Omelia cap zonale galilea 2012

2
25 maggio 2012 – Capitolo Zonale Galilea Questo incontro tra Gesù e Pietro (Gv 21,1-19) mi sembra davvero una meraviglia. Dopo la sua Risurrezione, Gesù ha incontrato diversa gente: ha incontrato Maria di Magdala, Tommaso, i due di Emmaus … Sembra proprio che sia andato a cercarli, che li abbia voluti recuperare. Poi ha incontrato gli Undici, tutti insieme. Ma mancava questo incontro personale con Pietro. Un incontro di cui Pietro aveva molto bisogno. Mai Gesù sarebbe potuto andarsene, senza questo incontro. E’ Gesù che va a cercarlo: finisce questa cena strana, che sembra assolutamente inutile perché nessuno dice niente, in cui nessuno osa chiedere a questo sconosciuto: “Chi sei?”, perché sanno che è Gesù. Nei racconti dei sinottici, quando il Risorto incontra gli Undici, spiega loro il senso di quanto ha vissuto, il senso della Pasqua, a partire dalle Scritture. Qui niente, sta semplicemente con loro, mangia con loro. I discepoli hanno di nuovo una conferma che Gesù è vivo e che è con loro, senza troppe parole. Ma poi, finita la cena, Gesù non se ne va, non sparisce: cerca questo spazio di intimità e di incontro con Pietro, che probabilmente non avrebbe mai osato fare il primo passo, e che sicuramente aveva un peso abbastanza grosso sul cuore. Aveva tutto il peso del proprio rinnegamento, proprio lui che aveva giurato una fedeltà assoluta al Signore, fino alla morte. Va bene, ora Gesù era risorto, ma Pietro cosa doveva farci con il proprio peccato, con quelle tre volte in cui aveva detto: “Non lo conosco”? Che posto aveva questo rinnegamento nella relazione nuova con il Signore? Possiamo intuire come un dubbio, una paura nel cuore di Pietro. Proprio qui arriva Gesù, e arriva con una domanda, ripetuta 3 volte: “Mi ami tu più di costoro?” (Gv 21,15) Forse una chiave per capire la bellezza di questo incontro sta in questo “PIU’”. Cos’ha Pietro PIU’ degli altri, se non il fatto di aver rinnegato il Signore, di aver –per così dire- perso completamente la faccia? In PIU’, Pietro ha solo un peccato evidente: ha dimostrato di non saper amare, o di saperlo fare solo a parole. Ebbene, Gesù trasforma questo più di peccato in un più di amore, anzi, nell’esperienza stessa dell’amore, perché dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia. L’amore di Pietro nasce lì: Gesù gli chiede di amarlo a partire dalla propria umiliazione, dalla propria incapacità di amare, dalla verità di se stesso. Il Signore cerca di far capire a Pietro che il suo peccato può non essere un ostacolo alla relazione con Lui nel momento in cui Pietro si lascia mettere nella verità, ed è questa verità che gli fa fare finalmente un’esperienza vera dell’amore di Gesù, del Suo amore assolutamente gratuito. Il peccato non è un ostacolo nel momento in cui ci rende umili, e a volte il Signore, per spogliarci della nostra presunzione, non ha altro da usare se non il nostro peccato. Gesù chiede a Pietro un amore umile, un amore che sappia rinunciare alla gratificazione che gli viene dal credersi capace di amare. Adesso Pietro è capace di amare PIU’ di costoro.

description

 

Transcript of Omelia cap zonale galilea 2012

Page 1: Omelia cap zonale galilea 2012

25 maggio 2012 – Capitolo Zonale Galilea Questo incontro tra Gesù e Pietro (Gv 21,1-19) mi sembra davvero una meraviglia. Dopo la sua Risurrezione, Gesù ha incontrato diversa gente: ha incontrato Maria di Magdala, Tommaso, i due di Emmaus … Sembra proprio che sia andato a cercarli, che li abbia voluti recuperare. Poi ha incontrato gli Undici, tutti insieme. Ma mancava questo incontro personale con Pietro. Un incontro di cui Pietro aveva molto bisogno. Mai Gesù sarebbe potuto andarsene, senza questo incontro. E’ Gesù che va a cercarlo: finisce questa cena strana, che sembra assolutamente inutile perché nessuno dice niente, in cui nessuno osa chiedere a questo sconosciuto: “Chi sei?”, perché sanno che è Gesù. Nei racconti dei sinottici, quando il Risorto incontra gli Undici, spiega loro il senso di quanto ha vissuto, il senso della Pasqua, a partire dalle Scritture. Qui niente, sta semplicemente con loro, mangia con loro. I discepoli hanno di nuovo una conferma che Gesù è vivo e che è con loro, senza troppe parole. Ma poi, finita la cena, Gesù non se ne va, non sparisce: cerca questo spazio di intimità e di incontro con Pietro, che probabilmente non avrebbe mai osato fare il primo passo, e che sicuramente aveva un peso abbastanza grosso sul cuore. Aveva tutto il peso del proprio rinnegamento, proprio lui che aveva giurato una fedeltà assoluta al Signore, fino alla morte. Va bene, ora Gesù era risorto, ma Pietro cosa doveva farci con il proprio peccato, con quelle tre volte in cui aveva detto: “Non lo conosco”? Che posto aveva questo rinnegamento nella relazione nuova con il Signore? Possiamo intuire come un dubbio, una paura nel cuore di Pietro. Proprio qui arriva Gesù, e arriva con una domanda, ripetuta 3 volte: “Mi ami tu più di costoro?” (Gv 21,15) Forse una chiave per capire la bellezza di questo incontro sta in questo “PIU’”. Cos’ha Pietro PIU’ degli altri, se non il fatto di aver rinnegato il Signore, di aver –per così dire- perso completamente la faccia? In PIU’, Pietro ha solo un peccato evidente: ha dimostrato di non saper amare, o di saperlo fare solo a parole. Ebbene, Gesù trasforma questo più di peccato in un più di amore, anzi, nell’esperienza stessa dell’amore, perché dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia. L’amore di Pietro nasce lì: Gesù gli chiede di amarlo a partire dalla propria umiliazione, dalla propria incapacità di amare, dalla verità di se stesso. Il Signore cerca di far capire a Pietro che il suo peccato può non essere un ostacolo alla relazione con Lui nel momento in cui Pietro si lascia mettere nella verità, ed è questa verità che gli fa fare finalmente un’esperienza vera dell’amore di Gesù, del Suo amore assolutamente gratuito. Il peccato non è un ostacolo nel momento in cui ci rende umili, e a volte il Signore, per spogliarci della nostra presunzione, non ha altro da usare se non il nostro peccato. Gesù chiede a Pietro un amore umile, un amore che sappia rinunciare alla gratificazione che gli viene dal credersi capace di amare. Adesso Pietro è capace di amare PIU’ di costoro.

Page 2: Omelia cap zonale galilea 2012

Qui allora inizia la vera sequela di Pietro: “Seguimi” (Gv 21,19). E’ interessante, perché in Giovanni, all’inizio (Gv 1, 35-42), non c’è una vera e propria chiamata, e questo verbo –“seguimi”- per quanto riguarda Pietro ricorre qui per la prima volta. Questo Pietro, che ha fatto questo cammino di miseria e di misericordia, ora è finalmente un discepolo di Cristo. Non lo era necessariamente quando era sicuro nelle sue professioni di fede e nelle sue dichiarazioni di amore e di fedeltà. Ma ora sì. Il discepolo è colui che entra in questa umiltà dell’amore, per cui vive nella coscienza che c’è sempre uno scarto immenso tra quanto il Signore ci dà e quanto noi sappiamo restituire. E forse la sequela è proprio la capacità di starci dentro, di vivere di questa gratuità, senza la pretesa di esserne degni, di esserne all’altezza. Ora dunque Pietro è un discepolo, e quindi ora è anche un pastore: “pasci le mie pecorelle” (Gv 21,15…) Perché il pastore buono è colui che ha fatto esperienza del proprio peccato e della misericordia del Signore: un pastore che non abbia fatto questa esperienza sarà un pastore senza cuore. Invece Pietro sarà capace di guidare gli altri a trasformare il “di più” del loro peccato in un “di più” di amore, di incontro con Cristo. E questa è l’unica cosa di cui l’uomo ha bisogno, che non sa fare da solo, per cui ha bisogno di una guida. Perché una delle domande più difficili e più vere dell’uomo riguardano il proprio peccato, il cosa farci con il male che uno si scopre dentro. E siccome ora Pietro lo sa, allora è una guida Con questo incontro, sulle rive del Lago di Galilea, si conclude il Vangelo di Giovanni. Due cose mi sembrano importanti. La prima, è che il vangelo di Giovanni si chiude con una chiamata, cioè con un inizio, con una partenza. E’ un Vangelo aperto, che ricomincia ogni volta, che ricomincia con chi lo legge. Chi arriva alla fine della lettura del Vangelo, ascolta questo invito a seguire il Signore, e riparte. La seconda, che questo Vangelo così “teologico”, così intenso, così alto, si concluda con questa scena così delicata, che ci parla di un Gesù semplicemente attento a recuperare l’altro che si è perso nel proprio fallimento. E se un po’ tutto il Vangelo di Giovanni è percorso dalla domanda sull’identità di Gesù, mi sembra che qui troviamo una risposta, proprio guardando questo incontro tra Gesù e Pietro. Inoltre a me sembra che questo episodio possa avere un sapore liberante per la nostra fede e per la fede della gente che incontriamo, una fede che spesso ci sembra insufficiente, un po’ piena di sensi di colpa, di paure. Abbiamo visto cosa ne fa Gesù di tutto questo, come lo trasforma in un’esperienza di amore … Ebbene, oggi anche noi abbiamo la possibilità di metterci un po’ al posto di Pietro, e di incontrare il Signore così.