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“Per guardare ad alcuni aspetti del futuro,non abbiamo bisogno di proiezioni elaborateda supercomputer: molto di ciò che sarà il prossimomillennio si può già vedere nel modo in cui cioccupiamo oggi dell’infanzia.Il mondo di domani forse sarà influenzato dallascienza e dalla tecnologia, ma più di ogni altra cosa,sta già prendendo forma nei corpi e nelle mentidei nostri bambini” Kofi Atta AnnanSegretario Generale delle Nazioni Unite, 1997S i è concluso il 2010, l’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Nelle intenzioni dell’Unione Europea, doveva “riaffermare il serio impegno politico dell’Unione Europea e degli Stati membri ad attivarsi con determinazione per elimi-nare la povertà e l’esclusione sociale e promuovere tale impegno con azioni a tutti i livelli di potere”.L’impegno nasce da lontano, dal Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2000 che “ha invitato gli Stati membri e la Commissione Europea ad avviare iniziative per imprimere una ‘svolta decisi-va alla lotta contro la povertà’ entro il 2010”.Secondo un’indagine Eurostat nel 2003 erano 56 milioni i cit-tadini europei a rischio di povertà. I Paesi in cui il rischio di povertà è più diffuso sono Grecia e Portogallo, nei quali il pro-blema riguarda il 21% della popolazione, seguiti da Spagna e Gran Bretagna (19%) e da Italia e Irlanda (18%).Secondo il rapporto del Centro di Ricerca Innocenti dell’UNI-CEF (2005), il 16,3% dei bambini del nostro Paese vive al disotto della soglia nazionale della povertà. “La riduzione in povertà di un più ampio numero di bambini è preoccupante e va ricollegato, tra l’altro, alle condizioni economico-sociali delle mamme – si legge nel rapporto – in particolare al loro status di occupate e disoccupate. L’OCSE ha infatti dimostrato una relazione inversamente proporzionale tra tasso di occupazione femminile e tasso di povertà tra i bambini”.I dati presentati nei diversi rapporti si riferiscono agli anni immediatamente precedenti l’attuale crisi finanziaria, il qua-

dro che emerge viene descritto nel rapporto UNICEF come “un’istantanea scattata in un periodo di crescita economica” e quindi più ottimistico della situazione attuale in cui l’impatto più pesante della crisi economica rischia di ricadere proprio sulle famiglie più vulnerabili e sui loro bambini.L’obiettivo dell’Unione Europea è stato completamente man-cato e l’anno che doveva segnare la grande svolta, non ha po-tuto che registrare il precipitare della situazione e l’aggravarsi delle condizioni di povertà per effetto della crisi economica mondiale e delle misure messe in atto dagli Stati per farvi fronte.L’esperienza quotidiana ci porta a toccare con mano come ci sia una costante riduzione nella frequenza dei servizi da parte dei bambini (che vengono tenuti a casa per risparmiare i soldi delle rette) e, come in situazioni sempre più diffuse, emer-ga che l’unica occasione di cibarsi per i bambini, sia il pasto consumato nel servizio. Ci avvitiamo in una spirale sempre più perversa che da un lato sancisce condizioni di vita peg-giori per bambini e bambine mettendo in discussione persino le condizioni di sopravvivenza fisica. D’altro lato assistiamo a ricadute sull’identità stessa dei servizi per l’infanzia a cui viene richiesta una funzione di assistenza e di cura primaria che sembrava ormai appartenere a un passato lontano. Sono sempre più numerosi i servizi dove la dominante dell’utenza è data da bambini appartenenti a fasce sociali sostenute dal-l’assistenza e che quindi hanno una domanda prioritaria di cura fisica (garanzia di alimentazione regolare, di ospitalità in ambienti puliti e caldi, e così via).Q uali sono d’altra parte le conseguenze che l’ac-centuarsi della povertà (sia come estensione numerica del fenomeno, sia come gravità del-l’incidenza) determina in prospettiva? Sempre il rapporto UNICEF ribadisce che le conseguenze negative della povertà infantile si fanno sentire lungo tutto il corso della vita e possono portare all’emarginazione e al-l’esclusione sociale: “Esiste una stretta correlazione tra la po-vertà nell’infanzia e la probabilità di insuccesso scolastico, la cattiva salute, la gravidanza adolescenziale, l’abuso di sostanze, il comportamento criminale e antisociale, un salario ridotto, la

Doveva essere l’anno…di Ferruccio Cremaschi

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disoccupazione e una dipendenza a lungo termine dall’assisten-za sociale” (UNICEF-IRC, 2005, p. 6).Anche l’OCSE, in un rapporto del 2008 sottolinea come “lecondizioni di vita durante l’infanzia incideranno sul futuro reddito, sulla salute e su tanti altri aspetti. L’accentuarsi della povertà dei bambini merita una maggiore attenzione dei poteri pubblici rispetto a quanto si osserva oggi in molti Paesi”.Stiamo assistendo al crearsi delle condizioni per un perpe-tuarsi dello svantaggio attraverso una trasmissione genera-zionale di povertà. “Da adulti, gli stessi bambini cresciuti in povertà guadagneranno in media il 30% in meno e la cosa peg-giore è che avranno più probabilità di diventare genitori poveri: è una sindrome che si trasmette da una generazione all’altra”(Gosta Esping-Andersen).A questi problemi ha dedicato la sua Conferenza an-nuale Eurochild, una rete di 121 Organizzazioni di 35 Paesi europei impegnata per il ben-essere e i diritti dei bambini e dei giovani che è interlocu-tore istituzionale della Commissione Europea, nei primi giorni di novembre a Orebro in Svezia. Titolo della con-ferenza era: “Un futuro più roseo: costruiamo una partnershipefficace per porre fine alla povertà infantile”.Riteniamo interessante cogliere due spunti dalle raccomanda-zioni finali dei lavori: la prima riguarda la richiesta di un impe-gno forte per proteggere e promuovere l’interesse dei bambini assicurando a ogni bambino/a l’accesso a servizi di alta qualità per quanto concerne educazione, salute, abitazione, cultura e ar-te. Viene ribadito quanto sostenuto dalla Commissione d’indagi-ne sull’esclusione sociale: “le politiche di contrasto e prevenzione della povertà dei minori e delle sue conseguenze non dovrebbero prescindere dal perseguire la realizzazione di un sistema organico e articolato di servizi per la prima infanzia, con accesso il più possi-bile universalistico e standard di qualità elevati” (Commissione di indagine sull’esclusione sociale, 2008, p. 256).È questa una considerazione che ci è capitato già altre volte di riportare su “Bambini” e che non dobbiamo mai dimen-ticare. L’impegno nella difesa e nello sviluppo dei servizi per l’infanzia, la professionalità spesa nel lavoro quotidiano con i bambini hanno una rilevanza che va ben oltre il momento contingente e il ben-essere del bambino nel nido e nella scuo-la dell’infanzia, ma è una determinante del suo futuro, della qualità della sua vita nei decenni a venire e nella possibilità di rompere il cerchio vizioso della trasmissione generazionale della povertà e dell’insuccesso.M eno considerata, in genere, è l’altra nota che Eurochild propone alla riflessione. L’obiet-tivo che si propone è di dare voce ai bam-bini in Europa. Attraverso l’analisi di studi di caso, viene dimostrato come i bambini e i ragazzi possono partecipare ed essere coinvolti nelle decisio-ni che riguardano la loro vita. In particolare come i bambini

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stessi possono contribuire a sconfiggere la povertà. Punto di partenza è l’articolo della dichiarazione dei diritti dell’infan-zia che afferma: “I bambini hanno diritto di esprimere quello che pensano nelle decisioni che li riguardano e le loro opinioni debbono essere tenute in considerazione”.Dalle situazioni studiate emerge come i bambini, che abbiano sperimentato l’esclusione sociale e la povertà, possano essere coinvolti in progettazioni partecipate, esprimere sogni, desi-deri e suggerimenti sul come intervenire sul contesto di vita.Per intervenire in questa direzione non servono scelte politi-che particolari o coinvolgimento di organizzazioni e grandi progetti.Questo è un livello che possiamo controllare e sviluppare di-rettamente e che può dare l’avvio a un modo diverso di agire e di essere.C ertamente si tratta di problemi gravi e di forti implicazioni. Ci muoviamo su dimensioni plane-tarie, sono numeri e questioni impressionanti, da capogiro. La soluzione globale non è a portata di singolo, non dipende dalla buona volontà solo di qualcuno. Ma non possiamo permetterci la rassegnazione, di dichiararci impotenti. Ognuno di noi deve assumersi la sua parte di responsabilità, deve prendersi il suo carico, un piccolo carico che può contribuire a cambiare il quadro complessivo.“Durante un incendio nella forestaMentre tutti gli animali fuggivano,un colibrì volava in senso contrariocon una goccia d’acqua nel becco.Cosa credi di fare? Gli chiese il leone.Vado a spegnere l’incendio! Rispose il piccolo volatile.Con una goccia d’acqua?Disse il leone con un sorriso di irrisione.Ed il colibrì, proseguendo il volo, rispose:io faccio la mia parte!Un altro mondo è possibile, basta volerlo!”

Da una favola africana

Eurostat, Statistics in focus, n. 46, 2009.Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infan-zia e dell’adolescenza, “4° rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. Anno 2007-2008”, in I diritti del-l’infanzia e dell’adolescenza in Italia, Roma, 2008.Eurochild, Valuing Children’s Potential - How children’s par-ticipation contributes to fighting poverty and social exclu-sion, 2010 (www.eurochild.org).Gosta Esping-Andersen, Oltre lo stato assistenziale, per un nuovo patto tra generazioni, Garzanti Milano, 2010.UNICEF, Povertà dei bambini nei paesi ricchi, Innocenti Research Centre, Firenze, 2005.

indicazioni bibliografi che