Numero Undici Balarm

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balarm magazinebimestrale di cultura, costume e societàanno III n°11 agosto/settembre 2009 registrazione al tribunale di palermo n° 32 del 21.10.2003

editoreassociazione culturale balarmpartita iva 05226220829

direttore responsabilefabio ricotta

coordinatricesveva alagna

redazionevia nicolò garzilli 26 - 90141 palermotel. 091.7495086 / fax [email protected]

pubblicità tel. 091.7495086 / mob. 328.5351236 [email protected]

articoliadriana falsone, claudia brunetto, claudia scuderi,daniela genova, dario prestigiacomo, fabio vento,federica sciacca, gigi razete, giorgio aquilino, giulia scalia, giulio giallombardo, gjin schirò, letizia mirabile, luca giuffrida, manuela pagano,marina giordano, marina sajeva, salviano miceli,sonia papuzza, sveva alagna, tommaso gambino

fotografiefabio manganelli, federico maria giammusso,fabrizio de blasio, marco caselli nirmal, martaspedaletti, marzio marzot, natacha claudine tanzilli, paola schillaci, rori palazzo

web & graficafabio pileri, caterina agueci

stampa officine grafiche riunite (palermo)

tiratura e distribuzione numero stampato in 12.000 copie edistribuito gratuitamente a palermo,monreale, mondello, bagheria e comprensorio in circa 250 punti diaggregazione culturale e mondana

abbonamenti per ricevere il magazine via posta ordinaria in tutta italia basta cliccare suwww.balarm.it/abbonamento.asp

l’associazione balarm è iscritta nel registro degli operatori di comunicazioneal numero 18155

in copertina barbara tabita (ph fabrizio de blasio - abiti luan)

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SOMMARIO

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www.balarm.it

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PRIMO PIANO6_Barbara Tabita, emblema della sicilianità

MUSICA10_Apple Scruffs, il nuovo cd “Brand new life”12_Tonj Acquaviva, i suoni del mondo14_Jerusa Barros, la palermitana di Capoverde16_Virginia Guastella, Ruggiero Mascellino17_Pivirama, Alfredo & Letizia Anelli, Manomanca

TEATRO20_Franco Scaldati, “Alberi adaggiati sulla luce”22_Tutta l’energia dei “Teatrialchemici”

ARTE28_“Passaggi in Sicilia”, la collezione di Palazzo Riso30_Tommaso Chiappa: realtà urbane

LIBRI 34_Enrico Bellavia, ritratto del giornalista palermitano36_Salvo Toscano, Davide Enia38_G. Savatteri, M. Pintagro, A. Rallo, E. Trapani39_M. D'Agati, A. Camilleri, G. Barbera, E. Seminara

CINEMA40_Giuseppe Tornatore, aspettando “Baarìa”42_La "mano" di Giuseppe Paternò

COSTUME & SOCIETA’44_A Palermo il Comitato Spazio Pubblico46_Ecoperando, un sito web sul giusto consumo47_La “guida” alla valigia perfetta

CIBO48_Ciappe e ‘strattu: l’arte della cura

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Cari lettori, ormai è un dato di fatto che l’estate, almeno per noi di Balarm, rappresenta un momento diriflessione. Giusto il tempo di riordinare le idee, capire cosa è andato e cosa non lo è. Insomma, in estateunn’aviemu risiettu, come si direbbe nel dialetto frizzante della nostra città. Eternamente alla ricerca ma since-ramente consapevoli, sentiamo il bisogno di crescere e di andare avanti. Un’esigenza a cui non possiamo dire“no”, alla quale non possiamo sussurrare “poi”. E allora ecco la novità più importante che riguarda la nostra nuo-va sede, in via Nicolò Garzilli 26. Un nuovo punto di riferimento, ma anche l’inizio di un nuovo percorso di inte-razione con altre realtà palermitane che hanno la stessa nostra visione di ciò che ci circonda, nonchè la stessasensibilità per ciò che si vuole realizzare. Ci apprestiamo, sempre con passione ed umiltà, ad iniziare un nuovocammino che sono sicuro ci porterà lontano. E adesso, come è ormai consuetudine, passiamo alle informazioni di servizio: l’abbonamento al magazine, sem-plice ed economico perché veniamo noi da voi a ritirare il pagamento. Infatti, solo per i residenti a Palermo, èpossibile abbonarsi al costo di 8 euro per un anno e ricevere sei numeri del magazine via posta ordinaria diret-tamente a casa. L’abbonamento si può sottoscrivere online compilando, in ogni caso, l’apposito modulo di regi-strazione presente su www.balarm.it/abbonamento.asp. Una volta compilato il modulo con i vostri dati e sele-zionata l’opzione “Contrassegno”, un nostro incaricato vi contatterà per il ritiro del pagamento in contanti pres-so il luogo da voi indicato (una comodità che dunque viene a costare solo due euro in più rispetto alla formuladi abbonamento già esistente). Vi ricordo a questo proposito che è sempre possibile acquistare l’abbonamentoanche online (tramite PayPal, quindi carta di credito, Postepay e altre carte prepagate) oppure presso la nostraredazione, in orari di ufficio. Il costo è soltanto di 6 euro (giusto la copertura delle spese di spedizione) per seinumeri del magazine. Un’ultima novità riguarda l’aspetto contenutistico del magazine, infatti, crediamo che lanostra crescita passi anche dall’interazione, dal coinvolgimento e dal confronto con i lettori. Per cui, chiunquevolesse fare delle proposte, suggerire delle idee o degli argomenti per nuovi articoli, può farlo inviando una mailall’indirizzo [email protected]. Buona lettura.

di FABIO RICOTTANumero UNDICI, nuove idee

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Non è solo in onore della scelta di LeonardoPieraccioni, che l’ha voluta ancora una volta sul

set con sé (e ancora una volta ad interpretare il ruolodi moglie, nel nuovo film in corso d’opera, “Io eMarilyn”, la cui uscita è prevista per il prossimo 18dicembre), che vogliamo parlare di lei. Barbara Tabita,trentaquattro anni, è bella, è brava, è siciliana. Labbra ben disegnate, capelli corvini, sguardo discre-to ma entusiasta. E’ nata ad Augusta, in provincia diSiracusa, ma dopo un percorso di formazione, scegliePalermo. «Sono residente a Palermo, voto a Palermo,ho sposato un palermitano. Questa città – spiegaBarbara - è la mia dimensione ideale, mi sento confor-tata e coccolata da quella sorta di “grande famiglia”che sono divenute le persone attorno a me; sotto casami chiamano per nome e io sento di appartenere aPalermo tanto quanto lei mi appartiene». La Tabita eli-de inoltre le note barriere Palermo/Catania, la città incui ha studiato, ed è sempli-cemente fiera di essere sici-liana: ama esser riconosciutacome tale, per la morbidezzadella sua linea, per il tempe-ramento. E quindi Balarmsia. Barbara ha una voce cal-da, bassa, rassicurante.Nonostante sia evidentecome abbia acquisito, con glianni, una certa consapevo-lezza di sé, tiene sempre a mente le difficoltà vissutein passato: «Ero grassa e bruttarella, respingevo imaschietti come un Vape». Si stenta a crederlo, ma idettagli, presto detti: ottantaquattro kili, taglia 52 edisturbi del comportamento alimentare. In memoria,dati oggettivi. Ma ecco che, anno dopo anno, madrenatura la trasforma: crescendo e alimentandosi inmodo sano, perde il peso e le angosce, si affaccia allavita. Scopre il talento, studia, si afferma. Teatro, com-media, cinema, canto e televisione. Andiamo per ordine. Tutto inizia quando da bambinavoleva fare la cantante; ma suo fratello, per il suosesto compleanno, costringe i genitori a regalarglil’abbonamento per il teatro stabile di Catania. Così, daAugusta, una volta a settimana tutta la famiglia sireca a teatro. Oggi anche Luigi è un attore, ed è ilresponsabile della scoperta del “fuoco sacro” di suasorella... «Il teatro mi ha rubato i figli», afferma spes-so la mamma di Barbara e Luigi, in un misto di orgo-glio e rassegnazione. Così, la giovane attrice frequen-ta la Scuola del Teatro Stabile di Catania. Perfeziona i

suoi studi teatrali con Richard Gordon dell’ActorsStudios, con il mimo Laureny Clairet dell’Ecole deMimodrame de Paris, con Kate Raichel del BerlinerEnsamble e con Giorgio Albertazzi con cui debutta alteatro greco di Taormina (‘97) e collabora per varispettacoli tra i quali “Borges in Tango”. In seguito èstato: Living Theatre, CRT di Milano, Teatro dellaTosse, Teatro Stabile di Catania, da cui tutto è partito,fino al Teatro Biondo di Palermo. Nel 2000 vince il pre-mio Danzuso come miglior attrice di prosa emergen-te, e nello stesso anno debutta sul grande schermo, alfianco di Gino Paoli, Chiara Muti e i Cavalli Marci nelmusical per il cinema “Come se fosse amore”. Da allora undici film, lavorando con LeonardoPieraccioni, per cui interpreta la moglie in “Ti amo intutte le lingue del mondo”, con Vincenzo Salemme in“Ho visto le stelle” e Ficarra&Picone («i quali coinvol-gendomi ne “Il 7 e l’8” mi hanno “battezzata” palermi-

tana”», puntualizza BarbaraTabita, che nel film interpre-tava l’assistente universita-ria, fidanzata di Valentinoalias Daniele). Nel 2005, intelevisione, lavora per unastagione in “Incantesimo 8”e ne “Il CommissarioMontalbano”. Dal 2007 èentrata nel cast fisso de “Lanuova Squadra” in onda su

Rai 3, dove interpreta l’anatomopatologa MimmaFerrante, ed ha partecipato come guest al romanzopopolare tutto siciliano “Agrodolce” nel ruolo, diGemma Martorana. «Guest sì, ma in verità - spiega -mi sono molto arrabbiata per il fatto di aver parteci-pato con un ruolo minore». Ad ogni modo, dal 2010l’attrice tornerà sul set di Agrodolce. Insomma il suo è un percorso e senza sconti. «L’averacquisito una professionalità - aggiunge Barbara –non è una sorpresa. Ho talmente faticato e studiato,niente mi è capitato dall’oggi al domani o per caso,ma solo per sacrificio, impegno e passione». Dignità,umiltà: recitare bene è una professione. Reduce dalset, Barbara descrive Leonardo come un professioni-sta molto serio e scrupoloso. «A volte si pensa che icomici siano meno rigorosi - spiega - ma non è affat-to così». Il ritorno nelle sale cinematografiche italianedel regista toscano è legato alla realizzazione di “Io eMarilyn” e vedrà nei panni della bionda più famosa ditutti i tempi, Suzie Kennedy, la più somigliante sosia diMarilyn Monroe in circolazione. «Giriamo la notte per

PRIMO PIANO

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«L’aver acquisito una professionalità non è una

sorpresa. Ho talmente faticato e studiato, niente mi è capitatodall’oggi al domani o per caso,

ma solo per sacrificio, impegno e passione»

BARBARA TABITA

di SVEVA ALAGNA

Labbra ben disegnate, capelli corvini, sguardo discreto maentusiasta. L'attrice siciliana, ma palermitana d’adozione, èinterprete del nuovo film di Leonardo Pieraccioni

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il caldo… ieri ho fatto un primo piano alle 5.50 dimattina… insomma fatica e levatacce, ma con tanterisate: Leonardo dirige con serietà ma con una sere-nità pari a quella che emerge nei ruoli da lui interpre-tati». Location ancora avvolta nel mistero, ma resagarantita. Al centro della trama del film un manuten-tore di piscine, Gualtiero Marchesi (ovveroPieraccioni), che, lasciato dalla moglie (ovvero Tabita),evoca in una seduta spiritica la defunta star degli anni‘60. Emblema della sicilianità, Barbara è positiva neiconfronti della scena teatrale e cinematografica sici-liana, oggi molto più movimentata di prima: «registi eautori come Emma Dante, realtà come il TeatroMontevergini, stagioni teatrali come quella al Biondo,la nascita del Centro Sperimentale di Cinematografiae la diffusione di prodotti indipendenti, ne sono trac-ce evidenti». Lo scorso autunno, l’attrice ha rivelato ase stessa una vena comica nei panni di Belinda in “Perfortuna che c’è la mamma”, lo spettacolo di MariaTeresa Augugliaro (regia di Antonello Catodici), conErnesto Maria Ponte e Rori Quattrocchi. Questo ruolole è entrato nel cuore, e lo descrive tra i più amati ditutti quelli interpretati: «vedere la gente ridere è sta-ta una sensazione unica e bellissima… era come se lagente mi saltasse addosso. Vorrei che i miei primi fanfossero i bimbi». E i bimbi? «I bimbi verranno… nellasituazione attuale, per motivi naturalmente lavorativi,riesco a vedere mio marito (Alessandro Flaccovion.d.r.) ogni 15 giorni. Lui vive per lo più a Milano masiamo molto uniti e la voglia di vederci e continuare acostruire è sempre tanta». Per i progetti futuri, unmusical e una fiction, oltre naturalmente “La nuovasquadra”, che torna in onda su Rai 3 a partire dal 2settembre. Uno zoom sull’attrice? Su You Tube è tanto cliccatauna scena, relativa ad un episodio de “Il CommissarioMontalbano” in cui Barbara cammina lentamente inuna stradina e saluta Montalbano. Gli occhi dell’uo-mo, ammaliato da tale primordiale bellezza, la seguo-no e rispondono al saluto languido di lei. Sembra unadi quelle attrici anni ’50 - ’60, così provocanti senzamai risultare volgari, così viscerali e intense. Ce lericordiamo, Anna Magnani e le altre, la cui femminili-tà più pura e originaria è un po’ diversa dal canonestereotipato imposto oggi. Quando l’impronta atto-riale è autentica, sostenuta dallo studio, la luce cherisplende è luce propria. «Vorrei essere stata l’inter-prete di “Sedotta e abbandonata”» conferma laTabita, mostrandosi incline a quei grandi registi delpassato come Pietro Germi.

PRIMO PIANO

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Luke Manley, mito dell’alta fedeltà e del suonoanalogico, pare avesse l’abitudine di sottoporre le

raffinate elettroniche valvolari da lui progettate alla pro-va finale del finissimo udito del proprio gatto. Il passag-gio alla fase produttiva di amplificatori che costituisconoil sogno di molti appassionati e che arrivano a costarequanto una lussuosa berlina dipendeva, pertanto, dalgradimento degli orecchi dell’altrettanto celebre micio.Poco importa che l’aneddoto sia vero o no, e poi, sonopassati troppi anni perché quel gatto sia ancora vivo.Cicci, invece, c’è ancora e, pur se afflitta da parecchiacciacchi e da una cecità che l’ha colpita fin da cucciola,da diciotto anni è la regina coccolata, accudita e riveritadell’appartamento nei pressi del liceo Cannizzaro dovegli Apple Scruffs (www.applescruffs.it), al secolo i fratelliMirko, Bruno e Alessandro Cirrone (in ordine crescen-te di età), coadiuvati da Ferdinando Piccoli alla batteria,hanno da sempre il loro quartier generale. Forse perrispetto alla veneranda età dell’amato felino, i Cirrone,eterni ragazzi nonostante stazionino da un po’ nellafascia dei trentenni, si astengono dall’impegnarlo inestenuanti prove d’ascolto ma la qualità del suono perloro ha sempre rappresentato un requisito talmente fon-damentale e imprescindibile che soltanto adesso, dopouna carriera ormai consolidata e piena di successi e dioltre un migliaio di concerti, si sono risolti a pubblicare ilnuovo album dal titolo “Brand new life”. Ecco, ciò checolpisce subito in queste nuove canzoni (poco più di unadozzina scelte tra circa cinquanta passate al vaglio) èproprio il suono, la pulizia, il dettaglio, la pienezza ed ilcalore dell’incisione. Anche i Cirrone amano l’analogico. In casa i vinili sonosparsi ovunque e non certo per esposizione: il vecchioma efficiente giradischi è sempre in funzione e la punti-na conosce a memoria ogni ansa dei solchi di “Songs inthe key of life” di Steve Wonder come dell’album “bian-co” dei Beatles. Non sorprende, allora, che per registraresi siano rivolti allo studio Sonoria di Scordia (Catania) pri-vilegiando soluzioni vintage ed analogiche, a cominciaredal banco mixer, e che per la masterizzazione siano ricor-si ai londinesi “Close to the edge”, studi dove sono statirimasterizzati i cataloghi di Who, Jimi Hendrix, Pink Floyd,George Harrison e simili altre leggende. «L’analogico è ilsistema migliore per restituire in pieno il calore e la pro-fondità del rock che facciamo - dicono convinti – e peresaltare al meglio le melodie che devono essere chiare,in evidenza». I Cirrone hanno dato vita al gruppo nel1987 (aggregando a loro altri musicisti), per tre anni sonostati chiusi in casa a provare, poi sono esplosi all’improv-viso come cover band dei Beatles, debuttando nel 1990

in un Teatro Europa preso d’assalto dai loro compagnidel liceo Garibaldi. Negli anni Novanta sono una delleattrazioni del Malaluna: «eravamo un gruppo di ragazzi-ni in mezzo a trentenni ma in breve abbiamo fattoabbassare di molto l’età media del locale». Di lì a poco sifanno conoscere in tutta la penisola come miglior coverband italiana dei Beatles ed alla fine approdano niente-meno che al Cavern di Liverpool, proprio la storica tanadei Fab Four, ove il successo è tale che da allora il localene ospita con regolarità le performance (l’ultima volta amaggio dell’anno scorso). Tuttavia, i Cirrone tengonomolto a rimarcare che questo successo, sia in patria cheall’estero, è stato sì dovuto inizialmente alla perizia nelriproporre i classici del repertorio beatlesiano, ma anchee soprattutto alla loro produzione originale. «È dal 1991 che, oltre alle cover, facciamo canzoni nostre,musica strumentale, per cortometraggi e molto altroancora. Come, ad esempio, i successi conquistati aRadioUno Rai da “Your eyes are wide open” nel 2004 e

da “Christmas’ sun”, tormentone dello scorso dicembre.È importante questo nuovo album perché è tutto e solodi nostre canzoni e perché fotografa ciò che siamo oggi:un moderno gruppo pop-rock che ama i classici del pas-sato ma non vi è rimasto impigliato. I testi, come al soli-to, sono in inglese perché è così che ci sgorgano sponta-nei. D’altronde siamo cresciuti con la musica anglosasso-ne, i nostri maestri sono americani e inglesi e parliamoabbastanza bene la lingua. L’atmosfera dei brani, caratterizzati da ampi squarcistrumentali, oscilla tra nostalgia, sentimento, ironia esolarità. Ultimato il missaggio e prima della presentazio-ne ufficiale del del disco, ci occuperemo della distribuzio-ne: abbiamo già accordi con un canale on line ma stiamoanche pensando di pubblicarlo in vinile. La sorpresa fina-le è che stiamo pensando di fare uscire il disco non anome Apple Scruffs ma con una nuova sigla che demar-chi meglio la nostra attività come autori».

MUSICA

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APPLE SCRUFFS

di GIGI RAZETE

“Brand new life” è il nuovo album dei tre eterni ragazzi che sidefiniscono un “moderno gruppo pop-rock che ama i classici delpassato”: sonorità britanniche, soluzioni analogiche e vintage

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Una musica che nasce dalla Terra e trae la sua lin-fa vitale dagli angoli più misteriosi del Pianeta. Uncanto di ringraziamento per la natura e per la suaazione nei confronti dell’uomo. Più semplicemente,un disco che pone una domanda essenziale: cosa nesarà dei suoni del mondo, se i popoli che li creanoscompariranno dalla faccia del pianeta? Questo è il tema di fondo che scorre nelle note di“Millenium Klima”, la nuova fatica discografica di TonjAcquaviva (www.tonjacquaviva.com). L’ecletticomusicista palermitano, “figlio del mondo”, come amadefinirsi, ha creato, insieme alla sua storica “compa-

gna d’avventure” Rosie Wiederkehr, un disco carico disuggestioni sorprendenti, che alternano morbidelinee sonore a momenti di trance elettronica. Alla base del disco, distribuito da Egea Music, c’è unprogetto ancor più ambizioso: Weltlabirinth, ovverol’etichetta che lo ha prodotto, nata da proficui incon-tri tra musica ed arti visive, con un’attenzione parti-colare alle avanguardie europee. Weltlabirinth non èsolo musica, ma amore per l’ambiente e per le “etnieminori”. Non ha caso il progetto che Acquaviva haideato insieme alla scenografa e artista visiva NatachaClaudin Tanzilli, nasce anche da una collaborazione

con l’Onu, per la sensibilizzazione sullo svilupposostenibile dei paesi del Mediterraneo. “Una ricogni-zione sullo stato di salute del Pianeta”. Così il musici-sta e cantante palermitano definisce il suo nuovodisco, che si porta dietro l’eredita world degliAgricantus, di cui Acquaviva è stato lo storico fonda-tore, proiettandola nel futuro, verso nuove evoluzionimusicali. Alla realizzazione di “Millenium Klima”, oltrealla suadente voce della Wiederkehr, che è anche co-autrice di quasi tutti i testi, hanno partecipato:Edoardo Massimi alle chitarre, Duilio Galioto al bassoe l’attrice e performer H.E.R al violino elettrico. In

effetti, nel disco, le suggestioni e i coloridel mondo non mancano. Si parte da San Vito Lo Capo, la ridentelocalità balneare del Trapanese: “Bukutu”,l’ouverture del cd, trae il titolo da una caladi mare nei pressi del paesino siciliano,dove si trovano una torre d’avvistamentoe una sorgente d’acqua. Sul brano è statoanche realizzato un video da NatachaTanzilli e Sam Cole, tra animazioni e imma-gini, sullo sfondo di un pianeta in bilico trasogno e tragedia ambientale. Si prosegue con il suono del dialetto sici-liano in “Ciuri assai”, un invito “all’essercia prescindere dai risultati che si ottengo-no”. Poi è la volta dei ritmi stratificati epsichedelici di “Unexplored”, seguiti da“Weltlabirinth”, un brano tribal-dance sul-la manipolazione dell’informazione e laforza del plagio. Il pezzo che dà il titolo

all’album, “Millennium Klima” è, invece, un passaggioipnotico attraverso i suoni di vari viaggi musicali, dal-le sonorità della chitarra tuareg a quella dei fiati andi-ni, fino ad arrivare all’abbanniata siciliana, il tutto ela-borato con il supporto dell’elettronica. Non poteva mancare un omaggio alla madre terra“Cibele”, una tammurriata dedicata alla dea dellanatura, degli animali e dei luoghi selvatici. Dopo“Mangiate pietà”, “Impermanence”, “Desertificaciòn”,il disco si conclude con “Je t’ai trouvè”, una canzoned’amore per terminare un viaggio con la speranza dirincontrarsi.

Tonj Acquaviva, i suoni del mondodi GIULIO GIALLOMBARDO

“Millennium Klima” è l’ultimo disco, carico di suggestioni, dell’eclettico musicista palermitano

MUSICA

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La ricerca delle proprie radici attraverso la musica,attraverso un viaggio di contaminazioni sonore cheparte da Palermo alla volta di Capoverde, toccando ilBrasile e gli States, ma anche la Francia e il Portogallo:jazz che si mischia con la nostalgia della morna, a suavolta fusione di fado e ritmi africani, o con la più viva-ce coladeira. Il tutto compiuto con quella naturalezza dichi ha scoperto di avere nel sangue questo crogiolo distili e che adesso, facendone fonte d’ispirazione, lo hatrasportato nei sei brani del suo mini disco. È il viaggio

di Jerusa Barros (www.myspace.com/jerusabarros), lacantante e compositrice nata in quel di Capoverde, mapalermitana d’adozione da quando aveva cinque anni.«In questo Ep - racconta - ho voluto continuare quelpercorso di ricerca musicale, che è anche un viaggioalla scoperta delle mie origini. Sono cresciuta a Palermoe di Capoverde, fino qualche anno fa, conoscevo benpoco. Così, attraverso la musica, che è poi un trattodistintivo dell’identità e della cultura capoverdiane, stocercando di riprendere i contatti con le mie tradizioni». Guai, però, a pensare che il nuovo lavoro di Jerusa siaun disco in stile capoverdiano. Le sonorità dell’arcipela-go africano raggiungono i brani di questo mini discoquasi come delle eco lontane, che influenzano e forsedirigono, ma che al contempo si lasciano plasmare dalbagaglio dell’artista palermitana. E così il jazz incontrai vari Cesaria Evora, Ildo Lobo, Teofilo Chantre: «Questoalbum non è assolutamente tradizionale – continuaJerusa – Certo, insieme al gruppo di musicisti del pro-getto di Cabeça Negra, siamo riusciti a scavare nellatradizione fino trovare questa vena immensa che è lamusica capoverdiana, dosando al meglio gli ingredien-ti. O almeno, ci abbiamo provato». Si schernisce, Jerusa. Ma le si legge in viso la soddisfa-zione per quanto uscito dal calderone musicale del pro-getto Cabeça Negra. Merito anche del gruppo di artistiche l’hanno affiancata. A partire da Francesco Cimino,bassista e compagno di Jerusa, nonché il primo adentusiasmarsi al progetto. Per poi passare a DanieleTesauro, Salvo Compagno e Giuseppe Rizzo, che insie-me a Cimino compongono il nocciolo duro dei CabeçaNegra. Senza dimenticare le collaborazioni di BernardoViviano, Ferdinando Piccoli, Fabrizio Brusca, Fabio Rizzo(che ha arrangiato l’album) e soprattutto di FrancoBarresi. Il risultato di tutto ciò è un sound su cui Jerusasorvola con la sua voce calda e penetrante, scandendole parole attraverso cui racconta di un altro viaggio,non più musicale: quello di chi, come lei, ha lasciato lapropria terra in cerca di pace e serenità. «In questoalbum non poteva mancare il tema dei migranti – con-tinua – c’è molto di personale». Nei testi c’è il dolore dell’addio ai colori e ai profumi chel’hanno cullata, c’è l’inquietudine del nuovo mondo, c’èla nostalgia per ciò che ha lasciato. E proprio questospirito è il tratto che unisce le due anime di Jerusa,quella africana e quella palermitana, “questa venanostalgica che si ritrova poi nelle canzoni tradizionali”.Un viaggio di andata e ritorno, insomma, senza frontie-re. Anche perché, dinanzi alla forza della musica, nonc’è reato di clandestinità che tenga. Almeno per ora.

Il mini disco della cantante diorigine capoverdiana ormai“naturalizzata” palermitana

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di DARIO PRESTIGIACOMO

JERUSA BARROS

MUSICA

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MUSICA

MANOMANCA, l’acid rock strumentale di “Hand made”

Dopo il loro primo demo realizzato nel 2007 intitolato “5/10”, i Manomanca(www.myspace.com/manomanca1), quartetto rock palermitano formato daDaniele Crisci alle chitarre, Fabio Cristadoro al basso (nella foto), Marcello Costaai sinth e Riccardo Pavone alla batteria, si presentano con il loro album d’esordiointitolato “Hand made” prodotto dalla Nino Label, neonata ma talentuosa etichet-ta indipendente palermitana. Appartenente al genere dell’acid rock, l’album ciimmerge interamente, sin dai primi minuti, all’interno di atmosfere tipiche deglianni 70, quelle del rock psichedelico, del rock da “cantina” per intenderci, chegrandissimi artisti internazionali, durante quel periodo, hanno importato in tuttoil mondo. Rimasti senza cantante nel 2005, i Manomanca firmano oggi dodicibrani interamente strumentali di forte impatto qualitativo. Il cd può essere acqui-stato sia in formato mp3 (0,90 euro a pezzo, 9,99 euro per l’intero album) sul sitowww.cdbaby.it, oppure spedito a casa ad un prezzo di 12 euro. (g. s.)

ALFREDO E LETIZIA ANELLI, in “Mizzica” i racconti di Sicilia

Viene raccontata parte della Sicilia, i suoi abitanti, le loro storie attraverso i quin-dici brani contenuti in “Mizzica”, l’ultimo album di musica tradizionale siciliana,composto e arrangiato dai fratelli Anelli, Alfredo (nella foto) e Letizia, edito dal-l’etichetta il Cantastorie, in cui tradizione e innovazione viaggiano parallelamenteverso un’unica direzione: la narrazione. Alfredo e Letizia Anelli infatti, oltre allapassione per la musica, condividono quella per lo studio delle tradizioni popolari,soprattutto sul territorio siciliano e quest’album rappresenta una piccola partedelle loro straordinarie ricerche. I due cantanti folk si fanno accompagnaredall’Etnic Sonos Group composto da Giuseppe Cusumano al violino e sax, RosarioPunzo alle percussioni mediterranee, Antonio Vasta alla fisarmonica, AntonioPutzu al clarinetto, flauto e friscalettu, Lillo Marranca alle percussioni e AgostinoComito alle chitarre. Potete acquistare l’album sul sito www.radicimusic.comoppure da Master dischi e alla libreria Kursaal Kalhesa a Palermo. (g. s.)

PIVIRAMA, la psichedelia e l’elettronica di “In my mind”

A cinque anni dall’esordio discografico con “Come sembra” i palermitani Piviramatornano a far sentire le loro qualità compositive con “In my mind”. Dopo la pub-blicazione americana con la Reinaissance Record e ottime recensioni l’album arri-va quindi anche in Italia, loro terra d’origine, distribuito dalla U.D.U Records. Novetracce le cui sonorità pescano a piene mani dal repertorio degli anni Settanta, dal-la psichedelia e dalle diverse e variegate sfaccettature del rock a cui si aggiungo-no suoni elettronici, il tutto a favore di un suono unico firmato Pivirama. Alla gui-da troviamo sempre lei, Raffaella Daino (nella foto), cantante, autrice e manager,accompagnata da Danilo Impastato al basso, Manfredi Tumminello alla chitarra,Bjm Mario Bajardi al sinth e al violino elettrico e Angelo Bordonaro alla batteria.Potete acquistare “In my mind” sul sito www.myspace.com/pivirama mentre suwww.youtube.com/pivirama potete vedere alcuni video tra cui quello di “I loveyou” girato nello stesso set del film Palermo Shooting. (g. s.)

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MUSICA

RUGGIERO MASCELLINO, la teatralità di “Delitto & Castigo”

“Delitto & castigo” è l’ultimo album di Ruggiero Mascellino (nella foto) compostodopo la sua lunga esperienza con il teatro Libero di Palermo. I brani contenutisono lo sviluppo dei temi principali di alcuni spettacoli teatrali tra cui appunto“Delitto e castigo” le cui sonorità sono di matrice classica unite a quelle jazz edella musica popolare. Da sottolineare la partecipazione degli “Ottava nota”, unquartetto d’archi formato dai violinisti Alberto Giacchino e Marcello Enna, dallavioloncellista Daniela Santamura e alla viola Paolo Giacchino e del quintetto etni-co-popolare composto dal chitarrista classico Nicolò Renna, dal bassistaGiuseppe Costa, dal percussionista Giuseppe Mazzamuto, Giovanni Mattaliano aifiati e Ruggiero Mascellino alla fisarmonica, al pianoforte e alla chitarra. L’album,acquistabile sul sito www.ruggieromascellino.it, è stato prodotto in collabora-zione con l’associazione onlus Sviluppo Sinfonico del maestro Alberto Veronesie curato dalla Don’t Worry e Fox Band di Roma. (Gjin Schirò)

«Un lavoro a metà tra l’improvvisazione che diventa struttura ela struttura in cui s’insinua l’improvvisazione»: con queste paro-le Virginia Guastella, palermitana d’origine e bolognese d’adozio-ne, descrive il suo primo cd. Prodotto da VDM Records con braniediti da RaiTrade, “Slancio Moderato” vede Guastella alla compo-sizione e al piano e Claudio Trotta alla batteria, per un “genere”che è incontro di influenze classiche, rock, jazz, fusion, modernee contemporanee. Nata nel 1979 a Palermo, Virginia Guastellainizia a studiare pianoforte all’età di 4 anni, quasi per caso: «I mieigenitori scoprirono che muovevo le dita su un termosifone comese questo fosse un piano». Ad 8 diventa allieva di Enza Vernuccio, che nove anni più tardi laporta al diploma di Conservatorio col massimo dei voti: «Avendointrapreso lo studio della musica con molto impegno, in giovanis-sima età, ho da sempre “pensato in musica” come altri pensanoin parole ed immagini». Parallelamente corre lo studio dalla com-posizione sotto la guida del maestro Adriano Guarneri, che cul-mina a Bologna con la laurea in D.A.M.S. Musica. Partecipa a concorsi pianistici conseguendo primi premi intutt’Italia, fra cui un riconoscimento speciale dalla Berklee School

of Boston. Dal 2007 compone colonne sonore per le trasmissioni Rai Tre “La Grande Storia” e “Correva l’anno”. A Bologna incontra il poliedrico batterista Claudio Trotta, con cui forma il “Duo Improbabile” e inizia a tenere con-certi. Eterogenea è la formazione musicale, identica la passione per l’improvvisazione e la sperimentazione: «Nonpreferisco generi nello specifico, mi incuriosisce esplorare i meccanismi delle forme musicali, da dove nascono,come si snodano ed a quali risultati emotivi e comunicativi approdano». “Slancio Moderato” è disponibile online suwww.vdmrecords.com, mentre il MySpace di Virginia Guastella è www.myspace.com/virginiaguastella.

Virginia Guastella: “Slancio moderato”Il primo disco della pianista palermitana attraversa diversi generi: rock, jazz, pop, classica, contemporanea

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di FABIO VENTO

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Le possibilità per poter studiare in modo serio eprofessionale musica a Palermo, da sempre, si contanosulle dita di una mano: il gap tecnico e qualitativo conle accademie delle grandi città è stato sempre eviden-te, motivo per cui molti musicisti o semplici appassio-nati hanno deciso di tentare la strada del professioni-smo altrove. Ma proprio perché Palermo è una grandecittà, piena di artisti talentuosi e desiderosi di appren-dere e migliorarsi, ha bisogno di contesti stimolanticome la Modern Music Academy (via Marchese diVillabianca 82, telefono 091.6264785). L’accademia è nata nel 2000 da un’idea del chitarristaGermano Seggio, che oltre a essere un musicistafusion con un’attività live invidiabile, è anche il presi-

dente della scuola e uno degli autori della collanadidattica indirizzata proprio agli allievi che seguono icorsi. Il corpo docenti è formato da importanti profes-sionisti della scena musicale, e uno dei punti di forzadella scuola è rappresentato da seminari extracurricu-lari tenuti da artisti come Andrea Braido, Paola Folli,Ricky Portera e Carlo Verheyen. L’organizzazione didattica dell’accademia ha come finequello di formare musicisti preparati e pronti ad entra-re nel mondo professionistico. È lo stesso Seggio a con-fermarlo: «l’accademia ha grandi strutture, tra le piùrifinite e sicure, tra cui lo scivolo per l’ingresso per iportatori di handicap, condizionatori e sale prove inso-norizzate, tutto questo per mettere il più possibile anostro agio i nostri studenti». L’accademia è anche stu-

dio di registrazione digitale e centro di montaggioaudio/video, tanto che nel 2004 è nata al suo internol’etichetta discografica ufficiale della M.M.A., dove èstato registrato il disco di Germano Seggio “Back tolife”. La diversità di questa scuola sta anche nel fattoche la didattica è strutturata secondo “livelli”, e nonanni (Base, Intermediate e Advanced), di modo che l’al-lievo faccia il suo percorso personalizzato: «dipendetutto dall’allievo - aggiunge Seggio - se capiamo chepossiede delle lacune non forziamo il programma, eallo stesso modo se dimostra particolari capacità puòsuperare un livello anche in sei mesi». La didattica del-la scuola non è legata a un linguaggio specifico (gliindirizzi musicali percorribili vanno infatti dal rock fino

all’etno/world). I riferimenti didattici denotano certa-mente un’impostazione diversa rispetto ad altre acca-demie: sono le scuole di stampo americano a influen-zare maggiormente l’impostazione della Music ModernAcademy. «La didattica è fondamentale, ma non devemai essere intrappolata in schemi rigidi, soprattuttonella musica. È quello che spesso è accaduto nellescuole italiane». Come chicca, la scuola di Seggio ha continui contatticon Sanremo Lab, un vero e proprio accredito. «La sod-disfazione più grande – conclude il chitarrista – è chenoi non abbiamo cercato questi grandi contatti, sonostati loro a cercarci, per la serietà e professionalità del-l’accademia». Troverete altre informazioni sul sito webwww.modernmusicacademy.com.

Rock & Co: Modern Music Academydi LUCA GIUFFRIDA

Il musicista Germano Seggio ha creato una scuola euna collana didattica rivolte agli artisti di domani

MUSICA

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le con i loro strumenti. E le fanno esplodere in tutta laloro forza». Anche per questo ultimo lavoro la suamusa ispiratrice è stata l’attore sulla scena: «L’attore– dice il drammaturgo – è per me uno strumento diconoscenza fondamentale. Ilteatro è un luogo deserto incui dobbiamo evocare glispiriti che sono dentro dinoi. Le nostre tante perso-nalità. Il teatro è il sogno, ilvalore del sogno. È l’abbatti-mento dei confini fra vita emorte. La funzione e l’es-senza del teatro è indagarel’essere umano. Al di fuori di questo non esiste alcuntipo di teatro. E per fare questo, per rivelarlo, il tea-tro ha bisogno dell’attore. Già indagare su ogni singo-lo attore è un mistero continuo e infinito». In quaran-ta anni di vita teatrale ha scritto una cinquantina di

testi, molti diventatati spettacolo, altri ancora nelcassetto e mai pubblicati: «È una specie di sogno inar-restabile – dice Scaldati – A volte quando mi guardoindietro mi impressiona pensare di aver fatto così

tante cose. Mi accorgo ades-so di avere costruito unmondo che ho la necessità dicondividere. La prima sensa-zione che ho riguardo al tea-tro è legata alla scrittura. Lasensazione di poter scrivere,la sofferenza di scrivere, ditradurre in parole cosa si hadentro. La lingua palermita-

na che uso per fare tutto questo è spuria, è quelladelle campagne. Sono cresciuto al Borgo Vecchio,portandomi dietro la lingua materna. Scrivo partendoda questa lingua e dagli anni in cui ho vissuto alBorgo Vecchio».

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«A volte quando mi guardo indietro mi

impressiona pensare di aver fatto così tante cose.

Mi accorgo adesso di averecostruito un mondo che ho la

necessità di condividere»

La definizione che gli è più cara è quella di “tea-trante”, nel senso più antico e originario del termine.Autore e attore allo stesso tempo. Un uomo di palco-scenico che quando non è sulla scena si trova davan-ti alla macchina per scrivere e a quella pagina biancache presto si trasformerà in poesia per raccontare illato oscuro degli esseri umani che porta con sé lacapacità di sognare e di creare visioni. Una poesia chenon è mai costruzione teorica e intellettuale, maesperienza teatrale che parte sempre dagli attori alcentro del teatro. E lo farà attraverso una lingua cheè ormai un’inconfondibile cifra stilista, entrata nellastoria del teatro grazie a testi e a spettacoli celebricome “Il pozzo dei pazzi, “La gatta di pezza”,“Assassina”, “Occhi”, “Totò e Vicè”, “Pupa, Reginaopere di fango” e “Sonno e sogni”. Così il drammaturgo palermitano Franco Scaldati, unadelle figure più rilevanti nella scena italiana dellaseconda metà del Novecento, continua a tessere latrama del suo teatro in quel luogo appartato e ai mar-gini dei circuiti di produzione che è il centro sociale

San Saverio, a Palermo, nelquartiere dell’Albergheria.Ed è proprio qui che è natoanche l’ultimo spettacolocommissionato e coprodot-to insieme al Napoli TeatroFestival che ha debuttato inprima assoluta al RealAlbergo dei Poveri lo scorsogiugno. Si tratta di “Alberiadagiati sulla luce”, il testodel poeta siriano Adonis,tradotto in italiano daFrancesca Corrao che ildrammaturgo palermitanoha diretto prestando anchela sua presenza d’attore ela sua voce narrante. «È untesto poetico – dice

Scaldati – che cerca di scanda-gliare la situazione della nostraepoca indagando su Napoli. Ma iltesto, nonostante le tante diffi-coltà su cui riflette attraverso lapoesia, non è disperato, ma pro-positivo. Per me è stata una bellascommessa metterlo in scena, unlavoro molto impegnativo e sti-molante. La poesia di Adonis,rispetto a quella che viene fuoridai miei spettacoli, è più concretae intrisa di politica. Al contrario lamia parte dal basso e tende a sol-levarsi, parte dai sentimenti edalle emozioni. Quello con il testodi Adonis è un incontro che io e lamia compagnia abbiamo affron-tato con attenzione e umiltà. Unlavoro difficile senz’altro che harichiesto tempo e dedizione».L’omaggio alla città di Napoli di cui il testo si fa por-tavoce, nella messinscena di Scaldati si materializzain un campo di barboni sospeso nel tempo e nellospazio. «È sera – si legge nelle note di Scaldati allospettacolo – Sospese tra la luce lieve del cielo e poz-ze d’acque ed erbe, tra tenere vampe, muri e pietre,incantate figure si muovono come in un balletto…siamo dove s’accampano i barboni tra eterne, dolciombre. Quei loro gesti s’allungano nella tiepida sera-ta… vanno verso la notte…». I venti attori della com-pagnia, veterani e giovanissimi, ciascuno con le pro-prie caratteristiche e con quell’impronta “demente epura” allo stesso tempo, lasciano trasparire le perso-nalità di grandi personaggi che hanno fatto la storia,anche quella di Napoli. «Il testo – scrive Scaldati nelle note di regia – è in boc-ca a barboni che come delicati cacciatori di farfalle locatturano per guardarlo da vicino e poi lo lascianoandare e lo vedono volare ancora. Riportano le paro-

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TEATRO

ph. Federico Maria Giammusso

Nasce al centro sociale San Saverio all’Albergheria“Alberi adagiati sulla luce”, l’ultimo spettacolo teatrale del drammaturgo palermitano

FRANCO SCALDATI

di CLAUDIA BRUNETTO

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L’alchimia esiste. Ed è quella grazie alla quale nel2005 nasce Teatrialchemici, compagnia composta dadue attori palermitani carichi di un’energia coinvolgen-te a tal punto da riuscire a portare in scena piccoli gran-di poemi ipnotici, che nel fattore improvvisazione trova-no il loro punto di forza. Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi si sono messi in gio-co nel momento stesso in cui si sono resi conto della“chimica attoriale” esistente tra loro, con un unico sco-po: la creazione. «Attraverso una relazione sincera, sen-za sporcizia, senza superfluo, senza pelle - spiegano».Oggi, conclusa la prima parte del loro lavoro con deglistraordinari ragazzi down e una tournèe nazionale, dal

gesto sono passati alla carta. Un progetto che metteinsieme “Fufùll”, risultato di un laboratorio teatrale conragazzi diversamente abili, e “Desideranza”, spettacoloche «per la forza poetica e l’energia implacabile» si èconquistato una segnalazione speciale al premioScenario 2007. Un libro, dal titolo "Desideranza Fufùll,Teatrialchemici", che è concretizzazione di un lavorofisico che nasce dal gesto delle improvvisazioni, e si fa“spettacolarizzazione” secondo un processo inverso percui l’idea viene fuori a seguito di intuizioni, incontri,sensazioni. «Gli ingredienti delle nostre creazioni – cispiegano i ragazzi - sono le persone, i luoghi, gli ogget-ti che troviamo nel posto dove proviamo. Le idee ven-

gono dopo». “Desideranza”, dopo essere stato presen-tato in forma di studio al Nuovo Montevergini, hadebuttato per intero al Crt di Milano. E ad oggi la storiadi Sergio e Pino continua ad emozionare un pubblicosempre più trasversale. Lo spettacolo infatti sarà alFestival Montisi di Siena il 28 agosto, e a fine ottobre delprossimo anno presso la galleria Toledo di Napoli. E a seguito del successo del visionario di “Fufùll”, dalontano qualcuno se n’è accorto, li ha scoperti e li ha“ingaggiati” per un’idea visionaria altrettanto. JeanLouis Pichon, direttore dell’Opéra Théâtre de Saint-Étienne, è rimasto così affascinato da quell’alchimia, dacommissionare loro un “Così fan tutte” che ha goduto di

un successo tutto parigino. «I nostri spettacoli non han-no mai avuto alcuna regia se non la nostra, cosa che ciè stata spesso criticata. Ma dopo le ultime, forti espe-rienze, abbiamo voluto “uccidere” la figura del regista eandare verso un teatro fatto dal solo attore». Così Luigi e Ugo continuano il loro lavoro con i ragazzidell’associazione Famiglie Persone Down di Palermo,che sono fonte di ispirazione di tutti i loro lavori.Due iprogetti in cantiere: “Gli avvistatori di Madonne” e “Laregina”, l’uno conseguenza dell’altro, quasi come dueatti, autonomi, di uno stesso, profondo progetto. Il libroè in vendita on line su www.teatrialchemici.it. o pressola libreria Broadway a Palermo.

Tutta l’energia dei “Teatrialchemici”di CLAUDIA SCUDERI

La compagnia teatrale palermitana continua ademozionare un pubblico sempre più trasversale

TEATRO

ph. Marco Caselli Nirmal

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soggiornano fuori città: i pullman messi a disposizio-ne dalla Provincia li porteranno direttamente nel cen-tro di Palermo, permettendo loro di assistere così, inun solo pomeriggio, ad alcune delle rappresentazionistoriche più curiose e affascinanti del territorio. La“Notte della Provincia in Festa” chiuderà il 5 settembrela kermesse: il centro di Palermo, da Piazza Croci apiazza Bologni, si trasformerà in un grande palcosce-nico con musica e spettacoli per tutti i gusti e per tut-te le età e un’appendice gastronomica con “Palermola Dolcissima” e l’“Arancina Fest”. Tornano anche le visite ai castelli e alle riserve natura-li. “Le vie dei castelli” è la nuova formula che coniugala tradizionale visita ai manieri con spettacoli e cultu-ra: ecco dunque che, ad esempio, il castello diCastelbuono fa da scenario al Jazz Festival dove si esi-biranno, fra gli altri, Francesco Cafiso e Katia Ricciarellie il castello Beccadelli di Marineo che ospita il “Premio

Internazionale di poesia Città di Marineo” assegnatoquest’anno ad Aldo Forbice. Le riserve naturali diret-tamente gestite dalla Provincia sono protagoniste diescursioni e degustazioni (22 e 23 agosto a Bagni diCefalà Diana e Serre di Ciminna, dal 28 al 30 agosto aUstica). Immancabili gli appuntamenti istituzionali conla consegna delle benemerenze civiche, come tradi-zione il 2 settembre, e la commemorazione del primopresidente democraticamente eletto, Michele Reina, alquale sono dedicati una medaglia in bronzo, una pub-blicazione e uno speciale annullo postale. Il 3 settem-bre invece una sala di Palazzo Jung sarà intitolata alGenerale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel 27° anniversa-rio dell’uccisione. Nel giorno di Santa Rosalia poi omaggio alla città, il 4settembre, con la rappresentazione del “Triunfu diSanta Rosalia”, una produzione di Lollo Franco (diret-tore artistico di “Provincia in Festa”) e Angelo Butera.

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Un mese di musica e spettacoli, di cinema e tradi-zioni, di gastronomia e mostre, di iniziative che guar-dano al sociale, tutto dal 7 agosto al 6 settembre, percelebrare il 148° anniversario della fondazione dellaProvincia. La dodicesima edizione di “Provincia inFesta”, cambia pelle, a partire dall’arco temporale incui si sviluppa e dalla novità che, per la prima volta,ogni Comune ospiterà un evento. «Con questo cartellone - sottolinea il PresidenteGiovanni Avanti - abbiamo voluto potenziare l’offer-ta dei Comuni a cittadini e turisti, specie in un momen-to di crisi economica per la quale non tutte le comuni-tà locali sono in condizione di impiegare risorse.

Mediante la Festa della Provincia, da un lato si compieuna straordinaria operazione di marketing territoriale,ma dall’altro – cosa altrettanto importante - si con-sente alle maestranze artistiche e artigianali e aglioperatori culturali di ammortizzare la crisi e sviluppa-re, anche quest’anno, un dignitoso percorso profes-sionale». Diverse le novità del cartellone: la Carovanadei Diritti e della Legalità, un tour (dal 21 agosto all’11settembre) attraverso i Comuni con spettacoli, conve-gni, cene e degustazioni di prodotti delle terre confi-scate alla mafia; il corso di guida sicura nei luoghi del-la Targa Florio (2, 3 e 4 settembre); le mostre, da quel-

la che racconta gli anni Settanta attraverso una stra-biliante collezione di oggetti vintage (PalazzoSant’Elia, dal 12 agosto al 12 settembre) a quella dedi-cata a Joe Petrosino (Loggiato San Bartolomeo, dal 10agosto al 6 settembre); il cinema, con la rassegna“Palermocinema” (dal 12 agosto al 3 settembre) il cuifilo conduttore sono i set realizzati nel Palermitano; lamusica, dal 14 al 30 agosto, con il jazz a Palazzo Jung,la classica a Palazzo Sant’Elia e l’elettronica a PiazzaSpinuzza; un viaggio nella gastronomia tipica con“Sapori di Provincia” il 30 agosto a PiazzaCastelnuovo. «Il programma - aggiunge Avanti - èfrutto di un imponente sforzo organizzativo che

risponde all’esigenza di far sentire tutti i cit-tadini parte integrante di un’unica identitàprovinciale. È con questo obiettivo chenascono tanti appuntamenti che coinvolgonoil territorio, protagonista con la propria storiae le proprie tradizioni. Altro criterio utilizzatoè quello di differenziare ancora una volta leproposte di spettacolo e cultura, integrandoformule già collaudate con generi diversiquali il jazz e le nuove tendenze musicali einserendo novità come la rassegna cinemato-grafica. Un’attenzione particolare - concludeAvanti - è rivolta inoltre a manifestazioni chehanno una forte connotazione sociale: bastiricordare la “Carovana dei Diritti e dellaLegalità” o le iniziative di solidarietà come iprogetti educativi per i minori, il campo scuo-la per i soggetti autistici, le iniziative per l’in-

tegrazione dei disabili». Riconfermati alcuni appuntamenti che nelle passateedizioni hanno riscosso l’apprezzamento del pubblico:cultura popolare e tradizioni del Palermitano sfilanol’8 agosto lungo l’asse di via Libertà, dal GiardinoInglese a piazza Politeama, nel suggestivo “CorteoStorico”, primo appuntamento dopo la grande festad’apertura a Villa Filippina di venerdì 7. Sbandieratori,dame e cavalieri, giocolieri, acrobati, musicisti si alter-neranno in tredici rappresentazioni delle più anticheleggende del territorio. Nell’organizzazione del corteoun’attenzione particolare è stata rivolta ai turisti che

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Un mese di eventi tra musica, cinema, mostre e attività sociali Il Presidente Avanti: «Un programma che valorizza il territorio»

La PROVINCIA diventa palcoscenico

Giovanni Avanti, Presidente della Provincia di Palermo

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Dopo la mostra sul collezionismo, Riso - Museod’Arte Contemporanea della Sicilia propone un

secondo evento espositivo che presenta la collezionepermanente (ancora in fieri) accanto ad opere rappre-sentative delle tendenze up to date della scena interna-zionale (lo dimostrano le gallerie prestatrici, tra le più àla page, come Lia Rumma, Alfonso Artiaco, Giò Marconi,Christian Stein, Massimo Minini, la newyorkese MarianGoodman e la londinese Frith Street Gallery) e di artistiche hanno lavorato, esposto o sono comunque entrati incontatto con la Sicilia.La mostra, dal titolo “Passaggi in Sicilia. La collezione diRiso e oltre”, a cura di Valentina Bruschi e Paolo Falcone(visitabile fino al 4 ottobre), è realizzata in collaborazionecon la Fondazione Sambuca di Palermo per l’arte con-temporanea, che metterà a disposizione la propria sede,la Cavallerizza di Palazzo Sambuca, per ospitare partedell’allestimento. Anche Unicredit Group ha dato il pro-prio sostegno prestando due opere della sua collezione,due fotografie rispettivamente di Massimo Vitali (Como,1944) e Carlo Valsecchi (Brescia, 1965),entrambe dedicate a Mondello. Passandoin rassegna l’elenco delle opere esposte,troviamo alcuni nomi di artisti che ci per-mettono di riportare alla memoria delpubblico eventi del passato più o menorecente legati alla travagliata storia delrapporto tra la Sicilia, Palermo soprattut-to, e il contemporaneo, fatti che già mol-ti non ricordano più, insieme ovviamentea chi invece ne serba un affezionato e a tratti nostalgicoricordo. È il caso di Christian Boltanski, di cui sarà visibileCappotti neri, parte di una indimenticabile installazione aPalazzo Branciforte, ex Monte di Pietà, nel 2000, densadella memoria e del vissuto di coloro che da quelle stan-ze piene di scansie e scale piranesiane erano passati,lasciando, insieme a quegli oggetti impegnati, un pezzodella propria vita. Il video La storia di Mimmo (1999) diDomenico Mangano (Palermo, 1976) è la testimonianzadella rassegna il “Genio di Palermo. Studi aperti degliartisti”, la cui prima edizione con i premi e la giuria inter-nazionale fu vinta proprio dal giovane videomaker conquesto video e la cui settima edizione, che avrebbedovuto aver luogo nel 2007, è naufragata a causa delmancato finanziamento da parte del Comune. Dalle varie edizioni del Genio sono “passati” alcuni dei piùinteressanti nomi del panorama recente dell’arte localecome Bazan, Simeti (autore dell’intervento sulla facciatadi Riso, trasformata in una grande voliera popolata diuccelli), Di Marco, De Grandi, Taravella, Di Piazza,

Laboratorio Saccardi. Tra gli artisti presenti alcuni nomistorici dell’arte italiana della seconda metà del ‘900,come Luciano Fabro (esponente dell’Arte Povera, comePaolini, Kounellis, Anselmo, anch’essi in mostra) che nel‘98 fu tra i protagonisti della mostra “L’Ombra degli dei”,allestita a Villa Cattolica a Bagheria, in occasione dellaquale aveva realizzato un’opera che la Regione avrebbedovuto acquistare, proposito rimasto senza seguito. Alla stessa mostra partecipò anche Luigi Ontani, con lafoto SelinuntEfebo, esposta a Riso e giocata sull’ambiguaidentità dell’artista che si sostituisce all’effigie della sta-tua selinuntina.Ancora amarcord con la foto Hollywood di Cattelan, lega-ta alla celeberrima scritta riproposta nel 2001 sulla disca-rica di Bellolampo; con l’opera di Richard Long, presen-tata ai Cantieri Culturali alla Zisa nel 1997 o con la pre-senza di Luca Vitone, che espose nel 2002 alMicromuseum di Paolo Falcone. Nello stesso spazio fuallestita nel 2001 l’opera dell’inglese Martin Creed ripro-posta negli spazi di Palazzo Riso: l’installazione di pallon-

cini gialli che riempivano con effetto claustrofobicoun’intera stanza. Non mancano siciliani illustri comeAccardi, Isgrò, Consagra, Sanfilippo, accanto a celebritàinternazionali come Cy Twombly, Tony Cragg, ThomasStruth, Vanessa Beecroft, protagonista la scorsa estateallo Spasimo di una installazione, VB62, con 13 calchi ingesso di corpi femminili misti a statue viventi dipinte dibianco, (in mostra foto dell’evento), Tacita Dean, JohnBock (l’opera Cappuccini e Sigarette è legata alla perfor-mance conclusiva del workshop dell’artista tedesco peril Genio di Palermo 2005), Mimmo Paladino, MarinaAbramovic, con l’intensa serie di foto Stromboli, in cuil’artista stessa vive e “beve” l’energia tellurica dell’isola.Interessanti le presenze di autori che hanno realizzatoopere commissionate in occasione degli eventi program-mati dal Museo durante il suo primo anno di attività(Canecapovolto, Loredana Longo, Giuliana Lo Porto,Giulia Piscitelli e Lili Reynaud-Dewar): dai “passaggi”attraverso una storia recente alla proiezione verso il pre-sente e il futuro.

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PASSAGGI IN SICILIA

di MARINA GIORDANO

La collezione permanente di Riso, Museo d'Arte Contemporaneadella Sicilia, raccoglie i lavori di artisti italiani e internazionali legatialla Sicilia e alla sua storia dal secondo dopoguerra ai nostri giorni

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«La mia vera maestra è la strada, la vita» affermaTommaso Chiappa (Palermo, 1983) durante il nostroincontro avvenuto in un chiassoso bar di Palermo. Traclacson e motorini che sfrecciano a tutta velocità, ele-menti di un immaginario urbano che lo ispira ma che eglivolge decantandolo nel bianco della tela e nel silenziospezzato solo dalla forza del colore, l’artista racconta lasua passione per l’arte e in particolare per la pittura. Unapassione che nasce parallelamente all’osservazione quasivoyeuristica della realtà urbana che, fin da bambino, amascrutare con attenzione. Palermo è, a prima vista, la pro-tagonista dei suoi dipinti, con le sue inconfondibili pro-spettive dominate dall’imponente eleganza del MontePellegrino. File di auto e caotici paesaggi urbani, scorci distrade ma anche di insignificanti muri che nei suoi quadriassumono un significato altro e che diventano i non-luo-ghi di una memoria del quotidiano, partendo sempre dauno scatto fotografico. Tommaso (www.tommasochiappa.it), dopo aver fre-quentato l’Accademia Abadir di San Martino delle Scale, sitrasferisce a Milano per diplomarsi all’Accademia di Brera.Lì incontra il gallerista Luciano Inga- Pin, celebre scoprito-re di talenti deceduto di recente, che gli permette diconoscere il mondo dell’arte e di entrarne a far parte.

Un’occasione unica che probabilmente a Palermo non sisarebbe mai realizzata, sottolinea Tommaso. Nonostanteil trasferimento, Palermo e i suoi colori sgargianti tornanosempre nei quadri di Chiappa che spesso volgono versol’astratto. In Direzioni e Multicultural, del 2009, esposti loscorso aprile durante la personale “Indigeni dell’Urbe” allaGalleria La Piana Arte Contemporanea di Palermo, colora-ti personaggi scandiscono ritmicamente una tela prepa-rata con uno sfondo bianco. I colori usati dall’artista sonoesclusivamente quelli primari, ideale richiamo alla pitturaastratta di Piet Mondrian. La realtà quotidiana diventa quindi spunto per creare unlinguaggio per immagini autonomo che trova nel mono-cromo la sua più coerente realizzazione. Uno scorcio diviale Lazio, Takeaway 5, è visto infatti attraverso un’idea-le lente rossa ed è reso ancora più irreale dalle sfumatu-re date con l’olio. La tranquilla realtà quotidiana diventastraniante per il fruitore. Tommaso Chiappa osserva dun-que la realtà in modo inedito, “prendendola” e “portando-la via” come ci dice nella serie Takeaway, o partendo daicinque colori primari rimescolati secondo la propria per-sonale visione, dando vita ad uno stile che potremmodefinire “figurativo- astrattista”, in cui gli scenari del quo-tidiano assurgono a metafora di scenari immaginari.

ARTE

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Tommaso Chiappa: realtà urbanedi GIULIA SCALIA

L’artista palermitano ritaglia i non-luoghi del quotidiano fissando o mescolando i colori primari

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Sembrerà quasi di passeggiare tra i secoli, come inun viaggio nel tempo, per luoghi che ancora oggi rie-scono a emozionare chi li visita. Un contesto e un’at-titudine completamente diversi rispetto alle classichevisite turistiche guidate. Nel tepore delle notti estivesiciliane, fino a sabato 3 ottobre, un pubblico selezio-nato (non più di 40 visitatori a gruppo) ha l’opportu-nità di visitare Palazzo dei Normanni e la CappellaPalatina di Palermo, nell’ambito dell’iniziativa “NottiPalatine”, organizzata dalla Fondazione Federico II. La Cappella fu fondata da Ruggero II nel 1132. Da luidedicata a San Pietro è ubicata al primo piano delpalazzo dei Normanni,un imponente e com-posito palazzo di origi-ne araba (sec. IX),ampliato dai Normanninel XII secolo e più vol-te rimaneggiato sino alXVIII. Il percorso previ-sto per le visite guidatenotturne inizia dal sei-centesco Portonemonumentale “Viceregio” di piazza delParlamento, sormonta-to dall’aquila della RealCasa di Spagna, per poiproseguire verso leSegrete (la primasosta), che si trovano alivelli differenti e quindi al di sotto del cortile. Si visitaquindi la Chiesa inferiore, cappella personale del con-te Ruggero I, che è stata aperta alle visite per la pri-ma volta soltanto l’anno scorso. L’edificio chiamatoerroneamente “cripta” è in realtà la prima Cappelladel Palazzo sulla quale Ruggero II fece costruire la suasplendida cappella reale. Sarà poi la volta dellaCappella Palatina, restituita al pubblico ai primi diluglio 2008 dopo oltre tre anni di lavori di restauro,che accoglierà i visitatori della notte con lo scintilliodei suoi mosaici aurei. La Cappella fu consacrata 28aprile 1140 e dedicata ai santi Pietro e Paolo da

Ruggero II di Sicilia (si dice palatina una chiesa o unacappella riservata ad un regnante e alla sua famiglia).Il termine latino palatinus deriva infatti da palatium,“palazzo imperiale”. La Cappella è stata definita unvero miracolo d’armonia spaziale e decorativa, que-st’ultima frutto di una felice fusione tra impianto cen-trale bizantino (presbiterio) e schema basilicale latino(navata). È un universo profano e gioioso che convive,artisticamente parlando, con le immagini sacre e dot-trinali del grandioso complesso musivo.«Un’attitudine innovativa per questo tour d’eccezio-ne. - spiega Francesco Cascio, Presidente della

Fondazione Federico II -Non una semplice visi-ta, ma un percorsoapprofondito, grazieanche alle nostre gui-de, Chiara Alaimo eGiovanni Scaduto».Previste, su prenotazio-ne, visite in linguainglese e francese, perun’iniziativa che l’annoscorso ha registratooltre 140 mila presen-ze. Le visite si effettue-ranno dal martedì alvenerdì, in tre turni,dalle 21 alle 23, coningressi ogni ora pergruppi composti da

non più di 40 persone. L’ingresso, sia per singoli cheper gruppi, può avvenire solo su prenotazione e pre-vendita, tramite call-center (telefono 091.6256013), oacquistando il biglietto direttamente presso il Palazzodei Normanni (piazza del Parlamento), comprensivocomunque dei diritti di prevendita. Il prezzo delbiglietto è di 10 euro; il ridotto, previsto per la fasciadi età che va da 6 a 12 anni, è di 5 euro; l’ingresso ègratis per i bambini fino ai 6 anni di età. Per maggio-ri informazioni è possibile rivolgersi alla FondazioneFederico II (telefono 091.6262833), o visitare il sitowww.federicosecondo.org.

“Notti Palatine”, emozioni notturneNel tepore delle notti estive siciliane, ritornano le visite guidate organizzate dalla Fondazione Federico II

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«Nonostante con de Lucia ci conoscessimo da moltianni - racconta Bellavia - l’idea del libro è il frutto diuna serie di circostanze assolutamente casuali.Sapevamo di pensarla allo stesso modo su molte coseed è così, confrontandoci su indagini, ma anche suaneddoti e ricordi che è nato “Il Cappio”, in definitivala storia di un pezzo di vita di un magistrato che siintreccia con il suo lavoro, le amarezze e gli importan-ti risultati raggiunti». Nel libro ci sono le vicende di chi scende a patti e di chisi ribella. «È un percorso doloroso dentro le pieghe diuna società che solo negli anni Ottanta ha presocoscienza dell’esistenza della mafia - scrivono gliautori - e solo sul sangue di Libero Grassi ha iniziato afare i conti con l’onnipresen-za del pizzo e del ricatto chesoggiace alla pratica del-l’esazione sistematica». Ilpizzo è regolamentato estrutturato all’interno del-l’economia mafiosa, così tan-to che Bellavia e de Luciahanno potuto tirare fuori unvero e proprio decalogo del-l’estorsione. Per de Lucia, Palermo fu il banco di pro-va per un “giudice ragazzino”, come allora furonodefiniti i magistrati giovani pressoché coetanei diRosario Livatino, assassinato dalla mafia. Per Bellavia, è stata la palestra di una cronaca fattaagli esordi per la tv. «Iniziai - racconta Bellavia - il 4gennaio dell’85, il primo giorno utile per presentarmidopo la pausa natalizia, a Canale 21. Ci rimasi per die-ci anni e per un periodo fui anche direttore. Due annial Mediterraneo e poi a Repubblica. In mezzo, tantissi-mi tentativi di allargare l’orizzonte professionale.Esordii con la bianca e la politica, ma passai quasi

subito alla nera: l’omicidio di Beppe Montana e subitodopo di Ninni Cassarà, segnarono le mie scelte quan-do non avevo neppure 20 anni. Purtroppo non finì lì.Il giorno della strage di Capaci era un sabato e io erolibero. Al volo, mi passò a prendere la macchina dellatv e andammo sul posto, facendo, come tutti gli altri,l’ultimo tratto a piedi perché la strada non c’era più.Era come arrivare sull’orlo di un cratere dopo un bom-bardamento». Per Bellavia il giornalismo è “curiosità e precisione” e,soprattutto, “rispetto per chi legge”. «Non ho mai cre-duto al falso mito dell’obiettività. Non mi piace chiscrive insulti per 300 righe e alle ultime due concedeil diritto di replica o usa il condizionale per parare le

querele. Cerco di praticarel’onestà. Sono le opinioniche orientano il nostro lavo-ro, ma non servono a nullase non sono sorrette dai fat-ti». Così la lente di chi permestiere si occupa di fatti dimafia, diventa anche unocchio dal quale guardarealla società nel suo comples-

so. «Lo ammetto, può essere anche uno sguardodeformato talvolta. Ma può rivelarsi un’opportunità.Del pizzo mi interessa il suo essere filosofia di vitamafiosa quanto il riflesso di una voglia di mafia dellaquale questa terra non riesce a fare a meno – aggiun-ge Bellavia - Mi interessava raccontare di commer-cianti complici e imprenditori collusi in un sistema dispartizione che fa a pezzi il cardine della concorrenzatrasparente. E mi interessa la storia di chi riesce a libe-rarsi: senza indugiare sulla retorica dell’eroismo, illibro è anche questo. La storia di chi ci riesce, la storiadi chi sceglie da che parte stare».

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«Non ho mai creduto al falsomito dell’obiettività. Non mi

piace chi scrive insulti per 300righe e alle ultime due concede

il diritto di replica o usa il condizionale per parare le

querele. Cerco l’onestà»

LIBRI

Enrico Bellavia e Maurizio de Lucia / IL CAPPIO / 266 pagg / € 9,80 / Rizzoli

Pizzo e tangenti strangolano la Sicilia. L’implacabile legge del racket nel raccontodel magistrato che la combatte da vent’anni. Serrato e coinvolgente, il testo descri-ve per aneddoti e curiosità, le storie che ruotano intorno alla più antica attività del-la mafia, il ponte privilegiato con l’economia legale e la politica. Non c’è CosaNostra senza pizzo. Nella quarta di copertina, una frase di Leonardo Sciascia: «Noisiamo quel che facciamo. Le intenzioni, specialmente se buone, e i rimorsi, special-mente se giusti, ognuno, dentro di sé, può giocarseli come vuole, fino alla disinte-grazione, alla follia. Ma un fatto è un fatto: non ha contraddizioni, non ha ambigui-tà, non contiene il diverso e il contrario». (a.f.)

È la storia recente del racket che strangola l’eco-nomia siciliana quella raccontata ne “Il cappio”, il nuo-vo libro di Enrico Bellavia e Maurizio de Lucia, pubbli-cato per la Rizzoli. Un viaggio all’interno del sistemadelle estorsioni, nel cuore della mafia, quella di picco-li e grandi affari, capace di mimetizzarsi dietro un

paravento di rapporti che confonde i ruoli di vittime ecarnefici. Bellavia, cronista da vent’anni, metà deiquali a la Repubblica Palermo, insieme con de Lucia,arrivato in città nel 1991, l’anno dell’omicidio di LiberoGrassi, appena nominato alla direzione nazionale anti-mafia, ricostruiscono quattro lustri di inchieste.

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Un ritratto del giornalista palermitano in occasione delsuo ultimo libro scritto insieme a Maurizio de Lucia

ENRICO BELLAVIAdi ADRIANA FALSONE

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LIBRI

“I capitoli dell’infanzia”: chiavi di vita nel teatro di Davide Enia

Il graffito di una vita in crescita e il bianco divenire che si tinge di buio sono labase del progetto editoriale che Davide Enia, insieme a Fandango, ripropone con“I capitoli dell’Infanzia” (€ 20 per pagg. 128 oltre al dvd). Tratto dall’omonimospettacolo, co-prodotto con l’ausilio del Teatro Eliseo di Roma, scritto e interpre-tato dall’attore palermitano, il cofanetto riproduce il copione e le riprese in dvddi due repliche romane, grazie all’ausilio di sette telecamere sulle diverse pro-spettive sceniche: parola, musica, movimento. La storia, ambientata a Palermo,vede protagonista l’adolescente al guado dello spartiacque d’età, i tredici anni,in cui si è quasi per natura costretti, con impulsiva smania ed urgente interesse,alla scoperta del mondo circostante e della propria sessualità. Concluso questoprimo capitolo dal titolo “Antoniuccio si masturba”, si passa al secondo, “Piccoligesti inutili che salvano la vita”, anch’esso un guado, una metafora della perdi-ta, una presa di coscienza della realtà sporcata dai sogni infranti. (t.g)

A quattro anni dall’esordio con “Ultimo appello” e tre dal buonsuccesso di “L’Enigma Barabba”, giunto semifinalista al Premio

Scerbanenco, Salvo Toscano torna in libreria, per la“Gialloteca” di Dario Flaccovio Editore, col nuovo caso“Sangue del mio sangue” (pagine 204 - € 13). La brillante scrittura e la sottile ironia, da qualcuno assimi-lata a quella di Santo Piazzese, inchioda ancora un volta illettore in questa nuova avventura dei fratelli Corsaroossia Roberto, l’avvocato, che divide il suo irreprensibileestro tra famiglia e lavoro, e Fabrizio, il giornalista, lo sma-liziato toumber de femmes questa stavolta impegnato in

un insolito menage romantico, che mette in crisi il suo indomitoruolo di impenitente scapolone. Entrambi, riconfermati protagonisti di questa riuscita trilogia,sono interpreti, dalla prima pagina all’epilogo, d’un giallo isolanosagace, divertente e ricco d’intrigo. Tra gli ingredienti di questonuovo caso: un piccolo comune della provincia tra luci e ombre,un sindaco spregiudicato, un ambiguo tecnico comunale, la“pasionaria” candidata soccombente nella disfida elettorale equindi all’opposizione ad oltranza, ma anche qualcos’altro che

dà lievito e gusto nei momenti in cui l’intreccio si fa più pernicioso. Dove il sottile gioco, tra chi pretende l’eserciziodi potere in un suggestivo scenario montano, e chi parrebbe destinato a soccombere, non è mai scontato nè tantomeno assodato, in questa vivace contemporaneità creata dalla fervida fantasia dell’autore. «La scelta di due fratel-li per i miei casi - spiega Toscano - nasce dall’intento di non sprecare l’obiettivo su una sola prospettiva. Il giallo conl’eroe solitario mi sta stretto. Sdoppiandolo, invece, cerco di dar agio alla mia fantasia con due investigatori com-plementari; legati per appartenenza familiare, ma straniati per carattere e filosofia di vita».

Salvo Toscano: “Sangue del mio sangue”Il giornalista palermitano torna in libreria con un giallo isolano, sagace e ricco d'intrigo di TOMMASO GAMBINO

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IN LIBRERIA

Elvira Seminara / I RACCONTI DEL PARRUCCHIERE / 108 pagg / € 7.50 / Gaffi

È un rito che non ha età né epoca. Una liturgia quasi sacra a cui ciascuno di noi, almenodue volte l’anno – e forse sono poche – ricorre. Per farsi bello, per sentirsi apposto conse stesso o per cambiare aspetto. Un esorcismo contro l’età, camuffata a regola d’arte, eun metodo anti invecchiamento. È il salone del parrucchiere che Elvira Seminara, con iro-nia graffiante, mette a nudo. C’è la ragazza che si sposa e fa la messa in piega pomposa,una suora che si taglia i capelli corti corti per poterli acconciare meglio sotto il velo, il transpoeta che si fa biondo e la professoressa innamorata che sogna sotto il casco. Poi anco-ra c’è l’immigrata che vende la treccia per bisogno e la parrucchiera migrante che ricor-da con nostalgia terre lontane. Una vita in transito che passa sotto abili forbici. (a.f.)

Giuseppe Barbera / ABBRACCIARE GLI ALBERI / 208 pagg / € 17 / Mondadori

Mille buone ragioni per piantarli e difenderli. Abbracciare gli alberi ovvero ritrovare ilgiusto equilibrio con l’ambiente in cui si vive. Partendo dalla natura. Piantarli, coltivar-li, difenderli e perché no, in modo piuttosto concreto, farli crescere nel proprio giardi-no o balcone. Non solo consigli tecnici, ovviamente, ma anche e soprattutto storie esegreti legati alla loro vita, raccolti da un grande agronomo siciliano. GiuseppeBarbera spiega come riconoscere, distinguere e soprattutto apprezzare gli alberi, fon-te di tranquillità e serietà. Un amico dell’uomo, solo in apparenza immobile, capace diprovare sentimenti positivi ma anche malesseri. Ecco i consigli e segreti per coltivarepiante meravigliose e circondare la propria vita di salute, forza e bellezza. (a.f.)

Andrea Camilleri / LA DANZA DEL GABBIANO / 271 pagg / € 13 / Sellerio

Torna il commissario Montalbano, a confronto con una delle sue paure inconsce piùgrandi: la perdita di una persona cara. A Vigàta arriva Livia, pronta per partire con ilsuo fidanzato verso una tanto agognata vacanza. Solo un salto al commissariato perlasciare tutto in ordine e poi, finalmente, si parte. Lo zelante Montalbano chiama i suoia raccolta ma manca l’efficiente Fazio, il più fedele e puntuale dei suoi uomini. Non ètornato a casa, il cellulare è muto. E’ stato visto per l’ultima volta al molo: avevaappuntamento con un vecchio compagno di scuola, un ex ballerino finito nei pasticci.C’è chi dice di averlo visto una zona disseminata di pozzi artesiani, forse un cimiterodi mafia. Dalla penna di Andrea Camilleri una nuova caccia all’uomo. (a.f.)

Mauro D’Agati / PALERMO UNSUNG / Pagg 104 / € 45 / Steidl Edizioni

Storie in bianco e nero di una città molto colorata. Voci e volti lontanissimi, divisiappena da una strada o da un tratto di penna. O meglio, da uno scatto. È il nuovolibro che Mauro D’Agati, pubblica per la Steidl edizioni. Sono impressioni reali diuna città trafitta dal surrealismo, che vive di espedienti e che si muove nel solcodell’estemporaneità. Qui prevale l’arte di arrangiarsi e di accontentarsi di quelloche la natura, o meglio la strada, ha da offrire. Su tutto però, lo stridore di notediverse rispetto al dialetto siciliano: gli appassionati di cantanapoli prendono vitanei cortili o sui balconi, facendosi strada tra i panni stesi al sole, incuranti del fumodelle stigghiole. (a.f.)

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IN LIBRERIA

Ezio Trapani / IL CONDOMINIO / 80 pagg / € 10 / Nuova Ipsa

È un microcosmo che sollecita pulsioni e passioni, ogni sorta di tic, arroganza emeschinità, ma anche inaspettate solidarietà, gesti carichi di inattesa grazia e bono-mia. È il condominio e, come riporta l’autore: «Partecipate ad una riunione di condo-minio e capirete perché il socialismo è un’utopia impossibile se non a prezzo di mas-sacranti e umilianti mediazioni». Attraverso un’umanità variegata e bizzarra, rivivonole esperienze che ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, ha provato nella coabi-tazione con vicini rumorosi o impiccioni: dal portiere troppo ossequioso, magari dopouna piccola mancia, alla vicina sempre pronta a origliare tutto. Con ironia e irriveren-za, Enzo Trapani fa sorridere di questa particolare condizione umana. (a.f.)

Antonino Rallo / L’ISOLA DI RE RUGGERO / 176 pagg / € 12 / Coppola editore

È il regno più ammirato e temuto del Mediterraneo all’epoca della seconda crociata.A far da sfondo alla vicenda, l’isola di Marettimo. La Curia regia ordina ai Basiliani diTaràbanis di costruire un oratorio e organizzare un Cenobio con funzioni di ospedalenella remota isola di Hierà Nèsos, l’attuale Marettimo. L’impresa ricade sulle spalle diElias da Iràklion, a cui si uniscono quattro avventurieri dalle origini più disparate.All’estremo occidente del Regno di Sicilia nasce quindi l’Oratorio di San Simone, dovesi incontrano ripetutamente Ruggero II, Giorgio d’Antiochia, suo ammiraglio, e il geo-grafo di corte Al-Idrisi. Antonino Rallo ha scritto anche “Usanza di mare” e “Calamarigiganti e altre storie di mare”. (a.f.)

Mario Pintagro / LE AREE MARINE PROTETTE IN SICILIA / 168 pagg / € 25 / Kalos

Le aree marine protette, censite e raccontate dal giornalista Mario Pintagro. Luoghiincontaminati e spesso poco conosciuti spiegati attraverso la loro storia con gustosiriferimenti gastronomici. A fronte, traduzione inglese e una ricca documentazionefotografica oltre che i numeri di riferimento per prenotare escursioni o vacanzeavventurose. Tra le località: Ustica, Capo Gallo e Isola delle Femmine, patria dei gab-biani e dei coralli, le Isole Ciclopi ad Acicastello, con gli scogli ribattezzati denti delgigante, le Egadi, con Favignana, Levanzo, Marettimo e gli isolotti di Formica eMaraone (la più grande area marina protetta d’ Italia), le Pelagie e infine il Plemmirio,a Siracusa, ultima area marina siciliana istituita nel 2005. (a.f.)

Gaetano Savatteri / I RAGAZZI DI REGALPETRA / 295 pagg / € 18 / Rizzoli

Sono vissuti tutti nello stesso paese, Racalmuto, in provincia di Agrigento, cittadinache ha dato i natali a Leonardo Sciascia ed ha fatto da sfondo a tante sue opere conil nome di Regalpetra. Qui, tra gli anni Settanta e Ottanta, sono vissuti dei ragazzi che,come l’autore, hanno dato vita a un piccolo giornale, una palestra di impegno civile.Altri, invece, hanno preso strade diverse, scatenando una sanguinosa guerra di mafiaa partire dalla strage del 23 luglio 1991. Gaetano Savatteri li conosceva e diciotto annidopo li ha cercati e incontrati di nuovo per raccontare, in un faccia a faccia serrato,le scelte di quei giovani che, reduci da lutti, galere e latitanze, hanno formato l’ossa-tura agrigentina di Cosa Nostra. (a.f.)

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cinematografico e sul suo linguaggio. Guardando lepellicole di Tornatore si ha come l’impressione di assi-stere a una lezione di e sul cinema. E in questa tantobizzarra quanto splendida lezione che dura ormai dapiù di venti anni, anche ilavori fisiologicamente menoriusciti superano i confini diun cinema italiano a volte unpo’ troppo provinciale. Chesiano grandi storie d’insieme,leggende affollate di eroi oritratti più intimi, la ricercacompiuta da Tornatore, e checoinvolge allo stesso modo econ la medesima importanzatanto l’immagine quanto la narrazione, non cessa diproseguire. Adesso che dopo tanta attesa Baarìa, invi-tato ad aprire la prossima Mostra d’ArteCinematografica di Venezia, è pronto ad arrivare in

sala, si ha l’impressione che il cerchio stia per chiuder-si. Baarìa è un suono antico, una formula magica, unachiave. La sola in grado di aprire lo scrigno arruggini-to in cui si nasconde il senso del mio film più persona-

le. Una storia divertente emalinconica, di grandi amorie travolgenti utopie. Unaleggenda affollata di eroi.Ma Baarìa è anche il nome diun paese siciliano dove lavita degli uomini si dipanalungo il corso principale.Poche centinaia di metri,tutto sommato. Ma percor-rendole avanti e indietro per

anni, puoi imparare ciò che il mondo intero non sapràmai insegnarti. Sono parole che Tornatore riferisce aBaarìa. A noi sembrano echeggiare fotogrammi sparsidi tante delle sue pellicole.

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«Baarìa è un suono antico, unaformula magica, una chiave. La sola in grado di aprire lo scrigno arrugginito in cui si

nasconde il senso del mio film.Una storia divertente e

malinconica, di grandi amori e travolgenti utopie»

L’immagine che, proiezione dopo proiezione, tor-na ad occupare lo schermo, da sempre nasconde unrito magico in grado di contenere stupore e meravigliapiuttosto che semplice intrattenimento. Per accostarsial cinema di Giuseppe Tornatore e provare a raccon-tarlo in poche battute c’è una sola via da seguire: chiu-dere gli occhi e lasciarsi invadere, senza difesa alcuna,da quell’universo di immagini, tra loro al contempoidentiche e contrarie, che il regista ha consegnato algrande schermo bianco. Non essendo chiamati aun’analisi tecnica e critica del suo cinema, c’è spazioquindi per cercare di assaporare il gusto dei suoi tantiracconti e di scoprire e riscoprire quella sospensionedel tempo, in bilico tra un presente perennementesfuggente cui preferire la malinconica consistenza diun ricordo, che rende la visione di quasi la totalità deifilm di Peppuccio Tornatore una esperienza del tuttopersonale e assai intima con cui confrontarsi. Un tra-mite continuo tra la materia che scorre sullo schermoe la vita reale. Ecco perché alcuni dei suoi lavori entrano immediata-mente nel nostro immaginario, nella nostra storia dispettatori già da subito, al riaccendersi delle luci insala. Se il Nastro d’Argento del Taormina Film Festivalgli consegna il titolo di migliore regista esordiente perIl Camorrista, nel 1986, è il successivo Nuovo CinemaParadiso (1988), vincitore dell’Oscar come miglior film

straniero, a garantirgli la noto-rietà presso il grande pubblico.Il film (non importa che si trattidella prima versione piuttostoche della seconda, della exten-ded o della director’s cut) rivelail talento di Tornatore e la suaabilità nell’intrecciare un mododi fare cinema assai raffinatoed una capacità quasi unica diaprirsi all’emotività del grandepubblico. Alcune tra le sequen-ze con cui oggi si identificanomomenti tra i più belli della sto-ria del cinema italiano sonoproprio frammenti di questapellicola. Ma Nuovo CinemaParadiso, nonostante contengain sé tanto del cinema futuro diTornatore (il tema del viaggio edel ritorno a casa, il sentirsiesuli nel mondo, il continuo, e fallace sotto moltiaspetti, dialogo tra passato e presente, il cinema che siguarda allo specchio), e probabilmente influenzi diret-tamente pellicole come Stanno Tutti Bene (1990),L’uomo delle stelle (1995), La leggenda del pianistasull’oceano (1998, trasposizione del monologo teatra-le Novecento di Alessandro Baricco) e Malèna (2000), èlontano dal poterne identificare e tracciare in esclusi-va la poetica. Le escursioni nel genere (e non potrebbe che trattarsidel noir, tra tutti il più malinconicamente intrigante eraffinato) generano prima Una pura formalità (1994),uno dei lavori migliori, in cui il gesto diviene più secco,senza però perdere la sua innata capacità di affascina-re chi osserva, e i personaggi (splendidamente inter-pretati da Gérard Depardieu e Roman Polanski)maschere misteriose, e poi il recente ed ossessivo Lasconosciuta (2006). Tra loro opere assolutamente dif-ferenti, ma entrambe profonde riflessioni sul mezzo

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Un ritratto del regista siciliano premio Oscar che aprirà la prossima mostra d’Arte Cinematografica di Venezia con “Baarìa”, nelle sale dal 25 settembre

GIUSEPPE TORNATORE

di SALVATORE SALVIANO MICELI

CINEMA

ph. Marta Spedaletti

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In sole dieci ore ragazzini di 12 e 13 anni che nonhanno mai recitato prima si trasformano in piccoli attorie opportunamente guidati da un giovane regista giranoun cortometraggio che partecipa ad un Festival e lo vin-ce. Non solo questa storia è possibile ma è davvero acca-duta a Palermo. Il merito di questa insolita impresa è diGiuseppe Paternò, regista palermitano che, lavorandocon alcuni allievi della Scuola Media Statale “Silvio

Boccone”, ha realizzato “La mano di Nicola” aggiudican-dosi lo scorso maggio il primo premio della prima edizio-ne del CineSicilia Film Festival. Il regista racconta così lasua singolare esperienza: «Dopo aver frequentato unMaster in scrittura cinematografica e televisiva pressol’Istituto Europeo del Design di Roma, ho deciso di ritor-nare a Palermo e un po’ per caso un po’ per la voglia dilavorare facendo ciò che mi piace ho cominciato a colla-borare con le scuole». L’aspetto originale del lavoro diPaternò con gli allievi che di anno in anno hanno fre-quentato i corsi promossi nell’ambito di progetti finan-ziati dal Piano Operativo Nazionale è la professionalitàdei lavori realizzati. «Per me e per i ragazzi questi proget-ti hanno rappresentato una palestra formativa che haportato a risultati ancora più sorprendenti di quelli spe-rati. Avendo a che fare con adolescenti completamenteinesperti ho dovuto faticare il doppio, ma la soddisfazio-ne di realizzare un prodotto in grado di partecipare a unFestival mi ha ripagato di ogni fatica. Senza contare che anche per i giovani attori questa espe-rienza ha rappresentato un grande momento di crescitapoiché non tutti possono avere parti principali, ma tuttidevono garantire il proprio impegno». Nello spazio di cin-que minuti “La mano di Nicola” mette in scena uno sti-molante confronto sulla storia tra un uomo e un bambi-no che, grazie alla propria curiosità, avrà l’onore di rice-vere in eredità la stretta di mano del grande Federico II.La scelta di dirigere ragazzi non professionisti attraversomezzi e tecniche professionali si è rivelata vincente duevolte come dimostra un altro premio ottenuto alCineSicilia Film Festival. Il secondo posto nella categoriascuole secondarie di secondo grado è andato infatti a “Lacollana di Dafé” realizzato da Paternò con i ragazzidell’ITC Libero Grassi. «Il mio desiderio più grande – con-tinua il regista - è diffondere la cultura del cinema a tut-ti i livelli. Quello che manca a Palermo sono le opportu-nità. Per questo ho cercato di realizzare una scuola diregia e sceneggiatura e da quest’anno anche di montag-gio. In collaborazione con l’associazione culturaleMalaussene, organizzo dei corsi rivolti a persone di tuttele età». Ad affiancare Paternò nella docenza di questilaboratori, esperti del settori come Pippo Gigliorosso,Gaetano Di Lorenzo e Daniele Bonfiglio. Alla fine del corso gli iscritti dovranno essere in grado diprodurre un soggetto o in alcuni casi persino una sce-neggiatura e, a dimostrazione che non è mai troppo tar-di per imparare, Paternò svela il suo fiore all’occhiello:«una signora ultrasessantenne che con grande solerzia eimpegno ha prodotto una sceneggiatura completa chemagari un giorno potrebbe diventare un film».

Il vincitore palermitano diCineSicilia Film Festival raccontala sua esperienza nelle scuoledi MANUELA PAGANO

La “mano” di Giuseppe Paternò

CINEMA

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del luglio 2008; in essa si asseriva che una politica afavore dei pedoni deve essere la bussola con cuiorientare le politiche comunali dei trasporti, urbani-stiche ed edilizie. La lettera ha sortito in parte l’effet-to sperato, in quanto le strisce gialle sono state sìabolite, ma non con la con-seguenza della totale pedo-nalizzazione della piazza,bensì con quella dell’esten-sione del parcheggio a tutti icittadini, continuando asporcare la storica piazzacon il blu anziché il giallo! Unparadosso che non potevanon servire su un piattod’argento un ironico servizio di Stefania Petix a“Striscia la Notizia”. Dunque, nonostante queste pic-cole soddisfazioni, il Comitato non ha fermato le sueattività: tra le odiose macchine hanno organizzato

foto di gruppo, picnic e aperitivi con tavole imbandi-te sui tetti delle auto (Brum Brum Brunch), e un coin-volgente “Gioco dell’oca” che per un’intera giornataha dimostrato come lo spazio pubblico, da spaziomuto, può diventare terreno di socializzazione e luo-

go creativo. Molto interes-sante appaiono anche i labo-ratori con i più piccoli sultema della città, un tipo diattività su cui punterannoanche nei prossimi mesi. IlComitato ha anche in cantie-re operazioni genericamentedette di public art, in cui nonè più il prodotto estetico a

contare, quanto l’attuazioni di processi sociali per unamigliore percezione dei luoghi di vita, con quella stes-sa logica dal basso che sta alla base del ComitatoSpazio Pubblico di Palermo.

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Dalla più accessibile tra le enciclopedie, ossia quel-la on line, alla voce “spazio pubblico” si legge: Lo spa-zio pubblico è un luogo fisico (o virtuale) ove chiunqueha il diritto di circolare. E ancora, citando la definizio-ne di Wikipedia, lo spazio pubblico è rappresentato datutti gli spazi di passaggio e d’incontro che sono aduso di tutti, come strade, piazze, parchi, stazioni, edi-fici pubblici quali biblioteche, municipi o altro. Lo spa-zio pubblico oggi non è più questo. Lo spazio pubbliconon esiste più. Le argomentazioni teoriche sull’argo-mento degli ultimi trent’anni, da Hannah Arendt aHabermas, da Zigmund Bauman a Marc Augè, rivelanoquanto importante sia l’analisi dello spazio pubblico alfine di comprendere i cambiamenti sociali, politici eculturali di una società. Senza scendere nel dettaglio della discussione, il pro-blema primario sta nel fatto che, come scrisse PaoloCaputo nel 1998, lo spazio pubblico è oramai volto asignificare la folla degli individui divisi e anonimi,capaci di incontrarsi e coagularsi solo in forma diminoranza e quindi volti ad esprimere e a rappresen-tare più “privato” che “pubblico’. La cosa inoltre si

complica ancora di più sea questa folla già di persé divisa e anonima ènegato il luogo fisicodove anche marginal-mente incontrarsi. E’ ilcaso di piazza Bellini aPalermo, tipico esempiodi quello che FrancoPurini (1998) chiama“suicidio della città stori-ca” che non solo devesopportare il peso delsuo passato ma assolve-re anche ai nuovi compi-ti che la contemporanei-tà richiede alla città. Inquesto caso il compito

che dovrebbe assolvere è quello delparcheggio. Andare contro questalogica di erosione degli spazi collet-tivi per fini individuali, nello specifi-co quello dei consiglieri comunali diposteggiare comodamente, è statoil primo obiettivo del ComitatoSpazio Pubblico di Palermo(www.spaziopubblicopalermo.org).Il gruppo nasce circa nell’ottobredello scorso anno; come molti deigruppi di attivisti che scelgono lacittà come territorio per le loroazioni di micropolitica, che si rivol-gano ad un pubblico quanto maieterogeneo, il Comitato ha al suointerno una congerie di professio-nalità, dall’artista al sociologo, dal-l’architetto all’operatore culturale.In Italia e all’estero sin dagli anni’70 troviamo molti e autorevoliesempi di collettivi simili: tra i tanti ricordiamo gli ame-ricani Group Material e Temporary Services, il tedescoRepublicart, e gli italiani Stalker, OsservarorioNomade, Multiplicity, Cantiere Isola, Esterni. Come già detto, il punto di partenza è stato quello diliberare dalle macchine piazza Bellini, nel cuore delcentro storico di Palermo, antistante le bellissime chie-se della Martorana, di San Cataldo e Santa Caterina.Dopo una serie di incontri, nella sede di via degliSchioppettieri delle associazioni Boa e CLAC, nel corsodei quali andavano sempre più aderendo associazioni(come Mobilita Palermo, Addio Pizzo, Libera,Nucleo70) e liberi cittadini incuriositi dagli inviti suisocial network, il Comitato decise che la prima azionesarebbe stata quella di consegnare a tutti i consiglieriuna lettera in cui si chiedeva di rinunciare definitiva-mente al privilegio del posteggio, ricordando inoltre aognuno di loro come ciò entrasse in contraddizionecon quando si dichiarava in una delibera del consiglio

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Nasce nell’ottobre dello scorso anno il gruppo diattivisti che ha scelto la città di Palermo come territorio per le sue azioni di micropolitica

COMITATO SPAZIO PUBBLICO

di MARINA SAJEVA

Il Comitato ha al suo internouna congerie di professionalità,

dall’artista al sociologo, dall’architetto all’operatore

culturale. In Italia e all’estero,sin dagli anni ’70, troviamo

molti esempi di collettivi simili

ph. Rori Palazzo

SOCIETA’

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Diciamocelo, almeno una volta abbiamo sbagliatotutti. Pensavamo che in un’isola non esistesse la piog-gia, e invece una nuvoletta ci ha seguiti e colti in infra-dito e canottiera? O eravamo proprio certi di stare incostume dalla mattina alla sera e quell’invito alla sera-ta figa non c’era proprio messo. E ancora la batteriache si scarica, la crema che si cosparge nella valigia, eproprio nella zona-intimo... insomma fare una valigianon è proprio facilissimo. Prima regola d’oro, da diecistelline di difficoltà per ledonne, una per gli uomi-ni, ma universale: partireleggeri. Qualsiasi sia ladestinazione e il numerodei giorni, indispensabileè portare il minor numerodi cose possibili. Perchécon una sacca la corsaper non perdere il treno sipuò anche fare, con tre, ameno che non si è in stileRussell Crowe diventa piùdifficile. E soprattuttoniente cose preziose: nonè detto infatti che ciò cheparte, arriva, o quanto-meno torna. Perciòmeglio lasciare al sicuro ilcollier di diamanti o igemelli del nonno (seavete la fortuna di averli).Due oggetti salvavita poiche, secondo me, nondovrebbero mancare in nessuna valigia che si rispettisono la mascherina per gli occhi (almeno durante ilviaggio, così si dorme) e l’Ipod, che salva la vita daconversazioni forzate, che siate distesi sull’asciugama-no, in volo o semplicemente a godervi il panorama. Nel fare una valigia bisogna poi in primo luogo nonsottovalutare ciò che può riservare la destinazionescelta, così, anche se partite per una crociera, nondimenticate calzini e scarpe comode e pantaloncinieasy, e al contrario per un viaggio d’avventura porta-te sempre, un tubino lei, intramontabile, e il classico

(quasi noioso) vestito lui. E un costume, quello sempre,anche se si parte per il Polo nord, che poi magari c’èuna piscina riscaldata ad aspettarvi. Un segreto per fare entrare tutto, poi, è quello di arro-tolare i vestiti, che quindi è meglio scegliere di tessutiche possono stropicciarsi, e non piegarli, oltre a porta-re piccoli, sfiziosi e utilissimi gioielli della tecnologia,come quegli aggeggi con telecamera, radio, macchinafotografica, sveglia, tutto integrato in dieci centimetri,

o, magari più terra terral’accappatoio sottilissimoche si trova facilmente intutti i negozi. Sempre inmateria di tecnologia,insieme a carica batterie,pile ricaricabili, chiavi usbe adattatori universali, sepensate di fare un viaggioon the road un navigatoresatellitare è consigliato,per evitare di trovarvi aTimboctu, e, comunque,anche lì, il traduttore inte-grato nel navigatorepotrebbe sempre tornarviutile. Obbligatorio e moltomeno tecnologico, per chiesce dall’Italia ed è caffè-dipendente, quattrobustine di quello liofilizza-to. Neanche a dirlo, infine,che anche se partite perCarrapipi, e Paolo Fox non

prevede nulla di buono, la biancheria intima non si puòtralasciare: scegliete la migliore che se no la fantoma-tica “avventura estiva”, migra alla prossima stagione(ma mi riferisco specialmente agli uomini, che le don-ne di solito su questo nascono ‘nsignate). Poi, farmaci (specie contro gli insetti), ombrelli, carte dicredito, valigie d’emergenza che si appallottolano peri tipi molto generosi che tornano con tanti souvenir...ma soprattutto documenti e chiavi di casa. Perchépensare al viaggio va bene, ma prima o poi bisognapur sempre tornare a casa.

La “guida” alla valigia perfettadi FEDERICA SCIACCA

Consigli, segreti e aneddoti per i viaggiatori di oggi,e perchè no, anche per quelli di domani

COSTUME

Aceto al posto del detersivo, vetro invece della pla-stica e mercati rionali invece dei grandi ipermercati. Lostile di vita dei nostri nonni diventa un obiettivo da rag-giungere per andare avanti nella sfida contro l’esauri-mento delle risorse naturali. A Palermo un gruppo diragazzi ha aperto e gestisce un sito che si chiamaEcoperando.com e che spiega come fare per pesare ilmeno possibile sull’ecosistema: tanti sono i consigli pra-tici che Valerio Bellone, l’ideatore del sito, e tutte le altrepersone che vi scrivono danno per potere ridurre i con-

sumi o per orientarli verso una gestione più corretta edecosostenibile. «Il sito è nato qualche mese fa - raccontaValerio Bellone, che con Laura D’Anna (entrambi nellafoto) ha fondato anche l’associazione Ecoperando - per-ché volevamo dare il nostro contributo all’ambiente. Noifacciamo sempre la raccolta differenziata, cerchiamo diconsumare in maniera corretta, ma volevamo fare qual-cosa di più. E questo è il modo migliore: permettiamo atutti di partecipare con i loro articoli e le loro idee, siamoaperti ai suggerimenti». Che arrivano in abbondanza. Per fare qualche esempio:sostituire la dose massiccia di carne che consumiamoogni settimana con le proteine dei legumi; usare l’acetoper lavare piatti e pavimenti; non comprare nei grandiipermercati, dove i prodotti arrivano dopo molte centi-naia di chilometri e di monossido di carbonio e preferireinvece le botteghe o i mercati rionali. Ma non solo. Sulsito si può leggere come realizzare un “casa verde”seguendo le regole delle energie riciclabili e dell’eco-architettura; si può scoprire che dietro molte aziendeche dichiarano di avere un cuore ambientalista c’è sol-tanto marketing: i consumatori sono più attenti di primaalle “etichette verdi” e il fenomeno va sfruttato sul pia-no della comunicazione, indipendentemente dalla realeattenzione delle aziende ad una produzione ecososteni-bile. Valerio, che di mestiere fa il web-designer e ha lapassione per la fotografia naturalistica, non è volutocadere in questa trappola del marketing verde: «Il pro-getto non è nato con uno scopo di lucro - spiega - hosemplicemente messo a frutto quello che so fare perquello in cui credo. E infatti sul sito non c’è alcuna pub-blicità, nessun banner o altra sponsorizzazione, andiamoavanti da soli». Anche se andare avanti può sembrare inqualche caso fare un passo indietro, verso il mondocome lo vivevano i nostri nonni. «Noi facciamo le cose che sono scritte nel sito - continuaValerio - dal consumo di carne alla pulizia con l’aceto.Perché ci crediamo. Ma non c’è nulla di strano a viverecosì: non bisogna stravolgere le proprie abitudini o farechissà quali rinunce. Basta solo rendersi conto che l’am-biente ci fornisce un po’ di tutto e cambiare la propriafilosofia, stare attenti anche nelle piccole cose a rispetta-re l’ambiente. Ci sono fonti energetiche che ci permette-rebbero di di soddisfare senza problemi tutti i nostribisogni, basta saperle sfruttare». Tanti i progetti che partiranno a breve: su Ecoperando cisarà una mappa di tutti i negozi palermitani dove è pos-sibile acquistare prodotti biologici; un concorso di artivisive dedicato all’ambiente e corsi di educazioneambientale per i bambini nelle scuole.

Un sito internet rivolto al giustoconsumo e alla riduzione deidanni per l’ecosistema

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di SONIA PAPUZZA

ECOPERANDO

SOCIETA’

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L’ABBINAMENTO IL VINO

di GIORGIO AQUILINO

Protagonista indiscusso delle tavole estive, il pomodoro èsicuramente l’ortaggio principe della cucina mediterranea. La sua caratteristica principale è, dal punto di vista sensoria-le, una tendenza acida abbastanza percepibile. Per cui ingenere si abbina ad un vino bianco secco, con un bouquet ric-co di sentori fruttati o vegetali e morbido. Nel caso dei nostripomodori secchi, se conservati sott’olio e giustamente aro-matizzati vanno accompagnati da uno chardonnay della Doc

Menfi, vitigno alloctono particolarmente coltivato in tutta la regione. Diversa è invece la considerazione sull’estratto, non costituendo un alimento che siconsuma in genere a sé stante. Come ingrediente, la sua presenza arricchisce la strut-tura di qualsiasi piatto ed è proprio questo l’elemento che andremo a considerare. Il corpo del vino dovrà essere, infatti, conforme alla struttura del cibo. Se ad una pre-parazione particolarmente strutturata venisse abbinato un vino semplice, giovane, fre-sco e debole di corpo, l’abbinamento risulterebbe poco armonico poiché le caratteristi-che del piatto sarebbero dominanti su quelle del vino. Lo stesso risultato negativo si otterrebbe se ad un piatto poco strutturato venisse abbi-nato un vino di corpo ed evoluto. È un gioco di equilibri insomma. Si può negare, se sivuole, quasi ogni astrazione: giustizia, bellezza, verità, divinità, Dio. Si può negare laserietà, ma non il gioco (Edward T. Hall).

ciappe, o chiappe come vengono chiamate nel ragusa-no, dall’umidità e dalla pioggia, cose che pregiudiche-rebbero la riuscita. Una volta ben secchi i pomodori van-no conservati o in buste di carta, o facendo delle collanecon lo spago oppure sott’olio, aromatizzandoli a piacerecon aglio, basilico, origano, peperoncino. Molta piùpazienza e cura va riservata alla preparazione dello‘strattu, o astrattu, insommaquella meravigliosa pasta chemolti confondono con ilpomodoro concentrato.Orrore! Per fare un buonestratto bisogna prima di tut-to fare una buona salsa.Come sempre la ricetta variain base ai propri gusti. Alcunimettono solo cipolle e pomodoro, altri mettono anchel’aglio, altri solo aglio. Io, per non dire chi sacciu o chisapìa, ci metto tutti e due e buonanotte ai suonatori.Taglio i pomodori a metà, o in quattro, se sono moltograndi e con un po’ di olio li metto a cuocere con aglio ecipolla, come ho già detto, finché non si sono ammorbi-

diti e il sugo non si sia ristretto. Aggiungo il basilico elascio riposare un po’. Poi passo tutto con il passapomo-doro, per l’appunto, e rimetto sul fuoco con altro basili-co, peperoncino e se c’è bisogno un po’ di zucchero persmorzare l’acidità e faccio stringere ulteriormente.Infine verso il sugo su una bella tavola di legno priva dicrepe o buchi e copro con una rete per evitare l’incursio-

ne di muschitti, zappagghiu-nieddi e familiari. Ogni giornocontrollo lo stato di essiccazio-ne. Alla fine la salsa si trasfor-merà in una pasta scura, qua-si marrone, con cui si possonoinsaporire tutte le pietanze,anche i pesci in guazzetto, ilbrodo del cous cous, le mine-

stre. La dolce fanciulla che mi è sorella lo spalma a caz-zuolate sulle fette di pane di paese caldo con sommagoduria e con estrema attenzione nella scelta delmomento in cui compiere l’operazione, che prevede l’as-senza di chiunque. Purtroppo la quantità di ‘strattu dimi-nuisce e come sempre la maggior indiziata è lei.

C’è chi lo preferisce liscio, piùdolce o rugoso, il tipico

pomodoro da salsa, un po’aspro, ma molto saporito, c’è

chi utilizza i ciliegini di Pachinoe chi i San Marzano

La scorsa estate “mi prese la folgore”, come mi dis-se una gentile signora, delle conserve. Il sacro fuoco diSuor Germana, almeno in ambito culinario, mi ha travol-to. Complici, forse, l’aria di campagna, il desiderio diconservare per il freddo inverno i sapori dell’estate, qua-lunque cosa sia stata è esploso in me l’impulso dellamassaia, la voglia di preparare delle provviste, comefaceva mia madre nei suoi tempi d’oro, prima che l’istin-to cusciuliero la travolgesse irrimediabilmente, svilup-pando la sua capacità di smaterializzazione e inibendo ipochi barlumi di vivandiera che le erano rimasti. Per for-tuna gli attrezzi del mestiere - tavole di legno, cavallettie una grossa rete fitta, erano un po’ impolverati, ma inperfetto stato. Con l’aiuto del prode e fidato contadino, che, insiemealla moglie, opera da una vita nel settore preveggenza econserve, ovvero le formiche in azione, abbiamo iniziatoa preparare valutare il momento adatto. Cosa primaria èl’analisi del tempo. Se si prevede pioggia o le tempera-

ture non sono alte è meglio desistere. Guardavamo il cie-lo, fiutavamo l’aria, alzavamo il dito bagnato… “No,signorì, unn’è cosa uora” e aspettavamo che il tempora-le arrivasse e passasse. Una domenica Basile mi chiama“Signorì, rumani accattiamo i pummaruri, farà un cavu-ru ri muorere. Li fici mettere ri lato”. E così il giorno doposiamo andati a prendere i suddetti. La selezione dellamateria prima è fondamentale. C’è chi lo preferisceliscio, più dolce e chi, come me, preferisce quello rugo-so, il tipico pomodoro da salsa, un po’ aspro, ma moltosaporito, c’è chi utilizza i ciliegini di Pachino, alcuni utiliz-zano anche i San Marzano. Il procedimento è semplice,ci vuole solo pazienza e attenzione. Si prendono delle tavole, delle assi, insomma una base dilegno su cui vanno riposti i pomodori tagliati a metà ecosparsi di sale. Si lasciano al sole finché non siano per-fettamente essiccati. L’unica camurria sta nel ricordarsiogni sera di controllare l’attacco di formiche, mosche,uccelli, la creazione di qualche muffa, di proteggere le

A proposito di conserve, ecco come realizzarne una al pomodoro, ingrediente protagonista dell’estate

Ciappe e ‘strattu: l’arte della curadi LETIZIA MIRABILE

CIBO

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Pur essendo requisito fondamentale, richiesto dairecruiters durante i colloqui di lavoro, che ne desidera-no constatare a fondo il livello di conoscenza, per ottoitaliani su dieci sostenere una conversazione in linguainglese risulta ancora molto difficile. Il problema? Non ècerto attribuibile ad una mancanza di volontà indivi-duale e neppure alla negligenza dei nostri genitori. Molti hanno voluto che i figli iniziassero a studiare l’in-glese a cinque anni, in prima elementare. Peccato peròche nessuno sia bilingue! Nei Paesi nordici invece i cit-tadini lo sono pratica-mente tutti, nonostantea scuola le ore di inglesesettimanali ammontinoa due o poco più. Nonc’è dubbio, la chiave delsuccesso si nascondenella metodologia d’in-segnamento, le cuimigliori performancesono senz’altro privile-gio di pochi. Ecco per-ché milioni di personeogni anno, per impararebene l’inglese, volano inInghilterra, Irlanda o inAmerica, dove respirarearia anglofona è unacertezza. La stessa ariache a Palermo si respirasolo all’InternationalHouse Language Center,frequentato dal 1975 da intere generazioni. Il centro èinfatti specializzato nell’insegnamento della linguainglese, per adulti e ragazzi, e della lingua italiana percittadini e studenti stranieri. L’unico istituto, nell’intera provincia, dove è inoltre pos-sibile perseguire gli esami internazionali CambridgeESOL (English for Speakers of Other Languages), certi-ficazioni che affrontano ogni anno più di 1,5 milioni distudenti in 135 paesi. Fra queste il Key English Test (Ket)che valuta le abilità base necessarie per gestire quoti-dianamente la comunicazione scritta e parlata, Il

Preliminary English Test (Pet) che attesta una conoscen-za intermedia della lingua, il First Certificate in English(FCE) di livello intermedio-alto, per chi desidera studia-re o lavorare all’estero, il Certificate in AdvancedEnglish (CAE), un esame di livello avanzato richiesto damolte università come pre-requisito d’ingresso e iTeaching Awards, conosciuti a livello internazionale,rivolti ad insegnanti d’inglese nuovi o già esperti chedesiderano sviluppare le proprie competenze. E ancora le certificazioni TOEFL iBT (Test of English as a

Foreign Language internetBased Test) il pre-requisitoper l’ammissione a collegeed università nelle quali lelezioni hanno luogo ininglese. L’insegnamentodella lingua in questo isti-tuto è una vera e propriascommessa. Chi perdepaga! L’approccio adotta-to dai docenti madrelin-gua, tutti specializzati ecostantemente aggiornati,attraverso seminari speci-fici su tecniche didatticheall’avanguardia, è di tipocomunicativo, estrema-mente dinamico ed inte-rattivo. Interamente in lin-gua inglese, le lezioni siarticolano in attività lingui-stiche che simulano situa-

zioni reali, affrontate con le abilità del parlare, capire,leggere e scrivere, nei diversi livelli di appartenenza.Moduli da 50 ore, suddivisi in 3 principali tipologie:intensivi, semi-intesivi e standard, oltre una serie dicorsi fatti su misura o per la preparazione agli esamiper l’ottenimento delle certificazioni. Il prossimo 24 settembre l’IH, come ogni anno, organiz-zerà un Open Day, interamente dedicato a tutte quellepersone interessate a conoscere le attività e le iniziati-ve promosse dall’istituto, consultabili periodicamentesul sito web www.ihpalermo.it

L’inglese è “International House”Un centro specializzato nell’insegnamento dinamicoed interattivo della lingua inglese per adulti e ragazzi di DANIELA GENOVA

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