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Studio su "Entrata nel nero" di Ranieri Teti (Kolibris, 2011).Su °puntocritico (settembre 2011)

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  • =Anno IV 6/2015 n.16

    Winterblattauf den ein Winterschatten fllt

  • LATEX Literature Project

    email: [email protected]: http://federicofederici.netblog: http://leserpent.wordpress.comcover: The dark side of the room, F. Federici Silentium, Arvo Prt

    Studio su Entrata nel nero di Ranieri Teti (Kolibris, 2011)

  • OscuratoFederico Federici

  • 4Eingedunkeltdie Schlsselgewalt.1

    2Sin dal titolo, questo lavoro di Ranieri Teti contiene unindicazione pro-grammatica: lesplorazione del nero, da intendersi non nellunica accezionedel colore, ma come categoria pi vasta, una sorta di compendio biograficodelloscurit. Di volta in volta interrogato il nero della materia combu-sta, lo spegnersi di finestre alla fine dellestate, lattesa/assenza ugualeal nero che vive nel giorno, loccultamento delle cose, delle loro posizionisu una riga di confine, ultima barriera lungo (e oltre) la fuga del mondo. lesodo (o lesilio) verso laltro lato della notte, verso la meta inabissatanellopaco, che neppure la parola nomina e trattiene. Il fine unico unritorno anche se la partenza (o lallontanamento) stata senza testimoni.

    Il non scritto, negativo dello scritto, ha valore interstiziale, definiscela raffigurazione cingendo dassedio la parola, riducendola, contraendo lospazio del testo (nella divisa unit della frase/ il bianco intorno unisce esepara), rinnovando il monito di Celan: Schreib dich nicht/ zwischen dieWelten. Alcuni componimenti sono brevi, altri brevissimi, tutti insiemesuperano la forma del mero ciclo di frammenti, organizzato a posterioriintorno a unidea comune che lo salvi dal naufragio di senso. Qui i versisono ci che sopravvive alla scrittura tra gli smottamenti delle cose/ nelsilenzio delle due rive/ nellacqua trattenuta dalla sponda, strutturanoa s stanti aree o si coagulano in brevi strofe, speculari al nero del filmche assedia i colori. Sono polvere, residuo nel suo lento addosso dom-bra, disgregate parti in superficie che conservano fatture di profondit,braci quiescenti mentre la vastit del fuoco tutta nellaria, perch lapoesia, come elemento, pu solo intaccare e consumare la materia che abi-ta, lasciando in essa i segni indelebili di quella modificazione. La parola,

    1Le citazioni in tedesco e altre suggestioni sono tratte da Eingedunkelt di PaulCelan (Suhrkamp Verlag, 2006)

    2Su punto critico (settembre 2011)

  • 5liberata dalle intermittenze della punteggiatura, si deposita sulla patinaindecifrabile di un mondo guardato dalla notte, aderisce stratificandosi inun corpo unico, spegnendosi, rarefacendosi in somiglianze, spezzandosi:buchi, crepe, sbalzi nellultima sponda dei margini, una distesa fran-tumata che ultima si insabbia.

    Tre fratture macroscopiche (Risonanze delloscuro, La destinazioneopaca, Dove siamo scritti) segnano il punto pi esterno di questo proce-dere per discontinuit, che ricorda i cretti di Burri, nei quali un substratomonocromatico e scabro smorza limpatto dellinformale. Allo stesso mo-do, in questopera di Teti, qualsiasi enfasi narrativa riassorbita in unattimo entro la materia del testo, ogni figura dispersa nel valico dellapalpebra, nelle distanze dello specchio, come intorno ai confini di unamacchia nel consumarsi progressivo degli smalti. Neppure dove affio-ra quasi un nome proprio nella tabula rasa dello specchio (a Ele), lapresenza va oltre lapparizione con il pretesto del buio. come se laraccolta fosse, nel suo complesso, un nero ottenuto attraverso molteplicideclinazioni dombra, intrecci che si rivelano solo da vicino, a livello delverso, della parola, staccando in trama e intonazione unimmagine dallal-tra.

    Superfici opache, lucide o trasparenti costituiscono espedienti mobi-li di scena che duplicano il mondo, lo nascondono, costruiscono confiniinvisibili ma invalicabili, sono basi per altezze issate a delimitare lospazio fisico dei corpi, confrontano la realt con la sua rappresentazio-ne, sino alla tautologia inabissata nellallontanarsi delle immagini nellospecchio. Analogo procedimento coinvolge una fitta rete di contrapposizio-ni/modificazioni (pienezza/assenza, ascesa/declino, ascesa/attesa, custo-dire/smarrire, forma/frammento, incontro/solitudine, scorrere/restare, ecc.),sfibrata in aporie sfuggenti (densit del vuoto, luogo di nessun den-tro, divisa unit) che, come a dividere per zero, rifiutano definizionee calcolo, contratte nel seme dellinfinitesimo.

    La ricerca della giusta misura del silenzio tra il da dire e il nondetto recupera, con felice estro, lespediente della variazione musicale, siconsuma intorno ad antifone e fughe, moltiplica le differenze in tantoandare tra avanti e controfuga, accerchia il senso con literazione di po-chi termini (dove tutto qui tutto essendo altrove, dove le direzioni ditutte le direzioni/ [...] sono differenti strade nelle due finitezze pensata/la fine di ogni fine legata), oppure sviluppa nello scarto di un solo versoun intero tema (ogni parola un incontro/ ogni frase una solitudine),come una brevissima intensit sospesa nel minimalismo sacro di Prt.

    Pur nellidentit del nucleo tematico, la coordinazione interna alle

  • 6strutture (o tra le strutture) rimanda a uno spazio vuoto, a tratti mu-tilata del verbo, del divenire, forse per sottrarsi al tempo che passa dauna parola allaltra o tra tempi fermi protratti in verbi riflessivi. Avolte il peso di unelencazione sorretto appena dal puntello di un ultimoverso isolato, o custode di un verbo definitivo, spesso lasciato allinfinitocome in certi epigrammi di Celan.

    LEntrata nel nero dallultima riga mormorata non per un im-pronunciabile spegnimento, un atto graduale e irreversibile appreso al diqua di una soglia come la prima sezione (Risonanze delloscuro) potrebbefar sospettare, ma il protrarsi di affioramenti e immersioni, di aderenzee distacchi, approssimando una destinazione opaca, un silenzio in cuicovano riverberi e vibrazioni di fenomeni mai esauriti. Questa tensioneaffiora ovunque, viva ma non scritta, come un suono troppo alto o basso,in vibrazione sopra o sotto il pentagramma, non scritto perch non rico-nosciuto. Lambizione di salvare il tutto in ogni parte dei frammenticede poco alla volta il posto alla speranza di aver custodito almeno unachiave fino allo smarrimento, anche se il suo potere dovesse essere oscu-rato (P. Celan), consumata dalluso, divorata dal fuoco.

    Lultimo atto ha di nuovo la forza di una parola scritta nella profon-dit degli scavi innalzati, di quei versi che, metro dopo metro, tentanodi riportarla nellal di qua del mondo, in tutta la sua altezza, von Ro-tem umdunkelt, von Andrem,/ von Fragen, dir folgend,// seit langem(P. Celan). Ma qui non resta che vegliare i nomi assenti, come dei cadutiin guerra, sporgendosi su un centro vuoto (P. Celan), o quasi senzarestare/ su uno scorrere muto dove siamo scritti.

    Federico Federici