Nunatak 4

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NUNATAK rivista di storie, culture, lotte della montagna. Numero 4

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  • Per contatti:

    Nunatakc/o Biblioteca Popolare Rebeldies

    via Savona, 1012100 Cuneo

    e-mail: [email protected] rivista di storie, culture, lotte della montagna.Numero quattro, autunno 2006.Supplemento al n. 2 (66), agosto 2006, di ALP - vos d larvira piemontisa.Reg. Trib. di Biella n. 207 del 7/5/1975, Dir. Resp. Tavo Burat.A causa delle leggi sulla stampa risalenti al regime fascista, la registrazionepresso il Tribunale evita le sanzioni previste per il reato di stampa clandestina.Ringraziamo Tavo Burat per la disponibilit offertaci.Pubblicazione a cura dellAssociazione Culturale Rebeldies,struttura non esercente attivit commerciale n finalit di lucro.Per pagamenti copie e contributi economici:Conto Corrente Postale n. 69975381, intestato ad Imeri Alessandra, Cuneo.Stampato in proprio presso la Biblioteca Popolare Rebeldies(Cuneo), settembre 2006.

    Prezzo di copertina: 2,50 Euro. Per il momento non si effettuano abbonamenti.

    IIIIINNNNN COPERTINACOPERTINACOPERTINACOPERTINACOPERTINAGiosu Janavel, il Gianavello, contadino, bandito e guerrigliero che nella seconda metdel Seicento seppe animare e guidare i valdesi delle Alpi Cozie nella resistenza contropapisti e sabaudi. Sul percorso della resistenza della montagna contro il Potere, le im-prese del Janavel e dei suoi compagni, ed i consigli che ci ha lasciato con le sue Istruzio-ni militari, ci insegnano che la guerra dei piccoli contro i grandi sulle montagne stata,e forse sempre sar, la strada della libert.

    NUNATAK

    Con questo nome, originario della lingua dei popoli nativi del poloartico, sono denominate le formazioni rocciose che spuntano dalla

    coltre ghiacciata della Groenlandia e del circolo polare antartico. Si tratta ineffetti delle vette di alcune, le uniche al giorno doggi ancora coperte daighiacci perenni, di quelle montagne su cui, allepoca delle glaciazioni, si

    rifugiarono embrionali forme viventi che, con il ritiro dei ghiacci,ripopolarono di vita il pianeta.

    Dinnanzi al dilagare degli scempi sociali ed ecologici prodotti dallasociet della Merce e dellAutorit, le montagne della Terra tornano ad essere

    lo spazio della resistenza e della libert. Affinch una vita meno alienata emeno contaminata possa, giorno dopo giorno,

    scendere sempre pi a valle.

    Il prossimo numero di Nunatak previsto in inverno(dicembre 2006).Chi fosse interessato a contribuire alla rivista pu met-tersi in contatto con la redazione tramite lettera o po-sta elettronica utilizzando i recapiti indicati a fondo pagina.Per pagamento copie ed arretrati si pu utilizzare ilConto Corrente Postale n.69975381, intestato ad ImeriAlessandra, Cuneo. Prezzo per copia: Euro 2,50.Per distributori, edicole e librerie sono previsti scontianche su quantitativi limitati di copie richieste (minimo3 copie).Si segnala inoltre che la redazione disponibile adeffettuare gratuitamente presentazioni pubbliche dellarivista.

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    EDITORIALE PAG. 2 GIANAVELLO E LA DIFESA DI ROR PAG. 4 LA SCELTA DELLALPE PAG. 12 LA BIRRA PRIMA DELLE MACCHINE PAG. 19 COMUNICATO SULLINCENDIO DI GUADALAJARA E SUGLI INCENDI IN GENERE PAG. 24 LARCIPELAGO DELLE CORDIGLIERE PAG. 31 HO IMPARATO A SENTIRMI LIBERO: POVERO, MA LIBERO PAG. 36

    SOMMARIO

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    EDITORIALE

    I sentieri montani, senza semafori, strisce pedonali, marciapiedi, posti di blocco e telecamere,sono percorsi ogni giorno con fatica dai pastori e dai margari con le loro greggi e mandrie, e daicontadini che si spostano tra i prati destinati al foraggio ed i limitati appezzamenti adatti ad esserecoltivati. Sono i sentieri percorsi da chi emigrava stagionalmente o per sempre, alla ricerca di unsoldo che li aiutasse a campare, sono gli stessi che hanno segnato i percorsi della resistenza chei popoli della montagna (e non solo) opposero a poteri lontani e distruttivi. Sono sentieri sui quali,in un modo o in un altro, qualcuno si ribellato.Questo qualcuno, in montagna, ha dovuto perci camminare: chi per fuggire o meglio nasconder-si, chi sfruttando laspro territorio per sferrare attacchi al nemico, chi, per poter vivere, decideva inprima persona con chi avere rapporti di scambio al di l delle leggi. Camminarono i montanari inrivolta contro gli imperi conquistatori, cammin il bandito, e lo stesso fecero il partigiano ed ilcontrabbandiere.Abitanti della montagna accomunati, fra le altre cose, dalla necessit di conoscere sentiero persentiero il terreno che percorrono, come seppe fare ad esempio il Gianavello, contadino-condottiero che insorse nelle valli valdesi e che, proprio grazie allassoluta conoscenza deiluoghi, tenne in scacco per anni lesercito regolare ed il potere costituito. Una conoscenza delterritorio e delle tattiche guerrigliere che gli permisero anche anni dopo, dallesilio a cui eracostretto, di sostenere le genti delle sue valli nella riconquista delle terre a loro sottratte, in quelloche la storiografia chiama glorioso rimpatrio.In questi ultimi mesi, alcune persone, dopo aver condiviso le barricate contro lalta velocit, hannodeciso di dimostrare la propria solidariet a questa lotta mettendosi in cammino per diversi giorni.Qualcuno di noi si unito alla traversata, battezzata Piedi montanari: sette giorni che, dalla ValPellice alla Valle di Susa, passando per Val Germanasca e Val Chisone, ci hanno visti sullemontagne che del rimpatrio valdese sopraccennato furono lo scenario.Quando questi sentieri li si attraversa, come gran parte di noi, con in cuore un sentimento di

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    riscatto, emerge, come daccompagnamento, la storia sepolta di quelle che furono in passato lebattaglie per la libert combattute sulla montagna. Un sentimento che oggi ci sprona a battercicontro un progresso che sta, oltre che snaturando, disumanizzando lintera nostra vita e gliambienti in cui viviamo, trascinandoci in unepoca in cui lo spostarsi diventato una necessitmediata dalleconomia e dai ritmi frenetici che essa impone.Lungo il cammino, molti si sono uniti al gruppo ed altri se ne sono staccati. Durante la notte ci si accampati allaperto, in tenda, in strutture di fortuna, non prima di aver discusso e sognato,cantato e bevuto. Intanto larrivo a Bruzolo (Val di Susa) nella sua simbolicit iniziava, in un certosenso, a passare in secondo piano. Acquistava invece sempre pi valore la sintonia creatasi lungoil cammino e, in prospettiva, le speranze che venivano dal riuscire a muoverci in gruppo sui montiperch spinti da una causa, lontani dal comune diletto sportivo, dalla misera considerazionemediatica, dallo strumentalismo politico.Lungo tracciati non ancora sconvolti e sottomessi alla schiavit della velocit, ma al contrarioancora ricchi della profonda complicit tra uomo e montagna ed occasione di incontro e cono-scenza reciproca, si attraversano quei luoghi che il Capitale vorrebbe neutralizzare o, nellamigliore delle ipotesi, modellare a suo vantaggio. Di rupi incustodite, di borgate secolari, disentieri privi di merci che li possano attraversare probabilmente i signori del Denaro non sannoche farsene. Noi al contrario ne abbiamo bisogno! E bisogna dimostrarglieloCamminare siamo sempre pi convinti possa servire, oltre che a conoscere, a conoscersi: il passoiniziale per rendere immaginabile unaltra vita vissuta in montagna e possibili le lotte che cipermettano di realizzarla.Oggi, per tornare alle parole con cui abbiamo iniziato questo editoriale, sono certo meno nume-rosi i pastori ed i contadini che percorrono questi sentieri, e cos forse, dopo secoli di idee,ideologie e rivoluzioni, sono rimasti pochi pure i ribelli che percorrono le nostre montagne. Pochi,ma ci sono: ed allora ci piace accorgerci che questa rivista, con i momenti di riflessione e diiniziativa che ne segnano il cammino, si stia dimostrando in grado di accompagnare chi, oggi, siavventura sui sentieri della montagna libera e ribelle.

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    GIANAVELLO E

    LA DIFESA DI ROR

    SSSSSARAARAARAARAARA

    Giosu Gianavello era un semplice contadino di Ror, un piccolo paese della Val Pellice. Grazieal suo coraggio ed al suo valore venne soprannominato il leone di Ror o il capitano dellevalli. Questa la storia di Janavel (il suo nome in lingua dOc) e di pochi altri valdesi suoicompagni che, nel 1655, quando il Duca di Savoia, in barba agli accordi di Cavour, decise diattaccare la minoranza valdese per sterminarla, riuscirono ad organizzare una resistenza capacedi mettere in fuga i soldati, nonostante la loro superiorit numerica.Per riuscire a prendere il ribelle, il Duca mise anche una taglia di 300 ducati sulla sua testa, manessuno lo consegn. Provarono anche a rapirne la moglie e le figlia, minacciando di bruciarlevive, ma nemmeno questo sev a catturarlo. Quando le persecuzioni finirono, fu costretto adandare in esilio a Ginevra e da l, troppo vecchio, non pot pi tornare insieme ai compagni inquello che verr poi definto il Glorioso rimpatrio. Ma anche il ritorno dei valdesi nelle loro valli in qualche modo opera sua: scrisse infatti delle Istruzioni indispensabili allimpresa. Nel suoscritto troviamo, oltre alle indicazioni morali e di principio alle quali attenersi, anche preziosiconsigli per la guerriglia, frutto dellesperienza sua e dei compagni di lotta.

    Il 25 gennaio 1655, il giudice sabaudo Gastaldo emise unordinanza secondo la quale tutti ivaldesi di Torre Pellice, Luserna, San Giovanni, Fenile e dei paraggi dovevano evacuare quellezone e trasferirsi in altre a loro destinate: Angrogna, Villar Pellice, Bobbio Pellice, Ror e la Ruatadei Bonetti. Comincia a delinearsi il piano di sterminio.Il 17 aprile arrivarono in Val Pellice ben 700 soldati del marchese di Pianezza e sei reggimenti

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    francesi. In pochi giorni, tra il 24 e il 27, si consu-m il massacro sistematico della popolazione: in-tere famiglie vennero massacrate, i capi famigliacostretti a scegliere tra labiura, con relativa con-versione al cattolicesimo, e la morte per supplizio.Negli archivi della Facolt Valdese di teologia diRoma sono ancora conservati alcuni manoscritticon gli elenchi delle famiglie e la descrizione dellamorte inflitta ad ogni singolo membro. Spesso ibambini venivano scagliati sulle rocce o annegati.Quelli che scelsero di cambiare confessione reli-giosa cambiarono anche il nome, italianizzandolo:i Laurent in Laurenti, ad esempio. Chi riusc a scap-pare si rifugi in montagna, nel Queyras o in ValPerosa (parte dellodierna val Chisone). I soldaticattolici incendiarono le case ed i templi, saccheggiando tutto quello che poterono. Ad iniziomaggio, il marchese comunic alla Corte che lobiettivo era raggiunto e, soddisfatto dellimpresa,dichar che non si sentono pi armi ribelli, ogni cosa desertaogni luogo, ogni terra, ognitetto di questi contorni vinto, domato e soggiogato.A dispetto per della boria del marchese, espugnare le montagne valdesi non si rivel certoessere unimpresa facile. In pochi giorni dallattacco piemontese, Janavel e un piccolo gruppo dicontadini divenuti guerriglieri riuscirono ad organizzarsi per resistere e addirittura contrattaccare.

    Giosu JanavelGiosu JanavelGiosu JanavelGiosu JanavelGiosu Janavel

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    CONTCONTCONTCONTCONTADINOADINOADINOADINOADINO, BANDIT, BANDIT, BANDIT, BANDIT, BANDITOOOOO, STRA, STRA, STRA, STRA, STRATEGATEGATEGATEGATEGA

    Al racconto della difesa di Ror ci pare necessario aggiungere alcuni cennisulla vita di Giosu Gianavello che abbiamo tratto dal testo Giosu Gianavello,ovvero il Leone di Ror di Bruna Peyrot, pubblicato nel saggio Banditi eribelli dimenticati. Storie di irriducibili al futuro che viene, a cura di CorradoMornese e Gustavo Buratti, ed. Lampi di stampa, Milano, 2006.

    Giosu nasce nel 1617: del padre Jean (che muore nel 1634) e della madreCatherine non si hanno molte notizie, mentre della sorella Marguerite e deifratelli Jaques e Joseph si conosce limpegno a fianco del fratello nella resi-stenza valdese. La casa dei Janavel (o Gianavello nella grafia italianizzata),cognome tipico della val Pellice, che in lingua dOc significa gufo reale, sitrova nella frazione Vigne di Ror.Durante i tragici eventi delle Pasque Piemontesi, come si legge nellarticoloqui pubblicato, Janavel combatte strenuamente contro gli invasori che asse-diano Ror fino a quando, con lassalto di 8000 soldati regolari e 2000miliziani, la borgata viene espugnata il 4 maggio 1655. La situazione, per irorenghi sopravvissuti, drammatica: le case sono state devastate ed in gran

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    Infatti, gi il 28 aprile Janavel stava divedetta a Pian del Pra, sopra Ror,insieme a sei compagni. Per un potutto sembr tranquillo, poi, inlontanaza si videro arrivare i soldatiche scendevano da Pian della Sea,praticamente di fronte a Ror. Saliva-no dal Villar per sterminare i rorenghi.Immediatamente Janavel ed i suoi siprecipitarono gi per i prati, arrivan-do sotto Rocca Roussa, e si apposta-rono alle Fornaci, nascondendosi fragli alberi. Nel frattempo, 300 soldatipiemontesi sfilavano lungo il sentie-ro. Quando arrivarono a meno dicento metri, i nostri aprirono il fuocosulle truppe che, reduci da giorni dimassacri di gente indifesa, non siaspettavano certo un contrattacco. Trai soldati si diffuse il panico, perchnon riuscivano a capire da chi e dadove arrivassero i colpi. Qualcunocadde morto, altri feriti, e cominciad impadronirsi di loro la paura diforze soprannaturali; le righe si rup-pero, i soldati indietreggiarono in di-sordine. Inseguiti dai sette valdesiche, nascondendosi, continuavano adincalzarli, i soldati risalirono la chi-na. Janavel e i suoi tornarono vesoRor e sul campo di battaglia si con-tarono 60 morti fra i nemici. La primabattaglia era vinta!Nei giorni successivi, gli abitanti diRor scesero a valle e protestaronocol conte di Luserna per il tentativo diattacco. Linfame finse di stupirsi e pertenerli buoni emise una falsa ordi-nanza secondo la quale nessuno do-veva fare del male ai rorenghi. Inve-ce, stava gi mandando 500 soldatiche salissero per aggredirli alle spal-CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA NELLANELLANELLANELLANELLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA SEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTE

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    parte date alle fiamme, il bestiame statorubato, le donne sono state catturate (e traqueste troviamo la moglie e le tre figlie diGiosu) o stuprate, bambini ed anziani sonostati trucidati. Cos i sopravvissuti, a cui siunisce Giosu con il figlio di otto anni, sirifugiano nel Queyras dove, per alcuni diloro, iniziano i preparativi per la riscossa.Gi il 13 maggio un piccolo gruppo divaldesi attacca il paese di San Secondo, alleporte di Pinerolo, mentre Janavel ed il capi-tano Bartolomeo Jahier di Pramollo, tornatiinsieme dal Queyras con due squadre diuomini decisi a continuare la guerriglia,insediano il loro quartiere generale in unazona particolarmente impervia e difendibiledella val Pellice: il Vern di Angrogna. DalVern e dalla base operativa di Liussa di Villar,dove Janavel si stanziato con i suoi com-pagni, i due capitani guidano una serie dispedizioni ed assalti che fannodefinitivamente crollare il piano sabaudo epapista di ripopolare di sudditi cattolici le vallistrappate col massacro e la rapina agli ere-tici. Inoltre, la guerriglia valdese conquistala solidariet del mondo protestante, indi-gnato dai massacri delle settimane prece-denti: in tuttEuropa circolano notizie e pub-blicazioni su quanto accade nelle vallivaldesi, si raccolgono fondi, armi e uomini(in particolare soldati ed ufficiali ugonotti)da indirizzare alla resistenza, ed al tempostesso diplomatici ed ambasciatori di Olan-da, Inghilterra e Svizzera premono su Fran-cia e Casa Savoia perch si trovi una solu-zione, senza ulteriori massacri, alla Que-stione Valdese.Jahier muove alla riconquista delle valli SanMartino (attuale val Germanasca) e Perosa(parte dellodierna val Chisone), mentre ilJanavel smista gli aiuti che vanno confluen-do al centro operativo valdese di Pinasca e

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    prepara la campagna di incursioni sulla pia-nura e sulla vicina valle Po, che inizia, incompagnia della squadra di Jahier, con las-salto di Garzigliana (40 km da Torino) il 27maggio. Il giorno successivo la volta diSan Secondo, mentre il 12 giugno i ribelliattaccano Crissolo ed Ostana per rifornirsidi bestiame. Il 18 giugno si combatte adAngrogna, dove Janavel viene ferito, men-tre Jahier viene ucciso in unimboscata tesa-gli su indicazione di un traditore, nei pressidi Osasco. Con la momentanea conquistadi Torre Pellice (i valdesi si ritirano prima del-larrivo dei rinforzi nemici) si conclude il 27luglio questa fase del conflitto, poich po-chi giorni dopo iniziano a Pinerolo le Con-ferenze di Pace che porteranno alla Patentedi gratia e perdono, editto che prevede loscambio dei prigionieri, lamnistia genera-le, la liberazione dei bambini e delle donnerapiti, labolizione delle abiure strappate conla forza e che sancisce la separazione tra icatasti dei cattolici e quelli dei valdesi e lau-torizzazione al libero commercio ed alleser-cizio degli uffici pubblici da parte dei valdesinelle loro vallate.Janavel si ricongiunge con la famiglia ripren-dendo la vita contadina ed al tempo stessocollabora con il moderatore Lger nella di-stribuzione degli aiuti che, da tutti i paesiprotestanti, rendono possibile la ricostruzio-ne dei villaggi distrutti. Questa responsabili-t attira su Janavel e Lger invidie e calun-nie, fomentate sia dai cattolici sia dai valdesicontrari alle strategie guerrigliere che Janavelcontinua a coltivare in vista di nuove riscos-se. Nonostante i sinodi valdesi smentisca-no con risolutezza queste calunnie, il climaallinterno delle comunit valdesi si fa acce-so, anche perch le disposizioni della Pa-tente si rivelano ben presto solo promesseed i valdesi si ritrovano, giorno dopo gior-no, ad affrontare sempre nuove pressioni

    le (va notato che la Chiesa cattolicaautorizzava esplicitamente lo spergiu-ro ed il mancare alla parola data neiconfronti dei miscredenti).Ovviamente, i valdesi erano menoingenui di quanto credesse il conte e,mentre i soldati salivano da VillarPellice passando attraverso il Colledel Cassul, Janavel e i suoi, che oraerano in 11 uomini e 6 ragazzi arma-ti di frombole (specie di fionde moltoutili, che Gianavello lod in pi oc-casioni, anche nelle istruzioni lascia-te ai compagni per il rimpatrio: I ca-pitani non faranno male a procurarsidelle frombole a chi sapr servirse-ne, poich quando vi batterete in di-fesa le pietre delle frombole unite a10 fucili hanno molto pi effetto diquanto possiate credere), erano giallerta. Janavel divise gli uomini intre gruppi che dispose uno di fronteal colle, uno lungo il sentiero e il ter-zo sui due fianchi, tutti nascosti nelbosco e protetti dalle rocce. Appena isoldati scesero per il sentiero, ven-nero attaccati da tutti i lati con mo-schetti e frombole: limboscata ebbesuccesso. Come nellattacco prece-dente, a causa dellimpossibilit divedere chi attaccava e da dove, i sol-dati non furono capaci di difendersiadeguatamente e dovettero battere inritirata. Questa volta i piemontesimorti furono 50, mentre fra ivaldesinessuno.Questa seconda sconfitta esasperil marchese di Pianezza, che decise diinviare il Conte Cristoforo a Ror perraccontare altre frottole in grado ditener buona la popolazione. Questidisse ai valdesi che si era trattato di

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    Il Forte di Santa Maria, allepoca ed oggiIl Forte di Santa Maria, allepoca ed oggiIl Forte di Santa Maria, allepoca ed oggiIl Forte di Santa Maria, allepoca ed oggiIl Forte di Santa Maria, allepoca ed oggi

    un malinteso e che non avrebbero pidovuto temere nulla. Ovviamente medi-tava invece un modo definitivo per ster-minare i ribelli. Anche questa volta irorenghi mangiarono la foglia e, previ-denti, decisero di spostarsi tutti al Rum,nel vicino vallone del Peyret. Il paese ri-mase perci silenzioso e disabitato,mentre i vecchi, le donne e i bambinivennero scortati in colonna dagli uomi-ni. Mai manovra fu pi lungimirante: ilmattino seguente 700 soldati invaseroil vallone di Ror, distruggendo ed in-cendiando ogni cosa. Nascosti nellaboscaglia, carichi di rabbia, Janavel esedici, stavolta, tra i rorenghi, osserva-vano impotenti. Quando gli assalitori ar-rivarono al villaggio di Ror, gi carichidi bottino, Janavel, dopo aver pronun-ciato un discorso appassionato ed inco-

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    da parte del potere sabaudo, che per di pi ha mantenuto in val Pellice unanutrita guarnigione di soldati e mercenari presso il forte di Santa Maria.Ai furti ed alle requisizioni di boschi, campi e prodotti della terra, si aggiungo-no casi di bambini rapiti che non vengono restituiti alle famiglie e lobbligo divendere sottocosto i terreni rimasti fuori dalle zone destinate ai valdesi, ingiu-stizia che impedisce a molte famiglie di poter acquistare nuovi terreni da col-tivare. Janavel, con pochi compagni fidatissimi, si dedica a pareggiare un poi conti saccheggiando i campi contesi e distruggendo i raccolti usurpati aivaldesi.Nel 1658, Janavel assalta le carceri di Luserna per liberare un suo compa-gno, Costafort: al processo che ne consegue Giosu ed i suoi non si presen-tano e si danno alla macchia. Vengono ufficialmente dichiarati banditi, ediniziano a contrastare sistematicamente, con le armi, ogni sopruso inflitto allegenti valdesi dalle squadre del conte di Bagnolo, nuovo governatore del Fortedi Santa Maria. Nel 1659, Janavel viene condannato a morte e si ordina laconfisca dei suoi beni, che per lui salva affidandoli alla moglie. Le autoritsabaude ingiungono poi, nel 1661, unammenda di 3000 scudi doro perquelle borgate o villaggi che non consegneranno alla giustizia i banditi e nellostesso anno si addossano al Janavel ed al pastore Lger, anchegli condan-nato a morte, tutti gli omicidi avvenuti in val Pellice nellultimo decennio: si

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    raggiante, diede lattacco. Come sempre las-salto venne sferrato su tutti i fronti, mentre isoldati, gi stanchi e carichi dei frutti del sac-cheggio, erano meno pronti ad una reazio-ne. I nemici furono cos costretti a rinculareverso Pian Pr, ma Janavel e i suoi li prece-dettero costringendoli alla fuga. Sul camporimasero diversi feriti ed anche parte del be-stiame e del bottino razziato.Pare che Janavel, per ingannare i nemici sulreale numero dei ribelli, utilizzasse uno stru-mento di sua invenzione, la svirota, fatto diunasse che ruotava su un perno conficcatonel suolo. Alle due estremit dellasse saliva-no degli uomini che, girando, davano lim-pressione di essere molti di pi.Per quattro giorni i rorenghi stettero col fiatosospeso ad attendere il contrattacco, che ar-riv puntuale il quinto giorno, dal monteCornour, di fronte al Rum. Il Marchese di

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    cerca di isolare la resistenza dalle comunit, ed alle azioni dei banditi seguo-no costanti rappresaglie ai danni di tutti i valdesi, con arresti arbitrari, ricatti edil divieto di commercio fuori dalla valle. Ma nessuno tradisce, e dal Bric deiband, zona boscosa che sovrasta la frazione Vigne, le squadre del Janavelcontinuano le loro incursioni ed aumentano in effettivi ed armamenti (special-mente di moschetti a cavalletto o colubrine, armi allepoca molto poten-ti). Nel 1662 una squadra del Forte giunge alle Vigne con lordine di abbatte-re la casa di Giosu, ma viene messa in fuga dopo unaccesa sparatoria.Janavel, pur essendo ricercato, frequenta i mercati, i culti domenicali, appostauomini armati a controllare strade e sentieri ed intanto si prepara ad unanuova fase del conflitto contro le forze sabaude, arrivando sino a fortificarealcune creste dei monti da cui meglio si possono controllare i movimenti delnemico sul fondovalle.L8 maggio 1663, Janavel ed i suoi uomini tagliano i ponti sul Pellice, da cuipossono arrivare i rinforzi al Forte Santa Maria, ed iniziano un risoluto attaccosu vasta scala che per circa due mesi li vedr assediare i palazzi nobiliari,saccheggiare le cappelle cattoliche e recuperare una gran quantit dei benirubati alle comunit valdesi. Il 10 agosto dello stesso anno il Duca di Savoiaemana il decreto che prevede la pena di morte e la confisca dei beni per tuttala comunit valdese se entro quindici giorni non si sar dissociata dalla guer-

    La Gran Guglia (vallone degli Invincibili),La Gran Guglia (vallone degli Invincibili),La Gran Guglia (vallone degli Invincibili),La Gran Guglia (vallone degli Invincibili),La Gran Guglia (vallone degli Invincibili),estremo baluardo della resistenza valdeseestremo baluardo della resistenza valdeseestremo baluardo della resistenza valdeseestremo baluardo della resistenza valdeseestremo baluardo della resistenza valdese

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    Pianezza, ormai inviperito dalle continue scon-fitte, invi 8000 uomini disposti su tre colonne.Una di queste, composta di mercenari irlandesie truppe regolari provenienti da Bagnolo, sbu-c nel vallone con due ore di anticipo. I valdesi

    scapparono nella direzione opposta, verso ilBric. Il comandante della colonna, sicuro di s,decise di attaccare senza aspettare i rinforzi epart alla carica, ma venne fermato dalle scari-che di pietre e di colpi di archibugio e fu co-

    Le bergerie sotto il colle Giulian, sulla strada dellesilio del JanavelLe bergerie sotto il colle Giulian, sulla strada dellesilio del JanavelLe bergerie sotto il colle Giulian, sulla strada dellesilio del JanavelLe bergerie sotto il colle Giulian, sulla strada dellesilio del JanavelLe bergerie sotto il colle Giulian, sulla strada dellesilio del Janavel

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    riglia dei banditi... in concreto saranno risparmiati solo i villaggi che per-metteranno il passaggio delle truppe sabaude allattacco delle roccaforti deiribelli. Allinizio qualche comune accetta il ricatto, ma alla fine prevale il sen-timento di unione tra perseguitati e si instaura cos una situazione di stallo chedurer fino al dicembre dello stesso anno, quando a Torino si apriranno dellenuove Conferences di pace.Sono mesi in cui, se da un lato le forze sabaude non possono muoversi conla certezza della vittoria, le ristrettezze a cui la prolungata resistenza costringele comunit valdesi e lavvicinarsi dellinverno senza che si siano potute rac-cogliere grandi scorte alimentari, rendono incerto lesito di un eventuale scontrodecisivo anche per le forze ribelli, bench queste ammontino ormai a circa3000 uomini tra valdesi ed ugonotti. Ed il malumore inizia a diffondersi sem-pre pi anche tra le fila valdesi... come dimostra la richiesta che la comunit diVillar Pellice fa al Janavel affinch non si presenti pi armato al tavolo della Cena.Le conferenze di pace si snodano tra i tentativi degli emissari valdesi di dimo-strare che le azioni dei banditi non sono state rivolte contro lautorit reale,ma solo contro il malgoverno di alcuni suoi funzionari, e portano, il 26 di-cembre, ad un primo armistizio scritto ed infine alla firma, da parte di CarloEmanuele II, della Patente di Grazia, il 14 febbraio 1664, cui segue la finedelle ostilit da parte della guerriglia ed il ritiro delle truppe sabaude. Giosu,per quanto in molti sostengano ancora la resistenza ad oltranza, diventatoun personaggio scomodo e sono sempre pi le voci che indicano nei ban-diti lostacolo alla fine della guerra. Alla fine per lui e per altri 43 ribelli, tracui il pastore Lger, il prezzo da pagare per la pace la condanna a morte e

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    la confisca dei beni. Alcuni dei condannati partono per lesilio, altri continue-ranno a vivere in clandestinit nelle valli: Janavel, attraverso il col Giulian, siincammina verso Ginevra, dove nel 1670 lo raggiunger la moglie e da cui, siracconta nelle valli, torner pi volte clandestinamente in visita alle sue genti.A Ginevra Janavel accolto come un eroe: il Consiglio della citt gli assegnaun sussidio, che lui inizialmente accetta per poi preferire mantenersi da solocon lapertura di unosteria, ed esuli e persone sensibili alla causa valdese glisi stringono intorno facendo della sua taverna un centro di informazione e disolidariet nei confronti delle comunit delle valli. Lattivit di Giosu preoc-cupa dunque parecchio le autorit cantonali, che non smetteranno mai disottoporlo a pedinamenti e controlli, ed inoltre su di lui pende ogni giorno laminaccia delle spie e dei sicari inviati dal governatore del Forte di Santa Ma-ria. Ma il Janavel non abbandona lidea del ritorno e della riscossa e neglianni antecedenti al 1686 detta ad alcuni scrivani (Giosu un uomo colto,ma non ha vocazione da scrittore) una serie di indicazioni etiche e militariche, continuamente aggiornate, costituiranno le varie versioni delle Istruzionimilitari. Queste preziose indicazioni (di cui esistono due versioni manoscrittein tedesco, otto in francese e due in italiano) verranno fatte circolare in tutto ilmondo protestante e, grazie a corrieri fidati, arriveranno fino alle valli valdesipreparandone la resistenza, che nel frattempo tornata ad animarsi, per lariscossa finale.Le sue istruzioni accompagneranno le gesta del Glorioso Rimpatrio, concui i valdesi riconquisteranno definitivamente le loro valli, e, seppur non glisar possibile partecipare di persona alla spedizione (Henri Arnaud, che gui-der il rimpatrio, lo ricorda come un settantenne bon vieillard che offreconsigli ed esperienze ai giovani combattenti in procinto di partire), il suosar un contributo fondamentale alla buona riuscita dellimpresa, di cui avrnotizia pochi giorni prima di morire, il 5 marzo 1690.

    stretto a ritirarsi. Il grosso dei soldati tent di riorganizzarsi pi a valle, verso Roca Chapel, astrapiombo sul torrente Luserna. Part un inseguimento furioso da parte dei valdesi, che attaccaro-no approfittando di un momento di debolezza dei soldati, spingendoli verso lo strapiombo. Icattolici cercarono di calarsi dalla roccia, ma molti si sfracellarono oppure morirono cadendo neltorrente. Cos Ror fu salva.Questa solo una parte di una lunga storia, cominciata prima di questi episodi e proseguitaancora per lunghi anni. Nonostante queste vittorie, i valdesi furono ancora attaccati in seguito ecostretti a difendersi strenuamente: basti pensare che, di una popolazione di quasi 16000 perso-ne, alla fine del XVII secolo ne rimanevano solo 3400.

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    z

    Lillustrazione a pag. 5 tratta dal sito http://lucy.ukc.ac.uk, la foto a pag. 10 opera di Fabrizio De Giorgis, le altre immagini provengono dalsito www.geocities.com/luoghistorici.

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    LA SCELTA DELLALPEPASTORI RESISTENTI IN QUOTA

    SERVANOTSERVANOTSERVANOTSERVANOTSERVANOT

    Dopo il neolitico e lespansione delle prime societ produttrici in Medio oriente, la nascita deglidei, dellagricoltura, dellallevamento ed in particolare della domesticazione della pecora, laricchezza si edific, almeno in parte, sul possesso di un gregge. significativo che il terminecapitalismo derivi da capitale, che stava ad indicare il numero di capi che ogni pastore possedeva.Fino a non molto tempo fa, i pastori transumanti a corto di viveri avevano labitudine di tagliare lacoda alla pecora viva, per non perdere un prezioso capo. Ai giorni nostri, il nomadismo di questipastori mal accettato. Considerati come dei ladri derba, sanno di essere le pecore nere dellepopolazioni sedentarie. In inverno ed in primavera, prima di salire in montagna, si sentono deifuorilegge, e ovunque passano sono accusati di pascolo abusivo. E quando la polizia gli intimadi allontanarsi dalla carreggiata per lasciare libera la circolazione, corrono subito il rischio diessere presi in flagrante reato di pascolo illegale(da un articolo di Tavo Burat apparso su LAlpe).Ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare per un certo periodo alcuni pastori delle AlpiMarittime, tra gli ultimi a voler continuare questo mestiere, nonostante le difficolt e le contraddi-zioni. Nella zona i pastori nomadi sono ormai scomparsi. Fino alla met del secolo scorso i capidi bestiame erano centinaia di migliaia, ogni terrazza curata e coltivata per il fieno. A quei tempi lapastorizia era un cardine delleconomia locale. La carne e la lana due prodotti di base che avevanoun mercato fiorente. I pastori in inverno transumavano sulla costa e lentamente, con lapprossi-marsi delle stagioni calde, risalivano i pendii fino alle vette pi alte. Ormai questo genere di

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    transumanza impossibile, ci vogliono dei permessi per transitare, i cittadini si lamentano se ilgregge sporca lasfalto: e, in fondo, per andare dove?I prati che verdeggiavano anche in inverno sulla costa sono ormai diventati centri commerciali evacanzieri, villette con piscina e autostrade. I pastori rimasti, che hanno accettato la sedentariete quelli ostinati ed innamorati del proprio mestiere hanno dovuto adattarsi alle norme ed allesovvenzioni per acquistare a prezzo doro il fieno per linverno. Le norme europee sulla produzio-ne di formaggi rendono precaria la sopravvivenza di questi bergers abituati a fare il formaggio

    Il formaggio, come sempre si fattoIl formaggio, come sempre si fattoIl formaggio, come sempre si fattoIl formaggio, come sempre si fattoIl formaggio, come sempre si fatto

    DSARPA

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA NELLANELLANELLANELLANELLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA SEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTE

    DOVE IL PROGRESSODOVE IL PROGRESSODOVE IL PROGRESSODOVE IL PROGRESSODOVE IL PROGRESSONON ARRIVNON ARRIVNON ARRIVNON ARRIVNON ARRIVAAAAA

    FFFFFRAIRERAIRERAIRERAIRERAIRE J J J J JACOUACOUACOUACOUACOU, , , , , AAAAA LALALALALA MOUNTANHOMOUNTANHOMOUNTANHOMOUNTANHOMOUNTANHO

    TTTTTra la mia casa e lerablo (la stalla) c lara la mia casa e lerablo (la stalla) c lara la mia casa e lerablo (la stalla) c lara la mia casa e lerablo (la stalla) c lara la mia casa e lerablo (la stalla) c laCenischia,la GrandAigo. Sono si e no ven-Cenischia,la GrandAigo. Sono si e no ven-Cenischia,la GrandAigo. Sono si e no ven-Cenischia,la GrandAigo. Sono si e no ven-Cenischia,la GrandAigo. Sono si e no ven-ti metri, e quando laria tira di qua (quasiti metri, e quando laria tira di qua (quasiti metri, e quando laria tira di qua (quasiti metri, e quando laria tira di qua (quasiti metri, e quando laria tira di qua (quasisempre) lodore della stalla entra in casa.sempre) lodore della stalla entra in casa.sempre) lodore della stalla entra in casa.sempre) lodore della stalla entra in casa.sempre) lodore della stalla entra in casa.Odore di stalla qualcuno direbbe puzza,Odore di stalla qualcuno direbbe puzza,Odore di stalla qualcuno direbbe puzza,Odore di stalla qualcuno direbbe puzza,Odore di stalla qualcuno direbbe puzza,e io invece quasi quasi direi profumo, sare io invece quasi quasi direi profumo, sare io invece quasi quasi direi profumo, sare io invece quasi quasi direi profumo, sare io invece quasi quasi direi profumo, sarperch da bambino ho imparato a capire ilperch da bambino ho imparato a capire ilperch da bambino ho imparato a capire ilperch da bambino ho imparato a capire ilperch da bambino ho imparato a capire ilcaldo buono degli animali, e il confine, moltocaldo buono degli animali, e il confine, moltocaldo buono degli animali, e il confine, moltocaldo buono degli animali, e il confine, moltocaldo buono degli animali, e il confine, moltosottile, che li legava, pi che separarli, asottile, che li legava, pi che separarli, asottile, che li legava, pi che separarli, asottile, che li legava, pi che separarli, asottile, che li legava, pi che separarli, anoi umani.noi umani.noi umani.noi umani.noi umani.Agosto sta per finire, e non me lo dice ilAgosto sta per finire, e non me lo dice ilAgosto sta per finire, e non me lo dice ilAgosto sta per finire, e non me lo dice ilAgosto sta per finire, e non me lo dice ilcalendario, ma le ombre lunghe che scen-calendario, ma le ombre lunghe che scen-calendario, ma le ombre lunghe che scen-calendario, ma le ombre lunghe che scen-calendario, ma le ombre lunghe che scen-dono dalla Corna Roussa, e la luce colordono dalla Corna Roussa, e la luce colordono dalla Corna Roussa, e la luce colordono dalla Corna Roussa, e la luce colordono dalla Corna Roussa, e la luce colordel miele che la montagna riflette sul legnodel miele che la montagna riflette sul legnodel miele che la montagna riflette sul legnodel miele che la montagna riflette sul legnodel miele che la montagna riflette sul legno

    Sono molti i motivi che ci hanno spin-to a trascorrere unestate quass.Certo ci piace lavorare con gli ani-mali, fare formaggio, o anche soltantosdraiarci sul prato a tirare il fiato eguardarci un po in giro; ci piace sta-re, come si dice, in mezzo alla natu-ra. Ciascuno di noi ha le proprie ra-gioni per essere qui, ma almeno unacosa comune a tutti. In malga tro-viamo ci che non possiamo averealtrove, nel resto dellanno: un luogoincantevole dove svolgere unattivitche ci permette di sentirci in armoniacon noi stessi e con quello che ci cir-conda. In malga troviamo un tempo

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    di larice che riveste la casa, che illumina ledi larice che riveste la casa, che illumina ledi larice che riveste la casa, che illumina ledi larice che riveste la casa, che illumina ledi larice che riveste la casa, che illumina lelose del tetto.lose del tetto.lose del tetto.lose del tetto.lose del tetto.Fra un po dovr scendere da questa monta-Fra un po dovr scendere da questa monta-Fra un po dovr scendere da questa monta-Fra un po dovr scendere da questa monta-Fra un po dovr scendere da questa monta-gna, perch c un tempo, pi o meno pergna, perch c un tempo, pi o meno pergna, perch c un tempo, pi o meno pergna, perch c un tempo, pi o meno pergna, perch c un tempo, pi o meno perSan Michele, il 29 settembre, in cui chi portaSan Michele, il 29 settembre, in cui chi portaSan Michele, il 29 settembre, in cui chi portaSan Michele, il 29 settembre, in cui chi portaSan Michele, il 29 settembre, in cui chi portale bestie in alpeggio deve riportarle al piano,le bestie in alpeggio deve riportarle al piano,le bestie in alpeggio deve riportarle al piano,le bestie in alpeggio deve riportarle al piano,le bestie in alpeggio deve riportarle al piano,un tempo che ha tanti nomi.un tempo che ha tanti nomi.un tempo che ha tanti nomi.un tempo che ha tanti nomi.un tempo che ha tanti nomi.Nella parlata francoprovenzale si chiama laNella parlata francoprovenzale si chiama laNella parlata francoprovenzale si chiama laNella parlata francoprovenzale si chiama laNella parlata francoprovenzale si chiama laDsarpa, e non importa la grafia pi o menoDsarpa, e non importa la grafia pi o menoDsarpa, e non importa la grafia pi o menoDsarpa, e non importa la grafia pi o menoDsarpa, e non importa la grafia pi o menonormalizzata o accademica.normalizzata o accademica.normalizzata o accademica.normalizzata o accademica.normalizzata o accademica. la discesa, per forza, dallalpeggio. Di pa- la discesa, per forza, dallalpeggio. Di pa- la discesa, per forza, dallalpeggio. Di pa- la discesa, per forza, dallalpeggio. Di pa- la discesa, per forza, dallalpeggio. Di pa-scolo non ce n pi, e la neve si annuncia,scolo non ce n pi, e la neve si annuncia,scolo non ce n pi, e la neve si annuncia,scolo non ce n pi, e la neve si annuncia,scolo non ce n pi, e la neve si annuncia,

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA DALLADALLADALLADALLADALLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA PRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTE

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    come una volta, senza i frigoriferi e i rubinetti apedale. La burocrazia li sta inghiottendo lenta-mente, senza fretta, per continuare a dare lapossibilit ai turisti venuti dalla pianura di scat-tare le loro foto ricordo. La reintroduzione dellupo nelle Alpi Marittime, tra laltro, ha resoancora pi difficile la vita di questi abitanti dellamontagna. Qualcuno ha provato a difendersi, stato condannato e linciato mediaticamente,subendo lassalto dimprobabili gruppiecologisti che al grido di assassino hannoaccompagnato il pastore in tribunale.Alcuni di loro hanno perso centinaia di pecore

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    che trascorre pi lento, senza fretta, un tempo in sintonia con lalternarsi delsole e della luna, un ritmo pi naturale. Sentiamo il profumo dellerba, ecapiamo che anche lodore della stalla migliore di quello che si respira incerte citt. Misuriamo le distanze in passi e ore di cammino, non in litri dibenzina consumati. Ricaviamo le nostre soddisfazioni non dai soldi, ma dal

    sapore di una ricottae dal sapere ogni gior-no qualcosa in pi,sulle vacche e le ca-pre, sulla montagna esui racconti che custo-disce, su chi la fre-quenta e ci viene a tro-vare, su noi stessi an-che. Abbiamo il privi-legio di poter ascolta-re i diversi silenzi del-le albe e dei tramonti

    e ci piace scambiare due chiacchiere attorno al fuoco, davanti ad un buonbicchiere di vino. Siamo persone semplici e quando la sera la fatica che ciaccompagna a dormire, abbiamo la certezza di aver combinato qualcosa dibuono, mettendoci tutta la passione di cui siamo capaci. Proprio come hannofatto prima di noi tanti uomini e tante donne la cui intimit con gli animali e ilcui legame con la terra cerchiamo di ritrovare e di ripetere. Ci sembra cheogni minuto e perfino ogni nostro pi piccolo gesto abbiano un senso pro-fondo e ci facciano sentire orgogliosi di noi stessi e di quanto facciamo. questo che ci fa sentire parte della natura. questo che ci fa scegliere di stare

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    da nord. il momento delle cascine di pianu-da nord. il momento delle cascine di pianu-da nord. il momento delle cascine di pianu-da nord. il momento delle cascine di pianu-da nord. il momento delle cascine di pianu-ra, o del fieno in stalla alle medie altitudini:ra, o del fieno in stalla alle medie altitudini:ra, o del fieno in stalla alle medie altitudini:ra, o del fieno in stalla alle medie altitudini:ra, o del fieno in stalla alle medie altitudini:c chi, alla quota dei 1500 metri, ci vivec chi, alla quota dei 1500 metri, ci vivec chi, alla quota dei 1500 metri, ci vivec chi, alla quota dei 1500 metri, ci vivec chi, alla quota dei 1500 metri, ci vivetutto lanno. Donne, uomini, animali domesti-tutto lanno. Donne, uomini, animali domesti-tutto lanno. Donne, uomini, animali domesti-tutto lanno. Donne, uomini, animali domesti-tutto lanno. Donne, uomini, animali domesti-ci e selvatici.ci e selvatici.ci e selvatici.ci e selvatici.ci e selvatici.Destate una gioia, fuori dalle calure oppri-Destate una gioia, fuori dalle calure oppri-Destate una gioia, fuori dalle calure oppri-Destate una gioia, fuori dalle calure oppri-Destate una gioia, fuori dalle calure oppri-menti della pianura, e linverno severo: menti della pianura, e linverno severo: menti della pianura, e linverno severo: menti della pianura, e linverno severo: menti della pianura, e linverno severo: qui, negli ultimi villaggi abitati in permanen-qui, negli ultimi villaggi abitati in permanen-qui, negli ultimi villaggi abitati in permanen-qui, negli ultimi villaggi abitati in permanen-qui, negli ultimi villaggi abitati in permanen-za (parlo del mio settore, Moncenisio - daza (parlo del mio settore, Moncenisio - daza (parlo del mio settore, Moncenisio - daza (parlo del mio settore, Moncenisio - daza (parlo del mio settore, Moncenisio - dacui scrivo - di qua Bonneval e Lanslevillardcui scrivo - di qua Bonneval e Lanslevillardcui scrivo - di qua Bonneval e Lanslevillardcui scrivo - di qua Bonneval e Lanslevillardcui scrivo - di qua Bonneval e Lanslevillard

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA DALLADALLADALLADALLADALLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA PRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEnei ripetuti attacchi dei lupi, nel frattempo leautorit e gli amici della natura, vengono adapplaudire le incursioni del predatore.Anche nelle vicine regioni alpine italiane le nor-me europee sono fatte rispettare alla lettera ed ormai rarissimo trovare dei margari o deipastori che producano formaggi come una vol-ta. Quelli che ancora producono del formag-gio in nero sono costretti a venderlo di na-scosto, come se il loro prodotto fosse scaden-te. Ognuno dei pastori che ho incontrato mi ha

    Il collare del cane da lupi: lo scontro tra selvatico ed addomesticatoIl collare del cane da lupi: lo scontro tra selvatico ed addomesticatoIl collare del cane da lupi: lo scontro tra selvatico ed addomesticatoIl collare del cane da lupi: lo scontro tra selvatico ed addomesticatoIl collare del cane da lupi: lo scontro tra selvatico ed addomesticato

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA DALLADALLADALLADALLADALLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA PRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTE

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    dalla sua parte. Infatti, poich siamo persone semplici, vogliamo semplice-mente dire una cosa: che siamo contrari ai progetti dellinceneritore di Trentoe del treno ad alta velocit lungo lasse del Brennero. Sono molti i motividella nostra opposizione; hanno a che fare con la tutela della salute, con lasalvaguardia dellintegrit dei boschi e della bellezza delle valli, con il fattoche la gente possa decidere cosa fare o non fare della propria terra. Alcuni diquesti motivi coincidono con le ragioni espresse nei testi che trovate qui, altrili potete conoscere fermandovi a fare due chiacchiere con noi, il modo piinteressante. Ma ce n anche un altro, un modo che forse vi permetter dicapire qualcosa in pi. Dovete soltanto fermarvi per un attimo e cominciare aguardarvi attorno. Magari avrete sentito o vi sarete fatti voi stessi delle opinio-

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA NELLANELLANELLANELLANELLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA SEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTE

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    oltre la montagna) dove davvero vivere vuololtre la montagna) dove davvero vivere vuololtre la montagna) dove davvero vivere vuololtre la montagna) dove davvero vivere vuololtre la montagna) dove davvero vivere vuolanche dire, dinverno, resistere: con la neveanche dire, dinverno, resistere: con la neveanche dire, dinverno, resistere: con la neveanche dire, dinverno, resistere: con la neveanche dire, dinverno, resistere: con la neveche cade davvero e non la festa di plasticache cade davvero e non la festa di plasticache cade davvero e non la festa di plasticache cade davvero e non la festa di plasticache cade davvero e non la festa di plasticadelle stazioni olimpiche, ma spesso undelle stazioni olimpiche, ma spesso undelle stazioni olimpiche, ma spesso undelle stazioni olimpiche, ma spesso undelle stazioni olimpiche, ma spesso unchagrin (una preoccupazione). Ma si, frachagrin (una preoccupazione). Ma si, frachagrin (una preoccupazione). Ma si, frachagrin (una preoccupazione). Ma si, frachagrin (una preoccupazione). Ma si, fraun po sar lora di scendere, almeno per unun po sar lora di scendere, almeno per unun po sar lora di scendere, almeno per unun po sar lora di scendere, almeno per unun po sar lora di scendere, almeno per unpo, perch il lavoro chiama, in quella pia-po, perch il lavoro chiama, in quella pia-po, perch il lavoro chiama, in quella pia-po, perch il lavoro chiama, in quella pia-po, perch il lavoro chiama, in quella pia-nura massacrata dai fumi e dai rumori dellin-nura massacrata dai fumi e dai rumori dellin-nura massacrata dai fumi e dai rumori dellin-nura massacrata dai fumi e dai rumori dellin-nura massacrata dai fumi e dai rumori dellin-dustria, quella pianura che seduce e ricattadustria, quella pianura che seduce e ricattadustria, quella pianura che seduce e ricattadustria, quella pianura che seduce e ricattadustria, quella pianura che seduce e ricattacon i suoi inviti ad uno stipendio garantito.con i suoi inviti ad uno stipendio garantito.con i suoi inviti ad uno stipendio garantito.con i suoi inviti ad uno stipendio garantito.con i suoi inviti ad uno stipendio garantito.Dsarpa, appunto, la discesa dallalpe - lascioDsarpa, appunto, la discesa dallalpe - lascioDsarpa, appunto, la discesa dallalpe - lascioDsarpa, appunto, la discesa dallalpe - lascioDsarpa, appunto, la discesa dallalpe - lascioad altri, o ad altri momenti, le analisi profon-ad altri, o ad altri momenti, le analisi profon-ad altri, o ad altri momenti, le analisi profon-ad altri, o ad altri momenti, le analisi profon-ad altri, o ad altri momenti, le analisi profon-de e le rivoluzionarie ricette per lavvenire.de e le rivoluzionarie ricette per lavvenire.de e le rivoluzionarie ricette per lavvenire.de e le rivoluzionarie ricette per lavvenire.de e le rivoluzionarie ricette per lavvenire.Fra poco raggiunger le bestie al pascolo, unoraFra poco raggiunger le bestie al pascolo, unoraFra poco raggiunger le bestie al pascolo, unoraFra poco raggiunger le bestie al pascolo, unoraFra poco raggiunger le bestie al pascolo, unoradi marcia e duecento metri di dislivello, perdi marcia e duecento metri di dislivello, perdi marcia e duecento metri di dislivello, perdi marcia e duecento metri di dislivello, perdi marcia e duecento metri di dislivello, perseguirle poi nella discesa, nella luce di unaseguirle poi nella discesa, nella luce di unaseguirle poi nella discesa, nella luce di unaseguirle poi nella discesa, nella luce di unaseguirle poi nella discesa, nella luce di unasera che gi sfumer i suoi colori nel tramonto.sera che gi sfumer i suoi colori nel tramonto.sera che gi sfumer i suoi colori nel tramonto.sera che gi sfumer i suoi colori nel tramonto.sera che gi sfumer i suoi colori nel tramonto.Scende dietro la Corna Roussa, il sole, e illu-Scende dietro la Corna Roussa, il sole, e illu-Scende dietro la Corna Roussa, il sole, e illu-Scende dietro la Corna Roussa, il sole, e illu-Scende dietro la Corna Roussa, il sole, e illu-mina con una fantasia di luci il Rocciamelone,mina con una fantasia di luci il Rocciamelone,mina con una fantasia di luci il Rocciamelone,mina con una fantasia di luci il Rocciamelone,mina con una fantasia di luci il Rocciamelone,l di fronte.l di fronte.l di fronte.l di fronte.l di fronte.

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    ripetuto la stessa cosa: senza le sovvenzioni, illoro mestiere sarebbe scomparso da tempo. Mase da un lato le sovvenzioni garantiscono la so-pravvivenza di questo mestiere, dallaltro obbli-gano il sovvenzionato a firmare dei contratti dalladurata minima di cinque anni. Se durante quelperiodo il pastore decide di abbandonare la suaattivit, deve rimborsare le somme che gli sonostate concesse. Il pastore tenuto poi a pagaredi tasca propria i controlli periodici che sonoeffettuati sul latte prodotto, deve inoltre avereun numero minimo di capi per accedere ai con-tributi e deve quindi lavorare di pi, impegnan-dosi ad ingrandire la propria azienda e poterusufruire di ulteriori sovvenzioni, nel caso con-trario destinato al fallimento. Con questi pre-supposti difficile trovare le motivazioni per di-ventare pastore. Un mestiere che ha una storiadi almeno 6.000 anni nellarco alpino, che hasvolto un lavoro incessante per la montagna,tenendola pulita e concimandola, pressoch

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    ni differenti, ma dovete fidarvi deivostri occhi. Quello che vedete qui lesatto contrario di ci che il co-siddetto sviluppo, con i suoi trenisuper veloci, le sue ciminiere chesputano diossina, lasfalto sui sen-tieri, le seggiovie che arrivano dap-pertutto, vuole imporci, con la suapresunzione della superiorit,conlarroganza della sua presuntanecessit. Dove c aria pura vo-gliono i fumi di scarico dellince-neritore, dove c una sorgente lasua scomparsa, dove c un pa-norama che ci lascia senza fiatouna galleria per attraversarlo sen-za vederlo. Vogliono un luogouguale a tutti gli altri, pieno di mer-ci inutili, rifiuti dannosi e di gentesempre pi di corsa che non sadove andare. Il mondo che essi cidescrivono e questo in cui sietesono inconciliabili, tra essi vi lastessa differenza che c fra il de-serto e un ambiente ospitale. Cidicono che il progresso va in quelladirezione, percorrendo una stradasulla quale per sappiamo gi chenoi ci perderemmo. Perci nonabbiamo alcuna esitazione a di-chiararci contro il progresso, queltipo di progresso, e a schierarcidalla parte di chi lotta senza com-promessi, come in Val Susa, perfermarlo. Perch ogni qualvolta unprogetto di quel tipo viene propo-sto, in quello stesso momentounesperienza come la nostrascompare.Vogliamo difendere noi stessi, ilche significa difendere questi luo-ghi. Perch preferiamo questa vitadura ma genuina come un sorriso

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    scomparso nel giro di una settantina danni, divorato dalle politiche europee e comunitarie.Passeggiando su questi sentieri, respirando questaria e questo silenzio si capisce la caparbiet diquesti ultimi rappresentanti di un mondo ormai quasi scomparso. Penso per a tutte quelle perso-ne che hanno abbandonato la montagna per andare a vivere in pianura e lavorare in fabbrica. Tra

    e sincera come una stretta di mano, una vita che soddisfa i nostri bisognireali, distinguendoli da quelli fittizi e imposti. Non abbiamo bisogno di anda-re in un centro commerciale per sentirci vivi. Spesso ci viene rivolta una do-manda: - Perch siete qui? Perch invece di un lavoro comune, otto ore algiorno e il fine settimana a casa, avete scelto un mestiere che vi costringe arinunciare ai piaceri della vita? - Ogni volta abbiamo risposto trattenendo latentazione di rovesciare la domanda: - Come fate, voi, a trascorrere una vitaintera percorrendo ogni giorno la stessa strada, facendo magari qualcosache non vi appassiona? La vostra vita vi piace davvero? - Oggi vi chiediamosolo questo: - Perch siete arrivati fin qui? Cosa cercate? Cosa pensate ditrovare? - Ecco, noi vorremmo che la malga possa diventare un luogo diincontro, di confronto e di stimolo fra sensibilit che scoprono di avere qual-cosa in comune, dove discutere delle cose che ci stanno a cuore e del modoper difenderle quando le sentiamo minacciate.Unoasi che cresce, non un miraggio che rischia di svanire.

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    I PASTORI DI MALGA CAMPO, MALGA CAMPOGROSSO E MALGA MISONEMONTAGNE DEL TRENTINO

    queste ve ne sono molte che non rimpiangono la loro scelta. La vita in montagna non era facile,una vita rude e precaria se paragonata alle otto ore del turno in officina. E poi alla fine del meseil salario, dicono, sicuro.Eppure nei loro occhi sindovina la malinconia quando parlano di quei prati lass, e per unmomento il loro sguardo si accende, animato da ricordi che mozzano il fiato. Hanno ormai persoquel colore rossastro sulle guance ba-ciate dal sole e dai venti, quellandaturaclaudicante cui ci si abitua scarpinandosu quei pendii.Ci sono poi pastori che non hanno unatradizione di famiglia da rispettare: han-no scelto di prendere un gregge negli anni70, mentre le citt si infiammavano dilotte e di collere sociali. Forse per sfug-gire agli stress di una vita da automi, re-golata dai ritmi del lavoro salariato, han-no scelto di vivere da pastori, senza le mungitrici e i frigoriferi dacciaio, ripetendo gesti millenari,conoscendo le loro bestie una ad una, curandole con rispetto quando sono malate, provandolamaro in bocca quando arriva il momento di separare gli agnelli dalla madre, quando il coltelloaffonda alla ricerca della giugulare. Il loro rendiconto economico esiguo, devono fare i salti

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    mortali per fare quadrare il bilancio, hanno sviluppato unantipatia particolare per i tecnici dellasanit, per i commercialisti, ma non cambierebbero il loro mestiere. Sanno che cosa offre loro lasociet industriale, non potrebbero pi vivere in cubi di cemento, accettare le umiliazioni incambio di una misera paga, scambiando la costellazione dellorsa maggiore con un televisore

    ultrapiatto. Trovano gusto nel farsida mangiare con la legna, con cas-seruole annerite dal fumo, nei sa-pori e negli odori della montagna. ormai diventato il loro mondo,anche se si rendono conto che minacciato. Qualcuno ha provatoa formare unassociazione pasto-rale, il cui scopo promuovere lat-tivit del pastoralismo e la conser-vazione delle razze locali. Il pro-getto si occupa anche del disbosca-

    mento di pascoli ed offre lavoro ad alcuni giovani appassionati di falegnameria.Lultimo pastore che ho conosciuto qui un giovane con una certa esperienza, i suoi nonni eranogi pastori. Dice che il pastore si fa soltanto se si ha la passione, ci vuole il cuore e lamore perle bestie, conosce tutte le canzoni dei pastori fino alla Val Susa, canzoni in cui spunta sempre unabiundina, un fiore e spesso anche un alpino. Un uomo daltri tempi, legato indissolubilmente aquel mondo. Dallalpeggio in cui passa lestate mi parla di transumanze che duravano dei mesi,delle malattie delle pecore, delle liti sui confini del pascolo, del lupo che transuma con il suogregge. Non sembra preoccupato dalle frotte di turisti che passano e lo fotografano come se fosseuna reliquia. Steso sul prato vicino ai suoi cani, ha tutta la pacatezza di un saggio, mentre osservail tramonto gli brillano gli occhi. Gli scarpun di una volta, la classica camicia a quadri, un cappellodi feltro, il bastone decorato alla maniera dei bergers, non si scompone di fronte alle nuvolegonfie e rumorose. Ha seguito il suo gregge dallalba e non lo perder di vista fino a notte, quandoritrover la sua baita. Sul tetto, ha sostituito una lamiera con un vetro che gli permette di osservarele stelle. Venere, la prima stella della sera, qui chiamata anche toile du berger: un punto diriferimento che indica quando il momento di rientrare dal pascolo. facile divagare coi pensieria queste altezze, perdersi con lo sguardo verso i fondovalle, provando a riconoscere un sentierooppure un larice curvato dal vento e dalle asperit della roccia. Pi vicini al cielo, lontano dalbaccano della societ industriale, fieri ed orgogliosi dessere pastori.

    Le foto sono opera di Fabrizio De Giorgis.

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    LA BIRRA PRIMA DELLE

    MACCHINE

    LLLLL IBERIIBERIIBERIIBERIIBERI B B B B B IRRAIIRRAIIRRAIIRRAIIRRAI

    Era settembre quando ho imparato a riconoscere il luppolo. Perch dallinizio del mese dalgroviglio di foglie vengono fuori quei grappoli verdi prima, giallini poi, che se li mangi non tisbagli: lamaro lo riconosci subito e di altri rampicanti che fioriscono adesso io non ne so.Ricordo che io camminavo - non che andassi da qualche parte di preciso, mettevo in fila i passi ele idee - e pensavo che di l dovevano essere passati quando avevano portato il ponte radio sulS.Martino, per i partigiani. I vecchi sentieri spiegano molte cose, ma forse solo un modo perprendersi il tempo di capirle, non so.Sta di fatto che quando lo conosci, il luppolo lo ritrovi un po dappertutto, e in primavera scopri chepoi il luvertiss da mettere in pentola con le prime erbe salvatiche.Poi settembre anche il momento di tirar fuori lorzo dalla madia, dove sta dalla mietitura ormaiabbastanza lontana: buono quello di montagna, pi povero di proteina, ma importante che siadistico, cio quello con la spiga piatta e china.Lo si bagna, lui gonfia, butta fuori le radichette e poi lo si secca dolcemente al fuoco di legna.E la legna anche importante, perch il fumo marca il gusto - castagno, faggio - e di legno sonoi tini, le botti, ancora castagno o rovere, e anche il tarl per remenare. E poi la legna serve perfare fuoco, ch il mosto deve bollire.Ma poi pi di tutto importa lacqua. Acqua buona, tanta, fresca, leggera, che sappia di roccia e nonabbia visto il sole: ognuno sapr quale fonte scegliere.Ma a far andare il lambic in cantina labbiamo guardato tutti, sottovoce, e il vino qualcosa chesa un po di zolfo e rame ma che in qualche modo ricordiamo. Ma la birra no, la birra tornata

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    LA PREPLA PREPLA PREPLA PREPLA PREPARAZIONE DELLAARAZIONE DELLAARAZIONE DELLAARAZIONE DELLAARAZIONE DELLABIRRABIRRABIRRABIRRABIRRA

    RICETTRICETTRICETTRICETTRICETTA TRADIZIONALE AA TRADIZIONALE AA TRADIZIONALE AA TRADIZIONALE AA TRADIZIONALE ATRIPLA DECOZIONE.TRIPLA DECOZIONE.TRIPLA DECOZIONE.TRIPLA DECOZIONE.TRIPLA DECOZIONE.

    PER TRENTPER TRENTPER TRENTPER TRENTPER TRENTA LITRI DI BIRRA CHIARAA LITRI DI BIRRA CHIARAA LITRI DI BIRRA CHIARAA LITRI DI BIRRA CHIARAA LITRI DI BIRRA CHIARA,,,,,

    SECCA, CIRCA 5 GRADI ALCOLICI.SECCA, CIRCA 5 GRADI ALCOLICI.SECCA, CIRCA 5 GRADI ALCOLICI.SECCA, CIRCA 5 GRADI ALCOLICI.SECCA, CIRCA 5 GRADI ALCOLICI.

    Prima di tutto bisogna procurarsigli ingredienti: come abbiamodetto acqua di fonte (50 lt), lup-polo (da cogliere i fiori femmini-li, da usare freschi o essiccati-150g circa), e orzo distico (10kg vedi anche nunatak n 2, peravvicinarsi ala coltivazione dellasegale). Lorzo va lavato, mes-so a bagno e scolato dopo 8-12 ore, poi rimesso a bagnofinch non peser 14 kg scolato.Andr quindi disteso e fatto ger-mogliare per circa 7giorni, curan-do che non si secchi nammufisca, girandolo pi volteal giorno.Sar pronto quando il germoglio(non le radichette), visibile in tra-sparenza allintero del seme nonmisurer i 2/3 della lunghezzadello stesso (vedi figura nellaprossima pagina).A questo punto va asciugatodolcemente al fuoco (30-40 gra-di) finch non sar completa-mente asciutto. Solo allora si

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    dall America con pizza e patatine, e una gasatura esagerata come la cultura che la porta. Chissperch poi, visto che la montagna ci d tutto quel che serve per farla. Ma le vicende umane sonostrane, e il loro cambiare fa la storia pi del passare degli anni. Cos di quel che oggi, forse nonsar domani, e cos in questa storia che voglio riportare.

    Europa, sesto secolo d.c.: terra selvaggia, ancora ricoperta di foreste. Per le citt romane pasco-lano greggi, si vive in villaggi raccolti intorno ai castelli dei signori che dominano le terre e gliuomini in nome di Sua Maest. Le popolazioni rurali scivolano verso un maggiore asservimento,

    Al lavoro in una brasserie del XVII secoloAl lavoro in una brasserie del XVII secoloAl lavoro in una brasserie del XVII secoloAl lavoro in una brasserie del XVII secoloAl lavoro in una brasserie del XVII secolo

    ma non tutti: qualche piccola comunit ribelle resiste nei luoghi pi impervi, sulle montagne,esentandosi dai tributi di giornate di lavoro, di cereali, pane, animalie cervogia.Le grandi migrazioni sono terminate: i longobardi si insediano stabilmente in Italia. Limperoromano caduto ma c qualcosa che i barbari non riusciranno a vincere: il fascino per la civilt

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    potr dare un leggero colpo di fuoco (70-80 gradi) per farlo imbiondire e sipasser al vaglio per eliminare completamene le radichette.Avrete ora circa 8 kg di malto da far riposare qual-che settimana.Si potr utilizzare macinandolo grossolanamentequanto basti per rompere i chicchi senza fare trop-pa farina.Allora di preparare la cotta serviranno unpentolone grande (40 litri, ottimo un grande paio-lo) e un tino in legno o altro contenitore della ste-sa capacit, una pentola da 15-20 litri ed un ter-mometro tipo da casaro (0-100 gradi).Scaldate 25 litri di acqua a 42 gradi e versatelanel tino di legno insieme al malto,mescolate edovreste ottenere circa 35 gradi: aggiustate la temperatura con piccole ag-

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    romana. I loro capi si accomoderanno al posto di quelli romani, agghindandosi degli ori e dellevesti dei loro antichi rivali. Impararono ad apprezzare lolio e a bere il vino. Cos la birra scontil fatto di essere barbara e la vite, simbolo di raffinatezza mediterranea, trov diffusione fin sottolarco alpino e oltre, in tutta la Gallia , ad adornare le villae dei signori.

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    giunte di acqua calda o fredda.Lasciate lavorare per venti minutie dopo un energica mescolata pre-levate 1/3 della miscela, non trop-po liquido, e mettetela a scaldarelentamente nel paiolo di rame finoa raggiungere il bollore: sempremescolando, mantenerlo per 25minuti e poi aggiungetelo al resto.In questo modo la miscela di ac-qua e malto dovrebbe raggiunge-re in totale i 52 gradi.Ugualmente procedimento areteuna seconda volta, per raggiunge-re i 65 gradi.Infine preleverete un ultimo terzo,ma solo liquido portandolo a ebol-lizione 5 minuti, e aggiungendoloal resto.Ora dovrete filtrare il tutto trasfe-rendolo nel paiolo con una tela atrama larga ( ancora bene posso-no andar i panni di lino da casaro)o un retino molto fine.Poi risciacquerete i grani di maltocon altri 25 litri di acqua preceden-temente riscaldata a 78 gradi edopo averla filtrata la aggiungere-te al resto.Portare il tutto a bollitura per unoraavendo cura di aggiungere 100grammi di luppolo secco all ini-zio e almeno altri 30 prima di spe-gnere il fuoco.Questo mosto sterile andr tappa-to e sigillato, poi fatto raffredarerapidamente, se possibile.Quando avr raggiunto i 20 gra-

    Il luppoloIl luppoloIl luppoloIl luppoloIl luppolo

    Lincontro tra la civilt classica e barbara, di cuile abitudini alimentari sono parte, port grandicambiamenti nelle colture e culture del tempo,tracui la scomparsa dell uso della birra in alcuneterre. Questo condizionamento reciproco traecosistema (la natura che abbiamo intorno in unluogo) e cultura (ci che di questo ci sembradesiderabile) da sempre accompagna la storiadei popoli: relazione a volte equilibrata, altrestramba, ma quando sconsiderata, indubbiamen-te tragica. Venerando assurde credenze interipopoli hanno decretato la propria fine. A quan-

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    do la fine della societ attuale, sottomessa almito del progresso?

    Ma tant. Oggi qui non c un sapere popola-re della birra. Sar per quello che non si fa incantina allora, neanche quella artigianale, contutto quel che usano.Come che al posto delluomo ci puoi mettere

    di, si far fermentare aggiungendo del lievito: si pu usare quello per il vino,facilmente reperibile, oppure meglio uno specifico da birra, meno diffuso.La fermentazione durer una settimana, dopodich si potr imbottigliare: perottenere la gasatura dovrete aggiungere del nuovo mosto per riattivare lafermentazione: o 2 litri conservati sterili presi subito dopo la bollitura,oppureun cucchiaino di miele di castagno a bottiglia(non esagerare, senn scoppieranno).Tenete le bottiglie tre giorni a temeperatura ambiente e poi al freddo per al-tri 40, poi potrete provarla... buona fortuna e buona sbronza!

    una macchina. E al posto della natura, la chimi-ca. Forse s, per un inghiottire senza storia,senza sapore, che della Terra porti solo un gri-do soffocato dal rumore delle fabbriche. Manella cantina bisogna poter parlare e ascolta-re, e respirare, odorare, vedere, non correredietro al ritmo delle macchine.Perch cos tutte le particolarit del posto dove

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    si fa diventano caratteristiche uniche, e non limiti naturali da abbattere. Quella la cultura dellemacchine, di piegare, superare la natura per avere tutto pi facile e uguale, ma mai migliore. Certoche dire di no, poi vuol dire anche un bel grattarsi la testa l seduti sulla porta per capire comefacevano, perch un conto avere una macchina che ti fa un mestiere e un altro saperlo fare tu,ma col tempo ci siamo accorti che non servono costose tecnologie con i loro esperti a farlefunzionare, ma conoscenze semplici trasmesse semplicemente, e che questo piccolo sapere libe-ro dalle ansie dello sviluppo infinito quello che ti fa pi felice.Perch spente le macchine si sa quando fare e quando aspettare. Seguendo il disgelo, le gemmeche saran foglie, lerba che diventa fieno, e il ritmo della ranza, e dellascia che della legna farfuoco, fino ai nuovi passi sulla neve. E i racconti, e i pugni sul tavolo quando ci vuole.Con il selvatico intorno, ed un bicchiere nella mano.

    Nota bliografica- Miguel Altieri, Agroecologia, F. Muzzio ed., 1991;- Ivan Illich, Per una storia dei bisogni, Mondadori, Milano, 1981;- George Duby, Le origini delleconomia europea ed Laterza, Roma-Bari, 2004;- D. Roche, Storia delle cose banali;- Aa.Vv., Terra e libert/critical wine, sensibilit planetaria, agricoltura contadina e rivoluzione dei consumi, Deri-ve e Approdi, Roma, 2004;-Esbozos sobre la sociedad del trabajo muerto, in Los amigos de ludd, n. 5, mayo 2003;- Mario Rigoni Stern, Il bosco degli urogalli, Einaudi, Torino, 1962.I disegni sono opera dei Liberi Birrai, lillustrazione del luppolo tratta da Lombardia Oggi, 2/04/06.

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    COMUNICATO SULLINCENDIODI GUADALAJARAE SUGLI INCENDI IN GENERE

    LLLLLOSOSOSOSOS A A A A AMIGOSMIGOSMIGOSMIGOSMIGOS DEDEDEDEDE L L L L LUDDUDDUDDUDDUDD

    PROPONIAMO LA TRADUZIONE DALLA LINGUA SPAGNOLA DI UN COMUNICATO DIFFUSO NELLESTATE DELLANNO SCORSO DA LOS AMIGOS DE

    LUDD - BOLLETTINO DINFORMAZIONE ANTI-INDUSTRIALE A RIGUARDO DELLINCENDIO CHE DISTRUSSE UNA VASTISSIMA AREA BOSCHIVA DEL

    PARCO NATURALE DELLALTO TAJO, SULLA SIERRA DI GUADALAJARA, MASSICCIO MONTUOSO CHE SI TROVA NELLA ZONA CENTRALE DELLA

    PENISOLA IBERICA. PENSIAMO SIA UN TESTO INTERESSANTE IN QUANTO, A PARTIRE DA UN FATTO ACCADUTO, OFFRE UNA SERIE DI

    CONSIDERAZIONI E SPUNTI DI RIFLESSIONE IN MERITO NON SOLO AL FENOMENO DEGLI INCENDI BOSCHIVI, VERA E PROPRIA PIAGA CHE COLPISCE

    MOLTISSIME ZONE MONTANE, MA ANCHE ALLO SPOPOLAMENTO DELLA MONTAGNA ED ALLA POLITICA DELLE ISTITUZIONI NEL GESTIRE LE

    EMERGENZE AMBIENTALI ED IL BUSINESS DELLA NATURA-VETRINA.

    Nellepoca alla quale mi riferisco, quando la montagna non era come adesso completamentesoggetta allazione del Governo centrale, le popolazioni, in quanto pi immediatamente

    interessate alla loro conservazione e pi addestrate dallesperienza su come realizzarla, inconformit alle caratteristiche di ciascun territorio, procedevano in un modo pi semplice,

    economico ed equo, molto diverso da quello che ora si impiega in virt degli ordiniemanati da un ufficio retto da persone che conoscono il monte di cui si tratta

    solo attraverso una mappa od una cartina.1

    LICONA2 non protegger la natura, la preserver affinch alcuni la sfruttino, trasformandola montagna in un museo caro, fotogenico e folkloristico al prezzo dellesodo dei suoi

    abitanti, i quali sono stati preventivamente spogliati dei loro mezzi di sussistenza.3

    Secondo i giornali che riferiscono laccaduto, lincendio di Guadalajara stato causato dalladistrazione di alcuni imprudenti della domenica, favorito dalla siccit e non ostacolato dallamancanza di mezzi. Ecco qui, secondo il masochismo intellettuale dellepoca, la triade causa

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    del fuoco che ha bruciato pi di 12.000 etta-ri e ha posto fine alla vita di 11 persone.La risposta istituzionale ad un problema, cosprecedentemente mal posto, non poteva cheessere quella di rafforzare la politica forestalevigente, sottolineando la necessit di pi mezzitecnici, la professionalizzazione degli addetti elaumento del budget - tutte misure accompa-gnate, ovviamente, dal pugno di ferro del Co-dice Penale in materia. Ancora una volta nellalunga storia della poli-tica forestale spagnola,il cammino intrapresodalla reazione istituzio-nale e dai suoi salariatisar quello della ripeti-zione sistematica deglierrori commessi.Tuttavia, chi vuole allon-tanarsi dallo spe-cialismo tecnocraticodi tale nefasta politica,ed ascoltare le voci di-menticate di alcuni anziani del paese, potrallora giudicare lampiezza del problema evedere che il ragionamento istituzionale avvallato solo dallignoranza e dallipo-crisia.Perch un tempo, quando i luoghi naturali era-no ancora i paesaggi di una vita rurale in rela-zione diretta con il suo ambiente, e nonostanteci fossero molti meno strumenti e neppure ve-icoli a motore, non accadeva che bruciasserocos tanti ettari? Perch la montagna non si eraancora trasformata nellautentica polveriera che attualmente? La risposta semplice: pa-stori, boscaioli, raccoglitori di resina (ognipersona del paese che traeva la sua fonteprincipale di energia dal bosco e la cui eco-nomia rimaneva limitata alle risorse locali e,in misura minore, a una piccola economia dimercato) avevano stabilito una singolare re-

    lazione con il loro ambiente, formavano conquesto un ecosistema pi o meno equilibra-to. I boschi erano puliti, transitabili e difficil-mente diventavano pasto per le fiamme. Cosa accaduto perch tutto questo sparisse e ri-manesse al suo posto solo un enorme pro-blema? Lamplificazione di una economiadi mercato (nazionale, poi subito interna-zionale), la meccanizzazione crescente di di-versi settori della produzione (compresa

    lagricoltura), la galoppante urbaniz-zazionedel territorio, lo sviluppo sfrenato della loco-mozione motorizzata e, infine, come soste-gno del tutto, un consumo energetico senzaprecedenti nella storia dellumanit basatosulla scoperta e sullo sfruttamento degliidrocarburi, hanno posto le basi per la rottu-ra del sistema di vita rurale.Ma lindustrializzazione della societ nonpu spiegare tutto, poich a volte tantocausa quanto conseguenza dellabbandonodella campagna.

    Il maggior attacco, protrattosi nei secoli, chehanno subito le comunit rurali stato soprat-tutto politico e ideologico. Chi prova a guar-dare alla storia senza pregiudizi progressistie senza chiudere gli occhi, scoprir che lacampagna stata lo scenario di due guerre:

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    quella dello Stato contro il Comune, ovvero, di un potere centralizzatore, usurpatore eparassitario contro lautonomia locale e la propriet comunale; e quella della citt contro lacampagna.La funesta e tenace lotta dello Stato contro le comunit rurali si plasmata in una legislazionesempre pi avversa ai loro diritti consuetudinari, rompendo sistematicamente i diritti di utilizzocomunale ed infrangendo i precedenti criteri distributivi. Gli Intendenti della Marina nel XVIIIsecolo e, a partire dal XIX secolo, la Guardia Civil ed il corpo degli ingegneri forestali, organi-smi le cui impostazioni non potevano che essere stataliste, sono stati il mezzo burocratico erepressivo per cancellare dalla carta iberica la persistente esistenza di un modello di vita contra-rio ai loro sogni di onnipotenza.Per quanto riguarda la citt, questa ha caricato il peso delle sue necessit ogni volta maggiori esuperflue sulla campagna: dal rifornimento di alimenti, carni, minerali, legno fino alla sua ansia diozio consumista.Lideologia si incaricata del resto: prima lideologia liberale ha promosso la privatizzazionedelle terre, secondo il suo spropositato e santo principio della propriet individuale e dellinteres-se privato, e la monetizzazione delleconomia; poi, la schiacciante propaganda di massa hapromosso i valori e gli usi cittadini, la brama di consumo e di successo, la mania progressista eduna acculturazione smisurata. Solo un guercio masochista potrebbe vedere neIle conquiste dellamodernit (il suo confort tecnologico, il suo regime politico) qualcosa di paragonabile ad unacultura responsabile e rispettosa del suo ambiente.

    del tutto aberrante e deprimente vedere come i sedicenti esperti e specialisti ignorino o nascon-dano la propria responsabilit storica dietro una professionalit compiacente, essenzial-

    mente affine al programmadevastatore della societ ca-pitalista ed industriale. Allafin fine, sono funzionari odoperatori sociali sovvenzio-nati dallo Stato. In tal senso,le loro proposte ed esigenzesono inconfondibili: voglio-no pi mezzi tecnici,professionalizzazione e par-chi naturali.La societ oggi si rigira nel-lesaltazione dei mezzi per

    agire in una situazione di emergenza. Come nel caso dellaffondamento del Prestige4, siinsiste sullinsufficienza dei mezzi tecnici per ridurre il disastro. E questa fatale insufficienzaserve per animare lo spregevole mercanteggiare tra politici, giornalisti e rappresentantipubblici vari. Si diffonde una tale quantit di informazioni, spropositi e critiche confuse che laverit diventa un mero esotismo incapace di rompere gli alti muri dei discorsi di chi vive dellamenzogna. Ed il discorso dellaumento dei mezzi nelle sfere pubbliche ci porta a quello della

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    professionalizzazione dei lavoratori della campagna anti-incendio. Non diverso da ci chechiedevano i lavoratori dei picchetti contro gli incendi nellassemblea improvvisata cheebbe luogo a Cogolludo (Guadalajara) la notte del 21 luglio: formazione, professio-nalizzazione, migliori retribuzioni, migliori condizioni, pi sicurezza. Cio, ampliamento deldispositivo tecnico e professionale, sempre esterno allambito delle cause reali degli incendie della devastazione ecologica. Non avrebbe potuto essere altrimenti. La societ potr con-tinuare a sistematizzare ed a migliorare le sue contromisure per far fronte ai mali che essastessa provoca, ma incapace di scavalcare questa onda di distruzione che sta nel cuorestesso del suo delirio economico.Daltra parte, risulta tristemente ironico che nellultimo numero del luglio 2005 del bollettino delParco Naturale dellAlto Tajo, le autorit si congratulassero dellaumento di finanziamenti conces-si ai Comuni. Ora toccher loro rifare i conti. Ma, alla lunga, sicuro che anche lincendioprocurer a qualche sindaco una certa inconfessabile gioia, perch con la dichiarazione di zonadisastrata, torneranno a piovere i finanziamenti5. Non dubitiamo della buona fede delle autoritlocali, ci che ci preoccupa la loro visione del mondo, condivisa con i leader del Potere centralee con la maggioranza benpensante. Nella mentalit di sindaci, assessori e agenti dello sviluppo

    locale, la ricchezza rappresentata unicamente sottoforma di magici finanziamenti, hannoappreso in fretta che lunica forma di difesa della natura approfittarne attraverso la suadevastazione rallentata e sostenibile. E riguardo alla storia sui precedenti modi di vivere nelterritorio, sembra gi impossibile provare la loro esistenza fuori dalla catalogazioneetnografica. Cos, parlando ad esempio degli edifici pastorali della zona, nello stesso bollet-tino si legge: A partire dagli anni sessanta del secolo scorso, la forte caduta dellattiviteconomica dellAlto Tajo produsse una migrazione di massa verso i capoluoghi di provincia.Questo si ripercosse immediatamente sul mantenimento delle stalle. Ma questa constatazio-ne non deve, secondo questi tecnici della conservazione, portarci troppo oltre, per evitare,forse, che il mero desiderio di restaurare il molto antico venga rimpiazzato da una necessitimpellente di distruggere il molto moderno.Per ultimo, il colmo di una cos disastrosa politica conservazionista si raggiunge con la creazionedi spazi naturali o Parchi, che fanno parte della fantasia urbana. Luoghi dove ormai non vivepi nessuno, poich nella storia dei paesaggi di questa nuova natura interpretata si sono cancellati i

    Il villaggio di Colmenar (una delle zone colpite dallincendio)Il villaggio di Colmenar (una delle zone colpite dallincendio)Il villaggio di Colmenar (una delle zone colpite dallincendio)Il villaggio di Colmenar (una delle zone colpite dallincendio)Il villaggio di Colmenar (una delle zone colpite dallincendio)

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    profili umani (contadini, boscaioli, pastori) e rimangono in piedi solo le insegne coloratedinformazione sullambiente amministrato. cos che lo spirito della moderna conservazio-ne protegge soprattutto la natura disabitata, spazio astratto al quale nessuno potr tornare senon come visitatore autorizzato. La natura intoccabile del Parco protetto corrisponde pre-cisamente al saccheggio industriale e tecnologico del mondo vivente. Un tipo di societ chenon conserva pi nessuna pratica concreta, realizzata in comune ed a contatto diretto con lanatura, per ottenere vantaggi materiali dallambiente pu produrre solo individui che prova-no una totale indifferenza verso questo ambiente o, al massimo, che sviluppano una passioneesotica per la natura selvaggia, progressivamente museificata.Il fuoco oggi distrugge le immense coreografie di quella nuova natura interpretata che sonoi parchi protetti: in nessun caso distrugge la splendida natura selvaggia di altre ere, n glispazi di convivenza della cultura contadina, tutto ci gi sepolto da secoli di pragmatismoeconomico e tecnologico, di statalismo trionfante. Il dogma della conservazione ha aiutato adistruggere mentalmente la natura che gi aveva iniziato a essere eliminata fisicamente dagliabusi e dagli spropositi dei tempi moderni. Perch se c qualcosa che sfugge alla nostra

    societ proprio la capacit di conservare qualunque cosa. Al contrario, dotati del lorovalore duso in una societ su scala ridotta e basata fondamentalmente sullautorganizzazione,i monti, i boschi, i pascoli ed i foraggi erano ancora patrimonio di una responsabilit collet-tiva, non demagogica n fantasmatica. Il conservazionismo della montagna promosso oggidalle istituzioni occulta il vero incubo di tutti gli Stati di ogni epoca: i beni comuni e lapossibilit dellautorganizzazione.In realt poco potranno fare quelli che hanno mantenuto come condizione preliminare delloro lavoro lo spopolamento della campagna e continuano a considerarla come res nullius,un territorio vuoto6. Poco potranno fare i biologi, gli ecologisti, i forestali e i sindacalisti perfrenare la devastazione delle montagne, lavanzamento dellerosione, la siccit e gli incendi.Gli ingenti finanziamentii, i mezzi tecnici, le migliorie professionali ed i piani di rivitalizzazioneeconomica che vengono promessi non aiuteranno in assoluto a recuperare il volto perduto diuna societ in armonia con il suo ambiente. Anzi, accellereranno la sua definitiva distruzioneperch il suo presupposto, come abbiamo detto, quello della conservazione della natura

    Le fiamme lambiscono il vil laggio di CiruelosLe fiamme lambiscono il vil laggio di CiruelosLe fiamme lambiscono il vil laggio di CiruelosLe fiamme lambiscono il vil laggio di CiruelosLe fiamme lambiscono il vil laggio di Ciruelos

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    separata dalla vita sociale. Ora, la nostra societ si trova di fronte ad un dilemma quasiinsuperabile: o continuare la sua rotta catastrofica in gran parte gi irreversibile(desertificazione, perdita della biodiversit e della fertilit, cambiamento climatico, esauri-mento degli idrocarburi, ecc.), oppure scommettere sul ritorno ad una vita materiale limitata,il cui modello si trover pi nella societ rurale tradizionale che nellimprobabile societsostenibile degli ecologisti contapalle.Che involuzione storica! Che sacrilegio per la mente progressista!Tuttavia, che rimedio ci resta? A chi taccia di nostalgici gli autori di queste righe, suggeria-mo di leggere le osservazioni e le conclusioni di un libro pubblicato dallo stesso MinisterodellAmbiente (non sospettabile quindi di intenzioni rivoluzionarie). In La Seca, el decaimientode encinas, alcornoques y ortos Quercus en Espaa (2004)7, gli autori segnalavano lab-bandono della gestione boschiva tradizionale, tra le altre cause come il suolo ed il clima,spingendosi a sottolineare come unica soluzione sensata (deplorandone tuttavia, immedia-tamente, limpossibilit nellattuale situazione) il ritorno a un regime agro-boschivo tradizionale.Occorre per domandarsi: dove sono gli uomini e le donne disposti ad intraprendere ilcammino della riappropriazione, il ritorno ad uneconomia locale limitata? cos, la realt terrificante: lipnosi sociale ha raggiunto livelli di cecit inaspettati. Tutto il mondo rimastospiazzato dalla crescita economica e dallo sviluppo tecnologico. Tutti guardano da unaltraparte quando si tratta di ammettere il funzionamento mortifero del sistema. Ma presto nonavranno dove rivolgere lo sguardo, dato che tutto il loro ambiente si sar trasformato in undeserto. Perfino il mondo rurale si trasformato in un riflesso deforme di quello che succedenelle citt.Non c altro rimedio che con-statare il doppio spossessa-mento degli individui: quelloche si riferisce a uno stato diaccettazione della situazioneesistente, e quello che si riferi-sce alla perdita delle basi ma-teriali che permettevano uncambiamento radicale versoforme di organizzazione diver-se dalle attuali, poich leco-nomia dellautosussistenza sparita, e con essa, lambiente naturale che la rendeva possibile.Che fare se per cominciare siamo esposti alla disperazione o allutopia?La societ ideale per la quale scommettiamo deve essere la risposta alla seguente domanda:come coniugare un rispetto per lambiente naturale con uneconomia locale limitata nelconsumo delle risorse proprie o altrui, non controllata da politiche estranee, e non alienata(nella misura del possibile) da un mercato esterno? Allora bene, possiamo chiederci: chegenere di libert umana si pu difendere nel quadro di una societ con uneconomia volonta-riamente limitata? C da aspettarsi che la scelta (individuale o collettiva) di condizioni ma-teriali limitate andrebbe a gravare sulle condizioni di libert cos come sono intese dalla

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    mentalit moderna e progressista. Tutto porta a pensare che si ridurrebbe quantitativamenteil ventaglio di possibilit dellattivit umana: tuttavia tale perdita potrebbe tornare a vantag-gio di una maggiore concentrazione sulla qualit dellesperienza umana. Di fronte al dilem-ma che abbiamo segnalato, questo lunico che motiva i nostri sforzi.Ci restano solo da recuperare le basi materiali a nostra portata, recuperare il controllo dellenostre condizioni di vita (limitata e semplice), degli interscambi tra noi e tra noi e natura. Nonci resta che contare su noi stessi e sui pochi che vorranno intraprendere il cammino dellariappropriazione. Affinch il bosco e la montagna possano tornare a essere una fonte di vitae di energia per queste piccole comunit, ci resta solo da strapparli dalle mani dei gestori deldisastro, dellurbanizzazione rurale, del turismo. In sintesi, ci resta solo da approfittare diqualunque opportunit per porre un freno alla cultura del deserto fomentata dallattualemodello di vita.

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    Note1. Testimonianza di D. Juan Serrano Gmez, Burgos, Soria, Logroo in Derech