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2/03 Oer_b

Oer_b 2/03

Oer_brivista periodicaosservatorioepidemiologicoregione basilicatadicembre 2003

DirettoreGiuseppe Montagano

CodirettoreGabriella Cauzillo

Direttore ResponsabileMaurizio Vinci

Direttore ScientificoRocco Mazzarone

Segretario ScientificoRocco Galasso

Responsabile editorialeCarlo AnnonaMassimiliano Gallo

Comitato ScientificoSalvatore BarbutiGiorgio CasatiRiccardo CapocacciaNicola D’AndreaVito GaudianoDonato GrecoVito LeporeIgnazio OlivieriFerdinando RomanoGennaro StraziusoGianni TognoniGiancarlo VaniniFelice Vitullo

Comitato di RedazioneAngela P. BellettieriEnzo CarusoFrancesco CasinoMichele De LisaEgidio GiordanoEspedito MoliterniDonato MuscilloDonato PafundiRocco G. PanaraceTeresa RussoGerardina Sorrentino

Osservatorio EpidemiologicoE-mail: [email protected]

Segr. ScientificaE-mail: [email protected]

DirettoreE-mail: [email protected]

CodirettoreE-mail: [email protected]

Progetto grafico impaginazione e stampaDitta Grafiche Paternoster snc - Matera

In copertina: Filippo Calcagno (1908-1951)All’interno: disegni di Man RayRicerca grafica e iconografica: Dott.ssa Dina Sorrentino

Norme per gli autori

La rivista Oer_b pubblica editoriali, contributi scientifici originali, contributi brevi su problematiche locali, commenti sulla letteratura internazionale, oltre a Rubriche, Notizie, Letture e Lettere alla Redazione. É ammessa la lingua inglese solo per articoli originali e lettere. Vengono pubblicati contributi originali inviati a questa rivista. Gli articoli originali sono sottoposti al giudizio del Comitato Scientifico: la decisione definitiva è affidata al Comitato di Redazione. Gli Editoriali e gli Interventi vengono invece discussi ed approvati nel Consiglio di Direzione.

Dattiloscrittidevono essere redatti in doppia interlineatura, su una sola facciata di foglio. Gli Autori sono invitati a rimanere nell’ampiezza delle venti cartelle (5000 parole) per gli articoli originali e delle dieci cartelle (2000 parole) per gli editoriali, i contributi brevi su problemi locali e gli interventi (figure, tabelle e bibliografia compresi). Il testo dei contributi scientifici originali deve essere distribuito nel modo seguente: titolo, riassunto, introduzione, materiali e metodi, risultati, discussione e conclusioni, eventuali ringraziamenti, bibliografia. La prima pagina dovrà contenere: titolo, cognomi e nomi degli autori, seguiti dall’indicazione della loro istituzione di appartenenza. Dovrà inoltre essere indicato il nome e l’indirizzo dell’autore al quale si desidera siano inviate la corrispondenza e le bozze da correggere. Per tutti gli articoli e le rassegne è richiesto un riassunto non superiore alle 250 parole nella lingua originale. Inoltre, per articoli sottoposti in lingua inglese, è richiesto un esteso riassunto in italiano, non superiore a 4 cartelle dattiloscritte in doppia interlineatura. Per ridurre i tempi di pubblicazione, si raccomanda agli autori di inviare anche una copia del lavoro su supporto magnetico (floppy disk da 3.5), contenente il testo completo del lavoro, scritto preferibilmente utilizzando Microsoft Word.

Figure e tabelle dovranno essere allegati al testo su fogli separati, ed essere numerati nell’ordine della citazione, con numeri arabi. Per ciascuno di essi dovrà essere indicata una didascalia breve ed autoesplicativa. Le figure dovranno essere inviate in originale, in forma adatta ad una riproduzione diretta.

Bibliografiadeve essere riportata su fogli a parte e numerata in ordine di citazione nel testo e deve essere citata nel testo mediante la stessa numerazione, racchiusa tra parentesi. Per la compilazione delle singole voci, seguire le norme adottate dalla U.S. National Library of Medicine. Ogni citazione di articoli, deve includere: i cognomi di tutti gli autori (se non sono più di sei) seguiti dalle iniziali dei nomi e se gli autori sono più di sei, citare soltanto i primi tre e aggiungere et al.; il titolo del lavoro; il titolo del periodico abbreviato come indicato in Index Medicus 1982; l’anno, volume, le pagine iniziale e finale. Ogni citazione di libro o capitolo o articolo in libro deve includere: il nome (o i nomi) dell’autore/autori, il titolo del lavoro, i nomi degli editors, il titolo del libro, il luogo di edizione, la casa editrice, la data di edizione, il numero del volume, le pagine iniziale e finale del capitolo o articolo.

Esempi_rivista: Smith LA, McAdams HS. A cancer study. Eur J Cancer 1974; 2:125-132._libro: Deignen J. Cytogenetics Studies in Rats. New York, Academic Press, 1969._articolo e capitolo in un libro: Gorbo P. Methods of protein measurements. In: Williams YT, Sodeman WA Jr, eds, Methods of Measurements. New York, McGraw-Hill, 1969. VoI. 3, 220-236.

Glossarioogni contributo dovrà contenere un glossario esplicativo dei termini tecnici e delle formule o degli indicatori utilizzati considerato il tipo di diffusione della rivista.

I lavori vanno inviati, in triplice copia, presso: Oer_b, c/o Dipartimento di Sicurezza e Solidarietà Sociale Regione Basilicata, Ufficio Pianificazione Sanitaria, Via Anzio, 75, 85100 Potenza (telefono 0971- 448823 - fax 0971 448900). É preferibile l’invio mediante file Microsoft Word ai seguenti indirizzi:e-mail: [email protected] - [email protected].

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte dei testi forniti può essere riprodotta in alcun modo se non autorizzata.

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La Sanità e la gestione per progetti (il Project Management)

Massimo Martinati1, Gerardina Sorrentino2

1. Docente e consulente di Project Management2. Servizio Osservatorio Epidemiologico Regione Basilicata

La disciplina del Project Management, nata per la gestione di progetti complessi ed articolati, è perfettamente applicabile alla gestione dei servizi sanitari, così come finalizzati dai D.L. 502/92 e D.L. 517/93, per l’ efficienza della struttura sanitaria e una migliore qualità dei processi e dei risultati.Per raffronto l’epidemiologia, nel corso della sua evoluzione disciplinare, è finalizzata alla valutazione degli interventi sanitari ottimizzati per parametri di efficacia e corretto utilizzo delle risorse umane e finanziarie.Permane un aspetto di difficile approccio alle due discipline, anche a causa del loro portato “nuovo”, e tuttavia è necessario affrontare e risolvere per la comprensione esatta delle esigenze con la messa in atto di processi decisionali complessi individuando, nel lavoro istituzionale e nelle pratiche sanitarie, le associazioni tra fattori di rischio e malattie e le priorità nel campo della ricerca. Occorre in definitiva, anche in campo epidemiologico produrre Progetti, definibili come procedimento che ha tempo di esecuzione limitato, che ha un inizio e una fine, che ha per scopo la produzione di risultati (un prodotto, un servizio), che ha bisogno di organizzazione, di regole e di responsabilità.Con più precisa articolazione possiamo individuare la corretta applicazione della disciplina del Project Management alla pianificazione sanitaria a livello locale e nazionale, i requisiti e le condizioni discriminanti di un buon progetto:

◆ Un’organizzazione pronta e ricettiva alle esigenze di gestione dei progetti;

◆ Un linguaggio comune;◆ Una leadership di progetto che fluidifichi i processi

in un’ottica integrata e correlata;◆ Un team di progetto composto da persone preparate

(medici, tecnici, …) in grado di affrontare e gestire tutto il lavoro previsto;

◆ Una definizione iniziale di obiettivi tangibili e misurabili per verificare l’effettivo successo del progetto;

◆ Un sistema informatico che possa gestire in modo centralizzato l’insieme dei dati del progetto;

◆ Un livello di comunicazione che permetta il flusso dell’informazione di progetto attraverso tutti gli attori del progetto (compresa la cittadinanza o il gruppo di persone interessate al problema);

◆ Una flessibilità e dinamicità che permettano il raggiungimento degli obiettivi anche contro ostacoli ‘insormontabili’;

◆ Una capacità aggregativa e di negoziazione da parte di tutte le persone coinvolte nel team di progetto.

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È anche necessario avere consapevolezza delle cause pregresse dei fallimenti degli obiettivi, non infrequenti:

• Obiettivi non chiaramente definiti, non misurabili o irrealistici;

• Interventi inefficaci o semplicistici;• Risorse inadeguate;• Mancanza di un sistema informativo per la gestione e

il controllo;• Sequenza e gerarchia delle attività non disegnate in

modo adeguato;• Mancata assegnazione di compiti e responsabilità;• Progetti non adeguatamente condivisi;• Mancanza di un comitato promotore;• Team di progetto in cui mancano competenze

necessarie;• Mancata individuazione o cattiva scelta della

responsabilità del progetto.

Tali limiti sono anche gli stessi riscontrabili nella progettazione di un’opera di ingegneria o di un piano finanziario. Da questa considerazione nasce il convincimento che gli standards e le procedure di un buon Project Management possano correggere e dare efficacia alla pianificazione sanitaria, e nello specifico, alle attività di indagine epidemiologica.

Esiste uno standard della disciplina di Project Management: è il PMBOK® - Project Management Body of Knowledge anche detto PMBOK®, edito dal PMI®, il Project Management Institute statunitense, che, raccogliendo esperienze maturate a livello internazionale nei campi progettuali più disparati, descrive la metodologia usando un approccio per processi.Vengono individuati 39 processi, distribuiti in 9 aree di conoscenza (Knowledge Areas) e 5 Fasi (Process Groups).Le aree di conoscenza rappresentano le tematiche da affrontare nel progetto e sono:Integrazione, Contenuto, Tempi, Costi, Risorse Umane, Qualità, Comunicazione, Rischi, Approvvigionamenti.Le fasi sono: Concezione, Pianificazione, Esecuzione, Controllo e Chiusura.Per criteri più generali e –si ribadisce il concetto– applicabili perfettamente al nostro settore specifico di servizio sanitario, la formazione è l’arma migliore per un efficace avvio al Project Management: un corso

introduttivo all’approccio metodologico, seguito da un’esercitazione pratica.L’esercitazione si realizza intorno ad un tavolo dove si simulano ruoli e situazioni. Il docente affronta la formazione usando il metodo del Brainstorming: massima apertura al pensiero libero di tutti. Il risultato è l’individuazione di obiettivi, vincoli, difficoltà del progetto oggetto dell’esercitazione, proseguendo con discussione, comunicazione, scambio di idee e processi decisionali simulati.A scenario definito, interviene lo strumento informatico, che deve essere semplice ed efficace. Il docente simula un piccolo progetto usando il software, semplificando al massimo l’approccio informatico per i discenti.Si procede enfatizzando l’importanza del reticolo di progetto, sottolineando il Gantt (sintesi cronologica delle fasi attuative) come risultato della pianificazione dei tempi del progetto; e poi un’enfasi particolare sui concetti di criticità di progetto, sull’utilizzo e sull’ottimizzazione delle risorse e sull’importanza strategica di poter stabilire in anticipo un budget temporizzato di progetto; risultati, simulazioni, identificazione di strade alternative, fino alla definizione della baseline di progetto. Si badi che nel corso gli argomenti da trattare non sono soltanto tecnici ma anche relazionali e organizzativi:

◆ sulla comunicazione ('non tanto uno stile ma una gestione dell’informazione completa ed efficace’);

◆ sulla negoziazione (‘il lavoro è una continua ricerca di un accordo tra le parti con l’obiettivo di una reciproca soddisfazione’);

◆ sul sapere come costruire e come mantenere un team, (‘si deve imparare ad essere leader più che capo, a convincere ed ad ottenere il consenso più che sul comandare’);

◆ sulla figura del Project Management visto come agevolatore e coordinatore, (‘il Project Manager deve saper operare come risolutore di conflitti e problemi più che come tecnico e massimo esperto dell’argomento trattato’).

EDITORIALE

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Oer_b 2/034 CONTRIBUTI ORIGINALI 5

I pazienti diabetici con nefropatia:epidemiologia integrata fra nefrologia e diabetologia (Progetto ECA-ND)

Felice Vitullo1, Angelo Venezia2, Francesco G. Casino3, Vito Gaudiano4, Rosa Sinisi5, Vito D. Di Candia1, Mario Procida6, Rocco Bruno5, Pasquale Bellitti5, Roberto Morea2, Felice Ianuzziello7, Franco Cervellino8, Enzo Caruso9, Antonio Bombini10, Giuseppe Gaudiano11, Marco Pampaloni12, Vincenzo Bellizzi13, Palma Carretta7, Vittorio Ricchiuti7, Luigi Oriente4

1. Laboratorio di Epidemiologia e Politiche Sanitarie, Consorzio Mario Negri Sud, S. Maria Imbaro

2. Servizio di Diabetologia - Ospedale di Matera3. Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi - Ospedale di Matera4. Centro Regionale Riferimento Trapianti - Ospedale di Matera5. Servizio di Endocrinologia e Malattie Metaboliche - Ospedale

di Tinchi - Pisticci6. Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi - Azienda Ospedaliera

San Carlo di Potenza7. Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi - Ospedale di Tinchi -

Pisticci8. Servizio di Diabetologia - Ospedale di Venosa9. Unità Operativa di Endocrinologia e Diabetologia - Ospedale di

Maratea10. Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi - Ospedale di Villa

d’Agri11. Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi - Ospedale di

Chiaromonte 12. Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi - Ospedale di Lauria13. Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi - Ospedale di Venosa

* Gruppo di Studio Progetto ECA-ND “Epidemiologia clinico-assistenziale delle Nefropatie Croniche e del Diabete in Basilicata”

Pasquale Bellitti, Vincenzo Bellizzi, Antonio Bombini, Rocco Bruno, Palma Carretta, Enzo Caruso, Francesco G. Casino, Franco Cervellino, Giuseppe Citro, Giuseppe Gaudiano, Vito Gaudiano, Enrico Giliberti, Felice Ianuzziello, Antonietta M. Lauria, Antonio Maioli, Roberto Morea, Luigi Oriente, Marco Pampaloni, Ornella Pergamo, Edoardo Perone, Mario Procida, Vittorio Ricchiuti, Vito Valente, Angelo Venezia.

Il progetto ECA-ND - “Epidemiologia clinico-assistenziale delle Nefropatie Croniche e del Diabete in Basilicata” - è stato finanziato nell’ambito del programma speciale per la ricerca sanitaria - regione Basilicata (ex art.12 D.lgs. 502/92) - Coordinatore Scientifico: dott. Vito Gaudiano - Responsabile Regionale: dott. Giuseppe Montagano - Dirigente Oer_b: dott.ssa Gabriella Cauzillo.Si ringrazia la dott.ssa Antonella Di Matteo per la valida collaborazione.

Corrispondenza: Dr. Felice Vitullo Laboratorio di Epidemiologia e Politiche Sanitarie Consorzio Mario Negri Sud V. Nazionale, 66030 - Santa Maria Imbaro (CH) Tel: 0872570253 - Fax: 0872578240 E-mail: [email protected]

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Oer_b 2/034 CONTRIBUTI ORIGINALI 5

Riassunto

Quest’analisi collaborativa fra Osservatorio Epidemiologico della Basilicata, Diabetologi e Nefrologi fornisce un profilo epidemiologico della nefropatia diabetica utilizzando dati specialistici. Su 3.323 pazienti con diabete di tipo 2 del Servizio Diabetologico di Matera (2001), le complicanze renali registrate in cartella sono: microalbuminuria (2,2%), proteinuria (0,6%), insufficienza renale cronica (IRC) (2,0%): i nefropatici registrano più complicanze cardiovascolari dei non nefropatici (55% vs 26%). Fra i diabetici di nuova diagnosi 2001, nelle ASL 4-1 (1,5‰), le complicanze renali sono 3,2-4,2%. Su 671 nefropatici registrati nei 7 ambulatori nefrologici regionali nel 2001, rispetto a 470 senza diabete, 98 pazienti (15%) con nefropatia diabetica e 103 (15%) con diabete registrano maggiori complicanze cardiovascolari e ipertensione (40%-51% vs 28%, 72%-82% vs 57%, p<0,01). Fra 117 pazienti di nuova osservazione con IRC avanzata i diabetici sono il 31% (25% sui restanti). Su 594 pazienti del registro dialisi 1994-1998 i casi con nefropatia diabetica sono 84 (14%) (17% nei pazienti con inizio dialisi>1994, 8%<1994). Su 390 casi con follow-up 1996-98, il rischio relativo di mortalità dei diabetici - aggiustato per sesso, età e comorbidità - è 2,8 (1,6-4,8).Considerando il rapporto 1:10 fra nefropatie croniche e diabete, in nefrologia è stato possibile registrare una casistica regionale, fra cui gli outcome renali del diabete e gli eventi ‘sentinella’ (44 diabetici giunti all’osservazione nefrologica con IRC avanzata). La frequenza di IRC nelle cartelle diabetologiche è coerente con la letteratura, microalbuminuria e proteinuria sono sottostimate. Il miglioramento dei database diabetologici può ottimizzare monitoraggio e gestione collaborativa.

Parole chiave: Nefropatia diabetica, epidemiologia regionale/locale, registri dialisi e trapianto, assistenza integrata.

Epidemiology of diabetic nephropathy in specialist healthcare settings

This collaborative analysis (Epidemiological Observatory of Basilicata, Diabetologists, Nephrologists) provides local estimates of diabetic nephropathy using specialist healthcare data. Out of 3,323 outpatients with type 2 diabetes of Matera diabetes clinic (2001), renal complications recorded on clinical charts are: microalbuminuria (2.2%), proteinuria (0.6%), chronic renal failure (CRF) (2.0%): patients with nephropathy have more cardiovascular complications compared to other diabetics (55% vs 26%). Among patients with new diagnosis of diabetes in Healthcare Units 4-1 (2001) (1.5‰), renal complications are 3.2-4.2%. Out of 671 patients of 7 nephrology clinics in 2001, compared to 470 patients without diabetes, 98 (15%) with diabetic nephropathy and 103 (15%) with diabetes have more cardiovascular complications and hypertension (40%-51% vs 28%, 72%-82% vs 57%, p<0.01). Among 117 new observed patients with advanced CRF, diabetics are 31% (25% in the others). Out of 594 patients in the dialysis registry 1994-1998, cases with diabetic nephropathy are 84 (14%) (17% in patients starting dialysis >1994, 8% <1994). Out of 390 cases with follow-up 1996-98, relative risk of death for diabetes – adjusted for sex, age, and comorbidity - is 2.8 (1.6-4.8). Due to a 1:10 ratio between chronic nephropathies and diabetes, the recruitment in nephrology has been conducted on a regional scale, giving

the opportunity to record renal outcomes of diabetes and ‘sentinel’ events (44 diabetics referred with advanced CRF). Estimates of CRF from diabetes clinics charts are consistent with literature, microalbuminuria and proteinuria are underestimated. Improving monitoring systems in diabetes clinics gives better opportunities for evaluating and integrating care.

Keywords: Diabetic nephropathy, regional epidemiology, dialysis and transplantation registries, integrated care.

Introduzione

I pazienti diabetici in dialisi registrano maggiore morbi - mortalità, ospedalizzazioni più frequenti e costi più elevati rispetto ai dializzati non diabetici (1-4). Mentre i dati dei Registri Dialisi e Trapianto (RDT) evidenziano un progressivo aumento di incidenza dei pazienti diabetici, sono scarsi i dati regionali sulle fasi incipiente/clinica della nefropatia diabetica e sull’insufficienza renale cronica pre-dialitica (IRC), importanti per ottimizzare prevenzione e gestione clinica delle complicanze renali sulla base di evidenze scientifiche e risorse disponibili (5-6).A partire da precedenti analisi sui dati ospedalieri della Basilicata (7), obiettivi di questo lavoro sono: fornire stime territoriali dei diabetici nefropatici utilizzando dati ambulatoriali specialistici, valutare gli outcome renali del diabete attraverso il RDT Lucano. L’opportunità dell’analisi è fornita da un progetto collaborativo fra Osservatorio Epidemiologico della Basilicata, Diabetologi e Nefrologi, finalizzato ad ottimizzare l’uso dei dati correnti come base per il miglioramento della gestione clinico-assistenziale integrata.

Materiali e metodi

Dati ambulatoriali di Diabetologia – Durante il 2001 presso i Servizi di 4 ASL lucane (su 5) sono stati consecutivamente registrati i pazienti diabetici di nuova osservazione. I dati delle cartelle cliniche sono stati completati con poche informazioni aggiuntive sulle comorbidità. Come progetto pilota, nel centro di Matera, è stato implementato un database informatico per tutti i pazienti in carico, con un set minimo di dati ottenuti dalle cartelle, tra cui le diagnosi cliniche di complicanza.Dati ambulatoriali di Nefrologia – Nello stesso periodo e con la stessa metodologia, presso tutti i 7 centri nefrologici sono stati registrati pazienti con nefropatie croniche (NC). I pazienti sono stati classificati in stadi di IRC calcolando il filtrato glomerulare (GFR) dalla creatinina (Cr) (MDRD Study equation) (appendice) (8): stadio 1 (S1) (GFR normale / > =90 ml/min/1,73m2), S2/lieve (GFR: 60-89), S3/moderato (GFR: 30-59), S4/severo (GFR: 15-29), S5/avanzato (GFR <15).Registro Dialisi (RDT) – I dati RDT sono stati integrati con informazioni pre-dialitiche e di comorbidità per i nuovi ingressi in dialisi del 2001 (4 centri). L’archivio RDT 1994-98 (7 centri) è stato utilizzato per analizzare il profilo di base regionale dei pazienti diabetici con uremia terminale.

Risultati

Dati ambulatoriali di Diabetologia – Nel database di Matera sono registrati 3.323 pazienti con diabete di tipo 2 (tipo 1: 164). In tab.1 sono riportati 3.318 pazienti con età registrata (media: 64 anni, durata media di malattia: 10 anni, presa in carico entro l’anno di diagnosi: 75%). L’emoglobina glicata

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Oer_b 2/036 CONTRIBUTI ORIGINALI 7

(HbA1c) media è 8,7% (dato su 360 casi). Su 3.323 pazienti, le complicanze renali registrate sono: microalbuminuria (2,2%), proteinuria (0,6%), IRC (Cr>1,5 mg/dl) (2,0%) (tab.2), relative a 137 pazienti (4.1%). In 122 casi problematici (HbA1c:10,5%) la microalbuminuria è 16%. Nei pazienti nefropatici la frequenza di complicanze cardiovascolari è più alta dei non nefropatici (55% vs 26%, ipertensione 72% vs 57%, p<0.01).La registrazione dei pazienti di nuova osservazione in condizioni di routine è risultata adeguata per le ASL 4 (Matera), 1 (Venosa) e 5 (Tinchi - Pisticci, MT, al suo primo anno di attività) (tab.3). Nei centri ASL 4 e 1 il 52% dei nuovi osservati è di recente diagnosi (n.: 190 e 142, 70% dalla medicina generale) (tab.4). La frequenza dei neodiagnosticati è 1,5‰. L’età media è 60 anni. Nelle due ASL i pazienti neodiagnosticati con complicanze renali sono 6 (3,2-4,2%), di cui 3 con IRC.Dati ambulatoriali di Nefrologia – Su 328 pazienti con NC di nuova osservazione, 52 (16%) hanno il diabete registrato come causa di nefropatia, 50 (15%) come comorbidità. Su 316 pazienti con Cr registrata (media:2,3 mg/dl, GFR medio: 40,9 ml/min/1,73m2) (maschi: 60%, età media: 67 anni), i diabetici sono 87 (Cr media:2,5 mg/dl, GFR medio: 36,3 ml/min/1,73m2) (maschi: 57%, età media: 69 anni). Su 117 pazienti giunti tardivamente all’osservazione nefrologica (IRC severa/avanzata S4+S5: GFR<30 ml/min), i diabetici sono 37 (31,6%), sui restanti 199 sono 50 (25,1%) (differenza non significativa). Su 343 pazienti con NC mediamente in carico da 4 anni nei centri, i pazienti con nefropatia diabetica sono 46 (13%), quelli con diabete sono 52 (15%). Nella popolazione totale di 671 nefropatici, rispetto ai 470 con NC senza diabete, i 98 pazienti con nefropatia diabetica e i 103 con diabete in altra NC registrano maggiori complicanze/comorbidità cardiovascolari ed ipertensione (40%-51% vs 28%, 72%-82% vs 57%, p<0,01).Nuovi ingressi in dialisi nel 2001 – Su 53 pazienti, 26 (49%) sono stati visti dal nefrologo solo entro 6 mesi. Rispetto ai pazienti inviati precocemente, gli osservati tardivamente sono più frequentemente donne (58% vs 26%), anziani (media: 71 anni vs 62) e con comorbidità vascolari (50% vs 17%) (p<0,01), mentre la differenza per diabete non è significativa (26% vs 9%, p=0,10).RDT 1994-1998 – L’incidenza annua di pazienti in dialisi è 60-70 (115 per milione), 10-12 con diabete. Su 594 dializzati nel periodo di 5 anni, i pazienti con nefropatia diabetica sono 84 (14%): nei pazienti con inizio dialisi >1994 la frequenza è 17%, nel gruppo con inizio<1994 è 8%. I diabetici sono più anziani degli altri nefropatici (>=65 anni: 55% vs 39%). Su 190 deceduti, 37 sono diabetici (mortalità 37/84: 44% vs 36% nei non diabetici). Su 390 casi con comorbidità disponibile e follow-up 1996-98, il rischio di mortalità dei diabetici - aggiustato per sesso, età e comorbidità - è tre volte più alto dei non diabetici (Hazard ratio di Cox: 2,8, IC95%:1,6-4,8).

Discussione

Su 610.000 lucani, la prevalenza di diabete da stime Istat è 20-40.000, quella di NC/IRC 2-4.000, di cui 400 in dialisi. Questi rapporti 1:10 di frequenza sono coerenti con l’epidemiologia assistenziale: in nefrologia è stato possibile registrare il 75% dei nefropatici ambulatoriali mentre in diabetologia, considerata l’alta frequenza, solo i nuovi casi di diabete in tre territori (oltre al database materano che registra circa 3.500 diabetici su 3-6000 attesi in 120.000 abitanti). Pertanto la nefrologia può essere considerata un “osservatorio privilegiato” degli outcome renali del diabete: 84 pazienti in dialisi in 5 anni e 201 con NC in un anno (98 con nefropatia diabetica), pari al 14% dei nefropatici (30% con diabete anche come comorbidità). Oltre a confermare i dati noti di prognosi sfavorevole dei diabetici rispetto agli altri dializzati (1-4), il RDT fornisce i numeri utili/anno per pianificare e gestire l’assistenza: 50 diabetici dializzati prevalenti ed oltre 10 nuovi ingressi. A riguardo sembra che in questa regione il diabete non è predittivo di ritardo di osservazione nefrologica, in quanto la frequenza di diabete è simile/non significativamente diversa fra nuovi osservati con IRC severa/avanzata e pazienti con IRC lieve/moderata (9). In ogni caso, i 44 diabetici che giungono all’osservazione nefrologica con IRC avanzata (di cui 7 con necessità di dialisi) costituiscono un sottogruppo a rischio molto elevato di morbi-mortalità; pertanto, il monitoraggio degli interventi preventivi sulle complicanze renali può essere condotto utilizzando i suddetti indicatori ‘sentinella’ facilmente calcolabili con dati RDT e ambulatoriali nefrologici. Il sistema di monitoraggio è invece ai suoi inizi per la diabetologia. Mentre i dati di frequenza del diabete nei territori indagati sono coerenti con la letteratura (10-14), la registrazione delle complicanze in cartella non è ottimale. La frequenza di IRC (Cr>1,5 mg/dl: 2%) è coerente con i pochi dati regionali disponibili (Veneto, Liguria, Umbria: 0,5%-4,0%) (15-17) rispetto a studi circoscritti (Torino, Cr>=1,5 mg/dl: 8%) (18), ma le stime di microalbuminuria e proteinuria sono inferiori alle attese (12%-25%) (15-18). Rispetto all’epidemiologia tradizionale, questi dati rappresentano piuttosto un’esperienza per implementare nella routine assistenziale sistemi informativi semplici, ma direttamente orientati alla valutazione dei contesti clinico-assistenziali alla base delle frequenze osservate. In questo senso sarebbe utile approfondire il sistema materano - orientato ad un modello assistenziale territoriale integrato - sviluppando la già ampia copertura della popolazione diabetica:1. informazioni minime sui nuovi casi possono essere

raccolte di routine in database orientati alla prevenzione primaria (indagini retrospettive) e secondaria (follow-up delle complicanze);

2. il database può essere collegato a dimissioni ospedaliere, archivi di medici di medicina generale e di altre specialità (nefrologia, cardiologia), prescrizioni farmaceutiche;

3. studi ad hoc sulle linee guida per la gestione integrata della nefropatia diabetica possono essere condotti utilizzando il sistema informativo di routine.

Appendice

MDRD Study simplified equation per il calcolo del filtrato glomerulare (GFR) a partire dalla creatinina sierica (Cr):186 X (Cr in mg/dl) (-1,154) X (età) (-0,203) X 0,742 (se donne).

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Oer_b 2/036 CONTRIBUTI ORIGINALI 7

Bibliografia

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Oer_b 2/038 CONTRIBUTI ORIGINALI 9

Tabella 1 - Distribuzione per sesso ed età dei pazienti con diabete di tipo 2 registrati nel database ambulatoriale di Matera (2001).

Maschi % Femmine % Totale %

<45 85 5,3 55 3,2 140 4,2

45–64 738 46,2 752 43,7 1.490 44,9

>=65 773 48,5 915 53,1 1.688 50,9

Totale 1.596 1.722 3.318

(5 missing per età su 3.323 pazienti)

Tabella 2 - Frequenza delle complicanze registrate in 3.323 pazienti con diabete di tipo 2 del database ambulatoriale di Matera.

N. % su 3.323Retinopatia 314 9,4Neuropatia 126 3,8Vasculopatia 105 3,2Microalbuminuria 74 2,2Proteinuria 21 0,6Insufficienza renale 65 2,0

Infarto miocardico 58 1,7Ictus 15 0,5Scompenso 13 0,4

Tabella 3 - Distribuzione dei pazienti diabetici di tipo 2 di prima osservazione ambulatoriale in 4 ASL della Basilicata (2001).

Asl 4 Asl 1 Asl 3 Asl 5 N. % N. % N. % N. %

368 278 61 50SessoMaschi 200 54,3 140 50,4 33 54,1 14 28,0Femmine 168 45,6 138 49,6 28 45,9 36 72,0

Età<45 anni 33 9,0 20 7,2 1 1,6 5 10,045-64 198 53,8 142 51,1 30 49,2 21 42,0>=65 137 37,2 116 41,7 30 49,2 24 48,0

Livello di scolarità Lic. media, diploma o laurea 68 39,8 77 31,4 17 31,5 13 28,8Nessun titolo o elementare 103 60,2 168 68,6 37 68,5 32 71,2

Durata del diabete< 1 anno 190 52,0 142 52,2 16 26,7 13 26,51-4 anni 105 28,8 59 21,7 14 23,3 16 32,6>=5 70 19,2 71 26,1 30 50,0 20 40,9

Chi ha richiesto la visitaMedico di medicina generale 93 67,9 187 73,9 52 94,5 42 91,3Ricorso personale 32 23,4 40 15,8 2 3,6 3 6,5Medico specialista 12 8,7 26 10,3 1 1,8 1 2,2

Per alcune variabili la somma non corrisponde al totale a causa di valori mancanti.

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Oer_b 2/038 CONTRIBUTI ORIGINALI 9

Tabella 4 - Caratteristiche dei pazienti di prima osservazione ambulatoriale con diabete di tipo 2 diagnosticato entro un anno (ASL di Matera e Venosa).

Asl 4 Asl 1

190 % 142 %SessoMaschi 110 57,9 75 52,8Femmine 80 42,1 67 47,2

Età<45 16 8,4 11 7,845-64 106 55,8 74 52,1>=65 68 35,8 55 38,7

ComplicanzeRetinopatia 12 6,3 1 0,7Neuropatia 2 1,1 - -Vasculopatia 8 4,2 1 0,7Ulcera/gangrena 3 1,6 - -Disfunzione erettile 2 1,1 - -Nefropatia 6 3,2 6 4,2

Infarto miocardico 10 5,3 8 5,6Scompenso 1 0,5 5 3,5Ictus 6 3,2 0 0,0Vasculopatia TSA 3 1,6 1 0,7

Nessuna complicanza 148 77,9 121 85,21 complicanza 31 16,3 18 12,7>=2 complicanze 11 5,8 3 2,1

Ipertensione 89 46,8 56 39,4

Trattamento insulinico 10 5,3 7 4,9

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Oer_b 2/0310 CONTRIBUTI ORIGINALI 11

Monitoraggio dei traumi oculari in Basilicata

Giovanni Smaldone1, Marinella Canosa2, Antonio Potenza3

1Direttore Unità Operativa di Oculistica - Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza2Dirigente Medico Unità Operativa di Oculistica - Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza3Ortottista Convenzionato Unità Operativa di Oculistica - Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza

Si era alla fine dell’anno 2001, allorché la S.I.E.T.O., Società Italiana di Ergoftalmologia e Traumatologia Oculare, rappresentata dall’illustre Prof. Vito De Molfetta, Presidente, e dal Prof. Marco Borgioli, Segretario, deliberò, per colmare una lacuna dell’Oculistica Italiana, l’istituzione del R.I.T.O. (Registro Italiano dei Traumi Oculari). Onde evitare incomprensioni e per fornire la possibilità di confronti con le molteplici realtà internazionali fu deciso di adottare la terminologia del B.E.T.T. (Birmingham Eye Trauma Terminology). (Fig.1,2)Fu altresì deciso di individuare tra gli iscritti alla S.I.E.T.O. un delegato per ogni regione con il compito di coordinare e raccogliere i dati delle varie Unità Operative regionali di Oculistica, (Fig.3 ), e inviarli mensilmente ad un Centro di Coordinamento a sede presso la Società. I dati sulla traumatologia oculare in Basilicata sono stati raccolti dall’Unità Operativa di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, cui sono afferiti dati anche delle altre Unità Operative di Oculistica regionali.Il direttore dell’Unità Operativa, Dr. Giovanni Smaldone, con i suoi collaboratori, ha inserito nel periodo Gennaio- Dicembre 2002, nel Registro Italiano dei Traumi Oculari (R.I.T.O.) 85 schede B.E.T.T., relative ad altrettanti pazienti trattati presso le Unità Operative di Oculistica di Basilicata. L’elaborazione dei dati, di cui in seguito si esporrà il dettaglio, ha permesso di stilare un registro di Traumi Oculari della Basilicata per l’anno 2002.Le 85 schede fornite dalla regione Basilicata rappresentano l’8% della totalità del database.Dall’analisi del report si evince che la regione Basilicata conferma i dati nazionali secondo cui la maggior parte dei traumi oculari si verificano in ambiente domestico; ad essi, in ordine decrescente, seguono quelli verificatisi in ambiente lavorativo, sportivo e stradale. (Fig.4)

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Oer_b 2/0310 CONTRIBUTI ORIGINALI 11

Figure 1, 2 - Registro Italiano dei Traumi Oculari (R.I.T.O.). Dati da inserire - Termini e definizioni B.E.T.T..

Registro Italiano dei Traumi Oculari (S.I.E.T.O.)

Iniziali Paziente N° Paziente…

SESSO c M c F DATA DEL TRAUMA __/__/____

ETA’ (ANNI) c 0-9 c 10-19 c 20-29 c 30-39 c 40-49 c 50-59 c 60-69 c >70

AMBIENTE c domestico c industriale c sportivo c stradale c sconosciuto c altri c

NATURA DELL’AGENTE TRAUMATIZZANTE

oggetto smusso c oggetto appuntito c oggetto vegetale c unghia c proiettile c caduta c martello c esplosione c pallini da caccia c fuoco d’artificio c scontro automobilistico c sconosciuto c altri c

TRAUMI A BULBO CHIUSO 1- Contusioni (prognosi>5 gg) c 2- Lacerazioni lamellari (da non riportare) c

TRAUMI A BULBO APERTO 1- Rotture c 2- Lacerazioni - penetranti c - con ritenzione c.e. c - perforanti c

INVIATO DA:

B.E.T.T. (Birmingham Eye Trauma Terminology)Termini e definizione del B.E.T.T.

1) Parete Bulbare: sebbene risulti costituita da tre tuniche posteriori al limbus, conviene restringere il riferimento alla sclera ed alla cornea.

2) Trauma a bulbo chiuso: la parete bulbare non presenta una ferita a tutto spessore, peraltro comprende le lacerazioni lamellari.

3) Trauma a bulbo aperto: la parete bulbare presenta una ferita a tutto spessore.

4) Rottura: ferita a tutto spessore della parete bulbare causata da un oggetto smusso, il quale trasmette energia su una ampia superficie con aumento della pressione intraoculare. L’energia si trasmette dall’interno all’esterno. La parete si rompe in un punto di maggiore debolezza e spesso si associa ad erniazione di tessuti.

5) Lacerazione: ferita a tutto spessore della parete causata da un oggetto appuntito. L’energia si trasmette dall’esterno all’interno.

6) Ferita penetrante: unica lacerazione della parete bulbare, causata di solito da un oggetto appuntito.

7) Ferita penetrante con ritenzione di corpo estraneo: ferita causata da corpo estraneo che risulta ritenuto all’interno della parete.

8) Ferita perforante: si caratterizza per la presenza di due lacerazioni, una di entrata ed una di uscita, di solito causate da un oggetto appuntito o da un proiettile.

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Oer_b 2/0312 CONTRIBUTI ORIGINALI 13

Figura 3 - S.I.E.T.O. - Delegati regionali.

Figura 4 - Analisi della tipologia di ambiente dove è avvenuto il trauma

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Oer_b 2/0312 CONTRIBUTI ORIGINALI 13

I pazienti sono stati schedati, con le iniziali ed il numero di cartella clinica, in base all’età, al sesso e all’ambiente in cui s’è verificato l’infortunio, considerando la forma e la natura dell’agente traumatizzante (oggetto smusso, oggetto appuntito, oggetto vegetale, unghia, proiettile, caduta, esplosione, pallini da caccia, fuoco d’artificio, scontro automobilistico, martello), e distinguendo i traumi: a bulbo chiuso (contusioni e lacerazioni lamellari), e a bulbo aperto (rotture e lacerazioni).Per quanto riguarda la distribuzione dei traumi in base all’età è emerso che la fascia di età maggiormente interessata è quella tra i 40 e 49 anni. (Fig. 5)

Figura 5 - Distribuzione dei traumi in base a fasce di età.

Per quanto concerne la distribuzione temporale, nel corso dell’anno 2002, il mese funestato da maggiore incidenza di traumi è risultato il mese di ottobre, seguito da gennaio, febbraio e maggio. (Fig. 6)

Figura 6 - Distribuzione temporale dei traumi inseriti nel database.

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Oer_b 2/0314 CONTRIBUTI ORIGINALI 15

Dall’analisi percentuale relativa alla tipologia del trauma, distinguendo i traumi “a bulbo chiuso”, da quelli “a bulbo aperto”, con o senza ritenzione di corpo estraneo all’interno del bulbo oculare, si evince che al numero dei primi attinge il 76% mentre il rimanente 24% è rappresentato dai secondi. (Fig. 7)

Figura 7 - Valore percentuale dei traumi a bulbo chiuso e a bulbo aperto.

Sperando di aver fatto qualcosa di utile, si ringraziano i collaboratori interni all’Unità Operativa di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza ed i colleghi delle altre Unità Operative di Oculistica di Basilicata, invitandoli a perseverare nell’impegno, come e meglio di quanto fatto per il passato.

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Oer_b 2/0314 CONTRIBUTI ORIGINALI 15

Analisi del fenomeno suicidio nei comuni dell’ASL n. 3 di Lagonegro (PZ). Anni di riferimento 1997-2002

Biagio Schettino1, Vincenzo Di Nubila2, Angelo Caputo3, Rosa Candia4

1Registro delle Cause di Morte del Dipartimento di Prevenzione ASL n.3 Lagonegro - Osservatorio Epidemiologico Regionale2Dipartimento di Prevenzione ASL n.3 Lagonegro - Servizio Igiene e Sanità Pubblica3Responsabile Servizio Igiene e Sanità Pubblica ASL n.3 Lagonegro4Tecnico della Prevenzione ASL n.3 Lagonegro

Davanti a chi si toglie la vita resta il mistero. Molti si interrogano sulle motivazioni. Le risposte sono vaghe. E ancor più difficile è comprendere che cosa sia il suicidio.

Che cos’è il suicidio?

«Si chiama suicidio ogni caso di morte che risulti direttamente o indirettamente da un atto positivo o negativo, compiuto dalla vittima stessa consapevole di produrre questo risultato.»Allo stato attuale degli studi l’unica cosa che sembra certa è che il suicidio è l‘azione individuale di concludere personalmente la propria vita.Secondo Durkheim ci sarebbero tre tipi di suicidio: l’egoistico, tipico dell’individuo che si isola dal resto del convivere civile e diventa autonomo a tal punto da diventare legge a se stesso; al lato opposto, ci sarebbe quello altruistico, tipico di colui che, coinvolto eccessivamente nella società, si sente talmente incapace di assolvere tutti i suoi doveri da autoeliminarsi; infine, il suicidio anomico, proprio di chi è carente di qualunque norma sociale.La scuola statunitense, inoltre, parla di suicidio come di una forma di aggressività correlata con una sensazione di frustrazione, associata, a sua volta, a fattori sociali di varia natura; per alcuni seguaci di Freud sarebbe una ritorsione aggressiva contro il proprio io; verso gli anni ‘80 si è parlato di suicidio come vendetta su di sé, per disfarsi di un nemico (individuato nel proprio io) e come il desiderio del nulla (la morte), che non è definibile e sperimentabile.Non esistendo definizioni di suicidio soddisfacenti, ci si limita a considerare che le modalità con cui viene messo in atto – a nostro modesto avviso – sono tante quanti sono i suicidi stessi. Ci limitiamo a quelle che sono, ora, statisticamente codificate. Escludiamo, quindi, quelle attribuibili all’assunzione di droghe, all’Aids e, in genere, quelle che hanno per “contenitore” quel complesso di fattori che provocano, a più o meno lunga durata, il certo e tragicamente piacevole (inconscio e irresponsabile) esito letale, ma che non vengono statisticamente considerate come suicidio.

Tabella 1 - Principali modalità di esecuzione dei suicidi dal 1955 al 1995 in Italia (Prof. Brunetta).

Rispetto ai dati presenti in tabella, e riferiti alle modalità dei suicidi in Italia dal 1955 al 1995, tabella elaborata dal Prof. Giuseppe Brunetta, Sociologo, l’impiccagione (col.3) si mantiene su un abbondante 35%, con una lieve tendenza alla diminuzione; segue il “gettarsi giù” (la precipitazione:col.6), che registra una quota media di un nutrito 20%.Pare che sia a questo livello che maturano i tentati suicidi soprattutto nei casi in cui chi tenta il suicidio non “sceglie” non solo l’altezza del punto di lancio ma anche la natura del suolo di impatto. L’arma da fuoco (col.5) occupa il terzo posto, con una costanza di circa il 14%. Per quanto riguarda l’avvelenamento (col.1), l’inalazione di sostanze gassose (col.2) e l’annegamento (col. 4), i dati, essendo pressoché costanti a dispetto dell’aumento della popolazione, riflettono una tendenza statica e quindi, se non proprio numericamente in diminuzione, con aumenti proporzionali alle percentuali e demografiche e del fenomeno

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Oer_b 2/0316 CONTRIBUTI ORIGINALI 17

suicidale nel suo complesso.

Tendenze recenti della mortalità in Italia nel periodo 1995-98

In questo lavoro dell’ISTAT viene presentato uno studio sulla mortalità della popolazione presente in Italia nel periodo 1995-98.Tra il 1995 ed il 1997 il numero assoluto di decessi è aumentato passando da 556.690 a 561.207 casi. I dati provvisori del 1998 forniti dai modelli D7, dati riepilogativi mensili relativi alla popolazione presente, confermano la tendenza all’aumento del numero assoluto dei decessi, con un ammontare complessivo di 569.418 casi.

Prospetto - Ammontare assoluto dei decessi a tutte le età avvenuti in Italia dal 1995 al 1998, distinti per sesso.

Sesso 1995 1996 1997 1998

Maschi 286.396 284.052 284.960 288.133

Femmine 270.294 270.524 276.247 281.285

Totale 556.690 554.576 561.207 569.418

Fonti: Anni 1995-97: schede individuali dell’indagine sulle cause di morte. Anno 1998: riepiloghi mensili relativi alla popola-zione presente (modelli D7). La mortalità per causa

Il panorama della mortalità per causa negli ultimi anni è caratterizzato senza dubbio dalla consistente diminuzione dei decessi per le cause di morte più diffuse (prime fra tutte le malattie del sistema circolatorio) e dalla riduzione della mortalità per tumori maligni soprattutto negli adulti.Per queste cause è realistico supporre che vi sia stata un’influenza positiva della sempre maggiore diffusione delle attività di prevenzione, diagnosi precoce e trattamento. Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nel complesso della popolazione e negli anziani, e la seconda causa, dopo i tumori, negli adulti . Per quanto riguarda i tumori maligni è possibile ravvisare finalmente un lieve calo dei tassi di mortalità (il tasso è passato da 25,6 per 10.000 a 25,3 per 10.000). Le malattie dell’apparato respiratorio, nonostante la forte diminuzione di mortalità osservata negli ultimi decenni, sono ancora oggi la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari ed i tumori. Le cause accidentali e violente rappresentano la prima causa di morte tra i giovani fino a 34 anni. Il trend della mortalità per queste cause per il complesso delle età è sostanzialmente decrescente passando nel periodo 1995-98 da 6,6 a 6,2 decessi per 10.000 negli uomini e da 2,9 a 2,6 nelle donne,

per un ammontare assoluto stimato nel 1998 di circa 27.000 casi. Differenze consistenti si osservano nella composizione dei decessi sia per classi di età, sia per genere all’interno di queste. La mortalità dei giovani di 15-34 anni di sesso maschile è quella che frena in misura maggiore la riduzione di mortalità a tutte le età diminuendo solo del 2,8%. Questo trova spiegazione principalmente nell’andamento della mortalità per incidenti stradali da veicoli a motore, che costituiscono circa il 60% della mortalità giovanile per cause violente e che non accenna a diminuire neanche negli anni più recenti. Nelle donne le cause accidentali e violente sono fortemente concentrate in corrispondenza delle età anziane: nel 1998 il 92% dei decessi per tali cause riguarda donne ultrasessantenni. Questi differenziali per età fanno sì che il rapporto tra i sessi sia molto sfavorevole per gli uomini nella classe dei 15-34enni (4,6) e mettono in luce il problema di elevata mortalità dei giovani per incidenti stradali. Infine, la mortalità per malattie infettive e parassitarie, particolarmente elevata agli inizi del secolo, è andata progressivamente riducendosi nel tempo, grazie al miglioramento delle condizioni igieniche e, recentemente, a una maggiore diffusione delle vaccinazioni.

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Oer_b 2/0316 CONTRIBUTI ORIGINALI 17

I suicidi nei comuni della ASL n. 3 di Lagonegro - Analisi degli anni 1997-2002

Nel 1997 si sono verificati nell’ASL di Lagonegro 15 casi di suicidio di soggetti residenti, la distribuzione geografica ha avuto questa ripartizione:

Tabella 2 - Mortalità per suicidio nel 1997, suddivisone in base al sesso e alla residenza dei soggetti deceduti, nell’ambito dei comuni della ASL di Lagonegro.

COMUNE DI RESIDENZA MASCHI FEMMINE TOTALE

MARATEA 1 0 1

CHIAROMONTE 2 0 3

NEMOLI 1 0 4

LAURIA 7 0 11

ROTONDA 1 0 12

CASTELLUCCIO INFERIORE 1 0 13

LATRONICO 1 0 14

TERRANOVA DEL POLLINO 1 0 15

Tabella 3 - Mortalità per suicidio nel 1997, suddivisione in base alle modalità esecutive.

Impiccagione 12

Precipitazione 2

Annegamento 1

Tabella 4 - Mortalità per suicidio 1997, luogo di esecuzione del suicidio.

ABITAZIONELOCALI

ANNESSI ALL’ABITAZIONE

LUOGHI PUBBLICI

AMBIENTE DI LAVORO

ALTRO

11 2 0 0 2

Tabella 5 - Mortalità per suicidio nel 1997, suddivisione in base alla situazione matrimoniale e all’attività lavorativa.

CONIUGATINON

CONIUGATIOCCUPATI DISOCCUPATI PENSIONATI

9 6 6 4 5

Tabella 6 - Mortalità per suicidio 1997, suddivisione in base alla scolarità.

ELEMENTAREMEDIA

INFERIOREMEDIA

SUPERIORELAUREA

7 6 2 0

Mortalità per suicidio nel 1997

Mortalità per suicidio nel 1997suddivisione in base alla scolarità

Mortalità per suicidio nel 1997suddivisione in base alle modalità esecutive

Mortalità per suicidio 1997 suddivisione in base al luogo di esecuzione

Mortalità per suicidio nel 1997suddivisione in base alla situazione

matrimoniale e lavorativa

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Oer_b 2/0318 CONTRIBUTI ORIGINALI 19

Tabella 7 - Mortalità per suicidio nel 1997, suddivisione dei decessi in base alle ASL.

ASL 1 ASL 2 ASL 3 ASL 4 ASL 5

5 27 15 6 3

Nel 1998 si sono verificati nell’ASL di Lagonegro 6 casi di suicidio di soggetti residenti, la distribuzione geografica ha avuto questa ripartizione:

Tabella 8 - Mortalità per suicidio nel 1998, suddivisione in base al sesso e alla residenza dei soggetti deceduti, nell’ambito dei comuni della ASL di Lagonegro.

COMUNE DI RESIDENZA MASCHI FEMMINE TOTALE

CASTRUONUOVO S.A. 1 1

FRANCAVILLA S.S. 1 0 2

NEMOLI 1 0 3

LAURIA 2 0 5

LATRONICO 1 0 6

Tabella 9 - Mortalità per suicidio nel 1998, suddivisione in base alle modalità esecutive.

Impiccagione 3

Arma da fuoco 2

Avvelenamento 1

Tabella 10 - Mortalità per suicidio 1998, luogo di esecuzione del suicidio.

ABITAZIONELOCALI ANNESSI ALL’ABITAZIONE

LUOGHI PUBBLICI

AMBIENTE DI LAVORO

ALTRO

5 1 0 0 0

Mortalità per suicidio nel 1997suddivisione in base alle ASL

Mortalità per suicidio nel 1998

Mortalità per suicidio nel 1998suddivisione in base alle modalità esecutive

Mortalità per suicidio 1998 suddivisione in base al luogo di esecuzione

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Oer_b 2/0318 CONTRIBUTI ORIGINALI 19

Tabella 11 - Mortalità per suicidio nel 1998, suddivisione in base alla situazione matrimoniale e all’attività lavorativa.

CONIUGATINON

CONIUGATIOCCUPATI DISOCCUPATI PENSIONATI

3 3 2 1 3

Tabella 12 - Mortalità per suicidio 1998 suddivisione in base alla scolarità.

ELEMENTAREMEDIA

INFERIOREMEDIA

SUPERIORELAUREA

3 2 1 /

Tabella 13 - Mortalità per suicidio nel 1998, suddivisione dei decessi in base alle ASL.

ASL 1 ASL 2 ASL 3 ASL 4 ASL 5

5 10 6 6 9

Nel 1999 si sono verificati nell’ASL di Lagonegro 10 casi di suicidio di soggetti residenti, la distribuzione geografica ha avuto questa ripartizione:

Tabella 14 - Mortalità per suicidio nel 1999, suddivisione in base al sesso e alla residenza dei soggetti deceduti, nell’ambito dei Comuni della ASL di Lagonegro.

COMUNE DI RESIDENZA MASCHI FEMMINE TOTALE

VIGGIANELLO 1 0 1

FRANCAVILLA S.S. 2 0 3

LAGONEGRO 2 0 5

LAURIA 1 0 6

ROTONDA 3 0 9

MARATEA NON RESIDENTE 0 1 10

Tabella 15 - Mortalità per suicidio nel 1999, suddivisione in base alle modalità esecutive.

Impiccagione 7

Precipitazione 1

Avvelenamento 1

Annegamento 1

Mortalità per suicidio nel 1998suddivisione in base alla situazione

matrimoniale e lavorativa

Mortalità per suicidio 1998 suddivisione in base alla scolarità

Mortalità per suicidio nel 1998suddivisione in base alla ASL

Mortalità per suicidio nel 1999

Mortalità per suicidio nel 1999suddivisione in base alle modalità esecutive

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Oer_b 2/0320 CONTRIBUTI ORIGINALI 21

Tabella 16 - Mortalità per suicidio 1999, luogo di esecuzione del suicidio.

ABITAZIONELOCALI ANNESSI ALL’ABITAZIONE

LUOGHI PUBBLICI

AMBIENTE DI LAVORO

ALTRO

8 0 0 0 2

Tabella 17 - Mortalità per suicidio nel 1999, suddivisione in base alla situazione matrimoniale e all’attività lavorativa.

CONIUGATINON

CONIUGATIOCCUPATI DISOCCUPATI PENSIONATI

5 5 0 0 0

Tabella 18 - Mortalità per suicidio 1999, suddivisione in base alla scolarità.

ELEMENTAREMEDIA

INFERIOREMEDIA

SUPERIORELAUREA

5 3 1 1

Tabella 19 - Mortalità per suicidio nel 1999, suddivisione dei decessi in base alle ASL.

ASL 1 ASL 2 ASL 3 ASL 4 ASL 5

5 27 10 6 3

Nel 2000 si sono verificati nell’ASL di Lagonegro 8 casi di suicidio di soggetti residenti e non residenti, la distribuzione geografica ha avuto questa ripartizione:

Mortalità per suicidio 1999luogo di esecuzione del suicidio

Mortalità per suicidio nel 1999suddivisione in base alla situazione

matrimoniale e lavorativa

Mortalità per suicidio 1999suddivisione in base alla scolarità

Mortalità per suicidio nel 1999suddivisione dei decessi in base alle ASL

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Oer_b 2/0320 CONTRIBUTI ORIGINALI 21

Tabella 20 - Mortalità per suicidio nel 2000, suddivisione in base al sesso e alla residenza dei soggetti deceduti, nell’ambito dei comuni della ASL di Lagonegro.

COMUNE DI RESIDENZA MASCHI FEMMINE TOTALE

LAURIA 2 1 3

LAGONEGR0

NON RESIDENTE0 1 4

NOEPOLI 0 1 5

CHIAROMONTE 1 0 6

RIVELLO 1 0 7

CASTELSARACENO 1 0 8

Tabella 21 - Mortalità per suicidio nel 2000, suddivisione in base alle modalità esecutive.

Impiccagione 5

Precipitazione 1

Lesioni da taglio 1

Arma da fuoco 1

Tabella 22 - Mortalità per suicidio 2000, luogo di esecuzione del suicidio.

ABITAZIONELOCALI ANNESSI ALL’ABITAZIONE

LUOGHI PUBBLICI

AMBIENTE DI LAVORO

ALTRO

5 1 1 1

Tabella 23 - Mortalità per suicidio nel 2000, suddivisione in base alla situazione matrimoniale e all’attività lavorativa.

CONIUGATINON

CONIUGATIOCCUPATI DISOCCUPATI PENSIONATI

4 4 4 1 2

Mortalità per suicidio nel 2000

Mortalità per suicidio nel 2000suddivisione in base alle modalità esecutive

Mortalità per suicidio 2000,suddivisione in base al luogo di esecuzione

Mortalità per suicidio nel 2000suddivisione in base alla situazione

matrimoniale e lavorativa

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Oer_b 2/0322 23

Tabella 24 - Mortalità per suicidio 2000, suddivisione in base alla scolarità.

ELEMENTAREMEDIA

INFERIOREMEDIA

SUPERIORELAUREA

4 2 2 /

Nel 2001 si sono verificati nell’ASL di Lagonegro 12 casi di suicidio di soggetti residenti, la distribuzione geografica ha avuto questa ripartizione:

Tabella 25 - Mortalità per suicidio nel 2001, suddivisione in base al sesso e alla residenza dei soggetti deceduti, nell’ambito dei Comuni della ASL di Lagonegro.

COMUNE DI RESIDENZA MASCHI FEMMINE TOTALE

CARBONE 2 0 2SAN PAOLO ALBANESE 1 0 3CASTRUONUOVO S.A. 1 0 4CHIAROMONTE 3 0 7SENISE 1 0 8LAURIA 1 0 9LAGONEGRO 2 0 11ROTONDA 1 0 12

Tabella 26 - Mortalità per suicidio nel 2001, suddivisione in base alle modalità esecutive.

Impiccagione 7

Arma da fuoco 5

Nel 2002 si sono verificati nell’ASL di Lagonegro 8 casi di suicidio di soggetti residenti, la distribuzione geografica ha avuto questa ripartizione:

Tabella 27 - Mortalità per suicidio nel 2002, suddivisione in base al sesso e alla residenza dei soggetti deceduti, nell’ambito dei Comuni della ASL di Lagonegro.

COMUNE DI RESIDENZA MASCHI FEMMINE TOTALE

LAURIA 3 1 4

NOEPOLI 0 1 5

TRECCHINA 1 0 6

ROTONDA 1 0 7

LAGONEGROEFFETTUATO A POTENZA

0 1 8

Mortalità per suicidio 2000suddivisione in base alla scolarità

Mortalità per suicidio nel 2001

Mortalità per suicidio nel 2001suddivisione in base alle modalità esecutive

Mortalità per suicidio nel 2002

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Tabella 28 - Mortalità per suicidio nel 2002, suddivisione in base alle modalità esecutive.

Impiccagione 3

Precipitazione 4

Annegamento 1

Riepilogo generale

Dal 1997 al 2002 sono inserite nel ReCaM (Registro delle Cause di Morte) dell’ASL di Lagonegro n°59 casi di suicidio. La distribuzione nei comuni della ASL in cui sono verificati è la seguente:

COMUNE DI RESIDENZA MASCHI FEMMINE TOTALE

LAURIA 17 2 19NEMOLI 2 0 21CHIAROMONTE 6 0 27MARATEA 1 0 28ROTONDA 5 1 34MARATEANON RESIDENTE

0 1 35

LATRONICO 2 0 37TERRANOVA DEL POLLINO

1 0 38

CASTRUONUOVO S.A. 1 1 40FRANCAVILLA S.S. 3 0 43CASTELLUCCIO INF. 1 0 44LAGONEGRO 2 2 48VIGGIANELLO 1 49CASTELSARACENO 1 50RIVELLO 1 51NOEPOLI 2 53CARBONE 2 55SAN PAOLO ALBANESE 1 56SENISE 1 57TRECCHINA 1 58

LAGONEGRONON RESIDENTE

1 59

Mortalità per suicidio nel 2002suddivisione in base alle modalità esecutive

CONTRIBUTI ORIGINALI

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Tabella 29 - Distribuzione geografica dei suicidi dal 1997 al 2002 nell’ASL di Lagonegro.

Tabella 30 - Modalità di esecuzione dei suicidi verificatesi negli anni 1997- 2002 dai soggetti residenti e non residenti nei territori dei Comuni dell’ASL di Lagonegro.

MODALITA’ N° TOTALE PARZ. TOTALE

IMPICCAGIONE 39 39

PRECIPITAZIONE 6 45

ANNEGAMENTO 2 47

ARMA DA FUOCO 9 56

AVVELENAMENTO 2 58

LESIONI DA MEZZI TAGLIENTI 1 59

Mortalità per suicidio nell’ASL n° 3 di Lagonegro dal 1997 al 2002

Modalità per suicidio dal 1997 al 2002suddivisione in base alle modalità e secutive

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Dalle valutazioni grafiche si evince chiaramente che il comune maggiormente interessato dal fenomeno è il comune di Lauria, ben 19 casi contro i 6 casi dei comuni di Rotonda e di Chiaromonte, sui 59 casi totali. Sono pochi i comuni dell’ASL a non essere stati interessati dal 1997 al 2002 da questo fenomeno. Dalle nostre indagini si è accertato che il suicidio viene attuato più facilmente dai maschi che dalle donne. Che la scolarizzazione dei soggetti coinvolti è bassa , solo 2 soggetti laureati, e che il fenomeno, per quanto riguarda l’attività lavorativa, interessa sia soggetti disoccupati, sia occupati che nell’età pensionistica. Dalle analisi delle certificazioni mediche si è accertato che in 17 casi, tra le patologie intercorrenti in vita erano presenti forme depressive o ad esse assimilabili. Ossia nel 22% dei casi.I morti per suicidio hanno rappresentato il 2,01% di tutte le cause di morte dei soggetti della ASL n.3 di Lagonegro, nel 1997, lo 0,7% nel 1998, l’1% nel 1999, lo 0,94% nel 2000, l’1,37% nel 2001 e l’1,01% nel 2002.

Conclusioni

I dati sopra indicati rappresentano il risultato delle indagini statistiche del ReCaM del Dipartimento di Prevenzione. La nostra impressione di operatori sul campo, ossia di coloro che insieme alle Forze dell’Ordine provvedono a tutti gli accertamenti giudiziari che si rendono necessari, ci ha permesso in questi anni di riconoscere nelle vittime dei suicidi, a nostro giudizio, che le cause più determinanti sono tre: la disperazione, il senso di colpa e l’autoaggressività. Arriva a suicidarsi anzitutto chi è disperato, cioè chi ha la convinzione che non c’è nessun’altra via d’uscita. Chi non ha più il potere di controllare la propria vita perché è tutto un fallimento, perché tutto è perduto, ritiene, illusoriamente, di avere diritto sulla vita e sulla morte uccidendosi. In chi è disperato c’è una distorsione cognitiva. È quella che si chiama «visione a tunnel», cioè una visione finale, a senso unico, senza alternative: il suicidio. Altra causa è il senso di colpa. La colpevolizzazione continua ricevuta dagli altri diventa autocolpevolizzazione. Il senso di colpa è tale che il suicida si punisce per le colpe che gli vengono attribuite e che egli stesso finisce per l’attribuirsi, togliendosi la vita.«In tal modo è come se fosse punito da chi ha ingenerato in lui il senso di colpa. Quando un gruppo anche familiare o di amici scarica le proprie colpe unicamente su una persona, questa finisce con il diventare il capro espiatorio di un progetto, seppur involontario, di suicidio dell’ambiente. Togliendosi la vita il suicida rivolta la colpevolizzazione contro l’ambiente: con il suo gesto è come se dicesse «E’ colpa vostra se ho fatto questo». Il suicida non si uccide per morire, ma perché è già stato «ucciso», dall’ambiente familiare o sociale.Infine l’autoaggressività, cioè la pulsione di morte, fa sì che il suicida rivolti contro di sé l’aggressività che era rivolta contro altri».

Cosa fare per prevenire? Come evitare che chi ha idee suicide arrivi a compiere un gesto estremo?

«Contro la disperazione occorre costruire una cultura della speranza per dare significato alla vita. Se negli ultimi anni i suicidi vanno aumentando è proprio perché va diminuendo la speranza. Poi è necessario una cultura della progettualità. Per aiutare chi ha idee suicide a uscire dalla “visione a tunnel” bisogna trasmettergli un progetto, fare in modo che si confronti con un’alternativa al suo progetto di morte.È stato infatti dimostrato che se chi ha tentato il suicidio viene aiutato a ricostruire la propria vita, non tenta più di suicidarsi proprio perché ha acquisito altri punti di vista della realtà».«Inoltre il suicida, proprio per evitare di confrontarsi con altre possibilità, si rinchiude in se stesso morendo così nell’isolamento e senza che nessuno sappia spiegarsi il perché sia arrivato a tanto. Ecco perché è importante coltivare il senso della solidarietà familiare, amicale e degli affetti. Tutte le forme di aggregazione sociale, famiglia e relazioni affettive comprese, sono un freno al suicidio. Non per nulla i singles, i divorziati, i separati e i vedovi sono maggiormente esposti a tale rischio. Infatti, è importante curare il proprio equilibrio psicologico, l’autostima. Per impedire invece che il senso di colpa possa condurre alla morte occorre far sì che il soggetto venga aiutato a riconoscere chi nel proprio ambiente di vita lo colpevolizza».Un’altra domanda a cui sentiamo di dare una risposta è la seguente: “È possibile stabilire una correlazione tra le ragioni che inducono a uccidersi e il mezzo adoperato?”.

CONTRIBUTI ORIGINALI

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«Un nesso certamente sussiste. Uccidendosi il suicida vuole mandare un messaggio: per esempio “Mi impicco perché mi avete asfissiato”, “Mi butto giù perché avete continuato a buttarmi a terra”. È significativa la diversità di mezzi adoperati dagli uomini e dalle donne. Se il 30% dei maschi si uccide impiccandosi, la medesima percentuale di femmine sceglie di gettarsi nel vuoto. Generalmente le donne, che solitamente curano la propria immagine più degli uomini, scelgono i mezzi che deturpano meno il corpo».Infine riteniamo che il senso di incredulità che accompagna un suicidio, ossia che nessuno riesce a spiegarsi il perché si arrivi a tanto, sia in realtà preceduto da dei segni premonitori.Il segnale di avvertimento più chiaro si ha quando uno esprime chiaramente le proprie intenzioni. Perciò quando si sente dire da qualcuno: “Io mi ammazzo” non bisogna mai sottovalutare il messaggio. Poi ci sono altri segnali, improvvisi cambiamenti nella conduzione della propria vita, nelle amicizie e nell’amore, l’abbandono del lavoro, l’isolamento estremo, il mutismo, la chiusura in se stessi e l’apatia, conditi con atteggiamenti depressivi: sono tutti segnali premonitori da prendere in estrema considerazione.In conclusione, riteniamo e speriamo che la vita sia sempre più forte della morte. Pensate anche al caso di chi … dà la vita per salvare un altro. Anche in questo caso è pur sempre la vita che dimostra di essere più forte della morte.

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Relazione sulla situazione della tossicodipendenza al Parlamento, anno 2002 - Regione Basilicata.

Rocco LibuttiResponsabile regionale settore tossicodipendenze - Ufficio Gestione interventi socio-sanitari assistenziali e solidarietà sociale - Dipartimento Sicurezza e Solidarietà Sociale - Regione Basilicata

L’andamento del fenomeno delle tossicodipendenze

Risulta che sono presenti 1038 tossicodipendenti con una prevalenza di maschi. E’ questo un numero superiore al 2001, con un aumento di 180 nuovi utenti in carico presso i Ser.T.. Il tossicodipendente lucano ha una età media di 30 anni, segno che c’è un lungo periodo di latenza dalla prima assunzione all’utilizzo dei servizi pubblici. Anche la condizione occupazionale è in linea con la media nazionale, con circa il 40% di occupati, di altrettanti disoccupati e con il restante 20% in altre condizioni. Così come per l’anno 2001 si conferma l’analisi fatta sulla popolazione tossicodipendente in Basilicata che non vive una situazione di forte marginalità sociale, se non in rarissime condizioni, e pertanto si differenzia dalle realtà metropolitane: le azioni di microcriminalità, che accompagnano spesso la condizione di tossicodipendenza, sono abbastanza contenute. Tra la popolazione lucana vi è un elevato grado di tolleranza ed accettazione, anche quando le situazioni familiari sono problematiche: raramente avviene l’espulsione definitiva del tossicodipendente dal nucleo familiare, tanto da privarlo di ogni forma di sostentamento e di assistenza. In Basilicata non si è avuto nel 2002 nessuna mortalità per overdose da eroina tra i tossicodipendenti. Rispetto all’anno 2001, in regione Basilicata, si è verificato un aumento del numero degli utenti in carico presso i Ser.T., pari a +175 unità. Anche le sostanze di abuso primario da questi utilizzate sono in aumento, in particolare cannabis + 18, cocaina + 9, con un aumento considerevole di utilizzo di Eroina + 116.

CONTRIBUTO BREVE

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UTENZA TOSSICODIPENDENTE IN CARICO AI SERVIZI

N. Utenti Sostanze di Abuso primaria

Maschi Femmine Totaledi cui in Comunità

Terapeutica Cannabinoidi Cocaina Eroina Ecstasy Metadone Altro

970 68 1038 143 74 25 931 1 0 8

TIPOLOGIA DI INTERVENTO

Servizi Strutture Riabilitative Carcere

Tipo di trattamento Numero di trattamenti Numero di trattamenti Numero di trattamenti

Psicosociale e/o riabilitativo 986 161 174

Medico farmacologico 772 23 16

La rete dei servizi

I servizi che operano nel settore sono 6 Sert, che svolgono attività nei settori della prevenzione, cura e riabilitazione e attraverso nuclei operativi specifici anche attività nelle carceri, ai quali vanno associati 4 Enti Ausiliari che gestiscono 7 sedi operative di cui 4 comunità terapeutico-riabilitative e 3 comunità pedagogico-riabilitative. Gli Enti Ausiliari, inoltre, hanno diversificato le proprie attività avviando nuove tipologie di servizi nei settori dell’accoglienza a bassa soglia, dell’alcolismo e dell’inserimento lavorativo che saranno riconosciuti con apposito provvedimento da parte della Giunta Regionale, con il relativo riconoscimento delle relative tariffe e l’adeguamento di quelle relative alle strutture comunitarie. Ma se i Ser.T e le Comunità Terapeutiche sono i servizi tradizionalmente individuati come quelli che specificamente si occupano del contrasto del problema, ad essi vanno aggiunti i Nuclei Operativi Tossicodipendenze (NOT), di Potenza e di Matera, operanti in ogni Prefettura, che raccolgono tutte le segnalazioni delle Forze dell’Ordine e che, nell’arco di ogni anno, sono i servizi che trattano più persone coinvolte in problemi di consumo di sostanze, i Centri di Informazione e Consulenza (CIC) ormai operanti in ogni scuola media superiore, gli Uffici comunali assistenziali. In regione Basilicata non sono stati ancora istituiti i Dipartimenti. In regione sono presenti 5 Aziende Sanitarie con 6 Ser.T., 4 nella Provincia di Potenza e 2 nella Provincia di Matera Il numero degli operatori dei Ser.T., nonostante l’aumento degli utenti in carico, è diminuito di 4 unità, in particolare le figure professionali coinvolte sono gli educatori, gli assistenti sociali e infermieri. In regione Basilicata è rimasto invariato il numero degli enti ausiliari e il numero delle sedi operative da questi gestite. In vista dell’adeguamento delle strutture alle nuove tipologie di servizi previsti dalla normativa, sia nazionale che regionale, si è avuto, invece, un aumento del numero degli operatori negli Enti Ausiliari.Si è avuto un calo del numero degli utenti regionali in carico presso le comunità della regione (-22 unità), a fronte di invio di utenti presso le comunità terapeutiche, rimasto identico all’anno precedente (104), da parte dei Ser.t..

OPERATORI DEI SER.T.

Medici Psicologi InfermieriAssistenti

SocialiEducatori Amministrativi Altro Totale

13 14 15 10 2 3 4 61

ENTI AUSILIARI

N. Enti Ausiliari N. sedi operativeN. posti

residenzialiN. posti

semiresidenzialiN. operatori

Utenza in caricoRegionale

Utenza in caricoAltre regioni

4 9 121 10 36 85 220

In regione lavorano 4 Enti Ausiliari (Cooperativa Sociale L’Aquilone, Onlus di Potenza, la Fondazione Exodus di Tursi, la Casa dei Giovani di Matera e l’Associazione Emmanuel di Lecce), che gestiscono 6 comunità di accoglienza residenziale (3 terapeutico-riabilitative, 1 centro crisi di prima accoglienza, 1 comunità per alcolisti), 1 servizio di inserimento lavorativo e 1 comunità di accoglienza a bassa soglia.

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I provvedimenti regionali più significativi - anno 2002

E’ in corso di approvazione da parte della Giunta Regionale il nuovo sistema di interventi e dei servizi nel campo delle dipendenze in applicazione dell’Accordo Stato Regioni del 5 agosto 1999. Il nuovo sistema prevede la definizione di nuovi servizi di prevenzione, cura e riabilitazione, la definizione degli standard quantitativi e qualitativi per l’accreditamento dei nuovi servizi e il relativo adeguamento delle rette, promozione di una reale integrazione socio-sanitaria e di collaborazione tra soggetti pubblici e del privato sociale mediante accordi di programma e protocolli d’intesa, l’elaborazione dei nuovi criteri e delle nuove modalità per la gestione del fondo nazionale di lotta alla droga relativamente all’esercizio finanziario 2000-2001.

La gestione del fondo lotta alla droga

Per quanto riguarda la gestione del fondo lotta alla droga è stata erogata la seconda trance del finanziamento relativo ai progetti triennali anno 1997-99. E’ in corso di stesura il nuovo bando per l’assegnazione del fondo relativo alle annualità 2000-2001. Sulla base delle conoscenze epidemiologiche disponibili e da quanto è emerso dalla verifica dei progetti avviati, la nuova programmazione è indirizzata verso emergenze che privilegiano le seguenti azioni: a) prevenzione finalizzata al contrasto delle dipendenze patologiche; b) inclusione sociale e lavorativa; c) programmi sperimentali a valenza sociale e sanitaria. La somma a disposizione per tale attività è di E 1.414.079,00. La Basilicata, inoltre, è capofila del progetto nazionale “Sviluppo di un modello di valutazione tra pari per i centri di trattamento del servizio sanitario nazionale e degli enti accreditati”. Si è tenuto un primo incontro per l’avvio del progetto alla presenza dei referenti delle regioni che hanno aderito a tale progetto, e del rappresentante del Ministero della Salute.E’ stata erogata, inoltre, la prima rata di E 309.874,14, pari al 40% dell’importo assegnato dal Ministero.La Basilicata partecipa, inoltre, ai seguenti progetti nazionali:a) progetto SESIT “potenziamento dotazioni informatiche

dei Ser.T. e implementazione di un sistema di monitoraggio dell’utenza dei servizi basato sull’utilizzo di standard europei”;

b) progetto “DRONET 1 e 2”, che riguarda l’uso di tecnologie elettroniche come strumento di diffusione di informazioni e conoscenze di interesse professionale tra il personale dei servizi. Con tale progetto si è realizzato un sito portale internet regionale, collegato e coordinato in una rete nazionale;

c) progetto “Rafforzamento e riconversione specialistica del trattamento del disagio psicoaffettivo e relazionale giovanile, ai fini della prevenzione secondaria precoce dei problemi droga ed alcolcorrelati”;

d) progetto “Attivazione di un gruppo di cooperazione sulla epidemiologia delle tossicodipendenze tra istituzione centrale, enti di ricerca e amministrazioni regionali”;

e) progetto “ANCONSBENS” sull’analisi dei costi;f) progetto “sperimentazione di una metodologia di

intervento per le problematiche sanitarie nell’ambiente carcerario”.

I progetti regionali in corso 1) Attività di supervisione alle equipe dei Ser.T. ed agli

operatori professionali delle comunità terapeutiche;2) Attività di ricerca sull’efficacia degli interventi di

consulenza per gli enti esecutori dei progetti relativi al fondo lotta alla droga. Gli obiettivi sono:

- la messa a punto di strumenti idonei alla raccolta dei dati sullo stato di attuazione dei progetti e per la loro valutazione;

- la costruzione di un data base sui progetti finanziati individuando caratteristiche e tipologie di intervento;

- elaborazione dei dati e valutazione degli esiti;- stesura di un report finale.

Progetto o esperienza di successo conclusa o in fase di completamento, in materia di prevenzione, cura e riabilitazione delle dipendenze, ovvero in materia di organizzazione, formazione e ricerca

Progetto Euridice.E’ un programma di intervento a lungo termine sulla prevenzione delle dipendenze patologiche e dei disagi psico-sociali nei luoghi di lavoro. Si mira a prevenire la diffusione delle sostanze di abuso nell’azienda Fiat dell’area San Nicola di Melfi. L’implementazione di tale progetto si configura come programma pilota per la regione Basilicata e programma strategico per il bacino del Mediterraneo, coinvolgerà circa 9500 lavoratori, per cui può essere considerato uno degli interventi più consistenti sulla tossicodipendenza e lavoro a livello nazionale ed europeo. Per la metodologia operativa prevista il progetto punta sulla valorizzazione dell’ambiente di lavoro come risorsa, prevedendo un coinvolgimento diretto dei lavoratori, laddove intende costituire gruppi permanenti cui destinare una specifica attività formativa, al fine di consentire un corretto avvicinamento ai lavoratori in situazione di disagio.

I costi della rete dei servizi

Il costo relativo ai servizi territoriali pubblici è rimasto sostanzialmente invariato. Si evidenzia, invece, una diminuzione dei costi relativi alle comunità terapeutiche dovuto alla diminuzione del numero degli utenti residenti in Basilicata accolti presso gli enti ausiliari presenti in regione.

CONTRIBUTO BREVE

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I COSTI DELLA RETE DEI SERVIZI

SERVIZI TERRITORIALICOMUNITA’

TERAPEUTICHEFONDO

LOTTA ALLA DROGATOTALE EURO

E 2.300.570,50 E 309.579,09 E 820.470,80 S 3.440.620,39

Gli obiettivi del 2003

- Sviluppare e rafforzare un sistema di servizi pubblici e del privato sociale quale punto di riferimento per tutti coloro che hanno problemi legati all’uso e/o abuso di sostanze stupefacenti;

- Definizione di un progetto regionale per le tossicodipendenze;- Definizione dei criteri e degli standard di qualità per l’accreditamento istituzionale dei servizi del privato sociale, nonché

le procedure operative degli stessi e gli obiettivi dei vari settori di intervento;- Verifica dei progetti relativi alla terza annualità del Fondo Lotta alla Droga.

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La Basilicata in cifre

Dati di copertura vaccinale

Francesco Lo curatoloRegione Basilicata - Dipartimento Sicurezza e Solidarietà Sociale - Servizio Igiene e Sanità Pubblica

COPERTURA VACCINALE ANTIPNEUMOCOCCICA 2000-2003

ASL pop. res. > 64 a. pop. res. > 64 anni vaccinata Campagna

ASL.1 17.063 1.040 2000 – 2001

2.474 2001 – 2002

1.461 2002 – 2003

ASL.2 38.835 4.670 2000 – 2001

2.708 2001 – 2002

4.846 2002 – 2003

ASL.3 15.682 3.170 2000 – 2001

730 2001 – 2002

2.211 2002 – 2003

ASL.4 19.178 5.065 2000 – 2001

5.140 2001 – 2002

3.122 2002 -2003

ASL.5 15.082 3.743 2000 – 2001

2.478 2001 – 2002

2.801 2002 – 2003

TOTALE 105.840 45.659

TOTALE POPOLAZIONE RESIDENTE > 64 anni = 105.840

TOTALE POPOLAZIONE RESIDENTE >64 anni VACCINATA = 45.659

2000-2001 POPOLAZIONE > 64 anni VACCINATA = 17.688

2001-2002 POPOLAZIONE > 64 anni VACCINATA = 13.530

2002-2003 POPOLAZIONE > 64 anni VACCINATA = 14.441

COPERTURA 2000 - 2001 POPOLAZIONE > 64 anni (vacc. > 64 anni/res. > 64 anni) = 16,71%

COPERTURA 2001 - 2002 POPOLAZIONE > 64 a. (vacc. > 64 anni/res. > 64 anni) = 12,78%

COPERTURA 2002 - 2003 POPOLAZIONE > 64 a. (vacc. > 64 anni/res. > 64 anni) = 13,64%

COPERTURA VACCINALE POPOLAZIONE RESIDENTE > 64 anni 2000-2003

DATO REGIONALE = 43,13%

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Oer_b 2/0332

VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE - COPERTURA VACCINALE 1999-2003

ANNO COPERTURA VACCINALE (%)

1999-2000 45,4%

2000-2001 59,7%

2001-2002 60,3%

2002-2003 70,5%

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