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ANNO XXXV - N. 3 - SETTEMBRE 2010 Spedizione in A.P. - 70% - FILIALE DI TORINO ORGANO DELLA FORZA FEDERALISTA PIEMONTESE Una strategia per il rilancio europeo Forum europeo Attività europea del Consiglio regionale Diventiamo cittadini europei Consulta regionale europea opo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e la rispo- sta provvisoria del 9 maggio alla crisi del debito greco, i ministri degli esteri dell’Unione Europea hanno approvato la nascita del Ser- vizio Europeo di Azione Esterna (SEAE) 1 , mentre il Consiglio Ecofin ha predisposto una revisione del Pat- to di Stabilità che sarà approvato dal Consiglio Europeo del 28-29 otto- bre. Va anche segnalato che il Movi- mento Federalista Europeo ha lan- ciato la Campagna per la Federa- zione europea e nel Parlamento eu- ropeo è stato costituito il Gruppo Spinelli con lo scopo di far progredi- re l’unificazione europea su basi fe- derali. E’ indubbio che dopo anni di stasi, dovuta all’attesa dell’entrata in vi- gore del Trattato di Lisbona, la sce- na europea sia di nuovo in movimen- to e, soprattutto, sia chiamata a re- agire alle sfide decisive poste dal- l’evoluzione del quadro internazio- nale. Tali sfide possono così essere elencate: - la guerra in corso delle monete; - la posizione dell’Europa nella nuo- Zhou Xiaochuan, Governatore della Banca popolare cinese. Ha chiesto una divisa mondiale sovranazionale alternativa al dollaro va divisione internazionale del lavo- ro e il rilancio del modello sociale europeo; - l’uscita degli Stati Uniti dai conflitti in Iraq e Afghanistan e la pace in Medio Oriente. Tutte sono riconducibili alla preca- rietà del nuovo equilibrio mondiale multipolare e alla mancanza di go- verno della globalizzazione, lacune che impongono all’Unione Europea di diventare protagonista della co- struzione di un nuovo ordine, pena la sua stessa dissoluzione. A fronte delle sfide, istituzioni europee, go- verni nazionali, movimenti politici e società civile sono chiamati a di- ventare responsabili delle soluzio- ni perseguibili. Un breve esame, anche se necessariamente schema- tico, permette di chiarire le poste in gioco e, contemporaneamente, dove intervenire. La guerra in corso delle monete Dopo il collasso delle istituzioni fi- nanziarie anglosassoni del 2007- 2008 e la crisi del debito della Gre- cia e di altri paesi europei, è in cor- so una terza fase della crisi interna- zionale, la guerra delle monete. Gli Stati Uniti d’America accusano con insistenza la Cina di mantenere un tasso di cambio dello yuan sottova- lutato e chiedono di apprezzarlo al- meno del 20%. Dietro queste posi- zioni ci sono le difficoltà di rilancio dell’economia americana, la ricerca probabile di un alibi per potere ri- correre all’inflazione e alla svaluta- zione del dollaro che abbatterebbe- ro il debito crescente del Tesoro e delle istituzioni finanziarie. Natural- mente alla richiesta seguono le mi- nacce, come quella di innalzare una barriera doganale protettiva contro l’export di Pechino. Il governo cinese risponde da tempo a tali pressioni con un netto rifiuto, rivendicando la stabilità dei rapporti valutari e un processo lento di revi- sione del tasso di cambio in relazio- ne all’evoluzione della competitività delle proprie imprese. Pechino ricor- da agli Stati Uniti, inoltre, che la cri- si in corso è stata determinata dal collasso delle istituzioni finanziarie di Wall Street e dal ruolo internazio- D D

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PiemontEuropa 1ANNO XXXV - N. 3 - SETTEMBRE 2010 Spedizione in A.P. - 70% - FILIALE DI TORINO

O R G A N O D E L L A F O R Z A F E D E R A L I S T A P I E M O N T E S E

Una strategia per ilrilancio europeo

Forum europeo

Attività europea del Consiglio regionale

Diventiamo cittadini europei

Consulta regionale europea

opo l’entrata in vigore delTrattato di Lisbona e la rispo-sta provvisoria del 9 maggio

alla crisi del debito greco, i ministridegli esteri dell’Unione Europeahanno approvato la nascita del Ser-vizio Europeo di Azione Esterna(SEAE)1 , mentre il Consiglio Ecofinha predisposto una revisione del Pat-to di Stabilità che sarà approvato dalConsiglio Europeo del 28-29 otto-bre. Va anche segnalato che il Movi-mento Federalista Europeo ha lan-ciato la Campagna per la Federa-zione europea e nel Parlamento eu-ropeo è stato costituito il GruppoSpinelli con lo scopo di far progredi-re l’unificazione europea su basi fe-derali.E’ indubbio che dopo anni di stasi,dovuta all’attesa dell’entrata in vi-gore del Trattato di Lisbona, la sce-na europea sia di nuovo in movimen-to e, soprattutto, sia chiamata a re-agire alle sfide decisive poste dal-l’evoluzione del quadro internazio-nale. Tali sfide possono così essereelencate:- la guerra in corso delle monete;- la posizione dell’Europa nella nuo-

Zhou Xiaochuan, Governatore della Banca popolare cinese.Ha chiesto una divisa mondiale sovranazionale alternativa al dollaro

va divisione internazionale del lavo-ro e il rilancio del modello socialeeuropeo;- l’uscita degli Stati Uniti dai conflittiin Iraq e Afghanistan e la pace inMedio Oriente.

Tutte sono riconducibili alla preca-rietà del nuovo equilibrio mondialemultipolare e alla mancanza di go-verno della globalizzazione, lacuneche impongono all’Unione Europeadi diventare protagonista della co-struzione di un nuovo ordine, penala sua stessa dissoluzione. A frontedelle sfide, istituzioni europee, go-verni nazionali, movimenti politicie società civile sono chiamati a di-ventare responsabili delle soluzio-ni perseguibili. Un breve esame,anche se necessariamente schema-tico, permette di chiarire le postein gioco e, contemporaneamente,dove intervenire.

La guerra in corso delle monete

Dopo il collasso delle istituzioni fi-nanziarie anglosassoni del 2007-2008 e la crisi del debito della Gre-

cia e di altri paesi europei, è in cor-so una terza fase della crisi interna-zionale, la guerra delle monete. GliStati Uniti d’America accusano coninsistenza la Cina di mantenere untasso di cambio dello yuan sottova-lutato e chiedono di apprezzarlo al-meno del 20%. Dietro queste posi-zioni ci sono le difficoltà di rilanciodell’economia americana, la ricercaprobabile di un alibi per potere ri-correre all’inflazione e alla svaluta-zione del dollaro che abbatterebbe-ro il debito crescente del Tesoro edelle istituzioni finanziarie. Natural-mente alla richiesta seguono le mi-nacce, come quella di innalzare unabarriera doganale protettiva control’export di Pechino.Il governo cinese risponde da tempoa tali pressioni con un netto rifiuto,rivendicando la stabilità dei rapportivalutari e un processo lento di revi-sione del tasso di cambio in relazio-ne all’evoluzione della competitivitàdelle proprie imprese. Pechino ricor-da agli Stati Uniti, inoltre, che la cri-si in corso è stata determinata dalcollasso delle istituzioni finanziariedi Wall Street e dal ruolo internazio-

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SOMMARIO1 Una strategia per il rilancio europeo di Alfonso Sabatino4 Il Comitato centrale MFE lancia la Campagna per la Federazione europea5 La presa di posizione sulla questione dei Rom e sul Gruppo Spinelli5 Dibattito interregionale a Torino. La Francia, la Germania e il futuro dell’unità europea6 È nato il Gruppo Spinelli7 Il 30° anniversario del Club del Coccodrillo8 I Seminari di Ventotene e il Premio giornalistico “Altiero Spinelli”9 In ricordo di Nicoletta Mosconi di Ennio Cannillo10 La crisi finanziaria e l’Unione Europea di Franco Spoltore11 Parte il servizio diplomatico dell’Unione Europea di Giancarlo Chevallard13 Un’Italia federale in un’Europa federale di Sergio Pistone17 Verso una Comunità Europea dell’Energia di Sami Andoura18 Le acque del Nilo, l’Africa e l’Europa di Alfonso Sabatino20 Una totale e inscindibile unione di John Parry23 Consiglio regionale del Piemonte

• Forum europeo Dalle Regioni all’Europa di Riccardo Molinari • Attività europea del Consiglio regionale Celebrati i quarant’anni della Regione Piemonte • Diventiamo cittadini europei Bando di Concorso 2010-2011 Corso di aggiornamento per insegnanti “Un’Italia federale in un’Europa federale” Un’esperienza per maturare di Stefano Moia Ventotene, palestra di federalismo di Giuse Ferolo ed Elio Prato

28 Europa 2.0. Prospettive ed evoluzioni del sogno europeo di Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini29 Dollaro, euro: quale assetto monetario dopo la crisi?29 L’Iran e la bomba. I futuri assetti nel Medio Oriente e la competizione globale30 Torino, Capitale Europeo della Cultura 2019?30 È scomparso Tullio Lembo di Emilio Cornagliotti e Ugo Magnani31 Altre attività32 Libri

nale del dollaro. Invoca, pertanto,una riforma del sistema monetariointernazionale fondata sull’introdu-zione di una unità di conto mondia-le, come i Diritti Speciali di Prelievodel Fondo Monetario Internazionale(FMI)2 . In pratica, la Cina invita gliStati Uniti a compiere una decisa ri-conversione economica interna, adabbandonare il signoraggio del dol-laro e a non riversare il costo delleproprie difficoltà interne sul resto delmondo. L’attuale dirigenza cinesenon si stanca di ricordare a tutti chenon può rinunciare alla crescita perle possibili destabilizzazioni sociali epolitiche cui andrebbe incontro, giàconosciute in passato a causa del co-lonialismo e degli errori della politi-ca maoista. Pechino, per di più, co-nosce bene la lezione dell’accordodel Plaza del 1985 con il quale l’Am-ministrazione Reagan impose unarivalutazione dello yen giapponesealla base della stagnazione succes-

siva dell’economia di Tokyo. Nonvuole subire la stessa sorte. D’altraparte la Cina, che ha adottato per lapropria crescita tumultuosa un mo-dello produttivo export-oriented, siritrova nella scomoda posizione diaccumulare riserve valutarie, stima-te a inizio anno in circa 2.300 mi-liardi di dollari, pari a più della metàdel proprio PIL. La composizione ditali riserve non è rivelata ma si valu-ta che oltre 1.000 miliardi siano in-vestiti in Treasury Bonds americani.Di qui, quattro conseguenze rilevanti.La prima è che, se la Cina non vuolerivalutare lo yuan, non desidera nep-pure la svalutazione del dollaro daparte di Washington per le conse-guenze possibili sui suoi assets valu-tari. La seconda è che la Cina è inte-ressata a uscire dalla dipendenza daldollaro e negozia con i propri part-ner commerciali, in America Latinae in Asia, accordi di swap valutarioper cui il commercio reciproco av-

viene nelle rispettive valute naziona-li. L’ultimo accordo è stato stipulatoa settembre con la Turchia. La terzaconseguenza è che Pechino investeparte delle sue riserve nell’acquistodi proprietà agricole, miniere e atti-vità industriali in giro per il mondocon il doppio obiettivo di procurarsirisorse non disponibili in patria e ac-cedere a tecnologie necessarie perlo sviluppo domestico. La quarta con-seguenza è la sterilizzazione dei sur-plus in eccesso. Va aggiunto chedopo la crisi finanziaria del 1997, lapolitica valutaria cinese è seguita daiPaesi del Sud Est asiatico per evitaredi dover subire i costosi interventi dirisanamento imposti dal FMI in casodi crisi. Pertanto intorno alla Cina sista creando un’area di comuni inte-ressi commerciali e valutari.In realtà la posizione cinese sulla sta-bilità valutaria è condivisibile dall’Eu-ropa che già negli anni settanta av-viò con lo SME il percorso che haportato alla moneta unica per isola-re i rapporti commerciali e finanziaridel mercato interno dai movimentierratici del dollaro. Pechino ha fattopropria l’analisi del padre della mo-neta europea, Robert Triffin, che de-nunciava la possibilità degli StatiUniti di mantenere un deficit ester-no “senza lacrime”, fondato sul“signoraggio”dell’emissione di dol-lari senza subire il vincolo dell’equi-librio della bilancia dei pagamenti.Pertanto, dietro la guerra valutariasi nasconde il problema di chi pa-gherà il conto dell’uscita dalla crisifinanziaria del 2007-2008: gli StatiUniti, la Cina o l’Unione Europea?Il problema è reale poiché, in pre-senza di disordine monetario inter-nazionale, il tasso di cambio del-l’euro diventa una variabile dipen-dente delle turbolenze e delle pro-ve di forza di altri protagonisti conconseguenze sul sistema produtti-vo e la stabilità sociale ed econo-mica degli europei.

La posizione dell’Europa nellanuova divisione internazionaledel lavoro e il rilancio del model-lo sociale europeo

L’Europa sembra di non essere ca-pace di trarre le conseguenze dovu-te dalla ricomposizione in atto delladivisione internazionale del lavoro ene subisce i maggiori contraccolpi. Ilmodello sociale europeo finisce sot-to attacco, perde pezzi ogni giorno,e pochi si rendono conto dei rischi didestabilizzazione sociale e politicache ne possono conseguire. La ca-duta dell’occupazione e la precariz-zazioe dei rapporti di lavoro deter-

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minano nel tempo sbandamenti so-ciali di cui già si intravedono preoc-cupanti manifestazioni, come nelcaso dell’insofferenza verso gli im-migrati o l’abbandono dei valori del-la partecipazione politica tra i gio-vani, la diffusione della sfiducia ver-so le istituzioni e la politica, l’affer-mazione del populismo. L’Europanon può reagire alla globalizzazio-ne in modo aggressivo, né può iso-larsi e richiudersi in se stessa. I pae-si emergenti rivendicano il diritto allosviluppo e vanno assecondati senzafrapporre ostacoli politici e protezio-nismi economici. Il ruolo europeodovrebbe essere quello di agevola-re da protagonista i grandiosi pro-cessi di crescita che si sono affaccia-ta da qualche decennio nel Sud delmondo, non solo in Cina, e di co-gliere le opportunità di una propriariconversione produttiva per collocar-si su un punto più avanzato nelladivisione internazionale del lavoro.L’unico paese europeo che sembraavere capito la lezione è la Germa-nia che ha adottato un modello dicrescita export-oriented a forte inten-sità tecnologica. Infatti la Germaniatrova nella Cina il suo secondo part-ner commerciale, dopo la Francia, epartecipa ampiamente nei processidi sviluppo del resto del mondo. Ciòha, però, due conseguenze rischio-se per l’Europa. La prima è la proie-zione extraeuropea degli interessitedeschi; la seconda è la crescitadella dipendenza degli altri partnercomunitari dalla locomotiva tedescacon accrescimento dei divari interniall’Unione Europea.In realtà l’Europa avrebbe bisognodi una politica di rilancio produtti-vo, di una strategia di politica in-dustriale e dei servizi, analoga aquella condotta da Berlino cheavrebbe certamente effetti positivisu tutti i paesi europei, Germaniacompresa. Per poterla realizzarenon basta osservare il necessariorigore per il risanamento dei continazionali. Il nuovo Patto di Stabili-tà va accompagnato, pertanto, dauna politica di investimenti euro-pei in R&S e infrastrutture destina-ti a favorire i processi di riconver-sione e riposizionamento interna-zionale finanziati da una maggio-re capacità del bilancio comunita-rio grazie ad emissioni di UnionBonds e da una carbon tax che, ol-tre a rispondere agli oneri del ser-vizio del detto debito, avrebbe ca-pacità orientative per realizzare unsistema produttivo energy saving.Un sistema produttivo più moder-no determinerebbe certamenteun’occupazione qualitativamentepiù avanzata in Europa con effetti

socio-politici rilevanti dal punto divista della coesione e della parte-cipazione democratica.

L’uscita degli Stati Uniti dai con-flitti in Iraq e Afghanistan e lapace in Medio Oriente.

Diversi paesi europei partecipano ohanno partecipato alle missioni mi-litari internazionali in Afghanistan ein Iraq senza però esprimere e/ocondizionare gli interventi con unapropria strategia.Oggi gli Stati Uniti sono in difficol-tà nel venire a capo delle opera-zioni militari a causa dell’assenzadi un disegno di pace coerente peril Medio Oriente. Domani tali dif-ficoltà potrebbero certamente di-ventare rischiose per la sicurezzadi tutto il mondo a causa della de-clinante capacità USA di finanzia-re lo sforzo militare. Non dobbia-mo dimenticare che le difficoltàeconomiche della Gran Bretagnahanno portato nel secolo scorso inpochi decenni alla fine dell’Impe-ro britannico. Chi sarà in grado diassicurare condizioni di ordine dalMediterraneo orientale al Pakistanin caso di un progressivo o improv-viso ritiro della presenza america-na? Servono presenze militari e/osoluzioni politiche? Gli europeisono capaci di risolvere la questio-ne israelo-palestinese come si era-no impegnati con la dichiarazionedi Venezia del 1980? Quale vuoleessere il ruolo degli europei in que-st’area sensibile di prossimità?Sono disponibili gli europei a so-stenere lo sviluppo civile ed eco-nomico del Medio Oriente e a di-fendere, anche militarmente conmissioni ONU di peace building, lacostruzione di condizioni di ordinecontro le resistenze delle forze con-servatrici e fondamentaliste pre-senti? Ha quindi senso attivare unacooperazione strutturata nel setto-re della difesa? La condivisione allacostruzione di una capacità milita-re europea per operazioni di pron-to intervento o di peace keepingcomporta anche la condivisione daparte dei paesi cooperanti della ca-pacità nucleare francese?Le domande sono tante ma si pre-senta anche una certezza. Le diffi-coltà degli Stati Uniti in Afghanistandeterminano il deterioramento del-la NATO, l’ombrello protettivo degliStati Uniti sull’Europa che ne ha fa-vorito il processo di unificazione.Occorre già pensare al dopo NATOe alla responsabilità europea per lapropria sicurezza e per quella delmondo, alla possibilità che l’UE pro-

muova una sua forza militare dipronto intervento messa a disposi-zione dell’ONU.

Il punto di intervento per affron-tare la crisi

L’equilibrio multipolare, accolto favo-revolmente con la nascita del G20pochi anni fa, sta progressivamentemanifestando il suo carattere preca-rio e chiede di essere stabilizzato. Lepossibilità di realizzare, sulla base dinegoziati diplomatici, condizioni di si-curezza e di coesione tra i protagoni-sti mondiali sembrano sempre menorealistiche. La dimensione dei proble-mi in gioco potrebbe condurre a con-fronti armati, per ora evitati grazie alladeterrenza nucleare di cui dispongo-no le principali potenze e ai conse-guenti rischi di olocausto per l’uma-nità. L’unica via percorribile è quella,già indicata dal percorso europeo perla costruzione di rapporti di governosopranazionali, di forme di governomondiale parziale rivolte a traghetta-re i grandi protagonisti verso rapportiistituzionali globali con capo all’ONU.Oggi c’è una strada percorribile dopol’avvento della moneta europea. E’quella che porta alla riforma del FMIe all’introduzione di una valuta mon-diale unica, proprio come l’euro è di-ventata la moneta unica per gli euro-pei. Il primo passo sarebbe l’unifica-zione delle quote dei paesi euro pres-so il Fondo, gli altri passi sono chiara-mente indicati negli studi dei federa-listi europei3 . Si tratta di aprire unanuova Bretton Woods per mettere or-dine nei rapporti monetari internazio-nali e stabilire le condizioni per usciredalla crisi del debito americano e sta-bilire condizioni di stabilità e di equi-tà nello sviluppo del mondo. I cinesisono favorevoli, gli americani potreb-bero trovare la loro convenienza. Neconsegue da ciò un’indicazione stra-tegica per l’azione del Gruppo Spinellie per la Campagna per la Federazio-ne europea: un accordo tra grandiprotagonisti mondiali sulla monetapuò aprire la strada ad altre intese, inparticolare sulla sicurezza.Occorre provarci

Alfonso Sabatino

Note:1 Vedi articolo di Giancarlo Chevallard,Parte il servizio diplomatico dell’UnioneEuropea, a pagina 11.2 Il 23 marzo 2009 il Governatore dellaBanca popolare cinese, Zhou Xiaochuan,ha proposto di porre fine al ruolo deldollaro come valuta di riserva globale.3 Cfr. Alfonso Iozzo, Antonio Mosconi,La fondazione di un sistema finanziarioglobale cooperativo, in “PiemontEuropa”,n. 3 - Ottobre 2006

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Il Comitato centrale MFE lancia laCampagna per la Federazione europea

La lotta federalista

Sabato 3 luglio si è tenuta presso la sede del CIFE a Roma la riunione del Comitato centrale MFE che ha approvatol’Appello, riprodotto di seguito, con il quale si apre in Italia la Campagna per la Federazione europea.

“WE, THE EUROPEAN PEOPLE”CHIEDIAMO LA FEDERAZIONE EUROPEA

Per governare l’economia europeaPer avere una politica estera e di sicurezza europea

Per uno sviluppo equo e sostenibilePer contribuire alla pace e alla giustizia nel mondo

APPELLO ALLA CLASSE POLITICADALL’UNIONE MONETARIA

ALL’UNIONE FEDERALE EUROPEAPER SALVARE L’EUROPA BISOGNA AVVIARE SUBITO

LA CREAZIONE DELLA FEDERAZIONE EUROPEA TRA I PAESI CHE HANNO MATURATO LA VOLONTÀ DI FARLO

PER SALVARE L’EURO BISOGNA CREARE SUBITO UN GOVERNO ECONOMICO EUROPEO

La drammatica crisi della Grecia ha messo in evidenza tutte le contraddizioni di un’Unione monetaria chenon è stata accompagnata dalla nascita dello Stato federale europeo. Avendo una moneta unica con sedicipolitiche economiche nazionali, gli europei non riescono più a mantenere un adeguato livello di sviluppo, eil rischio è che la crisi finanziaria, in mancanza della ripresa economica, apra le porte alla recessione e allacrisi sociale. Oggi la sopravvivenza stessa della moneta europea è a rischio, a causa degli attacchi dellaspeculazione internazionale; e con l’euro è in pericolo anche l’Unione Europea. Per salvare l’euro è neces-sario l’immediato rafforzamento della solidarietà tra i membri dell’eurogruppo, per arrivare ad un governoeuropeo dell’economia e della finanza pubblica e per unificare la rappresentanza europea in seno al FMI.L’esperienza dei paesi che hanno adottato l’euro o hanno aderito agli accordi di Schengen mostra che, inpresenza di una forte volontà politica da parte di alcuni governi, si riesce a procedere sulla via dell’unitàeuropea anche a partire da un gruppo di paesi.La crisi dimostra inoltre che serve un deciso incremento del bilancio europeo, e che quindi occorre svilupparei poteri impositivi dell’Unione – ad esempio tramite l’istituzione di una carbon tax – e utilizzare l’emissione diUnion bonds per finanziare la riconversione anche in senso ecologico dell’economia europea lungo le lineeprospettate dalla rivoluzione scientifica e tecnologica. Non basta però agire sotto la spinta della sola neces-sità immediata per risollevare le sorti dell’Europa: è venuto il momento anche di recuperare il progettoeuropeo dei Padri fondatori, perché solo la creazione della Federazione europea – attraverso una procedurademocratica costituente alla quale siano associati i cittadini – permetterà agli europei di riprendere in manoil loro destino ed indicare al mondo la via della pace e del progresso. I paesi dell’Eurozona che hannomaturato le condizioni politiche per farlo devono trasferire a livello europeo la sovranità nel campo dellapolitica economica e di quella estera e militare, creando un potere federale dotato di strumenti e di risorseche gli permettano di agire con efficacia.La responsabilità di avviare un’iniziativa in questo senso spetta innanzitutto a Francia e Germania, ancoraoggi al centro del processo europeo. L’Italia può e deve contribuire alla nascita di questa iniziativa indicandoper prima la necessità di creare una sovranità europea e adoperandosi affinché, anche attraverso il sistemadella cooperazione strutturata prevista dal Trattato di Lisbona, si crei un’avanguardia nel campo della sicu-rezza. L’obiettivo è far sì che maturino le condizioni per una Seconda Dichiarazione Schuman, con cui laFrancia accetti di condividere il proprio seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU e di creare una difesaunica europea, rendendo così evidente e credibile la propria volontà europea e stimolando un’analogarisposta da parte della Germania. In gioco vi è il futuro degli europei: oggi più che mai l’alternativa è traunirsi o perire, ed è per questo che, citando Altiero Spinelli, «la strada deve essere percorsa, e lo sarà».

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L’Ufficio del Dibattito e l’Ufficio For-mazione hanno organizzato a Torino,sabato 19 giugno, presso la sede MFEun dibattito interregionale sul tema“La Francia, la Germania e il futurodell’unità europea”. Per l’occasionesono stati invitati ad intervenire perportare la loro testimonianza sulla si-tuazione nei rispettivi paesi ThomasJansen, già Segretario del Partito Po-polare europeo e membro dell’Euro-pa Union Deutschland, e David Sol-dini, membro dell’UEF France. Han-no preso parte all’incontro circa ses-santa militanti federalisti delle sezio-ni piemontesi, lombarde, venete edemiliane. Ha coordinato l’incontroFranco Spoltore.Dopo una breve introduzione svoltada Sergio Pistone sul tema dell’inte-grazione-disintegrazione dell’Europa,in cui è stato messo in evidenza comenon ci possa essere solidarietà senzasicurezza comune e come il proble-ma della creazione della Federazio-ne europea ponga il problema del-

l’avanguardia e del ruolo della Fran-cia, in particolare nel proporre unanuova dichiarazione Schuman allaGermania, sono intervenuti Jansen eSoldini. Thomas Jansen ha incentratoil suo intervento sulla descrizione delsistema federale tedesco e sull’in-fluenza che i Länder hanno sulla poli-tica – anche europea – della Germa-nia, evidenziando i pericoli di euro-scetticismo che stanno montando inGermania e commentando la senten-za della Corte costituzionale tedescasulla ratifica del Trattato di Lisbona. Daparte sua David Soldini ha ripercorso lastoria delle iniziative francesi (piani Mon-net-Schuman e Fouchet), mettendole inrelazione con i problemi attuali.Ha quindi preso la parola DomenicoMoro, il quale ha illustrato il suo con-tributo. In particolare Moro ha posto iproblemi della necessità di indagarele possibilità di avanzare sulla stradadella politica di sicurezza attraverso ilTrattato di Lisbona e quelli del desti-no dell’UEO, della ristrutturazione del

Dibattito interregionale a TorinoLa Francia, la Germania e ilfuturo dell’unità europea

La presa di posizione sulla questionedei Rom e sul Gruppo Spinelli

bilancio dell’Unione in considerazio-ne delle sfide poste dalla difesa e del-la questione del destino del nuclearemilitare francese.L’incontro di Torino ha fatto registrareun’ampia convergenza di analisi eidee sulla necessità di promuovereun’azione federalista per sollecitare,anche a partire dall’Italia, un’iniziati-va francese ed un rilancio del proget-to politico europeo sulla base di unrinnovato impegno franco-tedesco sulterreno della federazione europea. Inquesta ottica l’Ufficio del Dibattito el’Ufficio Formazione hanno quindi rin-novato l’impegno ad organizzare al-tri dibattiti interregionali per appro-fondire i temi trattati e metterli in re-lazione con l’azione che i militanti ele sezioni federaliste saranno chiamatiad alimentare e sostenere nelle lorocittà e regioni.

I singoli contributi sono sul sito:http://www.francospoltore.net/new-sletter/UD_TO19_06_10/index.html).

La Direzione nazionale dell’MFE, riu-nita a Milano il 18 settembre 2010,ha adottato una risoluzione sulleespulsioni dei Rom in Francia e hapreso posizione sulla costituzione delGruppo Spinelli.Nella risoluzione, la Direzione:stigmatizzala violazione dei diritti dei cittadiniRom, vittime di espulsioni di massaattuate dal governo francese con lasolidarietà di quello italiano;sottolineache questi cittadini europei non pos-sono essere discriminati in quantoappartenenti a una minoranza etni-ca, perché ciò viola i Trattati europeiin tema di libera circolazione dei cit-tadini e la Carta dei diritti fondamen-tali della UE;ritieneche la Commissione Europea abbiail diritto-dovere di intervenire inquanto “guardiana dei Trattati”, qua-lora ravvisi una violazione degli ob-blighi comunitari da parte di uno Sta-to membro, cosa che comporta il di-

ritto di esprimere pubblicamente ilproprio pensiero attraverso i propriCommissari ed il proprio Presiden-te, e di avviare, se lo ritiene, la pro-cedura d’infrazione prevista dai Trat-tati;condannail tentativo, in atto da tempo, con-dotto da alcuni Stati, di voler ridurrela Commissione europea ad un Se-gretariato del Consiglio europeo,cosa che accentuerebbe il carattereintergovernativo dell’Unione;...prende atto con soddisfazionedella formazione del Gruppo Spinelli,che progetta di diventare protagoni-sta della costruzione dell’unità euro-pea attraverso la creazione di un le-game tra il Parlamento europeo ed isettori progressisti della società civileeuropea attorno all’obiettivo del rilan-cio del progetto di un’Europa federa-le in opposizione alla crescente prassidei governi nazionali di gestire la po-litica europea con il metodo intergo-vernativo, che sta portando alla rina-zionalizzazione della politica europea;

ritieneche questa iniziativa confermi la li-nea del Movimento volta a creareuna mobilitazione dei cittadini eu-ropei, guidata da un vasto schiera-mento di forze della società civile edella società politica con lo strumen-to della “Convenzione dei cittadinieuropei”, per far partecipare diret-tamente il popolo europeo al pro-cesso di costruzione di una “Unionefederale”;auspicauna piena unità di intenti tra il nuo-vo Gruppo Spinelli, l’Intergruppofederalista al Parlamento europeoe l’UEF nell’elaborazione di una ef-ficace strategia per le prossime bat-taglie attorno alle questioni del go-verno economico europeo, dell’au-mento delle risorse finanziarie del-l’Unione e della sua capacità fisca-le, della unificazione della politicaestera e di sicurezza e della costru-zione della Federazione europeacon la partecipazione del popoloeuropeo.

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Il Manifesto del Gruppo SpinelliOggi più che mai le sfide che ci troviamo ad affrontare sono globali: cambiamento climatico, esaurimento dellerisorse e distruzione ambientale, regolamentazione economica e finanziaria, minaccia nucleare e sicurezzacollettiva, commercio più equo, costruzione e consolidamento della pace …In questo nuovo mondo, ogni paese europeo è piccolo. Ma godiamo di un vantaggio: abbiamo costruito insiemeun’Unione Europea. Si tratta di una realtà unica nel suo genere, nell’ambito della quale gli Stati-nazione euro-pei, alcuni persino divisi da conflitti protrattisi nel tempo, hanno deciso di essere “uniti nella diversità” e costituireuna sorta di Commonwealth, una Comunità nel vero senso del termine.Nello sforzo comune di conseguire pace e prosperità, siamo riusciti a lavorare insieme e ad unire le nostre forze,promuovendo così livelli di benessere senza precedenti, democrazia e riconciliazione nel continente. Gli Stati-nazione hanno ceduto poteri sovrani alle istituzioni europee in modo da raggiungere obiettivi comuni ed un’Unioneancora più vicina.Sfortunatamente, mentre le sfide formidabili generatesi a seguito di una crisi multi sfaccettata richiedono rispo-ste comuni, quantomeno a livello europeo, troppi politici sono caduti preda della tentazione di pensare solo allasalvezza della propria nazione. In un’epoca di interdipendenza e in un mondo globalizzato, rimanere attaccati aconcetti quali la sovranità nazionale e l’intergovernamentalismo non significa solo muovere guerra allo spiritoeuropeo; non implica altro che dipendenza pura e semplice dall’impotenza politica.Oggi le cose si stanno muovendo nella direzione opposta, verso un’Unione più divisa piuttosto che più vicina,verso un’Europa più nazionale piuttosto che post-nazionale. Gettandosi lo spirito comunitario alle spalle, gli Statimembri fanno in modo che gli interessi nazionali sul breve periodo offuschino la visione comune. Essi preferisco-no soluzioni intergovernative piuttosto che soluzioni europee, quasi fino al punto di disgregare l’Euro, il simbolopiù concreto dell’integrazione europea.Ci opponiamo a questa corrente retrograda e reazionaria. Tuttavia, l’Europa ci è stata nuovamente sottratta dauna coalizione di politici nazionali. Crediamo che in questo momento l’Europa non debba rallentare ulterior-mente il processo di integrazione, ma al contrario accelerarlo. La storia dell’Unione Europea ha dimostrato chela soluzione ai problemi che ci troviamo costretti ad affrontare è più Europa, non meno Europa. Solo attraversosoluzioni europee e un rinnovato spirito europeo saremo in grado di fronteggiare le sfide globali.Il Nazionalismo è un’ideologia che appartiene al passato. Il nostro obiettivo è un’Europa federale e post-nazio-nale, un’Europa dei cittadini. Questo era il sogno per raggiungere il quale i padri fondatori hanno lottato cosìduramente. Questo era il progetto di Altiero Spinelli. Questa è l’Europa che cercheremo di costruire. Perchéquesta è l’Europa del futuro.

È nato il Gruppo SpinelliIl 15 settembre 2010 a Bruxelles gli europarlamentari Guy Verhofstadt e Silvie Goulard (liberal-democratici), DanielCohn-Bendit e Isabelle Durant (verdi) hanno costituito un gruppo di azione intitolato ad Altiero Spinelli con lo scopo di farprogredire l’integrazione europea contro il nazionalismo risorgente e di promuovere il federalismo in Europa. Concreta-mente, il Gruppo Spinelli, di cui pubblichiamo il manifesto, si impegna a favore dell’esercito europeo, del governoeconomico europeo e, quindi, della riforma dei trattati europei. I pilastri fondamentali del Gruppo Spinelli sono: - uncomitato direttivo composto da 33 personalità europee tra cui figurano, oltre ai quattro europarlamentari promotori,Jacques Delors, Mario Monti, Joschka Fischer, Pat Cox, Elmar Brok, Elie Baravi, Jean-Marc Ferry, Ulrich Beck, AndrewDuff, Danuta Hübner, Tommaso Padoa Schioppa, Sandro Gozi, Amartya Sen e Gesine Schwan; - un gruppo di deputatieuropei che lancerà e sosterrà le iniziative federaliste nel PE; - un “Consiglio ombra”, composto di membri del gruppo chesi riunirà prima dei Consigli europei importanti per proporre risposte veramente europee e federaliste ai problemi chediscuteranno i capi di Stato e di governo; - lo sviluppo, via Internet, di una vasta rete aperta a tutti gli interessati dellasocietà civile, i quali saranno invitati all’assemblea generale del Gruppo Spinelli che si terrà ogni anno il 9 maggio.

ISCRIVETEVI E FATE ISCRIVERE I VOSTRI AMICI AL

MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEOQUOTE DI ISCRIZIONE ALLA SEZIONE DI TORINO PER IL 2010

– SOCI MILITANTI e SOSTENITORI(compresi gli abbonamenti a L’Unità Europea, Piemonteuropa, Il Federalista e Dibattito Federalista) sssss 85,00

– SOCI ORDINARI(compresi gli abbonamenti a L’Unità Europea, Piemonteuropa) sssss 31,00

– FAMILIARI(con stesso indirizzo dei Soci ordinari o militanti) sssss 13,00

– SOCI GIOVANI (14-18 anni) sssss 13,00

I versamenti devono essere effettuati sul c/c postale n. 28731107 intestato a: M.F.E. - via Schina, 26 - 10144 Torino

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PiemontEuropa 7

Il 30°anniversario delClub del CoccodrilloIn occasione dei 30 anni dalla fon-dazione a Strasburgo del Club delCoccodrillo da parte di Altiero Spi-nelli, il MFE Roma e Lazio hanno or-ganizzato una riunione venerdì 9luglio presso la sede di piazza dellaLibertà.Per l’occasione il Presidente della Re-pubblica, Giorgio Napolitano, ha in-viato al Presidente del MovimentoFederalista Europeo - Centro regio-nale Lazio, Pier Virgilio Dastoli, uncaloroso messaggio imperniato sul-la necessità di continuare ora l’azio-ne di Spinelli.«L’iniziativa del Club del Coccodrillofu promossa da Altiero Spinelli nel1980 superando ogni divisione tra leforze politiche rappresentate a Stra-sburgo. Essa contribuì a imprimereuno slancio nuovo al processo di in-tegrazione e a porre le basi del can-tiere delle riforme istituzionali, avviatocon il progetto di costituzione per l’Eu-ropa approvato dal Parlamento nel1984 e in qualche modo conclusosinei nostri giorni con il Trattato di Li-sbona. Oggi dobbiamo tenere viva lavisione ideale di Altiero Spinelli e delClub del Coccodrillo, per una sem-pre più stretta integrazione tra i po-poli europei nella piena consapevo-lezza che solo agendo come un sog-getto politico unitario l’Europa potràrispondere alle sfide globali del mon-do contemporaneo. Con questo spi-rito, nel ricordo dell’impegno politi-co e morale e dell’esemplare coeren-za e tenacia di Altiero Spinelli, rivol-go a voi tutti i miei migliori auspici dibuon lavoro».

Dastoli, a sua volta, ha pubblicatosu “L’Unità” il seguente articolo chericorda l’avvenimento storico.«Il 9 luglio 1980 Altiero Spinelli riu-nì al Ristorante “Crocodile” di Stra-sburgo otto eurodeputati che aveva-no accolto il suo appello: la Comu-nità deve riformarsi o perire, la re-sponsabilità della crisi è dei governi,solo l’Europarlamento può elabora-re un progetto per rendere la Co-munità democratica ed efficace. LaComunità attraversava una crisi gra-vissima, i governi litigavano sullespoglie di un bilancio largamente de-dicato alle spese agricole e non vierano politiche per garantire dimen-sione europea a ricerca, ambiente,innovazione e coesione territoriale.Nasceva trent’anni fa il “Club delCoccodrillo”, che ha influenzato l’in-

tegrazione europea dal progettodell’Europarlamento del 1984. Essoha ispirato le riforme che hanno per-messo fra l’altro l’introduzione dellacittadinanza europea, il potere dicodecisione fra Parlamento e Consi-glio, la politica della società euro-pea e la ripartizione delle competen-ze fra Unione e Stati membri secon-do il principio di sussidiarietà. Conpreveggenza l’Europarlamento ave-va proposto di creare i poteri neces-sari per realizzare una politica eco-nomica europea a cui avrebberodovute essere sottomesse le azionidegli Stati membri. Con saggezza,Spinelli aveva deciso di non porre néla questione della trasformazionedella Comunità in una Federazionené di battezzare “costituzione” il pro-getto del Parlamento. Con lungimi-ranza, Spinelli sapeva che la soprav-vivenza del “suo” progetto era lega-ta alla volontà dell’Europarlamentodi considerarsi una “assemblea co-stituente” ad referendum e non unufficio studi ed alla volontà di unamaggioranza di governi di andareavanti anche se qualche paese mem-

bro avesse deciso di stame fuori.L’Unione è oggi in crisi ed ancora unavolta la responsabilità è dei governiincapaci di proporre soluzioni euro-pee a problemi europei. Durantequesta legislatura europea, l’Unio-ne deve dotarsi di politiche e stru-menti di bilancio per intervenire lad-dove i governi sono incapaci di far-lo, prigionieri di scelte non impostedall’Unione ma dallo stato disastro-so dei conti pubblici nazionali. Perdecidere su queste politiche e sullerisorse finanziarie per realizzarle oc-corre un compromesso fra Esecutivoeuropeo, Europarlamento, parla-menti e governi nazionali ed il “luo-go” migliore sarebbe una Conven-zione simile a quelle che hanno ela-borato la Carta dei Diritti e la Costi-tuzione europea. Per andare “oltreLisbona” - come ha proposto recen-temente Joschka Fischer - occorreun’assemblea dotata di un mandatopopolare ed il “luogo” migliore sarà ilParlamento Europeo eletto nel 2014.Occorre tessere fin d’ora le fila di unaccordo politico per raggiungere l’unodopo l’altro questi obiettivi».

Altiero Spinelli durante una seduta del Parlamento europeo

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Settembre 20108

Il Seminario di formazione federali-sta di quest’anno si è articolato sutre eventi: l’assegnazione, per la pri-ma volta, del Premio giornalistico“Altiero Spinelli”; i due Seminari –quello italiano e quello internazio-nale – in cui tradizionalmente si ar-ticola il Seminario di formazione fe-deralista; il terzo Seminario europeoche coinvolge i centri studi e di ricer-ca che in Europa si occupano di fe-deralismo e di unificazione politicaeuropea.Il Consiglio di Amministrazione del-l’Istituto, lo scorso anno, ha appro-vato la proposta del Direttore del-l’Istituto di istituire il Premio “AltieroSpinelli” da conferire, annualmente,al miglior servizio giornalistico sultema del federalismo e dell’unifica-zione politica europea. L’iniziativa haottenuto il patrocinio, oltre che degliEnti locali soci dell’Istituto, del Presi-dente del Parlamento europeo, del-la Rappresentanza in Italia dellaCommissione europea e della Con-ferenza dei Presidenti delle Assem-blee legislative regionali. Per l’occa-sione, la Presidenza della Repubbli-ca italiana ha messo a disposizionedell’evento la propria medaglia dibronzo di rappresentanza. Quest’an-no ha quindi avuto luogo la primaedizione dell’iniziativa. Il premio,consistente nella riproduzione suvassoio d’argento del coccodrillo re-alizzato a suo tempo dall’artista Ser-gio Ruffolo – logo del Club del Coc-codrillo, fondato da Spinelli al Par-lamento europeo -, è stato conferitoa Ferdinando Riccardi, già direttoredell’Agenzia di stampa “Agence Eu-rope” di Bruxelles. La motivazionedell’assegnazione del Premio è sta-ta letta dal Direttore dell’Istituto,Domenico Moro.Dal 29 agosto al 3 settembre, sisono invece tenuti i due Seminariin cui si articolano i lavori di Ven-totene. E’ opportuno ricordare che,nonostante le difficoltà finanziariecui si è andato incontro nell’orga-nizzare il Seminario, erano presenticirca 90 giovani al Seminario ita-liano e 40 giovani al Seminariointernazionale. Va segnalata, inparticolare, la partecipazione diuna decina di giovani inviati, a pro-prie spese, dal Consiglio regiona-le del Piemonte. I funzionari chehanno accompagnato i giovani,alla fine del Seminario si sono di-chiarati entusiasti dell’iniziativa e

I Seminari di Ventotene e il Premiogiornalistico “Altiero Spinelli”

ribadito la volontà di ripeterel’esperienza anche il prossimoanno.Il Seminario italiano, dopo i salutidel Sindaco di Ventotene, Giusep-pe Assenso, si è aperto con unatavola rotonda sul sessantesimoanniversario della DichiarazioneSchuman alla quale hanno parte-cipato il Presidente del MFE, LucioLevi, Pier Virgilio Dastoli, Consi-gliere della Commissione europeaed i l parlamentare europeoGianluca Susta. I lavori sono statipresieduti da Gabriele Panizzi,vice-presidente dell’Istituto Spinel-li. Nei giorni successivi sono inter-venuti nel Seminario Antonio Pa-doa Schioppa, Simone Vannuccini,Luca Lionello, Alfonso Sabatino,Massimo Contri, Lucio Levi, Massi-mo Malcovati, Paolo Acunzo e Fe-derico Brunelli, Giorgio Anselmi eAlberto Malocchi.La mattina di venerdì 3 settembresi è tenuta, infine, la tavola roton-da di chiusura del Seminario sultema: “Quale strategia per il rilan-cio del processo costituzionale eu-ropeo?”. Alla tavola rotonda dichiusura, come per gli anni prece-denti, sono invitati a partecipareparlamentari nazionali ed europeidi tutti i partiti politici. All’appellodei federalisti hanno risposto gliOn. Niccolò Rinaldi dell’ALDE, San-

dro Gozi, il Sen. Roberto Di Gio-van Paolo. Lucio Levi e SimoneVannuccini hanno rappresentato,rispettivamente, il MFE e la GFE. Ilavori, presieduti da DomenicoMoro, Direttore dell’Istituto Spinel-li, sono stati aperti dai saluti delvice-presidente del Consiglio re-gionale dell’Emilia-Romagna, San-dro Mandini, e dal vice-presiden-te del Consiglio regionale dellaToscana, Giuliano Fedeli e dall’As-sessore della Provincia di Latina,Silvio D’Arco. La tavola rotonda hapotuto contare sulla presenza delPresidente della Regione Lazio,Renata Polverini che, con la suapartecipazione, ha voluto sottoli-neare l’importanza per la Regionedel Seminario di formazione fede-ralista. Nel corso del dibattito, surichiesta della Polverini, RegioneLazio e Movimento Federalista Eu-ropeo hanno diffuso un comunica-to congiunto per condannare l’an-nunciata lapidazione (poi sospesa)dell’iraniana Sakineh Mohamma-di Ashtiani.Parallelamente al Seminario italia-no, si sono svolti i lavori del Semina-rio internazionale. I lavori sono ini-ziati domenica pomeriggio, 29 ago-sto, e sono stati introdotti da GuidoMontani, Vice-Presidente UEF, conuna relazione sul tema “What futu-re for the nation States and the fe-

Ventotene, 3 settembre 2010. l’intervento della Presidente della Regione Lazio,Renata Polverini. Da sinistra, l’Assessore provinciale Silvio D’Arco, il Sindaco

di Ventotene Giuseppe Assenso, Lucio Levi e Domenico Moro

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C’è qualcosa di profondamente in-naturale, quasi di ingiusto, nel do-ver commemorare una personascomparsa in età tanto più giova-ne di quella di colui che parla. Laperdita di un anziano maestro è co-munque nell’ordine fatale dellecose umane e si è maggiormentepreparati ad accettarla e a farsicarico delle responsabilità che lasua scomparsa carica ora sulle no-stre spalle.Diverso è perdere una persona tan-to più giovane di noi, alla quale,anche se in anni ormai lontani, ab-biamo proposto i primi elementi diquella analisi e di quell’impegno,che poi ha contraddistinto la suacome la nostra vita, e alla quale sipensava di lasciare invece il com-pito di proseguire nell’analisi e nel-l’impegno, una volta che noi nefossimo impediti. Invece, eccoci quia ricordare Nicoletta, a pochi giornidalla sua scomparsa.Anche Teresa Caizzi ci ha lascia-to, e l’abbiamo appena ricorda-ta: Ma dopo una vita che eccededi più di trent’anni quella conces-sa a Nicoletta, e che affonda lesue radici federaliste fin nel lon-tano 1943, quando ella conobbein Svizzera Altiero ed Ursula Spi-nelli. Una vita radicata nella faseeroica di fondazione del Movi-mento, e che poi della storia delMovimento ha attraversato tuttele fasi, fino a ieri. Più limitata neltempo la vita di Nicoletta e con-centrata invece nella fase dellafondazione di una forza federa-lista autonoma da parte di Mario

In ricordo di Nicoletta Mosconidi Ennio Cannillo

Albertini. E senza accadimenti dicarattere storico da ricordare. Néavrebbe senso ricordare inveceepisodi della sua vita personale,che pure farebbe piacere a meraccontare e ai suoi amici ascol-tare. Ma io vi parlo e voi mi ascol-tate in sede di Movimento Fede-ralista Europeo, e voglio, come ègiusto, limitarmi a questo auste-ro contesto.In questo contesto, Nicoletta si èassunto un impegno personale dirilevanza storica. Non dirò nulladi tutto quello che Nicoletta hafatto, come tutti noi, parlando inconferenze e dibattiti, partecipan-do a faticose riunioni, avvicinan-do cittadini europei nelle piazzed’Italia e d’Europa per farli ade-rire alle campagne con le quali ilMFE ha cercato di dare voce al po-polo federale europeo. E faccio unsolo accenno alla sua attività sag-gistica. Ora che il sito della rivi-sta “Il Federalista” (quasi) consen-te con un solo clic di far compa-rir: davanti ai nostri occhi l’elen-co di tutti gli articoli di un auto-re, è facile vedere quanto Nico-letta ha scritto, e di quali argo-menti, e constatare il razionaleapproccio filosofico, ma anchemilitante, dei suoi contributi.Come pure un solo accenno, an-cora più rapido, faccio anche allasua attività pluriennale di redat-tore capo della medesima rivista“Il Federalista’.Il compito però cui Nicoletta ha de-dicato gli ultimi dieci anni della suavita, legando a tutti noi e ai poste-

ti un lascito imperituro, costituisceil fatto storico, in forza dei qualenoi oggi le dedichiamo un momen-to speciale di ricordo nella sede delnostro Comitato Centrale. Nicolet-ta (con l’aiuto, devo dirlo per giu-stizia e verità, di Giovanni) ci haconsegnato in nove volumi e otto-mila pagine ‘°Tutti gli scritti” diMario Albertini. Senza il suo diu-turno impegno, molti di questi scrit-ti, solo assai parzialmente pubbli-cati in volume, sarebbero rimastidispersi in una pluralità di pubbli-cazioni, o sepolti in archivi diversi,o addirittura, in certi casi, sareb-bero andati perduti.Le caratteristiche dell’opera sonoappena state ricordate (e perciònon le ripeto qui) in un breve arti-colo comparso sull’ultimo numerodell’Unità Europea, articolo scrittoper segnalare al Movimento il com-pletamento dell’opera e non certoper parlare di Nicoletta. I nove vo-lumi, allineati sugli scaffali nellenostre case e su quelli delle princi-pali biblioteche pubbliche italiane,sono ora anche un monumento aNicoletta, alla sua intelligenza ealla sua costanza.Se il Movimento riuscirà ad orga-nizzare un Convegno per onora-re la memoria di Albertini nell’oc-casione del completamento del-la pubblicazione delle sue ope-re, questo Convegno sarà anche,ma senza che lo si dica, come lasch iva Nico le t ta cer tamenteavrebbe apprezzato, il corona-mento della sua opera e il nostrograzie.

deral State in Europe?”. Il Semina-rio internazionale ha visto gli inter-venti di Daniele Archibugi del CNR,di James del WFM-Canada, JoanMarc Simon, dell’UEF, Hazem Hanafi,della Arab Foundation for FederalStudies; Fernando Iglesias, del WFM-Argentina; Jacopo Barbati della JEF.Jean-Guy Giraud, Presidente del-l’UEF- France, Ingvil Louise Nurberg,Vice-Presidente della JEF, MassimoMalcovati, del Bureau UEF, AlbertoMajocchi, Comitato Centrale MFE;Joonas Turunen.Venerdì mattina si è tenuta la tavolarotonda conclusiva sul tema dell’Ini-ziativa dei Cittadini Europei, previ-sta dal Trattato di Lisbona, ed allaquale hanno partecipato Peter Ma-

tjasic e Mauro Mondino della JEF,Arin Steuenberg di Democracy Inter-national e Thomas Benedikter del-l’associazione Iniziativa per più de-mocrazia.Nei giorni 28 e 29 agosto si sonosvolti i lavori, presieduti da GuidoMontani, del terzo Seminario eu-ropeo con la partecipazione diesponenti dei principali Centri studieuropei che si occupano di fede-ralismo ed unificazione europea.L’argomento affrontato nell’edizio-ne di quest’anno è stato “Europe-an democracy and cosmopolitanDemocracy”. Ai lavori hanno par-tecipato esponenti di importanticentri studi che si occupano deiproblemi dell’unificazione politica

europea, quali: Daniele Archibugidel Birkbeck College; BrendanDonnelly del Federal Trust; Micha-el Hammer di One World Trust; Fe-renc Miszlivetz dell’Institute for So-cial and European Studies, Hunga-rian Academy of Sciences; ElisabethAlber, dell’Institute for Studies onFederalism and Regionalism; Mi-chele Comelli, dell’Istituto Affari In-ternazionali; Jody Jensen dell’Insti-tute for Social and European Stu-dies, Hungarian Academy of Scien-ces; Michele Ruta della World Tra-de Organisation e Columbia Uni-versity; David Grace, Segretario delJames Madison Trust. Era presenteNadia Urbinati della ColumbiaUniversity.

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Settembre 201010

Il dibattito federalista

La crisi finanziariae l’Unione Europeadi Franco SpoltoreLa crisi finanziaria che ha investitonei mesi scorsi l’euro è una crisi strut-turale che affonda le sue radici nel-la divisione politica dell’Europa. Inuna fase di debolezza e arretramentodell’Occidente, in grave difficoltà difronte all’ascesa delle nuove poten-ze, i mercati, gli analisti, gli osserva-tori hanno identificato nella costru-zione comunitaria europea il sogget-to in assoluto più fragile, e quindiperdente, all’interno dei nuovi equi-libri che si vanno formando. Le cau-se di questa fragilità sono da impu-tare proprio alla mancanza di unitàpolitica degli europei, che, pur aven-do creato una moneta unica, nonsono stati capaci di costruire anchelo Stato e di dotarsi quindi degli stru-menti necessari per reagire alla crisie per ristrutturare profondamentel’economia su scala continentale,mantenendola competitiva nel nuo-vo quadro mondiale. Non vedendola volontà politica, da parte degli Sta-ti membri dell’Unione, di fare i passinecessari verso l’unità, i mercati egli osservatori hanno ritenuto - econtinuano a ritenere - che il desti-no dell’Unione monetaria sia quellodi dissolversi e che, al limite, attornoalla Germania si crei una nuova areamonetaria più omogenea rispettoall’attuale. Inutile dire che questoscenario implicherebbe nei fatti ladissoluzione dell’Unione Europea el’inizio, per il nostro continente, diuna fase storica dagli esiti impreve-dibili. Non è un caso che gli StatiUniti abbiano seguito con tanta pre-occupazione le mosse dei paesi eu-ropei.Se i fatti sono chiari per chi segue levicende dall’esterno, gran parte deldibattito europeo e soprattutto gli at-teggiamenti degli Stati continuanoinvece ad essere caratterizzati daltentativo di negarli sul piano politi-co. Ma in questo modo i governi sonodestinati a rimanere prigionieri disempre nuove emergenze e contrad-dizioni da cui non possono uscire consoluzioni nazionali e nazionaliste,pena la caduta nel baratro in cui l’in-terdipendenza economica reciprocasviluppata nell’area dell’euro li tra-scinerebbe. Diventa allora essenziale

capire perché, al di là del tentativodei diversi paesi di guadagnar tem-po con provvedimenti che cercano dirafforzare i vincoli reciproci, il pas-saggio di sovranità dagli Stati all’Eu-ropa è il nodo cruciale da sciogliereper salvaguardare il futuro del no-stro continente.L’Unione Europea, fondata sul me-todo comunitario, è caratterizzata dalfatto di aver trasferito a livello euro-peo numerose e importanti compe-tenze, ma di aver lasciato agli Statila sovranità e quindi il potere e lacapacità politica. In questo quadro,per definizione, le materie vitali perl’interesse nazionale o quelle diret-tamente legate alla formazione delconsenso politico restano ai paesimembri (questo vale per la fiscalitàcome per la politica estera, ed è laragione per cui non è potuta nasce-re, con l’Unione monetaria, anchel’Unione economica, che pure eraprevista). Questo quadro ha pertan-to reso possibili lo smantellamentodelle barriere doganali e commer-ciali, la creazione di un mercato uni-co (anche se ancora da completare)e quella di una moneta unica cheha legato ancor di più gli europei gliuni agli altri; ma, al tempo stesso,non ha consentito di realizzare unpiano europeo di sviluppo e di cre-scita: la sorte di tutti i tentativi fatti,dal Piano Delors alla Strategia di Li-sbona, ne è la prova evidente. La ra-gione è dovuta al fatto che gli Statinon si fidano ad investire le proprierisorse in programmi le cui ricadutepositive rafforzerebbero economica-mente, commercialmente e indu-strialmente gli altri partner. Non acaso nei settori strategici (ad esem-pio in quello della ricerca e dell’in-novazione, oppure nei rami indu-striali di punta o in quelli legati adinteressi nazionali vitali, come quel-lo energetico o militare) ciascunocerca sempre di difendere la propriacompetitività a discapito di quelladegli altri membri dell’Unione Euro-pea, anche quando si dovrebbe col-laborare su progetti comuni. E ilmantenimento del quadro naziona-le come punto di riferimento politicoche impedisce la crescita dell’Euro-

pa e che rende vani i tentativi, inter-governativi o comunitari che siano,di governare l’economia europea. Edè sempre la divisione che, in epocadi crisi - crisi che inevitabilmente siriflette con intensità diversa sui varipaesi - rende la necessità di interve-nire a sostegno dei più deboli unpeso quasi insopportabile per gli Statipiù ricchi, fino a spingere i mercati ascommettere sul default dei paesimaggiormente a rischio o sulla loroespulsione dall’area dell’euro. Fin-ché la sovranità rimane nazionale èinfatti impossibile che si sviluppi lacoscienza condivisa di costituireun’unica comunità di destino e chesi consolidino le basi della solidarie-tà reciproca.La vera sfida per gli europei è quindiquella di andare oltre il metodo co-munitario. Dopo il cambiamento delquadro internazionale con la cadu-ta del bipolarismo (e con le conse-guenti trasformazioni in seno allaComunità, dalla riunificazione tede-sca, alla nascita dell’euro, all’allar-gamento) c’è stata una fase in cui ilsistema comunitario è stato teoriz-zato e proposto come una sorta dimodello di democrazia post-statua-le, dimenticando quello che in real-tà esso è, e il modo in cui era statoconcepito dai padri fondatori nelmomento in cui erano falliti i dise-gni di creare subito lo Stato federaleeuropeo: uno strumento di transizio-ne verso la Federazione europea. Lacrisi ha riportato alla luce questo pro-blema, per il fatto stesso che il ricat-to dei mercati nasce proprio dallaprecarietà degli equilibri comunita-ri; la risposta, pertanto, non può es-sere quella di proseguire sulla via deldare maggiori competenze o poteridi controllo, necessariamente con-traddittori, alla Commissione o alParlamento europeo, ma di capirecome e se può essere sollecitata lavolontà di unirsi politicamente daparte almeno di un gruppo di Stati,ed in particolare dei paesi più con-sapevoli dell’eurogruppo (in primisFrancia e Germania). Anche la ne-cessità di un governo europeo del-l’economia, più volte evocato in que-sti mesi, e le proposte che vengono

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PiemontEuropa 11

Parte il servizio diplomaticodell’Unione Europeadi Giancarlo ChevallardLunedì 4 ottobre, presso la sede del MFE a Torino, Giancarlo Chevallard, Presidente di Paralleli, Istituto euromediterra-neo del Nord Ovest di Torino, già dirigente nella Direzione Generale delle Relazione esterne e Capo Delegazione dellaCommissione europea, ha presentato il “Servizio europeo per l’azione esterna”. E’ seguito un intenso dibattito.

A fine luglio i ministri degli Esteri del-l’Unione europea hanno approvato“la decisione che fissa l’organizzazio-ne e il funzionamento del Servizioeuropeo per l’azione esterna” (Seae,nell’acronimo italiano). La decisioneprescrive con minuzia i vari elementicostitutivi del nuovo Servizio. La via èquindi libera per la sua messa in fun-zione, a cominciare dalla nomina diun Segretario Generale e dall’attribu-zione di una dotazione finanziaria. E’previsto che diventi operativo entro lafine dell’anno. Sarà ministero degliEsteri e, allo stesso tempo, embrionedi ministero della Difesa, poiché leattuali strutture militari dell’UE sonotrasferite tali e quali al nuovo Servi-zio.

Big bang a fine annoFatto raro a Bruxelles, questa impor-tante decisione è avvenuta celermen-te, in soli otto mesi dall’entrata in vi-gore del Trattato di Lisbona. Statimembri e istituzioni UE (Parlamentoeuropeo, Consiglio e Commissione)hanno saputo evitare logoranti con-trapposizioni sulla collocazione istitu-zionale del Seae. Merito per questoiter senza scosse va riconosciuto allatanto bistrattata Alto rappresentante

per la politica estera e di sicurezza,Catherine Ashton, la cui proposta didecisione di fine marzo, che disegna-va un ambizioso profilo del Seae perstatus, risorse e poteri, ha fornito labase per il testo finale.Significativa anche la scelta dei tem-pi. La Ashton – e con lei gli Stati mem-bri - hanno optato per il “big bang”: imassicci trasferimenti di personale edi funzioni dalle attuali istituzioni alnuovo Servizio saranno effettuate inblocco il 1° gennaio 2011, e non “atappe” su più anni, come sosteneva-no autorevoli voci a Bruxelles. Il Seaesarà dunque pienamente funzionan-te fin dall’anno prossimo. Successiveintegrazioni di personale o aggiusta-menti organizzativi potranno miglio-rarne ulteriormente le prestazioni.

Autonomia funzionaleIl Seae è “funzionalmente autonomo”.Distinto rispetto alle altre istituzioni del-l’Unione, esso è responsabile solo neiconfronti dell’Alto Rappresentante, dacui dipende. Quest’ultimo - non il Ser-vizio – è sottoposto al controllo politicodel Parlamento europeo. Esso non po-trà quindi accettare istruzioni da altrisoggetti. Coopererà con le diplomazienazionali e con le altre istituzioni del-

l’Unione su un piede di parità, il che do-vrebbe facilitarne l’affermazione comedinamico attore internazionale.L’autonomia del Seae è poi garantitadal potere che gli è stato conferito dipreparare e gestire il proprio bilanciodi funzionamento. Un altro preziosoasset è la capacità giuridica che gli èstata attribuita: il Servizio potrà ne-goziare accordi (per esempio, conpaesi terzi) o contratti (per il propriofunzionamento) in prima persona. Larappresentanza dell’Ue negli organi-smi internazionali ne sarà facilitata.

Personale e risorseL’allegato alla decisione istitutiva delSeae elenca in dettaglio le entità del-la Commissione e del Consiglio chegli saranno trasferite in blocco. Essen-zialmente si tratta delle strutture digestione della Politica di sicurezza edifesa comune e di quelle per la ge-stione delle relazioni esterne delle dueistituzioni, oltre alle 130 delegazionidella Commissione in paesi terzi opresso organismi internazionali. Vi siaggiungono altre strutture della Com-missione relative alla cooperazioneallo sviluppo.Il Seae comincerà quindi ad operare,disponendo di imponenti risorse uma-

avanzate in tal senso (quali il con-trollo europeo delle politiche di bi-lancio, l’aumento del budget euro-peo, l’emissione di Union bonds perfinanziare politiche di rilancio del-l’economia a livello europeo, l’ipo-tesi di dotare il livello europeo dipoteri impositivi e quella di armo-nizzare i sistemi fiscali dei paesimembri), vanno inquadrate in que-sta prospettiva. Infatti, tutte questemisure, che devono essere varate alivello europeo e che implicano per-tanto che i governi nazionali dianoil relativo mandato alle istituzionieuropee, finché non verrà messa inquestione la sovranità nazionalesono irrealistiche e insostenibili.Innanzitutto lo sono per l’assenza dilegittimità democratica delle istituzionieuropee che, pur non rispondendo aicittadini, riceverebbero dagli Stati ilpotere di fissare politiche destinate adincidere profondamente sulla socie-tà, mentre ai governi nazionali reste-rebbe il compito di applicarle e di tro-

vare il necessario consenso politico.In secondo luogo perché questi prov-vedimenti supporrebbero una solida-rietà tra paesi europei che le opinionipubbliche, che resterebbero nazionali,non sarebbero disposte a sostenere.Infine perché il fatto stesso di mante-nere il punto di vista degli interessi na-zionali, e di limitarsi a cercare una lorodifficile composizione a livello euro-peo, non eliminerebbe la strutturalecompetizione tra Stati sovrani e nonpermetterebbe di arrivare a quella di-mensione europea indispensabile perpromuovere il rilancio del continente.Pertanto, nel momento in cui, incal-zati dai mercati e dalle difficoltà so-ciali e politiche che li attendono, i go-verni europei saranno costretti a ten-tare di prendere alcune di queste mi-sure, si scontreranno ogni volta pri-ma con la loro insufficienza e poi conil loro fallimento, finché non sarà chia-ro che non esistono alternative almettere in comune a livello europeola sovranità.

Il problema ineludibile all’ordine delgiorno della lotta politica europeatorna quindi ad essere quello di ri-lanciare il progetto della Federazioneeuropea, cosa che non può avveniresenza un’iniziativa franco-tedesca intal senso. II problema è che divisionepolitica, è invece inevitabile che cre-scano i sospetti reciproci, in particola-re da parte della Germania che, fin-ché si rimane solo sul terreno econo-mico, teme di essere chiamata a pa-gare un prezzo troppo alto per la col-lettività. Spetta allora alla Francia in-terrompere questo circolo vizioso eprendere l’iniziativa, offrendo allaGermania, con una nuova Dichiara-zione Schuman, la possibilità di met-tere in comune la sovranità nel cam-po della politica estera e di sicurezza.Solo così il processo di unificazioneeuropea potrà orientarsi nuovamen-te verso l’obiettivo della creazionedella Federazione europea e per glieuropei si riaprirà la possibilità di unfuturo di progresso.

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ne, di funzionamento e organizzati-ve. Mancano dati ufficiali, ma gli os-servatori hanno calcolato che l’orga-nico iniziale sarà di circa 7.000 unitàdivise tra l’amministrazione centralea Bruxelles e la fitta rete di ambascia-te nel mondo. Un organico che nonha nulla da invidiare a quello del Di-partimento di Stato degli Stati Uniti edè ben superiore a quello della Farne-sina o dei ministeri degli Esteri deimaggiori paesi europei. A queste ri-sorse si aggiungeranno quelle che sirenderanno necessarie o sarannoconvenute in futuro nel quadro delleprocedure di bilancioOccorre poi sottolineare il contributodi personale che sarà dato dalle di-plomazie nazionali. Quando il Seaeavrà raggiunto la piena capacità ope-rativa, “almeno un terzo del suo staff”sarà rappresentato da personale deiservizi diplomatici degli Stati membrinominati come agenti temporanei peruna durata di massima di otto anni econ statuto (remunerazione, diritti eobbligazioni, etc.) identico a quello deifunzionari in provenienza dalla fun-zione pubblica europea.Questo massiccio innesto di diploma-tici degli Stati membri, verosimilmen-te in posizioni dirigenziali, amplieràulteriormente l’organico del Seae. Ilpunto cruciale è però un altro: quan-to peseranno i vari interessi naziona-li? C’è il rischio che ne vengano com-promesse coesione e operatività delSeae? È un pericolo reale, anche sel’esperienza dimostra che non va esa-gerato. I diplomatici degli Stati mem-bri, quando in passato prestati alle

strutture dell’Unione, hanno dato pro-va di correttezza e lealtà europee, ol-tre che di una professionalità utile allaformazione del personale europeo. Lascommessa è che l’esperienza di sem-pre più numerosi diplomatici nazio-nali nel Seae serva a sviluppare unacultura e uno spirito cooperativo avantaggio dell’Ue. A giudicare dall’in-teresse manifestato da un buon nu-mero di diplomatici, anche di rango,degli Stati membri, si direbbe che l’at-trazione del nuovo Servizio è forte, taleda ridurre il rischio che eccessive in-terferenze nazionali ne annacquino ilprofilo trasnazionale.

Centralità istituzionaleCome previsto dal Trattato di Lisbona,compito primario del Seae è di assisterel’Alto rappresentante nell’adempimen-to del suo mandato, che è molto com-plesso e impegnativo. L’Alto rappresen-tante è infatti guida della politica esterae di sicurezza comune, Presidente delConsiglio “Affari Esteri” e vicepresidentedella Commissione con responsabilitàper le relazioni esterne. Secondo la de-cisione di fine luglio, il Seae assisteràanche il Presidente del Consiglio Euro-peo (Van Rompuy) e della Commissio-ne (Barroso) nell’esercizio delle loro fun-zioni nel campo delle relazioni esterne.Quali siano le funzioni precise di cia-scuno di loro e dell’Alto Rappresentanteè tutt’altro che chiaro (i prossimi verticiinternazionali saranno occasione perfare chiarezza). La disposizione concer-nente il Seae è sufficientemente vagada non creargli obbligazioni immediatenei confronti dei due presidenti, ma al

contempo tale da rafforzarne la centra-lità istituzionale.Sostanziali sono poi i poteri del Seaenel campo della gestione dei Fondi UEper la cooperazione esterna, in parti-colare quelli per lo sviluppo, il vicina-to e la promozione dei diritti dell’uo-mo. Si tratta di circa 12 miliardi di euroall’anno che, tradizionalmente gestitidalla Commissione, possono rappre-sentare una leva essenziale di politi-ca estera. In avvenire, il Seae avràanche la responsabilità di prepararele decisioni della Commissione con-cernenti il ciclo di programmazionedella spesa dei Fondi e sarà associatoalla loro gestione. L’Alto Rappresen-tante e il Seae avranno invece la re-sponsabilità delle azioni condotte congli strumenti finanziari di carattere piùpolitico, quali i fondi Pesc, l’osserva-zione elettorale e la comunicazione.

In conclusione, status, risorse efunzioni evidenziano che il Seaesarà creatura robusta. Potrà farequanto è finora mancato all’Unio-ne: elaborare strategie coerenti alservizio degli interessi europei,mettendole poi in opera con l’au-silio delle sue molteplici capacitàdi azione. Per popolazione, cono-scenze, livelli di sviluppo e regimipolitici l’Unione europea può esse-re uno dei più importanti attori sullascena mondiale. Il Servizio europeoper l’azione esterna è strumento cre-ato a tal fine. Niente più che unostrumento, però. Occorrerà la volon-tà e la capacità di sfruttarne al me-glio le potenzialità.

L’ITALIA E L’UNITA’ EUROPEACorso 2010-2011 dell’UNITRE di Torino

Coordinatori: Prof. Lucio Levi, docente di Politica comparata nell’Università di Torino e Presidente del Movi-mento Federalista Europeo; Profa. Sergio Pistone, docente di Storia dell’integrazione europea e vice-presi-dente dell’Ufficio esecutivo dell’Union of European Federalists; Alfonso Sabatino, Direttore editoriale di“Piemonteuropa” e Segretario piemontese del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa. Gli incontri sisvolgeranno dalle ore 16 alle ore 18, in Via Schina 26, e sono aperti alla partecipazione degli iscritti esimpatizzanti del MFE.

PROGRAMMADal Risorgimento alla Resistenza antifascista

15/11/2010 Introduzione29/11/2010 Come si è realizzata l’unificazione italiana13/12/2010 Il tema dell’unità europea nei protagonisti dell’unificazione italiana (Giuseppe Mazzini, Vin

cenzo Gioberti, Camillo Cavour, Carlo Cattaneo, Giuseppe Garibaldi)10/01/2011 L’affermarsi del nazionalismo dopo l’unificazione italiana24/01/2011 Il tema dell’unità europea dalla prima alla seconda guerra mondiale (Luigi Einaudi, Carlo

Rosselli, Il Manifesto di Ventotene).07/02/2011 Il dibattito sull’unità europea nella Resistenza

I principali protagonisti italiani del processo di unificazione europea21/02/2011 Carlo Sforza e Alcide De Gasperi07/02/2011 Gaetano Martino e Giulio Andreotti21/03/2011 Altiero Spinelli04/04/2011 Mario Albertini e Giuseppe Petrilli18/04/2011 Tommaso Padoa-Schioppa, Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi09/05/2011 Giuliano Amato e Giorgio Napolitano

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Un’Italia federalein un’Europa federaledi Sergio Pistone

l problema della trasformazione insenso federale delle istituzioni delloStato italiano è al centro del dibatti-to politico ed è sostenuto dalla con-vinzione – espressa nel modo più vi-goroso dalla Lega Nord – che que-sta trasformazione sia la via mae-stra attraverso cui modernizzare ilnostro paese e quindi sradicare i suoimali storici. Il Movimento Federali-sta Europeo, che è sempre stato fa-vorevole al federalismo interno ol-tre che a quello sopranazionale, ri-tiene valida la scelta della ristruttu-razione in senso federale dell’Italia,ma a due condizioni: in primo luogola federalizzazione dell’Italia avràeffetti positivi solo se si inquadrerànella piena federalizzazione del-l’Unione Europea; in secondo luogoil superamento delle strutture cen-tralistiche dello Stato italianodeve approdare a un sistema auten-ticamente federale, che instauri unasolidarietà strutturale fra le regioniitaliane e non metta in discussionel’unità dello Stato. La linea giusta èpertanto riassumibile nella formula“Un’Italia federale in un’Europa fe-derale”, per chiarire la quale svilup-po tre considerazioni.

La centralità del problema del-l’unificazione federale europea.

Il problema del superamento dei li-miti dello Stato italiano non può es-sere affrontato in modo valido se nonviene inquadrato nel problema piùgenerale della inadeguatezza strut-turale degli Stati nazionali europei(e più in generale degli Stati sovra-ni) di fronte alle sfide della nostraepoca. A questo proposito vanno te-nuti presenti i seguenti argomenti.La crescita dell’interdipendenza in-ternazionale prodotta dalla rivoluzio-ne industriale e dallo sviluppo dellasocietà postindustriale è progreditaa tal punto che i problemi fondamen-tali dello sviluppo economico-socia-le, della povertà nel mondo (connes-sa con l’esplosione demografica, ilterrorismo internazionale, le emigra-zioni bibliche), della sicurezza mili-tare e di quella ecologica, dalla cuisoluzione dipendono ormai le stes-se prospettive di sopravvivenza del-l’umanità, possono essere affrontatiefficacemente solo sulla base di isti-tuzioni sopranazionali che limitinosostanzialmente la sovranità assolu-

ta. La priorità è dunque creare sen-za indugi a livello europeo, dove l’in-terdipendenza è particolarmenteavanzata, e nelle altre zone del mon-do in cui non esistono ancora Statidi dimensioni continentali, sistemi digoverno sopranazionale. E occorreallo stesso tempo rafforzare le isti-tuzioni di carattere mondiale per pro-gredire concretamente verso un veroe proprio sistema di governo mon-diale che abbia quali pilastri un in-sieme di vaste comunità regionalipoliticamente unificate.L’unico sistema di governo soprana-zionale in grado di gestire in mododemocratico ed efficiente i problemidell’interdipendenza a livello conti-nentale e intercontinentale è quellofederale. Esso, essendo fondato sulprincipio di sussidiarietà (per cui si tra-sferiscono alla comunità territorialepiù ampia solo le competenze e i po-teri che non possono essere esercitatiadeguatamente dalle comunità infe-riori), permette il coordinamento diuna pluralità di ambiti di governo au-tonomi ma privi di sovranità assoluta,che vanno dalla comunità locale, at-traverso la regione, lo Stato e le fede-razioni regionali di Stati fino (tenden-zialmente) alla federazione mondia-le. In tal modo si può garantire ad ogniambito di governo il massimo di au-tonomia compatibile con le esigenzedi unità e di coordinamento ed evita-re le conseguenze negative, dal pun-

to di vista della democrazia e del-l’efficienza, dell’eccessivo accentra-mento.Di fronte all’esigenza della federaliz-zazione globale l’Europa ha una re-sponsabilità enorme. Il processo, siapure incompleto, di integrazione del-l’Europa ha creato un’area di grandeprogresso e di stabilità, che ha fattointravvedere al mondo intero gli enor-mi vantaggi connessi con l’integrazio-ne sopranazionale sulla base del plu-ralismo economico, culturale e politi-co, inducendo perciò una serie di ten-tativi di imitazione dell’integrazioneeuropea e di spinte ad associarvisi ea parteciparvi. D’altro canto il fatto cheil processo di integrazione europeanon sia ancora sboccato nella crea-zione di un sistema federale in sensopieno fa sì che esso continui ad esse-re precario e poco efficiente in quan-to paralizzato dalle decisioni unanimisulle questioni fondamentali e dallaincapacità di mobilitare un adeguatoconsenso democratico. Di conseguen-za l’Unione Europea, oltre a non es-sere in grado di affrontare con la ne-cessaria speditezza ed efficacia i pro-blemi del completamento interno delprocesso di integrazione (in partico-lare la creazione di un governo del-l’economia europea indispensabileper affrontare la grave crisi finanzia-ria, economica e sociale in cui l’Euro-pa è coinvolta nel contesto della crisiglobale), è altresì incapace – poichénon ha ancora federalizzato la politi-ca estera, di sicurezza e di difesa – diassumersi le responsabilità che la si-tuazione storica le assegna. In parti-colare non è in grado di fornire uncontributo determinante al rafforza-mento e alla riforma dell’ONU (e ingenerale delle organizzazioni mon-diali) per porla in grado di renderestrutturalmente cooperativo il sistemapluripolare che sta emergendo a se-guito del declino irreversibile dell’ege-monia americana e di affrontare effi-cacemente le sfide esistenziali con cuil’umanità è confrontata.Si deve in sostanza riconoscere chenella attuale situazione l’Unione Eu-ropea si trova di fronte ad una alter-nativa drammatica: o un suo rapidosviluppo in senso pienamente fede-rale, o l’incapacità di affrontare lesfide interne e internazionali, che, inmancanza di una adeguata risposta,sono destinate a portare alla sua dis-soluzione e, quindi, a far progredire

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i processi di balcanizzazione in Eu-ropa e in tutto il mondo, invece che iprocessi di integrazione sopranazio-nale. Se è all’ordine del giorno la re-alizzazione di una vera costituzionefederale europea (l’obiettivo dellafederazione indicato sessant’anni fadalla Dichiarazione Schuman), siimpone un metodo di revisione del-le istituzioni europee adeguato aquesto compito. Non solo occorre unmetodo costituente pienamente de-mocratico, fondato sulla organicapartecipazione del Parlamento euro-peo, di quelli nazionali e dei cittadi-ni e implicante delibere e ratifiche amaggioranza. Ma la procedura deveessere avviata, in mancanza del-l’unanimità, anche da una avanguar-dia, dando vita ad un nucleo fede-rale all’interno del legame più de-bole dell’Unione Europea e lascian-do la porta aperta alla successivaadesione alla federazione da partedegli Stati per ora non disponibili.Se si tiene presente questo contestogenerale in cui si colloca l’Italia, di-venta evidente che il rinnovamentoin senso federale delle sue struttureinterne non sarebbe di alcuna utilitàse non si inquadrasse in un proces-so di completamento in senso fede-rale delle istituzioni europee. A cheservirebbero in effetti le migliori isti-tuzioni e il miglior governo a livelloitaliano in un contesto generale dicrescente balcanizzazione dell’Euro-pa e del mondo intero?

Il problema del federalismo inItalia in una prospettiva storica

Per meglio cogliere il legame fra larealizzazione del federalismo in Ita-lia e il completamento in senso fe-derale della costruzione europea,occorre affrontare la questione delperché l’unificazione italiana si è re-alizzata con un sistema centralisticoinvece che con un sistema federale.Nel dibattito sull’introduzione delfederalismo in Italia è presente conuna certa forza la tesi secondo cuil’unificazione italiana si sarebbe po-tuta realizzare in modo assai più va-lido ed efficace con un sistema fe-derale, come fu in effetti propostoda Carlo Cattaneo (la cui propostanon va però assimilata a quella diVincenzo Gioberti, che sostenne unatesi di carattere chiaramente confe-derale). Quella centralistica sareb-be dunque stata una scelta sbaglia-ta che ha condizionato negativamen-te lo sviluppo dello Stato italianocompromettendone il progresso.Questa tesi deriva in realtà dall’in-capacità di comprendere i fonda-menti oggettivi del centralismo ita-liano, che sono sostanzialmente due.

Anzitutto l’accentramento statale fureso inevitabile dalla situazione in-ternazionale. L’Italia unificata diven-ne uno dei poli del sistema europeodegli Stati che, avendo un carattereanarchico (mancanza di una autori-tà superiore in grado di imporre lasoluzione pacifica, cioè giuridica deiconflitti internazionali), era governa-to dalla legge della ragion di Stato,cioè dalla necessità di disporre di unaforza militare in grado di difenderela propria sicurezza e di svilupparlacontinuamente perché l’equilibrio dipotenza non consentiva vuoti di po-tere. Pertanto fu necessario adotta-re le strutture di potenza degli altripoli del sistema europeo e cioè ungrande esercito terrestre rapidamen-te mobilitabile e, conseguentemen-te, un potere politico fortemente ac-centrato. In effetti tutte le grandipotenze europee hanno avuto, fin-ché sono state tali, un sistema di tipofortemente centralistico, con la par-ziale eccezione della Gran Bretagnain conseguenza della situazione stra-tegica particolarmente favorevolefondata sulla sua insularità, che per-metteva la difesa della propria sicu-rezza per mezzo della marina, piut-tosto che con un grande esercito ter-restre. Va precisato, circa la spintaall’accentramento derivante dalleesigenze oggettive della politica dipotenza (la sicurezza fondata essen-zialmente sulla forza militare), chel’accentramento ha riguardato anchela Germania unita. Essa fu solo inapparenza una federazione, perchési trattava in realtà di una federa-zione egemonizzata dalla Prussia, lecui dimensioni superavano i due terzidella Germania unita e che avevauna struttura rigidamente accentra-ta. E in effetti solo dopo la secondaguerra mondiale la Germania è di-ventata una vera federazione. Ciòdetto, va sottolineato che la spintaoggettiva all’accentramento connes-so con la politica di potenza è stataoperativa fin quando è rimasto in vitail sistema europeo delle grandi po-tenze. Dopo il 1945 è cominciataun’altra storia, in cui il superamentodelle lotte di potenza fra gli Statieuropei ha reso politicamente pos-sibile il superamento del centralismo,come vedremo meglio più avanti. Varicordato, al riguardo, che Cattaneocollegò il suo programma di un’Ita-lia federale al progetto degli StatiUniti d’Europa come condizione in-sostituibile per realizzare la pace per-manente in Europa e, quindi, il su-peramento della politica di potenza.L’altra fondamentale ragione ogget-tiva del centralismo, che ha caratte-rizzato lo Stato unitario italiano dal-la sua nascita fino al periodo suc-

cessivo alla seconda guerra mondia-le, è legata alla situazione economi-ca e sociale del paese. Lo Stato uni-tario in Italia nacque accentrato, e simantenne tale perché non potevache funzionare in questo modo. Gliabitanti dell’Italia, unificati istituzio-nalmente, non avevano tradizioniunitarie, non erano stati unificati spi-ritualmente dalla lotta nazionale enon erano unificabili sul piano eco-nomico-sociale per le diverse possi-bilità di sviluppo fra il Nord e il Sud.Senza un forte apparato burocrati-co-politico accentrato (il regime deiprefetti) essi non avrebbero potutorestare uniti. Va precisato che l’ar-retratezza economico-sociale delpaese (di cui i divari territoriali sonoun’espressione fondamentale) haanche prodotto forti polarizzazioniideologiche, cioè la costante presen-za di consistenti forze politiche nonintegrate nel sistema liberaldemo-cratico (le opposizioni di regime nel-l’estrema sinistra e nell’estrema de-stra). Questa situazione, oltre a ren-dere debole il sistema liberaldemo-cratico (la cosiddetta democraziabloccata in conseguenza dell’impos-sibilità di una fisiologica alternanzafra destra e sinistra al governo delpaese), ha favorito il mantenimentodel centralismo perché un sistemafederale avrebbe prodotto il seriopericolo del dominio di ampie zonedel paese da parte di forze non inte-grate nel sistema liberaldemocrati-co e, quindi, implicazioni disgrega-trici dell’unità del paese.Se, dopo aver visto le ragioni oggetti-ve che stanno alla base del centrali-smo che ha dominato l’esperienza sta-tale italiana, passiamo ora ad analiz-zare l’evoluzione italiana dopo la se-conda guerra mondiale, è difficile nonvedere come lo sviluppo del processodi integrazione europea costituisca ilquadro determinante dei progressicompiuti dal nostro paese in direzio-ne del superamento del centralismo.Pur non essendo ancora giunto al tra-guardo della federazione, il processodi integrazione europea ha di fatto eli-minato la politica di potenza fra i pa-esi europei e, quindi, fatto venir meno(anche se con gli elementi di preca-rietà dipendenti dall’incompiutezzadell’unificazione) le inesorabili spintecentralistiche che ne derivavano. Perquanto riguarda in particolare l’Italia,l’integrazione europea ha costituito ilfattore fondamentale del processo dimodernizzazione realizzatosi dopo laseconda guerra mondiale e, quindi,della forte attenuazione dei divari ter-ritoriali e della polarizzazione ideolo-gica che contribuivano in modo deci-sivo ad alimentare le spinte centrali-stiche (tutte le forze politiche in so-

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stanza si sono integrate nel sistemaliberaldemocratico).Se si ripercorre la storia dei progres-si delle autonomie territoriali nell’Ita-lia del dopoguerra, è difficile nonconstatare un nesso organico fraquesti progressi e l’avanzamentodell’integrazione europea. La crea-zione delle regioni a statuto specia-le avviene in un momento in cui al-l’indebolimento decisivo, seguito allaconclusione della guerra, degli Statinazionali, corrispondevano i primipassi dell’integrazione europea, fa-voriti in modo determinante dal-l’egemonia americana, che rese difatto impossibile la ripresa della lot-ta di potenza fra gli Stati europei.L’istituzione delle regioni a statutoordinario si colloca, d’altro canto,nella fase di forte avanzamento del-l’integrazione economica, e di con-nesso decisivo avviamento dellamodernizzazione dell’Italia, che hafatto seguito all’entrata in vigore deiTrattati di Roma. Gli sviluppi in dire-zione anticentralistica a partire da-gli anni Ottanta e che oggi fannovedere la trasformazione dell’Italiain un vero e proprio Stato federale aportata di mano (mancano essenzial-mente il federalismo fiscale e il se-nato delle regioni) appaiono infinechiaramente legati agli avanzamentiin direzione del mercato unico e dellamoneta europea, che hanno postoconcretamente all’ordine del giornoil problema dell’unione politica equindi di una costituzione federaleeuropea in senso pieno.In questo contesto ha certo avuto unruolo importantissimo la caduta delmuro di Berlino. Ma, si deve osser-vare, la fine dei regimi comunisti(come prima quella dei regimi fasci-sti nel Sud d’Europa) è anche, e inmodo decisivo, connessa con il suc-cesso dell’integrazione dell’Europaoccidentale, con un processo cioè dipacificazione, crescita economico-sociale e stabilizzazione democrati-ca, che, oltre a costituire un polo diattrazione per l’Europa centrale eorientale, ha delegittimato alla ra-dice l’ideologia comunista secondola quale gli Stati in cui non si era af-fermata la dittatura del proletariatoerano destinati ad essere irrimedia-bilmente sconvolti da crisi interne econflitti internazionali.Si deve anche ricordare che il Trattatodi Maastricht ha imposto all’Italia,come condizione della partecipazio-ne all’unione monetaria il risanamen-to finanziario. Questo vincolo costitu-isce una potente spinta in direzionedel superamento del centralismo fi-scale, che ha prodotto un sistema diirresponsabilità fiscale (è il risvolto ine-vitabile di situazioni in cui le regioni e

gli altri enti locali effettuano una par-te molto ampia della spesa pubblica,ma hanno bilanci alimentati essenzial-mente da trasferimenti dai bilancinazionali), e quindi ha contribuito inmisura notevolissima sia all’inefficien-za delle autonomie territoriali, sia aldissesto economico-finanziario delloStato.Se è chiaro che lo sviluppo dell’inte-grazione europea rappresenta il con-testo imprescindibile della moderniz-zazione dell’Italia e, quindi, dellosmantellamento delle strutture centra-listiche in direzione del federalismo,va ribadita d’altra parte la natura in-compiuta – perché non si è ancoragiunti ad una federazione europea insenso pieno – dell’integrazione euro-pea e il fatto che la scelta della pienafederalizzazione non può più essererinviata, perché altrimenti si apre lastrada a un processo disgregativo. Sideve allora essere consapevoli che, sel’integrazione si blocca, si blocca an-che la forza trainante della moderniz-zazione e quindi della federalizzazio-ne del nostro paese. In un’Europa incui si scatenassero nuovamente i na-zionalismi non ci sarebbe più spazio –come si è detto prima – per le riformee le stesse istanze federaliste internesi trasformerebbero in spinte alla di-sgregazione micronazionalistica (nonmancano segnali in questo senso!).

Il federalismo di cui l’Italiaha bisogno

Se la trasformazione in senso fede-rale dell’Italia deve inquadrarsi, permanifestare i suoi effetti positivi, nel-la trasformazione in senso federaledell’Unione Europea, occorre d’altraparte che si tratti di un vero federali-smo, in grado cioè di mantenere

l’unità dello Stato italiano su basi piùefficienti e democratiche. Mentre in-vece è inaccettabile un sistema diautonomie regionali che implichi larottura dell’unità italiana. La nostradifesa dell’unità statale italiana nul-la ha a che fare con l’ideologia na-zionalista che considera intangibilela sovranità nazionale assoluta, masi basa su di un giudizio critico dellemotivazioni fondamentali alle qualifanno generalmente riferimento isostenitori di un regionalismo che sispinge fino alla rottura dell’unitàdegli Stati europei.Una di queste motivazioni è l’ideadi un’Europa delle regioni, intesacome una federazione europea cheabbia come propri membri diretti leregioni (o eventualmente delle ma-croregioni, come l’Occitania, la Pa-dania, la Baviera, ecc.). Questa ideadell’Europa delle regioni deve esse-re rifiutata proprio perché compro-metterebbe la formazione di una fe-derazione europea vitale. Una fede-razione europea che avesse comepropri membri diretti centinaia diregioni finirebbe fatalmente per soc-combere, supposto che possa nasce-re, di fronte ai due pericoli alternati-vi di degenerazione che minaccianocostantemente i sistemi federali. Oprevarrebbe la tendenza centralisti-ca (cioè la federazione diventereb-be di fatto una specie di impero),perché le regioni non avrebbero ilpeso sufficiente per equilibrare ilpotere centrale. Oppure, alternati-vamente, per evitare i pericoli delcentralismo si tenderebbe ad attri-buire al governo europeo poteri trop-po limitati, ma in questo caso si com-prometterebbe l’unità e si cadrebbenell’anarchia. Perciò i membri diret-ti di una vitale federazione europeadevono essere gli Stati e si dovrebbeaddirittura promuovere, all’internodella federazione europea, l’accor-pamento degli Stati piccoli in subfe-derazioni. Ad esempio nei casi delBenelux, delle repubbliche baltiche,dei paesi scandinavi, dalle stesse ex-Jugoslavia e Cecoslovacchia. Va d’al-tra parte sottolineato che il modellofederale, che consente di articolarele istituzioni politiche su più livelli digoverno, permetterebbe di sviluppa-re la solidarietà fra le regioni in senoa un senato delle regioni a livellonazionale e la solidarietà fra gli Sta-ti in seno a un senato degli Stati alivello europeo.Un’ulteriore motivazione del regiona-lismo separatista, che, anche se nonviene sempre apertamente confessa-ta, ha assai spesso un’importanzadeterminante, è la tendenza da partedelle regioni ricche a rifiutare la soli-darietà nei confronti di quelle povere.

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Anche questo atteggiamento è inac-cettabile perché la solidarietà interre-gionale non corrisponde solo ad unimperativo di tipo etico-politico, maanche a un’esigenza di realismo poli-tico. Poiché viviamo in un mondo sem-pre più interdipendente, è pura illu-sione pensare che le regioni ricchepossano continuare a progredire men-tre le altre regioni degradano. I pro-fondi divari regionali che non vengo-no affrontati tramite una efficace so-lidarietà interregionale produconoinevitabilmente flussi migratori incon-trollabili, guasti economici ed ecolo-gici, instabilità politica destinati acompromettere la qualità della vitadelle regioni ricche. Perciò non solodeve essere tenuto fermo il principiodella solidarietà interregionale all’in-terno degli Stati, ma la sua applica-zione deve essere estesa con cre-scente efficacia a livello continenta-le e mondiale.Ciò non significa d’altro canto accet-tare che l’aiuto allo sviluppo delleregioni povere (attraverso cui si ma-nifesta fondamentalmente la solida-rietà interregionale) debba trasfor-marsi in pratiche assistenzialistiche,che arricchiscono minoranze paras-sitarie o addirittura le organizzazio-ni criminali a scapito dell’interessegenerale delle regioni arretrate. Lecritiche che a questo proposito ven-gono fatte nei confronti di talunemodalità della politica di riequilibrioregionale attuata in Italia non solosono legittime, ma devono tradursiin un effettivo rinnovamento di que-sta politica nel quadro della trasfor-mazione in senso federale del pae-se. Si tratta perciò non di rifiutare lasolidarietà interregionale, ma di ren-derla più efficiente e trasparente.Vediamo ora più concretamentecome l’autonomia fiscale si deveconciliare con la solidarietà. Va sot-tolineato che l’autonomia fiscale èuna caratteristica essenziale dell’au-tonomismo federalista. Ne consegueche ogni livello del sistema federaledeve avere bilanci fondati essenzial-mente su risorse proprie, non soloquindi le regioni e gli enti locali mi-nori, ma anche il governo nazionale(così come il governo europeo nelquadro di una effettiva federalizza-zione dell’Unione Europea), e que-ste risorse devono essere adeguateai compiti attribuiti ad ogni livello digoverno. Perciò, come deve esseresuperata l’attuale situazione del-l’Unione Europea, in cui le risorse fi-nanziarie sono chiaramente inade-guate e possono essere aumentatesolo tramite trattati internazionalicon ratifiche unanimi, così va respin-ta qualsiasi proposta che configuriun bilancio italiano costituito da tra-

sferimenti dai bilanci regionali, e ilcui adeguamento è subordinato aldiritto di veto di ogni regione. D’al-tra parte la distribuzione delle risor-se fiscali fra i vari livelli, onde evita-re che venga compromesso l’equili-brio federale, deve essere stabilitacon meccanismi decisionali in cui tuttii livelli di governo siano coinvolti ein cui la regola sia sempre la delibe-razione a maggioranza fortementequalificata e mai il diritto di veto diun singolo governo a qualsiasi livel-lo. Questa distribuzione di risorse frai vari livelli deve naturalmente con-tenere significativi margini di elasti-cità entro i quali si possa decidere dispendere più o meno (con limiti peròestremamente rigorosi per quantoriguarda l’indebitamento) sulla basedel consenso democraticamentemanifestato dalle popolazioni dellevarie comunità territoriali.Il federalismo fiscale così inteso nonpuò escludere la solidarietà interre-gionale (così come quella fra gli entilocali minori), ma deve attuarla in for-me più efficienti. Una di queste formeè il sistema di compensazione fiscalevigente in Germania, che è fondatosu meccanismi di trasferimenti auto-matici – legati a determinati parame-tri di capacità contributiva dei vari entiterritoriali – dai bilanci degli enti terri-toriali più ricchi a quelli più deboli dellostesso livello. Questo sistema di tra-sferimenti automatici orizzontali deveessere integrato in Italia, dove alcuneregioni e soprattutto le grandi città delMezzogiorno sono ancora caratteriz-zate da un forte divario rispetto al re-sto del paese, da trasferimenti di ri-sorse di tipo verticale, tramite cioè unapolitica di riequilibrio territoriale finan-ziata dal bilancio nazionale. In questicasi occorrono però, onde evitare de-leteri assistenzialismi e aiuti alla cri-minalità organizzata, formule comple-tamente diverse da quelle finora usa-te. In particolare si dovrebbe prende-re esempio dalla Tennessee ValleyAuthorithy (creata da Roosevelt e tut-tora funzionante con grande efficien-za) la quale è caratterizzata da treprincipi: a) gestisce le proprie risorsedirettamente e non attraverso gli entilocali in cui opera (i quali se sono ar-retrati e bisognosi di aiuto avrannouna amministrazione e organi politiciarretrati e facilmente infiltrabili dalladelinquenza organizzata; b) è proprie-taria delle imprese e delle infrastrut-ture da essa create; c) è tenuta a re-stituire, anche se dopo un periodomolto lungo, le risorse finanziarie an-ticipatele dal governo federale, il cheimpone di attuare investimenti eco-nomicamente redditizi.Oltre alla solidarietà economico-fi-nanziaria, il federalismo implica la

solidarietà democratica. Ciò signifi-ca concretamente che, se le autoritàdi determinate comunità territorialinon sono in grado di garantire ilmantenimento dell’ordine democra-tico o compiono atti contrari alla co-stituzione (che deve anche stabilirelimiti rigorosi all’indebitamento),dovrà intervenire l’autorità federalenazionale (o europea nei casi estre-mi) attraverso forme di commissaria-mento anche per lunghi periodi del-le collettività regionali e locali e lasubordinazione dei loro apparatiamministrativi ad uno stretto control-lo dell’amministrazione nazionale oeuropea. Questi interventi di tipo“giacobino”, dei quali vi sonoesempi nell’esperienza federaleamericana, possono in effetti es-sere resi necessari in casi estremiper sottrarre determinate comuni-tà territoriali al controllo della de-linquenza organizzata o per salva-guardare l’irrevocabilità del pattodemocratico e federale.

Bibliografia essenziale

- Mario Albertini, Il Risorgimento el’unità europea, Napoli, Guida,1979.- Mario Albertini, Nazionalismo e fe-deralismo, a cura di Nicoletta Mo-sconi, Bologna, Il Mulino, 1999.- Enrico Letta – Lucio Caracciolo, L’Eu-ropa è finita?, Torino, add editore,2010.- Lucio Levi, Letture su Stato nazio-nale e nazionalismo, Torino, Celid,1995.- Corrado Malandrino, Federalismo.Storia, idee, modelli, Roma, Carocci,1998.- Umberto Morelli, L’Unione europea.Storia, istituzioni, politiche, Torino,Loescher, 2007.- Tommaso Padoa-Schioppa, Italia,una ambizione timida. Classe dirigen-te e rischi di declino, Milano, Rizzoli,2007.- Passaggio a Sud. L’Italia a metà.Federalismo: destino o scelta, “Aspe-nia”, n. 49, 2010.- Sergio Pistone, L’Italia e l’unità eu-ropea, Torino, Loescher, 1982.- ID., La prospettiva federale nellaDichiarazione Schuman, in “Piemon-teuropa”, n. 1-2, 2010.- Franco Praussello (a cura di), Cin-quant’anni e più di integrazione eco-nomica in Europa. La goccia e la roc-cia nell’economia europea, Milano,Franco Angeli, 2010.- Daniela Preda e Cinzia RognoniVercelli, Storia e percorsi del federa-lismo. L’eredità di Carlo Cattaneo,due tomi, Bologna, Il Mulino, 2005.

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L’Europa è chiamata a fronteggiarenumerose crisi gravi: una energeti-ca, con attività che consumano piùrisorse di quante la natura possa for-nirne; una ambientale, con cambia-menti climatici che richiedono mu-tamenti radicali nei modi in cui pro-duciamo e consumiamo energia;una economica e finanziaria che li-mita la capacità di trovare soluzioniin tempi rapidi.Tuttavia, queste crisi offrono an-che delle opportunità. Lo svilup-po di fonti di energia alternativee sostenibili e di tecnologie “ver-di” è la chiave per una nuova ri-voluzione industriale, basata sul-lo sviluppo sostenibile e su inno-vazioni tecnologiche che ci aiu-teranno a uscire dalla crisi eco-nomica. L’Europa sceglierà di gio-care un ruolo attivo nella prossi-ma rivoluzione industriale o siaccontenterà di seguire la viatracciata da altri? L’Europa habisogno di una politica energeti-ca comune per garantire ai citta-dini l’accesso all’energia a prez-zi stabili e ragionevoli, per man-tenere la propria competitività in-dustriale, per promuovere unosviluppo sostenibile e la transi-zione a una società a basso tas-so di emissioni di carbonio, perassicurare la sicurezza nelle for-niture di energia.Nonostante un aumento dell’atti-vità regolatrice mirata a dar vita aun ampio mercato europeo del-l’energia e a combattere i cambia-menti climatici, l’UE ha faticato asviluppare una politica energeticacomune. Allo stesso tempo, le so-luzioni nazionali adottate dagli Sta-ti membri si sono dimostrate ina-deguate rispetto all’obiettivo ehanno aumentato il rischio di ri-sposte divergenti e anche conflit-tuali di fronte a sfide comuni. Persuperare gli ostacoli e i dubbi sul-la capacità dell’UE e dei suoi mem-bri di fronteggiare insieme questesfide, occorre un nuovo approccio,

Verso una Comunità Europeadell’Energiadi Sami Andoura

orientato a una solidarietà e unaintegrazione più profonde. Le que-stioni energetiche non hanno a chefare solo con l’ambiente e la libe-ralizzazione del mercato: per que-sto sono necessari regole specifi-che e un approccio economico,politico e strategico globale.La creazione in Europa di uno spa-zio regolativo unico, coerente e in-tegrato per l’energia richiede unaserie di misure. Il processo di libera-lizzazione deve poter fare affidamen-to su una rete energetica su scalaeuropea efficiente e adeguata. De-vono anche essere messi in attomeccanismi di prezzo in grado dicorreggere il mercato, quando si di-mostra incapace di definire un prez-zo dell’energia socialmente accetta-bile, ma che consentano agli opera-tori privati di realizzare gli investi-menti necessari.La diversificazione del mix ener-getico dell’Europa deve esserepoi incoraggiata attraverso unmaggior sostegno alla ricerca eallo sviluppo di nuove tecnologie“verdi” e facendo più affidamen-to sulle energie rinnovabili. Que-ste tecnologie richiedono consi-stenti investimenti. Il che signifi-ca che l’UE deve poter disporredi risorse finanziarie indipendentie autonome, incluso il potere diimporre tasse su determinati benie tipologie di produzione, al finedi finanziare progetti di interes-se comune.Per fare sì che nessun paese terzopossa mettere in atto riduzioni mi-rate dell’offerta di energia, l’UE devesapersi presentare come un’interfac-cia unica nelle sue relazioni con ipartners, siano paesi produttori o ditransito. Il che deve includere la ca-pacità di mettere a disposizione lerisorse in modo congiunto, se neces-sario. In caso di grave crisi energeti-ca, devono essere disponibili riservestrategiche comuni e distribuite conspirito di solidarietà.L’Europa ha a disposizione varie op-

zioni per far fronte a queste esigen-ze cruciali. La più radicale, ma an-che la più promettente, è dare vita auna Comunità Europea dell’Energia,con regole e metodi propri. Sulla sciadel difficile processo di revisione deitrattati, è possibile che non tutti gliStati dell’UE siano pronti a incam-minarsi su questa strada. In questocaso, gli Stati che volessero fin daora andare avanti devono poterlofare. Un simile approccio differen-ziato è stato usato, in passato, percompiere grandi balzi in avanti nelprogetto europeo, come la creazio-ne dell’area Schengen e della mo-neta unica.Una politica energetica comune,ovviamente, non sarà realizzatada un giorno all’altro e ci vorràtempo per dare corso all’ampiodibattito che richiede. Ma l’Euro-pa non può permettersi di atten-dere all’infinito. Gli sforzi percostruire una politica comunecoerente ed efficace devono es-sere messi in atto da subito. Cosache può essere fatta sviluppandoalcuni elementi di quella politi-ca, senza ulteriori ritardi, prefe-ribilmente nel quadro di una “co-operazione rafforzata”, secondoquanto previsto dall’articolo 20del Trattato sull’UE. Ecco alcunedelle azioni prioritarie per gli Sta-ti che volessero andare avanti:sviluppare strumenti economiciper finanziare progetti comuni diricerca e sviluppo sulle energiealternative; strutturare la coope-razione sulle reti energetiche suscala europea; costituire gruppid’acquisto per il petrolio e il gasin modo da facilitare gli approv-vigionamenti con fornitori esteri,rafforzando così la politica este-ra dell’UE in quel campo. Anchese possono sembrare di tipo tec-nico, questi passi condurranno acambiamenti decisivi, aprendo lavia a una maggiore cooperazio-ne e solidarietà in campo ener-getico.

Si è svolto a Torino il 30 giugno, presso l’Archivio di Stato, il convegno “Verso una Comunità Europea dell’Energia peril XXI secolo”, organizzato da Notre Europe e dalla Compagnia di San Paolo, con interventi e relazioni di AngeloBenessia, Tommaso Padoa-Schioppa, Sami Andoura, Alberto Majocchi e Umberto Quadrino.Nel quadro del programma di ricerca “Compétition, Coopération, Solidarité”, Notre Europe ha pubblicato un rappor-to intitolato: “Vers une Communauté européenne de l’énergie : une proposition politique”, a cura di un gruppo dilavoro presieduto da Leigh Hancher e Marc van der Woude.Riportiamo di seguito l’articolo pubblicato su “La Stampa”, lo stesso giorno, da Sami Andoura, relatore del rapporto.

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Le acque del Nilo, l’Africae l’Europadi Alfonso SabatinoImprovvisamente nell’estate 2010 èemerso all’attenzione della stampaitaliana il problema delle acque delNilo, per poi tornare nell’oblio. Diseguito cercheremo di presentare ilproblema, scusandoci per il richia-mo di alcune informazioni che pos-sono apparire scolastiche, per met-tere in evidenza che il governo delfiume e del territorio intero non è unproblema solo africano. E’ anche unproblema europeo e mondiale cheriguarda la pace, la cooperazione elo sviluppo

Il bacino idrografico

Il Nilo è il solo grande fiume africa-no che sfocia nel Mediterraneo. Hasorgenti in Africa equatoriale, distri-buite tra Kenya, Tanzania, Etiopia,Rwanda, Burundi, Congo, ed attra-versa l’Uganda, il Sudan e l’Egitto. Ilfiume che è stato protagonista dellagrande civiltà millenaria dell’Egitto,è in realtà determinato dalla con-fluenza di tre sistemi fluviali: il Niloazzurro, che nasce prevalentemen-te in Etiopia nella regione del lagoTana e offre il maggiore apporto diacqua; il Nilo bianco, le cui sorgentisono principalmente nel Burundi esi unisce a Khartoum con il Nilo az-zurro; e il principale ed ultimo af-fluente l’Atbara che nasce in Etiopiaquasi ai confini dell’Eritrea a nord diGondar. L’86 % delle sue acque hale sorgenti in Etiopia. Oggi la porta-ta media del Nilo è di 84 miliardi dim3 di acqua a fronte di consumi cre-scenti sia per l’aumento demografi-co delle popolazioni rivierasche siaper l’evoluzione dei consumi. La por-tata è in diminuzione da tempo, giac-ché nella seconda metà del secoloXIX essa fu calcolata in 110 miliardidi m3. L’Egitto è già in regime di scar-sità. Il calo della portata e l’inquina-mento interessano anche i paesimediterranei in quanto il Nilo è unodei pochi grandi fiumi che assicura-no il rinnovo di acqua al Mediterra-neo, con problemi ecologici non in-differenti per la flora e la fauna ma-rina. Infatti, si riversano direttamen-te nel grande bacino sostanzialmen-te chiuso del Mediterraneo: l’Ebro, ilRodano, il Po, e poi il Danubio, ilDneper e il Don del Mar Nero. L’equi-librio ecologico delle acque è quindiuna variabile dipendente delle con-

cimazioni, degli scarichi industriali eurbani dei paesi rivieraschi del maree dei fiumi di apporto. Va inoltre con-siderato che il Mediterraneo è attra-versato da oltre la metà del trafficomarittimo mondiale, compreso quel-lo delle petroliere. Pertanto il Nilo èanche un bene che interessa l’Euro-pa oltre che naturalmente l’Africa eil Medio Oriente.

La questione geopolitica vecchiae nuova

Lo scorso 14 maggio Rwanda, Etio-pia, Uganda e Tanzania hanno fir-mato ad Entebbe un nuovo Trattatoper l’”equa condivisione” delle ac-que del Nilo determinando una for-te reazione contraria da parte di Egit-to e Sudan che storicamente ne sonosempre stati i maggiori fruitori. L’ac-cordo entrerà in vigore dopo il 2011anche se Egitto e Sudan non vorran-no accettarlo. Congo e Burundi sa-rebbero favorevoli a condividere ilTrattato che ha ricevuto il consensopolitico del Kenya. L’obiettivo è dipartecipare allo sfruttamento delleacque sia a fini agricoli sia per laproduzione di energia elettrica. L’ac-cordo tra i quattro paesi equatorialiha l’obiettivo di eliminare il diritto diveto sull’uso delle acque di cui di-spone il Cairo in virtù di un trattatostipulato nel 1929 sotto la regia del-la Gran Bretagna, allora potenzacoloniale. Dopo avere concesso unaformale indipendenza all’Egitto nel1922, Londra si preoccupò di rego-larne i rapporti con le aree delle sor-genti allora sotto il suo controllo co-loniale. L’attenzione inglese nei con-fronti dei flussi che potessero inte-ressare Sudan ed Egitto si era mani-festata anche in precedenza. Il Trat-tato anglo-italiano del 1901, sullaspartizione delle sfere di influenza inAfrica orientale, impegnava il Regnod’Italia a non compiere lavori sul fiu-me Atbara che potessero modificar-ne il corso e la portata del Nilo. Nel1902 intervenne poi un secondoTrattato, anglo-etiopico, per cui Ad-dis Abeba si impegnava a non intra-prendere progetti sul Nilo azzurro,sul lago Tana e sul fiume Sobat. Nel1906 l’amministrazione coloniale delCongo belga si impegnò nei confron-ti del Sudan a non compiere lavori

nell’area del lago Albert senza il con-senso di Khartoum e analoghi im-pegni furono assunti, per iniziativeidrauliche che interessassero i baci-ni superiori del Nilo azzurro, dalleautorità italiane nel 1925 nei con-fronti di Londra, quindi prima dellaguerra di conquista dell’Etiopia del1935-36.In pratica, l’accordo sulle acque delNilo del 1929, tra l’Egitto e la GranBretagna in rappresentanza del Su-dan, del Kenya e del Tanganika (oggiTanzania), rimane ancora condizio-nante. Stipulato in epoca coloniale,ignorava completamente gli interessidelle aree del corso superiore, allo-ra certamente non rilevanti, e davaall’Egitto un potere di veto su ognimodifica. Nel 1929 fu deciso di as-sicurare all’Egitto 48 miliardi di m3l’anno, e al Sudan 4 miliardi. Nel1959, poi, un accordo tra Egitto eSudan portò a 55,5 miliardi di m3 laquota del Cairo e a 18,5 quella diKhartoum, in totale 74 miliardi sullaportata stimata di 84 miliardi. L’ari-da esposizione delle cifre chiarisceda sola la natura del problema e delconfronto che rischia di aprirsi datele reazioni negative dell’Egitto e delSudan al recente Trattato di Enteb-be. Tutto è poi complicato dal fattoche nel prossimo anno in Sudan sidovrebbe tenere il referendum sullapossibile secessione della parte me-ridionale del paese con l’affermazio-ne di un decimo potenziale prota-gonista sull’equa distribuzione delleacque del Nilo. Un’ultima informa-zione permette di ritenere che unriempimento lento dei bacini idroe-lettrici, distribuito su quindici annidovrebbe attenuare le conseguenzea valle sulla disponibilità di acqua.

I progetti dei paesi a monte

L’Etiopia ha intenzione di svilupparei progetti di valorizzazione agricolae di sfruttamento energetico in can-tiere da anni. E’ già stata completa-ta la grande diga di Tana Beles, sulNilo azzurro, con una potenza diesercizio di 460 Megawatt. L’impian-to idroelettrico dovrebbe alimentareuna rete di trasmissione ad alto vol-taggio a 400 Kw, per le lunghe di-stanze e interessa l’area a nord diAddis Abeba. Ci sono altri due pro-

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getti, le centrali di Tekeze di 300Mgw, e di Gilgel Gibe da 420 Mgwche sarebbero in grado, assieme allacentrale di Tana Beles, di renderel’Etiopia un paese esportatore dienergia. In Etiopia opera l’impresaitaliana Salini Costruttori e si affac-ciano inoltre operatori cinesi. Anchel’Uganda ha piani analoghi per iprossimi 25 anni che ruotano intor-no alla Bujagali Hydroelectric PowerStation sul Nilo. Bisogni idrici cre-scenti si manifestano in Rwanda,Tanzania, Kenya e Burundi. Il Sudana sua volta ha intenzione di realiz-zare la diga di Roseires, prevista dalTrattato del 1959 e rinviata per viadella guerra civile.

Il coinvolgimento europeo

Il punto che non è stato sottolineatodai media italiani che hanno riferitosul contenzioso apertosi tra Egitto eSudan, da una parte, e paesi africa-ni equatoriali, dall’altra, è che i pro-getti agricoli e idroelettrici di que-st’ultimi sono sponsorizzati dal-l’Unione Europea con i suoi pro-grammi di cooperazione allo svilup-po e nel caso specifico ne è capofilal‘Italia con il progetto NBI (Nile Bas-sin Iniziative). Si legge, infatti, su unsito dedicato: «L’iniziativa EUWI (Eu-ropean Union Water Initiative) è stataapprovata dall’Unione Europea il 30maggio 2002 e lanciata nello stessoanno al Summit Mondiale per lo Svi-luppo Sostenibile di Johannesburg.L’Etiopia è stata selezionata comepaese pilota per la componenteEUWI denominata “Water Supplyand Sanitation Country Dialogue”.L’obiettivo del “Country Dialogue” èquello di contribuire al raggiungi-mento degli Obiettivi del Millenniocollegati all’acqua e all’igiene am-bientale attraverso il miglioramentodel coordinamento e della pianifica-zione strategica settoriale basati sulcoinvolgimento di tutti i partner delsettore (Governo, Donatori, SocietàCivile e Settore Privato).»1

Su un’altra pagina dello stesso sitosi aggiunge, inoltre: «Il “Progetto Ita-lia-FAO per la gestione delle risorseidriche del bacino del Nilo”, avviatonel 2005, mira a rafforzare la capa-cità dei Governi degli Stati riviera-schi di prendere adeguate decisionirelative alle politiche di gestione del-le risorse idriche e alle questioni ri-guardanti il Nilo. Questo program-ma rappresenta la continuazione delProgetto di capacity building per lagestione delle risorse idriche del ba-cino del Nilo, realizzato dalla FAO efinanziato dalla Cooperazione Italia-na e conclusosi nell’agosto 2004. Il

contributo italiano totale al proces-so di sviluppo del Nilo, sborsato apartire dal 1996, ammonta a 16milioni di dollari.»2

Una conclusione

Queste informazioni permettono dicompletare il quadro di riferimentodel problema e aggiungere alcuneriflessioni coerenti con le premesseidrogeografiche avanzate in apertu-ra della presente nota.E’ indubbio che i Trattati del 1929 edel 1959 siano superati e richieda-no una completa revisione per esse-re aggiornati e tenere conto degliinteressi comuni di tutte le popola-zioni che vivono intorno al Nilo. Tut-tavia, la ricerca del compromessonon può essere lasciata ai protago-nisti locali che finirebbero sicura-mente con l’impantanarsi in chiusu-re diplomatiche assurde che potreb-bero sfociare in dissidi nocivi agli in-teressi di sviluppo di tutto il bacinofluviale. Il problema è africano, inprimo luogo, ma anche europeodato il coinvolgimento dell’UnioneEuropea e del Governo italiano nel-la cooperazione allo sviluppo, e infi-ne è mondiale per le ripercussioniambientali.La risposta non può essere che quelladella creazione di un’Authority di ba-cino sopranazionale per gli impieghidelle acque, bene comune e prezio-so. Il problema è antico e in Europagià con il Congresso di Vienna furonocreate nel 1815 due Commissioni in-ternazionali per la navigazione sul

Reno (ancora esistente con sede aStrasburgo) e sul Po (trasformata nelMagistrato del Po dal Regno d’Italia,dopo l’unificazione, oggi Autorità dibacino del fiume Po). Dopo la guerradi Crimea, il Trattato di Parigi del 1856portò alla nascita della Commissionedel Danubio. Oggi però queste solu-zioni non sono più sufficienti in quan-to non si tratta solo di regolare il cor-so delle acque e la libertà di naviga-zione internazionale, il problema è ilgoverno del territorio e dello sviluppoper cui è certamente più aderente unasoluzione come la Tennessee ValleyAuthority (TVA) creata negli Stati Unitinegli anni trenta per la bonifica idrau-lica del territorio che interessava ottoStati membri e per la produzione dienergia elettrica con impianti di pro-prietà della stessa TVA. Da allora lavalle del Tennessee è diventata unesempio di territorio protetto e di svi-luppo compatibile.E’ chiaro che il compromesso è diffi-cile ma è un dato di fatto che oggi citroviamo di fronte a problemi nuoviche richiedono soluzioni innovativee rispondenti. Pertanto, se la TVA puòcostituire un modello, un’altra solu-zione sarebbe quella della creazio-ne di una Comunità ispirata al-l’esempio europeo della CECA cheha permesso l’avvio del processo diunificazione europea.Entrambe possono costituire unabase di studio per un’iniziativa dicooperazione promossa dall’UnioneEuropea e Unione Africana con lapossibilità di subordinare l’erogazio-ne di finanziamenti e assistenza tec-nica alla sua realizzazione.L’interesse africano ed europeo a noncreare divisioni tra paesi africani di-scende anche dalle preoccupazionidi Egitto e Sudan nei confronti di ci-nesi e arabi, pronti a investire suenormi progetti agricoli in Ugandaed Etiopia, in cui vedono la possibi-lità di profitti altissimi, ma anche diapprovvigionamento per le loro ne-cessità alimentari che non riesconoa soddisfare pienamente nelle rispet-tive madre patrie. A cinesi e arabi siaggiungo poi israeliani e statunitensigià coinvolti nei progetti di sviluppodell’Etiopia.L’Unione Europea non può restare aguardare. Sono in gioco la pace e isuoi rapporti con l’Africa.

Note:1 http://www.itacaddis.org/italy/index.cfm?fuseaction=basic_pages.basic_page&page_name=121

2 http://www.itacaddis.org/italy/index.cfm?fuseaction=basic_pages.lang&page_name=102&lang=frIl bacino del Nilo

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Settembre 201020

Una totalee inscindibile unionedi John ParryIn occasione del 70° anniversario della proposta di Unione franco-britannica John Parry (membro d’onore dell’UfficioEsecutivo dell’Unione dei Federalisti Europei) ha pubblicato su “The Federalist Debate”, n. 2, 2010 il seguente artico-lo, che è stato tradotto da Eliana Granito. Ricordiamo che su questo tema è stato pubblicato l’ottimo libro di AndreaBosco, “Federal Union e l’Unione franco-britannica. Il dibattito federalista nel Regno Unito dal Patto di Monaco alcrollo della Francia (1938-1940)”, Il Mulino, Bologna, 2009. Anche Jean Monnet ne dà una testimonianza diretta nelvolume “Cittadino d’Europa”, Guida Editore, Napoli 2007.

Settant’anni fa, il 16 giugno 1940, ilgoverno inglese di Winston Churchillprese una decisione di non poco con-to: offrire una totale e inscindibileunione politica con la Francia. Laproposta fu una delle più innovativenella storia delle due nazioni. In essasi legge:

“ DICHIARAZIONE DI UNIONE’ ”In questo momento cruciale nellastoria del mondo moderno, il gover-no del Regno Unito e quello dellaRepubblica Francese mettono in attola presente dichiarazione di inscin-dibile unione e ferma collaborazio-ne, nel comune intento di difenderela giustizia e la libertà contro la su-bordinazione a un sistema che ridu-ce gli esseri umani a una vita daautomi e schiavi.I due governi dichiarano che la Fran-cia e la Gran Bretagna non sarannopiù due nazioni separate, bensìun’Unione Franco-Britannica.La costituzione dell’Unione darà luo-go a organi congiunti per la difesa,per gli affari esteri, per le questionifinanziarie e per le politiche econo-miche.Ogni cittadino francese potrà bene-ficiare immediatamente della citta-dinanza inglese, e ogni cittadino bri-tannico sarà anche un cittadino fran-cese.Entrambe le nazioni condividerannol’impegno di porre rimedio alle de-vastazioni belliche, ovunque ve nesarà necessità nei rispettivi territori,e le risorse di entrambe saranno cor-risposte a tale scopo in modo equo,e confluiranno in un fondo comuneunico.Durante tutto il periodo bellico, cisarà un unico Ministero della Dife-sa, e sia l’esercito britannico, siaquello francese, su terra, mare e aria,saranno sottoposti alla sua autoritàe direttive. Esso presiederà e ammi-nistrerà nella sede e nel luogo che,di volta in volta, saranno più idonei.I due Parlamenti saranno formal-mente associati. Le nazioni dell’Im-pero Britannico stanno già forman-

do nuove armate. La Francia mette-rà a disposizione il suo esercito, permare, terra e aria. L’Unione si è ri-volta agli Stati Uniti per fortificare lerisorse economiche degli Alleati e perutilizzare i suoi efficaci e potentimezzi allo scopo di raggiungerel’obiettivo comune.L’Unione concentrerà tutte le proprieenergie per contrastare e sconfiggereil dominio del nemico, indipenden-temente dal territorio in cui si svol-gerà il conflitto.E allora saremo in grado di vince-re.”

Fu un atto di disperazione. L’Europaera in crisi. Durante i sette anni pre-cedenti Hitler annetté all’ImperoGermanico dapprima l’Austria e inseguito i Sudeti, occupò inoltre i re-stanti territori della Cecoslovacchiae invase la Polonia. La Gran Breta-gna e la Francia avevano allora di-chiarato guerra sia per dare soste-gno alla Polonia, sia per ostacolareun’ulteriore espansione del poterenemico.

Dopo alcuni mesi di relativa pace - ilperiodo della cosiddetta ‘Finta Guer-ra’- le truppe di Hitler lanciarono l’of-fensiva di primavera attraverso i neu-trali Belgio e Paesi Bassi, aggirandoin tal modo la principale linea di di-fesa francese (la linea Maginot), cir-condando gli inglesi a Dunkerque eavanzando verso Parigi.Negli ultimi giorni di maggio, la GranBretagna, durante la pesante batta-glia di Dunkerque, riuscì a metterein salvo sulle navi, 338.226 uomini(di cui 139.097 francesi), pagandotuttavia un prezzo molto alto: l’af-fondamento di sei navi cacciatorpe-diniere della Marina Reale e altrediciannove danneggiate. La RAF per-se 474 aerei, mentre tutta l’artiglie-ria pesante, i carri armati e i veicolimilitari dovettero essere abbandona-ti. Nel frattempo i nemici avevanoraggiunto il cuore della Francia. Persalvare Parigi dalla distruzione, lacapitale fu dichiarata una città aper-ta, mentre il governo francese si riti-rò dapprima a Tours e successiva-mente a Bordeaux. Temendo cheHitler e i suoi alleati fascisti potesse-ro diventare gli indiscussi padronidell’Europa continentale, Churchill –subentrato come primo ministrodopo Neville Chamberlain – attra-versò parecchie volte la Manica perrecarsi a riunioni di emergenza e in-coraggiare il suo equivalente fran-cese Paul Reynaud a continuare labattaglia e, in particolare, per farein modo che la flotta francese noncadesse nelle mani dei tedeschi.Già nel mese di marzo la Gran Bre-tagna e la Francia avevano firmatoun accordo con il quale avevano sta-bilito che nessuna delle due nazioniavrebbe dovuto stipulare una paceseparata con Hitler. Tale accordoconteneva anche una clausola cheprevedeva che l’accordo stesso, incorso di validità, poteva essere “este-so al fine di dare una forma contrat-tuale alla continuazione della colla-borazione economica e militare an-glo-francese dopo la fine della guer-ra”. Soltanto due mesi più tardi la

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situazione era radicalmente cambia-ta. C’era chiaramente bisogno diqualcosa di più, qualche iniziativache avrebbe contribuito a risolleva-re gli animi dei Francesi sconfitti -ma che cosa? La risposta non vennedal governo, bensì dall’intrapren-denza di due funzionari civili, unoBritannico e uno Francese, che allo-ra lavoravano a Londra come mem-bri del comitato di coordinamentoanglo-francese riguardante i riforni-menti militari, e che al momento sta-vano occupandosi dell’urgente ne-cessità di ottenere più forze aeree dacombattimento. Arthur Salter e JeanMonnet si conoscevano già dai tem-pi dalla guerra del 1914-1918,quando erano stati ingaggiati peruna mansione analoga. Consci delfatto che solo un gesto eclatanteavrebbe potuto mantenere intattal’alleanza, i due decisero di stilareuna bozza di dichiarazione per pro-porre un modo di legare più salda-mente insieme la Francia e l’Inghil-terra, così che i due Paesi diventas-sero una sola e indissolubile unitàpolitica. Ma come avrebbe funziona-to un’unione di questo tipo? L’espe-rienza in tempo di pace di Salter,nell’amministrazione della Lega del-le Nazioni, aveva insegnato allo stes-so Salter la ‘debolezza intrinseca’ diun’istituzione interstatale, che nonlede la sovranità nazionale, è ciò chepotrebbe condurre a un “deteriora-mento nella relazione tra i suoi prin-cipali membri, e ridurre velocemen-te all’impotenza la stessa istituzio-ne”. La sua conclusione, quindi, fuche “una federazione… è di granlunga preferibile a un’autorità inter-governativa”.Jean Monnet condivideva le opinio-ni di Salter sulla debolezza di unadecisionalità intergovernativa, seb-bene non condividesse i suoi propo-siti federalisti. Egli disapprovava lamancanza di una comune strutturadi comando tra gli alleati, il che si-gnificava che fino ad allora - mal-grado l’esistenza di un ConsiglioSupremo di Guerra anglo-francese- la Gran Bretagna e la Francia ave-vano talvolta dato l’impressione dicombattere ognuna la propria guer-ra piuttosto che confrontarsi con ilnemico come una forza unita. Inquesta situazione, tale debolezzanon era più sostenibile.Nonostante le loro divergenze, i dueuomini riuscirono a produrre unabozza, sostenuta da entrambi, diprogetto in cinque pagine. Questoprogetto non proponeva né una fe-derazione, né semplicemente un raf-forzamento dell’alleanza anglo-fran-cese, bensì una soluzione interme-

dia: cioè che “la Francia e la GranBretagna non sarebbero più statedue singole nazioni ma un’Unionefranco-britannica”. I due Parlamen-ti sarebbero stati unificati. Ci sareb-be stato un unico Consiglio di guer-ra e “tutte le forze britanniche e fran-cesi, di terra di mare e di aria, sa-ranno sotto la sua direzione”. In al-tre parole, i due Paesi sarebbero di-ventati un singolo Stato unificato.Ottenere anche solo che Churchillleggesse questa proposta risultò im-possibile, essenzialmente perché –secondo il segretario di Churchill, ilmaggiore Desmond Morton - Mon-net mancava delle necessarie cre-denziali politiche per poter parlarea nome del governo francese. Ciònonostante, Monnet non si diede pervinto e riunì un piccolo gruppo dilavoro per il miglioramento dellabozza. Il gruppo di lavoro, oltre aSalter e al maggiore Morton, era for-mato dal segretario permanente al-l’Ufficio degli Affari Esteri, Sir RobertVansittart, e da René Pleven delladelegazione economica francese aLondra. La situazione di stallo fusbloccata dall’arrivo a Londra delGenerale Charles de Gaulle, appe-na nominato segretario di Stato perla guerra del governo francese.“Sono qui per salvare l’onore dellaFrancia!”, avrebbe detto alla mogliedi Monnet, Sylvia, e non c’era van-teria nelle sue parole. Egli lesse labozza di testo durante una riunionecon Monnet e con l’ambasciatorefrancese Charles Corbin e ne fu col-pito. Questo, disse, può dare al Pri-

mo ministro Reynaud il coraggio percontinuare a combattere, se neces-sario dai territori francesi del NordAfrica.Winston Churchill dichiara nelle pro-prie memorie di guerra che si trova-va “a un pranzo al Carlton Club il15 giugno con l’obiettivo di dare alSignor Reynaud un nuovo stimolo perportare la maggioranza del Consi-glio dello stesso Reynaud a favoredella continuazione della guerra inAfrica, quando per la prima voltasentì parlare del piano per un’indis-solubile unione anglo-francese”. Eglinon menziona che anche De Gaulleera presente e che gli aveva passatoil testo della bozza. La prima reazio-ne di Churchill fu “sfavorevole”. Eglinon era “per nulla convinto”, comescrisse nel suo resoconto della riu-nione. Ma Reynaud aveva già chie-sto che la Francia fosse sollevata daisuoi obblighi previsti nell’accordo di“non fare una pace separata”. Que-sto significava che la Gran Bretagnapoteva rimanere isolata. Alla sedutadel Consiglio del 16 giugno, Chur-chill riferì circa la sua conversazionecon De Gaulle, il quale aveva sotto-lineato che “era essenziale qualchemossa veramente drammatica… pertenere il Governo di Reynaud inguerra, e che un proclama dell’unio-ne indissolubile dei popoli Inglese eFrancese sarebbe servita allo scopo”.Vansittart aveva ricevuto istruzioni perabbozzare “qualche drammatico an-nuncio che portasse a forzare la manodi Reynaud”. Il segretario degli AffariEsteri Lord Halifax convocò un piccolo

Wiston Churchill

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gruppo formato da Vansittart, JeanMonnet, René Pleven e il maggioreMorton per iniziare immediatamentea lavorare alla stesura di una breverevisione finale della Dichiarazione diUnione. Questo fu discusso dal Con-siglio quello stesso giorno. Furonoapportate alcune modifiche minori ecancellati alcuni punti rilevanti. Quelliesclusi includevano riferimenti alla co-stituzione di una comune area doga-nale anglo-francese e di una singolavaluta. La disposizione che i due par-lamenti dovessero “unirsi” fu modifi-cata in “essere formalmente associa-ti”. Gli ultimi due paragrafi enfatizza-vano la necessità della Francia di con-tinuare a combattere. Questo, perChurchill, era il punto essenziale.Una volta che il testo fu approvato,il Generale De Gaulle lo dettò al te-lefono all’ufficio di Paul Reynaud inFrancia. Quindi egli fece immediatipreparativi per volare lì di persona,portando il documento con sé. Il gior-no seguente, Churchill, a bordo diun incrociatore britannico al largodella costa bretone si stava recandoa un incontro con Reynaud, quandoricevette un telegramma dall’amba-sciatore inglese a Bordeaux, il qualelo informava che il Maresciallo Phi-lippe Pétain aveva sostituito Reynaudcome Primo ministro e stava apren-do i negoziati per un armistizio. Ilpiano era fallito.D’altra parte è dubbio che un’unio-ne anglo-francese potesse funziona-re efficacemente in quel momentostorico, considerato che la maggiorparte del territorio francese era sot-to l’occupazione nemica. Tanto menoquesta unione sarebbe necessaria-mente sopravvissuta in tempi di pace.Per alcuni membri del governo in-glese tale unione era intesa solocome espediente temporaneo chenon sarebbe stato più necessario unavolta vinta la guerra. D’altra parte,in alcuni circoli l’idea di una futura

unione politica anglo-francese erastata discussa in modo non ufficialeper qualche tempo. I dossier delMinistero degli Esteri britannico, adesempio, contengono un rapportoscritto dallo storico Arnold Toynbeein collaborazione con il prof. Sir Al-bert Zimmer, che descrive la loro vi-sita a Parigi nel marzo 1940, quan-do furono avvicinati dal precedenteMinistro dell’Istruzione francese, ilsenatore Andrè Honnorat, con laproposta che “i governi francese ebritannico dovrebbero, senza ritar-di, concludere un trattato di associa-zione permanente tra la Francia e laGran Bretagna, e dovrebbero sotto-porre questo trattato per l’immedia-ta adozione da parte dei parlamentibritannico e francese”. Honnoratconsiderava questo trattato come un“breve e semplice documento chedoveva provvedere a mettere in co-mune la difesa, la condotta dellapolitica estera, le risorse economi-che dei territori metropolitani e del-le colonie non autonome delle duepotenze. I cittadini francesi avrebbe-ro avuto i diritti passivi dei cittadinibritannici nel Regno Unito, e l’impe-ro e i cittadini britannici avrebberoavuto i diritti passivi dei cittadini fran-cesi in Francia, nel senso che né icittadini francesi sul suolo britanni-co, né quelli britannici sul suolo fran-cese si sarebbero sentiti trattati le-galmente come stranieri”. Enfatiz-zando il bisogno di un’istruzione bi-lingue in entrambi i Paesi, egli ag-giunse che “gli organismi governati-vi preposti in determinati ambiti do-vrebbero essere posti sotto un qual-che tipo di controllo parlamentare”.E concluse, dicendo: “anche se laGrande Germania di Hitler dovessesopravvivere intatta, d’ora in avantidovrebbe confrontarsi con un’altrapotenza europea di un calibro e diun potere ancora più grandi”.Allegato a quel resoconto c’è un

commento, forse di Toynbee, il qua-le dichiarava che era “sbalordito dalfatto che un certo numero di fran-cesi, la cui reazione all’idea di “unio-ne federale” era ostile in astratto,fossero disposti a pensare positiva-mente a questa come a un nucleoal quale altri paesi europei potesse-ro aggregarsi in una fase successi-va“. E un ulteriore valutazione scrit-ta a mano e firmata da J. G. Warddell’Ufficio degli Affari Esteri de-scrive il piano come un “ammire-vole primo passo verso un’Unioneo una Confederazione anglo-fran-cese”, il quale “sarebbe in partesoddisfatto dall’ultima bozza pro-posta della dichiarazione di “paceseparata””. Quindi l’idea di nazio-ni indipendenti, che dividono alcu-ni aspetti della loro sovranità peril loro comune beneficio, non erasconosciuta nemmeno durante igiorni più bui della seconda guerramondiale, e sebbene l’unione anglo-francese proposta non fu mai rea-lizzata, essa suscitò interesse e per-sino entusiasmo quando fu annun-ciata per la prima volta nella stam-pa britannica. Quest’idea pose in-terrogativi nella mente dell’opinio-ne pubblica riguardo alle relazionitra Stati e, nel farlo, sfidò il nazio-nalismo. Forse influenzò anche ipensieri di Winston Churchill sullafutura struttura dell’Europa. Par-lando sui temi connessi di unità po-litica e collaborazione economicadurante il primo Congresso del-l’Europa all’Aia nel 1948, egli sot-tolineò che “in verità questa com-porta qualche sacrificio o la fusio-ne di sovranità e caratteristiche na-zionali, ma è tuttavia possibile con-siderarla come una graduale as-sunzione da parte di tutte le Na-zioni di una sovranità più vasta, chepuò anche proteggere i loro diver-si e specifici costumi e tradizioninazionali”.

Comitato Promotore del Movimento dei Movimenti - Fondazione BOTTARI LATTES – Monforte d’Alba

ConvegnoIL DIRITTO DI UGUAGLIANZA DELLE PERSONE NEL MONDO CHE CAMBIA

ALBA - Sabato, 4 dicembre 2010Ore 10 - Saluto della Presidente della Fondazione BOTTARI LATTES - Presentazione della proposta di costituzione di un Movimento dei MovimentiOre 10,30 - I diritti degli immigrati ed il diritto delle persone ad un’esistenza dignitosa nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea

(Giuseppe BRONZINI, magistrato di Cassazione, MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO)Ore 11,00 - I diritti negati alle persone provenienti da Paesi terzi (Fredo OLIVERO, responsabile immigrati della CARITAS diocesana)Ore 11,30 - A protezione del lavoro e del reddito minimo garantito (Luciano GALLINO, professore emerito Università di Torino)

TESTIMONIANZEJean Paul POUGALA (scrittore, Camerun/Italia), Esponente EUROPEAN SOCIAL FORUM,

Younis TAWFIK (giornalista, scrittore Iraq/Italia), Esponente mondo musulmano

Ore 12,30 - Costituzione dell’Associazione “MOVIMENTO DEI MOVIMENTI”Ore 15 - Proposte di azione pubblica, illustrazione delle bozze di petizione e di appello per la sensibilizzazione e mobilitazione dei cittadini

(Comitato Promotore MOVIMENTO DEI MOVIMENTI: Roberto PALEA, Dario CAMBIANO)Ore 19 - Conclusioni a cura della Presidenza del Convegno (programma provvisorio)

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L’Ufficio di Presidenza del ConsiglioRegionale mi ha assegnato, nella riu-nione di mercoledì 7 luglio 2010, ladelega per la Consulta Europea.Sono onorato di aver ricevuto talecarica per questa IX Legislatura, inun momento in cui il processo delFederalismo sta portando le Regio-ni ad avere sempre più competenzee di conseguenza ad essere semprepiù protagoniste nel rapporto conl’Europa. Mentre gli Stati vengonoman mano spogliati delle loro facol-tà dal sistema europeo, le Regionine stanno diventando il fulcro, comesi evince anche dalla legge 3/2001di riforma al titolo V della Costitu-zione. Con questa modifica all’arti-colo 117, la Carta Costituzionale hadato un nuovo ruolo alle Regioni, ri-disegnando sulla base del decentra-mento amministrativo i rapporti trale stesse e l’Europa.L’organismo della Consulta Regiona-le Europea, nato per far conoscerele istituzioni europee ai cittadini,andrà quindi a rivestire un peso sem-

Dalle Regioni all’Europadi Riccardo Molinari, Vice-presidente del Consiglio regionale del Piemonte, incaricato

alla Consulta Europea

pre maggiore continuando comun-que nella sua mission principale: la-vorare con i giovani, come dimostrada anni il concorso “Diventiamo cit-tadini europei” che ha permesso amolti studenti di vivere un’esperien-za concreta dell’Europa come la vi-sita al Parlamento e l’incontro conalcuni eurodeputati. Alla quale siaggiunge la partecipazione ai Semi-nari di formazione federalista di Bar-donecchia e di Ventotene. Iniziativeimportanti che danno la possibilitàai ragazzi di formarsi come cittadinidi un’Europa unita, stimolandoneallo stesso tempo il senso critico.Il mio intento sarà anche quello didare un apporto pragmatico all’ope-rato della Consulta Regionale Euro-pea utilizzando questo Ente e l’enor-me know how che le varie organiz-zazioni e le persone già aderentihanno accumulato negli anni per farconoscere appieno tutte le opportu-nità che l’Europa offre sia per i citta-dini, che per le imprese e i liberi pro-fessionisti.

Riccardo Molinari

Lo stretto legame che sta via viacrescendo, in questo flusso cheporta dalle Regioni all’Europa, haportato alla nascita della macro-regione europea (formata da Pie-monte, Liguria, Provenza-Alpi-Co-sta Azzurra e Rodano-Alpi), nuovosoggetto politico-territoriale prota-gonista tanto per la ricerca di fi-nanz iament i europei quantocome importante interlocutorepolitico.Non bisogna mai perdere di vista laprospettiva europea nell’agire poli-tico degli amministratori locali, per-ché è l’Europa oggi, che piaccia ono, a fornire risposte a questioni cheil territorio, da solo, non è più l’uni-co delegato a risolvere.E’ quindi con entusiasmo, confidan-do nella piena collaborazione deimembri di questo organismo e conla consapevolezza dell’importanzadel ruolo che mi è stato assegnato,che mi accingo ad iniziare nel mi-glior modo possibile questa nuovasfida europea.

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Al Teatro Carignano di Torino, il 13luglio sono state ripercorse le tap-pe dell’attività istituzionale dellaRegione anche attraverso le brevitestimonianze dei presidenti chehanno guidato i Consigli e le Giun-te regionali.

Il presidente del Consiglio regionaleValerio Cattaneo ha aperto i lavoridell’Assemblea regionale celebrati-va del 40° anniversario della primalegislatura regionale, insediatasi nel-la sala del Consiglio provinciale diTorino, presso il Palazzo delle Segre-terie di piazza Castello, il 13 luglio1970.Il presidente Cattaneo ha ricorda-to “l’attualità del discorso pronun-ciato quarant’anni fa dal primo pre-sidente dell’Assemblea, Paolo Vitto-relli, nelle cui parole vibravano l’or-goglio e la certezza che i nascentiistituti regionali, pur tra mille diffi-coltà, erano qualcosa di diversodalle autonomie locali, i Comuni ele Province, se non altro perché, perla prima e unica volta, lo Stato con-cedeva la funzione legislativa a unorgano diverso dal Parlamento na-zionale, titolare della sovranità po-polare, riconoscendo implicitamen-te con ciò una legittimazione deltutto particolare nel legame traConsiglio e cittadini elettori anchea livello regionale”.“Un legame - ha continuato Cat-taneo - che, nello Statuto varatonel novembre 1970 e ancor più inquello approvato nel 2005, trova-va modo di esplicitarsi compiuta-mente laddove si afferma che ilConsiglio rappresenta il Piemonte,inteso come unità storica, cultura-le, sociale ed economica, una co-munità di cui la Regione come isti-tuzione e il Consiglio come organolegislativo vogliono essere i rappre-sentanti, nella tutela degli interessie delle opportunità di sviluppo”.Per essere davvero la “casa dei pie-montesi”, ha concluso Cattaneo,“l’Assemblea deve ancora sviluppa-re due strumenti, indicati nello Sta-tuto, la cui attuazione rappresentaun obiettivo strategico per la legi-

Celebrati i quarant’annidella Regione Piemonte

slatura appena avviata: il Consigliodelle Autonomie locali, organismotutelato da una previsione costitu-zionale, ove la governance localesi consolida e rafforza l’integrazio-ne tra le istituzioni locali e il Consi-glio regionale dell’Economia e delLavoro, non ancora oggetto di nor-me attuative ma indubbiamente im-portante per rapportarsi con il mon-do economico e le rappresentanzesociali”.Il presidente dell’Associazione deiconsiglieri della Regione SanteBajardi, parlando a nome di tutti iconsiglieri che si sono succeduti nel-l’arco delle prime otto legislature, haaffermato che “il ruolo del consiglie-re è complesso, poiché egli è rappre-sentante di parte e, nello stesso tem-po, deve essere in grado di deciderenell’interesse di tutti. La politica è l’ar-te del possibile e, nella democraziadell’alternanza, le regole vanno scrit-te insieme”.Il professore ordinario di Istituzio-ni di Diritto pubblico dell’Universi-tà del Piemonte Orientale JörgLuther ha tratteggiato alcuni ele-menti del saggio Elementi per unastoria della Regione Piemonte, cheapre il volume rievocativo Qua-rant’anni di Regione, che verrà pre-sentato in autunno.

Gli interventi dei “past president”

Il presidente Cattaneo ha quindi in-vitato sul palco, per brevi testimo-nianze, alcuni past president del Con-siglio e della Giunta regionale.Dino Sanlorenzo, presidente del-l’Assemblea regionale nella II legi-slatura (1975-‘80), ha ricordato che“le Regioni nacquero nel 1970 senzasoldi e con poteri scritti sulla carta eimpossibili da esercitare in concreto.Per coinvolgere i cittadini nelle istitu-zioni, mettemmo al centro della poli-tica e dello Statuto la partecipazionegrazie alla quale, nella II legislatura,nacquero organismi consultivi e co-mitati come la Consulta europea, laConsulta femminile e il Comitato Re-sistenza e Costituzione. E fu propriola partecipazione dei cittadini che

consentì alle istituzioni di sconfigge-re il terrorismo politico”.Ezio Enrietti, presidente della Giun-ta regionale nella III legislatura(1980-’83), ha sottolineato le poten-zialità e il ruolo della Conferenza deipresidenti delle Regioni e delle Pro-vince autonome “di cui fui tra i pro-motori e presidente trent’anni fa. Ilcoinvolgimento di tutti i Consigli re-gionali in una lotta che dovrebbe su-perare gli stretti confini delle diretti-ve dei partiti è un imperativo catego-rico per il raggiungimento di obiettiviquali il rafforzamento dell’autonomiatributaria”.Vittorio Beltrami, presidente del-la Giunta regionale nella IV legi-slatura (1985-‘90) ha fatto riferi-mento al fatto che “questa realtàsociale, strutturale e operativa cheè la Regione, è ancora richiamo eauspicio per la riscrittura di queivalori che attengono alla morale,alla giustizia e alla libertà trasmes-sici dalla Resistenza”.Carla Spagnuolo, presidente delConsiglio regionale nella V legisla-tura (1990-‘95), ha rievocato “glianni delle battaglie contro il cen-tralismo per la rivendicazione dicompetenze regionali, nel delicatopassaggio dalla prima alla secon-da Repubblica e, tra le prese di po-sizione più significative, quella con-tro l’Acna di Cengio in difesa dellaValle Bormida”.Rolando Picchioni, presidente delConsiglio regionale nella VI legisla-tura (1995-‘98) ha illustrato “lascommessa intellettuale, fatta dalConsiglio regionale in un periodo incui anche in Piemonte la politica do-vette arretrare di fronte alle invasionigiudiziarie, con la convocazione de-gli Stati generali: un’iniziativa che in-tese rafforzare la Regione e fornirglinuovi stimoli”.Sergio Deorsola, presidente delConsiglio regionale nella VI legi-slatura (1998-2000), ha ricordatol’impegno per “l’attuazione gra-duale della riforma Bassanini e ilnuovo impulso dato alla Conferen-za dei Piemontesi nel mondo, un’oc-casione per riscoprire e rinsaldare i

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Bando di Concorso 2010-2011riservato agli Istituti d’Istruzione Secondaria di II grado del Piemonte

www.consiglioregionale.piemonte.it/europea

contatti con realtà sociali ed eco-nomiche che coinvolgono da vicinola Regione”.Enzo Ghigo, presidente della Giun-ta regionale nella VI e nella VII legi-slatura (1995-2005), ha sottolinea-to di essere stato - nel 2000 - il pri-mo presidente della Regione elettodirettamente dai cittadini. “Tra le cosedi cui vado più fiero - ha continuato- il riordino della Protezione civile inseguito all’alluvione del ‘94 e l’asse-gnazione a Torino delle Olimpiadiinvernali 2006”.Davide Gariglio, presidente delConsiglio regionale nella VIII legi-slatura (2005-‘10), ha fatto riferi-mento “all’entrata in vigore dell’at-tuale Statuto regionale e alla discus-sione e all’approvazione del nuovoRegolamento interno del Consiglioregionale”.Mercedes Bresso, presidente dellaGiunta regionale nella VIII legisla-tura (2005-‘10), ha rievocato “i mo-menti esaltanti, come le Olimpiadi

2006, il rinnovo della Reggia di Ve-naria e il privilegio di aver dato il viaall’Euroregione Alpi-Mediterraneo” emomenti estremamente difficili,“come la crisi economica partita nel2008”.

L’intervento del presidente dellaRegione

L’intervento conclusivo è stato svol-to dal presidente della Giunta re-gionale Roberto Cota, che fu an-che presidente del Consiglio regio-nale nella VII legislatura (2000-‘05).“Quando parlo di Regione Piemonte- ha dichiarato Cota - io intendo tut-ti i 1.206 Comuni che lo compongo-no. Credo sia importante che la Re-gione si prodighi per fornire suppor-to amministrativo e pratico ai Comu-ni, che hanno visto un progressivoappesantimento delle proprie funzio-ni. A settembre li convocheremo peroffrire loro un pacchetto concreto di

supporti, a cominciare da quello in-formatico”.“Oggi siamo pronti per realizzare ilfederalismo fiscale - ha aggiuntoCota- già previsto dallo Statuto cheha visto la luce durante la legislaturache mi ha visto presidente dell’Assem-blea regionale. Uno Statuto realizza-to con l’intento di edificare una casacomune e approvato a larga maggio-ranza”.“Per quanto riguarda il futuro - haconcluso - la priorità massima rima-ne il lavoro per i giovani e per chi loha perso a causa della crisi. Intendopoi richiedere al Governo nuove com-petenze e discuterne le materie conil Consiglio regionale; riformare laSanità, tagliando gli sprechi senza ri-durre i servizi e predisporre una nuo-va legge urbanistica”.Al termine dell’intervento del presi-dente Cota è stata consegnata aipast president una medaglia ricordoe, in anteprima, una copia del volu-me Quarant’anni di Regione.

Il concorso consiste nello svolgi-mento di uno dei seguenti temi:

“Nel 2011 ricorrono i centocin-quant’anni dell’unità nazionaleitaliana. Questa unità, che oggisi inserisce nel quadro più va-sto, continentale, del processodi unificazione europea, ha difronte a sé sia nuove opportu-nità (una nuova forma di convi-venza di tipo federale) sia nuo-vi problemi e nuovi rischi (cre-scita delle differenze interne,minore coes ione nazionale,spinte disgregatrici).Quali rapporti vi sono, a vostroparere, fra unità nazionale ita-liana e unificazione europea, fraprospettive di riforma federaledell’Italia e prospettive di co-struzione di una vera e propriafederazione europea? Come sipuò valutare l’idea di una nuo-va unità federale italiana nelquadro di una nuova unità fe-derale europea?”

“Nella recente storia europea, ac-canto agli Stati, sono protagonistedel processo di unificazione euro-pea anche le istituzioni locali e re-gionali. Queste istituzioni sonorappresentate, a livello europeo,nel Comitato delle Regioni, che èun importante organismo del-l’Unione. Di fatto la vita dei citta-dini europei si svolge oggi nellostesso tempo a diversi livelli: loca-le, regionale, nazionale, comuni-tario. Quale ruolo pensate debba-no avere le regioni nei confrontidelle istituzioni europee a fronteanche delle maggiori competenzeche andranno ad avere grazie alprocesso di riforma federale dellostato? E quale ruolo specifico pen-sate possano e debbano svolgerele istituzioni locali e regionali perfare fronte alle difficoltà e ai pro-blemi del percorso di unificazioneeuropea?”

Per preparare gli studenti allo svol-gimento del concorso sono state

organizzate numerose conferen-ze che saranno tenute da docentiuniversitari esperti in problema-tiche europee.

Premio del concorso:

La Commissione esaminatrice se-lezionerà un centinaio di studen-ti e individuerà 15 insegnanti de-gli istituti distintisi per la parteci-pazione al concorso.I vincitori parteciperanno nel cor-so dell’anno 2011, suddivisi pergruppi, alle seguenti iniziative:· viaggi studio ad istituzioni eu-ropee ed internazionali· XXVII Seminario di Bardonecchiaper la Formazione Federalista Eu-ropea (L.R. n. 36 del 18.4.85).· XXX Seminario di formazione fe-deralista di Ventotene (agosto/settembre 2011)

A tutti i partecipanti sarà donatoun oggetto promozionale.

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Quando mi hanno detto che nonavevo vinto il concorso DiventiamoCittadini Europei, ero un po’ contra-riato. Non immaginavo che fortunaavrei avuto in seguito. Perché essererecuperato e portato a Ventotene, èstata un’esperienza unica e fantasti-ca. Essere coinvolti in un incontro delMovimento Federalista Europeo, omeglio, della sua sezione giovanile,è stata una fonte inesauribile di cul-tura, possibilità, informazioni.A Ventotene si svolge ogni anno unseminario per i giovani federalistieuropei, che hanno già una buonapreparazione sull’argomento, e chehanno la possibilità di partecipare adiscussioni su argomenti simili, non

Un’esperienza per maturaredi Stefano Moia, classe 5E, Liceo Scientifico A. Antonelli, Novara

troppo complicate ma neanche ele-mentari.Ascoltare esperti in diversi campi, sul-le tematiche principali del federalismo,partendo da concetti di base, come lasussidiarietà e la globalizzazione, ar-rivando a tematiche come l’ambien-te, la ricerca, la pace, poter discuterecon altri ragazzi, come me, di questeargomenti, chiarire i miei dubbi, ca-pire i diversi punti di vista, questo eraogni giorno in quell’isolotto di un chi-lometro e mezzo. Ma Ventotene nonfiniva qui: la risorsa più preziosa è sta-ta infatti poter trovare altre persone,conoscere i ventotenesi molto acco-glienti, insieme a ragazzi provenientida tutta Italia, pieni di interessi diver-

si, appassionati ai loro studi (molti in-fatti erano universitari), ricchi di cul-tura, e di esperienze diverse, non solo“federaliste”. Per una settimana, inol-tre, Ventotene è stata davvero poli-glotta: molti studenti arrivavano datutto il mondo, Europa, Canada, Uz-bekistan, e la possibilità di confron-tarsi, di parlare con loro su diversetematiche, anche se alle tre di notte,ha arricchito questo seminario giàmolto interessante.Insomma, una settimana unica,un’esperienza per maturare perso-nalmente, e non solo. Tutto in unposto, a molti ancora sconosciuto, senon per tragici eventi recenti, in quel-la piccola isola in mezzo al nulla.

In collaborazione con ilDipartimento di Studi Politici

dell’Università di TorinoDIVENTIAMO

CITTADINI EUROPEICorso di aggiornamento per

insegnanti - XIV edizione

Un’Italia federale inun’Europa federale

11-12 novembre 2010Aula Consiglio regionale del

Piemonte - Via Alfieri 15 Torino

Al termine dei lavori si svolgerà la ceri-monia di premiazione dei vincitori delBando di Concorso per l’elaborazionedel nuovo logo della Consulta Europea

Giovedì 11 novembre 2010, ore 9.30

SalutiValerio CattaneoPresidente del Consiglio Regionale del Piemonte

Riccardo MolinariVice-presidente del Consiglio regionale, incari-cato alla Consulta Europea

Francesco De SanctisDirettore Generale dell’Ufficio Scolastico Regio-nale del Piemonte

Introduce e presideEdoardo Greppi, Università di Torino

Relazioni:Tendenze federaliste ed europeiste nel Ri-sorgimento italianoLara Piccardo, Università di Genova

Il dibattito sull’esito centralistico dell’unifi-cazione italianaSergio Pistone, Università di Torino

Dal nazionalismo al totalitarismo fascistaGiampiero Bordino,Centro Einstein di Studi Internazionali (CESI)

L’unificazione europea, un processo incom-piutoAlberto Oddenino, Università di Torino

Venerdì 12 novembre 2010, ore 9.30

Introduce e presiedeLucio Levi, Università di Torino

Relazioni:Il ruolo dell’Italia nel processo di unifica-zione europeaUmberto Morelli, Università di Torino

Decentramento e federalismo nel contestodel processo di unificazione europeaAnna Mastromarino, Università di Torino

Tavola rotondaalla presenza degli eurodeputati della circoscri-zione nord-ovest, sul tema

La realizzazione piena del federalismo alivello europeo e a livello nazionale comerisposta alla attuale crisi dell’Unione Euro-pea e dello Stato italiano

Introduce Lucio Levi

PresiedeRiccardo Molinari,Vice-presidente del Consiglio regionale, incari-cato alla Consulta Europea

Ore 14.30/16.30

Introduce e presiedeGiuseppe Porro, Università di Torino

Relazioni:L’idea del federalismo in Italia e in Europanella Resistenza antifascistaCorrado Malandrino, Università del PiemonteOrientale

XXIX Seminario di formazione federalistaVentotene, 29 agosto – 3 settembre 2010

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A Ventotene si respira veramente ariad’Europa: un centinaio di giovani seri,competenti, appassionati, provenientida tutta Italia e da alcuni Paesi del-l’Unione Europea, hanno animato legiornate di formazione federalista or-ganizzate dall’Istituto Altiero Spinelli edal Movimento Federalista Europeo.Accompagnati dalla dott.ssa RosamariaZucco, abbiamo partecipato ai lavori inquanto parte della delegazione piemon-tese, composta da studenti delle scuolesuperiori della Regione e da due docenti,selezionati in seguito al concorso Diven-tiamo cittadini europei.L’esperienza vissuta in questa piccolaisola, un tempo triste luogo di confi-no, è stata decisamente positiva siaper la qualità dei contenuti presentatidai relatori sia per la passione civile epolitica che hanno dimostrato i gio-vani partecipanti.Si può veramente affermare che Ven-totene, per usare un’espressione con-traddittoria, è piccola e grande. Pic-cola per le dimensioni, per il sensodel limite e della solitudine, che co-

Ventotene, palestra di federalismodi Giuse Ferolo, Liceo Scientifico A. Antonelli, Novara ed Elio Prato, Istituto Vallauri, Fossano

munica, per l’esiguità dell’avanguar-dia federalista lì radunata, grandeperché è stata la patria di un pensieroimmenso che dalla critica allo Statonazionale, alle sue debolezze e allesue contraddizioni, ha condotto allanascita e alla diffusione di un’idea ri-voluzionaria, la federazione degli Statieuropei, come unica garanzia per lapace nel continente europeo e nelmondo. La validità e la veridicità del-la proposta contenuta nel Manifestodi Ventotene di Altiero Spinelli è statadimostrata dalla storia, benché moltastrada sia ancora da compiere sullavia dell’unificazione politica europeae ancora di più su quella della affer-mazione a livello mondiale di un or-ganismo politico democratico, garantedella giustizia e delle pari opportuni-tà per tutti i popoli del pianeta e del-l’esclusione della guerra come moda-lità per risolvere le controversie inter-nazionali.La globalizzazione, i progressi dellascienza, della tecnica e della comuni-cazione oggi sembrano avvicinare

paesi lontani, in quanto li hanno resiinterdipendenti a tal punto che il bat-tito d’ali di una farfalla a Tokyo puòprovocare un uragano a New York. Inrealtà, però, i popoli della terra sonopiù che mai separati da chiusure cul-turali reciproche, dalle volontà degliuni e degli altri di mantenere formedi sovranità esclusive, dal desiderio disupremazia economica e politica.Pertanto il percorso ambizioso, diestrema attualità e privo di alternati-ve ragionevoli, proposto e discusso aVentotene, deve essere difeso congrande impegno perché possa diffon-dersi e concretizzarsi in Europa e nelmondo. Le premesse ci sono, fannoben sperare, il fervore dialogico e ar-gomentativo e la passione contagio-sa propria di ogni idea buona, dimo-strati dai giovani federalisti, farannosenz’altro il resto.Un grazie sentito alla Consulta Euro-pea del Consiglio regionale per l’op-portunità che ci è stata offerta e chesperiamo possa coinvolgere semprepiù insegnanti.

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29 agosto - 3 settembre 2010: foto di gruppo dei vincitori del concorso Diventiamo cittadini europei insieme all’on. Sandro Gozi,all’europarlamentare Niccolò Rinaldi, al prof. Lucio Levi, al dr. Domenico Moro e alla dr.sa Rosamaria Zucco della Consulta Europea

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Europa 2.0. Prospettive ed evoluzioni del sogno europeo (a cura di Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini, Creative Commons2.5 Italia, Verona 2010) è un’antologia che raccoglie numerosi e qualificati contributi sul tema del processo di unificazioneeuropea. Sono riportate le riflessioni di intellettuali, parlamentari, sindacalisti, docenti universitari e militanti federalisti, quali:Vittorio Agnoletto, Giovanni Allegretti, Giuseppe Allegri, Franco Berardi (Bifo), Raffaella Bolini, Grazia Borgna, GiuseppeBronzini, Luciana Castellina, Raffaella Chiodo Karpinsky, Pier Virgilio Dastoli, Arturo Di Corinto, Monica Di Sisto, MonicaFrassoni, Andrea Fumagalli, Piero S. Graglia, Maurizio Gubbiotti, Fernando A. Iglesias, Lucio Levi, Deborah Lucchetti, GuidoMontani, Paul Oriol, Franco Russo, Pietro Soldini, Alberto Zoratti.L’opera contiene, poi, due apporti rilevanti: una prefazione di Alessandro Cavalli, professore di sociologia all’Università diPavia e direttore della rivista “Il Mulino”, e una postfazione di Daniel Cohn Bendit, parlamentare europeo dal 1994, co-presidente del gruppo Verdi/Alleanza libera europea e leader storico del movimento del maggio 1968 a Parigi.Scopo del volume è di offrire un panorama più ampio possibile delle diverse riflessioni, dei sogni, delle aspettative e dellevisioni che sono maturate all’interno dei movimenti della società civile attorno alla costruzione dell’Unione Europea.Per gli autori, nel mondo globalizzato, complesso e “liquido” in cui viviamo oggi, la prospettiva politica che forse può tenerleassieme è offerta dalla teoria federalista, che si propone di creare la cornice istituzionale all’interno della quale ogni ideainnovativa, ogni piccolo “sogno europeo”, potrà esprimersi liberamente e in tutta la sua creatività, godendo delle opportunitàofferte da uno spazio pubblico di dimensioni continentali da riempire di contenuti partecipativi, sociali, ecologici.I cittadini europei si trovano, pertanto, di fronte a una scelta: da un lato, la chiusura identitaria e nazionalista che porta allainevitabile decadenza della civiltà europea; dall’altro, l’apertura cosmopolita e federalista che conduce al progetto di un’Eu-ropa “libera e unita” indicata nel Manifesto di Ventotene.Riportiamo di seguito l’Introduzione al volume firmata da Nicola Vallinoto, Dirigente del Movimento Federalista Europeo e membrodel Council del World Federalist Movement, e Simone Vannuccini, Segretario nazionale della Gioventù Federalista Europea.

Europa 2.0. Prospettive edevoluzioni del sogno europeodi Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini

I convegni e gli studi

L’idea di un libro che mettesse insieme,in un “incerto concerto” di voci politiche,accademiche, militanti e intellettuali, lediverse “visioni d’Europa” esistenti nellasocietà civile italiana ed europea, nasceda due motivazioni.La prima deriva dalla presa di coscienzache, negli ultimi anni, ogni singolo movi-mento o associazione ha dovuto svilup-pare — di pari passo con la crescenteimportanza e pervasività della dimensio-ne europea nella vita attiva di ciascunindividuo e gruppo sociale — una pro-pria lettura interpretativa rispetto al sen-so e alla direzione del processo di unifi-cazione europea; una peculiare idea sulpassato, sul presente e sull’auspicabilefuturo di quello che è ormai riconosciutocome il primo esperimento al mondo dipacifica integrazione sovranazionale e divolontaria, anche se parziale, rinuncia allesovranità nazionali.La seconda motivazione riflette la ne-cessità — dopo il sostanziale fallimen-to politico del processo costituente sin-tetizzato da un insoddisfacente Tratta-to di Lisbona, — di rilanciare la costru-zione dell’Europa politica dando nuo-va linfa vitale al progetto e alla visioneideale originaria: quella del supera-mento dei ristretti confini dello Statonazionale e del connesso nazionali-smo, quella del raggiungimento dellapace e del progresso — inteso comecapacità di creare continuamente nuo-ve opportunità ed alternative di realiz-zazione individuale e collettiva — at-traverso istituzioni democratiche, plu-

rali, federali. Con la consapevolezza,questa volta, che sia irrinunciabile —in un mondo caleidoscopico e irrequie-to — il contributo di tutte le voci dellasocietà civile, che rappresentano sen-za dubbio un’importante ricchezza delVecchio continente.Il tentativo di tessere un’unica tela con-cettuale intorno alle diverse visioni d’Eu-ropa, una tela partecipativa e partecipa-ta, cosmopolita e complessa, ci ha fatto

pensare all’idea di un”Europa 2.0"; cosìcome la nuova realtà del web sociale,personale, on demand (il cosiddetto web2.0) costituisce una “rivoluzione nella ri-voluzione” telematica ed informaziona-le, così la costruzione della nuova Euro-pa, capace di portare a compimento finoall’esito federale la propria integrazioneattraverso la sintesi positiva delle sue di-verse concettualizzazíoni ed interpreta-zioni, può rappresentare una rivoluzionenella rivoluzione, un atto politico “2.0”.Lo scopo di questo libro è, perciò, quellodi suggerire gli spazi d’azione per eserci-tare questo atto politico 2.0, di racchiu-dere in un solo “colpo d’occhio” l’oriz-zonte delle riflessioni, dei sogni e delleaspettative che sono nate nei movimentidella società civile rispetto all’Europa.Queste voci eterogenee potranno rap-presentare l’inizio di una nuova “sinfo-nia europea”, se riusciranno a mettere afattore comune tutte le diverse e intrigantinuove teorizzazioni, i discorsi e le visionisul futuro del Vecchio continente, facen-do al contempo propria la grande nar-razione proposta dall’idea di una possi-bile “integrazione europea”: quell’ideache dopo ben due guerre mondiali èriuscita — con un occhio alle respon-sabilità del passato ed uno sguardo ri-volto al mondo del futuro — a costru-ire la Pace attraverso le istituzioni e nontramite il dominio, attraverso la condi-visione delle risorse e del potere, e nonattraverso il miope ritorno a schemi,paradigmi e categorie già fallite nelpassato.

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Martedì 8 giugno presso la Fonda-zione Luigi Einaudi di Torino si è te-nuto l’ultimo incontro del ciclo L’Eu-ropa di Lisbona nel mondo che cam-bia, promosso dal CESI-MFE in col-laborazione con altri centri studi eassociazioni torinesi, che ha avutocome tema Dollaro, euro: quale as-setto monetario internazionale dopola crisi?. Al convegno, presieduto daAndrea Comba ( Università di Tori-no), sono intervenuti GiorgioS.Frankel (Centro di Ricerca e Docu-mentazione “Luigi Einaudi”), PaoloMigliavacca (“Il Sole 24 Ore”) e An-tonio Mosconi (CESI), esprimendo illoro punto di vista sulle possibili re-azioni all’instabilità del quadro eco-nomico mondiale.Frankel nella sua relazione ha sot-tolineato che mentre un tempo ilmondo occidentale era il know-howdell’economia internazionale, oggicon la globalizzazione sono emersinuovi attori. Tra questi, gli Stati ara-bi del Golfo, Cina e Brasile non solohanno registrato crescenti interscam-bi commerciali, ma alla luce della

Dollaro, euro: quale assettomonetario dopo la crisi?

crisi del dollaro, al quale sono an-corate gran parte delle loro riservevalutarie, hanno rafforzato la coo-perazione, evidenziando l’esigenzadi una riforma del Fondo MonetarioInternazionale (FMI). Migliavacca nelsuo intervento ha sostenuto che lacrisi prima della moneta americanae ora dell’euro segnala un proble-ma sistemico di governance. Consi-derando i processi d’integrazione incorso in Africa e America Latina, lacreazione di monete regionali puòrappresentare una soluzione, mainiziative simili possono avere suc-cesso solo in presenza di determi-nati fattori, in particolare la fiduciatra i paesi coinvolti e una volontà dicooperazione superiore alle rivalitànazionali. Mosconi infine nella suarelazione ha osservato che la crisi hatoccato dimensioni tali da richiede-re un cambiamento. Come suggeri-to dal governatore della banca cen-trale cinese, si potrebbe partire conun sistema multicurrency, sviluppan-do l’impiego dei diritti speciali di pre-lievo del FMI per garantire un pa-

L’attività federalista in Piemonte

niere di valute più ampio che sulmodello dell’ecu, antesignano del-l’euro, ponga le premesse per la cre-azione di una moneta globale.Al termine delle relazioni è seguitoun dibattito che ha visto da parte delpubblico in sala diversi interventi, tracui quello di Alfonso Iozzo (membroesecutivo UEF) che ha sottolineatocome il ricorso alle svalutazioni com-petitive e all’inflazione, oltre allespeculazioni finanziarie, colpisca di-rettamente i cittadini e il loro potered’acquisto. Solo le scelte che ga-rantiscono la stabilità monetaria pos-sono tutelarli e si possono di con-seguenza definire veramente demo-cratiche. Mettendo da parte l’ipotesidi un ritorno a Bretton Woods e diun nuovo accordo euro-americano,i relatori, a conclusione dell’incon-tro, hanno quindi ribadito la neces-sità di un ordine monetario mondia-le più cooperativo a favore del qua-le l’Europa, impegnata a risolvere ildilemma di una moneta senza Sta-to, possa svolgere ancora una voltaun’azione propulsiva.

L’Iran e la bomba. I futuri assetti nelMedio Oriente e la competizione globaleLunedì 5 luglio la sezione MFE diTorino in collaborazione con il CESIe l’AICCRE ha organizzato nella sededi via Schina la presentazione del li-bro L’Iran e la bomba. I futuri assettinel Medio Oriente e la competizioneglobale di Giorgio S.Frankel (Centrodi Ricerche e Documentazione ‘’Lui-gi Einaudi’’). All’incontro, presiedu-to da Alfonso Sabatino (Segretarioregionale AICCRE), hanno partecipa-to l’autore del testo e Sergio Pistone(Ufficio Formazione MFE).Sabatino ha introdotto il discorso,evidenziando che nella questioneiraniana intervengono un insieme difattori sia interni al contesto medio-rientale - il ruolo di Israele e la posi-zione dei paesi arabi, in particolaredell’Arabia Saudita - sia esterni,come la crescita economica del Sud-Est asiatico e il ruolo politico finoradeludente dell’Europa. Sull’effettiva

consistenza di un tentativo di Tehe-ran di costruire la bomba atomicaFrankel si è espresso, sottolineandoche da quasi vent’anni, ossia dallavittoria americana nel Golfo Persicocontro Saddam Hussein, si parla diuna minaccia iraniana e di una pos-sibile risposta militare di Stati Unitied Israele per fermarla. L’idea ge-nerale è che la repubblica islamica,nonostante possa contare su unaconsiderevole quantità di uranio abasso arricchimento, non abbia an-cora i mezzi e in ogni caso il suoobiettivo strategico sarebbe di acqui-sire la competenza tecnica-industria-le senza avere l’arma. Al di là di cam-pagne di propaganda tese a deline-are, in presenza di un Iran nucleare,il lancio di una bomba verso Israeleo l’instaurarsi di un clima di deter-renza tra Tel Aviv e Teheran simile aquello dell’epoca bipolare, il colos-

so sciita dimostra di avere maggiorrealismo politico rispetto all’epocarivoluzionaria. Il paese degli ayatol-lah è consapevole di disporre di for-ze convenzionali ristrette e obsole-te, per cui non è sufficiente avere duebombe per essere una potenza ato-mica pari a quelle che lo circonda-no. Come ha osservato Pistone nelsuo intervento, gli interessi di sicu-rezza che hanno indotto l’Iran aprendere in considerazione l’opzio-ne nucleare sono gli stessi che han-no spinto Israele ad adottare, findalla sua creazione, una politica mi-litaristica. La proliferazione di arma-menti nucleari nel Medio Orientecostituisce un pericolo oggettivo,perché alimenta tra i paesi dell’areauna competizione atomica e la situa-zione è aggravata dal fatto che intema di disarmo non esiste un’auto-rità di garanzia. In quest’ottica la

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Settembre 201030

Abbiamo partecipato ieri, federalistidi Ivrea, richiamati da vari luoghi, ai funerali di Tullio Lembo. Il deces-so, avvenuto pochi giorni dopo l’en-trata in clinica per una serie di con-trolli, è stato improvviso.Insieme a Fiorenzo Grijuela, che èstato Sindaco di Ivrea, e a Ugo Ma-gnani, attuale Segretario MFE, Tul-lio è stato fondamentale per il rilan-cio della sezione federalista nella cit-tà che vide all’opera Adriano Olivetti,grande federalista e amico di Altie-ro Spinelli. Il Forum Democratico del

questione nucleare si lega ad altresfide dell’umanità, come quella eco-logica, e più in generale al proble-ma di un processo di globalizzazio-ne senza governo.Al termine delle relazioni è seguitoun dibattito, che ha visto da partedel pubblico presente in sala unaserie di interventi tra cui quello diEmilio Cornagliotti (Segretario regio-nale MFE), Domenico Moro (Diret-

tore dell’Istituto Spinelli) e UmbertoMorelli (Direttore CSF). Di fronte aun contesto regionale profondamen-te cambiato, nel corso degli ultimianni, per un insieme di fattori - dal-la crisi dei rapporti tra Israele e StatiUniti alla crescente presenza econo-mica cinese fino all’influenza politi-ca acquisita dalla Turchia tra i paesiarabi vicini - è emersa in generalela consapevolezza che occorre una

nuova iniziativa soprattutto da partedell’Europa. Sfruttando le nuove op-portunità offerte dal Trattato di Li-sbona, l’UE, che con il Processo diBarcellona e la più recente Unioneper il Mediterraneo ha mostrato evi-denti limiti d’azione, è chiamata adarsi gli strumenti necessari per pro-muovere nel Medio Oriente una po-litica di pacificazione più coerente edefficace.

È scomparso Tullio LemboIvrea, 7 luglio 2010

Canavese, da Lui diretto,ha accoltosistematicamente i più bei nomi del-la cultura italiana in tutti i campi,sociale, scientifico, filosofico, tra cuimolti conferenzieri federalisti.La personalità di Tullio Lembo eraricca e complessa. Apparteneva aquella schiera di dirigenti olivettia-ni che univano naturalmente una vasta cultura ad una altissima pro-fessionalità, essendo egli uno deimassimi dirigenti Olivetti del per-sonale, funzione a cui Adrianostesso, nella sua filosofia azienda-

le, annetteva grande importan-za. Era convinto federalista, e di-stingueva con chiarezza l’essenzae la dinamica di un movimento deinostri tempi da quella di un parti-to. Pur essendo iscritto a un parti-to progressista propugnava l’apar-titicità dell’MFE.Era l’intellettuale meridionale nellasua accezione migliore, amabile,acuto, tollerante. Ci mancherà mol-tissimo.

Emilio Cornagliotti, Ugo Magnani

“Torino, Capitale Europea dellaCultura ? Riorientare le energiedel Piemonte” è il libro presen-tato il 6 ottobre, presso la Fon-dazione Agnelli, dall’autore Ric-cardo Lala, Direttore della Casaeditrice Alpina (Collana Diàlexis,Torino 2010).All’incontro, moderato da Alber-to Papuzzi de “La Stampa”, han-no partecipato gli Assessori allaCultura della Regione, MicheleCoppola, della Provincia, Ugo Pe-rone, e del Comune di Torino,Fiorenzo Alfieri. Tutti hanno so-stanzialmente condiviso la pro-posta fatta dall’autore soffer-mandosi sul nuovo ruolo dellacittà e della sua tradizionale vo-cazione europea. In particolare,l’Assessore Alfieri ha posto alcentro del rilancio culturale l’at-tenzione al tema della cittadinan-za e l’Assessore Perone ha rilan-ciato come progetto qualificantela creazione di un Museo euro-peo.Nel suo intervento nel dibattito, Al-fonso Sabatino, Segretario piemon-

Torino, Capitale Europeadella Cultura 2019?

tese dell’AICCRE, ha affermato cheTorino deve porsi il problema di svi-luppare una polarità culturaled’avanguardia in ogni modo, indi-pendentemente dall’assegnazionedel riconoscimento da parte del-l’Unione Europea. Finito il ruolo digrande capitale industriale, la cittàdeve valorizzare la sua collocazionee produrre una cultura sul ruolo del-l’Europa nel mondo. In pratica, unacultura della pace diretta a influen-zare tutti i campi, compresa l’eticadella scienza e della ricerca tecno-logica. Sabatino ha concluso sottoli-neando due stimoli importanti inquesta direzione. Il primo è offertodal tema del riconoscimento della cit-tadinanza a tutti i livelli, da quellolocale a quello mondiale, dato il si-gnificato rivoluzionario del voto eu-ropeo, seme per l’affermazione del-la democrazia in campo sopranazio-nale. Il secondo è dato dalla capaci-tà di Torino di essere oggi un caso diconvivenza multietnica tra moltepli-ci comunità immigrate, esempio pra-tico di una potenziale cittadinanzacosmopolita da costruire e opportu-

nità per nuove sintesi culturali.Intorno all’Associazione Diàlexis,organizzatrice della serata assie-me al Gruppo Dirigenti Fiat, si ècostituito un tavolo promotoredella candidatura della Città aCapitale della Cultura nel 2019di cui fa parte la Federazione pie-montese dell’AICCRE.Infatti, già il 14 settembre, si era svol-ta presso il Consiglio provinciale unariunione convocata dall’Assessoreprovinciale alla cultura, Perone, pervalutare la candidatura di Torino. Intale assemblea era emersa una for-te volontà e un grande entusiasmoper la proposta da parte di tutte leparti presenti. La sezione di Torinodella Gioventù Federalista Europea,rappresentata dal Segretario cittadi-no, Stefano Rossi, aveva sottolinea-to l’importanza della crescita di unacultura europea, quale elementofondamentale nella costruzione co-stituzionale di un’Europa unita, non-ché spunto di rilancio per il processodi integrazione e della stessa tradi-zione culturale torinese aperta all’Eu-ropa e al mondo.

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PiemontEuropa 31

Altre attivitàTorino, 6-12 giugno 2010L’Associazione “Torino-Chambery” haorganizzato un soggiorno culturale, conpartecipazione di italiani e francesi, nelFriuli Venezia Giulia. Per la sezione MFEdi Torino hanno partecipato Sergio Pi-stone e Maria Teresa Palmas.

Torino, 7 giugno 2010Presso il Comune di Torino, organizzatadall’Associazione Culturale Piemonte-Grecia “Santorre di Santarosa”, con ilPatrocino del Comune di Torino, si è svol-to un dibattito sulla crisi greca intitola-to:“Cosa è successo in Grecia? Notizie, ri-flessioni e lezioni….”Ne hanno parlato: Antaios Chrisosto-midis (pubblicista del quotidiano “AY-GHI”, Direttore per la letteratura esteradella casa editrice Castaniotis, Cavalie-re del Lavoro in Italia in quanto figuradi spicco nelle relazioni culturali fra Gre-cia e Italia); Francesco Scacciani del-l’Università di Torino. Ha introdotto: Al-fonso Sabatino, Segretario della Fede-razione regionale Piemontese AICCRE.Ha presieduto Alexis Tsoukias, Presidentedell’Associazione Piemonte-Grecia“Santorre di Santarosa”.

Biella, 13 giugno 2010Si è svolta la riunione dei primi aderen-ti della neonata sezione, sotto la presi-denza del coordinatore locale SandroZegna, e con la presenza del segretarioregionale Emilio Cornagliotti. Sono statiaffrontati i problemi di organizzazionedi una sezione, inquadrata nella retedelle relazioni con il resto del movimen-to. È stata data comunque priorità as-soluta al corso di formazione dei nuovifederalisti.

Torino, 15 giugno 2010Presso la Fondazione Luigi Einaudi, ilCentro Studi sul Federalismo, in colla-borazione con l’Istituto Affari Internazio-nali e il Torino World Affaire Institute(TWAI), ha organizzato la presentazio-ne del libro La politica estera dell’Italia.Edizione 2010, a cura di Gianni Bonvi-cini e Alessandro Colombo, Il Mulino,2010 (pubblicazione dell’IAI e dell’ISPI).Sotto la presidenza di Umberto Morelli(Direttore CSF) ne hanno discusso Gian-ni Bonvicini (Vicepresidente vicario IAI),Anna Caffarena (Presidente TWAI), Val-ter Coralluzzo (Università di Perugina) eFrancesco Sforza (Caporedattore Esteride “La Stampa”.

Bardonecchia, 3 luglio 2010Partecipazione di Bruno Mazzola, mem-bro del Direttivo MFE di Torino, in rap-presentanza dell’AICCRE, alla Celebra-

zione del 30° Anniversario del Gemel-laggio Bardonecchia, Fourneaux, Moda-ne con rinnovo del Giuramento e ado-zione di una Dichiarazione politica co-mune.

Torino, 8 luglio 2010Seminario europeo “Ripartire dalla Cul-tura” (a cura di Casa Editrice Alpina, eAICCRE, Diàlexis, il Laboratori, IPSEG,Poesia Attiva), con la partecipazionedegli Assessori alla cultura di RegionePiemonte, Provincia di Torino, Comunidi Chieri e Chivasso, presso il CentroStudi San Carlo di Torino. Intervento disaluto del Segretario regionale AICCRE.Relazioni dei proff. Peter Koslowski del-la Vrije Universiteit di Amsterdam, Co-stanzo Preve, Marcello Croce e OlgaVedovato del Direttivo del MFE di Tori-no, pittrice, che si è soffermata sul rap-porto tra progresso scientifico, globaliz-zazione e arte contemporanea.

Rueglio, 10 agosto 2010Nel salone multiuso si è svolto un dibat-tito, con la presenza di oltre sessantapersone, sul tema “L’Italia in bilico”. Visono state due relazioni introduttive. Laprima di Sergio Pistone (che è stata let-ta da Alessandro Casiccia, non avendoPistone potuto partecipare per seri mo-tivi di famiglia) ha sviluppato le consi-derazioni contenute nell’articolo “la cri-si italiana” (Piemonteuropa”, n. 4, 2009)ed ha concluso indicando la necessitàdi un governo di emergenza democra-tica per un’Italia europea. La secondarelazione è stata tenuta da AlessandroCasiccia, docente di sociologia dell’Uni-versità di Torino, e si è soffermata sugliaspetti sociali della crisi italiana.

Monastero di Lanzo, 14 settembre 2010Incontro a Monastero di Lanzo (TO) delSindaco Nicola Ferroglia, dei suoi col-laboratori e del Segretario regionaleAICCRE, Alfonso Sabatino, con il signorXheri Haidarkolaj, rappresentante delComune di Lekbihaj, circondariato diNikaj Mercuri (Albania), per una colla-borazione finalizzata alla valorizzazio-ne del loro territorio.

Ivrea, 15 settembre 2010Si è svolta la riunione di sezione perprogrammare i dibattiti e i convegnipubblici da svolgersi nei prossimi mesi.Essi riguarderanno: 1) l’energia e i suoieffetti sull’ambiente. 2) la sovrapopola-zione e i suoi effetti sull’ambiente. 3) Ilproblema del debito pubblico (congiun-tamente con il Forum Democratico delCanavese). 4) Il sistema di qualità e va-lutazione della scuola in Italia (congiun-tamente con il Forum Democratico del

Canavese). Durante il mese di settem-bre hanno avuto luogo incontri con idirigenti locali della Lega Nord. Han-no poi aderito all’MFE l’esponente lo-cale dell’UDC, Angelo Spiller, Mauri-zio Rossi, segretario PD di Ivrea, e En-rico Capirone, Assessore comunaleallo sviluppo.

Torino, 20 settembre 2010In un salone dell’hotel Santo Stefano siè svolto un convegno sul tema ‘’I 150anni dell’unità: i liberali per l’Italia didomani’’ organizzato dal Comitato Li-berale di Alleanza per l’Italia. Sono in-tervenuti, tra gli altri, Gianni Vernetti, iparlamentari Bruno Tabacci, MassimoCalcaro Ciman, Linda Lanzillotta, Bene-detto Della Vedova e Francesco Rutelli,Stefano Passigli, Andrea Romano, Ma-rio Calabresi (direttore de ‘’La Stampa’’)e Valerio Zanone (Presidente del CIME).Per l’MFE è intervenuto Sergio Pistone,che ha presentato l’appello alla classepolitica ‘’We the European People’’.

Ivrea, 20 settembre 2010Organizzato da Forum democratico delCanavese, Giustizia e Libertà e MFE diIvrea, si è svolto l’incontro “Oltre la cri-si. Un governo europeo dell’economia”.L’incontro è stato moderato da Paolo Vol-pato della RAI di Torino. Nella sua am-pia relazione introduttiva, AlbertoMajocchi, dell’Università di Pavia, hasostenuto che la crisi non può essere im-putata ai soli aspetti finanziari, ma an-che a quelli strutturali degli Stati Uniti edell’Europa.

Torino, 21 settembre 2010Sergio Pistone è stato intervistato sultema ‘’Federalismo e solidarietà’’ da Ra-diotre nell’ambito del programma ‘’ Tut-ta la città ne parla’’.

Lione, 25 settembre 2010Intervento all’Université d’Automne del-l’UEF-France, organizzata presso l’Uni-versité Lyon III, del Segretario regionaleAICCRE, Alfonso Sabatino, con una re-lazione centrata sulla realizzazione delfederalismo interno in Italia nell’ambitodella Tavola Rotonda “En quoi la démo-cratie locale et régionale peut-elle con-tribuer à une union toujours plus étroiteentre les peuples européens”.

Alessandria, 29 settembre 2010Si è svolta la prima riunione della nuo-va sezione di Alessandria, diretta dal co-ordinatore Giacomo Balduzzi, con lapresenza dell’ex Sindaco della cittàMara Scagni e del Segretario regionaleEmilio Cornagliotti. È stato adottato unpiano di formazione per i nuovi aderenti.

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Libri

Rinaldo Merlone. L’unificazione eu-ropea nel pensiero e nell’azionedi Carlo Sforza, prefazione diiSergio Pistone, Bologna, Il Muli-no, 2009.

Rinaldo Merlone fornisce con il suovolume un prezioso contributo allaricostruzione del pensiero e dell’azio-ne di Carlo Sforza, figura di spicconella storia italiana ed europea, adoggi non ancora pienamente valo-rizzata, ma a pieno titolo annovera-bile tra i padri fondatori dell’unitàeuropea.Sforza fu il primo uomo di governodel novecento che ipotizzò e proget-tò intese finalizzate all’integrazioneeuropea; sostenitore del processogradualistico e antesignano del fun-zionalismo integrativo, condivise fa-cendole proprie alcune istanze delfederalismo.Proprio allo specifico aspetto della suaattività di costruttore dell’Europa, allasua riflessione e al suo pensiero sulprocesso di unificazione europea èprincipalmente dedicato il volume,che, basandosi su un accurato lavorodi analisi degli scritti editi e inediti dellostatista, inclusa una ricca documen-tazione conservata presso archivi pub-blici e privati, ne prende in considera-zione, secondo una scansione tempo-rale, l’intera esistenza, partendo pra-ticamente dal primo dopoguerra sinoalla morte, che lo colse nel 1952 al-l’età di 80 anni, ancora in piena atti-vità politica.Entrato in diplomazia negli ultimianni dell’ottocento, in un periodo incui l’Europa era pervasa da un dif-fuso nazionalismo, Sforza era statointerventista in occasione del primoconflitto mondiale; considerando gliimperi dell’Europa centrale un im-pedimento all’integrazione europea,riteneva che la guerra contro l’im-pero asburgico avrebbe potuto dareinizio a una politica europea non piùdiretta da poteri dispotici, avviare lacostruzione di un’Europa repubblica-na e consentire l’inserimento dell’Ita-lia in un processo di integrazioneeconomica tra gli Stati europei.Al termine della guerra, divenuto mi-nistro degli esteri dell’ultimo gover-no Giolitti, fu impegnato nella Con-ferenza di pace. Individuata nellafrontiera renana e non più nei Bal-cani la zona europea a rischio, so-steneva la necessità di sanare la se-colare frattura franco-tedesca: soloriconciliando la Germania con l’Eu-ropa si sarebbe creato un clima di

collaborazione e la Germania avreb-be cessato di costituire un pericoloper la pace europea.Richiamandosi all’internazionalismomazziniano, ricercò quindi soluzionie strategie in grado di consentire agliStati di superare le cause di nuovipossibili conflitti, andando al di làdella linea dura dei vincitori, del ri-gido calcolo delle riparazioni di guer-ra, proponendo anche forme di con-vivenza pacifica tra nazionalità diver-se, residenti sul medesimo territorio.Fu merito del programma di apertu-ra e di cooperazione tra le nazionieuropee di Sforza se gli Stati balca-nici e danubiani, che per anni eranostati giudicati a rischio e periferici,poterono ritornare positivamentealla ribalta accanto alle grandi na-zioni europee.Tuttavia, la prospettiva europea da luiadottata, avversata dai nazionalisti ita-liani sino a farlo qualificare come tra-ditore degli interessi della patria, ven-ne bocciata dal parlamento.Gli orientamenti di Sforza furono ri-conosciuti validi e importanti a livel-lo internazionale solamente quandoegli non avrebbe più ricoperto lacarica di ministro degli esteri.Fermo oppositore del fascismo, con-tinuò ad illudersi fin oltre la metàdegli anni venti che lo stesso avreb-be rappresentato una brevissimaparentesi della storia italiana.Di fronte al consolidarsi del regimee presagendo possibili atti di violen-za nei propri confronti, nel 1927 scel-se la via dell’esilio, inizialmente inFrancia e poi, dopo la sua occupa-zione tedesca, in Gran Bretagna equindi negli Usa.All’estero trascorse diciotto anni, du-rante i quali operò per amalgamare igruppi di antifascisti italiani e per con-vincere i governanti europei e nordamericani del diritto dell’Italia rima-sta democratica a un ruolo nel futuroassetto europeo. Parallelamente, ri-spetto all’iniziale europeismo ancoratroppo legato all’internazionalismo,intraprendeva una seria riflessionepolitica sul federalismo e sull’unitàeuropea, destinata a divenire la prio-rità della sua politica estera, benefi-ciando anche dei contatti con la scuolafederalista inglese, in particolare conLord Lothian.Le ripetute dichiarazioni di Sforzasulla necessità di un “patto federati-vo europeo” risultano in sintonia conle intuizioni e le affermazioni di Ei-naudi, Agnelli, Cabiati, Rosselli e loindicano come uno dei pochi italia-

ni in quegli anni ad aver tentato dioltrepassare i limiti del pacifismo uto-pistico e del confederalismo.Il fascismo, portando alle sue con-seguenze estreme le tendenze all’ac-centramento, all’autoritarismo, alprotezionismo, al nazionalismo, di-mostrava che le istituzioni parlamen-tari e democratiche formatesi nell’etàliberale non erano in grado, se la-sciate a se stesse, di salvaguardarela pace e la solidarietà europea.Per restituire fiducia all’Europa e con-sentire una ripresa, occorreva lan-ciare una proposta alternativa, chesuperasse i normali rapporti tra Sta-ti, risultati incapaci di imporsi sui re-gimi totalitari.Sforza constatava che a partire dal1919 in Europa si erano imposti bentrentacinque domini doganali e ven-tisette sistemi monetari. Si era instau-rato un nuovo ordine economico eu-ropeo, nel quale l’Europa non era piùcreditrice ma debitrice verso gli USA.Per difendere gli interessi economicidei singoli Stati si era imposto il na-zionalismo economico, così che ognigoverno cercava di bastare a se stes-so come se ogni Paese fosse una for-tezza minacciata d’assedio e si intro-ducevano barriere doganali.Con gli Usa trincerati dietro barrieredoganali protettive, la Russia spro-fondata nella miseria e la Cina stra-ziata da una guerra intestina, i con-sumatori extra-continentali dei pro-dotti europei erano scomparsi. Ilprincipale mercato per l’Europa do-veva essere l’Europa stessa.Era necessario individuare una poli-tica economica e finanziaria unicaper tutti i Paesi europei e trasforma-re radicalmente i meccanismi delcommercio internazionale.L’esame della realtà economica e fi-nanziaria europea induceva ad au-spicare un rinnovamento politico euna rivoluzione istituzionale.Di fonte al progetto francese (pro-posto da Aristide Briand nel 1929),che si limitava a ipotesi di collabo-razione e di integrazione confede-rale riconducibili al modello dellaSocietà delle Nazioni, Sforza avver-tiva la necessità di andare oltre, ver-so un vero piano federale.Le unioni economiche e doganali do-vevano essere il momento iniziale eil presupposto indispensabile per unafutura unione politica e l’integrazio-ne doveva essere graduale, secon-do lo schema cui rimase legato ne-gli anni successivi della sua azionepolitica.

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più volte egli si era soffermato, e inquanto la creazione di un’Alta auto-rità comune, al di sopra di sei sovra-nità nazionali, avrebbe potuto costi-tuire il primo embrione della futurafederazione politica europea.Nella primavera del 1951 Sforza siconsiderava soddisfatto dei risultatiraggiunti: attraverso tre anni di in-tense trattative, era riuscito a ripor-tare un’Italia vinta e umiliata tra glistati europei e ad inserirla in unaposizione paritaria tra i sei nel pro-cesso di integrazione europea inau-gurato dal piano Marshall.Le analisi di Sforza furono semprerealistiche e spesso premonitrici diquanto sarebbe poi accaduto.Pur operando per un’unione politicae militare europea, Sforza assunseun atteggiamento di diffidenza neiconfronti delle alleanze militari.Rispetto all’ingresso dell’Italia nelPatto atlantico, voleva imprimervicome indirizzo politico, contro l’ini-ziale concepimento in funzione antitedesca, non la semplice difesa del-l’occidente, ma una proiezione ver-so la piena realizzazione dell’inte-grazione europea.Per quanto concerne la CED, repu-tava particolarmente difficile giunge-re a una federazione parziale par-tendo dal settore più delicato, quel-lo della difesa, non ritenendo credi-bile la costruzione di un esercito eu-ropeo prima che fosse realizzatal’unità economica e politica.Offrì il suo apporto costruttivo allanascita del Consiglio d’Europa, ri-chiedendo che assumesse sin da su-bito la denominazione di “Unioneeuropea”, in quanto l’adozione di un“titre modeste” avrebbe indotto a

pensare che ci fosse ostilità all’ideaappunto dell’Unione europea, osta-colando successivi avanzamenti intale direzione.Riteneva inoltre che quanto maggio-re fosse il numero dei membri delConsiglio d’Europa tanto meno fa-cile sarebbe stato l’ampliamento neltempo delle sue competenze.Infine, maturò la consapevolezza chelo stesso aveva fallito rispetto all’ori-ginario obiettivo principale della cre-azione di una unità politica europea.Esso avrebbe continuato “ad occuparsidei sottoprodotti dell’unità europea –diritti dell’uomo, codice europeo del-le assicurazioni sociali, convenzioneeuropea di stabilimento, accordi cul-turali – sottoprodotti utili ma non cer-to essenziali” riducendosi ad “una tri-buna europea”. Le “iniziative concre-te e serie” verso l’unione politica eu-ropea, l’obiettivo di convocare e isti-tuire un’assemblea costituente, avreb-bero dovuto seguire altri percorsi, fuoridalle istituzioni governative o interna-zionali, fino a quel momento rivela-tesi inconcludenti.Se negli anni dell’esilio e del con-flitto la riflessione europea dì Sfor-za si era sviluppata parallelamen-te a quella dei federalisti italiani,senza possibilità di confronto diret-to, a partire dal secondo dopoguer-ra, con il suo ritorno ad un ruologovernativo attivo, il rapporto fu in-dubbiamente proficuo; egli seguìcon attenzione le loro vicende evenne regolarmente informato del-le loro iniziative, inviando spessomessaggi di sostegno e di condivi-sione (Sforza accettò e aderì allacampagna del 1950 per un pattodi unione federale del MovimentoFederalista Europeo), ricevendoper contro promemoria di indiriz-zo e proposte. Nel 1951, lo stessoSpinelli gli trasmetteva parole diviva stima.Sforza proseguì nella sua azione infavore della causa europea sino allafine dei suoi giorni, ma non avrebbevisto concretizzarsi i risultati delle suefatiche politiche e ministeriali a fa-vore della federazione europea.Negli ultimi mesi della sua esisten-za, nella nuova veste di Ministro pergli affari europei, esprimeva l’avvisoche sarebbero trascorsi anni aridi eimproduttivi sul piano dell’integra-zione europea e manifestava scetti-cismo sulla possibilità di realizzare abreve avanzamenti verso l’obiettivoauspicato, ma nel suo commiato po-litico invitava i federalisti a non la-sciarsi scoraggiare e a non guarda-re dove va il mondo, ma piuttostoverso che cosa ognuno va.

Marco Nicolai

Era impossibile conseguire la paceeuropea attraverso i soli legami eco-nomici e senza pervenire a una fe-derazione politica.Peraltro, evitò volutamente di indi-care i contenuti istituzionali del suoprogetto di unità europea, deman-dando ogni decisione in merito alleautorità politiche che avrebbero va-lutato la possibilità di realizzazione,ritenendo che la causa dell’insabbia-mento di precedenti progetti risie-desse nella troppo minuziosa defi-nizione dei dettagli istituzionali.Nel 1947, all’età di quasi 75 anni,Sforza ritornava a venticinque annidi distanza a ricoprire la carica diMinistro degli affari esteri, nomina-to come tecnico nel suo terzo gover-no da De Gasperi, la cui azione eu-ropea molto gli deve.Preoccupato che gli egoismi nazio-nali potessero nuovamente scatenar-si e impedire la formazione di unordine europeo capace di assicura-re la collaborazione pacifica di tutti ipopoli sulla via del progresso, iden-tificava nella ratifica del trattato dipace, nell’adesione al piano Mar-shall e nell’integrazione politica-eco-nomica tra Italia e Francia le primeazioni concrete per consentire il ri-torno dell’Italia nel concerto degliStati europei e per avviare il proces-so di unificazione europea.L’Europa non aveva più il diritto dinon unirsi e di non dare un esempioal mondo.Per Sforza la federazione europea sipoteva conseguire a partire da unionieconomiche parziali tra gli Stati de-mocratici, i quali avrebbero aggre-gato a sé i restanti Paesi, costituen-dosi gradualmente in un unico Statofederale.Chiese espressamente di limitare lasovranità nazionale e invitò la Fran-cia a realizzare un’unione economi-ca con l’Italia per segnare il primopasso sulla via dell’unificazione eu-ropea.Era la prima volta che un esponentedel governo italiano proponeva da-vanti ai grandi dell’Europa di realiz-zare un progetto concreto di integra-zione economica da estendere gra-datamente agli altri paesi europei. Idue paesi pionieri avrebbero costi-tuito una forza di attrazione verso lealtre entità nazionali.A lungo discusso, il progetto tran-sfrontaliero con la Francia, aventeuna valenza politica oltre che eco-nomica, non venne mai avviato, maSforza sostenne subito, non appenapresentato, il piano Schuman, inquanto la nascita della Comunità eu-ropea del carbone e dell’acciaio of-friva una soluzione definitiva al se-colare conflitto franco-tedesco, su cui

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Enrico Letta – Lucio Caracciolo,L’Europa è finita?, a cura di Euge-nio Carlucci, add Editore, Torino,2010.

L’azione politica del Movi-mento Federalista Europeo è guida-ta dalla convinzione che l’Europa sitrovi di fronte ad una scelta esisten-ziale. Essa deve avviare subito unatransizione verso una federazione insenso pieno, che è indispensabile siaper realizzare un vero governo del-l’economia europea (senza cui nonsi affronta la gravissima crisi finan-ziaria, economica e sociale in cui citroviamo), sia per permettere all’Eu-ropa di svolgere un ruolo determi-nante per la costruzione di un siste-ma mondiale pluripolare struttural-mente cooperativo e, quindi, indiriz-zato verso la formazione di un siste-ma di governo pacifico, democrati-co, ecosostenibile e socialmente giu-sto del mondo. Questa transizionerichiede che si proceda non solo conun metodo costituente democratico,ma anche superando il principio del-l’unanimità e, quindi, con l’opzionedell’avanguardia federale. Se non sisarà capaci di compiere rapidamen-te questa scelta, si andrà inevitabil-mente incontro a un destino di bal-canizzazione dell’Europa e di preva-lenza nel mondo delle tendenzeanarchiche e disgregatrici, invece checostruttive e orientate alla coopera-zione pacifica.Il volumetto L’Europa è finita?, checontiene un dialogo fra Enrico Letta(vicesegretario del partito Democra-tico, segretario generale dell’Arel edex ministro delle Politiche Comuni-tarie e delle Attività Produttive) e Lu-cio Caracciolo (fondatore e direttoredi “Limes. Rivista italiana di geopoli-tica”) indica che la posizione del MFEè per molti aspetti condivisa da que-ste due personalità di indubbio rilie-vo. Vediamo il succo delle loro con-siderazioni e delle loro proposte persuperare la crisi in cui si trova il pro-cesso di integrazione europea.Per quanto riguarda Caracciolo van-no sottolineati in particolare i se-guenti punti.La creazione dell’unione monetariasenza creare simultaneamente unoStato europeo (Caracciolo parla diStato confederale europeo, che èuna contraddizione in termini, maqui è evidente che egli ha poca di-mestichezza con la teoria federali-sta) è stata una scelta sbagliata, per-ché ha svuotato gli Stati nazionalidella capacità di fare politica econo-mica senza compensarla con unacapacità a livello sopranazionale. Daqui la situazione estremamente cri-tica in cui si trova ora l’Unione Euro-

pea, la quale non riesce a dare unarisposta adeguata alla sfida emersanel contesto della crisi globale, e ri-schia seriamente di disgregarsi.La scelta sbagliata della moneta sen-za Stato ha avuto una motivazionecontingente nella volontà di control-lare (togliendo al governo tedesco ilfondamentale strumento di potererappresentato dal marco) la dinami-ca della Germania riunificata e in par-ticolare il ritorno di velleità imperiali,ma è stata d’altra parte l’espressionepiù importante del vizio strutturaledella costruzione europea. Esso è rias-sumibile nel deficit democratico che èinteso sia come la tendenza a costru-ire l’unità europea dall’alto, senza cioècoinvolgere i cittadini, sia come losvuotamento – dovuto appunto adun’unificazione non fondata sulla cre-azione di uno Stato europeo – dei si-stemi democratici nazionali senzadare vita a un sistema statale demo-cratico europeo.Questo difetto strutturale della co-struzione europea ha conseguenzegravissime. Da una parte ha prodot-to un forte indebolimento dell’orien-tamento a favore dell’unità europeanell’opinione pubblica. Dall’altraparte è un fattore decisivo che spie-ga il pericoloso affermarsi all’inter-no degli Stati nazionali europei ditendenze micronazionalistiche, chemettono in discussione l’unità nazio-nale, e nello stesso tempo di tenden-ze autoritarie, che erodono i sistemiliberaldemocratici.Il processo di unificazione europea chesi è sviluppato con queste modalità èora di fronte alla concreta prospettivadel suo definitivo fallimento, ma èpossibile una via d’uscita positiva sesi ha il coraggio di compiere una sceltadrastica. Si deve dar vita ad uno Statoconfederale, dotato di vari livelli disovranità, dall’Europa al comune (ciòindica che Caracciolo ha in mente inrealtà uno Stato federale), che devecomprendere i sei paesi fondatori piùSpagna, Portogallo e Austria (possi-bilmente anche la Svizzera). Questonucleo farà parte della molto più va-sta e lasca Unione Europea, da esten-dere a sud-est verso la Turchia e ilNord Africa. Secondo Caracciolo, perrealizzare questo sogno “non si puòpartire dalle istituzioni comunitarie,perché non hanno la legittimità nél’autorità per farlo. Qualsiasi propo-sta per l’Europa futura non può chepartire dalle autorità nazionali, le soletitolate a organizzare il consenso deicittadini. Deve dunque a suo avvisotrattarsi di “un progetto geopoliticoche nasca dall’iniziativa dei parlamen-ti e dei governi dei paesi interessati aformare la Confederazione Europea.Non un’Unione sancita da un trattato

internazionale, ma un nuovo Statofondato sulla costituzione confedera-le elaborata da un’assemblea costi-tuente eletta nei singoli paesi su listeeuropee. Un’impresa del genere deveperò partire…da un aperto e conflit-tuale dibattito pubblico. L’Europa devetogliersi la maschera. Se non se la to-glierà da sola, dobbiamo farlo noieuropei”.Caracciolo conclude dicendo chel’Italia ha un interesse vitale a favo-rire questo progetto perché la crea-zione di un’Europa unita solida equindi di uno Stato europeo attra-verso la partecipazione consapevo-le dei cittadini è la via maestra perbattere le spinte alla disgregazionedell’unità nazionale provenienti inparticolare dalla Lega Nord.Passando al discorso svolto da Letta,va sottolineato in particolare che egliesprime una visione più chiara, ri-spetto a Caracciolo, della dinamicadel processo di integrazione euro-pea. In sostanza mette in luce che ilcarattere gradualistico del processo(di cui l’unione monetaria senzal’unione politica è una manifestazio-ne particolarmente significativa) e ingenerale il procedere in modo ma-scherato (senza cioè indicare chia-ramente l’obiettivo dello Stato fede-rale) ha una base oggettiva. Il fattoè che se c’è una spinta profonda adattuare una politica di integrazioneeuropea, c’è d’altra parte una resi-stenza strutturale nei governi nazio-nali a realizzare trasferimenti di so-vranità. Per cui solo nei momenti dicrisi acuta si realizzano dei passiavanti, che coprono un aspetto par-ziale dell’integrazione rinviando si-stematicamente la scelta della fede-razione in senso pieno. Questo muo-versi soltanto sull’impeto dell’urgen-za e della necessità si è manifestatoin particolare con l’avvio dell’integra-zione economica, nel contesto dellaguerra fredda e con la creazionedell’euro (che è stato un successoperché ha permesso di salvare ilmercato unico) come risposta allariunificazione tedesca e alla cadutadel muro di Berlino.Non si tratta perciò di scelte sbaglia-te, ma di ostacoli strutturali per su-perare i quali non è sufficiente il vo-lontarismo. L’attuale situazione del-l’integrazione europea presenta d’al-tra parte un dato nuovo rispetto alpassato. Di fronte alla crisi finanzia-ria, economica e sociale che con glistrumenti esistenti l’Unione Europeanon può affrontare, rischiando per-tanto l’implosione, non è più possi-bile rinviare la scelta della federa-zione in senso pieno. Ciò significache si devono condividere a livelloeuropeo tutti gli elementi che costi-

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tuiscono una statualità. Alla condi-visione dei confini, del mercato, edella moneta si deve aggiungere lacondivisione della “spada” (cioèl’esercito europeo) e di una leader-ship politica sopranazionale (l’elezio-ne diretta di un presidente europeosarebbe di importanza decisiva inquesto contesto).L’attuale crisi apre la possibilità –che deve essere colta, poiché non c’ènessun automatismo – di dar vita agliStati Uniti d’Europa, che però nonpossono essere realizzati con la par-tecipazione dei ventisette Stati del-l’Unione Europea. Letta è dunqued’accordo con Caracciolo sul fattoche in questa fase solo una avan-guardia può costituire lo Stato euro-peo ma questa deve coincidere coni paesi che partecipano all’euro. Inquesto modo viene corretta l’idea diun nucleo coincidente con l’Europacentro-occidentale in quanto carat-terizzata da una sostanziale omoge-neità. E si sostiene giustamente chei requisiti per far parte del nucleo fe-derale sono da una parte la profon-dità dell’integrazione, e quindi del-l’interdipendenza (donde l’indicazio-ne dell’area dell’euro come piatta-forma del nucleo), e dall’altra la di-sponibilità a realizzare una piena fe-derazione. Una federazione che siinserisce nel quadro di un’UnioneEuropea meno integrata, ma cheresta aperta al passaggio dal cerchiopiù ampio a quello più ristretto. Seè più valida l’individuazione del nu-cleo federale proposta da Letta ri-spetto a quella di Caracciolo, que-st’ultimo ha d’altra parte il meritodi indicare una procedura concretae forte per giungere allo Stato eu-ropeo, e cioè l’assemblea costituentedirettamente eletta.Pur con le differenze di analisi e diaccentuazioni che abbiamo visto, idue autori sono dunque d’accordonel vedere l’Europa al bivio fra lastrada che si indirizza risolutamenteverso lo Stato federale e quella cheporta alla disgregazione con conse-guenze catastrofiche per gli Statinazionali e per l’Europa. E ritengo-no che la costruzione di un nucleofederale sia la condizione imprescin-dibile per uscire dall’attuale situazio-ne di crisi dell’integrazione europea.Il fatto che due personalità dellospessore di Letta e Caracciolo giun-gano a queste conclusioni è un buonsegno. Vuol dire che l’azione del MFEha la possibilità effettiva (anche sel’impegno richiesto è enorme) di co-stituire un forte fronte che si battaper la transizione alla federazioneeuropea con chi ci sta.

Sergio Pistone

Mina Radeschi (a cura di), Frida Ma-lan e il segno del suo tempo, Sil-vio Zamorani Editore, Torino,2010

Riportiamo di seguito il contributo“Frida Malan: le ragioni di una ricer-ca” di Mina Radeschi, dell’Associazio-ne femminile di Azione Politico Cul-turale “Frida Malan”, curatrice delvolume per incarico della RegionePiemonte, Commissione RegionalePari Opportunità.

L’idea di ricostruire in un unico volu-me la vita e l’attività amministrativadi Frida Malan nasce dall’esigenza diconsegnare a nuove generazioni l’eti-ca e la passione politica di una donnache, insieme a molte altre, ha dedi-cato tutta un’esistenza alla conquistadi importanti diritti civili e sociali.La pubblicazione, che non ha carat-tere storiografico esaustivo, contieneuna raccolta di monografie che trat-teggiano l’impegno di Malan a parti-re dal suo coinvolgimento nella Resi-stenza fino alla scuola, dall’associa-zionismo all’attività politico-ammini-strativa al Comune di Torino. Inoltreuna sezione è stata dedicata alle in-terviste e alle testimonianze degliamici e compagni di sempre condotteda una giovane studentessa. I suoiinterventi come consigliere e come as-sessore in Consiglio comunale, rac-colti nell’appendice antologica, percorrettezza storica non sono stati mo-dificati. Il suo stile può forse apparirepiatto, il linguaggio privo di vivacità,talvolta monotono, ma l’idea è quel-la di accostarsi a questi scritti coglien-do il contesto in cui sono maturati einfine raccoglierne le istanze e le utilisollecitazioni che essi riverberano. Sfi-da che lanciamo prevalentemente aigiovani, con l’obiettivo di consegnarenella sua autenticità ed essenza l’im-pegno, la caparbietà della “protago-nista” nel suo quotidiano lavoro du-rante i quindici anni, dal 1960 al1975, trascorsi al Comune di Torino,in un momento storico di grande fer-mento e di profonde mutazioni cultu-rali, politiche e sociali. Gli interventiin Consiglio comunale, a volte di po-che righe, sintetizzano fatti, intendi-menti, e sottintendono dibattiti politi-ci e conflitti al suo interno. Interventiculturalmente incisivi e appassionati,che per la loro straordinaria attualitàsi presentano come utili spunti di ri-flessione soprattutto oggi, in cui trop-pi valori etici e morali tendono a stem-perarsi e la memoria storica a perde-re rilievo.Frida Malan ci trasmette un modellodi passione politica e l’impegno a“non dimenticare il nostro passato,a ricordare quello che hanno fatto

tante e tante donne, la cui storiadovrebbe essere riscritta in profon-dità. Dobbiamo vivere nel presente,ma progettando un futuro... dobbia-mo vivere come se tutto dipendesseda noi, pur sapendo che niente di-pende da noi”.È da qui che siamo partite quell’ottomarzo del 2003 quando venne costi-tuita l’Associazione femminile di azio-ne politico-culturale che porta il suonome. Ci siamo messe al lavoro perdiffondere il suo esempio, portareavanti quell’impegno nella vita civilee politica nel quale credeva fortemen-te e rispondere all’appello rivolto atutte le donne che ancora una voltalanciò in occasione del festeggiamen-to organizzato dal Consiglio regiona-le del Piemonte per i suoi 80 anni: “ledonne devono essere più ambiziosee impegnarsi di più in politica; moltipassi sono stati fatti verso l’uguaglian-za, ma ancora c’è molta strada da fareper garantire pari opportunità a tutti.Adesso l’unica leva sentimentale checi muove è il successo personale, masono in molti a restare schiacciati nel-l’assenza di prospettive che la vita of-fre. Si è persa per strada molta fanta-sia e molta volontà personale...”.In queste parole c’è l’eredità che Fri-da ci ha lasciato e che raccogliamo,perché non si disperda il patrimoniodi storia, idee e battaglie condotte dalei assieme alle tante altre donne, so-prattutto in un’epoca, come quella at-tuale, in cui la presenza femminilenella vita politica è sempre meno ri-levante, con una percentuale di elet-te nelle istituzioni pubbliche ancoravergognosamente bassa, specie seconfrontata con quella di altri paesieuropei e non solo.È auspicabile che tutte le donne in-vestite da un ruolo pubblico e politi-co vogliano ricomporre un’identitàtrasversale in grado di ricostituirequella straordinaria condizione diunità e ferma determinazione cheaccomunò le grandi e coraggiosepersonalità femminili del secolo scor-so che seppero lottare con tenacia.Mi auguro, per il trionfo della cau-sa del mio sesso, solo un po’ menod’intolleranza dagli uomini e unpo’ più di solidarietà fra le donne.Allora forse si avvererà la profeziadel più grande poeta del nostrosecolo — Victor Hugo — che pre-sagì alla donna quello che Glad-ston presagì all’operaio: che cioè«il secolo XIX sarebbe il secolo delladonna».Con questo augurio Anna Kuliscioffconcludeva la Conferenza “Monopo-lio dell’Uomo”, tenuta a Milano il 27aprile del 1890, stessa speranza chefu per Frida Malan il filo conduttoredi tutta la vita.

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Giuseppe Papagno, L’europeismo aMantova nel dopoguerra (a cura di Da-cirio Ghidorzi Ghizzi), Mantova 2010

Riportiamo di seguito l’introduzione al vo-lume titolata “Tra storia generale e storialocale: la tesi di laurea di Giuseppe Pa-pagno” di Maurizio Bertolotti, Presidentedell’Istituto Mantovano di Storia Contem-poranea

Di federalismo e di europeismo si discuteoggi in Italia più diffusamente e più inten-samente che non accadesse sessant’annifa, dopo la fine della seconda guerra mon-diale.Non è peraltro detto che se ne parli sullabase di una più solida e ampia conoscen-za dei fatti e dei concetti e di una più chia-ra consapevolezza storica. La tesi di lau-rea discussa nel 1964 da Giuseppe Papa-gno presso la Facoltà di Scienze Politichedell’Università di Pavia sul tema L’europei-smo a Mantova nel dopoguerra conservauna sorprendente attualità proprio perchéfondata su una ricca documentazione ecaratterizzata da una riflessione originalesulla storia più recente dell’idea federale.Il cuore della ricerca è costituito dalla sto-ria della sezione mantovana del Movimen-to Federalista Europeo dalla sua nascita,nel 1948, sino alla costituzione nel 1959del Partito democratico federalista euro-peo. L’autore illustra con precisione i moti-vi ideali che ispirarono il gruppo federali-sta mantovano, delinea i caratteri della suaazione nell’arco di un decennio, ricorda isuoi successi ma al tempo stesso mette afuoco le difficoltà e le contraddizioni chene ostacolarono lo sviluppo.Le vicende del gruppo federalista manto-vano sono inquadrate nel contesto dellastoria politica mantovana del primo quin-dicennio del dopoguerra, che il giovanePapagno ricostruisce con sicurezza appun-tando la sua attenzione sulle posizioni deipartiti politici di fronte alle prospettive disviluppo dell’unità dell’Europa e all’ideafederale. Si tratta di una prospettiva origi-nale, che arricchisce notevolmente la no-stra conoscenza di questo periodo dellastoria mantovana: se le ricerche successi-ve non l’hanno ripresa, è da sperare chelo si faccia in futuroA loro volta le timidezze della Democraziacristiana e le aperte resistenze della sini-stra al progetto di un’Europa unita sonoesaminate dall’autore alla luce non solodegli orientamenti dell’opinione pubblicaitaliana, caratterizzata da una modestasensibilità al problema, ma anche dell’evo-luzione della situazione politica internazio-nale e in particolare dell’affermarsi delladivisione del mondo in due blocchi: anchesui fogli dei partiti politici locali l’europei-smo, che subito dopo la fine del conflittoaveva goduto di qualche attenzione, fini-sce soffocato nello scontro tra atlantismoe sovietismo.E’ da rimarcare che Papagno ripercorre la

storia dell’europeismo in sede locale rico-struendo con puntualità le reazioni più omeno tempestive e significative delle forzepolitiche mantovane alle novità che ven-gono via via alla ribalta della scena euro-pea, dal piano Schuman al piano Pleven,alle discussioni sulla CED. Si trova qui latestimonianza di un precoce interesse diPapagno per le tematiche della storia mon-diale — da cui nasceranno i suoi studi sulcolonialismo e sul capitalismo — ma in-sieme della sua attenzione alle complesserelazioni tra storia mondiale e storia loca-le. Di questa attenzione ci sono rimasti po-chi ma notevoli documenti, che rivestonouna certa importanza per la ricostruzionedella storia intellettuale dello studioso.In una pagina del 1981 in cui spiegavaperché avesse accettato dal Comune diViadana l’incarico di curare la ristampadell’opera di Antonio Parazzi, Origini e vi-cende di Viadana e suo distretto (apparsala prima volta nel 1893), Papagno ricor-dava quale debito egli avesse nei confrontidi Ruggero Romano, celebre storico del-l’economia, e di Daniele Ponchiroli, intel-ligente uomo di cultura viadanese, all’epo-ca dirigente della casa editrice Einaudi. “Ilcontatto con Romano e con i suoi progettimi facevano [...] — così scrive — respirarein quella che può definirsi la grande storiamentre l’amicizia con Ponchiroli mi pone-va settimanalmente a contatto con la sto-ria locale. Mi è sempre stato però assaiagevole passare dall’un all’altra, perchétra esse non v’era affatto contraddizione”.A questo ricordo faceva seguire un affet-tuoso ritratto di Ponchiroli, soffermandosisulla sua attitudine a leggere la storia lo-cale “con le coordinate dell’infinità dell’uni-verso”.In questa chiave Papagno legge a suavolta l’opera di Parazzi, ripercorrendogli itinerari di ricerca dell’antiquario estorico viadanese alla luce delle proble-matiche relative ai rapporti tra uomini eambiente naturale che avevano ispira-to gli studi fortemente innovativi dellascuola storica o storico-geografica fran-cese, da Lucien Febvre a Fernand Brau-del. Della sua propensione a inquadra-re fenomeni locali entro quadri tempo-rali e spaziali molto ampi Papagno daràuna prova notevole di lì a pochi anninella relazione al convegno venezianosul movimento de “la boje!” organizza-to dall’istituto Alcide Cervi nel febbraio1984. La sua interpretazione de “laboje!” come una reazione collettiva didifesa del mondo rurale di fronte al crol-lo del sistema paternalista, più che comeun rivoluzionario fenomeno politico, sepur comporta il rischio di sottovalutarel’importanza del nuovo che matura en-tro il vecchio che resiste e forse anche diridurre la politica a funzione dell’eco-nomia, consente di farsi di quelle vicen-de un’idea più complessa e di collocar-le nel contesto degli sconvolgimenti epo-cali che investono non solo l’Italia, ma

anche l’Europa e il mondo nell’età del-la modernizzazione capitalistica.Senza nulla togliere al riconoscimento chePapagno fa dei debiti suoi verso Ponchiro-li, la tesi di laurea sull’europeismo lasciacredere che il suo interesse ai rapporti tragrande storia e storia locale preesistesseall’incontro con l’intellettuale viadanese,sebbene sia fuor di dubbio che con le ri-cerche e gli studi degli anni successivi an-che la sua attenzione a questa problema-tica si sia fatta più penetrante. Sul tema —mi sia concesso ricordarlo — GiuseppePapagno ritornò spesso anche in incontripromossi dall’istituto mantovano di storiacontemporanea, alla cui attività collaboròin vario modo. Della passione e della com-petenza con cui animò la discussione inognuna di quelle stimolanti discussionicontinueremo a essergli grati.

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ANNO XXXV - N. 3 - Settembre 2010

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