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Origine teorica e significato fisico della costante di Planck, basi della teoria dei quanti Nel paragrafo 29 abbiamo visto che le indicazioni fornite dalla legge di Wien inducevano alla ricerca di una relazione teorica tra la temperatura del corpo e la lunghezza d’onda della radiazione emessa. Secondo le conoscenze del tempo, rifacendosi a Maxwell e alle prime prove di Hertz sulle onde elettromagnetiche, venne spontaneo immaginare i corpi formati da tanti piccoli oscillatori di Hertz, ciascuno con la propria frequenza di oscillazione, coincidente con quella della radiazione emessa. Con questa ipotesi sul meccanismo di emissione, molti ricercatori giunsero allo stesso risultato, la formula di Rayleigh Jeans : W 8 C l 4 k T dove k è la costante di Boltzmann, ricavata con la teoria cinetica dei gas. Desta certamente meraviglia il fatto di trovare, in una trattazione che riguarda onde elettromagnetiche, delle costanti o grandezze che sono state definite in tutt’altro campo, cioè nella teoria cinetica dei gas, che riguarda l’equilibrio di particelle materiali. Il problema viene dunque affrontato considerando l’equilibrio degli oscillatori come l’equilibrio statistico delle molecole in seno ad un gas. L’intensità della radiazione emessa divisa per la relativa lunghezza d’onda presentava un andamento caratteristico, con un massimo in corrispondenza di una determinata frequenza, mentre la formula di Rayleigh- Jeans presenta un andamento che si avvicina a quello sperimentale solo per frequenze molto basse, mentre se ne discosta decisamente verso le alte frequenze. A questo punto Wien, osservò che la famiglia delle curve sperimentali della emissività in funzione della lunghezza d’onda, con parametro la temperatura, curve di cui si cercava l’espressione teorica, presentava più che un’analogia con la nota distribuzione di Maxwell della concentrazione di molecole in funzione della loro velocità, e dunque dell’energia, descritta dalla relazione : N m % 4 m 2 k T 3 2 e m V 2 2 k T 254z4 1

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–Origine teorica e significato fisico della costante di Planck, basi dellateoria dei quanti

Nel paragrafo 29 abbiamo visto che le indicazioni fornite dalla legge di Wieninducevano alla ricerca di una relazione teorica tra la temperatura del corpoe la lunghezza d’onda della radiazione emessa.

Secondo le conoscenze del tempo, rifacendosi a Maxwell e alle prime provedi Hertz sulle onde elettromagnetiche, venne spontaneo immaginare i corpiformati da tanti piccoli oscillatori di Hertz, ciascuno con la propria frequenzadi oscillazione, coincidente con quella della radiazione emessa.

Con questa ipotesi sul meccanismo di emissione, molti ricercatori giunseroallo stesso risultato, la formula di Rayleigh – Jeans :

W 8 Cl

4 k T

dove k è la costante di Boltzmann, ricavata con la teoria cinetica dei gas.

Desta certamente meraviglia il fatto di trovare, in una trattazione che riguardaonde elettromagnetiche, delle costanti o grandezze che sono state definite intutt’altro campo, cioè nella teoria cinetica dei gas, che riguarda l’equilibrio diparticelle materiali.Il problema viene dunque affrontato considerando l’equilibrio degli oscillatoricome l’equilibrio statistico delle molecole in seno ad un gas.

L’intensità della radiazione emessa divisa per la relativa lunghezza d’onda presentava un andamento caratteristico, con un massimo in corrispondenzadi una determinata frequenza, mentre la formula di Rayleigh-Jeans presentaun andamento che si avvicina a quello sperimentale solo per frequenze moltobasse, mentre se ne discosta decisamente verso le alte frequenze.

A questo punto Wien, osservò che la famiglia delle curve sperimentali dellaemissività in funzione della lunghezza d’onda, con parametro la temperatura,curve di cui si cercava l’espressione teorica, presentava più che un’analogiacon la nota distribuzione di Maxwell della concentrazione di molecole infunzione della loro velocità, e dunque dell’energia, descritta dalla relazione :

Nm% 4 m

2 k T

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e– m V2

2 k T

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1

il valore della velocità vmax in corrispondenza del quale il numero di particelle

Nm% raggiunge il valore massimo risulta : vmax 2 k T

m

Wien, con ulteriori elaborazioni della sua legge, giunse alla relazione :

W a 5 Cl e– b

k T

che si adattava all’esperimento meglio alle alte frequenze e meno alle basse,come è mostrato in figura.

Anche questa relazione, che prevedeva comunque le costanti sperimentali a

254z5

2

e b, derivava direttamente dalla statistica di Maxwell -Boltzmann e quindisi basava su una discutibile analogia di comportamento fra radiazionee gas perfetto. Si tratta comunque sempre di "tentativi"che non hannosolide basi teoriche, che puntano solo a conseguire un risultato conqualsiasi artificio.

Dato che Wien non forniva i valoridelle costanti fisiche per applicare la legge,Planck iniziò il suo lavoro nell’intendo di ricavare questa legge semiempiricaattraverso un ragionamento teorico rigoroso, al fine di ottenere i valori dellecostanti, che egli vedeva come costanti universali, in quanto facevano partedi una legge universale.

Essendo, nell’espressione di Maxwell l’energia della particella E m v2

2

il fattore esponenziale si può scrivere : e– E

k T

Il fattore esponenziale della legge di Wien vale : e– b

k T

Il confronto suggerisce a Planck, come prima ipotesi di lavoro, di porre laenergia emessa da un oscillatore proporzionale alla frequenza di oscillazionesecondo la relazione : E h dove h rappresenta solo la costante di proporzionalità tra la frequenza dellaradiazione emessa e il valore dell’energia emessa.

Dato che il numero di oscillatori che, in un certo istante, emettono energia, è

praticamente infinito, per avere un valore finito dell’energia E emessa, ognioscillatore dovrà dare un contributo infinitesimo e quindi alla fine del discorso

si dovrà porre il fattore hi 0 e questo riporterà anche a una distribuzionecontinua dell’energia emessa dagli oscillatori, in accordo con quanto èprevisto dalla teoria elettromagnetica.

Fissata la temperatura degli oscillatori e la frequenza della radiazione che siconsidera, il numero di oscillatori che emettono su quella frequenza, ciascunocon la propria energia, sarà :n0 oscillatori che emettono energia uguale a E0 0 ,

n1 che forniscono l’energia E1 h1

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3

n2 che forniscono l’energia E2 h2 n3 che forniscono l’energia E3 h3 , e così via

Il numero degli oscillatori che emettono la stessa energia è dato dalla curvadi distribuzione di Maxwell, che possiamo scrivere in forma sintetica :

n n0 e– h

k T

Il numero totale degli oscillatori che emettono energia sulla frequenza sarà :

n n0 e– 0

k T n0 e

–h1 k T

n0 e–

h2 k T

............

n0 1 e–

h1 k T

e–

h2 k T

e–

h3 k T

. . . . . .

che si può scrivere sinteticamente :

n n0 0

e

k T

hi

con h0 0

A questo punto l’unica maniera per poter calcolare la sommatoria è quella di

farla diventare una serie, assegnando all’esponente hi una forma del tipo :

hi f m h con m 0, 1, 2, 3, ..........

Non avendo nessun elemento teorico per lascelta della funzione f m , viene

arbitrariamente scelta la più semplice ponendo f m m .Si ottiene così la serie geometrica :

n n0 0

e h

k T

m

essendo – 1 e h

k T 1 il risultato della somma vale :

254z7

4

0

e h

k T

m

1

1 – e h

k T

e quindi il numero totale degli oscillatori risulta :

n n0

1 – e h

k T

Se ora vogliamo conoscere l’energia totale E emessa da tutti gli oscillatori,

sarà sufficiente sommare i prodotti dei valori delle energie E0 , E1 , E2 , ecc.

per il numero degli oscillatori n0 , n1 , n2 , ecc.. che le emettono.Si avrà quindi :

E n0 E0 n1 E1 n2 E2 - - - - -ossia :

E h n0 e h

k T 2 h n0 e

2 h k T

- - - -

h n0 e h

k T 1 2 e

h k T

3 e 2 h

k T........

la parentesi è una serie aritmetica che vale :1

1 – e h

k T

2

si ha quindi : E h n0 e h

k T

1

1 – e h

k T

2

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5

ricordando che il numero totale di oscillatori che emettono alla frequenza

vale : n n0

1 – e h

k T

sostituendo, si ottiene : E h n

e

h k T

– 1

Dividendo l’energia emessa per il numero degli oscillatori che la emettono, siottiene il valore medio dell’energia emessa da ogni oscillatore :

Em h

e

h k T

– 1

Riprendendo ora la formula diRayleigh-Jeans e tenendo conto che in questo

caso i gradi di libertà degli oscillatori sono n 2 , Planck pone, con la legge

di Boltzmann : Em n2 k T k T

che, sostituita nella formula diRayleigh-Jeans, fornisce :

W 8 Cl

4 Em

sostituendo, si ottiene l’espressione dell’energia specifica ( J

m3 sec) irradiata

dal corpo nero :

W 8 Cl

4

h

e

h k T

– 1

Questa espressione, detta legge di Planck, fornisce finalmente una densitàd’irraggiamento del corpo coincidente con la curva sperimentale.

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6

A questo punto notiamo che, le curve sperimentali per le alte frequenze sonopraticamente coincidenti con quelle fornite dalla formula di Wien :

W a 5 Cl e– b

k T

per nella relazione di Planck, il denominatore si riduce a e

h k T

e quindi, confrontando le due espressioni possiamo ricavare le due costantia e b che compaiono nella formula di Wien (inizialmente era questo lo scopodi Planck) e risulta :

a 8 h

Cl4

; b h

A questo punto ricordiamo però che la costante di proporzionalità h è stataintrodotta da Planck solo per poter sviluppare il calcolo in maniere semplice,assegnando provvisoriamente ad ogni oscillatore il suo valore di energiaE m h con m 1, 2, 3, ecc..

Facendo questa ipotesi è chiaro che venivano esclusi dal conteggio tutti glioscillatori compresi tra m e m 1 e questo, oltre ad essere in disaccordocon la teoria elettromagnetica, che prevedeva una variazione continuadella energia emessa, falsificava anche il valore dell’energia calcolato.

Anche se questi due inconvenienti erano noti fin dall’inizio, Planck utilizzò lostesso il calcolo prevedendo di eliminarli alla fine ponendo h 0 .

Per eseguire questo limite, sostituiamo lo sviluppo in serie :

e

h k T 1 h

k T

h k T

2

2

h k T

3

6

h k T

n

n !ossia :

e

h k T – 1 h

k T

h k T

2

2

h k T

3

6

h k T

n

n !

254z10

7

h k T 1

h k T

1

2

h k T

2

6

h k T

n – 1

n !

Sostituendo e semplificando, la legge di Planck si può dunque scrivere nellaforma :

W 8 Cl

4

k T

1

h k T

1

2

h k T

n – 1

n !

Se a questo punto, secondo quanto era previsto inizialmente si pone h 0 ,la formula si riduce a quella diRayleigh-Jeans, ripresentando il problema cheè stato appena risolto e questo diventava un comportamento da interpretare.

Innanzitutto si osservò che la formula di Planck descriveva bene le curve chesi ricavavano sperimentalmente solo ponendo h 1.054572669 1034 j sec.e questo era contrario alle previsioni.

Questo risultato restò per un periodo di tempo molto lungo senza una validainterpretazione, anche perchè la formula era stata ricavata senza un grossosupporto teorico, facendo ricorso ad analogie molto discutibili, seguite daaltrettanti artifici matematici e ipotesi azzardate, tutto al solo scopo diottenereil risultato giustificato dall’esperienza :

W 8 Cl

4

h

e

h k T

– 1In definitiva, il problema era di tale importanza da far rinunciare, inizialmente,alla coerenza dell’analisi teorica.Per cercare di interpretare, a posteriori, il risultato, ripercorriamo la strada cheè stata fatta per ottenerlo.

Tralasciando le analogie prese in considerazione inizialmente per inquadrareil problema nell’ambito della teoria termodinamica, il primo passo azzardato

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8

è stata certamente l’ipotesi che, per una data frequenza , ogni oscillatoreemettesse una energia ad essa proporzionale, ciascuno con una suacostante di proporzionalità hi .

Questa ipotesinon aveva nessuna giustificazione teorica ed è stata resapossibile solo dalla previsione di porre alla fine hi 0 , cosa che oranon è possibile fare.

Il passo successivo è stato quello di porre hi m h con m 1, 2, 3, ecc..al solo scopo di creare una serie geometrica con l’esponente della funzione

esponenziale dato da m h .

Questo passaggio consentiva il calcolo del numero totale n degli oscillatoriche emettevano radiazione alla frequenza considerata, che davano quindiun contributo all’energia totale emessa dal corpo nero alla frequenza .

Si tratta dunque di un passo essenziale, irrinunciabile per poter consideraretutto lo spettro di energe.

Avendo posto, per variare l’energia, E h , se il fattore h deve esserecostante, per prendere in considerazione tutti i valori di energia, dobbiamoconsiderare variabile la frequenza .

Osserviamo però che il prodotto non cambia se si sostituisce :

m h h m

Dal punto di vista analitico, il risultato non cambia, " ma cambia certamentel’interpretazione fisica ".

Se questa seconda forma è l’unica che porta a risultati in concordo con quellisperimentali, vuol dire che essa è l’unica fisicamente realizzabile, ossia nonpossono esistere oscillatori, del tipo considerato, che emettonoenergia diversa con la stessa frequenza.

In altre parole :Un oscillatore può variare il valore dell’energia emessa solo variandola frequenza di emissione.Il valore della frequenza definisce anche quello dell’enegia.

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" per il tipo di oscillatore considerato "esiste quindi tra energia efrequenza una relazione del tipo :

E h con h costante (per gli oscillatori considerati)

Non esistono dunque oscillatori che emettono energia diversa con lastessa frequenza.Questa è però da considerare una realtà fisica e non un risultatolegato al metodo di calcolo.

L’impossibilità di portare a termine il calcolo previsto da Planck (hi 0) "ciha consentito di scoprire questa realtà ".

Un altro importante risultato non previsto, che il calcolo mette in evidenza è ilfatto che, per conservare il risultato finale, concorde con l’esperimento, sarànecessario considerare nel calcolo le frequenze emesse m , che, conm 1, 2, 3, ecc.. , non fornisce uno spettro continuo.

Il risultato corretto si ottiene dunque solo escludendo dal conteggiole frequenze comprese tra m ed m 1 .

L’unica interpretazione che sipuò dare di questa esigenza è chenella realtà" gli oscillatori che sono stati considerati " non hanno la possibilità dioscillare su queste frequenze.

In altre parole, scrivendo l’energia emessa nella forma : E h m

possiamo dire cheglioscillatoripossono emettere solo energie multiple dellaquantità :

E0 h 0

con h 1.054572669 1034 j sec indicata come costante di Planck.

Il più piccolo valore di energia E0 , associato a m 1, che un oscillatore puòemettere viene indicato come "pacchetto o quanto "di energia e possiamodire che questo rappresenta l’origine teorica della meccanica quantistica.

La ricostruzione che abbiamo fatto mette in evidenza come la scoperta dellacostante h da parte di Planck non sia il risultato atteso dopo una particolareintuizione, seguita da un’accurata analisi teorica del processo di emissione

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della radiazione, ma piuttosto il fortunato risultato di un errore d’impostazionenello studio finalizzato a conciliare i risultati teorici con quellisperimentali, chePlanck portava avanti pensando che l’energia raggiante venisse assorbita eemessa in modo continuo.

Nessuno infatti comprese il significato fisico fino a quando Einstein nonlo utilizzò per spiegare l’effetto fotoelettrico, riconoscendo per primo che laquantizzazione dell’energia raggiante, ottenutadaPlanck non era unsempliceartificio matematico, ma " una proprietà generale della radiazione alloraconosciuta ".

Bisogna ricordare che tutta la radiazione nota era allora di natura atomica equindi il risultato ottenuto assumeva il carattere di quantizzazione universaledell’energia e questo circondava h di un particolare alone di mistero, che gliassegnava un significato decisamente diversoda quello disemplice costantedi proporzionalità.

Notiamo infine che la meccanica quantistica, dal punto di vista teorico,nasce come quantizzazione dell’energia semplicemente perchè lo studiodegli oscillatori è stato affrontato dal punto di vista energetico, senza alcunaindagine sulprocesso intimo diemissione (allora non possibile)e quindisullasua origine fisica.

Per questa ragione, anche negli studi successivi sull’atomo, condotti da Bohre altri ci si vide costretti a fare ipotesi che prevedevano la quantizzazionedell’energia come punto di partenza e non di arrivo.

Vogliamo ora ricavare l’origine fisica della meccanica quantistica con lateoria degli spazi rotanti.

Abbiamo già visto con la teoria generale che, in uno spazio rotante divalore K2 , la condizione per avere l’equilibrio orbitale nel rispetto deiprincipi di conservazione dell’energia e del momento angolareè che ilraggio dell’orbita soddisfi la condizione di quantizzazione :

R R1 p2

in cui R1 rappresenta la prima orbita stabile, associata a p 1

Dunque la prima quantizzazione con validità universale,applicabile a tutta la materia, sia ai sistemi atomici e subatomici che a

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11

quelli di dimensioni galattiche, è solo quella del raggio delleorbite. " Essa è quindi solo di natura geometrica ".

Applicando la legge fondamentale degli spazi rotanti :

V2 R K2

vediamo che la quantizzazione del raggio genera una quantizzazionedella velocità orbitale, espressa dalla relazione :

V V1

pdove V1 è la velocità associata alla prima orbita con p 1.

Se m è la massa in orbita, l’energia che la lega allo spazio rotante è ugualeal valore dell’energia cinetica e vale quindi :

E 1

2m V2

1

2m

V12

p2

Se mS1 è la massa solare che genera lo spazio rotante centrale KS12 , una

massa solare di valore mS Z mS1 genera uno spazio rotante dato da :

KZ2 Z KS1

2

Si dimostra che le caratteristiche orbitali in questo caso diventano :

R R11 Z13 p2 ; V V11 Z

13

1

pL’energia di legame della massa orbitante vale quindi :

E 1

2m V11

2 Z23

1

p2

Trattando la materializzazione dell’energia e l’annichilazione della materia,

abbiamo visto che il valore dell’energia di legame E è uguale al valore della

254z15

12

energia che viene emessa dallo spazio rotante quando la massa si spostasull’orbita, partendo da una distanza teorica R e coincide anche con ilvalore dienergia che bisogna fornire alla massa inequilibrio sull’orbita peraumentare la sua velocità fino al valore di fuga Vf 2 Veq , che la porta

fino alla distanza teorica R .

Il valore dell’energia assorbita o emessa dipende dalla massa presente sullaorbita e quindi, se si considerano sistemi con valori casuali delle masse, peresempio quelli astronomici, si avrànno valori casuali delle energie.

Se invece consideriamo gli atomi, in orbita abbiamo solo elettroni e quindi ilvalore dell’energia E, per un dato l’atomo, dipende solo dall’orbita occupata.

Possiamo quindicalcolare il valore minimo associato all’elettrone sulla primaorbita dell’atomo di idrogeno, con Z 1 e p 1 :

E11 1

2m V11

2 1

2me

KS12

R11

1

2me

Kp2

R11e

sostituendo i valori numerici, si ottiene :

E11 1

2me

Kp2

R11e

13.60569806 eV

Per qualsiasi atomo, l’energia di legame di un elettrone in orbita vale :

EZ1e 13.60569806 eV Z23

1

p2

Fissato il numero atomico Z, si ottiene il valore dell’energia di legame di un

elettrone su qualsiasi orbita : per esempio, per lo stagno, con Z 50 si ha :

EZ1e50 184.657732 eV 1

p2

per esempio, per un elettrone presente sull’ultima orbita, con p 5 , il valore

dell’energia di legame risulta : EZ1e 50 ; 5 7.38630928 eV

Il valore sperimentale dell’energia di ionizzazione risulta Ei 50 7.344 eV

254z16

13

Analogamente, per il radio, con Z 88 , si ottiene :

EZ1e88 269.1798885 eV 1

p2

L’energia di estrazione diun elettrone dall’orbita di confine, con p 7, risulta :

EZ1e 88 ; 7 5.493467113 eV.

Il valore sperimentale dell’energia di ionizzazione vale : Ei 88 5.279 eVUn elettrone sul secondo livello ha un’energia di legame :

EZ1e 88 ; 2 67.29497213 eV

Queste relazioni mettono in evidenza che :

La quantizzazione universale riguarda solo la geometriadell’universo,ossia le orbite delle sfere planetarie presentiin equilibrio su di esse e le velocità di orbitali .Risulta invece assolutamente indipendente dal valoredelle masse.

La quantizzazione non è dunque una caratteristica peculiare dei sistemiatomici e subatomici, ma di tutto l’universo.

Nei sistemi che presentano le masse in orbita tutte uguali fra loro, sistemiatomici e nucleari, alle due quantizzazioni citate si aggiunge quella dellaenergia.

Essa non è dunque il risultato di un processo ignoto e misterioso, ma,molto più semplicemente, ciò che si ricava applicando le normali leggidell’equilibrio allo spazio rotante atomico.

Vediamo quindi quali sono l’origine fisica e il significato fisico della costantedi Planck.Ricordiamo ora che, nel calcolo della deviazione di una massa, la condizione

/ 2 corrisponde alla situazione in cui lo spazio rotante solare Ks2 ha

raggiunto il valore minimo della capacità di trattenere la massa m in motoall’interno della falda spaziale di raggio minimo Rn 2 Rp (ricordiamo che

Rp rappresente il perielio dell’orbita, ossia il punto in cui la velocità radiale siinverte).

254z17

14

Se quindi, mantenendo la velocità Vp costante, riduciamo anche di poco la

distanza Rp , la velocità Vp diventa troppo bassa per avere la massa min equilibrio sull’orbita di raggio Rn , ma anche troppo alta per poterla

avere in equilibrio su quella di raggio Rn – 1.

In queste condizioni la massa m si trova con un eccesso di energia rispettoal valore richiestoper formare un sistema equilibrato con lo spazio rotante,restando in moto sull’orbita di raggio Rn – 1, ma anche insufficiente per poterabbandonare lo spazio rotante.

Essa non ha dunque nessun punto di equilibrio stabile possibile nellospazio rotante e " l’unica " traiettoria sulla quale si possono verificare

i principi di conservazione dell’energia e del momento angolareè quella ellittica.

Siè così formato un sistema chiuso che possiede un eccesso di energia Erispetto alla condizione di equilibrio stabile, che non riesce a trasferire danessuna parte e quindi sicrea un’autoscillazione della massa traRn – 1

ed Rn con un continuo scambio di energia tra massa e spazio rotante.

Si dice brevemente che il sistema è eccitato dall’energia E, che lo pone inun regime transitorio, analogamente a quanto si verififa, per esempio, in uncircuito RLC con il condensatore inizialmente carico.

Come abbiamo visto trattando l’evoluzione del sistema Solare e del nucleoatomico, a questa oscillazione si associa una perturbazione dell’equilibriodello spazio rotante che si manifesta con una lentissima emissione dienergia che dura fino alla totale eliminazione dell’eccesso E con lariduzione del raggio dell’orbita al valore di equilibrio stabile Rn – 1.

E’chiaro che, se invece di attendere la fine di questo lento decadimento dellaorbita, noi dall’esterno immettiamo la massa m direttamente sull’orbita

stabile Rn – 1 , essendo per ipotesi Vp Veqn–1 Ks

2

Rn – 1

12

254z18

15

la massa m si ferma sull’orbita, emettendo in un solo periodo laenergia potenziale :

Eeq – m Ks

2

Rn – 1

1

2m Veqn–1

2

Trattando il processo di annichilazione della materia (Art. 19), abbiamo vistoche la massa m , quando giunge sull’orbita, va ad occupare un uguale volumedi spazio rotante che è legato alla massa centrale ms da un’energia uguale

a quella di equilibrio Eeq.

Questa energia viene emessa sottoforma diperturbazione dello spazio fisicoche sipropaga con la massima velocità osservabile, che per ipotesi è uguale

a quella della luce Cl .

Tutto il processo di emissione (non la propagazione) deveesaurirsi quando il sistema avrà raggiunto il regime finale,ossia dopo un periodo orbitale.

La velocità di fase di questa perturbazione vale :

Vf E

h

h

P

E

P

1

2m V2

1

m V

V2

essa è dunque uguale a metà della veloità della massa proiettile.Naturalmente è possibile il processo inverso.

Se una radiazione di frequenza , viene fatta interagire con lo spazio rotante

Ks2, sappiamo che viene trasferita sull’orbita un’energia E h .

Se supponiamo, per semplicità, che sia E Eeq , abbiamo Eeq

he

in un periodo orbitale lo spazio rotante variabile associato alla perturbazione

trasferisce tutta l’energiaE alla massa in orbita, la quale si trova così con un

254z19

16

eccesso di energia E uguale a quella di equilibrio Eeq, quindi l’energiaraggiunge un valore doppio e velocità orbitale diventa uguale al valore difuga dall’orbita.

In queste condizioni, con e 1 , la massa percorre un’orbita parabolica,uscendo definitivamente dallo spazio rotante.Per verificare il principio di conservazione dell’impulso del sistema, la massasolare centrale ms dovrà acquisire un impulso uguale a quello associato allaperturbazione assorbita .

Normalmente, quando si tratta questo argomento ci si riferisce all’interazionetra particelle atomiche e subatomiche.In tal caso l’assorbimento o l’emissione di un elettrone da parte di unatomo viene indicato come effetto fotoelettrico e la perturbazioneche viene emessa o assorbita viene detta fotone.

Le masse presenti sulle diverse orbite dello spazio rotante hanno un’energiadi legame uguale a :

Eeq1

2m V2

1

2m V

2 R

T 2 R m V eq .

Dato che in tutti gli atomi presenti nell’universo le masse in orbita sonosempre elettroni e il nucleo che genera lo " spazio rotante nucleare " èformato sempre da protoni, può essere certamente utile assumere questedue particelle, ciascuna nel proprio ruolo, come riferimento per descriveretutto lo spazio.

Nella relazione sostituiamo dunque : Ks2

Ks2

Kp2 Kp

2 Z Kp2

R R11e Z13 p2 ; V V11e Z

13

1

pKp

2 , R11e e V11e rappresentano i valori associati a Z 1 e p 1, dunque

all’atomo di idrogeno, per il quale si ha :

254z20

17

R11e 5.29177249 1011 m ; V11e 2187691.415 msec

Kp2 V11e

2 R11e 253.2638995 m3

sec2

Sostituendo, abbiamo quindi :

Eeq 2 R11e Z13 p

2me V11e Z

13

1

peq

2

2 me V11e R11e Z23 p

eq

2

A questo punto notiamo che "la prima parentesi coincide numericamentecon la costante di Planck" e quindi possiamo porre :

h 2 me V11e R11e 6.626075449 1034 j sec

abbiamo dunque : Eeq h Z23 p

eq

2

Dall’equazione fondamentale degli spazi rotanti si ricava :

Ks2 V2 R Kp

2 Z V2 2 R V

2 V T

V3

2

da cui :

1

T

V3

2 Kp2 Z

V11e3 Z

1

p3

2 Kp2 Z

V11e3

1

p3

2 Kp2

V11e

2 V11e

2 Kp2 p

3

V11e

2 R11e p3

1

T11e p3

254z21

18

e quindi si ha la relazione fondamentale :

Teq T11e p3

equivalente a : eq 11e 1

p3

Queste relazioni ci dicono che il periodo orbitale, quindi la frequenzaorbitale, dipende solo dal numero quantico associato all’orbita e nondipende dallo spazio rotante considerato.

Esse saranno dunque applicabili a qualsiasi atomo o sistema astronomico.Per esempio, qualsiasi massa in moto sull’orbita associata a p 10 , avràun periodo orbitale :T10 T11e 103 1.51982985 1016 sec 103 1.51982985 1013 sec

A titolo puramente esplicativo, calcoliamo il periodo orbitale della Terra sullaorbita pT dello spazio rotante solare.Per il Sistema Solare ( come un grande atomo ) si ricava :

Zs KS

2

Kp2 132.7251018

253.2638995 5. 2405802 1017

L’orbita fondamentale, associata a p 1, con il riferimento assunto,vale :

Rs1 R11e Zs

13 42,6639419 106 m

Vs1 V11e Zs

13 1,76378592 1012 m

sec

Ts1 T11e 1,51982985 1016 sec

Si tenga presente che quest’orbita non è reale e quindinon genera nessunaviolazione. Questi risultati si ottengono perchè è stato scelto come riferimentoun raggio di valore molto basso e quindi si raggiungono velocità elevate.Del resto, il Sole non è puntiforme e al suo interno " la velocità di equilibrioreale " è data dalla :

254z22

19

V2 r G 4

3 r

3 s da cui : V G

ms

rs

r

rs

Considerando il pianeta Terra, sono note le caratteristiche orbitali :

RT 149597870 Km ; e 0,016707

si ricava :

RnT RT 1 – e2 149556113,7 Km

pT RnT

RS1

12

59,206801 106

VnT Vs1 1

pT

29790,25875 msec

VT VnT 1 – e2 29786,1009 m

sec

TnT T11e pT3 31,54349121 106 sec 365,0867038 g

TT TnT

1 – e2

32

365,2396137 g

l’energia di legame della Terra allo spazio rotante solare risulta :

EnTS mT

me

E11e Zs

23

1

pT2 2,651729033 1033 j

ETS 1

2 mT VT

2 EnTS 1 – e2 2,65098887 1033 j

254z23

20

Tornando al nostro problema, se si sostituisce l’espressione di eq in quella

dell’energia, si ottiene : Eeq h Z2311e

2

1

p2

abbiamo visto che la velocità di fase della perturbazione associata al moto diuna particella " in transizione " è uguale a metà della velocità della particellastessa, quindi nel nostro caso la radiazione emessa avrà una frequenza :

eq

2

Se poniamo, per la radiazione emessa : E h h eq

2otteniamo :

E h h 1

2 Z

23 11e

1

p2

e quindi la sua frequenza risulta :

11e

2 Z

23

1

p2

Per Z 1 e p 1 , si ottiene la frequenza associata ad una transizione sul

livello fondamentale dell’atomo di idrogeno da R :

1 ; 1 11e

2

V11e

4 R11e

3.289841951 1015 Hz

Ad ogni particella in orbita sul livello p dello spazio rotante diqualsiasi atomoviene associata così una frequenza :

Z ; P 1 ; 1 Z23

1

p2

che rappresenta la frequenza della radiazioneche viene emessa quando una

254z24

21

particella giunge sull’orbita da una distanza R oppure il valore minimodella frequenza della radiazione che bisogna fornire all’atomo perallontanarela particella dallo spazio rotante per effetto fotoelettrico.

In generale, per una massa m qualsiasi, in orbita in uno spazio rotante Ks2 ,

atomico oppure astronomico, l’energia di legame o quella della radiazioneche viene emessa quando la massa giunge sull’orbita è data dalla relazione:

Eeq E E11e Zs

23

1

p2

m

me

1 – e2

oppure :

E h 1 ; 1 Zs

23

1

p2

m

me

1 – e2

Sostituendo i dati relativi alla Terra si ottiene, per esempio :

ETS ET 1

2 mT VT

2 2,65098887 1033 j 1.65461639 1046MeV

Abbiamo, a questo punto, un’espressione di validità assolutamentegenerale della radiazione associata all’equilibrio di una massa m inmoto su un’orbita ellittica di semiasse maggiore R , data dal prodottodi tre fattori :

E h 1 ; 1 Ks

2

Kp2

R11e

R

m

me

sinteticamente :E h 1 ; 1 f Z ; R ; m

Si noti che, essendo il nucleo atomico organizzato come uno spazio rotante,ad esso si applica la stessa relazione, sostituendo i valori che abbiamo giàricavato :

m 3

4mp massa del protone orbitante " polarizzato "

254z25

22

Ks2 Z

Kp2

2 spazio rotante generato dal nucleo di neutroni attivi

R R11p Z13 p2 raggio dell’orbita nucleare associata al livello p

R11p 2 me

mp

R11e orbita nucleare fondamentale per Z 1

sostituendo, per il nucleo atomico si ottiene la relazione :

E h 1 ; 1 3

16

mp

me

2

Z23

1

p2

con i valori numerici, con Z 1 e p 1 si ottiene l’energia di legame di unsolo protone nucleare :

E 1 ; 1 8.6008173MeV

I valori numerici che si ottengono ci confermano la validità universaledella relazione.

Il problema da risolvere, a questo punto, è il seguente.L’espressione dell’energia raggiante generalizzata, che abbiamo ricavatoè data da tre fattori : E h 1 ; 1 f Z ; R ; m

L’espressione ricavata utilizzando l’ipotesi di Planck : E h prevedeva inizialmente una relazione del tipo : E n h1 in cui per ogni frequenza erano previsti oscillatori con un diverso contributo dienergia.

In una fase successiva, per poter procedere nel calcolo, si è reso necessario

scrivere la relazione nella forma Eh1 n 1 , considerando così per

tutti gli oscillatori la stessa costante di proporzionalità fra energia e frequenzadella radiazione emessa.

254z26

23

Le frequenze emesse, considerate possibili e conteggiate nel calcolo,sono dunque :

n 1 con n 1, 2, 3, 4, ..............

Oggi sappiamo dall’esperienza, e la teoria degli spazi rotanti lo dimostra conil calcolo teorico, che si ha una quantizzazione, non sono tutte queste lefrequenze possibili.Il calcolo impostato da Planck non era dunque corretto, anche se il risultatofinale si è rivelato corretto.

Considerando ora che quando venne analizzatolo spettro di emissione delcorpo nero l’unica radiazione nota, che venne presa in considerazione, eraquella atomica, riprendiamo l’espressione dell’energia E associata ai diversilivelli, limitandoci alla sola fascia elettronica :

E h 1 ; 1 Z23

1

p2

Il fattore h abbiamo visto che è legato all’elettrone in equilibrio sulla prima

orbita dell’atomo di idrogeno, associato dunque a Z 1 e p 1, datodalla relazione :

h 1 ; 1 2 me V11e R11e

ed è uguale al momento angolare dell’elettrone in orbita.

Le energie possibili sono tutte e solo quelle legate alla transizione dal livello

p1 al livello p2 . Si ha quindi :

EP1P2 h 1 ; 1 1 ; 1 Z

23

1

p22

1

p12

Escludendo per adesso tutti gli altri spazi rotanti, se vogliamo descrivere lecaratteristiche della radiazione emessa "dalla fascia elettronica"di tuttigli atomi conosciuti solo con due fattori, dobbiamo accorparnedue, in modo da ricondurci ad un’espressione del tipo :

254z27

24

E h Z ; p 1 ; 1 oppure E h 1 ; 1 Z ; p

Essendo, in questo caso, la radiazione emessa sempre da elettroni, aiquali è riferito il fattore h , l’esperienza ci dice che esiste una proporzionalitàfra energia e frequenza della radiazione, qualunque sia l’atomo emettitore.Poniamo dunque :

h he 1 ; 1 2 me V11e R11e

Z ; p 1 ; 1 Z23

1

p22

1

p12

Durante il passaggio dal livello p1 al livello p2, abbiamo visto che l’elettronepercorrerebbe una traiettoria ellittica avente eccentricità :

e 1 –p2

2

p12

e periodo : T1 TP2

1 – e2

32

T11e p2

3

p2

p1

3 T11e p1

3

Quest’orbita non viene però percorsa tutta con lo stesso eccesso di energia,in quanto la particella non ritorna al punto di partenza. Si deve quindi pensareche, quando, dopo un semiperiodo, giunge al perielio, non risale all’afelio, masul livello p2.

La durata dell’emissione, ossia il periodo transitorio sarà quindiuguale alla somma dei due semiperiodi :

Tt T1

2

T2

2

1

2 T11e p1

3 p2

3

La frequenza della radiazione risulta :

254z28

25

Z ; p 1 ; 1 Z23

1

p22

1

p12

l’energia trasferita vale :

EP1P2 he 1 ; 1 Z ; p

Per chiarire quanto abbiamo visto, consideriamo per esempio un isotopo delferro Z 26 in cui si verifichi la transizione da p1 4 a p2 3.

La durata della perturbazione vale :

Tt4 ; 3 T11e p3

3 p43

2 6.91522582 1015sec

la frequenza della radiazione :

26 ; 4–3 1 ; 1 26

23

1

32

1

42

26 ; 4–3 3.289841951 1015 Hz 0.426629726 1.40354437 1015 Hz

la lunghezza d’onda della radiazione emessa risulta :

26 ; 4–3 Cl

e26 ; 4–3

2.99792458 108 msec

1.40354437 1015 Hz

213.5967 109m

Il numero dioscillazionidi lunghezza d’onda 26 ; 4–3 che formano il fotonerisulta :

n Tt4 ; 3 26 ; 4–3 9.705826

e quindi l’estensione del fotone nella direzione del moto :

Lf n 26 ; 4–3 2.073 106mRiprendiamo ora l’espressione teorica della costante di Planck :

he 2 me V11e R11e 2 11e R11e me V11e 1

11e

254z29

26

11e R11e me V11e 1

11e

me V11e

2

11e

2 E11e

11e

Abbiamo visto che un’onda elettromagnetica, per poter trasferire nello spazio

l’energia che viene trasferita da una massa in moto con la velocità Vm , deve

avere una velocità di fase Vf Vm

2. In termini di frequenze :

11e

2

Si ha dunque : he E11e

e quindi : E11e he

Questa relazione ci dice che la costante di Planck rappresenta la costantedi proporzionalità fra l’energia di equilibrio dell’elettrone sullaorbita fondamentale dello spazio rotante del protone e lafrequenza della radiazione capace di trasferire la stessaenergia.Una estensione della relazione a qualsiasi atomo si ottiene moltiplicando :

E11e Z

23

p2 he

Z23

p2

Al primo membro abbiamo l’energia di legame, sempre dell’elettrone,in moto sull’orbita p dell’atomo di numero atomico Z , Ee Z ; p .Al secondo membro si ha :

Z

23

p211e

2

Z23

p2e Z ; p

2 Z ; p

sostituendo, si ottiene quindi l’espressione generalizzata :

Ee Z ; p he Z ; p

La costante di Planck rappresenta così la costante di proporzionalità

254z30

27

tra l’energia cinetica di un elettrone in equilibrio, suqualsiasi orbitadi qualsiasi atomo, e la frequenza di un’onda elettromagnetica capacedi trasferire nello spazio la stessa energia.

Se nell’espressione poniamo : Z ; p 1Hz

che equivale a : e Z ; p 2Hz

si ottiene : he Ee Z ; p2Hz

Questa relazione ci dice che : la costante di Planck rappresenta l’energiadi legame di un elettrone che percorre con una frequenza orbitaledi 2Hz un’orbita di uno spazio rotante di qualsiasi tipo.

Ricordando che : Ee Z ; p E11e Z

23

p2

sostituendo, sarà possibile ricavare il valore del numero quantico ph conil quale l’energia di equilibrio dell’elettrone è uguale alla costante di Planck :

ph E11e

he

12

Z13 57.35714363 106 Z

13

Per Z 1 si ricavano le caratteristiche orbitali dell’elettrone :

Rh 174090.95m ; Vh 38.14156837103 msec

Si tratta sostanzialmente di un elettrone fermo, fuori dall’azione dello spaziorotante.

Abbiamo visto che, quando una massa m si sposta nello spazio rotante dalladistanza R sull’orbita circolare minima Req R , l’energia che viene emessa

dallo spazio rotante è uguale all’eccesso Ee , rispetto al valore Eeq che

è necessario affinchè la massa possa restare in equilibrio sull’orbita Req .

Nel caso di un elettrone, essa è uguale a quella trasferita dalla radiazione

254z31

28

elettromagnetica di frequenza data : Ee

he

avente una durata uguale a quella del regime transitorio ( periodo orbitale ).In definitiva si ha un pacchetto di oscillazioni alla frequenza con una duratacomplessiva uguale a un periodo orbitale.

A questo punto osserviamo che le relazioni sono applicabili fino alla distanzaR , corrispondente a p , Veq 0 , Eeq 0.La condizione di equilibrio coincide quindi con l’elettrone fermo ed energiatotale uguale a zero.

Se nello stesso punto abbiamo un elettrone in moto con una velocità Ve,

il valore dell’energia cinetica coincide con l’eccesso Ee che lo spaziorotante emetterebbe come un"pacchetto di radiazione elettromagnetica"se l’elettrone si spostasse sull’orbita associata a p , raggiungendo la

condizione di equilibrio con Veq 0 e Eeq 0.

la frequenza della radiazione emessa sarebbe : Ee

he

con una durata dell’emissione : Te T11e p3 .

In pratica, in questo caso, non si ha un pacchetto dioscillazioni limitatonello spazio e nel tempo, ma una oscillazione continua e illimitata aventefrequenza :

e

2Ee

he

1

2me Ve

2 1

he

;e

Ve

me Ve

he

che si può scrivere :

Ve

e

he

me Ve

Il primo membro rappresenta la lunghezza d’onda e corrispondente allafrequenza di rivoluzione e dell’elettrone, che si muove sull’orbita associata a

p , con la velocità Ve.

254z32

29

Si può dunque scrivere : e he

me Ve

Questa relazione può essere generalizzata agli elettroni in equilibrio su tuttele orbite stabili, considerando che in questo caso l’energia dell’elettrone è di

segno negativo e vale : Eeq –1

2me Veq

2 .

Rispetto all’elettrone fermo sull’orbita p si ha quindi un difetto di energiae quindi l’energia E Eeq rappresenta il valore dell’energia raggiante

che bisogna fornire per fermare l’elettrone, portandolo sull’orbita p .Si avrà comunque :

e he

me Veq

he

me

p

V11e Z13

posto : 11e he

me V11e

si ottiene :

e he

me Veq

11e p

Z13

2 R11e p

Z13

Si noti che e rappresenta la lunghezza d’onda associata alla transizione

dall’orbita p a quella di equilibrio associata al numero quantico p .

L’emissione di energia raggiante si verifica solo durantela transizione e quindi e è definita ed ha significato solo durante ilperiodo di transizione. In condizioni stazionarie non ha nessun significato.

Per gli elettroni in equilibrio sulle orbite, dunque in cundizioni stazionarie, la

254z33

30

sola lunghezza d’onda che si può definire è quella associata al motodi rivoluzione eq ed indica lo spazio percorso in un periodo Teq , chequindi risulta :

eq Veq Teq V11e Z

13

p T11e p

3 V11e T11e Z

13 p2

e quindi : eq 2 R11e Z13 p2 2 Req

diversa da e e non è associata ad alcuna grandezza variabile nel tempo.

Tutta la ricostruzione che abbiamo fatto mette in evidenza che la costante diPlanck è stata ricavata solo con riferimento all’atomo ed in particolarealla fascia elettronica.

Essa è quindi intimamente legata al valore dello spazio rotante del protone ealle caratteristiche fisiche dell’elettrone e non è utilizzabile in altri spazi rotanticon masse orbitanti diverse dall’elettrone.

Se abbiamo, uno spazio rotante Ks2, comunque generato, atomico, nucleare

o astronomico, rifacendo il percorso di Planck, otteniamo la stessa relazione:

E hm con E E Eeq

doveE rappresenta l’energia di legame della massa m in moto su un’orbitastabile dello spazio rotante Ks

2 , è la frequenza della radiazione capace ditrasferire nello spazio la stessa energia e quindi capace anche di rimuoverela massa m , portandola fuori dallo spazio rotante e hm rappresenta la solita

costante di proporzionalità, riferita a questo caso.

Si ricava dunque : Eeq 1

2m Veq

2 1

2m Veq

2 Req

Teq

con qualche semplice sostituzione :

Eeq 2 m R11s V11s Zs

23 p

1

2 Teq

254z34

31

sostituendo ancora la frequenza di rivoluzione eq , si ottiene :

Eeq 2 m R11s V11s Zs

23 p

eq

2

uguagliando Eeq all’energia trasferita dalla radiazione E hm , si ha :

2 m R11s V11s Zs

23 p

eq

2 hm

Questa relazione siapplica a qualsiasispazio rotante, che potrà anche nonpresentare alcun legame con l’elettrone, di cui si può ignorare l’esistenza.

Se ripercorriamo la strada indicata trattando lo spazio rotante atomico, in cuila particella in orbita è l’elettrone, poniamo :

hm 2 m R11s V11s

eq

2 Zs

23 p

11e

2 Zs

23

1

p2

L’espressione della frequenza della radiazione coincide con quella ricavataper la fascia elettronica dell’atomo.Per quanto riguarda la costante di proporzionalità hm , l’espressione fornitacoincide esattamente con quella scritta con riferimento alla fascia elettronicadell’atomo e fornisce il valore minimo del momento angolare della particellain orbita nello spazio rotante considerato.Non abbiamo dunque alcun motivo valido per fornire una relazione diversa.

Dal punto di vista formale è tuttavia possibile assumere l’elettrone comeriferimento per le particelle in orbita e il protone come generatore dellospazio rotante.

Avendo posto Zs Ks

2

Kp2

abbiamo assunto per qualsiasi spazio rotante

il protone come unità elementare della massa solare generatrice e quindi si

254z35

32

ha : R11s V11s2 Kp

2

indipendentemente dal tipo di spazio rotante. Si ha quindi :

hm 2 m R11s V11s 2 m R11s V11s2

1

V11s

in generale sarà : hm 2 m Kp

2

V11s

Per rapportare questo valore al valore ricavato per la fascia elettronica dello

atomo, sostituiamo ancora : m m

me

me ; V11s V11s

V11e

V11e

e si ottiene : hm he m

me

V11e

V11s

Se si vuole dare valore universale alla costante di Planck

hm he h 2 m R11e V11e 6.6260755 1034 j sec

il fattore in parentesi deve essere trasferito alla frequenza, ponendo :

m

me

V11e

V11s

11s

2 Zs

23

1

p2

si ottiene così la relazione : E h

E’chiaro che, se si sposta solo un fattore, il valore dell’energia che si ottienenon cambia. Cambia però la frequenza della radiazione emessa e questoè un fatto che ha implicazioni fisicamente importanti.

Non esiste però nessuna ragione teorica per fare questascelta.Inoltre, la costanza del valore di h in spazi rotanti con masse orbitanti diversecrea una contraddizione logica nel processo di emissione della radiazione.

254z36

33

Secondo le teorie correnti la radiazione elettromagnetica è formata da fotoni,che sono pacchetti d’onda che trasferiscono nello spazio un valore dienergiadipendente solo dalla frequenza.

Fotoni che hanno la stessa frequenza sono uguali tra loro.Non possono quindi esistere fotoni che trasferiscono energia diversa con lastessa frequenza.

Per aumentare l’energia trasmessa a una data frequenza è necessarioaumentare il numero di fotoni e non è possibile, per esempio, aumentarel’ampiezza delle oscillazioni, come succede per qualsiasi altro tipo dionda, inquanto essa non viene considerata una caratteristica significativa del fotone.

Trattando l’interazione di un’onda elettromagnetica con la materia, abbiamovisto che esiste un valore minimo della frequenza della radiazione capace diaccelerare fino all’espulsione gli elettroni in moto sulle orbite dello spaziorotante atomico.

Lo stesso limite si riliva sperimentalmente studiando l’effetto fotoelettrico equesto accade perchè il trasferimento dell’energia necessaria per accelerarel’elettrone fino alla velocità di fuga deve realizzarsi entro un periodo orbitale.Pacchetti d’onda con valori di frequenza minori di questo limite non vengonoassorbiti dalla particella in orbita.

Peraccelerare l’elettrone fino alla velocità di fuga nel tempo richiesto, a nullaserve aumentare il numero di fotoni incidenti con la stessa frequenza,in quanto per il trasferimento si deve proprio avere un minimo di sincronismofra la frequenza del fotone e quella di rivoluzione dell’elettrone.

Supponiamo ora di poter realizzare il seguente esperimento.Abbiamo ne elettroni in moto equilibrato sull’orbita p dello spazio rotante di

un atomo con Zs protoni nucleari.

L’energia di legame di ciascun elettronein orbita vale Eeq1 ed è uguale alla

energia E1 della radiazione disponibile, secondo la relazione :

E1 he 1 Eeq1.

Inviando simultaneamente ne fotoni sull’orbita otteniamo l’emissione di ne

elettroni simultaneamente. In definitiva abbiamo fornito l’energia :

254z37

34

ne E1 ne he 1 ne Eeq1 ne 1

2me Veq

2

Sappamo che nello spazio rotante le caratteristiche orbitali dipendono solodalla sfera solare, che genera lospazio rotante e non dal valore delle massein moto sulle orbite.

A parte qualche problema, superabile, di stabilità del sistema, supponiamo disostituire gli ne, elettroni presenti sull’orbita, con un solo aggregato di massa

m ne me.

Secondo l’equazione fondamentale degli spazi rotanti Veq2 Req Ks

2

il nuovo aggregato si muoverà sull’orbita ancora con la velocità Veq e quindicon un’energia cinetica ( energia di legame ) data da :

Eeq 1

2m Veq

2 ne 1

2me Veq

2

Dato che la frequenza del moto orbitale non è cambiata rispetto al caso in cui

avevamo gli ne elettroni, se inviamo sulla massa m ne me ancora gli ne

fotoni "simultaneamente", aventi la stessa frequenza 1 e la stessa fase,ciascuno di essi si trova, come prima, nelle giuste condizioni dinamiche perfornire il contributo 1 / ne all’impulso necessario per accelerare la massa m,che raggiunge così la velocità di fuga.

Se gli elettroni si trovano sulla stessa orbita in condizioni di moto identiche, ilfatto che essi siano indipendenti o aggregati in una sola massa non cambiala dinamica del processo.

E’ dunque possibile produrre l’emissione di una massa m ne me con ifotoni utilizzati nel modo che abbiamo indicato, anche se la loro frequenza èappena sufficiente per espellere un solo degli elettroni aggregati.

Questo risultato contraddice però l’ipotesi secondo la quale, per espellere la

massa con energia di legame Eeq 1

2 ne me Veq

2 , si debba

impiegare un solo fotone caratterizzato da una frequenza ne 1

e quindi energia :254z38

35

E he he ne 1 Eeq

Se scriviamo questa relazione nella forma equivalente :

E ne he 1 hm 1 Eeq

è facile verificare che, moltiplicando la costante he per ne si "costruisce" un

fotone perfettamente equivalente agli ne precedenti, considerati coerenti edagenti simultaneamente, con la stessa frequenza 1 .

Se ora consideriamo il processo inverso, quando la massa m , partendo dauna distanza R , giunge sull’orbita, viene emesso un fotone che ha unafrequenza dipendente unicamente dalle condizioni di moto che si realizzanosull’orbita che, per quanto abbiamo visto, sarà uguale a 1 con una energia

uguale a quella di legame Eeq , secondo la relòazione :

E hm 1 Eeq

La costante di Planck, che, con riferimento alla fascia elettronica dell’atomo,

abbiamo indicato con he, assume un valore dipendente dalla massa inorbitasulla fascia periferica dell’atomo, l’elettrone.

La sua caratteristica di "costante universale " è legata unicamente allauniversalità dell’elettrone nell’atomo.

In uno spazio rotante diverso, nel quale l’elettrone non compare come massaorbitante o non compare affatto, come, per esempio, nel nucleo atomico, nonè possibile che la costante h assuma un valore dipendente da una particellainesistente.

Consideriamo quindi la costante di Planck nella sua forma più generale :

hm 2 m R11s V11s he m

me

V11e

V11s

Ricordiamo che per lo spazio rotante nucleare abbiamo ricavato :

254z39

36

V11e

V11s

me

mp

12

; m 3

4mp

sostituendo si ha :

hm he 3

4

mp

me

12

3.011528973 1032 j sec

sostituendo i valori numerici si ottiene :

hp 32.13776478 he 2.129472558 1032 j sec

La frequenza della radiazione che bisogna fornire per estrarre un protone dallivello nucleare p di un atomo di numero atomico Z , vale :

11s

2 Zs

23

1

p211s

2 Z

23

1

p2

ricordando che : 11s 11e 1

4

mp

me

32

19669.94845 11e

numericamente si ottiene :

6.471102159 1019 Hz Z23

1

p2

Per esempio, per poter produrre l’espulsione di un protone dal quarto livello

nucleare di un atomo di stagno (Z 50 ; p 4 ), trascurando per il momentol’energia richiesta per altre transizioni connesse, è necessario un fotone confrequenza :

50 ; 4 6.471102159 1019 Hz 5023

1

42 5.489148 1019 Hz

ed energia :

254z40

37

E 50 ; 4 hp 50 ; 4 7.2957 MeV

L’energia di legame del protone sul quarto livello nuleare, utilizzando il valoredell’energia per strato riportata a pag. 861 , vale :

Eeq 50 ; 4 1

2mp Veq

2 E050

2 p2

232.87 MeV

2 427.2772 MeV

in buon accordo con l’energia associata alla radiazione nucleare calcolata.

Se si utilizza la costante di Planck con valore universale, si pone :

hp he h 6.6260755 1034 j sec

e si sposta il secondo fattore sulla frequenza, che diventa :

11e 3

32

mp

me

2

Z23

1

p2

sostituendo i valori numerici :

2.079667591 1021 Hz Z23

1

p2

Come si può vedere, considerando la costante di Planck indipendente dallospazio rotante la frequenza della radiazione associata ai livelli nucleari risultamaggiore di un fattore uguale a 32,13776478 , ma il valore dell’energia è datacomunque dalla relazione :

E hp 8.6008173MeV Z23

1

p2

Se consideriamo, per esempio la transizione di un protone dalla quinta orbita

alla quarta in un nucleo di neodimio (Z 60 ) , la radiazione emessa avrà :– energia :

E 60 ; 5 4 hp 8.6008173MeV 6023

1

16

1

25

254z41

38

eseguendo i calcoli : E 60 ; 5 4 2.9659MeV

– frequenza :

2.079667591 1021 Hz Z23

1

p2 7.17150971 1020 Hz

Una maggiore precisione si ottiene utilizzando l’energia per strato :

E 60 ; 5 4 E060 1

2 p22

1

2 p12

E 60 ; 5 4 255.76MeV 1

32

1

50 2.8773MeV

254z42

39