Sodio viene trattenuto ed eliminato il Potassio; la produzio-ne di proteine nel fegato rallenta; le funzioni renali e immunitarie danneggiate, causando affaticamento e malattie…

La Fenilalanina inibisce gli enzimi che demoliscono le endorfine e le encefaline, sostanze morfino-simili che prolungano e intensificano la risposta anti-do-lorifica del corpo, lasciando intatti i meccanismi di difesa. Chi soffre di dolori cronici ha bassi livelli di endorfine nel sangue e nel liquido cerebro-spinale (lombaggini, artrosi, artrite reumatoide, mal di schie-na, emicrania, nevralgie, dolori post-operatori ecc.).La Fenilalanina è un anti-dolorifico naturale. Essa è anche precursore dell’aminoacido tirosina che, a sua volta, è precursore della Tiroxina (l’ormone del-la tiroide) che aumenta il metabolismo e smuove i depositi di grasso (dimagrante). La Fenilalanina sti-mola l’intestino a produrre un ormone, la colecisto-chinina, che comunica al cervello l’appetito. Dunque Fenilalanina e Tirosina sono aminoacidi  benefici per chi vuol dimagrire. La Fenilalanina è controin-dicata nel caso di fenilchetonuria. Questa malattia è causata dalla mancanza dell’enzima che trasforma la Fenilalanina in Tirosina (fenilalanina idrossilasi) Questa malattia comporta, contemporaneamente, nel sangue un accumulo di Fenilalanina e una carenza di Tirosina (e quindi di catecolamine), le persone che soffrono di fenilchetonuria devono evitare la Fenila-lanina, ma dovrebbero integrare la loro alimentazio-ne con l’aminoacido Tirosina.

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