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Matteo Gazzano – Organizzazione aziendale 2013 Organizzazione aziendale Che cosa sono le organizzazioni ? Un'organizzazione è una realtà sociale complessa. Alcuni la definiscono come “un insieme di persone, formalmente costruito, con un fine che lo caratterizza”, ma in realtà non sono queste le qualità più rilevanti. A fare di un insieme di persone un'organizzazione sono infatti i processi di differenziazione/divisione e di integrazione/coordinamento del lavoro. Per capirlo possiamo fare riferimento alla parabola del masso : Un gruppo di persone deve attraversare una strada per motivi diversi. Questa è però bloccata da un masso che non riescono a spostare. Grazie al carisma di uno di loro uniscono le forze per raggiungere il fine comune. Questo leader comincia a dire agli altri cosa devono fare, creando regole di divisione del lavoro e coordinamento . Quando capisce che la forza non basta, nota un agricoltore con un trattore e coglie l 'occasione che l'ambiente gli offre. L'organizzazione paga così il contadino per usare il trattore e sposta il masso.” Da questa parabola emerge che l'organizzazione: Non è qualcosa di statico, ma un processo dinamico E' una realtà costituita dagli individui Si basa sulle regole che strutturano i comportamenti e le decisioni dei partecipanti Possiamo quindi dire che : “Un'organizzazione è un processo di regolazione delle azioni sociali. Una regolazione che si modifica nel tempo grazie ai comportamenti e le decisioni dei partecipanti fino a consolidarsi in una struttura. Un insieme di regole decise nel corso del tempo che si sono cristallizzate” . Le organizzazioni sono quindi processi dinamici di regolazione che fanno evolvere e poi fissano una struttura. E' però importante sottolineare che le letture delle organizzazioni sono molto numerose e nessuna può essere considerata un punto di arrivo, se non nella concezione e convinzione di chi lo afferma. Vi sono infatti infinite prospettive, non c'è una rappresentazione assoluta e vera della realtà! Come si guardano le organizzazioni ? Le teorie organizzative si propongono di spiegare le condizioni di funzionamento delle organizzazioni, ma partono da interrogativi ed ipotesi influenzati da giudizi di valore. Per questo le affermazioni degli studiosi potranno essere al massimo obiettive, ma mai valide in assoluto. Qualsiasi interpretazione utilizza infatti modelli semplificati della realtà e si basa su valori provenienti dalla dimensione delle idee e delle convinzioni non scientifiche. Le tre concezioni principali all'interno delle quali sono nate le diverse prospettive di interpretazione sono il positivismo, il soggettivismo e il processuale. Queste non vanno viste come tre contenitori in cui “infilare” a forza le varie teorie organizzative, ma come tre visioni del mondo utili a capire le variabili che hanno limitato e finalizzato i vari tentativi di capire le organizzazioni. 1

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Matteo Gazzano – Organizzazione aziendale 2013

Organizzazione aziendaleChe cosa sono le organizzazioni ?Un'organizzazione è una realtà sociale complessa. Alcuni la definiscono come “un insieme di

persone, formalmente costruito, con un fine che lo caratterizza”, ma in realtà non sono queste le qualità più rilevanti. A fare di un insieme di persone un'organizzazione sono infatti i processi di differenziazione/divisione e di integrazione/coordinamento del lavoro.Per capirlo possiamo fare riferimento alla parabola del masso :Un gruppo di persone deve attraversare una strada per motivi diversi. Questa è però bloccata da un masso che non riescono a spostare. Grazie al carisma di

uno di loro uniscono le forze per raggiungere il fine comune. Questo leader comincia a dire agli altri cosa devono fare, creando regole di divisione del lavoro e coordinamento. Quando capisce che la forza non basta, nota un agricoltore con un trattore e coglie l'occasione che l'ambiente gli offre. L'organizzazione paga così il contadino per usare il trattore e sposta il masso.”Da questa parabola emerge che l'organizzazione:

– Non è qualcosa di statico, ma un processo dinamico

– E' una realtà costituita dagli individui

– Si basa sulle regole che strutturano i comportamenti e le decisioni dei partecipanti

Possiamo quindi dire che : “Un'organizzazione è un processo di regolazione delle azioni sociali. Una regolazione che si modifica nel tempo grazie ai comportamenti e le decisioni dei partecipanti fino a consolidarsi in una struttura. Un insieme di regole decise nel corso del tempo che si sono cristallizzate”.Le organizzazioni sono quindi processi dinamici di regolazione che fanno evolvere e poi fissano una struttura. E' però importante sottolineare che le letture delle organizzazioni sono molto numerose e nessuna può essere considerata un punto di arrivo, se non nella concezione e convinzione di chi lo afferma. Vi sono infatti infinite prospettive, non c'è una rappresentazione assoluta e vera della realtà!

Come si guardano le organizzazioni ?Le teorie organizzative si propongono di spiegare le condizioni di funzionamento delle organizzazioni, ma partono da interrogativi ed ipotesi influenzati da giudizi di valore. Per questo le affermazioni degli studiosi potranno essere al massimo obiettive, ma mai valide in assoluto.Qualsiasi interpretazione utilizza infatti modelli semplificati della realtà e si basa su valori provenienti dalla dimensione delle idee e delle convinzioni non scientifiche. Le tre concezioni principali all'interno delle quali sono nate le diverse prospettive di interpretazione sono il positivismo, il soggettivismo e il processuale. Queste non vanno viste come tre contenitori in cui “infilare” a forza le varie teorie organizzative, ma come tre visioni del mondo utili a capire le variabili che hanno limitato e finalizzato i vari tentativi di capire le organizzazioni.

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L'approccio positivista Il sistema è ritenuto un'entità concreta ed esterna rispetto agli attori che impone dei vincoli ai quali occorre adeguarsi. Queste concezione si appoggia su convinzioni astratte :

– La realtà è una dato di fatto non modificabile– La libertà è condizionata e limitata– La razionalità è assoluta e oggettiva– L'incertezza è governabile tramite leggi universali

Per un'analisi più approfondita è necessario distinguere due accezioni di positivismo :• La variante meccanica

In questa ipotesi vi è assoluta coerenza dei comportamenti organizzativi con gli obiettivi dei partecipanti, i quali hanno la piena conoscenza delle alternative e delle conseguenze. L'organizzazione è razionale perché i progettisti la pensano puntando all'ottimo.Di conseguenza sono razionali solo i comportamenti che seguono le indicazioni di coloro che li hanno studiati per raggiungere la massima efficacia ed efficienza.Il percorso verso l'ottimizzazione è quindi unico e scientifico : la One Best Way.

• La variante organica Il sistema organizzativo viene considerato come un organismo che necessita di una serie di bisogni funzionali. L'orientamento di fondo dell'organizzazione è diretto alle esigenze dell'evoluzione vitale dell'organismo. In questo caso non si parla di One Best Way, ma di One Best Fit intesa come strada migliore per rispondere alle esigenze delle variabili ambientali. Esiste cioè una sorta di ottimo nella qualità e nel cammino della flessibilità organizzativa. In questa accezione, a contrario della prima, i programmi non sono rigidi e la flessibilità è un esigenza di fondo che accresce le potenzialità.

In sostanza, il Positivismo concepisce come traguardo dell'interpretazione la scoperta di leggi universali oggettive.

L'approccio soggettivista Il soggettivismo rifiuta l'idea che possano esistere fattori causali e leggi universali che spieghino le decisioni e i comportamenti sociali. Questi sono infatti ritenuti unici e irripetibili. La realtà è costruita dagli attori e diventa oggettiva solo dopo essere stata costruita (salvo essere poi cambiata dalla percezione di altri attori). Secondo questa concezione :

– La realtà è una costruzione sociale che cambia continuamente– La libertà è piena e totale– La razionalità è quella dell'attore– L'incertezza è strutturale ed ineliminabile

Per l'attore la realtà è una costruzione sociale definita da significati soggettivi. Per interpretarla occorre quindi analizzare i comportamenti individuali. Dal confronto tra questi comportamenti si producono delle relazioni che poi si istituzionalizzano creando l'organizzazione. Questa tende quindi a separarsi dai soggetti che la producono e gli attori possono perciò subire dei vincoli da parte del sistema. Il potere è uno degli strumenti per opporsi a tali vincoli e per gestire le relazioni. Questo ruolo non è attribuito dal sistema ma è conquistato dall'attore.

L'approccio processualeLa visione processuale ritiene che l'organizzazione sia una dinamica, un processo che struttura la realtà sociale. In questa prospettiva, l'interpretazione della realtà sociale deve proporsi di :

1) Comprendere l'agire2) Spiegarlo causalmente

Tale spiegazione, trattandosi di umani, non sarà esaustiva. Si cercherà quindi non tanto di spiegare le cause, quanto le condizioni, le influenze e i fattori.Weber propone un percorso di analisi su due dimensioni :

– La struttura → Le regole e le premesse per le decisioni e le azioni– I soggetti → Coloro che orientano il processo delle decisioni-azioni

In questa concezione la razionalità è limitata perché vi è incompleta conoscenza delle alternative di

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Parte dall'impostazionemetodologica di Weber

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scelta e delle conseguenze. Non si concepiscono leggi universali e di conseguenza l'obiettivo non è la massimizzazione o l'ottimizzazione ma la congruenza tra i mezzi e i fini.Dati questi presupposti, è facile capire perché, secondo questa concezione :

– La realtà è prodotta dal processo di strutturazione– La libertà non è mai totale ma nemmeno inesistente– La razionalità è limitata ed intenzionale– L'incertezza è prodotta dalla tecnologia e dall'ambiente. L'organizzazione tenta di governarla

attraverso le azioni strutturali.

A cosa servono le organizzazioni ?Le organizzazioni servono a rendere gli umani più razionali

A questa risposta generale potremmo affiancarne molte altre :

Dalla parabola del masso di Barnard, le organizzazioni appaiono come luoghi dove persone con fini diversi collaborano per un fine comune. Questa collaborazione è basata su una serie di regole, ovviamente influenzate dall'ambiente, che differenziano e coordinano l'attività.Le ipotesi di Barnard derivano soprattutto da una forte reazione alla logica allora prevalente : l'organizzazione scientifica di Taylor, il management di Fayol e la filosofia imprenditoriale di Ford.Queste ipotizzavano la razionalità assoluta dell'homo oeconomicus e separavano nettamente chi progetta da chi opera nel tentativo di rendere l'umano simile alla macchina. Il fine non era quello di interpretare le organizzazioni, ma di offrire un metodo scientifico per raggiungere il miglior risultato possibile. Il tentativo di Barnard è stato quello di introdurre delle ipotesi più realistiche, tentativo che è stato oggetto di critiche pesanti. Una delle più rilevanti è quella di Perrow che definì le organizzazioni come strumenti che mobilitano risorse. Risorse che possono essere sfruttare per arrivare ai fini del ristretto gruppo di persone alla testa dell'organizzazione. Il lavoro di Barnard è stato tuttavia fondamentale, da un lato per la scuola delle relazioni umane e dall'altro per Simon e Thompson. Nel primo caso si è infatti combinato con il tentativo di evidenziare gli effetti sulle persone che derivano dalla fatica e dalla monotonia del lavoro parcellizzato. Nel secondo hanno invece contribuito alla costruzione teorica di Simon, secondo il quale le organizzazioni servono per rendere la razionalità umana un po' meno limitata e per difendere chi vi opera dall'incertezza che proviene dall'ambiente. Dagli stessi principi parte anche Thomson nel domandarsi in che modo agiscano le organizzazioni. Secondo lui, queste seguono una razionalità sistematicamente sfidata dall'incertezza proveniente dalla tecnologia e dall'ambiente. Ne consegue che, per comprenderne il comportamento organizzativo, è necessario volgere l'attenzione sul comportamento delle persone all'interno e intorno all'organizzazione.L'unica risposta che tiene conto dell'ambiente più di Thomson e Simon è quella contingentista.I teorici di questa scuola ipotizzano l'esistenza di una stretta relazione tra le performance aziendali e la capacità del management di adattare coerentemente le scelte organizzative rispetto alle contingenze ambientali. Alla variazione ambientale seguirebbe un mutamento nell'assetto strategico delle imprese e quindi un cambiamento nell'assetto strutturale. L'insieme di questi mutamenti originerebbe infine una variazione nelle performance. Le organizzazioni servirebbero quindi per organizzare una risposta flessibile all'ambiente, in modo da creare il più possibile ricchezza,

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Per conseguire un fine comuneusando l'organizzazione come strumentoal servizio di una coalizione dominante

Per rendere il rapporto con l'ambiente il più possibileelastico, flessibile e coerente.

Per far conseguire agli umani i loroobiettivi esistenziali, anche attraverso il lavoro

Per conseguire un fine comunecooperando grazie a obiettiviindividuali tra di loro non conflittuali

Per aumentare il livello di razionalità deipartecipanti e difenderli dall'incertezza

Per creare ricchezza massimizzando il profitto; con un'organizzazione scientifica del lavoro,

una gestione manageriale dell'impresa,un forte impulso imprenditoriale

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utilizzando le occasioni offerte dall'ambiente. Di tutte queste definizioni, la più gettonata è quella che semplifica maggiormente la realtà organizzativa, ovvero quella di Taylor : le organizzazioni servono a produrre ricchezza a patto che si seguano i precetti dell'organizzazione scientifica del lavoro, sostituendo all'empirismo e all'arbitrio la scienza e la razionalità. La realtà è in effetti difficile e complessa. Per comprenderla, se da un lato bisogna partire dalla sua complessità, dall'altro è necessario semplificare. Questo dev'essere però fatto senza illudersi che capire (interpretare il modello teorico) possa significare scoprire delle leggi oggettive, ovvero ricordandosi che si è semplificato e quindi si è resa semplice una cosa che per sua natura è estremamente complessa.

La razionalitàLa razionalità assolutaIntroduzioneL'ipotesi di razionalità assoluta si basa sul concetto di homo oeconomicus, l'operatore che conosce tutte le alternative di scelta, possiede una capacità di calcolo completa e agisce in condizioni di certezza nella valutazione delle conseguenze. In pratica conosce la funzione di utilità di tutte le scelte. E' chiaro come il mondo così costruito sia molto semplificato, talmente tanto da consentire la ricerca dell'ottimo. Tutte le teorie organizzative rispondo ad un trade-off tra l'efficacia e il loro grado di realismo, tuttavia quelle che si rifanno al contributo di Taylor, Fayol e Ford (per poi articolarsi nelle cosiddette teorie di management), sembrano far finta di niente e pensare che esista veramente la possibilità di ottimizzare tutte le scelte. Queste teorie ipotizzano che la razionalità sia una caratteristica del gruppo progettuale che, dopo aver studiato le best practices, formula la One Best Way. Il miglior percorso possibile. Tale razionalità si espande agli operativi, e diviene così assoluta, quando questi seguono alla lettera il manuale (detto task management) fornito dal gruppo progettuale. La logica è quella di universalità del management : le organizzazioni sono tutte uguali e ciò che è andato bene per una andrà bene anche per le altre.Diamo ora uno sguardo ai protagonisti principali...

Frederick Winslow Taylor (Germantown 20/03/1856 – Filadelfia 21/03/1915)Nel 1985, Taylor presenta in un convegno il suo saggio “A piece rate system”.Da questo, che conteneva i capisaldi della sua impostazione, ha avuto origine la rivoluzione razionale che ha poi condotto al fordismo. La proposta è in effetti radicale : dall'empirismo alla scienza. Il principio è scientifico nel senso positivista, cioè nella direzione dell'esistenza di leggi scientifiche universali. La prima conseguenza è la necessità di separare l'attività di progettazione, pianificazione e analisi da quella di esecuzione. L'organizzazione scientifica del lavoro, in questa visione, è l'insieme delle regole che consentono di realizzare la maggiore efficienza in una logica di ottimizzazione : la one best way. Gli aspetti fondamentali sono :

1) Accentramento e razionalizzazione delle linee di autorità2) Separazione tra progettazione ed esecuzione3) Separazione tra lavoro manuale ed intellettuale4) Parcellizzazione delle fasi produttive5) Riorganizzazione e trasparenza6) Legittimazione dei principi dell'organizzazione scientifica del lavoro su base scientifica7) Ferma convinzione che l'adozione della OSL avrebbe generato ricchezza

Bisogna però sottolineare che Taylor concentrò l'attenzione anche sulla necessità che vi fosse armonia sul posto di lavoro e che, secondo lui, il mezzo per ottenerla era lo scientific management.

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Henri Fayol (Istanbul 29/07/1841 – Paris 19/11/1925)L'amministrazione implica per Fayol le seguenti distinte attività :

• Programmare → scrutare l'avvenire e redigere il programma di azione.• Organizzare → strutturare attività e compiti secondo un ordine preciso e in

risposta a specifiche esigenze funzionali.• Comandare → Far funzionare il personale.• Coordinare → Armonizzare tutte le azioni e gli sforzi.• Controllare → Vigilare che tutto proceda secondo le regole stabilite e gli ordini impartiti.

Secondo la sua impostazione, il buon esito di ogni iniziativa dipende dal rispetto di alcune condizioni che egli chiama principi e che sono da pensare come regole elastiche e suscettibili di adattarsi a tutte le occorrenze.

Henry Ford (Dearborn 30/07/1863 – Detroit 7/04/1947)Henry Ford è l'imprenditore che più di tutti ha pienamente valorizzato le innovazioni organizzative di Taylor e Fayol :

1) Ha massimizzato la produttività seguendo i principi tayloristici di organizzazione del lavoro ed i principi di management alla Fayol.

2) Ha automatizzato i processi produttivi e standardizzato i prodotti per aumentare l'utilizzo di una tecnologia rigida ma molto efficiente.

3) Ha ridotto l'incertezza interna attraverso un elevato controllo sui processi di lavoro (per evitare le devianze dovute al lavoro umano) e l'incertezza esterna attraverso l'integrazione verticale dell'impresa.

Il risultato ottenuto è stato straordinario : produzione e consumo di massa che hanno caratterizzato buona parte del Novecento, con un grande sviluppo economico.

Un confronto Sia per Taylor che per Fayol, la preoccupazione principale riguarda l'impostazione di un sistema di gestione che sia capace di conseguire gli obiettivi dell'impresa. Un'impostazione di tipo positivista che si traduce nella definizione di criteri generali di contenuto normativo. Una differenza di fondo, riguarderebbe invece l'idea di flessibilità presente in Fayol e apparentemente sconosciuta a Taylor. Il primo vede infatti l'organizzazione come un organismo e il secondo come una macchina. Anche questa è però un interpretazione che può essere critica o condivisa liberamente. Ciò che invece è importante sottolineare, sono gli elementi di modernità che si trovano in queste logiche classiche. In più di un occasione Fayol cita l'importanza della sintonia tra la proprietà, la direzione, il sindacato e i consumatori. Vi sono poi cenni, da parte di studiosi contemporanei a Taylor e Fayol, rispetto al ruolo del consenso esterno ed interno nonché all'importanza del rapporto tra le variabili ambientali e le forme organizzative ad esse coerenti. Inoltre, è proprio all'interno delle logiche classiche di management che troviamo le prime attenzioni rispetto al cosiddetto capitale umano. In particolare sul fatto che la produttività sembrasse variare in base alla presenza di fattori di carattere sociale.

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Gli sviluppi successiviIl periodo che va dagli anni 60 alla fine dei 90 rappresenta un periodo estremamente fecondo dal punto di vista della letteratura di management. Tra i molti autori che si sono imposti all'attenzione accenniamo prima ai contributi di :

• Davis → Si colloca nel solco dell'impostazione di Fayol, in particolare enfatizza l'universalità delle funzioni di management (i principi di direzione sono gli stessi in tutte le organizzazioni e rispondo a delle leggi)

• Dale → Famoso per aver elaborato una teoria dinamica dell'organizzazione che descriveva come sorgono e si trasformano i problemi con l'evolvere dell'aziende. Un tema che ha però affrontato in chiave normativa andandosi a posizionare anch'esso all'interno dell'impostazione alla Fayol.

• Sloan → Noto principalmente per tre slogan ancora oggi considerati importanti : organizzazione decentralizzata con controllo coordinato, suddivisione delle responsabilità tra line e staff, adattamento organizzativo alle variazioni ambientali. La sua convinzione meno condivisa è invece quella secondo la quale conta di più la logica dell'aggiustamento continuo che l'iniziativa e la capacità dei singoli. Convinzione che lo trasforma in una sorta di seguace di Fayol.

Per poi passare alle riflessioni di :• Peter Ferdinand Drucker (Vienna 19/11/1909 – Claremont 11/11/2005)

Questo famoso economista, secondo il quale sono i manager e il management a far funzionare le istituzioni, definisce il management come :- Disciplina → In quanto insieme di cognizioni ben organizzate- Cultura → In quanto funzione sociale inserita in una società, un'eredità di valori, costumi e credenze che condiziona la cultura da un lato ed è condizionato dalla cultura dall'altro- Pratica → Perché il management consiste nel fare, la sua validità si verifica tramite i risultati e la sua autorevolezza risiede nella realizzazione.

• Henry Mintzberg (Montréal 02/09/1939) Questo studioso propone una visione del management piuttosto lontana da quella di Fayol nel tentativo di offrire una descrizione di tale attività più giustificabile ed utile. In particolare cerca di distogliere il lettore dal classico “programmare, organizzare, coordinare e controllare” proponendo una serie di scostamenti tra miti e realtà nelle pratiche di management. A questo punto è però importante sottolineare che, se da un lato Drucker e Mintzberg tengono conto che le attività manageriali non sono basate solo sulla razionalità assoluta e sull'efficienza economica, dall'altro non assumono come punti di riferimento la dimensione culturale, la complessità della gestione e la motivazione come aspetto strutturale del comportamento umano. Questo perché, nonostante la capacità di critica, nelle loro impostazioni di management prevale costantemente una preoccupazione di tipo normativo.

Tre innovazioni degli anni 801) L'esperienza giapponese

Parliamo della rivoluzione mentale cominciata dalla Toyota e dal suo progettista Ohno. Rivoluzione che si articola in cinque concetti principali :- TQM → Il total quality management è il pilastro della rivoluzione giapponese. Il fine è il superamento della contrapposizione tra efficienza e qualità, il mezzo è un coinvolgimento delle persone volto a creare un clima organizzativo motivante e cooperativo.- JIT → Il just in time è una strategia basata sulla flessibilità delle tecnologie di produzione e sull'abbattimento dei costi di magazzino che enfatizza la logica di fondo della rivoluzione organizzativa portandola al di fuori della fabbrica. Per sostenerla è infatti necessario che l'ambiente intorno all'impresa lo renda possibile.

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- Lean Production → Produzione snella e riduzione massiccia delle ridondanze che avviene anche attraverso la diminuzione dei livelli gerarchici con dosi significative di autonomia ai centri decisionali e sviluppo di logiche di responsabilità (quindi sviluppo di capacità di problem solving del lavoratore e del team).- Kaizen → Miglioramento continuo con possibilità di intervenire sui processi produttivi- Jidoka → Combinazione di automazione tecnologica e possibilità che gli operai intervengano autonomamente sul processo produttivo.

2) Il BPR (Davenport e Short, Hammer e Champy - anni 90)In questo caso si sostiene che a fronte delle nuove sfide poste alle imprese, occorra impostare la riprogettazione della struttura organizzativa attraverso interventi che ridisegnino i processi di business per ottenere miglioramenti drastici in parametri critici come il costo, la qualità o il servizio. Uno degli elementi più innovativi del reegineering è l'attenzione per il cliente, il processo parte infatti dal risultato fornito fino a quel giorno e da quello che si intende fornire in futuro.La reimpostazione dell'attività avviene attraverso 5 fasi principali :- La mappatura dei processi di business- La ridefinizione dei flussi di processo- Riduzione dei livelli gerarchici- Introduzione di logiche di team- Aumento dei contenuti professionali dei ruoli e incremento della discrezionalitàE si pone tre obiettivi principali :- Valorizzazione sia delle tecnologie che del personale- Coinvolgimento di clienti e fornitori per creare una logica di partnership- Adattamento continuo dei processi al mercato

3) L'approccio socio-tecnico (London Tavistock Institute – 1940/1950)Questa teoria propone un concetto di processo di lavoro composto da una dimensione tecnica (macchine e impianti) ed una dimensione psicologico-sociale (persone e lavoro).Gli elementi caratterizzanti di una progettazione organizzativa in tal senso sono :- La logica di ricerca-intervento (non solo analizzare gli interventi, ma anche testarli)- Una scelta progettuale orientata all'ottimizzazione congiunta del livello tecnico e sociale- La progettazione di gruppi di lavoro multifunzionali

Fordismo e post-fordismoAbbiamo notato come la strumentazione di management sia mutata rispetto alle indicazioni tayloriste-fordiste, ma anche come non sia mutata la logica organizzativa di fondo che ne guida la progettazione. Se confrontassimo direttamente le caratteristiche essenziali del controllo fordista e le logiche post fordiste, avremo :

– Da un lato la logica tipicamente taylorista della progettazione dal di fuori, con un gruppo di ingegneri che traducono in un task management i principi scientifici che avevano elaborato.

– Dall'altro la logica di coinvolgimento dei nuovi concetti organizzativi di provenienza giapponese ma anche del Business process reegineering e dell'approccio socio-tecnico.

Il risultato è l'emergere di un dubbio : i tecnici che riprogettavano le mansioni non sono spariti, ma sono semplicemente diventati i lavoratori stessi. Quegli operativi che riprogettano le mansioni nella logica del Kaizen o della ridefinizione dei processi o dalla maggiore efficienza che emerge dalla combinazione ottimale tecnico-sociale. Le imprese si sono quindi limitate ad adattarsi alle nuove logiche dell'ambiente con una notevole flessibilità, ma il cambiamento non ha messo in discussione la continuità con gli obiettivi della OSL taylorista!

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Bisogna però sottolineare che, nel management e nella prassi aziendale, un'evoluzione vi è stata : Fino agli anni '70 Dagli anni '80

• Separazione tra le decisioni di tipo strategico e quelle operative

• Specializzazione delle funzioni• Logiche di coordinamento incentrate

sulla gerarchia• Tendenza a centralizzare le decisioni• Tendenza a creare standard e norme• Sottovalutazione delle dimensioni

culturali, estetiche e intuitive

• Attenzione alla creatività, alla cultura, ai gruppi e alla relazionalità

• Introduzione di strutture di lean organization e configurazioni a network

• Attenzione al rapporto con il cliente alla creazione di valore

• Attenzione alla qualità, all'innovazione e alla flessibilità

La razionalità limitataLa razionalità di Herbert Alexander Simon (Milwaukee 15/06/1916 – Pittsburgh 09/02/2001)Il concetto di razionalità limitata introdotto da Simon, si andò a contrapporre a quello di razionalità assoluta dell'economia classica. A contrario di quest'ultima, la razionalità limitata si basa infatti sul concetto di “Uomo amministrativo”. Colui che :

– Non conosce tutte le alternative– Non conosce le conseguenze delle scelte– Ha limitati poteri di calcolo– Deve tener conto dell'incertezza.

Simon si mantiene critico nei confronti di entrambi i concetti. Secondo lui, mentre l'uomo economico affronta il mondo reale in tutta la sua complessità, quello amministrativo riconosce che la sua percezione è un modello semplificato rispetto al mondo reale. Esso si accontenta di questa semplificazione perché ritiene che il mondo reale e le sue complessità non siano rilevanti per le situazioni particolari che egli deve affrontare. Le sue scelte avvengono quindi utilizzando un'immagine semplificata della situazione, che comprende solo i fattori più rilevanti ed essenziali.NB : Molto critico è anche verso i principi di Fayol che secondo lui si limitano a fornire prescrizioni generiche e astratte.

Il legame mezzi-finiUn punto assolutamente centrale dell'impostazione di Simon è il legame tra fini e mezzi, tra obiettivi e strumenti. Per lui l'azione organizzativa è azione di strutturazione delle attività di coordinamento e controllo, che si realizza attraverso un insieme di programmi d'azione nei quali i fini da raggiungere si concatenano con i mezzi a disposizione. Lo studioso definisce infatti le organizzazioni come schemi di comunicazioni che si stabiliscono in un gruppo di essere umani e che forniscono ad ogni appartenente una buona parte dell'informazione e delle premesse che influenzano le sue decisioni.

Le decisioniSimon distingue le decisioni in :

• Programmate → Quelle che riguardano situazioni relativamente ripetitive, per le quali è possibile definire una routine.

• Non programmate → Quelle nuove, di natura complessa o che sono tanto rilevanti da richiedere un trattamento su misura. Queste rappresentano una delle sfide più significative per ogni impresa e richiedono di favorire ed incoraggiare la creatività e prevedere unità organizzative di R&S.

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Le premesseSimon scompone le decisioni in “decisioni vere e proprie” e “premesse decisionali”.Quest'ultime sono le informazioni, i modelli e le logiche che l'organizzazione offre ai partecipanti e che risultano determinanti nei processi di decisione e azione. L'organizzazione può quindi essere pensata anche come un campo strutturato di premesse finalizzato ad accrescere la razionalità dei partecipanti. Tale razionalità opera dunque nei limiti di un ambiente psicologico che impone agli individui dei fattori sui quali dovranno fondare la loro decisione.Secondo Simon tra queste premesse vi sono anche i ruoli. Questi non sarebbero infatti degli schemi di comportamento (che tolgono razionalità a chi interpreta il ruolo), ma la specificazione di certe premesse (in modo che chi interpreta il ruolo dovrà usare la propria razionalità per realizzare i suoi fini).

Il contributo di James David Thompson (11/01/1920- 01/09/1973)Thompson considera il problema essenziale delle organizzazioni quello di fornire una risposta di razionalità all'incertezza che può provenire sia dall'ambiente che dall'organizzazione stessa.Secondo lui la razionalità è :

– Applicare calcolo e ragione ai comportamenti– Basare le decisioni e le azioni su due elementi :

* I risultati attesi → Nella razionalità assoluta l'ottimo, nella razionalità limitata il soddisfacente.* Il rapporto causa-effetto→ Nella razionalità assoluta ogni effetto ha una sua causa, in quella relativa esiste una scala di rapporti mezzi fini.

L'incertezzaSecondo Thompson l'incertezza rappresenta il problema fondamentale delle organizzazioni complesse e il far fronte all'incertezza è l'essenza del processo amministrativo. Le incertezza in cui si imbattono le organizzazioni derivano da due fonti esterne all'organizzazione ed una interna :

Fontiesterne

La mancanza di conoscenze relative alle relazioni di causa-effetto.

Gli specifici eventi ambientali ai quali l'organizzazione deve reagire

Fonti interne Le carenze di regolazione delle interdipendenze tra le varie componentiQuesta classificazione può sembrare meccanica, ma non bisogna dimenticare che Thompson è stato il primo a considerare unica ogni organizzazione e ogni forma strutturale.

“Non esiste una One Best Way. L'appropriatezza delle valutazioni può essere giudicata solo alla luce delle condizioni, delle variabili e delle incertezze che si presentano all'organizzazione. Inoltre, tali giudizi sono destinati ad essere significativamente influenzati dalle percezioni e dalla credenze

di coloro che partecipano al processo amministrativo”

Coordinamento, interdipendenza e tecnologiaThompson individua una triplice tipologia per il coordinamento :

• Coordinamento per standardizzazione → Attraverso la previsione di routine che vincolano l'azione delle diverse componenti secondo una logica di coerenza rispetto alle altre.

• Coordinamento per programma → Attraverso la previsione di modalità tipiche di risposta a situazioni che possono essere previste con un buon grado di approssimazione.

• Coordinamento per mutuo adattamento → Attraverso lo scambio reciproco di informazioni tra unità durante il processo di azione.

Le modalità di coordinamento sono da intendersi come una scala di tipo cumulativo (il secondo comprende il primo e il terzo i primi due). Questo è essenziale per capire la cristallizzazione delle regole di coordinamento, ovvero la struttura organizzativa. Struttura che viene definita da Thompson non come modello predefinito e vincolante, ma come ordinamento del processo di coordinamento e controllo.NB : I tipi di coordinamento, secondo l'ordine in cui sono elencati, richiedono oneri crescenti di comunicazione e decisioni. Comportano quindi costi rilevanti.

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Lo studioso definisce poi tre tipologie di interdipendenza interna tra componenti organizzative :– Interdipendenza per accumulazione →

Ogni componente contribuisce attraverso il proprio contributo e riceve supporto dalle altre (interdipendenza coerente con il coordinamento per standardizzazione).

– Interdipendenza sequenziale →Gli output di una componente diventano gli input di un'altra unità.(interdipendenza coerente con il coordinamento per programma).

– Interdipendenza reciproca →Gli output di una componente diventano gli input di un'altra unità e viceversa.(interdipendenza coerente con il coordinamento per mutuo adattamento).

NB : Le modalità di interdipendenza sono da intendersi come una scala di tipo cumulativo.Thompson definisce la tecnologia nei termini di razionalità tecnica. In sostanza la ritiene costituita da quel complesso di conoscenze in merito ai rapporti di causa-effetto tra le variabili che contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi attesi.Individua, a questo proposito, tre varietà di tecnologie :

• Tecnologie di concatenamento → Sono le tecnologie in uso dove i processi di produzione implicano interdipendenza seriale tra le attività lungo i processi.

• Tecnologie di mediazione → Sono le tecnologie in uso in realtà che si occupano di collegare nello spazio utenti che sono o intendono essere interdipendenti.

• Tecnologie intensive → Sono le tecnologie in uso soprattutto in quelle realtà in cui esiste una pluralità di tecniche atte a realizzare un cambiamento in un certo specifico oggetto la dove le operazioni sono determinate dal feedback proveniente dall'oggetto stesso.

Thompson avverte che la razionalità tecnica è un'astrazione valida solo sul piano teorico. Infatti, nel momento in cui si traduce in azione, comporta problemi di controllo sulle risorse. L'implicazione più rilevante è la tendenza delle organizzazioni di proteggere i propri nuclei tecnologici dalla influenze esterne. Infine, un altro aspetto interessante del pensiero di Thompson è la sua definizione della razionalità organizzativa come combinazione di tre tipi di razionalità :

– La razionalità tecnica– La razionalità manageriale– La razionalità istituzionale

L'azione organizzativaPer quanto riguarda la valutazione dell'azione organizzativa, partendo dal concetto di razionalità limitata, individua due dimensioni di riferimento :

• Gli standard di desiderabilità dei risultati → La valutazione implica la determinazione sia dei risultati effettivi che di quelli desiderabili. La desiderabilità dei risultati può variare da un caso in cui possono dirsi cristallizzati (contesto certo in cui è facile dire cosa è desiderabile e cosa no) ad uno in cui devono dirsi ambigui (contesto incerto in cui gli standard di desiderabilità provengono dalle culture).

• Le credenze relative alla conoscenza delle relazioni di causa-effetto → In questo caso bisogna distinguere se le conoscenze relative alle relazioni causa-effetto sono complete o incomplete.

Si vedano al riguardo le due tabelle : Strategie di valutazione

Standarddi

desiderabilità

Credenze relative alla conoscenzadelle relazioni di causa-effetto

Complete Incomplete

Cristallizzati Test di efficienza Test di efficacia

Ambigui Criteri empirici e sociali Criteri empirici e sociali

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Strategie decisionali

Credenze relative alla conoscenza

delle relazioni di causa-effetto

Preferenze relative ai risultati possibili

Certezza Incertezza

Certezza Strategia di calcolo Strategia di compromesso

Incertezza Strategia di giudizio Strategia di intuito

Il controllo dell'incertezza ambientaleNell'analisi di Thompson, l'ambiente costituisce il risultato di un processo di scelta dell'organizzazione, la quale definisce il proprio campo di azione in merito all'approvvigionamento delle risorse, ai prodotti realizzati ed ai destinatari a cui si rivolge. Rispetto alla definizione degli obiettivi dell'organizzazione, la questione del consenso sul campo d'azione assume così particolare rilievo.Rispetto all'azione organizzativa nel suo complesso Thompson distingue poi tre piani :

• Piano di azione istituzionale → Relativo alle scelte sul campo d'azione• Piano di azione tecnico → Relativo alle conoscenze tecniche strumentali• Piano di azione strutturale → Relativo alla regolazione del processo in rapporto con il livello

tecnico e istituzionale. In particolare le scelte di strutturazione costituiscono l'elemento centrale della razionalità organizzativa. Sono infatti scelte che definiscono le modalità attraverso le quali l'organizzazione fronteggia e tenta di ridurre l'incertezza implicata dalle scelte di campo d'azione e dalla scelte tecniche. Questo schema ha diversi pregi :

• Non concepisce l'ambiente come elemento preesistente all'organizzazione• Non concepisce la struttura organizzativa come il risultato di un processo di adeguamento

all'ambiente (ma come portato di un processo di scelta del campo d'azione).• Fornisce una maggiore prospettiva di riferimento per l'analisi delle relazioni tra scelte

tecniche, manageriali e istituzionali.

La razionalità delle imprese e del mercatoL'ambiente ed il mercato non sono affrontabili solo sulla base di logiche razionali. Si richiedono spesso atteggiamenti di tipo adattivo ed evolutivo, di un apprendimento organizzativo aperto ai fenomeni non prevedibili e non razionalizzabili. La razionalità organizzativa è guida per :

– Individuare i percorsi delle prestazioni competitive sia in termini di decisioni che di azioni– Economizzare le risorse ed individuare ipotesi per un loro accrescimento– Valutare le varie alternative in ordine all'aumento dell'efficienza

Una guida che però deve combinarsi con una dimensione a-razionale, quella dell'apprendimento evolutivo che non fa riferimento a calcoli razionali.Ritornando all'ambiente e al mercato dobbiamo ancora parlare di due punti fondamentali :

• La teoria dei costi di transazioneSecondo la TCT, può esservi efficienza sia con il mercato che con l'impresa o anche con forme miste. Ovviamente a certe determinate condizioni; molto dipende infatti dalla qualità organizzativa del mercato, delle imprese o delle forme miste. Mentre al livello teorico le tre forme sono alternative, nella realtà operano contemporaneamente. In pratica, l'intensità e la qualità del coordinamento sono il risultato di ciò che si sviluppa nel mercato, di quello che avviene nell'impresa e del ruolo delle forme miste.

• La concorrenza del mercatoIl mercato può svolgere efficacemente il suo ruolo solo se è un mercato veramente concorrenziale. “Quando le imprese operano in mercati non competitivi e sono guidate da manager che non devono rendere conto a nessuno, possiamo smettere di considerarle un incarnazione del libero mercato perché in realtà sono piccole economie pianificate”.

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La razionalità relativa In tutti i casi fin'ora analizzati, la guida del comportamento dentro le organizzazioni era il calcolo mezzi-fini (con razionalità assoluta o limitata, ma sempre calcolo). La scuola di pensiero che introduciamo ora da invece poca importanza al concetto di razionalità e mette in primo piano il comportamento del soggetto (razionale o meno).

L'attivazione dell'ambienteA Karl Edward Weick (31/11/1936) si devono alcuni concetti interpretativi particolarmente significativi :

• Enacted environment (attivare l'ambiente) → L'ambiente viene reso reale ed effettivo dalla nostra percezione.

• Sensemaking (dare senso ai concetti con l'azione) → Gli attori organizzativi danno un senso alle loro esperienze e così facendo vi danno un ordine, dando vita all'organizzazione.

• Loosely coupling (connessione lasca) → Due sistemi uniti da poche variabili o da variabili deboli vengono definiti loosely coupling perché se una delle variabili viene disturbata, il disturbo tende ad essere limitato piuttosto che a ramificarsi (e se si ramifica ci mette più tempo ad influenzare le altre variabili).

L'attivazione dell'ambiente è sicuramente uno dei concetti più rilevanti. Gli aspetti essenziali sono :1) La realtà non esiste per l'individuo fino a che l'individuo stesso non gli da un senso2) L'organizzazione è pro-attiva nei confronti dell'esterno3) Il processo di attivazione può essere inconscio o deliberato

I simboli nell'organizzazioneTanto più i legami sono laschi, tanto più i soggetti sono portati a impegnarsi in uno sforzo di costruzione della realtà sociale. Questo concetto apre la strada del “simbolismo organizzativo”, inteso come una gestione strategica del patrimonio culturale e simbolico dell'organizzazione. In effetti vi sono alcune attività cerimoniali che hanno ben poco di decisionale : attività di consulenza, incontri periodici tra l'azienda e le parti sociali, procedure contabili etc...I simboli e l'immagine sono un momento di sopravvivenza dell'impresa, perché il futuro dipende in misura essenziale da ciò che l'impresa riesce ad acquisire dall'esterno. La dipendenza delle risorse che provengono dall'ambiente tende anche a plasmare il modo in cui l'organizzazione è strutturata.

Le organizzazioni come costruzioni socialiAttraverso un percorso di Sensemaking, gli attori delle organizzazioni danno un senso al sistema organizzativo e così facendo lo reificano. In sostanza, considerano una cosa autonoma l'organizzazione stessa e le danno razionalità ex post, come risultato di un processo di creazione. E' un concetto molto vicino a quello del “processo di oggettivazione” di Peter Ludwig Berger (Vienna 17/03/1929) e Thomas Luckmann (Jesenice 14/10/1927). Quando gli individui attivano l'ambiente, essi danno un senso alle proprie azioni mediante i processi di costruzione della realtà, che viene prodotta attraverso il processo di reificazione (per Weick) o oggettivazione (per B. e L.). Le organizzazioni sono quindi considerate come reti di significati costruiti, interpretati e comunicati collettivamente. Da questo concetto nascono tre temi fondamentali :

– I soggetti che operano nelle organizzazioni creano i significati attraverso simboli, rituali etc– I gruppi producono una molteplicità di significati e li interpretano anche sulla base del loro

contesto culturale– Le interpretazioni dei significati proposti dagli individui e dai gruppi si mescolano creando

la realtà organizzativaTale realtà si oggettivizza introducendo fenomeni di stabilità, ma risultando sempre instabile perché soggetta ad una dinamica dei significati.

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Berger e Luckmann evidenziano infatti quanto sia importante tenere a mente che l'oggettività dell'organizzazione è un'oggettività umanamente costruita. Nell'esperienza umana, la realtà sociale è oggettiva, ma in verità non acquista uno stato ontologico indipendente dall'attività umana che l'ha prodotta. E' il paradosso dell'uomo che crea un mondo che poi gli si offre all'esperienza come qualcosa di diverso da un prodotto umano. In pratica l'organizzazione diventa un qualcosa che si è separato dai soggetti che hanno prodotto i fatti organizzativi e in quanto realtà oggettivata si pone come fatto esterno e coercitivo. In sintesi la realtà organizzativa è qualcosa di costruito, ma non per questo è meno reale e costrittiva nei confronti degli attori.Siamo così arrivata alla teoria del costruttivismo sociale, teoria che si concentra sulle relazioni interpersonali, sul potere visto come elemento relazionale e sulla cultura e gli elementi simbolici.Un'estremizzazione di tale teoria è il cosiddetto interpretazionismo, che intende dar voce primariamente ai membri dell'organizzazione che stanno concretamente facendo esperienza del fenomeno.

La cultura organizzativaLa cultura organizzativa è uno strumento di forte coordinamento. Questo perché l'ambiente organizzativo definisce un repertorio di modelli di comportamento e così molte scelte avvengono seguendo tali modelli. Edgar Henry Schein (1928) definisce infatti la cultura come “un insieme di assunti fondamentali che un dato gruppo ha sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno ed integrazione interna e che hanno funzionato abbastanza bene da poter esser considerati validi”. La cultura è quindi un forte meccanismo di influenza dei comportamenti individuali, molto legato anche al concetto di attivazione. In particolare, la cultura organizzativa :

– Definisce il modo corretto di fare le cose, ma anche di pensare e vedere tanto l'ambiente esterno ed interno.

– Diventa il modo di interpretare la realtà secondo modalità proprie e specifiche di ogni organizzazione.

– E' un sistema condiviso di assegnazione di significato al reale che da un lato consente di fare cose e dall'altro crea le condizioni per non farne altre

Bisogna però considerare che nelle organizzazioni si ritrovano diverse culture professionali che creano situazioni in cui il singolo si identifica da un lato con la cultura della sua categoria professionale e dall'altro con la cultura dell'organizzazione. Anche le variabili esterne incidono poi sul comportamento dell'organizzazione che per incontrare il sostegno dell'ambiente incorpora la sua cultura e la razionalizza andando però a modificare i propri assetti comportamentali.Concludendo possiamo dire che la cultura si forma in gruppo e più i gruppi sviluppano esperienze comuni, più si consolida e si sviluppa la cultura. Questa arriva a risolvere problemi e a gestire la difesa dall'incertezza dei partecipanti al gruppo.

L'istituzionalizzazioneNell'interazione sociale si producono regolarità di comportamento che con il passare del tempo sedimentano e scaturiscono effetti vincolanti sulle persone. L'organizzazione-istituzione diventa così un qualcosa che si separa dai soggetti che lo hanno prodotto. Può addirittura accadere che questo processo porti a dimenticarsi dei fini per i quali l'organizzazione era stata fondata : le istituzioni possono infatti avere un ruolo sociale non per quelle che fanno, ma per il fatto di farlo.In questo modo ciò che conta non è più il risultato ma la sopravvivenza dell'organizzazione a prescindere da tutto, nell'interesse di chi continua a parteciparvi e dell'ambiente che la sostiene.Il processo di istituzionalizzazione è una tendenza che esiste in tutte le organizzazioni e che implica la marginalizzazione di valori importanti come la tensione al raggiungimento degli obiettivi, l'uso efficiente delle risorse e un rapporto pro-attivo con l'ambiente. E' quindi un processo che spesso si pone come anticamera del fallimento delle imprese. “Nell'istituzione tutti gli elementi concorrono al rafforzamento dell status quo, ma nel frattempo la

società si muove e l'organizzazione rimane incapace o riluttante a riconoscerlo.”

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Il Garbage CanVerso la metà degli anni '70 i concetti di Simon e Thompson cominciarono a penetrare. Non fu poi difficile passare dalla costatazione che la razionalità fosse limitata, al rimettere in discussione la razionalità in quanto tale. Questo passo fu compiuto nel 1976 da James Gardner March (1928 Cleveland) con il cosiddetto modello Garbage Can (cestino dei rifiuti).Questo modello parte dall'ipotesi che la razionalità assunta nel processo delle decisioni e azioni imprenditoriali sia talmente limitata e condizionata da logiche di potere, da rasentare l'anarchia. Ciò malgrado le soluzioni si trovano e spesso funzionano. Ciò starebbe a significare che nonostante l'assenza di razionalità, sono prese decisioni, vengono affrontati problemi e sono individuate ed applicate soluzioni. Di qui una concezione che considera le organizzazioni come anarchie organizzate :

– Con processi decisionali che non sono caratterizzati da sequenze logiche preordinate– Con decisioni che sono frutto di flussi indipendenti di eventi– Con strumenti di assunzione delle decisioni che assomigliano a cestini dei rifiuti nei quali i

decisori buttano problemi e le loro soluzioni per poi decidere a caso– Con la qualità delle decisioni che dipende da quanti e quali le occasioni di decisioni (i

cestini) e quali sono i problemi e le loro ipotesi di soluzione (i rifiuti).– Con una parte delle decisioni che vengono prese in forma routinaria ed altra parte in forma

casuale– Con le decisioni che scaturiscono dall'interazione di 4 elementi indipendenti : problemi,

soluzioni, decisori e opportunità di scelte.In sostanza il processo di decisione è come un cestino dei rifiuti, ma non è completamente casuale :

• Dipende da relazioni riguardanti l'energia associabile ad ogni scelta e al sistema• Dipende dalla struttura organizzativa che influenza il livello di attenzione dei partecipanti, le

condizioni di avvio e le regole del processo.Il Garbage can è un modello che è stato in grado di mettere in luce alcune interessanti implicazioni dei processi decisionali collettivi, come la tendenza ad applicare soluzioni preconfezionate a problemi di ogni genere o quella di evitare i problemi più difficili nella speranza che vengano affrontati da altri membri. Questi meccanismi sono fondamentali per la comprensione dei processi decisionali collettivi e sfuggono ai modelli pensati per gli individui.

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Ambiente, Soggetti e strutturaIndicare i tre protagonisti del fenomeno organizzativo in questo modo è il risultato di una scelta che dipende da due aspetti coessenziali :

– Consideriamo i soggetti e la struttura come due dimensioni di analisi coessenziali per capire le condizioni che rendono possibile il processo organizzativo di decisioni e azioni.

– Consideriamo l'organizzazione come una realtà sociale caratterizzata da processi concreti di decisioni e azioni, finalizzati e regolati nel tempo per ridurre l'incertezza ed aumentare la razionalità dei partecipanti.

In coerenza con questi due aspetti analizzeremo l'ambiente nel quale le organizzazioni operano (non come dimensione esterna che ne determina i comportamenti, ma come insieme di organizzazioni che si confrontano dinamicamente), i soggetti che finalizzano il processo di decisioni e azioni (non come risorse umano, ma come protagonisti dei processi di decisione-azione) e la struttura (come insieme di regole che si creano e manifestano in processo di regolazione/strutturazione).

L'ambienteI problemi dell'impresa nei confronti dell'ambiente nascono quando :

– Il sistema diventa turbolento e comincia a globalizzare– La concorrenza comincia a diventare imprevedibile– Le istituzioni appaiono non sufficientemente efficienti ed efficacia– Il consumatore è poco influenzabile

Le imprese si pongono così il problema ambiente e vengono costruite alcune importanti teorie. La maggior parte compiono cadono però in equivoco di fondo : considerano l'ambiente come qualcosa di astratto e indipendente, anche se in realtà non è altro che il luogo dove operano le altre organizzazioni.

Taylor e FordSi tende spesso a sottovalutare che taylorismo e fordismo debbano molto ad un particolare rapporto impresa-ambiente. Questo succede perché si considera l'ambiente del periodo fordista come sostanzialmente prevedibile, non in riferimento al periodo storico ma alla domanda di beni che era in crescita esponenziale e permetteva a qualsiasi produzione di essere assorbita.Nello specifico parliamo quindi di mercato prevedibile quando :

– L'unico problema è attrezzare la maggior capacità produttiva possibile– La concorrenza è spesso molto limitata– Le grandi dimensioni e la verticalizzazione sono una necessità

Ritornando a Taylor e Ford, si potrebbe pensare che le loro logiche siano esclusivamente In realtà però, l'organizzazione del lavoro di Taylor e l'intervento sui processi produttivi di Ford, hanno avuto un riconoscimento dall'ambiente che è stato essenziale per il loro successo.In pratica hanno dato vita a due patti sociali :

• Allo scientific management di Taylor è stato riconosciuto che a fronte della razionalizzazione del lavoro nelle fabbriche, i coinvolti avrebbero dato il loro consenso minimizzando la conflittualità dentro e fuori le imprese.

• Grazie al process engineering di Ford l'ambiente ha accettato e voluto che l'etica dell'impresa (del profitto, della produzione e dello sviluppo) diventasse centrale anche a livello sociale.

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Progettazione/esecuzioneStudio tempi e metodi

One best wayL'uomo giusto al posto giusto

Parcellizzazione delle mansioniSemplicità, ripetitività e prevedibilità del lavoro

Task management e addestramento

Catena di montaggioMercato prevedibile ed in crescita

Standardizzazione del prodotto e dell'attivitàProduzione e consumo di massa

Ford, nera, modello T

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Questo paradigma fordista si è consolidato negli anni '20 e '30 per poi proseguire almeno sino alla metà degli anni '70. In quel periodo i patti hanno iniziato a venir meno. Prima con le tante trasformazioni sociali degli anni '60, poi con i grandi coinvolgimenti economici del '70, quindi con la crisi prima (anni '80) e il boom poi dell'economia USA (anni '90).

Dalla one best way alla one best fitTra le varie teorizzazioni post-tayloriste, è importante analizzare l'approccio all'ambiente della scuola contingentista, rappresentata da Lawrence e Lorsch.I contingentisti considerano infatti l'ambiente non solo come un qualcosa di esterno, non modificabile e poco influenzabile; ma addirittura come il fattore che guida le scelte fondamentali dell'organizzazione (il settore, le tecnologie etc). Secondo tale visione sono quindi le imprese a doversi adattare alle contingenze dell'ambiente progettando una struttura e dei meccanismi operativi coerenti, in pratica occorre un matching tra le caratteristiche dell'ambiente e le caratteristiche organizzative. Ovviamente tra gli obiettivi strategici dell'impresa vi è anche quello di influenzare l'ambiente, ma questo è considerato più forte della singola impresa. Ne l'ambiente ne l'organizzazione delle imprese sono poi qualcosa di statico. Alla dinamica ambientale le imprese devono rispondere con innovazioni organizzative altrettanto dinamiche. Non esiste più unico modo efficiente di produrre, un unico modello di capitalismo o un unico modello di società. Si passa dalla one best way alla one best fit, cioè al miglior adattamento all'ambiente possibile. Parlando di contingentismo non si può trascurare il “contingentismo tecnologico” di Woodward, una variante che pone l'attenzione sulla tecnologia e per la quale :

– La tecnologia è un elemento esterno ed autonomo rispetto alle scelte organizzative e al cambiamento sociale

– La tecnologia impatta sulle strutture con un ruolo di determinazione– Il compito del management è quello di adeguare l'organizzazione ai vincoli tecnologici– La tecnologia è la soluzione a tutti i problemi della produzione– La componente umana deve adeguarsi alle esigenze dell'organizzazione

L'ambiente protagonistaSe consideriamo l'ambiente come protagonista, allora è necessario analizzare le principali teorie che lo riguardano :

– Il neo-istituzionalismo → Introduce il concetto di campo organizzativo (l'area che svolge nei confronti dell'impresa la parte più significativa di pressione e che va indagata a fondo).

– Il modello di dipendenza dalle risorse → Si preoccupa di analizzare le risorse attraverso le quali l'ambiente tende a controllare le imprese e la strategia che le imprese possono seguire per gestire e limitare i condizionamenti operati dalle risorse.

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Dietro lo scientific management :- Scienza, non empirismo- Armonia, non discordia

- Cooperazione, non spirito individualistico- Massima ricchezza, non limitazione produzione

Dietro il process engineering :- 5$ per 8 ore

- Coerenza tra filosofia della fabbrica e della società- Produzione e consumi di massa secondo

politiche economiche espansive- Centralità della cultura d'impresa

- Inizio del Welfare State

DUE PATTI SOCIALICONVERGENTI

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– La teoria ecologica delle popolazioni → Pone l'attenzione sull'andamento che caratterizza, nella lotta per le risorse ambientali, intere categorie di organizzazioni all'interno di nicchie ecologiche. E' dentro queste nicchie che l'ambiente seleziona le imprese che meglio corrispondono alle esigenze dell'ambiente stesso.

– La teoria delle complessità → Riprende i temi dei sistemi e della complessità dicendo in sostanza, che ogni cambiamento, anche minimo, in una parte di un sistema fortemente interconnesso può provocare ripercussioni in parti anche lontane del sistema, che enfatizzano ulteriormente la sua complessità.

L'interrogativo più grosso però rimane ancora : l'impresa può scegliere il proprio ambiente ?Una risposta cerca di fornirla la TCT (teoria dei costi di transazione) definendo l'impresa non come un'organizzazione che deve massimizzare l'efficienza di quello che produce direttamente, ma come una struttura di governo di scelte che riguardano innanzitutto il make or buy. L'organizzazione passa quindi dalla logica dei problemi della singola impresa, a quella di un sistema di imprese a network che nel loro insieme definiscono la strategia ed affrontano l'ambiente (sulla base di una valutazione di tipo economico). E' infine importante sottolineare come la TCT non sia teoria pura, ma dia una mano a calcolare assumendo ipotesi realistiche come la razionalità limitata o l'opportunismo degli operatori.

Riassumendo...All'aumentare della complessità dell'ambiente siamo passati dalla One Best Way alla One Best Fit per arrivare infine alla TCT. In tutti e tre i casi sembra che l'impresa non possa davvero scegliere il proprio ambiente e, con intensità diverse, sia costretta ad adattarsi. Ci sono però dei casi i sono stati gli imprenditori a creare il proprio ambiente attraverso :

– Una forte capacità imprenditoriale– Una decisa operazione di acquisizione delle risorse– Un'eccezionale capacità imprenditoriale di creare l'ambiente

Il campo d'azione ed il task environmentPuò invece essere considerata una buona risposta all'interrogativo quella di Thompson con i concetti di campo d'azione e task environment. Questi identificano i punti dell'ambiente con i quali l'impresa interagisce e dai quali l'organizzazione deve avere necessariamente il consenso. Più precisamente, si potrebbe dire che il campo d'azione è un atto (la decisione unilaterale dell'impresa che sceglie il campo d'azione) e il task environment un fatto (la realtà con la quale l'impresa si trova ad essere in rapporto una volta scelto il campo d'azione). Ovviamente oltre a questi due concetti rimane rilevante l'ambiente più generale (quello con il quale l'organizzazione non ha ancora rapporti ma che influenza e influenzerà l'organizzazione) e il rapporto con le altre organizzazioni (di competizione, collaborazione etc). Questo è un punto essenziale della teoria di Thompson, secondo il quale :“L'ambiente con il quale l'impresa non ha rapporti significativi esiste ed è una realtà concreta, ma dal punto di vista dell'organizzazione è ancora solo potenziale. Invece il campo d'azione e il task

environment sono veri e propri caratteri distintivi dell'impresa che li ha scelti.”Un altro punto fondamentale è quello del consenso. Infatti è vero che l'impresa sceglie il campo d'azione esercitando una vera e propria opzione strategica, ma questa non diventa sua fino a quando il task environment non esprime consenso su tale opzione.

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TCT (Coase/Williamson)L'attività essenziale dell'impresa non è tanto produrre direttamente quanto gestire la governance

del make or buy. Così facendo passa dai costi di produzione ai costi di transazioni.Quest'ultimi possono essere minimizzati attraverso vari sistemi con i clan, le alleanze etc. In sostanza, l'impresa decide se comprare sul mercato, produrre in casa o creare una rete

di fornitori di fiducia. Al limite può decidere se essere la testa di una rete di imprese la cuifunzione di produzione può essere vista solo nel suo insieme.

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I confini organizzativiIl task environment esprime nei confronti dell'impresa dei rapporti di potere e di dipendenza che vanno gestiti. L'impresa ha bisogno di risorse essenziali che l'ambiente con quale ha rapporti può fornire, ma ad un prezzo. Questo punto critico può essere gestito in chiave di dominio o di collaborazione. Questo concetto rimette in discussione una definizione fondamentale, quella dei confini organizzativi. La logica delle alleanze strategiche, della produzione in network e del confronto tra le organizzazioni costringe a considerare i confini organizzativi come una sorta di porosità. Un confine mobile che non divide e non unisce le organizzazioni, ma le collega in un modo nuovo. Ormai ha senso parlare di confini organizzativi solo se si accetta che il disegno di tali confini sia fuori dal controllo dei decisori interni.Infatti chi è dentro l'organizzazione dovrebbe definire il suo confine :

– Come adattamento alle pressioni che provengono dall'ambiente– Come flessibilizzazione alle leggi del mercato– Come resistenza ai tentativi di influenza-condizionamento dei troppi stakeholder

Queste tre dimensioni propongono un'interpretazione positivista del fenomeno impresa, un'interpretazione molto legata alle logiche tayloristico-fordiste. Ci siamo quindi allontanati dalle logiche di Barnard, Simon e Thompson. Logiche che considerano il tema dei confini un falso problema e secondo le quali :

• Le imprese sono decisioni e azioni che si sviluppano ed evolvendo si strutturano• Le imprese sono processi di decisioni e azioni che costruiscono il loro campo d'azione e

costruendolo definiscono le relazioni con l'ambiente• Le imprese sono insieme di capacità di disegno e progettazione del campo d'azione,

attraverso un processo di incorporazione di risorse e competenze• Le imprese sono processi di incorporazione che definiscono i rapporti con altri processi

tramite scelte di struttura • Le imprese sono formazioni sociali rilevanti che come confine hanno la loro capacità di far

evolvere processi di sviluppo e mantenimento delle conoscenze nonché di apertura all'ambiente come fonte di incertezza ma anche di risorse

Questi aspetti sono tipici dell'ambiente socio-economico post-fordista. Questo ambiente è caratterizzato da una serie di fenomeni principali :

– La nuova turbolenza dei mercati e dei consumatori– La forte dinamica delle trasformazioni sociali– Le relazioni industriali sempre più conflittuali– L'avvio di processi di ristrutturazione e de-industrializzazione– Il decentramento produttivo verso paesi che offrono costi sociali ed ambientali minori– Globalizzazione, terziarizzazione e finanziarizzazione dell'economia– Sviluppo tecnologico e informatico

Il cambiamento di paradigma tra fordismo e post-fordismo è un argomento molto contraddittorio, caratterizzato da un confronto che ha molto di astratto. Tuttavia è così riassumibile :

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L'organizzazione è una macchinarazionale per produrre beni e servizi

Fordismo- Produzione standard

- Mercato di massa- Grande fabbrica- Impresa integrata

- Mercati oligopolistici

L'organizzazione è una modalità per gestire l'incertezza,per dare applicazione alle decisioni, per risolvere problemi,

per supplire alla limitatezza della ragione umana,per mettere in pista una razionalità intenzionale anche se limitata

Post-fordismo- Mutamenti sociali ed economici sempre più

vorticosi e meno controllabili- Volatilità degli orientamenti di mercato e

delle propensioni di acquisto

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I SOGGETTI Chi sono i soggetti ?

I soggetti sono i protagonisti delle organizzazioni che, in relazione alle loro potenzialità e al loro potere, orientano verso un risultato il processo di decisioni e azioni.

Si sta in sostanza parlando :– Dei soggetti che danno intenzionalità ai processi di decisione e azione (Simon e Thompson)– Degli informants della visione soggettiva (Weick)– Di quelli che svolgono mansioni e ruoli, ma nel farlo rischiano di provocare delle devianze o

di non valorizzare la propria discrezionalità (visione positivista)Tuttavia, se volessimo individuarli in maniera più specifica, ci accorgeremmo che nessun termine (soggetti, attori o risorse umane) è davvero adeguato e tutti presentano un margine di ambiguità.Tra questi, il termine “risorse umane” è quello andato più di moda negli ultimi anni o almeno fino a che non si è capito che in questo modo si tendeva a dimenticare che tali risorse fossero persone.Siamo così arrivati ad una conclusione importante : i soggetti che danno intenzionalità alle decisioni e agiscono nelle organizzazioni sono persone. Persone che, oltre ad essere portatrici di motivazioni e pulsioni, spesso esercitano discrezionalità non solo a livello manageriale ma anche operativo e possono pertanto costituire elementi di incertezza. Secondo Elton George Mayo (26/12/1880 – 07/09/1949), uno dei fondatori della scuola delle relazioni umane, il management deve aiutare i lavoratori ad essere più razionali. Da questa affermazione possono nascere diversi interrogativi :

Le persone non sono razionali e i loro comportamenti vanno ricondotti alla razionalità dai manager ? Ma allora chi riconduce i manager alla razionalità dell'organizzazione ?

Le risposte sono molto semplici nella logica tayloristae ancora più semplici se seguiamo i tre livelli di responsabilità proposti daTalcott Parsons (13/121902 – 8/05/1979) :E' necessario però prendere atto che in tempi di instabilità e discontinuità dell'ambiente competitivo, le capacità e le competenze che si richiedono nei tre livelli cambino in modo significativo. Non si richiederà più specializzazione, rigidità procedurale, capacità tecniche e amministrative etc, ma soprattutto capacità di apprendimento, di comunicazione, di collaborazione, di imprenditorialità nell'assunzione di rischi, di adesione agli obiettivi dell'impresa, di flessibilità e disponibilità al cambiamento. Inoltre diventeranno sempre più rilevanti la valorizzazione e lo sviluppo di competenze distintive sia a livello tecnico professionale che relazionale.E' perciò particolarmente diffusa la convinzione che sia il livello dei ruoli manageriali che quello tecnico operativo siano estremamente complicati nella concreta gestione delle imprese.E ciò in particolare perché :

– La flessibilità dei programmi produttivi e delle tecnologie rende necessaria una flessibilità delle risorse umane ad entrambi i livelli

– Il fulcro della progettazione organizzativa diventerebbe sempre di più la rilevazione e la valutazione delle competenze delle persone come mezzo per incentivare l'azione orientata al problem solving, all'innovazione e all'assunzione di responsabilità

– L'impresa metterebbe al centro della responsabilità delle persone non tanto lo svolgimento dei compiti predefiniti quanto dei comportamenti orientati dall'esercizio della discrezionalità.

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Livello tecnico → Somma tutti i ruoli operativi, produttivi ed esecutiviLivello politico-istituzionale → Il top management raccorda l'impresa con l'ambiente

esterno e si assume le responsabilità della strategiaLivello manageriale → Raccorda gli altri due livelli e coordina e

controlla l'operato del livello tecnico.

Gli operativi devono seguire il task management e le indicazioni dei manager.I manager devono fare riferimento ai principi di direzione di Fayol,

agli studi di management e agli ordini del top management

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Livelli di responsabilitàUna visione più articolata viene dalla teoria contingentista che attribuisce all'ambiente il ruolo di forza prioritaria e al top management quello di cogliere le dinamiche ambientali. Anche questa, agli interrogativi posti in precedenza, da delle risposte abbastanza semplici. Se non altro perché :

– Viene mantenuto separato il livello della progettazione da quello dell'esecuzione– Il ruolo della gerarchia quando sorgono i problemi è considerato centrale– Il quadro motivazionale delle persone è assunto come relativamente semplice– Non ci si pone il problema della distribuzione del potere

Quest'ultimo punto è molto importante : si assume l'ipotesi che il potere sia dell'impresa e che i manager lo esercito in nome e per conto di essa. Il top management avendo la responsabilità delle scelte di strategia nell'interesse degli azionisti e il middle management gestendo i processi di coordinamento e controllo nel quadro delle architetture strutturali progettate dal top.Si può così dire che il top management è razionale se riesce a rendere flessibile l'impresa rispetto alle esigenze ambientali e progetta la struttura organizzativa in modo conseguente. Il middle invece, visti i problemi di conoscenza-capacità-obiettivi, ha come unica soluzione ai suoi problemi la capacità del top di progettare architetture strutturali all'interno delle quali il middle possa muoversi per risolvere i propri problemi.Ritornando all'impostazione contingentista, possiamo dire che sia innanzitutto di tipo normativo. Potremmo quindi semplificarla in questi pochi punti :

– L'ambiente (visto come un mercato concorrenziale) seleziona le imprese migliori– Il top management progetta le regole di struttura più efficaci ed efficienti in quanto coerenti

con le dinamiche ambientali– Il middle management gestisce queste scelte per delega del top management e garantisce il

raccordo con il livello tecnico operativo che esegue le indicazioni delle progettazioni – I tecnici vanno considerati come una risorsa sempre più pregiata, ma il loro coordinamento e

controllo (affidato al middle) è sempre più difficile– Purtroppo in ogni impresa un certo numero di persone continuerà a svolgere mansioni

esecutive, in una sempre più evidente marginalizzazione dai processi decisionaliOvviamente a ogni livello le cose non stanno ferme, ma le complicazioni possono essere affrontate nell'interesse superiore della stabilità della società nel suo insieme. Tutto ciò se si riesce a far penetrare a tutti i livelli dell'impresa alcuni valori di fondo : efficienza, economicità e perseguimento di un interesse comune. Nella realtà infatti, l'impresa astratta nel cui nome si fanno le cose non esiste, mentre esistono le coalizioni dominanti nel cui interesse i manager gestiscono. Questo è il tema centrale per capire le condizioni in cui operano le risorse umane; per affrontarlo ritorniamo all'argomento dei livelli di Parsons. Anche Thompson e Touraine fanno riferimento a tre livelli che per entrambi rappresentano momenti o linee d'azione organizzativa, strumentali al perseguimento dei fini dell'organizzazione. Queste tre linee d'azione sono da considerarsi coessenziali perché si possa concretizzare la razionalità organizzativa, ovvero la capacità di affrontare i problemi e tentare di risolversi. L'organizzazione si struttura al suo interno in relazione alle capacità tecniche/manageriali attivate e si rapporta con l'esterno sulla base di azioni istituzionali che sono il risultato dei rapporti potere/dipendenza che si riescono ad attivare. In sintesi :

1) L'azione istituzionale → Finalizzata alla scelta del campo d'azione e dell'ambiente di riferimento con il quale si instaurano relazioni che vanno accettate

2) L'azione tecnica → Assume, sviluppa e mette a disposizione le conoscenze strumentali per il conseguimento degli obiettivi.

3) L'azione strutturale-manageriale → Mette a disposizione le norme, le regole e le strutture che ordinano le altre due azioni.

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Il potereL'agire organizzativo richiede sempre potere : nei confronti del campo d'azione per strutturarlo e delle conoscenze per usarle e dominarle. Un potere che può essere autorità, scambio e influenza,ma anche coercizione, violenza e sopraffazione. I tipi principali sono tre :

– Il potere come autorità– Il potere come scambio asimmetrico di risorse– Il potere come influenza delle mappe cognitive

Il potere tende a manifestarsi tramite l'indirizzo e il controllo. In particolare si manifesta come un rapporto ineguale e squilibrato (da un lato c'è abbondanza di risorse e dall'altro mancanza) che può anche consolidarsi tramite l'uso e l'abuso del ruolo che uno ricopre in un'organizzazione. Si tratta quindi di una distribuzione ineguale, in particolare nel processo di strutturazione, che pone costantemente dei problemi (poiché non è concepibile la strutturazione senza il potere).L'organizzazione può essere considerata come una sorta di arena politica :

– Creando dipendenza negli altri : maturando competenze rare e non sostituibili o acquistando un ruolo strategico

– Facendo fronte alle incertezze anche per conto di altri– Sviluppando le relazioni personali e le proprie competenze

Un potere che, quando è stato conquistato e consolidato, va utilizzato il più possibile utilizzando una serie di tecniche :

– Di controllo dei flussi di informazione rivolti ad altri– Di controllo dei criteri sulla base dei quali vengono prese le decisioni– Sviluppando strategie dichiarando che sono nell'interesse superiore dell'organizzazione

mentre sono invece basate su interessi di ulteriore sviluppo del potere del gruppoQueste strategie sono state analizzate da Cyert e March che hanno interpretato le organizzazioni come un insieme di coalizioni di potere. Al riguardo, Touraine introduce il concetto di coalizione dominante : nelle organizzazioni il potere non è distribuito in modo uniforme e la sua distribuzione ineguale e dinamica genera una coalizione di interessi che imposta una strategia di mantenimento e sviluppo del potere. Possiamo ora porci un interrogativo fondamentale : la discrezionalità è sufficientemente dotata di potere per permettere ai manager di svolgere appieno i ruoli a loro attribuiti ?La risposta, più negativa che positiva, presume la conoscenza della differenza tra :

– Discrezionalità → Prevede spazi di azione e decisione ampi, ma all'interno di regole fissate dall'esterno.

– Autonomia → Consiste nella capacità di fissare autonomamente le regole che presiedono al processo di azioni e decisioni.

In sintesi : l'autonomia è relativa alla produzione di regole, invece la discrezionalità è la possibilità di scelte in un ambito regolato.Molti sostengono che all'aumentare dell'incertezza sia necessario che si preveda e si eserciti maggiore discrezionalità, ma spesso si sottovaluta il fatto che l'incertezza sia tale da richiedere una distribuzione del potere che consenta l'esercizio non solo di discrezionalità, ma anche di autonomia.Infatti un'ampia discrezionalità accompagnata da una scarsa diffusione di autonomia è indice di una concentrazione rilevante del potere.

Il middle management e le risorse umaneE' opinione diffusa che il middle manager sia in primo luogo un gestore di risorse umane. Un gestore che struttura la sua azione con le caratteristiche del leader piuttosto che di un capo e quindi :

• Decide grazie ad un'autorità riconosciuta• Dispone delle informazioni e delle competenze necessarie• Sviluppa capacità tecnico-professionali e relazionali nei suoi collaboratori• E' guidato da criteri di efficienza, efficacia e managerialità

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Il che implicherebbe :• Non è solo vertice dei vari livelli che decide• Non è solo vertice che dispone delle informazioni• Le competenze importanti sono distribuite• La comunicazione non è prevalentemente dall'alto verso il basso• I valori proclamati diventano fatti• A nessun livello si applicano modelli manageriali accentrati• Non esiste uno scollamento tra teoria e prassi

In sostanza l'azione del middle management verrebbe caratterizzata dal fatto che esso non ha solo margini di discrezionalità, ma anche di autonomia. Un'autonomia che pone problemi di gestione delle risorse umane e una nuova centralità di tale gestione. Quanto appena detto implica che le persone debbano essere in condizione di comportarsi come soggetti capaci di originare e sviluppare competenze e relazionalità. Stiamo parlando del concetto di “economia della conoscenza”, della creazione di valore da parte della conoscenza incorporata nella mente delle persone che operano in tutti i livelli dell'organizzazione. Il tema cardine è questo : la capacità-possibilità delle risorse umane di svolgere un ruolo significativo nelle imprese che operano in un ambiente caratterizzato dalla centralità della conoscenza. Un tema che può essere affrontato almeno in due modi :

1) Assumere che l'economia della conoscenza sia il fulcro delle possibilità di sviluppo e quindi individuare i processi, le pratiche e i modelli che possono essere utilizzati per sviluppare il capitale umano.

2) Muoversi in una prospettiva di verifica della teoria della conoscenza per capire se esistono le condizioni affinché possa essere concretamente perseguita la centralità del capitale umano nei processi di strutturazione delle imprese.

Il capitale relazionale (l'insieme delle relazioni che l'impresa sviluppa) è, nel primo caso un argomento di indagine per cogliere i momenti in cui concentrare la strategia sulla risorse umane, nel secondo caso un tema di analisi per capire se e come le relazioni possano essere considerate un momento di rischio o uno strumento di autonomia a disposizione dei piani di azioni per strutturare l'organizzazione. “La gestione delle potenzialità insite nelle risorse umane, deve concentrarsi nello sviluppo del loro valore e nella continua ricerca di coerenza con le strategie dell'impresa, le condizioni ambientali,

l'organizzazione interna e il cambiamento.”La visione managerial ottimistica che attribuisce un ruolo importante di gestore delle risorse umane al middle management e colloca tali risorse in una posizione di rilievo a livello strategico, rimane tutta da verificare. In particolare per capire se corrisponde ad una realtà concentra. Una realtà che forse può esistere nel caso di :

– Mercato competitivo– Competizione sulla qualità e non sul prezzo– Effettivo rovesciamento della logica di potere ancora troppo accentrata in molte imprese

Ad esempio il caso Fiat, in cui i moderni principi di management erano utilizzati dal top management solo come slogan nei convegni o nei contatti con la stampa.In conclusione possiamo dire che il ruolo delle risorse umane e la loro gestione diano la sensazione di essere strette tra un'evoluzione sempre maggiore della razionalità (nella direzione di una management che dovrebbe avere come fine quello di rendere coerente la gestione dell'impresa dominata dal cambiamento e l'innovazione con il coinvolgimento delle risorse umane) e una fase di contratti con i lavoratori e le imprese fornitrici sempre più diversi, complessi e frammentati che sembrano riportare a logiche di divisione dal sapore tayloristico.

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Cambiamenti apparenti e realiAnche il top management deve affrontare dei problemi importanti. Del resto è sua la responsabilità di creare una logica di fondo che valorizzi concretamente il ruolo degli agli livelli di management.Una delle decisioni fondamentali, e più difficili non essendo programmabile, è quella sulle risorse umane. Molti sostengono che le risorse umane siano assolutamente centrali per l'impresa, ma tra le molte affermazioni si trova tutto e il suo contrario.Ciò che è vero è che il lavoro dei manager è cambiato, passando da una logica di potere gerarchico ad una di maggiore partecipazione ai vari livelli con una conseguente superiore capacità di influenza. Molte attività si stanno inoltre trasformando in lavori nei quali diventa essenziale la quantità-qualità della conoscenza. Lavori svolti da knowledge workers che operano integrati nell'organizzazioni e sono impegnati a fornire servizi qualificati sia all'esterno che all'interno.Il tutto con un sistema di ruoli orientati al servizio in un contesto lavorativo caratterizzato da impegno, cooperazione, creatività e costante confronto con i colleghi che operano all'esterno.A questa visione bisogna però contrapporre quella più realistica, che riguarda ancora molte imprese, di un management stressato e demotivato, di lavoratori costretti a subire ritmi di lavoro insopportabili e stabilimenti dominati da dipendenti di imprese esterne.Sono ormai molte le analisi che dimostrano come la nuova discrezionalità attribuita ai vari livelli operativi crei una situazione di self-enforcement. Al riguardo è utile l'insegnamento dei soggettivisti per i quali il vero potere è la capacità di far accettare ad altri la nostra interpretazione della realtà, insegnamento ben assimilato da Hammer e Champy, per i quali :“I manager non devono più essere coloro che fanno fare agli altri ciò che essi vogliono, ma coloro

che fanno volere agli altri ciò che essi voglio”Chi ha questo tipo di potere è autonomo e influenza, delega, autorizza le decisioni.Nel ragionamento vi sono due elementi che vanno tenuti ben presenti :

• L'autonomia decisionale si rapporta con altre autonomie e quindi riceve vincoli• Le relazioni sono in costante movimento, sono dinamiche

Questa seconda caratteristica è quella nel quale sono immersi i soggetti che nelle organizzazioni finalizzano ai loro obiettivi le decisioni e le azioni. Ma se l'organizzazione è una struttura aperta rivolta innanzitutto all'innovazione, diventa essenziale che il management impari a muoversi in una direzione diversa da quella gerarchica e funzionale.Dovrà ad esempio affrontare il problema dell'apprendimento organizzativo. All'aumentare della produzione tende a diminuire il costo di produzione della singola unità. Questo perché si è appreso qualcosa. Tale apprendimento può essere distinto in implicito (quello non trasmissibile che include la conoscenza personale, intuitiva e contestuale) ed esplicito (quello che si può formulare e trattare formalmente anche per trasmetterlo ad altri). La prima forma è quella che spesso risulta più efficace nel processo di apprendimento, anche se tale efficacia è affiancata da una maggiore difficoltà nel collocarlo nel processo. Sembra quindi importante focalizzare l'attenzione sulla complessità di un tema che tocca aspetti formali (la trasmissibilità del sapere esplicito) e informali (la necessità di sviluppare relazioni sociali per formare e trasmettere il sapere tacito). Un tema che si propone come una delle sfide di frontiera per il management.

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La struttura La letteratura classica tende ad assumere il concetto di struttura come :

“Modello per l'azione predefinito e vincolante”

E' con Simon, Thompson e Giddens che tale concetto incomincia ad essere invece inteso come :“Ordinamento dinamico del processo di coordinamento e controllo”

Siamo di fronte a due idee molto diverse. Struttura statica contro dinamica, fenomeno esogeno contro processo di decisione e azione, momento della formalizzazione organizzativa contro essenza costitutiva dell'organizzazione.

La logica della struttura“La struttura è l'insieme delle specifiche modalità con cui ciascuna organizzazione governa

i processi di divisione del lavoro e di coordinamento”

La struttura è quindi la forma che prendono le regole fondamentali di un'organizzazione. Regole e forma che dobbiamo pensare come qualcosa di dinamico, che muta e si costruisce nel tempo.Il contesto ambientale e le tecnologie si muovono, si trasformano e cambiano. Ed allora lo stesso deve fare l'azione organizzativa con un adeguato e coerente processo di strutturazione che non consista solo in un disegno, ma soprattutto nella creazione delle condizioni affinché l'azione organizzativa possa dare dei contenuti innovativi alle regole. Strutturare significa differenziare e coordinare, ovvero razionalizzare un percorso attraverso il quale i soggetti possano raggiungere una razionalità limitata più efficace ed efficiente rispetto a quella individuale. E' quindi la struttura che consente ai soggetti di operare in condizioni di razionalità !

Le architetture strutturaliI criteri di progettazione delle strutture possono essere distinti tra :

• Per funzione → Privilegia il momento della differenziazione. Tutti coloro che svolgono la stessa funzione o che hanno le stesse conoscenze vengono accorpati in un'unica unità organizzativa. I meccanismi prevalenti sono la gerarchia, le norme e le procedure.

• Per risultato → Privilegia il momento del coordinamento. Vengono messi insieme tutti coloro che sono necessari a perseguire e raggiungere risultati desiderati. I meccanismi prevalenti sono i programmi, le strategie e gli schemi di azione.

Dalle varie combinazioni di questi due criteri emergono le varie strutture organizzative : • Funzionale → Raggruppa le varie unità per funzione. E' una struttura caratterizzata

dall'enfasi sulla standardizzazione, dall'esistenza di molte posizione gerarchiche, dall'accentramento decisionale al vertice e dalla ricerca di stabilità ed efficienza in coerenza con le esigenze della produzione di massa.

• Divisionale → Prevede un raggruppamento prima per prodotto (o area geografica) e poi per funzione. Le caratteristiche principali sono l'indipendenza delle unità dalla struttura intermedia, la rilevanza dell'assetto organizzativo e la coerenza con più linee di prodotto diversificate.

• Matriciale → Combina i vantaggi delle prime due apportando anche delle responsabilità per attività. Il punto di forza è la maggiore flessibilità compensata però da una doppia dipendenza non facile da gestire.

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Perché è il momento più significativodi una progettazione sviluppata

da un gruppo di tecnici

Perché deve corrispondere amessaggi che provengono

dall'ambiente, dalla tecnologia etc

Divisione del lavoro → Da un insieme indifferenziatodi persone ad un sistema di ruoli che viene definito dalla

progettazione organizzativa.

Coordinamento → La gestione delle interdipendenzeattraverso la gerarchia, le norme, la tecnologia,

la cultura, gli schemi etc...

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Queste tre strutture sono le più tradizionali. La prima corrisponde alla logica delle grandi imprese verticalizzate, la seconda a quelle organizzate per prodotto o per mercato, la terza al tentativo di combinare i vantaggi di entrambe. Passiamo ora alle strutture più moderne :

• Per processi → E' creata intorno a flussi informativi e attività sequenzialmente interdipendenti e interfunzionali che creano valore per il cliente. I responsabili di processo hanno responsabilità totale sui processi di competenza con ampia delega decisionale ai membri del team di processo.

Punti di forza Punti di debolezza

1) Flessibilità2) Time to market più bassi3) Adeguata visione d'insieme4) Promozione della logica di cooperazione5) Focalizzazione sulla creazione di valore

1) Necessità di individuare con precisione i processi core2) Necessità di una rivoluzione culturale3) Necessità di significative capacità di relazione interpersonale

• Modulare → Si adotta quando la progettazione e il governo dei processi organizzativi coinvolge più organizzazioni. Il coordinamento avviene tramite meccanismi di mercato che danno luogo a vere e proprie reti di imprese e reticoli organizzativi.

Punti di forza Punti di debolezza

1) Estrema flessibilità2) Time to market molto bassi3) Sviluppo di strategie locali e globali contemporaneamente.

1) Costoso controllo sui processi destrutturati2) Onerosa gestione delle relazioni e dei conflitti nella rete.3) Rilevanti problemi di appartenenza

Il più famoso autore di architetture strutturali è sicuramente Mintzberg che ne propone cinque : struttura semplice, burocrazia meccanica, burocrazia professionale, soluzione divisionale e adhocrazia. Lui stesso, dopo averle analizzate e discusse, si chiede se esistano realmente. Del resto le organizzazioni reali sono più complesse delle configurazioni. Configurazioni che sono teorie e come ogni teoria semplificano e distorcono la realtà.In conclusione lo studioso afferma che tali configurazioni rappresentino cinque forze che spingono le organizzazioni in cinque direzioni diverse.

Il processo di strutturazione-regolazioneI ruoli e le architetture sono le componenti essenziali dell'organizzazione, progettati nelle dinamiche del processo di disegno dell'organizzazione stessa. Lo conferma anche Thompson, quando sintetizza in tre punti il suo pensiero sulla struttura :

1) Le organizzazioni incontrano vincoli intriseci alle loro tecnologie e al loro task environment.2) Entro questi vincoli le organizzazioni complesse tentano di minimizzare le contingenze e di

affrontare quelle inevitabili.3) Quando le contingenze sono numerose, le organizzazioni cercano di raggruppare le capacità

in unità autosufficienti, ognuna dotata delle risorse essenziali per permette all'organizzazione di affrontare le contingenze. Questo significa che le variabili controllate dall'organizzazione sono subordinate ai vincoli e alle contingenze.

La strutturazione è il processo di differenziazione, coordinamento e controllo dell'azione organizzativa. Il modo con il quale viene data gradatamente forma alla regolazione dell'azione.E' attraverso questo processo che le organizzazioni si rendono capaci di razionalità. Ovviamente una razionalità limitata e intenzionale come i soggetti che ne fanno parte, ma pur sempre meno limitata rispetto ai singoli cooperatori. Se non altro perché viene raggiunta una soddisfacente efficienza delimitando le responsabilità, controllando le risorse e gestendo le interrelazioni. Strutturando, in sostanza, dei ruoli o delle forme.

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I processi sono insiemi organizzatidi attività e decisioni volte alla realizzazionedi output definiti a partire da input definiti

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L'impostazione appena accennata la dobbiamo a Simon e Thompson, ma lo studioso che ha pienamente formalizzato una teoria di strutturazione è Giddens, con la sua Structuration Theory.Questa non ha assunto come oggetto l'esperienza dei singoli attori, ma un insieme di pratiche sociali ordinate nel tempo e nello spazio. Decisioni e azioni che danno struttura alle realtà sociali.Il soggetto di Giddens considera sia la portata individuale delle sue azioni sia quella strutturale. E il cambiamento strutturale deriva come conseguenza intenzionale dell'agire. Le forme del sociale diventano così qualcosa che si impone come un dato ai soggetti, ma che i soggetti realizzano attraverso l'azione. E' una logica vicino a quella di Weber : la realtà è sia azione che struttura.Per Giddens gli attori sono anche socialmente competenti e hanno una condotta intenzionale riferita alla conoscenza dei contesti :

– Hanno bisogni di base– Non sono in grado di riconoscere tutte le condizioni dell'azione, ne tutte le conseguenze– L'azione è intenzionale anche in riferimento alle conseguenze sociali

Gli attori, nell'azione, mobilitano modalità di strutturazione come gli schemi interpretativi, le risorse e le norme. Queste regole e risorse rappresentano la connessione che esiste tra azione e strutturazione. Rispettivamente, queste modalità costituiscono :

– Strutture di significazione– Strutture di dominazione– Strutture di legittimazione

E rappresentano le componenti analitiche della struttura che costituiscono condizioni/conseguenze dei processi di azione e interazione sociale. Utilizzando la metafora del linguaggio possiamo dire :

– La struttura non è collocabile nello spazio e nel tempo– La struttura un ordine che rappresenta un vincolo ma anche una conseguenza dell'azione

La critica agli studi di mainstream del managementSecondo l'impostazione di Giddens, gli studi di mainstream :

– Tendono a trascurare il contesto istituzionale– Si focalizzano su differenze individuali o di gruppo relative alle pratiche manageriali– Distinguono acriticamente tra la componente tecnica del management e la componente

politicaIn sostanza le teorie positiviste o soggettiviste vedono il management come :

• Espressione di un sistema di potere e autorità in modo indipendente dall'esame delle strategie

• Come insieme di strategie individuali senza indagare la reazione tra queste e il contesto nel quale si realizzano.

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Il metodo scientifico nel conflitto tra positivismo e soggettivismoLa scienza moderna nasce dal rifiuto di spiegare i fenomeni attraverso verità rivelate e dalla necessità di verificare le idee che gli scienziati avevano elaborato sulla natura. Cioè di verificare empiricamente le proprie teorie, con il metodo scientifico :

1) Proporre teorie alla luce delle ipotesi assunte2) Validare le teorie ricercando fatti che la smentiscano

Queste teorie servono per : interpretare o descrivere la realtà quando si parla di teorie positive, modificare la realtà quando si parla di teorie normative. Si deve però tener conto del fatto che le ipotesi e le teorie operano sempre una semplificazione della realtà. Questa è necessaria per capire, ma bisogna esserne consapevoli senza illudersi che tale semplificazione sia la realtà. Anche le descrizioni oggettive sono solo una rappresentazione, perché dipendono dalla teoria che abbiamo in mente; dai valori, dai pregiudizi, dai problemi e interrogativi che abbiamo scelto. La scienza è metodo scientifico, ovvero :

• Conoscenza metodologicamente fondata• Esercizio sistemati della riflessione critica• Rapporto costante con la realtà empirica • Accettazione di regole

Un metodo che impone :• Un procedimento di semplificazione della realtà con la costruzione di un modello• La costante consapevolezza della parzialità dovuta alla semplificazione• La relativizzazione delle conclusioni, valide solo nell'ambito del modello

Tutte le teorie sono dei modelli. Dei modelli che partono dalle ipotesi per arrivare alle ipotesi, ipotesi che hanno dietro di se dei valori. Questi modelli, nonostante puntino ad esprimere giudizi di fatto, partono quindi da ipotesi influenzate da giudizi di valore. E' perciò essenziale avere la maggiore consapevolezza possibile dei valori che hanno influenzato le ipotesi e della limitatezza di qualsiasi teoria rispetto alla realtà. In conclusione, semplificare la realtà con un modello è essenziale per agire, ma non è accettabile dimenticarsi di aver semplificato.Tra le fine dell'800 e l'inizio del 900, un acceso conflitto tra i sostenitori del positivismo e quelli del soggettivismo ha lungamente caratterizzato la cosiddetta filosofia della scienza.Il conflitto era tra due principi :

– Nomotetico → Si ricercano le leggi naturali (scienze naturali)– Idiografico → Si cerca comprendere il caso unico e concreto (scienze sociali)

e più precisamente riguardava la questione “Le scienze sociali possono essere considerate vere scienze ?”

Per rispondere a questa domanda bisogna premettere che veniva considerata scienza solo quella che seguiva il principio nomotetico e quindi la domanda dovrebbe essere riformulata come : per le scienze sociali vale il metodo delle scienze naturali ?Con il tempo si cominciò a capire che il positivismo non poteva essere considerato più l'unico modo di concepire il metodo scientifico e il rigido rapporto causa-effetto venne messo in discussione da una filosofia probabilista della conoscenza scientifica. Conoscenza scientifica che non è certa perché indica delle probabilità in quanto non tutto è dimostrabileUna vera rivoluzione metodologica è quella di Max Weber che riuscì a superare la contrapposizione tra positivismo e soggettivismo considerando contemporaneamente sia la comprensione che la spiegazione causale. Formulando un metodo che prima comprende le ragioni e il senso, poi le cause. Un metodo che non assimila l'agire umano a delle cose e neppure a delle rappresentazioni teatrali non ripetibili ma coglie la razionalità dell'agire umano :

– I fenomeni sociali sono il prodotto dell'azione volontaria dell'agire sociale– Il fatto che gli essere umani abbiano una volontà libera non significa che le loro azioni siano

casuali e imprevedibili– La volontà è esercitata in maniera razionale e l'azione umana può essere interpretata

mediante la comprensione dell'azione razionale

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Nella prospettiva di Weber, l'interpretazione della realtà sociale deve innanzitutto proporsi di comprendere l'agire dotato di senso e poi preoccuparsi di spiegare causalmente l'agire. Un comprendere che assume l'ipotesi di razionalità limitata dell'agire umano. Uno spiegare le cause che non può essere esaustivo, trattandosi di umani ed allora diventa uno spiegare le condizioni, le influenze e gli insieme di fattori.Dalla lezione di Weber, le scienze sociali avrebbero dovuto creare un metodo che :

• Si poneva l'obiettivo di interpretare le condizioni che rendono possibile il processo di decisioni e azioni

• Utilizzava, per descrivere e spiegare la realtà sociale, la logica causale• Per arrivare a capire le azioni di un soggetto prima si metteva “nei suoi panni”, ovvero

anteponeva la fase comprendente a quella causale. Fase causale che come abbiamo detto non cerca le cause, ma le condizioni, le influenze ed i fattori.L'ultimo contributo di Weber riguarda l'organizzazione che per lui è agire organizzativo. Una forma particolare di agire rispetto allo scopo, caratterizzata da una razionalità limitata ed intenzionale. Vi è quindi una coerenza tra il comportamento di un soggetto ed i suoi valori all'interno di una razionalità limitata rispetto alle conoscenze dei partecipanti dell'organizzazione.Per Weber, le decisioni e azioni umane, sono rese possibili da :

– Sistemi di regole che costituiscono premesse per le decisioni e le azioni– Protagonisti che intenzionalmente orientano verso risultati le decisioni e le azioni anche per

cambiare le regole strutturali.

Economia, organizzazione, mercatoNell'impostazione teorico-economico classica la dimensione organizzativa dell'impresa non esiste. Esistono l''imprenditore, il consumatore e il mercato. E quest'ultima è una dimensione organizzativa particolarmente forte. E' dalla struttura del mercato che dipende sia l'efficienza economica dell'impresa sia quella organizzativa. Tutta l'economia classica e quella neo-classica si muove assumendo ipotesi teoriche che mettono in primo piano la qualità di un mercato che se è perfetto esprime una mano invisibile che produce efficienza e ricchezza. Nella realtà storica, però, il mercato perfetto non è mai esistito.Tra le tante teorie, rilevano quelle di Chandler, che hanno collegato l'efficienza del coordinamento delle attività economiche non tanto a un mercato che funzionava sempre meno, quanto alle grandi imprese con elevate e crescenti capacità di programmazione e di coordinamento gerarchico organizzativo. In sostanza una mano visibile del management che avrebbe sostituito quella invisibile del mercato.La teoria economica reagì tentando di costruire una teoria dell'impresa che :

– Non considerasse l'impresa una mera funzione di produzione, ma una vera e propria funzione di governo di variabili economiche complesse.

– Tenesse conto delle rilevanti asimmetrie informative che caratterizzano le diverse parti che intervengono in una relazione economica e la forte divergenza negli obiettivi che difficilmente può essere ricomposta da una forza impersonale come il mercato.

– Introducesse una dimensione di tipo istituzionale nell'impostazione delle teorie economiche.L'impresa è un organismo complesso : non esiste una teoria univoca, ma tante teorie su diversi aspetti rilevanti e problemi. Problemi che hanno implicazioni organizzative significative come :

– Problemi di separazione tra proprietà e controllo– Problemi degli incentivi– Problemi di fusione/incorporazione imprese

Ronald Coese fu il primo a chiedersi perché nella realtà economica esistessero le imprese e a tentare di fornire una risposta teorica. Questa può essere riassunta in tre aspetti :

1) L'impresa viene considerata un soggetto che opera sul mercato2) L'impresa viene definita un'ipotesi che ne sostituisce un'altra (il mercato).3) Il meccanismo dei prezzi non viene più considerato come l'unico meccanismo efficiente di

allocazione.

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I contributi fondamentali di Coase sono :– La teoria dei costi di transazione che avrebbe formulato Williamson (se i costi di transazione

sono nulli, allora ogni transazione sociale avrebbe la natura di una relazione di mercato)– Il teorema di Coase (se i costi di transazione sono nulli, la contrattazione porterà a soluzioni

efficienti dal punto di vista sociale) Secondo la teoria dei costi di transazione, l'impresa non va tanto considerata come un'entità la cui funzione principale è produrre, quanto una struttura di governo, la cui funzione è quella di stipulare e garantire contratti affidabili ed efficienti. L'economia si reggerebbe su una serie ininterrotta di transazioni governate da contratti, di cui un elemento principale di analisi è il costo di redazione ed esecuzione. I due tipi ideali, contrapposti, di governo degli scambi sono il make e il buy. Date certe transazioni, esse potranno essere governate secondo i meccanismi indicati, che si dimostreranno più o meno efficienti a secondi di alcune condizioni. Organizzazione, dunque, può significare (almeno nell'ECT) anche assetti di governo delle transazioni nei quali prevalgono logiche di mercato tra una pluralità di imprese. Nel modello classico l'impresa sceglieva cosa e quanto produrre, ma non aveva altra alternativa che quella di produrre, nel nuovo modello l'impresa sceglie se produrre al suo interno o se comperare sul mercato esterno. Quindi :

– L'unità elementare della produzione non è più il bene prodotto, ma la transazione.– La tecnologia non è più il fattore primario nello stabilire i confini dell'impresa

Ma in base a quali criteri si stabilisce la scelta migliore ?• Razionalità limitata → Gli essere umani si comportano in modo intenzionalmente razionale,

ma alla fine lo sono poco a causa dei propri limiti• Opportunismo → Gli essere umani possono perseguire i propri interessi con vari mezzi.

Una situazione che favorisce l'opportunismo è quella dei piccoli numeri infatti, meno sono i soggetti coinvolti nella transazione, più alto è il rischio che poche persone in collusione tra loro ingannino la controparte o che i pochi generino una situazione di monopolio gonfiando i prezzi. In sintesi, più soggetti partecipano alla transazione, maggiore è la competizione e minore la possibilità di bloccare le informazioni.

Data l'esistenza della razionalità limitata e dell'opportunismo, Williamson individua due costi :– I costi di produzione → Quelli che riguardano i processi di trasformazione fisica– I costi di transazione → Quelli necessari per stipulare e gestire un contratto e possono essere

pagati sia prima che dopo il contratto stesso (costi di ricerca della controparte, di trattativa, di stipula del contratto e costi per far rispettare il contratto).

Ma quindi... Make or Buy ?Bisogna tenere conto di 3 fattori :

1) La tecnologia usata per ottenere il bene.* Generica → Non richiede competenze e investimenti particolari, è disponibile sul mercato* Specialistica → Richiede investimenti rilevanti

2) La frequenza delle transazioni3) Le salvaguardie necessarie perché il contratto sia rispettato

Transazioni poco frequenti Transazioni frequenti

Tecnologia generica BUY

Tecnologia specialistica MAKE

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