Ottaviano augusto imperatore di Roma

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L'ascesa al trono di Ottaviano Augusto, e Roma durante il periodo della rifondazione: letteratura, mecenatismo, guerre, espansionismo, ecc...Diego Deplano IV FLiceo scientifico G. BrotzuA.S. 2009/10

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Dopo un periodo di crisi (data da numerose guerre civili) a rivoluzionare la situazione fu Ottaviano. Egli fu il fondatore del principato, quindi, di quel regime imperiale che segnerà per Roma una seconda fase storica, dopo 5 secoli di res publica tradizionale. Alla morte di Cesare ci fu un nuovo triumvirato composto da Antonio, Ottaviano e Lepido; i primi due si impegnarono a sconfiggere i cesaricidi (Bruto e Cassio), mentre Marco Emilio Lepido rimase a governare Roma. Dì li a poco iniziarono gli scontri per il potere, fino a raggiungere una tregua nel 40 a.C. che assegnò ad Antonio l’Oriente, a Ottaviano l’Occidente (Lepido fu estromesso dal triumvirato). Antonio si legò a Cleopatra, andando a stabilirsi da lei in Alessandria, mentre l’attrito con Ottaviano andava in crescendo. Ottaviano, preparandosi allo scontro decisivo con Antonio, sconfisse dapprima Sesto Pompeo (ultimo baluardo dell’idea repubblicana) e migliorò le condizioni di vita di alcune città Italiche in Sicilia. Lo scontro finale avvenne nel 31 a.C. presso il promontorio di Azio, ed essendo stati duramente sconfitti, Antonio e Cleopatra preferirono togliersi la vita. Ottaviano = unico padrone di Roma. Ottaviano concentrò nelle sue mani tutti i poteri: • Inserì al senato uomini di sua fiducia, in modo da controllarlo; • Si fece attribuire un impero poconsolare decennale; • Si fece attribuire il titolo di princeps e augustus; • Si fece conferire la tribunicia potestas perpetua: il princeps acquisiva i diritti dei tribuni della plebe, ovvero: o Diritto di veto e d’intervenire in aiuto della plebe; o Diritto d’imporre ai cittadini l’obbedienza; o Diritto di proporre leggi e di convocare le assemblee.

• Ottenne il potere poconsolare a vita su tutte le province; • Ottenne il pontificato massimo. Ottaviano quindi rispettò la tradizione costituzionale della res publica solo apparentemente, in quanto tutti i poteri andarono a confluire nella sua persona, e ciò fece di lui una sorta di “principe”, o, per meglio dire, di imperatore. Lo stato venne così di fatto trasformato in una monarchia. Nacque così il principato coordinato alla res publica tradizionale.

Augusto (Ottaviano) riformò l’apparato dello stato, mantenendo un equilibrio tra vecchio e nuovo. Suddivise le province in:

• Senatorie: pacifiche e poste lontane dai confini; • Imperiali: recentemente conquistate, da lui controllate

attraverso delegati. Introdusse 4 nuove magistrature:

1. Prefetture del pretorio: unico corpo armato permanente stanziato in Italia.

2. Prefetture dei vigili. 3. Prefetture dell’Egitto. 4. Prefetture dell’annona.

Con l’istituzione di queste cariche e di uno stipendio fisso per tali funzionari, Augusto avviò la complessa macchina burocratica che garantì per diversi secoli il funzionamento dell’impero. Il potere del senato andò pian piano esautorandosi, dato il potere del principe. Istituì anche il corpo dei pretoriani (la loro guardia ufficiale), ovvero nove coorti agli ordini di due prefetti del pretorio. Augusto così si procurò i due essenziali strumenti di controllo: burocrazia ed esercito. Egli ampliò anche i confini dell’impero, fissandoli sul fiume Reno.

44-31 a.C. = Morte di Cesare – Battaglia ad Azio. Periodo caratterizzato dalla paura di un crollo dello stato, anni di forte destabilizzazione sociale. Desolazione e rovina colpirono Roma e le province. 31-12 a.C. = Battaglia ad Azio – Morte di Agrippa. Periodo dell’espansione augustea. Augusto operò numerose riforme, realizzò la pace sociale, insomma: ricostruì lo stato. 12-14 d.C. = Morte di Agrippa – Morte di Augusto. Dato che Augusto non aveva eredi diretti vide scatenarsi una sorda lotta per il potere. Vi furono alcune sconfitte militari, e Augusto adottò il figlio della sua ex moglie Tiberio, che alla sua morte lo succedette.

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La città aveva bisogno di pace sociale e di una garanzia d’ordine, pur mantenendo la tradizionale res pubblica, e Ottaviano riuscì a dare quest’illusione ai Romani. Egli infatti restaurò i mores antiqui e parallelamente risolse i problemi dello stato, solidificando la direzione del governo, accentrando i poteri e razionalizzando l’amministrazione. La crisi generale della società italica favorì la nascita del “partito di Ottaviano”, che prometteva:

• Recupero delle antiche consuetudini (ritenute causa della crisi morale e delle guerre civili). • Ritorno alla terra ed alla famiglia. • Il mito di Roma come faro e guida per tutto il mondo “pacificato” dal principe (pax augustea).

Egli inoltre, con l’intento di moralizzare Roma emanò delle leggi che resero l’adulterio un delitto pubblico, che rendevano obbligatorio il matrimonio e offrivano privilegi agli sposi. In ambito religioso egli cercò di ripristinare le credenze tradizionali, alterate dalla crescente diffusione di culti orientali, e recuperò antiche cerimonie ufficiali. Inoltre dopo le varie lotte civili, si creò uno stato d’animo di gratitudine verso il sovrano che aveva permesso tale pace, culto che Augusto cercò di mitigare, poiché non favorevole. L’azione di governo e gli ideali di Augusto sono perfettamente descritti dagli scrittori, poiché egli cerco sempre una coesione delle diverse componenti sociali attorno al suo programma di governo, e fondamentale era l’appoggio della cultura. Della seconda fase furono grandi scrittori Orazio, Virgilio, Properzio e Tibullo, i quali vissero appieno l’orrore delle guerre civili, ed il seguente periodo di pace e tranquillità dato da Augusto. Cantarono quindi la liberazione dall’angoscia, senza però dimenticarla. Augusto amava proporsi a tutti gli intellettuali ed artisti del tempo, sia come colui che richiedeva le opere sia come giudicante. Era anche pretenzioso, voleva il massimo dall’esecuzione, e che quando si parlasse di lui, lo si facesse con elevatezza stilistica. Egli inoltre promosse l’arrivo di maestri di origine greca a Roma, al fine di migliorare l’istruzione dei ragazzi. Fece costruire 2 biblioteche pubbliche, a cui avevano accesso solo pochi dotti e letterati. Inoltre vi era anche un servizio di “selezione” e di “censura”, quindi non tutti i libri avevano “l’onore” di far parte di tali biblioteche. L’illusione, l’utopia della rifondazione riguardò anche l’aspetto, furono quindi indetti lavori per fare del centro dell’impero una vera e propria metropoli, che suscitasse invidia agli stranieri e orgoglio ai cittadini. Ci fu la partecipazione dei migliori architetti (Vitruvio) e scultori. La città venne completamente ristrutturata sul piano urbanistico: diversi quartieri furono ricostruiti, le zone periferiche inglobate e divise in 14 regioni, suddivise ancora in quartieri; in modo da controllare la sempre più crescente popolazione. Furono restaurati i 4 acquedotti e ne fu creato un 5°. Si creò un corpo di vigiles, con funzioni di polizia urbana e di vigili del fuoco. Ma l’azione più imponente fu quella della restaurazione di numerosi antichi monumenti, e dell’erezione di nuovi, come il foro di Augusto, il Mausoleo, l’Ara pacis, il Pantheon, il teatro di Marcello, un arco trionfale (per la vittoria ad Azio) ed il tempio del Divo Giulio.

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Il termine “Mecenatismo” deriva da Mecenate, intelligente amico di Augusto. Tale fenomeno era simile a quello del patronato, esercitato sia a Roma, che, precedentemente, dai sovrani ellenistici. Augusto lasciò a Mecenate (ministro della cultura) il compito di proteggere gli artisti, ma entrando in un rapporto umano con loro, spingendoli a produrre opere, promuovendo alcune idee ecc… Egli così ebbe raccolse attorno a sé una cerchia intellettuale di altissimo livello, tra cui Properzio, Virgilio e Orazio. Pochi scrittori furono ammessi, per questo Ovidio non fu accolto, e Cornelio se ne distaccò dopo esservi entrato. Mecenate trovava sempre un equilibrio tra spinta individuale dello scrittore e le esigenze dell’ideologia ufficiale del regime. In linea con la restaurazione culturale e morale di Augusto, promosse una letteratura di forte impegno ideale, una letteratura “nazionale”, attenta al mito e al destino di Roma. Non vi era nessuna forma di coercizione, infatti, ad esempio, nessuno dei poeti scrisse mai di un argomento molto richiesto, le vittoriose campagne militari del princeps. Inoltre vi era abbastanza libertà dato il fatto che sia Mecenate che altri scrittori del circolo erano epicureisti, e non stoicisti come Augusto. Vi fu quindi una “cooperazione politico-culturale in cui i poeti hanno spesso un ruolo attivo ed individuale”. Virgilio ed Orazio vissero il terrore di perdere tutto durante le guerre civili tra Ottaviano ed Antonio, e ciò che desideravano era la fine di tutti questi lutti civili e la pace e la sicurezza dello stato, grazie ad una rifondazione di questo all’ombra della tradizione, per questo si ritrovarono a cantare l’ideologia augustea e la missione di civiltà dell’Urbe. Ma la memoria di tali disgrazie, colmate e placate da Augusto, tuttavia non saranno mai cancellate, ma anzi, incideranno parecchio nei loro testi. Dai testi di Orazio possiamo ricavare un senso d’angoscia e d’impotenza di fronte a quello sfacelo, tanto da immaginare una fuga in delle “Isole Beate”. Anche nei testi virgiliani ritroviamo la descrizione di quei momenti terribili, fino poi a giungere all’Eneide, dopo il poeta si farà poeta-profeta di un mondo nuovo e migliore; utopia. Ma nella stessa storia dell’Eneide, ci sono ancora tracce della crisi, rilevati ad esempio dai continui turbamenti a cui è soggetto il protagonista Enea, il quale vuole arrivare alla pace attraverso la guerra.

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39-19 a.C. = La più grande concentrazione di capolavori, di Virgilio, Orazio, Cornelio, Properzio, Tibullo e altri. Questa ricca produzione è data dalla coscienza di poter essere alla pari con la letteratura greca, e con la volontà quindi di riproporne i prototipi però in latino. Ci si rifà alla Grecia “classica”. I poeti romani non copiano, anzi dichiarano le loro fonti volendo rendere più interessante la “gara”. Ad esempio Virgilio attraverso l’Eneide vuol diventare l’Omero romano. Trascendendo la pura letteratura e la competizione con i classici greci, i poeti augustei sono attenti al mondo circostante ed ai temi d’attualità; questioni civili, problemi della campagna italica, analisi della società contemporanea, il mito di Roma ecc… Ad esempio Virgilio, nelle Bucoliche, tratta il tema delle guerre civili e alla conseguente speranza di un modo rigenerato, ma il tutto con un tono medio, in cui i contrasti si stemperano. Oltre a questo tipo di poesia vi era anche quella “privata”, ovvero della dimensione interiore. La poesia augustea quindi cercava un equilibrio generale; realismo senza cronachismo, eleganza senza sperimentalismi formali ecc… Tale equilibrio consistenza nel:

• Mescolare all’utile il dolce • Dilettare e insieme istruire; • Valorizzare il talento individuale, e sottoporlo all’esame dell’ars. • Riprodurre il vero e il verosimile. • Rifuggire dal fantastico e dell’irrazionale con logica, unità e semplicità. • Evitare ogni eccesso e seguire il giusto prezzo.

Tutti questi fattori diedero un valore universale e classico ai grandi poeti di quest’epoca come Orazio e Virgilio.