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CORSO DI LAUREA IN VALORIZZAZIONE E TUTELA DELL’ AMBIENTE E DEL
TERRITORIO MONTANO
CARATTERISTICHE VEGETAZIONALI DEGLI AMBIENTI UTILIZZATI DAL
FAGIANO DI MONTE (Tetrao tetrix) IN GRUAL (Val Rendena, Trentino)
Relatore: Prof.ssa Silvana Mattiello
Correlatore: Dott. Albert Ballardini
Elaborato finale di: Davide Cozzini
Matricola 889741
Anno Accademico 2018-2019
INDICE
1. Introduzione
1.1. I miglioramenti ambientali pag. 1
1.1.1. Aspetti legislativi pag. 2
1.1.1.1. Convenzione di Rio de Janeiro pag. 2
1.1.1.2. Legge 157/91 “Norme per la tutela della fauna selvatica pag. 3
omeoterma ed il prelievo venatorio”
1.1.1.3. Legge 394/91 “Legge quadro sulle aree protette naturali” pag. 3
1.1.1.4. Direttiva habitat pag. 4
1.1.2. Aspetti tecnici pag. 5
1.1.3. Aspetti economici pag. 5
1.2. Il fagiano di monte
1.2.1. Sistematica e nozioni generali dei tetraonidi pag.6
1.2.2. Distribuzione pag. 8
1.2.3. Morfologia pag. 10
1.2.4. Riproduzione pag. 12
1.2.5. Habitat e alimentazione pag. 13
1.2.6. Il fagiano di monte come indicatore biologico pag. 14
2. Scopi pag. 15
3. Materiali e metodi
3.1. Area di studio
3.1.1. Inquadramento territoriale pag. 15
3.1.2. Piano di Sviluppo Rurale (PSR) pag. 18
3.2. Rilevamento dati pag. 18
3.3. Elaborazione dati pag. 21
4. Risultati pag. 22
5. Discussione pag. 28
6. Conclusioni pag. 31
7. Riassunto pag. 32
8. Ringraziamenti pag. 34
9. Bibliografia pag. 34
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1. INTRODUZIONE
1.1. I MIGLIORAMENTI AMBIENTALI
I miglioramenti ambientali sono tutte le misure che hanno lo scopo di ricreare condizioni
ambientali distrutte o degradate dall’azione o dall’incuria dell’uomo (Genghini, 1994).
Nell’ambiente alpino cui si fa riferimento nel presente elaborato, questi si rendono necessari
a causa delle modificazioni degli habitat di alta quota occupati da alcune specie
particolarmente importanti come il fagiano di monte. Il degrado degli habitat è dovuto
principalmente al progressivo e costante abbandono delle attività agro-silvo-pastorali, ma non
deve essere sottovalutato nemmeno il ruolo svolto dai cambiamenti climatici che stanno
accelerando il processo di ricolonizzazione da parte di molte specie arboree e arbustive.
Per secoli l’uomo ha modificato gli ambienti montani con l’intento di creare pascoli che dal
fondovalle potevano giungere fino a quote relativamente elevate. In pochi anni, questo è stato
reso vano dalla continua espansione delle aree boscate da parte di molte specie vegetali, a
causa della cessazione del pascolamento e la conseguente non necessità del mantenimento
di aree deforestate. Gli anni immediatamente successivi a quest’abbandono sono risultati
favorevoli al fagiano di monte, ma successivamente sono andati incontro ad un degrado
ambientale, rappresentato dalla crescita di numerose specie vegetali in modo disordinato.
Lo scopo dei miglioramenti ambientali è quello di simulare quello che tempi indietro veniva
svolto naturalmente dagli animali allevati e dal successivo interesse degli allevatori di
mantenere l’ambiente adatto al pascolamento, pertanto quello di ricreare quelle aree dove la
biodiversità è elevata ed il nutrimento è di maggiore qualità (Zambotti, 2005).
Le strategie di miglioramento ambientale possono essere svariate e vanno valutate di volta in
volta in funzione della specie animale considerata. Nel presente elaborato, si farà riferimento
principalmente al fagiano di monte.
Secondo Parolo (2007) gli obiettivi principali da raggiungere con i miglioramenti ambientali
sono:
➢ la conservazione degli habitat seminaturali, costituiti da prati falciati e pascoli;
➢ il mantenimento e l’incremento delle aree ecotonali, caratterizzate da un’elevata
biodiversità;
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➢ il recupero degli habitat ormai totalmente degradati, come per esempio gli ex pascoli
ormai completamente invasi dal Rododendro, dal Ginepro, dall’Ontano verde, dal Pino
mugo e dalla rinnovazione di Abete rosso.
Nella definizione di questi lavori rientra la progettazione, soggetta a norme legislative, aspetti
tecnici ed infine economici.
1.1.1. ASPETTI LEGISLATIVI
Negli anni più recenti, è sempre maggiore l’attenzione agli aspetti ambientali ed alla qualità
della vita, anche a causa del surriscaldamento globale. Proprio in questi anni sono stati varati
numerosi provvedimenti a favore delle risorse naturali.
1.1.1.1. CONVENZIONE DI RIO DE JANEIRO
I miglioramenti ambientali, come si legge in un articolo del Ministero dell’Ambiente e della
tutela del territorio e del mare, fanno parte della convenzione di Rio de Janeiro, firmata nel
1992, documento base per la conservazione della biodiversità, recepita nella Direttiva
92/43/CEE “Habitat”.
Gli obiettivi la convenzione che si prefigge di raggiungere sono:
➢ assicurare la diversità biologica in situ ed ex situ;
➢ garantire l’utilizzo sostenibile dei suoi componenti;
➢ garantire la corretta ed equa distribuzione dei benefici derivati dall’utilizzazione delle
risorse genetiche, a livello globale.
La convenzione è il primo accordo globale ed esteso rivolto a tutti gli aspetti della diversità
biologica. Riconosce per la prima volta che la conservazione della diversità biologica è un
problema comune per l’intera umanità e parte integrante del processo di sviluppo. Tale
convenzione è stata ratificata dall’Italia con la legge 14 febbraio 1994, n. 124.
Il Ministero dell’Ambiente, servizio Conservazione della Natura, cui compete l’attuazione della
Convenzione, ha elaborato le Linee strategiche e il primo programma preliminare per
l’attuazione in Italia, approvata dal Comitato Interministeriale per la programmazione
Economica - CIPE -, nella seduta del 14 marzo 1994. Tale documento identifica le linee guida
per la predisposizione del Piano Nazionale per la Biodiversità, in accordo con l’art. 6, c. a, della
sopraccitata convenzione, la quale prevede che ciascuna parte contraente “svilupperà
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strategie, piani o programmi nazionali per la conservazione e l’uso durevole per la
conservazione biologica o adatterà a tal fine le sue strategie, piani o programmi esistenti che
terranno conto dei provvedimenti stabiliti dalla presente Convenzione che la riguardano”.
1.1.1.2. LEGGE 157/92 “NORME PER LA TUTELA DELLA FAUNA SELVATICA OMEOTERMA
ED IL PRELIEVO VENATORIO”
I miglioramenti ambientali sono inoltre soggetti a norme nazionali: una di queste è la Legge
11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e il
prelievo venatorio”.
Con questa legge vengono favoriti gli interventi di miglioramento ambientale a fini faunistici.
L’art. 10, c. 1, stabilisce che “tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a
pianificazione faunistica venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla
conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie
e, per quanto riguarda le altre specie, il conseguimento della densità ottimale ed alla sua
conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del
prelievo venatorio”.
1.1.1.3. LEGGE QUADRO 394/91
Altra legge nazionale estremamente importante è la Legge quadro sulle aree naturali protette,
n. 394 del 6 dicembre 1991, che individua le procedure e stabilisce le competenze per
l’istituzione e la gestione delle aree protette. Tale legge prevede all’art. 3 la predisposizione
di uno strumento atto a definire le linee fondamentali di assetto del territorio con riferimento
ai valori naturalistici e ambientali che evidenziano i profili di vulnerabilità territoriale: il
sistema Carta della Natura.
1.1.1.4. DIRETTIVA HABITAT
La Direttiva n. 43 CEE del 21 maggio 1992, relativa alla protezione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatica, è stata recepita in Italia con il DPR n. 357
dell’8 settembre 1997.
Rappresenta un enorme passo avanti in materia di conservazione dove, fino al 1992, si era
sempre parlato di specie e mai di habitat.
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Tale direttiva mira a contribuire alla biodiversità degli Stati Membri definendo un quadro
comune per la protezione delle piante, degli animali selvatici e degli habitat di interesse
comunitario, a causa del continuo degrado degli ambienti naturali e delle minacce che gravano
su talune specie (http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l28076.htm).
Sono considerati di interesse comunitario gli habitat:
➢ che rischiano di scomparire dalla loro area di ripartizione;
➢ che hanno un’area di ripartizione ristretta a causa della loro regressione;
➢ ad area di ripartizione ridotta
(www.aiam.info/05/articoli_vdm_direttiva_habitat.htm).
La Direttiva stabilisce all’art. 3 la costituzione di “una rete ecologica europea coerente di zone
speciali di conservazione denominata Natura 2000. Questa rete… deve garantire il
mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente,
dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione
naturale”.
Tale rete è attualmente costituita dalle Zone di protezione speciale (ZPS) e dall’insieme dei siti
di interesse comunitario (SIC) proposti alla Commissione Europea dagli Stati membri. I due tipi
di area, ZPS e SIC, possono essere distinti o sovrapposti, a seconda dei casi.
Attraverso il concetto di rete, l’attenzione è rivolta alla valorizzazione della funzionalità degli
habitat e dei sistemi naturali: vengono considerati non solo lo stato qualitativo dei siti, ma
anche la potenzialità che gli habitat, ricadenti al loro interno, hanno di raggiungere un livello
di maggiore complessità. Sono quindi presi in considerazione anche siti degradati in cui
tuttavia gli habitat abbiano conservato l’efficacia funzionale e siano in grado di tornare verso
forme più complesse (Natura 2000 Italia informa, 2002).
Nonostante l’istituzione di queste aree, al loro interno le attività antropiche non sono escluse,
in quanto le suddette zone non sono severamente protette. È qui riconosciuta l’importanza
che nutre il paesaggio nella congiunzione tra flora e fauna selvatica.
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1.1.2. ASPETTI TECNICI
Dal punto di vista tecnico, i lavori di miglioramento ambientale per il fagiano di monte possono
essere suddivisi in due grandi categorie (Genghini, 1994):
➢ operazioni di miglioramento dell’ambiente nel quale questo galliforme vive;
➢ limitazione di pratiche gestionali potenzialmente dannose, che possono determinare
decessi.
Nella progettazione di questi lavori vanno tenuti presenti vari fattori che possono essere
diversi al variare del territorio considerato. Per esempio, quelli in montagna saranno diversi
da quelli di pianura per vari fattori, quali le attrezzature utilizzate, le temperature, le specie
arboree, ecc.. Secondo Genghini (1994), le zone possono essere raggruppate in 4 aree
principali:
➢ zone di pianura e bassa collina;
➢ zone di collina e montagna coltivate;
➢ zone di collina e montagna dove vi è la prevalenza del pascolo estensivo, con
progressiva forestazione;
➢ zone umide.
Nel caso specifico del presente elaborato, si farà riferimento alle zone di collina e montagna
dove vi è la prevalenza del pascolo estensivo, con progressiva forestazione. Le operazioni in
queste zone favoriscono Ungulati e Tetraonidi, famiglia di cui fa parte il fagiano di monte.
1.1.3. ASPETTI ECONOMICI
Nonostante l’Unione Europea svolga un ruolo stimolante relativo ai miglioramenti ambientali,
queste operazioni possono trovare degli ostacoli rappresentati dalla limitatezza dei fondi che
vengono destinati a questi lavori, dai contrastanti interessi tra le varie categorie che “vivono”
questi ambienti, quali cacciatori, ambientalisti e allevatori, ed anche dal ruolo dei dirigenti
pubblici, che si trovano in difficoltà nel conciliare quelle che sono le esigenze economiche che
queste operazioni richiedono, con i fondi a disposizione, che talvolta tendono ad essere
limitati.
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1.2. IL FAGIANO DI MONTE
1.2.1 SISTEMATICA E NOZIONI GENERALI SUI TETRAONIDI
Il fagiano di monte è un animale appartenente alla famiglia dei Tetraonidae. La sistematica di
questo animale è riportata nella Tab. 1.
Regno Animalia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Classe Aves
Ordine Galliformes
Famiglia Tetraonidae
Genere Tetrao
Specie Tetrao tetrix
Tab. 1 - Classificazione sistematica del fagiano di monte (Ramanzin, 2004).
La famiglia dei Tetraonidi presenta alcune caratteristiche simili a quelle degli altri uccelli, quali
arti posteriori deputati al sostegno dell’intero peso corporeo nella deambulazione, arti
anteriori trasformati in ali, deputate alla trasmissione delle forze durante il volo, ossa lunghe
e cave al loro interno, in modo da svolgere la classica funzione di sostegno ma di essere allo
stesso tempo leggere.
Nonostante queste caratteristiche, i Tetraonidi sono dei grandi camminatori: infatti, si
spostano molto deambulando, mentre il volo è solo occasionale e limitato a brevi tragitti. La
loro bocca è costituta dal becco, un astuccio corneo, che assume varie funzioni, quali la pulizia
del piumaggio, l’alimentazione dei pulcini, l’uccisione delle prede e l’assunzione di cibo.
Le ali sono costituite da penne, che hanno funzioni e forme diverse in base al punto in cui sono
inserite. Si distinguono infatti le remiganti primarie, più lunghe delle altre e poste nella parte
anteriore dell’ala, e le remiganti secondarie, leggermente più corte e poste nella parte
posteriore, entrambe ricoperte da penne definite copritrici, rispettivamente anteriori e
posteriori, che hanno il solo ruolo di copertura non esercitando alcuna funzione durante il
volo.
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La famiglia Tetraonidae è di origine artica e, seguendo le glaciazioni, ha raggiunto l’arco alpino.
Vivendo in zone fredde, con inverni severi, questa famiglia ha posto in essere alcune
modificazioni per resistere al freddo. Queste modificazioni, come riportato da Ramanzin
(2004), sono le narici di dimensioni ridotte, in modo da riscaldare l’aria inalata, e ricoperte di
peluria e penne; inoltre, i Tetraonidi presentano anche gli arti ricoperti di peluria, in modo da
creare una sorta di isolamento dal terreno talvolta ghiacciato, come si può notare in Fig. 1;
un’ulteriore particolarità è la mancanza dello sperone (dito modificato posteriore, tipico degli
uccelli), che permette a questi uccelli di galleggiare meglio sulla neve; infine, gli intestini ciechi
sono molto sviluppati, in modo da valorizzare meglio il cibo ingerito, a volte anche povero di
elementi nutritivi. Comunque, come riporta Von Blotzheim (1985), “malgrado gli intestini
ciechi ben sviluppati, l’efficienza digestiva dei Tetraonidi è sì maggiore dei gallinacei domestici,
ma, per quanto riguarda il nutrimento invernale, non è migliore di quella del capriolo e della
lepre bianca”.
Nella Fig. 2 è rappresentato l’intero apparato digerente del fagiano di monte.
Fig. 1 - Particolare della zampa di fagiano di monte, dove si notano i peli cornei
deputati all’isolamento con il suolo (Zambotti, 2005).
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Fig. 2 - Apparato digerente del fagiano di monte: K) ingluvie, M) ventriglio, D)
intestino tenue; B) intestini ciechi; E) intestino crasso (Zambotti, 2005).
1.2.2 DISTRIBUZIONE
Il fagiano di monte, come descritto da De Franceschi et al. (1992), è una specie a distribuzione
boreo-alpina, in quote comprese approssimativamente tra i 1400 ed i 2000 metri di quota.
Talvolta può insediarsi a quote inferiori, come ad esempio sulle Prealpi lombarde e sulle Alpi
liguri (Simmons et al., 1980). La distribuzione mondiale di questo Tetraonide è riportata nella
Fig. 3.
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Fig. 3 - Distribuzione mondiale del fagiano di monte. Si può notare che la specie è presente
lungo una fascia abbastanza regolare, dove il limite ai due estremi è rappresentato dal clima
(Simmons et al., 1980).
Facendo un focus sulla Provincia Autonoma di Trento, la distribuzione è quella riportata in Fig.
4.
Fig. 4 - Distribuzione del fagiano di monte nella Provincia Autonoma di Trento
(Provincia Autonoma di Trento, 2006).
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La distribuzione del fagiano di monte nella Provincia di Trento è stimata mediante i censimenti
svolti annualmente in zone rappresentative, definite aree campione. In Fig. 5 è rappresentato
un cane da ferma impiegato durante i censimenti estivi in un’area campione.
Fig. 5 - Cane di razza Deutsch Drahthaar in ferma durante un censimento estivo.
1.2.3 MORFOLOGIA
Il fagiano di monte, come il gallo cedrone (Tetrao urogallus), è una specie poligama e presenta
un elevato dimorfismo sessuale (AA. VV, 2013).
Il maschio possiede, nella fase adulta, una livrea di colore nero con accentuati riflessi blu; le
ali presentano una banda bianca, visibile soprattutto in volo. La coda, composta da 18 penne,
ha una tipica forma a lira, da cui deriva il nome volgare di “gallo forcello”; il sottocoda è bianco
e molto visibile durante le parate nuziali, quando la coda viene interamente distesa; in tal
modo le dimensioni dell’animale appaiono maggiori. Le ali tendono ad assumere un apice
arrotondato con l’avanzare dell’età, mentre nei pulli presentano una forma spigolosa.
L’apertura alare nei soggetti adulti è di circa 70 cm.
Nella parte sopraccigliare del maschio sono presenti due caruncole di colore rosso. Queste
assumono un aspetto particolarmente voluminoso durante il periodo degli accoppiamenti,
quando vengono gonfiate, grazie all’abbondante circolazione sanguigna, come riportato in Fig.
6. Il peso di un maschio di fagiano di monte si attesta attorno a 1.2 kg (AA. VV, 2013).
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Fig. 6 - Esemplare maschio di fagiano di monte nel momento degli accoppiamenti: è ben
visibile la caruncola (Fonte: http://www.naturfoto.cz/).
La femmina ha una colorazione marrone con punteggiature nere, che le permette di
mimetizzarsi nella vegetazione (Fig. 7). La coda ha sempre forma a lira, ma è di dimensioni
decisamente inferiori rispetto a quella del maschio e non viene rigonfiata durante il periodo
riproduttivo. Le penne delle ali presentano forma e distribuzione come nel maschio, ma con
un’apertura alare minore, di circa 50 cm. Anche nelle femmine sono presenti le caruncole, ma
hanno dimensioni molto minori rispetto a quelle dell’altro sesso, e non vengono gonfiate. Il
peso corporeo è inferiore al chilogrammo, molto spesso anche solo 700-800 grammi (AA. VV,
2013).
Fig. 7 - Femmina di fagiano di monte: si noti la differenza nella colorazione del
piumaggio rispetto al maschio (Fonte: https://www.brunobressan.com)
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1.2.4 RIPRODUZIONE
Il fagiano di monte è una specie poligama, il che significa che, nel momento degli
accoppiamenti primaverili, il maschio copre non una sola femmina.
Nella Fig. 8 è riportato il ciclo biologico del fagiano di monte, con la spiegazione delle varie fasi
che si susseguono nei mesi: accoppiamenti ad aprile, schiusura delle uova verso la fine di
giugno/inizi di luglio, superamento dell’inverno in buche sotterranee scavate dallo stesso per
resistere alle basse temperature, dalle quali esce solamente per nutrirsi, uscita definitiva verso
fine febbraio.
Fig. 8 - Ciclo biologico annuale del fagiano di monte (AA.VV, 2013).
La stagione riproduttiva è in aprile-maggio, quando i fagiani di monte si ritrovano sulle arene
di canto (radure erbose di una certa estensione), dove i maschi svolgono le caratteristiche
parate nuziali, fatte di atteggiamenti, salti e camminate rituali, accompagnate da soffi e rugolii,
e si sfidano per ottenere le attenzioni delle femmine, che rimangono ad osservare (Von
Blotzheim, 1985).
In media i maschi di 3 o più anni sono quelli che più facilmente si accoppiano, mentre le
femmine iniziano ad accoppiarsi già al secondo anno di vita (Tiso, 2009). Dopo l'alcuni giorni
dall'accoppiamento, le femmine costruiscono il nido, a terra, nel bosco o nelle radure, dove
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vengono deposte da 5 a 10 uova di colore giallo chiaro con piccole macchie brune. La cova
dura 25-27 giorni e in questo periodo la femmina abbandona il nido solo per nutrirsi. I giovani
nati sono nidifughi, atti cioè da subito a seguire la madre negli spostamenti alla ricerca del
cibo, e saranno in grado di volare 15 gg dopo la schiusa (Zbiden e Salvioni, 2003).
1.2.5 HABITAT E ALIMENTAZIONE
L’ambiente ideale allo sviluppo di questo galliforme è rappresentato da aree poste tra il limite
superiore del bosco e quelle caratterizzate da vegetazione arbustiva, rappresentata per la
maggior parte da rododendro (Rhododendron ferrugineum) (Rotelli, 2004). In particolare,
questo ambiente è caratterizzato da un’elevata presenza di larice (Larix decidua). Questa è
una specie forestale eliofila e garantisce lo sviluppo di un sottobosco costituito sia da specie
arbustive che erbacee (Rotelli, 2004); un’immagine rappresentativa è riportata in Fig. 9.
Fig. 9 - Lariceto in Val Sorda, provincia di Trento. Il sottobosco molto rigoglioso è costituito da
rododendro e specie erbacee (Fonte: http://vnr.unipg.it/habitat).
Anche le aree popolate da pino cembro (Pinus cembra) rappresentano un ambiente ideale alla
crescita del fagiano di monte, in quanto favoriscono lo sviluppo di un sottobosco idoneo
(Rotelli, 2014). La presenza di questa conifera non è molto diffusa in Trentino, pertanto questa
specie forestale non viene considerata nel presente elaborato.
Con l’avanzare della stagione invernale, periodo più difficile per il fagiano di monte, gli animali
scavano nella neve delle buche profonde tra i 20 ed i 45 cm, che possono essere lunghe anche
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alcuni metri. Quest’operazione permette agli animali di ripararsi in un ambiente dove la
temperatura è prossima agli 0°C, e quindi anche molto superiore a quella esterna; inoltre,
permette anche di nascondersi, sfuggendo così ai predatori. Il fagiano di monte esce da queste
buche solamente quando è strettamente indispensabile per alimentarsi o quando si sente in
pericolo, ad esempio quando viene disturbato da sciatori impegnati in fuori pista (Zambotti,
2005). L’esempio degli sciatori, come molte attività con effetti simili sul tetraonide, provoca
un notevole dispendio energetico così da condizionarne la sopravvivenza (AA. VV, 2013).
L’alimentazione di questo animale è diversa tra stadio giovanile e adulto.
Nelle prime settimane di vita, durante la stagione estiva, la dieta è prevalentemente
insettivora: particolare importanza rivestono quindi i formicai, dove, oltre alla presenza di
formiche adulte, sono presenti anche le larve (Zambotti, 2005).
Con la crescita cambia anche il regime alimentare e la dieta viene integrata da alimenti di
origine vegetale; grazie alla simbiosi con particolari microorganismi all’interno dei due ciechi,
che consentono all’animale di utilizzare alimenti ricchi di fibra e poveri di energia, riesce a
digerire prodotti del sottobosco, quali giovani gemme (molto tenere) e frutti di alcune piante
(Ramanzin, 2004).
Con l’avvicinarsi dell’inverno, gli alimenti vegetali disponibili calano sia quantitativamente che
qualitativamente. Nel periodo invernale, infatti, la dieta è costituita soprattutto da aghi di
sempreverdi (Zambotti, 2005).
1.2.6 IL FAGIANO DI MONTE COME INDICATORE BIOLOGICO
Il fagiano di monte è una specie molto esigente in termini ambientali ed ecologici, risentendo
molto dei disturbi, in special modo di quelli antropici, ma anche di quelli naturali. Per tali
ragioni viene considerato una specie ombrello, cioè una specie la cui presenza permette
l’identificazione di un ambito di esigenze spaziali e funzionali in grado di comprendere quelle
di tutte le altre specie di un’area/ecosistema da porre sotto protezione (Pezzo, 2008).
Viene utilizzato come indicatore biologico perché risente di molti fattori di disturbo ai quali
può essere soggetto, rispondendo con delle diminuzioni di numero, rappresentate per
esempio da un’aumentata mortalità o da migrazioni verso ambienti più idonei al suo ciclo
biologico.
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Modificando quindi l’ambiente per favorire questo tetraonide, indirettamente si
apporteranno delle migliorie anche per altre specie.
2 SCOPI
Quest’elaborato ha lo scopo di effettuare un’indagine preliminare per valutare le
caratteristiche vegetazionali degli ambienti maggiormente utilizzati dal fagiano di monte. A tal
fine, è stata quindi monitorata la presenza del fagiano di monte in Grual (Val Rendena –
Trentino), un’area protetta che non è mai stata soggetta a miglioramenti ambientali, dove la
popolazione di fagiano di monte è attualmente presente con consistenze inferiori alla
potenzialità del territorio.
I dati raccolti potranno essere utili per fornire indicazioni di base per l’esecuzione di futuri
interventi di miglioramento ambientale, volti ad aumentare la consistenza numerica della
specie oggetto di studio.
3 MATERIALI E METODI
3.1 AREA DI STUDIO
3.1.1 INQUADRAMENTO TERRITORIALE
La zona oggetto di indagine in questo elaborato, denominata Grual, è situata in Val Rendena
(Trentino) sulla sinistra orografica del fiume Sarca, e più precisamente nel comune catastale
di Giustino. L’area ricade all’interno dei confini del Parco Naturale Adamello Brenta e si trova
ad una quota variabile tra i 1900 m ed i 2100 metri s.l.m.; ricade all’interno della Skiarea
Campiglio ed è caratterizzata dalla presenza di impianti sciistici e da un grande afflusso di
turisti, specialmente nel periodo invernale. In estate è raggiungibile soltanto a piedi o
mediante fuoristrada autorizzati.
In quest’area non sono mai stati effettuati lavori di miglioramento ambientale.
La posizione geografica dell’area di studio è riportata in Fig. 10.
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Fig. 10 - Ortofoto di un tratto di Val Rendena dove viene evidenziata l’area (Fonte:
https://www.google.com/maps/).
A scopo illustrativo, una porzione di area è riportata in Fig. 11.
Fig. 11 - Porzione dell’area denominata Grual, in cui è stato realizzato il presente studio
(Fonte:
https://www.flickr.com/photos)
In quest’area, il substrato è leggermente alcalino, in quanto è costituito da granodiorite del
Doss del Sabion, una roccia intrusiva della famiglia del granito (Montresor e Martin, 1997).
Il pH è acido (5.1) (https://www.siti4farmer.eu/; Fig. 12).
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Fig. 12 - Dati relativi alla pedologia dell’area di studio (Fonte:
https://www.siti4farmer.eu/).
L’area ha una superficie di circa 9 ettari ed è caratterizzata da una giacitura molto variabile,
con limitate aree pianeggianti e diverse zone con pendenze più o meno accentuate. La
copertura vegetale presenta grande difformità, con zone a copertura erbacea (pascolo), aree
con vegetazione arbustiva e modesta presenza di specie forestali. Gli arbusti presenti sono:
rododendro (Rhododendron ferrugineum), mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), falso mirtillo
(Vaccinium uliginosum), mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idea), ginepro di montagna (Juniperus
communis subsp. alpina). Le piante forestali sono rappresentate da larice (Larix decidua),
abete rosso (Picea excelsa), pino mugo (Pinus mugo) e ontano verde (Alnus viridis).
Nella Fig. 13 è riportata un’ortofoto con i confini dell’area.
Fig. 13 - Estratto di ortofoto dell’area nella quale sono stati reperiti i dati (Fonte:
https://webgis.provincia.tn.it/).
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3.1.2 PIANO DI SVILUPPO RURALE (PSR)
Il PSR della Provincia Autonoma di Trento (PAT) costituisce lo strumento di programmazione
per poter beneficiare del sostegno finanziario dell’Unione Europea di cui al Regolamento (CE)
n. 1257/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999, recante le norme relative al sostegno allo
sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG)
(Brugnoli e Giannesini, 2007). inserito in bibliografia
Il PSR in vigore ad oggi è quello attivo nel settennio 2014/2020, approvato con Decisione della
Commissione Europea C(2018) 6389 finale del 27.9.2018 e con Deliberazione della Giunta
provinciale n. 2054 del 19/10/2018.
Nello specifico nel PSR sono riportati gli interventi soggetti a finanziamento, tra cui:
➢ valorizzazione della vocazione produttiva del Trentino;
➢ uso sostenibile delle risorse, attraverso l’interazione tra operazioni agricole e
forestali;
➢ misure atte a migliorare il territorio, incentivando tutte quelle operazioni che ne
mantengono il presidio.
3.2 RILEVAMENTO DATI
Tutti i dati raccolti utili alla stesura del suddetto elaborato sono stati reperiti durante l’estate
e l’autunno 2018.
Durante il periodo estivo, l’indagine sulla presenza del fagiano di monte è stata realizzata
mediante rilevamento dati lungo dei percorsi lineari predefiniti, chiamati transetti, che sono
stati riportati su una cartina prima dell’inizio del lavoro, come riportato in Fig. 14. I transetti
non seguivano le isoipse ed erano paralleli e distanziati di 25 metri l’uno dall’altro; venivano
percorsi in direzione Sud - Nord e, dopo lo spostamento verso ovest, in direzione Nord – Sud.
In questo modo è stato possibile analizzare l’intera area in modo sistematico, percorrendo in
totale 25,35 km.
19
Fig. 14 - Porzione di area rilevata secondo le linee azzurre (transetti), lo stesso principio è
stato poi traslato in direzione Ovest in modo da rilevare l’intera area.
Per coprire l’intera area di studio, sono state necessarie sette uscite, che sono state effettuate
in giorni consecutivi nell’arco di una settimana. A distanza di una settimana dal termine del
primo campionamento, i transetti sono stati ripercorsi sull’intera area, seguendo lo stesso
ordine utilizzato in precedenza, in modo che la distanza tra la ripetizione di ogni transetto
fosse di due settimane.
I dati raccolti lungo i transetti durante il periodo estivo sono poi stati integrati da dati rilevati
durante il periodo autunnale percorrendo l’intera area con un cane da ferma di razza Deutsch
Drahthaar. Questo periodo è quello concesso anche dalla normativa 157/92 nell’articolo “Uso
e custodia dei cani”, in quanto non vi è il rischio che il cane abbocchi qualche pullo restio a
volare. In questo caso, non venivano seguiti dei transetti ben definiti, per l’evidente difficoltà
nel guidare il cane lungo una linea precisa, ma venivano compiuti degli spostamenti più
casuali, facendo però attenzione a coprire l’intera area. In totale, sono stati percorsi con il
cane 32 km.
I chilometri percorsi, sommando quelli dei transetti estivi e quelli dei percorsi autunnali con il
cane da ferma, sono quindi in totale 57,35. Durante questi percorsi (sia durante i transetti
estivi che durante i percorsi autunnali con il cane), veniva annotato ogni segno di presenza del
fagiano di monte, sia che si trattasse di un avvistamento diretto, sia che venisse rilevato
qualche segno di presenza della specie (presenza di fatte, penne, ecc.).
20
Ogni segno di presenza del fagiano di monte è stato quindi georeferenziato con coordinate
GPS.
In un diametro di 5 metri dal punto di rilevamento della presenza del fagiano di monte, veniva
effettuata una stima a vista della tipologia e della percentuale di copertura di specie erbacee
e arbustive. In particolare, per il rododendro è stata anche effettuata una distinzione tra le
diverse classi di altezza degli arbusti presenti: 0-20 cm, 20-40 cm, 40-60 cm, >60 cm.
Per quanto concerne le specie forestali, è stata invece stimata la percentuale di copertura
arborea nel diametro di 10 metri dal punto di rilevamento della presenza del gallo forcello,
secondo le classi seguenti:
0% = nessuna
1-20% = scarsa
21-50% = media
> 50% = abbondante.
Il campionamento delle specie vegetali è stato svolto secondo l’analisi fitoecologica riportata
da Cantiani (1985).
Nella Fig. 15 viene riportato un esempio di scheda di rilevamento dati compilata durante i
sopralluoghi.
Fig. 15 - Esempio di scheda di rilevamento dati compilata durante i sopralluoghi
effettuati nel corso del tirocinio.
21
3.3 ELABORAZIONE DATI
Il primo passo che si è compiuto nella stesura del suddetto elaborato è stato quello di tracciare
su un’ortofoto digitale il perimetro dell’intera area sottoposta ad indagine mediante l’utilizzo
di GPS Garmin Etrex 10 come riportato in Fig. 16.
Successivamente, ogni volta che si è riscontrato un segno di presenza o si è assistito ad un
avvistamento diretto, veniva annotato il punto sul GPS in modo che vi fosse una
corrispondenza univoca tra il numero del punto e quel che è stato rilevato, così da poter
facilmente reperire tutti i dati necessari. Questi punti sono stati poi scaricati con l’apposito
software correlato al GPS come riportato in Fig. 17.
Fig. 16 – Perimetro dell’area di indagine rilevato mediante l’utilizzo del GPS
Fig. 17 – Alcuni dei punti scaricati con il software
22
Tutti i dati raccolti utili alla stesura del presente documento sono stati inseriti in un foglio di
Microsoft Excel, come riportato in Fig. 18.
Fig. 18 - Inserimento dei dati con Microsoft office Excel
Per l’elaborazione dei dati, sono stati considerati solo i rilevamenti di presenza del fagiano di
monte, ignorando quelli relativi ad altre specie (coturnice, gallo cedrone e lepre).
Il numero di rilevamenti di presenza del fagiano di monte è stato rapportato al numero totale
di chilometri percorsi (25,35 + 32 = 57, 35 km), al fine di calcolare l’indice chilometrico di
abbondanza (IKA) della specie.
I dati sono stati rappresentati graficamente mediante grafici a torta e istogrammi.
4 RISULTATI
Durante il periodo di studio è stato possibile raccogliere informazioni su 19 segni di presenza
di fagiano di monte nell’area di studio, durante il periodo estate-autunno 2018. Di questi, 11
si sono basati su avvistamenti diretti, mentre i restanti 8 sono stati dedotti in base al
rinvenimento di segni indiretti di presenza della specie (Fig. 19). I segni indiretti erano
rappresentati prevalentemente da fatte, ma in due casi sono state rinvenute anche delle
penne (Fig. 20).
23
Fig. 19 - Percentuale di rilevamenti diretti e indiretti di presenza di fagiano di monte nell'area
di studio durante il periodo estate-autunno 2018 (n = 19).
Fig. 20 - Percentuale del tipo di segni indiretti di presenza di fagiano di monte nell'area di
studio durante il periodo estate-autunno 2018 (n = 8).
Considerando il numero di chilometri percorsi, l’IKA risulta essere pari a 0,33 (57,35 km/19
rilevamenti di presenza). In termini di copertura erbacea ed arbustiva, le percentuali
mediamente riscontrate nelle aree del diametro di 5 metri campionate intorno ai suddetti
rilevamenti sono presentate in Fig. 21. È evidente che la maggior parte della copertura
presente era rappresentata da prato (61,7%), seguita da copertura a rododendro (31,23%) e,
in misura molto inferiore, da copertura a mirtillo, con scarsa presenza di megaforbie e ginepro.
58%
42%
Diretti Indiretti
25%
75%
Penne Fatte
24
Fig. 21 - Percentuale media di copertura vegetale erbacea e arbustiva in un’area del
diametro di 5 metri dal punto di rilevamento della presenza del fagiano di monte.
Una percentuale più o meno alta di prato era presente in tutte le aree dei 19 rilevamenti di
presenza del fagiano di monte. In queste aree il prato era rappresentato principalmente da un
raggruppamento di varie essenze erbacee, in seguito definito misto, mentre in 4 (21%) aree
era composto quasi esclusivamente da Festuca spp. (Fig. 22).
Fig. 22 – Numero (a sinistra) e percentuale (a destra) di rilevamenti di presenza di fagiano di
monte nell'area di studio in funzione della tipologia di copertura erbacea prevalente (n = 19).
Le megaforbie, ossia piante erbacee di grandi dimensioni con apparato fogliare espanso,
tipiche di ambienti umidi e con suoli eutrofici, sono state osservate solo in 4 (21%) delle aree
campionate (Fig. 23).
31,23%
2,98%
2,05%
2,05%
61,70%
Rhododendrum spp. Vaccinium spp.
Juniperus spp. Megaforbie
Prato
21%79%
festuca spp. misto
4
15
0
2
4
6
8
10
12
14
16
festuca spp. misto
N. r
ileva
men
ti d
i pre
sen
za
25
Fig. 23 - Numero (a sinistra) e percentuale (a destra) di rilevamenti di presenza di fagiano di
monte nell'area di studio in funzione della presenza o assenza di megaforbie (n = 19).
Il rododendro era invece presente nell’84% delle aree in cui è stata rilevata la presenza del
fagiano di monte (Fig. 24). In queste aree, le classi di altezza più rappresentate erano quelle
inferiori ai 40 cm, con preferenza per la classe compresa tra 20 e 40 cm. La copertura
percentuale media di ciascuna classe di altezza è rappresentata in Fig. 25.
Fig. 24 – Numero (a sinistra) e percentuale (a destra) di rilevamenti di presenza di fagiano di
monte nell'area di studio in funzione della presenza o assenza di rododendro.
4
15
0
2
4
6
8
10
12
14
16
presenti assenti
N. r
ileva
men
ti d
i pre
sen
za
21%79%
presenti assenti
84%
16%
presente assente
16
3
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
presente assente
N. r
ileva
men
ti d
i pre
sen
za
26
Fig. 25 - Copertura percentuale media di ciascuna classe di altezza del rododendro nelle aree
di rilevamento di presenza di fagiano di monte (calcolato solo per le aree in cui il rododendro
era presente; n = 16).
Per quanto riguarda la presenza di Vaccinium spp., è stata riscontrata solo in 7 (37%) delle
aree campionate (Fig. 26) ed era rappresentata prevalentemente da mirtillo selvatico (in 6
rilevamenti su 7), falso mirtillo (in 3 rilevamenti su 7) e mirtillo rosso (presente in un unico
rilevamento).
Fig. 26 - Numero (a sinistra) e percentuale (a destra) di rilevamenti di presenza di fagiano di
monte nell'area di studio in funzione della presenza o assenza di Vaccinium spp. (n = 19).
Infine, relativamente alla vegetazione arbustiva, anche la presenza di ginepro (in particolare
del ginepro comune sottospecie alpina) è stata riscontrata solo in 7 (37%) aree su 19 (Fig.
27).
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
50%
0-20 cm 20-40 cm 40-60 cm > 60 cm
Per
cen
tual
e d
i co
per
tura
7
12
0
2
4
6
8
10
12
14
presente assente
N. r
ileva
men
ti d
i pre
sen
za
37%
63%
presente assente
27
Fig. 27 - Numero (a sinistra) e percentuale (a destra) di rilevamenti di presenza di fagiano di
monte nell'area di studio in funzione della presenza o assenza di ginepro (n = 19).
Per quanto riguarda la vegetazione arborea nel diametro di 10 metri dal punto di rilevamento
della presenza del fagiano di monte, essa era rappresentata prevalentemente da larice, abete
rosso e pino mugo. Tutte queste specie arboree sono tipiche di aree situate ad una quota
relativamente elevata, come risulta essere quella dove si sono effettuati gli studi. Il grado di
copertura arborea nelle aree campionate era prevalentemente scarso (47% dei casi) o
addirittura nullo (21%) (Fig. 28).
Fig. 28 - Percentuale di rilevamenti di presenza del gallo forcello nell'area di studio in
funzione del grado di copertura arborea (n = 19).
7
12
0
2
4
6
8
10
12
14
presente assente
N. r
ileva
men
ti d
i pre
sen
za37%
63%
presente assente
21%
47%
16%
16%
nessuna scarsa media abbondante
28
5 DISCUSSIONE
Il lavoro eseguito è basato su rilevamenti del fagiano di monte in Grual (Val Rendena,
Trentino).
Nel corso dell’estate-autunno 2018, periodo nel quale si sono svolti i rilievi, si sono
riscontratati 19 segni, prevalentemente indiretti, di presenza della specie. Questo numero di
rilevamenti di presenza, rapportato al numero di chilometri percorsi, indica una presenza
piuttosto scarsa del fagiano di monte sul territorio oggetto di studio. La scarsità di
avvistamenti potrebbe in parte essere dovuta al fatto che l’annata considerata è stata
sfavorevole allo sviluppo dei pulli di fagiano di monte, in quanto nel periodo della schiusura
delle uova le precipitazioni sono state elevate e le temperature rigide, quindi in grado di
danneggiare le covate. Infatti, come riporta Rotelli (2014), basse temperature e precipitazioni
abbondanti durante i mesi di giugno e luglio, dopo la schiusura delle uova, possono influenzare
in modo estremamente negativo il successo riproduttivo del fagiano di monte. Inoltre, è
importante considerare che la specie è piuttosto schiva, come testimoniato dal fatto che la
maggior parte dei rilevamenti di presenza è avvenuto mediante il rinvenimento di segni
indiretti di presenza, piuttosto che di avvistamenti diretti.
Risulta facilmente comprensibile come in un’area ampia come è quella studiata l’animale
scelga zone con caratteristiche ben definite in cui compiere tutte le attività utili al suo ciclo
biologico. Queste caratteristiche sono quelle che presentano buona parte dei 19 punti in cui
sono stati effettuati i rilevamenti.
In particolare, la specie sembra frequentare aree in prevalenza ricoperte da specie erbacee
quali Festuca spp. ed un’aggregazione di altre essenze, con una buona presenza di
rododendro. Per quanto riguarda la presenza del tetraonide nelle zone ricoperte da
rododendro, è interessante notare come le aree con grado di altezza inferiore ai 40 cm siano
le più frequenti. Questo è probabilmente dovuto al fatto che tale altezza consente al
galliforme, sia in stadio giovanile che adulto, una maggiore facilità negli spostamenti e nel
trovare rifugio (Zambotti, 2005).
Si è inoltre potuto constatare come questo animale sia maggiormente presente dove la
copertura erbacea è rappresentata da un’aggregazione di diverse specie vegetali capaci di
fornire all’animale nutrienti differenti, mentre la presenza di megaforbie, mirtillo e ginepro
non sembra particolarmente rilevante. Tuttavia, è interessante notare come, nelle aree con
29
presenza di Vaccinium spp., il mirtillo nero, in grado di apportare un’energia maggiore (Von
Blotzheim, 1985), sia la specie più rappresentata.
I dati raccolti suggeriscono anche che il fagiano di monte possa essere osservato in zone in cui
la copertura arborea è scarsa o assente. Questo è probabilmente dovuto alla maggior
possibilità di avvistare eventuali pericoli e/o predatori in spazi aperti, piuttosto che in aree con
densa copertura arborea (AA. VV, 2013).
In generale, quindi, i nostri risultati confermano quanto già riportato da altri autori (AA. VV,
2004), secondo i quali il fagiano di monte predilige aree dove vi è elevato assortimento di
essenze vegetali; il rododendro presenta un’altezza contenuta; megaforbie e ginepro sono
scarsi o assenti e la copertura arborea è limitata.
Nei punti campionati, che come è stato precedentemente detto rappresentano un
microhabitat ideale, vi è semplicità nello scovare rifugio, facilità nel reperire cibo ed inoltre
l’esposizione e l’altitudine fanno sì che le temperature siano leggermente più favorevoli
all’intero ciclo biologico del fagiano di monte (Zambotti, 2005).
Questo tipo di situazione è anche quella che può essere riscontrata in aree sottoposte a
miglioramento ambientale proprio per favorire la presenza del fagiano di monte. Viene
riportata in Fig. 29 un’area che è stata soggetta a miglioramenti ambientali in modo da rendere
più chiaro l’ambiente derivante da tali operazioni. Grazie alla neve che ricopre il soprassuolo
si può notare come tra i rododendri con altezza non elevata siano stati creati dei corridoi con
struttura a mosaico, in grado di facilitare la movimentazione del fagiano di monte (Tiso, 2009).
Fig. 29 - Area sottoposta a miglioramenti ambientali: rododendro di altezza contenuta,
copertura arborea limitata (Rotelli, 2014).
30
Infatti, i lavori di miglioramento ambientale sono soggetti a procedure ben definite, come per
esempio nel caso del taglio dei rododendri, che deve essere il più basso possibile, in quanto
quest’arbusto tende ad emettere numerosi polloni basali; inoltre, le operazioni vanno
appunto eseguite a mosaico, come visibile in Fig. 29, in modo da alternare luoghi di riparo e
di pastura (Tiso, 2009). La larghezza dei corridoi che determinano il mosaico non deve essere
eccessiva, poiché in questo modo i predatori hanno un campo visivo ristretto e quindi una
possibilità di individuare le prede minore, e questo fa aumentare la possibilità di
sopravvivenza del fagiano di monte.
Ovviamente, uno dei fattori da considerare prima di iniziare degli interventi di miglioramento
ambientale è l’aspetto economico il quale, anche se si parla di aree di piccole dimensioni, ha
un’incidenza non indifferente (AA. VV, 2013). La fattibilità economica degli interventi risulta
maggiore in zone facilmente accessibili da strade, in modo che i lavori di manutenzione
possano essere effettuati con relativa facilità, e/o in zone nelle quali sia possibile un
pascolamento diretto degli animali domestici, così da poter mantenere la copertura erbacea
all’interno dei transetti ad un livello ottimale e quindi prolungare la durata di questi interventi.
E’ importante anche considerare gli aspetti tecnici dell’intervento: per esempio, in aree a forte
pendenza, come nella nostra area di studio, il metodo migliore per eseguire le operazioni di
miglioramento è tramite un escavatore di tipo ragno (Fig. 30).
Fig. 30 - Escavatore di tipo ragno dotato di testata trinciatrice, adattato per interventi di
miglioramento ambientale in aree a forte pendenza.
31
6 CONCLUSIONI
Come precedentemente riportato, l’area soggetta ad indagine non è stata migliorata.
Il Grual è rappresentato da ex praterie magre su suoli leggermente acidi, almeno
superficialmente. In questa zona, le specie erbacee prevalenti sono rappresentate dal nardo
(Nardus stricta), dalla festuca (Festuca varia) e dall’erba mazzolina (Dactylis glomerata), anche
se le percentuali di abbondanza di questa sono molto esigue. Recentemente, però,
l’abbandono del pascolamento, e quindi della cura del pascolo, ha portato allo sviluppo di
numerose specie arbustive, dove la maggior parte è rappresentata dal rododendro e
dall’ontano verde. Vi è stata la conseguente ed inevitabile ricolonizzazione dell’area da parte
di numerosi esemplari arbustivi, appartenenti al genere larice ed abete rosso, inizialmente
come arbusti, fino ad arrivare alla loro normale statura, rioccupando l’intera area disponibile.
Questa conformazione vegetale, caratterizzata da molti arbusti e piante forestali di elevate
dimensioni, rappresenta un ambiente inadatto a molte specie selvatiche, ed in particolare al
fagiano di monte, perché viene molte volte ostacolato dalla vegetazione nello svolgimento del
proprio ciclo biologico.
Analizzando i punti nei quali sono avvenuti i rilevamenti, risulta chiaro come il fagiano di
monte prediliga aree in cui siano presenti un limitato grado di copertura arborea ed un’esigua
copertura arbustiva e, in particolare, le aree in cui l’altezza del rododendro è compresa tra i
20 ed i 40 cm, in quanto altezze più elevate potrebbero rappresentare un limite per gli
spostamenti dei pulli, che nel primo periodo della loro vita sono incapaci di volare.
Inoltre, la presenza del fagiano di monte è stata rilevata in zone in cui la specie può reperire
facilmente il nutrimento, spesso rappresentato da bacche di mirtillo. Queste aree consentono
il riparo e, allo stesso tempo, costituiscono un ambiente non troppo serrato, che permette di
individuare eventuali pericoli e predatori a distanza.
In Grual risultano quindi sicuramente esistere già alcune porzioni di territorio idoneo alla
presenza del fagiano di monte. La scarsa presenza della specie suggerisce però che esistano
anche porzioni di territorio con caratteristiche meno favorevoli. Sarebbe pertanto necessario
monitorare quali siano le caratteristiche vegetazionali complessive in Grual, al fine di valutare
la possibilità di effettuare degli interventi di miglioramento ambientale, volti a estendere
all’intera area le caratteristiche favorevoli alla specie. Se venissero svolte tali operazioni di
miglioramento ambientale in Grual, si verrebbe probabilmente a creare un’area simile alle
32
limitate porzioni entro le quali sono avvenuti i rilevamenti del presente studio, rendendo
quindi la superficie interamente adatta a questo galliforme.
Volendo effettuare tali interventi, data l’elevata pendenza del terreno, appare consigliabile
l’utilizzo di strumenti idonei, quali ad esempio un escavatore di tipo ragno.
Dal punto di vista pratico, tali interventi in Grual sembrano fattibili, in quanto sono soddisfatte
le condizioni di facile accessibilità tramite la rete stradale, che consentirebbe di limitare i costi
di intervento, e di possibilità di pascolo da parte degli animali domestici, che, controllando la
crescita dell’erba, permetterebbe di prolungare la durata degli interventi.
Infine, per favorire la presenza del fagiano di monte, sembra consigliabile anche incoraggiare
la presenza di animali domestici che, oltre a contrastare in generale l’abbandono della
montagna, possono appunto contribuire a creare condizioni favorevoli alla specie oggetto del
presente studio.
7 RIASSUNTO
Negli ultimi decenni il numero di esemplari di fagiano di monte è di molto diminuito. Le cause
primarie di questo declino sono la ricolonizzazione arborea ed arbustiva di molte zone
occupate dalla specie, i sempre maggiori disturbi antropici (sci fuori pista, aumento delle
attività ricreative nelle zone del fagiano di monte…), l’abbandono delle attività zootecniche in
montagna, con particolare riferimento alla pratica dell’alpeggio. Questo ha portato ad
un’espansione vegetale e a un progressivo processo di rinselvatichimento tale per cui le aree
favorevoli alla presenza della specie risultano essere sempre minori. Lo scopo del lavoro è
stato quello di effettuare un’indagine preliminare per valutare le caratteristiche vegetazionali
degli ambienti maggiormente utilizzati dal fagiano di monte in un’area situata in Val Rendena
(Trentino), denominata Grual, nella quale non sono mai stati realizzati interventi di
miglioramento ambientale. Quest’area è caratterizzata da un pH leggermente alcalino (il
substrato è infatti granodiorite), giacitura molto variabile con limitate zone pianeggianti ed
aree con pendenze più o meno accentuate, e copertura vegetale che presenta grande
difformità, con zone a copertura erbacea (pascolo), aree con vegetazione arbustiva e modesta
presenza di specie forestali. I dati sono stati rilevati durante l’estate e l’autunno 2018,
mediante avvistamenti diretti e segni di presenza indiretti della presenza del fagiano di monte
lungo transetti (rilevamenti estivi) o mediante l’impiego del cane da ferma (rilevamenti
33
autunnali). Nei punti di presenza è stata rilevata la copertura vegetale erbacea e arbustiva
presente in un diametro di 5 metri dal punto di rilevamento, e il grado di vegetazione arborea
in uno di 10 metri. In totale, sono stati realizzati 19 rilievi di presenza del gallo forcello, di cui
11 in base ad avvistamenti diretti e 8 tramite segni indiretti di presenza, quali penne o fatte.
Il numero di rilevamenti di presenza è stato messo in relazione con i chilometri percorsi, al
fine di calcolare un indice chilometrico di abbondanza (IKA), che è risultato pari a 0.33. Si può
ipotizzare che un valore così basso sia dovuto, oltre che all’andamento meteorologico
particolarmente negativo dell’annata oggetto di studio, anche alle caratteristiche ambientali
generali che, fatta eccezione per gli specifici punti in cui sono stati effettuati i rilievi, risulta
essere inadatto alla specie, in particolare a causa dell’elevato grado di copertura arborea ed
arbustiva. Per quanto riguarda le caratteristiche vegetazionali delle zone di presenza del
fagiano di monte, si è potuto osservare che esse sono in prevalenza ricoperte da specie
erbacee quali Festuca spp. ed un’aggregazione di altre essenze, con buona presenza di
rododendro con grado di altezza inferiore ai 40 cm, ed infine con copertura arborea scarsa o
assente. Queste zone rappresentano un microhabitat ideale, in quanto vi è semplicità nello
scovare rifugio e facilità nel reperire cibo. In Grual risultano quindi sicuramente esistere già
alcune porzioni di territorio idoneo alla presenza del fagiano di monte. La scarsa presenza della
specie suggerisce però che esistano anche porzioni di territorio con caratteristiche meno
favorevoli. Sarebbe pertanto necessario monitorare quali sono le caratteristiche vegetazionali
complessive in Grual, al fine di valutare la possibilità di effettuare degli interventi di
miglioramento ambientale, volti a estendere all’intera area le caratteristiche favorevoli alla
specie. Se venissero svolte tali operazioni di miglioramento ambientale in Grual, si verrebbe
probabilmente a creare un’area simile alle limitate porzioni entro le quali sono avvenuti i
rilevamenti del presente studio, rendendo quindi la superficie interamente adatta a questo
galliforme.
Dal punto di vista pratico, tali interventi in Grual sembrano fattibili, in quanto sono soddisfatte
le condizioni di facile accessibilità tramite la rete stradale, che consentirebbe di limitare i costi
di intervento, e di possibilità di pascolo da parte degli animali domestici, che, controllando la
crescita dell’erba, permetterebbe di prolungare la durata degli interventi.
34
8 RINGRAZIAMENTI
Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato nella redazione del presente elaborato: la Prof.
Silvana Mattiello come relatore; il Dott. Albert Ballardini, dell’ente FSA s.n.c. (Formazione
Sicurezza Ambiente), quale correlatore; il Dott. Sandro Zambotti, dell’Associazione Cacciatori
Trentini; il Prof. Marco Salvaterra; la mia famiglia, nello specifico mio fratello Claudio, che mi
ha sempre supportato e spesso anche sopportato. Un ringraziamento va anche a Brilly per
l’aiuto durante la raccolta dei dati.
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