NUMERO 8-9 SOMMARIO - Edizioni Conoscenza...Garibaldi, nostro contemporaneo Enrico Panini...

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SOMMARIO N UMERO 8-9 scuola, università, ricerca, arte, formazione Quindicinale Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 488 del 7/12/2004 Valore Scuola coop. a r.l. - via Leopoldo Serra, 31 - 00153 Roma Tel. 06.5813173 - 06.5885355 - Fax 06.5813118 www.valorescuola.it - [email protected] In redazione: Alberto Alberti, David Baldini, Omer Bonezzi, Paolo Cardoni, Gianna Cioni, Loredana Fasciolo, Simonetta Fasoli, Marco Fioramanti, Marilena Menicucci, Paolo Raponi, Paolo Serreri, Gianfranco Staccioli, Ivo Vacca È autorizzata la riproduzione degli ar- ticoli purché non sia a scopo commer- ciale e che sia riprodotta questa dicitu- ra. In copertina e negli interni: foto- grammi dei film: 1860 (A. Blasetti, 1934) e Camicie Rosse (Anita Gari- baldi) (G. Alessandrini, 1952). Immagini tratte da: Storia fotografica d’Italia 1900-1921, Intra Moenia, Napoli 2006; Storia Illustrata, n. 294/82, Mondadori; A. Faeti, P. Pal- lottino, L’Illustrazione nel romanzo popolare, Umberto Allemandi, 1988. Gli aventi diritto possono contat - tare la casa editrice Direttore: Enrico Panini Vice Direttore: Anna Maria Villari Direttore responsabile: Ermanno Detti Progetto grafico e copertina: Marco Fioramanti Impaginazione: Oasi Biskra Associati Abbonamento annuale: euro 67,00 - estero euro 129,00 Per gli iscritti FLC CGIL euro 52,00 - sconti per RSU una copia euro 3,00 - Versamento su c/cp n. 63611008 tramite vaglia postale o assegno bancario (non tra- sferibili) intestati a Valore Scuola coop. a r.l. Stampa: Tipolitografia CSR, via di Pietralata, 157 - Roma Tiratura n. 8-9 (30.4./15.5 2007): 5.000 copie La rivista n. 8 -9 2007 30 aprile-15 maggio 2007 2 4 7 10 15 19 22 25 27 31 37 43 51 54 55 59 61 62 63 64 65 66 67 68 69 71 73 75 78 80 Presentazione Garibaldi, nostro contemporaneo Enrico Panini Introduzione La nostra storia, la nostra identità David Baldini Biografia Una vita per la libertà Garibaldi tra storia e intepretazione politica Un “eroe” generoso amato dal popolo Intervista a Lucio Villari David Baldini Un po’ rivoluzionario, un po’ corsaro Un’icona del Risorgimento Giuseppe Monsagrati La tradizione del pensiero democratico Intervista a Franco Della Peruta Dario Ricci Il disinganno dopo l’unità Garibaldi e Mazzini a confronto Claudio Pavone Gerolamo Induno/Pittore e combattente Loredana Fasciolo Le radici della leggenda/Biografie e studi critici Sergio La Salvia Garibaldi tra storia e leggenda Dovunque saremo colà sarà Roma La difesa della Repubblica romana Alberto M. Ghisalberti Una cultura eclettica/Garibaldi scrittore Lina Jannuzzi Le donne l’arme e gli amori/Un animo “femminile” Marilena Menicucci Antologia/Prosa Una biografia in chiave di mito Giosue Carducci Garibaldi nel “Cuore” Edmondo De Amicis I Mille nella trasfigurazione poetica Giovanni Pascoli Quando la retorica diventa un’arma Gabriele D’Annunzio Antologia/Poesia Il generale Ippolito Nievo A Giuseppe Garibaldi Giosue Carducci La notte di Caprera Gabriele D’Annunzio Gesta di Garibaldi Cesare Pascarella Garibaldi vecchio a Caprera Giovanni Pascoli Il navicellaio di Caprera Giuseppe Garibaldi Antologia/Canto popolare Inno di Garibaldi Luigi Mercantini Daghela avanti un passo Anonimo La camicia rossa Anonimo I Cacciatori delle Alpi Luigi Mercantini Garibaldi Francesco Dall’Ongaro Documenti Un implacabile j’accuse “Quei mille filibustieri” Bibliografia

Transcript of NUMERO 8-9 SOMMARIO - Edizioni Conoscenza...Garibaldi, nostro contemporaneo Enrico Panini...

  • SOMMARION UMERO 8-9

    scuola, università, ricerca, arte, formazione

    Quindicinale

    Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 488 del 7/12/2004

    Valore Scuola coop. a r.l. - via Leopoldo Serra, 31 - 00153 Roma

    Tel. 06.5813173 - 06.5885355 - Fax 06.5813118

    www.valorescuola.it - [email protected]

    In redazione: Alberto Alberti, David Baldini, Omer Bonezzi,

    Paolo Cardoni, Gianna Cioni, Loredana Fasciolo,

    Simonetta Fasoli, Marco Fioramanti, Marilena Menicucci,

    Paolo Raponi, Paolo Serreri, Gianfranco Staccioli, Ivo Vacca

    È autorizzata la riproduzione degli ar-ticoli purché non sia a scopo commer-ciale e che sia riprodotta questa dicitu-ra.

    In copertina e negli interni: foto-grammi dei film: 1860 (A. Blasetti,1934) e Camicie Rosse (Anita Gari-baldi) (G. Alessandrini, 1952).Immagini tratte da: Storia fotograficad’Italia 1900-1921, Intra Moenia,Napoli 2006; Storia Illustrata, n.294/82, Mondadori; A. Faeti, P. Pal-lottino, L’Illustrazione nel romanzopopolare, Umberto Allemandi, 1988.

    Gli aventi diritto possono contat-tare la casa editrice

    Direttore: Enrico PaniniVice Direttore: Anna Maria VillariDirettore responsabile: Ermanno Detti

    Progetto grafico e copertina: Marco FioramantiImpaginazione: Oasi Biskra Associati

    Abbonamento annuale: euro 67,00 - estero euro129,00Per gli iscritti FLC CGIL euro 52,00 - sconti perRSUuna copia euro 3,00 - Versamento su c/cp n.63611008 tramite vaglia postale o assegno bancario (non tra-sferibili)intestati a Valore Scuola coop. a r.l.Stampa: Tipolitografia CSR, via di Pietralata, 157- RomaTiratura n. 8-9 (30.4./15.5 2007): 5.000 copie

    La rivista

    n. 8 -9 2007

    30 aprile-15 maggio 2007

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    Presentazione Garibaldi, nostro contemporaneoEnrico Panini

    Introduzione La nostra storia, la nostra identitàDavid Baldini

    Biografia Una vita per la libertà

    Garibaldi tra storia e intepretazione politica Un “eroe” generoso amato dal popoloIntervista a Lucio VillariDavid Baldini

    Un po’ rivoluzionario, un po’ corsaroUn’icona del RisorgimentoGiuseppe Monsagrati

    La tradizione del pensiero democraticoIntervista a Franco Della PerutaDario Ricci

    Il disinganno dopo l’unitàGaribaldi e Mazzini a confrontoClaudio Pavone

    Gerolamo Induno/Pittore e combattenteLoredana Fasciolo

    Le radici della leggenda/Biografie e studi criticiSergio La Salvia

    Garibaldi tra storia e leggenda Dovunque saremo colà sarà RomaLa difesa della Repubblica romanaAlberto M. Ghisalberti

    Una cultura eclettica/Garibaldi scrittoreLina Jannuzzi

    Le donne l’arme e gli amori/Un animo “femminile”Marilena Menicucci

    Antologia/Prosa Una biografia in chiave di mitoGiosue Carducci

    Garibaldi nel “Cuore”Edmondo De Amicis

    I Mille nella trasfigurazione poeticaGiovanni Pascoli

    Quando la retorica diventa un’armaGabriele D’Annunzio

    Antologia/Poesia Il generaleIppolito Nievo

    A Giuseppe Garibaldi Giosue Carducci

    La notte di Caprera Gabriele D’Annunzio

    Gesta di Garibaldi Cesare Pascarella

    Garibaldi vecchio a CapreraGiovanni Pascoli

    Il navicellaio di CapreraGiuseppe Garibaldi

    Antologia/Canto popolare Inno di Garibaldi Luigi Mercantini

    Daghela avanti un passo Anonimo

    La camicia rossa Anonimo

    I Cacciatori delle Alpi Luigi Mercantini

    Garibaldi Francesco Dall’Ongaro

    Documenti Un implacabile j’accuse

    “Quei mille filibustieri”

    Bibliografia

  • PRESENTAZIONE

    Resistenza come i valori fon dantidell’unità nazionale.Leggere, per dirla conMachiavelli, le cose “moderne”alla luce delle “antique” è solo unaparte dell’impegno: l’altra parte ècostituita dalla con vinzione didover tener desta la memoriastorica di ciascuno, qualepresupposto indispensa bile persalvaguardare la memoriacollettiva di tutto un Paese dairischi dell’oblio. Da questo punto di vista, lacommemorazione del bicen -tenario della nascita di GiuseppeGaribaldi ci ha consentito dicogliere una doppia opportunità:

    da una parte, di commemorare uno dei più signi -ficativi protagonisti del nostro Risorgimento,dall’altra di ricostruirne il profilo, privato e pubblico,senza mai discostarsi dal più generale contesto dellastoria d’Italia.

    Il più amato dagli italiani

    Giuseppe Garibaldi è il personaggio storico forsepiù amato dagli italiani, sicuramente il più famoso, ilpiù mitico: è grande nelle vittorie, Brescia, l’impresadei Mille, ma è grande anche nelle sconfitte, il crollodella Repubblica romana. Le interviste e i saggi che pubblichiamo in questomonografico ci danno il senso e le ragioni della suagrandezza. Gli storici che hanno contribuito a questomonografico, che ringrazio di cuore per la lorodisponibilità, non hanno mancato di sottolinearecome la sua stessa vita, il suo comportamento moraleabbiano, insieme alle sue imprese, galvanizzatol’immaginario collettivo. Di lui si apprezzano, oltrealla semplicità dei modi e alla mancanza di personaliambizioni, la naturale avversione per i regimitirannici e l’amore sconfinato per la libertà. Egli fusempre sostenuto, sia pure nelle forme delvagheggiamento, dall’ideale di un socialismo

    Dedicare un monogra-fico a un padre dellapatria non è per “VSLa Rivista” una no-vità. Solo due anni

    fa, nel 2005, abbiamo voluto ricor-dare il bicentenario della nascita diGiuseppe Mazzini. Allora come a-desso riconfermiamo l’impegno ci-vile, ma anche politico e morale,con il quale “VS La Rivista” e conessa la FLC Cgil cercano di far inte-ragire eventi e figure della storia passata con le dina-miche particolarmente complesse del nostro tempo,ragionandone soprattutto, anche se non solo, in ter-mini didattico-pedagogici. La nostra non vuole essere una celebrazione dioccasione, il bicentenario della nascita di GiuseppeGaribaldi, ma l’occasione, appunto, di una riflessione.Questo senza nulla togliere alle celebrazioni ufficiali,che speriamo siano numerose e impegnino le forzepolitiche, le Istituzioni e, soprattutto, la memoriacollettiva.

    La nostra storia, i nostri valori

    Il lavoro sulla memoria ci ha trovato sempreparticolarmente sensibili e attenti, soprattutto in unpaese come il nostro che sembra “snobbare” gli eventifondanti della propria storia o rivederli in chiaveideologica e superficiale, con grave nocumento dellacoscienza nazionale e di una identità comune.L’eterno presente che ci avvolge è un danno perché èdalla propria storia, dal senso della continuità neltempo che ogni comunità nazionale trae alimento perla propria vita politica, morale e civile. Siamo debitorial Presidente Ciampi che per tutto il suo settennato hatenuto vivi i valori sia del Risorgimento sia della

    Garibaldi, nostro contemporaneo

    Enrico Panini Da sempre simbolodello spirito

    nazionale unitario,Garibaldi incarna

    il meglio della tradizione

    repubblicana e libertaria

    con la sua passione, la sua generosità

    e la sua semplicità.Un suggerimento

    per chi è alla ricerca

    di un Pantheon

    BICENTENARIO GARIBALDINO

    2 VS La rivista

  • 3n. 8-9, 2007

    CAMICIE ROSSE (ANITA GARIBALDI)

    Inseguito dalle truppe borboniche e austriache,dopo la caduta della Repubblica Romana nel 1849,Garibaldi (Raf Vallone) con 4.000 volontari si diri-ge verso nord. San marino offre rifugio ai super-stiti. Lo raggiunge Anita (Anna Magnani) che vici-no Ravenna muore. Scritto dal trio bolognese diRenzo Renzi, Enzo Biagi e Sandro Bolchi, girato nel1950 fra molte traversie, è stato terminato daFrancesco Rosi e Luchino Visconti.

    Regia: Goffredo Alessandrini, 1952

    umanitario, che fosse in grado di affratellare ed uniredavvero i popoli tra di loro.Ma ci sono anche altre ragioni che ce lo fannoamare. Parlare di Garibaldi significa inevitabilmenteconfrontarsi con il tema dei valori. A fronte di un presente defraudato di senso (sulpiano della vita personale), povero di punti diriferimento (sul piano della vita civile),sostanzialmente incerto (sul piano della soggettivaappartenenza ad associazioni, gruppi o partiti),spesso il passato ci soccorre generosamente,offrendoci ciò di cui abbiamo bisogno. Ciò vale tantopiù oggi, in un momento nel quale il bisogno di unradicamento “forte” si è fatto ancor di più impellente,sotto la spinta del processo di globalizzazione. Questo bisogno porta con sé, spesso, conseguenzefuorvianti. Anziché ricercare nella storia radiciunificanti, le fonti primarie di quelle idee moderne dilibertà, intesa anche come esercizio del liberopensiero e della libera ricerca, di democrazia e dipartecipazione che connotano lo Stato moderno e ilmoderno patto civile, spesso prevale un recupero, insenso reazionario, delle proprie tradizioni, ivicompresa la riscoperta di uno spirito religioso vissutocon il pathos tipico del fanatismo fondamentalista.

    BICENTENARIO GARIBALDINO | PRESENTAZIONE

    1860

    è ritenuto da molti il film che anticipò la lunga sta-gione del neorealismo italiano. 1860, i patrioti sicia-liani, ritirati sulle montagne, attendono l’arrivo delletruppe garibaldine per liberare l’isola dal regimeborbonico. Il viaggio dalla Sicilia che si prepara conagitazione allo sbarco dei Mille, Carmeliddu, pasto-re, raggiunge la penisola per conto di padre Costan-zo, frate che spalleggia i ribelli. Scopo della sua mis-sione è raggiungere la Liguria e assicurarsi che laspedizione di garibaldi sia un progetto concreto...

    Regia: Alessandro Blasetti, 1934

    Come dimenticare il tentativo di qualche anno fa diComunione e Liberazione di fare un processo alnostro Risorgimento, recuperando gli aspetti piùretrivi dello Stato pontificio di Pio IX, non il Pio IXdel 1848, ma quello del Sillabo e del “nonpossumus”?Garibaldi, invece, incarna il meglio della tradizionerepubblicana e libertaria. Se il presente altro non èche memoria del passato, allora possiamo dire cheGaribaldi è “nostro contemporaneo” molto più diquanto non immaginiamo. Il sentimento diriconoscenza nei suoi confronti, pure naturale,costituisce dunque solo un aspetto, e neppure il piùimportante, dei profondi legami che ci uniscono alui. Egli può infatti essere preso a simbolo di quellospirito nazionale unitario al quale tutti coloro chehanno davvero a cuore il destino del nostro Paese,siano essi adulti o giovani, devono rifarsi. Potrebbeessere anche un suggerimento per nuove formazionipolitiche alla ricerca di un Pantheon. Ma la nostra speranza è che gli argomenti da noitrattati si trasformino in altrettanti motivi diriflessione per insegnanti e studenti. Questopremierebbe davvero il nostro sforzo e il nostroimpegno.

  • LA NOSTRA STORIA,LA NOSTRA IDENTITà

    sconfitta appena subita, più che uncomandante impavido, alla Napo-leone, ci sembra piuttosto di sentirparlare un sognatore alla Don Chi-sciotte, forte solo ed esclusiva-mente delle ragioni della sua pro-pria causa.

    Ed invece, come si incaricheran-no di dimostrare gli eventi succes-sivi, egli sognatore non era, anchese il prezzo che dovette pagare perle proprie azioni fu, come sempre,altissimo.

    Dopo le incredibili peripezie del-la fuga - nel corso delle quali, nellapineta di Ravenna, perderà sua mo-glie Anita -, in procinto di partireper l’estero, per un nuovo esilio,così scrive alla madre: “Amatissi-ma Madre, parto domani per Tunisicol vapore Tripoli; e se non fosse laposizione vostra e de’ figli non a-vrei da esserne molto scontento.Mi fa sperare un pronto rimpatrio.Vi raccomando sopra tutto di nonaffliggervi e di non privarvi del bi-sogno, tanto voi quanto i bimbi,che vi raccomando caldamente. U-sate liberamente dei pochi soldiche vi ho lasciati. Avvertitemi diqualunque vostro bisogno e scrive-temi sempre, siccome io vi man-terrò informata dello stato mio.[...]” (15 settembre 1849).

    Forse era per questo che la gentelo venerava, disposta - in suo no-me - a vivere, ma anche, se del ca-so, a morire, come fecero i suoi fa-mosi Mille, che vollero seguirlonell’impresa siciliana.

    Ricordare la figura di Garibaldi è un modo per ripercorre-re il nostro Risorgimento e il suo lascito. Garibaldi, perso-naggio emblematico, ha parlato al cuore degli italiani.Simbolo anche della Resistenza e del movimento operaio

    ritorno - e di pensare a contribuireal suo risorgimento” (GiuseppeGaribaldi, Dall’Autografo, inScritti politici e militari, a cura diDomenico Ciampoli, Editore Vo-ghera, Roma 1907).

    Prima ancora dell’“eroe dei duemondi”, del guerrigliero, del gene-rale, del “Cincinnato” in volonta-rio esilio a Caprera, c’era dunquel’uomo, e questi risultava ricco diun’umanità davvero profonda esingolare.

    Cercarne ulteriori attestazioni si-gnifica entrare, di fatto, nel meritodella celebrazione stessa. Ma, a-vendo a ciò provveduto illustri sto-rici (si vedano, a tale proposito, icontributi riportati nella prima par-te questo numero della rivista), perquanto ci riguarda, abbiamo credu-to fosse giusto rimanere in limine.E tuttavia, rimanere in limine nonpuò equivalere a fare professionedi neutralità: il celebrato non loconsente. Di conseguenza, ci per-mettiamo un rapido excursus.

    Dopo la sconfitta della Repub-blica romana, della cui difesa erastato uno degli artefici principali,Garibaldi lasciò Roma da PortaSan Giovanni, non prima però diaver tenuto ai combattenti questoultimo celebre discorso: “Soldati,io vi offro nuove battaglie e nuoviallori, ma a prezzo d’ogni sorta diprivazioni, di stenti e di disagi. Machi ha cuore e serba ancora fedenella salute d’Italia mi segua!” (2luglio 1849). Data la bruciante

    Adue anni di distanzadal bicentenario dellanascita di GiuseppeMazzini, al quale“VS La Rivista” de-

    dicò a suo tempo un numero mo-nografico (n. 7-8/2005), siamo lie-ti di poter ricordare anche il bicen-tenario della nascita di GiuseppeGaribaldi.

    Un altro monografico si aggiungecosì al precedente e due “padri del-la patria” vengono celebrati l’unodopo l’altro, a breve distanza ditempo. Le ragioni della nostra scel-ta vanno ricercate, non solo nellavolontà di ricordare il nostro troppotrascurato Risorgimento, ma anche,ricordandolo, di rinnovare - a pocomeno di un secolo e mezzo dallaproclamazione dello Stato unitario -quel patto di solidarietà che ha te-nuto così a lungo riuniti, sotto unastessa bandiera, tutti gli italiani.

    Ad indicare quanto grande do-vesse essere l’amor di patria equanto smisurato lo spirito di sa-crificio per la realizzazione di quelsogno - perché esso tale rimase,per decenni, nella mente e nei cuo-ri dei nostri patrioti - provvide a ri-cordarcelo, con parole sobrie mapesanti come pietre, proprio Gari-baldi, allorché scrisse nel suo Au-tografo: “Come dimenticare l’Ita-lia quando uno ebbe il privilegiodi nascervi? Eran 13 anni - ch’io,proscritto, - avevo abbandonatoquella mia terra - e nei 13 anni nonho mai cessato di pensare al mio

    di David Baldini

    IL 4 LUGLIO 1807 NASCEVA GIUSEPPE GARIBALDI INTRODUZIONE

    VS La rivista4

  • da”, dall’altra si è impo-sta di non dimenticare laperdurante complessità del nostroRisorgimento. A tal fine ci siamo ri-chiamati al quadro d’insieme trac-ciato dallo storico francese JacquesLe Goff, il quale, in Il peso del pas-sato nella coscienza collettiva degliitaliani (in F. L. Cavazza - S. R.Graubard, a cura di, Il caso italia-no, Milano 1974), così scriveva:“L’eccezionale gravità del peso del-la storia nella coscienza collettiva i-taliana deriva dall’esplosiva combi-nazione di tre elementi: la coscien-za di essere un popolo vecchissimo,il sentimento di una decadenza frala gloria delle origini e lo stato at-tuale, l’inquietudine di esistere ve-ramente solo da poco tempo”.

    E proprio perché il Risorgimentoè un fenomeno legato non soloall’“inquietudine di esistere vera-mente solo da poco tempo”, ma an-che alle perduranti controversie chenel corso dei tempi si sono puntual-mente reiterate, abbiamo ritenuto u-tile ragionarci sopra, individuandonella sua intrinseca problematicitàlo sfondo ideale all’interno del qua-le collocare la figura di Garibaldi.

    Dal momento che “VS La Rivi-sta” si rivolge in particolare almondo della scuola, dell’università,della cultura abbiamo cercato di fa-re opera di divulgazione tenendoconto di almeno due ragioni.

    La prima, di natura pedagogico-didattica, riguarda la convinzione,da parte nostra, che insegnanti estudenti non possano non dedicare(all’interno, ma anche al di là, dei“programmi” scolastici stabiliti) al-meno una riflessione aggiuntiva albicentenario garibaldino. La secon-da, di natura storico-politica, ri-guarda la necessità, a nostro giudi-zio ineludibile, che Garibaldi, e conlui il Risorgimento, debbano final-mente diventare oggetto di studioequilibrato e sereno. Solo se sare-mo in grado di gettare sempre nuo-va luce sul nostro processo unitario,facendoci anche carico del retaggionon sempre positivo che da esso cideriva, saremo in grado di fronteg-giare e di arginare i problemi, im-mensi, che riguardano il nostro pre-sente e il nostro avvenire.

    saliente della loro identità in Ga-ribaldi, dedicando a lui la lorobrigata. E “garibaldini”, in conti-nuità con il nostro passato risorgi-mentale, si chiamarono i partigia-ni di ispirazione comunista chelottavano per difendere la libertàe l’onore italiani, offesi e violatidalla barbarie nazifascista. Traquei combattenti ci sembra dove-roso ricordare Giuseppe Di Vitto-rio, di cui ricorre quest’anno ilcinquantenario della morte. Giun-to in Spagna tra la fine di ottobree i primi di novembre 1936, eglisarà l’autore di quella Intervistacon un aviatore fascista abbattutonel cielo di Madrid, che, pubbli-cata il 5 dicembre del 1936, verràpoi diffusa, dopo essere stata ri-prodotta in migliaia di esemplari,tra le truppe di Mussolini, alleatodel generale golpista e felloneFrancisco Franco. In un passodella sua biografia, dedicata alleader sindacale, Michele Pistilloricorda come Di Vittorio posse-desse la capacità rara “di parlareall’avversario, al prigioniero, difar intendere le proprie ragioni ela giustezza della lotta che gli an-tifascisti italiani conducevano”. Asostegno di queste sue capacitàdialettiche, vengono indicate pro-prio le argomentazioni da lui usa-te per convincere l’aviatore fasci-sta: “ Noi lottiamo - gli spiega -per gli stessi ideali per i qualiGiuseppe Garibaldi scrisse le piùbelle pagine della storia del no-stro paese. Il nostro battaglione divolontari porta il nome gloriosodi Garibaldi. Noi lottiamo in Ispa-gna per la libertà del popolo ita-liano, per la tua libertà, caro com-patriota. Perché tu, in Italia, nonsei libero” (Michele Pistillo, Giu-seppe Di Vittorio, 1924-1944, vol.II, Editori Riuniti, Roma 1975).Si sarebbero potuti usare argo-menti migliori?

    Garibaldi e il nostro tempo

    Se, da una parte, con questo nu-mero, “VS La Rivista” ha cercatodi esaltare quanto oggi di Garibaldiè ancora vivo, al di là sua “leggen-

    Garibaldi e il mondo del lavoro

    A noi interessa, tra l’altro, ricor-dare il particolare rapporto cheGaribaldi ebbe con il mondo dellavoro. Certo, la sua preparazioneteorica non era paragonabile aquella di Marx, ma il sentimentodi appartenenza al movimento o-peraio era tuttavia lo stesso. Scris-se, infatti, da Caprera, alla Societàoperaia di Viareggio: “Operai fra-telli, nessuna cosa giunge più caraal mio cuore di quella che mi vie-ne da voi, o assidui figli del lavo-ro. Quanto Iddio disse al primo pa-dre dei viventi: - tu mangerai il pa-ne col sudore della fronte - eglicreò allora la religione dell’uma-nità, il lavoro [il corsivo è nel te-sto, n.d.r.]. Che se l’antichità ro-mana ha detto: - l’ozio essere ilpadre dei vizi - ha inteso dire altempo stesso: - il lavoro esser ilpadre di ogni virtù -; laonde iopenso, che chi non lavora è da te-nersi che mangi il pane non dellebenedizioni del Signore. Ora nonmi resta che ringraziarvi dell’ono-re che mi avete compartito, nell’a-vermi nominato a preside onorariodi cotesta vostra Società Operaia,e dirvi che potete contare su di me,come io conto su di voi. Vi stringoa tutti la mano. Vostro GiuseppeGaribaldi” (16 maggio 1864).

    In virtù di questa “fratellanza”, ilmovimento operaio e sindacale a-vrebbe finito per ritrovare sul suocammino Garibaldi, nonostantequesti fosse stato fatto oggetto diun’operazione di manipolazione edi stravolgimento - in senso attivi-stico, nazionalistico, imperialistico- da parte di certa cultura italiana,a cavallo dei secoli XIX e XX. Al-ludiamo a talune pagine di Car-ducci, Pascoli e D’Annunzio, allequali è dedicata la seconda parte(antologica) di questo numero.

    Garibaldi el’antifascismo

    Nel 1936, allo scoppio dellaguerra civile spagnola, gli antifa-scisti italiani, accorsi numerosi,non esitarono a trovare il tratto

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    IL 4 LUGLIO 1807 NASCEVA GIUSEPPE GARIBALDI | INTRODUZIONE

  • 6 VS La rivista | n.8-9, 2007

  • VS La rivista | n.8-9, 2007

    BIOGRAFIA

    In questa occasione, organizza la Legione italiana,alla quale fece adottare l’uniforme della camiciarossa. Con la vittoria ottenuta nello scontro a S. An-tonio al Salto (8 febbraio 1846), la sua figura co-mincia ad aureolarsi di leggenda.

    1848: venuto a sapere che gli avvenimenti italianistavano ormai volgendo verso uno scontro militarecon l’Austria, fa ritorno negli stati sardi con ungruppo di soldati (63) della sua Legione, previa au-torizzazione dopo la precedente condanna. Si mettea disposizione dapprima dell’esercito pontificio,poi di quello sardo. Ricevuto da entrambi un nettorifiuto, si accorda con il governo provvisorio lom-bardo. Ha così modo di difendere vittoriosamenteBrescia, ma ben presto, a causa del capovolgimentodell’andamento della guerra, è costretto a ripararein Svizzera.

    1849: recatosi nello Stato della Chiesa dopo la fugadi Pio IX a Gaeta, viene eletto deputato nella As-semblea costituente romana, istituita allo scopo diprocedere alla proclamazione della Repubblica, cheavverrà il 9 febbraio.

    1807, 4 luglio: Garibaldi nasce aNizza (allora francese), figliodi Domenico, uomo impegna-to nel campo della navigazione, e di Rosa Raimondi,donna pia e non priva di cultura.

    1814, 30 maggio: Nizza viene ufficialmente rian-nessa al Regno di Sardegna.

    1822: si imbarca per la prima volta con il brigantinoCostanza, con destinazione Odessa.

    1825, 12 aprile: in un secondo viaggio, compiutocon la tartana paterna S. Reparata, sbarca a Fiumi-cino e visita per la prima volta Roma.

    1833: nel corso di un’altra delle sue tante esperien-ze di navigazione, incontra, a Tangarog, GiovanniBattista Cuneo, un giovane ligure dal quale viene asapere dell’esistenza della Giovine Italia. Dopo aver incontrato in dicembre, a Marsiglia, Giu-seppe Mazzini, il 26 dello stesso mese si arruola,con il nome di Cleombroto, nella marina da guerrapiemontese per prestarvi il servizio di leva.

    1834: partecipa, a Genova, al tentativo insurreziona-le promosso dalla Giovane Italia. Il piano, che mira-va a far sollevare la Savoia, ben presto abortisce eGaribaldi è costretto a rifugiarsi prima a Nizza e poia Marsiglia. Qui viene raggiunto dalla notizia dellacondanna a morte emessa a suo carico (3 giugno) dalConsiglio di guerra divisionario di Genova.

    1835-1847: dopo aver esercitato i mestieri più vari,parte per Rio de Janeiro. Inizia così un periodo di e-silio che, trascorso tra Rio e Montevideo, dureràben dodici anni. Nel corso di essi, per campare lavita, è costretto a svolgere varie occupazioni, ivicompresa quella di mandriano e maestro di scuola. Tuttavia, in ossequio al suo naturale temperamentodi combattente per la libertà e l’indipendenza deipopoli, si impegna ben presto ad appoggiare dappri-ma la causa del Rio Grande del Sud (che si era pro-clamato indipendente dal Brasile), poi (1842) la Re-pubblica uruguayana, che gli affida il comando diuna flottiglia di navi.

    Una vita per la libertà

    1807-1882

    7

  • BIOGRAFIA | 1807-1882

    i suoi Mille, sbarca in Sicilia e, contro ogni previ-sione, sbaraglia le preponderanti forze borboniche.Dopo una serie di vittorie, libera l’intera Sicilia, ri-salendo la penisola fino a Teano. Qui, il 26 ottobre,avviene il celebre incontro con Vittorio EmanueleII: nelle mani del sovrano rimette l’Italia meridio-nale da lui conquistata.

    1862: deciso a liberare anche Roma, entra di nuovoin azione ma è fermato sull’Aspromonte, dove vie-ne ferito e fatto prigioniero dalle truppe italiane cheavevano avuto l’ordine di fermarlo.

    1866: scoppiata la terza Guerra di Indipendenza, vipartecipa ottenendovi l’unico successo militare ita-liano. Fermato a Trento, risponde all’ingiunzionedel generale La Marmora con un celebre telegram-ma: “Obbedisco!”

    1867: non demordendo dall’idea di dover liberareRoma, si dirige ancora una volta verso la città eter-na, questa volta però con il segreto appoggio del go-verno. Il tentativo si conclude a Mentana (3 novem-bre), per l’intervento di forze militari francesi, su-periori per numero e armamento. Di nuovo costret-to a ritirarsi a vita privata, ripara a Caprera.

    1870: scoppiato il conflitto franco-prussiano, correin soccorso della Repubblica francese, minacciatadalla Germania di Bismarck. Dopo una serie disconfitte rovinose, l’esercito francese ottiene persuo mezzo, a Digione (25 novembre), l’unico suc-cesso militare di tutta la guerra.

    1871-1882: ritiratosi nuovamente a Caprera, vi ri-mane, fatta eccezione per le assenze dovute ai suoiimpegni politici, fino alla morte, avvenuta il 2 giu-gno 1882.

    VS La rivista | n.8-9, 2007

    Allorché la Repubblica viene attaccata dapreponderanti forze francesi e napoletane,

    accorse in sostegno del Papa, giunge il 27 aprilecon la sua Legione a difesa di Roma, di cui, con ilgrado di generale di brigata, diverrà l’intrepido ani-matore. Risultato inutile ogni tentativo di difesa,abbandona la città seguito da circa 4.000 volontari.Si dirige verso Nord, determinato ad andare a soc-correre la Repubblica di Venezia. Rimasto con po-chi uomini e incalzato dall’esercito austriaco, ripa-ra nella pineta di Ravenna, dove assiste alla mortedella moglie Anita.

    1849-1854: nuovamente espulso dal governo di Vitto-rio Emanuele II, si reca dapprima a Tunisi poi a Tange-ri e infine a New York. Qui trova lavoro presso la fab-brica di candele di Antonio Meucci, fino a quando nongli verrà consentito di tornare nuovamente in patria.

    1855: autorizzato a stabilirsi nell’isola di Caprera,che successivamente acquisterà, si dedica all’agri-coltura e al commercio marittimo. Nel frattempo, aseguito dei dissensi avuti con Mazzini, si avvicinaalla monarchia sabauda, come ci attesta l’incontrosegreto da lui avuto con Cavour (13 agosto 1856).

    1859-1861: incaricato da Cavour di formare un cor-po di volontari per partecipare alla seconda Guerra diIndipendenza, ha modo di distinguersi, ottenendoimportanti successi in diverse battaglie. Conclusasila guerra con l’armistizio di Villafranca, lascia l’eser-cito sardo, nel quale era stato nominato generale, e ri-volge i suoi sforzi nuovamente in direzione di Roma,ostacolato in ciò dallo stesso Vittorio Emanuele II.Accetta di essere eletto deputato di Nizza, ma quan-do la città verrà ceduta da Cavour alla Francia, ele-verà fiere proteste contro la politica sabauda.Imbarcatosi tra il 5 e il 6 maggio 1860 a Quarto, con

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  • 9VS La rivista | n.8-9, 2007

    (da Vita di Garibaldi,Epaminonda Provaglio. Illustrazioni di Tancredi Scarpelli, tempera su carta, cm 33,2x25)

  • 10 VS La rivista

    INTERVISTA A LUCIO VILLARI

    di David Baldini

    Prof. Villari, la po-polarità goduta daGaribaldi ci è atte-stata dal numerodavvero impressio-

    nante di statue, piazze, vie a lui de-dicate. A suo giudizio, questa popo-larità è reale o è invece mitica e o-leografica?

    La popolarità di cui parla è senzadubbio reale: se c’è un personaggioche ha avuto e ha ancora oggi unafama universale, questi è proprioGaribaldi. Se così è, allora la nostrariflessione deve spostarsi sulle ra-gioni.

    Il senso di tanta notorietà si po-trebbe, ad esempio, ricercare in unavisione, interessante e comunquesingolare, della stessa storia d’Italia.Nella visione di una rivoluzioneche, anche se poi tale non è stata, hacomunque assunto le vesti di un e-vento la cui portata ha investito lesorti stesse di un’intera collettività.Credo che sotto la popolarità di cuistiamo parlando si celi una perce-zione indistinta della nazione italia-na; percezione che Garibaldi, volen-te o nolente, ha saputo meglio di o-gni altro interpretare.

    Questa entità non va scambiatacon lo Stato unitario tout court. Vasemmai identificata con qualcosa dipiù profondo, di meno istituzionale,dal momento che richiama la realtàdi un popolo che, nel corso dellasua storia, si è battuto per diventareanche una nazione e poi uno Stato.Dico “anche” in quanto questo se-

    condo aspetto mi sembra accessorioe marginale, se confrontato al pri-mo. Quel che rimane è infatti pro-prio quell’elemento relativo alla na-zionalità italiana, cui ho fatto soprariferimento e che occupa una posi-zione di mezzo tra un certo rivolu-zionarismo e un certo, anche genia-loide, anarchismo.

    Questa è, secondo me, l’interpre-tazione che si può dare di quella po-polarità di cui lei chiedeva e deiprocessi che ad essa possono esserericonnessi.

    Quanto lei ha detto vale per lapopolarità. E per quanto riguardala simpatia? È infatti indubbio cheGaribaldi goda di un seguito di po-polo maggiore di quello di cui go-dettero altri “padri della patria”,primi fra tutti Mazzini e Cavour.

    La risposta a questa domanda siricollega alla ricostruzione del no-stro processo unitario. Garibaldinon ha mai lottato per interessi per-sonali, o per convenienze stretta-mente politiche (di partito, di grup-po, di classe, etc.). Egli incarna, alcontrario, la figura della generositàe dell’altruismo. Tale immagine vie-ne ancor più rafforzata se procedia-mo ad una semplice comparazione:non è forse vero che Cavour vieneidentificato con gli interessi di unospecifico schieramento sociale(quello moderato), mentre Mazzinicon una rivoluzione che stava ancheai margini dell’utopia politica e reli-giosa, ovvero del sogno che biso-

    La figura e l’opera di Garibaldi e le contraddizioni delnostro Risorgimento, tra rivoluzione e moderatismo.La conquista della nazione e la costruzione dello Stato. I principi fondativi liberali di allora e ciò che ne è rimasto

    gnava in ogni modo realizzare? Seconfrontato con loro, come ho inprecedenza detto, Garibaldi ci co-munica l’impressione di una con-cretezza altruistica, di una personalegenerosità, soprattutto fondata sulfatto che egli è un combattente sin-cero, animato da grandi ideali cheper di più, al di là di essere italiani,appaiono essere addirittura univer-sali.

    Non a caso il marxista Arturo La-briola, esponente di spicco dellacultura italiana di fine Ottocento, aseguito della morte di Garibaldi av-venuta nel 1882, non esitò a ricono-scere il debito di gratitudine che tut-ti gli italiani dovevano a quella “fi-gura generosa”, alla quale moltissi-mi si sentivano legati. Come si ve-de, anche caratteristiche quali quelledella generosità, dell’altruismo edella dedizione vanno consideratenel giudizio storico.

    Prof. Villari, visto che ha citatoLabriola, vorrei soffermarmi a con-siderare i rapporti tra Garibaldi ela sinistra in generale. Marx, ad e-sempio, non è mai stato tenero conl’“eroe dei due mondi”. In una let-tera ad Engels, del 19 aprile 1864,lo definisce un donkeyhaft (=tipo disomaro). Quanto crede abbia pesa-to un tale giudizio?

    Se si vuole davvero comprendereil contenuto di quella lettera bisognafare attenzione alle date. Significati-vo è infatti l’anno 1864, e questoper almeno due motivi. Il primo ri-

    UN “EROE” GENEROSOAmATO DAL pOpOLO

    GARIBALDI TRA STORIA EINTERPRETAZIONE POLITICA

  • 11n.8-9, 2007

    guarda il viaggio che Garibaldi fecea Londra in aprile, quando l’“eroedei due mondi” venne accolto dauna folla di circa mezzo milione dipersone. Garibaldi, del resto, giun-geva nella capitale inglese dopo l’e-sperienza vittoriosa della spedizionedei Mille e dell’episodio di Aspro-monte, di cui ancora portava i segni.Di qui l’alone di simpatia che lo cir-condò, per altro condiviso da tuttigli strati della società inglese. ALondra, veniva invitato dappertutto:partecipò tanto a banchetti organiz-zati in case di lords, quanto a ricevi-menti organizzati nelle sedi degli o-perai. La stessa regina Vittoria sidisse rammaricata di non poterlo ri-cevere a Buckingham Palace, masolo per ragioni di etichetta: sarebbestato disdicevole invitare a corte unrivoluzionario. Fosse stato per lei,l’avrebbe accolto volentieri. Ebbe-ne, ad un uomo come Marx questipubblici riconoscimenti suonavanofalsi.

    Il secondo motivo riguarda la fon-dazione dell’Associazione interna-zionale dei lavoratori, nota anchecome Prima Internazionale, avvenu-ta in settembre. Tra i fondatori, oltrea Marx e ad altri, ci furono ancherappresentanti italiani. Tra questi, inparticolare, degli esuli mazzinianied un ex capitano dell’esercito,Wolff, che era stato collaboratore diGaribaldi. Marx dubitava del lororigore politico e ideologico; di qui,forse, l’asprezza dei suoi giudizi.

    E tuttavia non è certo questa lasola volta che Marx criticherà Gari-baldi. Ciò non toglie che gli ricono-scesse le doti del combattente per lalibertà e l’indipendenza dell’Italiadallo straniero, e soprattutto il meri-to di aver contribuito ad abbattere ilRegno delle Due Sicilie, universal-mente considerato come uno degliStati più reazionari d’Europa.

    Del resto, Marx non risparmiòneanche Mazzini, pur seguendonecon attenzione i programmi politici

    e le iniziative insurrezionali. Quantopoi a Cavour, lo ignorò quasi deltutto. Si pensi che, in occasione del-la morte dello statista piemontese,egli, in una lettera del giugno del1861, si rivolgeva ad Engels perchiedergli cosa se ne dovesse scri-vere.

    E d’altronde, in un’altra lettera aEngels, scritta nel settembre 1860(nel periodo in cui Garibaldi eserci-tava la dittatura e non era ancora en-trato a Napoli), Marx usa l’espres-sione “Garibaldi ci salverà”. Cosavoleva dire con quella espressione?

    Marx, nella fondazione della Pri-ma Internazionale, aveva qualcosada temere da Garibaldi, visto l’a-scendente in cui questi godeva siain Italia sia in Europa?

    No, Marx temeva di più Mazzini.Il garibaldinismo, ai suoi occhi, rap-presentava solo un elemento di pos-sibile confusione. Anche a proposi-to, per esempio, della famosa e-

    IL RISoRGImento In 8 voLumI

    Un’interessante iniziativa editoriale de La Repubblica,L’Espresso e dell’editore Laterza ripercorre la storia ita-liana dal 1796 al 1900. L’opera dal semplice titolo Il Risorgimento è curata da Lu-cio Villari ed è organizzata in 8 volumi, di cui 6 già pubbli-cati. L’Italia moderna, che ha trovato nella Costituzione del1848 i suoi fondamenti ideali e sociali, affonda le sue ra-dici nel Risorgimento, lungo un secolo di storia nel qualei popoli europei reagirono alla Restaurazione e, forti de-gli ideali della Rivoluzione francese, combatterono per lalibertà e, come in Italia, anche per l’indipendenza nazio-nale. Decisivi per il nostro Risorgimento furono gli annidal 1831 al 1848, “il quindicennio passionale” lo ha defini-to Villari in cui si sviluppa il sentimento della “libertà daconquistare, e soprattutto il dovere di conquistarla: conle armi, i versi, la musica, le scritture politiche, gli articolisu giornali e riviste”.

    Questa la periodizzazione degli otto volumi:

    1°: 1796- 1814 L’Italia e Napoleone2°: 1815-1830 I primi moti rivoluzionari3°: 1831-1846 Mazzini, Gioberti e le idee d’Italia4°: 1847-1848 La prima guerra d’indipendenza5°: 1848-1850 La Repubblica romana, Brescia e Venezia6°: 1851-1860 Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele7°: 1860-1870 Dall’unificazione a Roma Capitale8°: 1871-1900 L’Italia in cammino da Depretis a Crispi.

    INTERVISTA A LUCIO VILLARI | TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA

    Il Risorgimento è ricostruito attraverso gli av-venimenti, i personaggi, le idee e da una riccaraccolta di documenti. Ottima e accurata la scelta iconografica.

    Si acquista in edicola.

  • 12 VS La rivista

    spressione coniata da Garibaldi, re-lativa al socialismo definito come“sole dell’avvenire”, c’è da dire cheessa, alle orecchie di Marx, dovevarisuonare nulla di più che come unasemplice espressione letteraria. Benaltre erano le preoccupazioni del ri-voluzionario comunista, impegnatoad analizzare la società dal punto divista delle strutture economiche edelle classi sociali.

    Dati i limiti culturali di Garibaldi,

    credo dunque che debba essere e-sclusa una possibile concorrenza trai due, mentre non altrettanto potreb-be dirsi a proposito di Mazzini.Questi, per le sue esperienze legateal campo dell’associazionismo, erasicuramente molto più addentro aitemi riguardanti il mondo del lavoro.

    In genere, di Garibaldi, si è sem-pre enfatizzato l’aspetto militare,mentre si è banalizzato quello poli-

    tico. Anzi, da quest’ultimo punto divista, egli è apparso non di rado co-me un ingenuo ed uno sprovveduto.Le cose stanno davvero così?

    Rispetto alle capacità militari c’èda precisare che Garibaldi è statogiudicato particolarmente espertonella pratica della guerriglia, comedel resto attestavano le prove datein America Latina. Tuttavia va an-che riconosciuto che egli ebbe mo-do di distinguersi anche in opera-

    MARx A ENGELS (a Manchester)

    È difficile dire quanto il particolare astio mostrato nei confronti di Garibaldi da Karl Marx, in questa sualettera all’amico e compagno di lotta Friedrich Engels, sia dovuta ad antipatia personale e quanto invece arivalità politica rispetto al diverso modo di vedere la questione operaia. Certo è che la rappresentazionedell’ “eroe dei due mondi”, nel 1864 in visita a Londra, come intimo ed affine di lord Palrmeston, non ap-pare certo casuale. Così come non è casuale il rifiuto di Marx di recarsi a rendere omaggio a Garibaldi, suinvito dell’Associazione operaia. Una possibile chiave di interpretazione potrebbe essere rappresentatadalla data della lettera: 19 aprile 1864. Alcuni mesi dopo, infatti, ovvero il 28 settembre, al St. Martin’s Halldi Londra, avrebbe avuto luogo l’Assemblea costitutiva dell’Associazione internazionale degli operai(AIO), convocata per iniziativa di gruppi di operai tradeunionisti inglesi e di associazioni francesi di lavo-ratori, cui sarebbero poi andati ad aggiungersi numerosi nuclei di operai e di esuli politici presenti nella ca-pitale inglese. In quella occasione, Marx vi fu invitato a rappresentare i lavoratori socialisti tedeschi.

    Dear Frederick,fino a about (circa) 8 giorni fa continuò la foruncolosi; cosa “fastidiosissima” e che mi ha permes-

    so di riprendere il mio lavoro solo da un paio di giorni.Il privilegio del primo aprile , di essere all fool’s day (il giorno degli imbecilli), è questo mese, al-

    meno qui a Londra, esteso a tutto aprile . Garibaldi e Palmerston for ever (per sempre)! sui walls(muri) di Londra, Garibaldi accanto a Pam, Clanricarde al palazzo di cristallo e con la glorificazionedei policemen (poliziotti) inglesi! In Inghilterra non vi sono mouchardes (spie)! I fratelli Bandiera neseppero qualche cosa. Garibaldi and “Karl Blind”! Che talento dimostra quest’ultimo pidocchio idro-cefalico nell’ar te di darsi importanza! “Mr. Karl Blind”, annuncia l’“Athenaeum”, “è entrato nel comi-tato shakespeariano!”. Il cialtrone non capisce una riga di Shakespeare. Io dovetti opporre gran resi-stenza e probabilmente ho perduto completamente la stima di Weber. Cioè l’Associazione operaia vo-leva (istigata da Weber) che io facessi un indirizzo a Garibaldi e poi mi recassi da lui con la deputa-zione. I refused flatly (ho rifiutato recisamente).

    Quando verrai? La famiglia t’aspetta.Domani si apre la conferenza dove ai teutoni cadranno le scaglie dagli occhi. [...] Che miserabile questo Garibaldi (intendo dire donkeyhaft=tipo di somaro) che è mezzo killed

    (ammazzato) dall’abbraccio di John Bull - e puoi constatarlo dai fatti seguenti che of course (natu-ralmente) altrimenti sono sconosciuti:

    Nel segreto congresso rivoluzionario di Bruxelles (settembre 1863) - con Garibaldi nominalmentechief (capo) - venne deciso che egli dovesse venire a Londra, ma in incognito, cogliendo così allasprovvista la città. Quindi egli avrebbe dovuto come out (farsi avanti) per la Polonia in the stronge-st possible way (nel modo più energico possibile). Invece di far questo, il nostro uomo fraternizzacon Pam! Vorrei esser piuttosto una zecca nel vello d’una pecora che una tal valorosa scioccheria, di-ce Shakespeare in Troilo e Cressida.

    I miei migliori auguri a Lupus e Lizzy.Tuo K. M.

    La piccola Jenny tossisce ancora, ma sembra molto migliorata. La nuova casa l’ha in fact realmen-te rianimata.

    (Marx Engels, Opere complete, xLI, Editori Riuniti, Roma 1973)

    TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA| INTERVISTA A LUCIO VILLARI

  • 13n.8-9, 2007

    zioni di grandi dimensioni. Nel1859, ad esempio, o nella Terzaguerra d’Indipendenza, avendo mo-do di misurarsi su territori più ampi,egli si comportò con eguale indub-bia abilità, conseguendo grandi suc-cessi.

    Rispetto alla politica poi, la defi-nizione di ingenuo e sprovvedutomi sembra senza dubbio sbagliata.Dopo aver portato a compimentoun’operazione politica e militarequale fu quella del 1860, cos’altroavrebbe dovuto fare, diverso daciò che in realtà fece? Noi sappia-mo benissimo che la spedizionedei Mille, nella sua fase conclusi-va, fu sostenuta dall’esercito rego-lare del Regno di Sardegna. Diconseguenza, essa non poteva ave-re sbocchi diversi da quelli che ef-fettivamente poi ebbe. Garibaldi,insomma, non poteva, con i suoivolontari, andare a liberare primaRoma e poi il Veneto.

    Semmai, c’è da dire che, poichéla conclusione risultò deludente ri-spetto all’azione in sé, la contrad-dizione tra l’azione e il suo esitoha finito per pesare negativamentesu Garibaldi, proprio dal punto divista del giudizio politico. Ma, ri-peto, cos’altro avrebbe potuto fa-re? D’altro canto, l’incondizionataammirazione per le sue impresemilitari (soprattutto in Sicilia, esoprattutto nella parte occidentaledi essa), non deve far dimenticarecome il resto dell’impresa dei Mil-le si sia poi effettivamente risoltain una “passeggiata militare”. IlRegno delle Due Sicilie si dissol-se, infatti, non solo per le sconfittemilitari ad esso inferte, ma ancheper l’inettitudine della classe diri-gente borbonica, che, avendo ri-nunciato a difendersi, si dette allafuga.

    Da ultimo, quando si arrivò allastretta finale, se non fosse stato perl’esercito sardo, i garibaldini sa-rebbero stati quasi sicuramentesconfitti sul Volturno. Un sinistropreannuncio, del resto, c’era giàstato a Caiazzo, dove si verificòuna vera e propria rotta delle ca-micie rosse. L’apporto piemontese,inoltre, risulterà non solo militare,ma anche politico. Dopo l’incontrocon il re Vittorio Emanuele II,

    giunto al seguito delle truppe pie-montesi, cosa avrebbe potuto fareGaribaldi se non cedere il potere?

    Togliatti, in piena seconda Guer-ra mondiale, riproponeva la figuradi Garibaldi, indicata quale simbo-lo di libertà. Scriveva infatti da Mo-sca: “Il nostro eroe nazionale po-polare, Garibaldi, ha insegnato agliitaliani a combattere e a morire ge-nerosamente per la libertà di tutti ipopoli, e non a essere i mercenarid’una tirannide straniera”. Eraquesto un recupero strumentale, oreale, dell’“eroe dei due mondi” al-la causa del progresso e della li-bertà?

    Al di là della fraseologia, il rico-noscimento dei meriti di Garibaldi èreale, come attesta l’espressione u-sata, “nazional-popolare”, che tantafortuna avrebbe avuto in seguito,dopo la scoperta (in periodo post-bellico) dei Quaderni del carcere diGramsci. Pur tenendo nel debitoconto il contesto in cui quelle parolefurono pronunciate da Togliatti (laguerra mondiale), l’elemento difondo è senza dubbio quello di cuisi diceva prima: la sinistra recuperaed interpreta l’elemento nazionalenon solo inquadrandolo in un’otticadi evoluzione democratica della so-cietà, ma contrapponendolo, inquanto dato positivo, al nazionali-smo della destra, in quanto dato ne-gativo. L’idea di nazione intesa insenso risorgimentale, dunque, pro-

    prio perché riguarda l’identità di unpopolo, non aveva proprio nulla ache vedere con quella di nazionali-smo.

    Questo, come è noto, fu inficiatodall’idea che, al di là delle naturalidifferenze esistenti tra i singoli po-poli, c’erano comunque delle nazio-ni il cui valore era destinato a risul-tare incommensurabilmente mag-giore se paragonato ad altre. Sap-piamo bene come da questo concet-to, nato dalla degenerazione dell’i-dea di nazione, matureranno poi ilnazionalismo, l’imperialismo il fa-scismo e il nazismo.

    Gramsci scrive nei Quaderni delCarcere: “Se Garibaldi rivivesseoggi, con le sue stravaganze este-riori etc., sarebbe più folcloristicoche nazionale: perciò oggi a moltila figura di Garibaldi fa sorridere i-ronicamente, e a torto, perché nelsuo tempo Garibaldi, in Italia, nonera anacronistico e provinciale,perché tutta l’Italia era anacronisti-ca e provinciale”.

    Ebbene, poiché ormai da tempol’Italia fa parte dell’Europa, non lesembra sia giunto il momento di ri-leggere non solo la figura di Gari-baldi, ma anche dell’intero Risorgi-mento?

    Certamente sì, purché si collochianche la figura di Garibaldi dentroquesta contraddizione, che tuttavia hacomportato lo scioglimento di molte-plici nodi storici e la nascita di una

    INTERVISTA A LUCIO VILLARI | TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA

  • 14 VS La rivista | n.8-9, 2007

    TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA| INTERVISTA A LUCIO VILLARI

    di definirlo alla stessa maniera, poi-ché non vedo quale altra collocazio-ne gli potrebbe essere assegnata.

    Ma questo è il paradosso del no-stro Risorgimento. Noi siamo per-venuti alla conquista di un obiettivoserio, importante, concreto - quale èstato quello dell’unità nazionale -all’interno di una situazione storicache si è poi andata evolvendo in for-me sempre più compromissorie, apartire dal ruolo svolto sempre piùdalla Chiesa, che, da noi, esercita unpotere di interferenza davvero uni-co, quale non si registra in nessunaltro Paese del mondo, sia esso oc-cidentale o orientale. Mentre laspinta liberatoria dei movimenti li-berali e democratici, abbattendo ilpotere temporale, ha ricondotto laChiesa nella sua dimensione spiri-tuale, l’evoluzione successiva, dalfascismo in poi, ha provocato unprocesso opposto, che ha finito conl’indebolire questo successo del Ri-sorgimento. Se oggi si parla tantodella Chiesa nella società civile e inrapporto ai principi della nostra Co-stituzione, è forse perché non si ri-flette abbastanza sulle ragioni stori-che della libertà italiana.

    Quanto la rottura prodotta dal fa-scismo ha influito negativamenteanche sul piano della laicità, intesain senso risorgimentale?

    La laicità risorgimentale, liberalee democratica, aveva conquistatosettori anche ampi della Chiesa: èsuperfluo ricordare il cattolicesimoliberale ottocentesco, le idee di Ro-smini e di Manzoni, gli impulsicritici del modernismo. Quindi nonera poi così fuor di luogo auspicareun compromesso che, seppur ne-cessario, data la particolare storiadel nostro Paese, non derogassetuttavia da esiti più “alti”. Ebbene,fino alle soglie del Novecento,questo compromesso di “alto” pro-filo sembrava non essere escluso.Ed invece, con il Concordato, sot-toscritto da Mussolini nel 1929,questa tradizione di libertà, che a-veva lambito anche settori dellaChiesa, è stata emarginata.

    E così, se da una parte Giolitti a-veva cercato di inserire i cattoliciall’interno del sistema liberale mo-derno (si veda il Patto Gentilonidel 1913), incoraggiandoli a for-

    mare un partito che contribuisse allastruttura e al rafforzamento di unostato liberale moderno, dall’altraMussolini aveva provveduto a dis-suaderli, contrattando con la Chiesala sconfessione del creatore del par-tito popolare don Luigi Sturzo conil Concordato. Mentre Giolitti ave-va cercato di superare il caratterecontraddittorio del Risorgimento,associando alla guida del potere ci-vile anche i rappresentanti del catto-licesimo liberale, Mussolini ha ri-proposto la contraddizione favoren-do un incontro con gli eredi dell’an-tirisorgimento, il clericalismo e l’il-liberale fascismo.

    Con la nascita dell’Italia demo-cratica e con la Costituzione repub-blicana, l’inserimento dell’art. 7non ha sciolto il problema del valo-re della tradizione risorgimentalenella società civile dell’Italia con-temporanea.

    Di questo anche l’Italia di oggi ri-sente le conseguenze, dimostrandodi non riuscire a affermare il princi-pio, al quale si richiamano tutti ipaesi democratici, della laicità delloStato.

    Lucio Villari è professore di storiacontemporanea all’Università Roma Tre

    nazione unita, moderna, riconoscibile. Proprio tenendo conto delle posi-

    zioni di Gramsci, si potrebbe soste-nere che, se non ci fossero stati imoderati, quelli che di fatto risulta-rono i vincitori, non ci sarebbe statoneppure il Risorgimento. Di qui perl’appunto l’aporia: essa nasce dalfatto che le ribellioni, le insurrezio-ni, i complotti furono poi inglobatiin una dimensione moderata. Se co-sì è, allora due sono le cose: o que-sta rivoluzione si “moderatizza”, oil moderatismo diventa rivoluziona-rio. A fronte di questa contraddizio-ne, lo stesso Gramsci riconoscevache, se si voleva dare uno sboccoreale a questa spinta rivoluzionaria,allora la dimensione moderata do-veva essere accettata come inevita-bile.

    Alla luce di questa contraddizio-ne, la stessa figura di Garibaldi èdestinata a divenire problematica:se, da una parte, essa ci appare posi-tiva - in quanto parte di quell’ondalunga di rivolte e di ribellioni checaratterizzarono gran parte del seco-lo XIX -, dall’altra, se analizzata dalpunto di vista dell’inconsistenzadella sua fine, non può non apparir-ci come rimpicciolita.

    Di qui il giudizio di Gramsci, nelpasso sopra riportato, dove parla dilui come di un “personaggio folclo-ristico”: ebbene anche io mi sentirei

  • GARIBALDI TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA

    di Giuseppe Monsagrati

    La prima tentazione cuiè esposto chiunque vo-glia affrontare in modonon convenzionalel’argomento Garibaldi

    è la suggestione che sempre eser-cita la sua dimensione epica, che èpoi anche il motivo della sua largae duratura notorietà dentro e fuoridei confini del paese che gli ha da-to i natali. Nell’immaginario popo-lare, come pure – il più delle volte– nell’approccio degli studiosi,quello che di lui si è impresso conmaggior forza nella memoria è ilprofilo dell’eroe, del combattentecoraggioso e del grande trascinato-re di uomini in battaglia. L’espres-sione “alla garibaldina”, ancoraoggi di uso assai frequente, sta adindicare un’azione in cui lo slan-cio, l’audacia e lo spirito combatti-vo, in una parola la motivazione i-deale, rappresentano il valore ag-giunto di un’iniziativa caratteriz-zata da un tasso di temerarietà e dipovertà di mezzi che di per sé sa-rebbe requisito poco raccomanda-bile per il conseguimento di unsuccesso. E dunque il Garibaldipiù noto e più spesso evocato è enon può non essere il Garibaldigiovane rivoluzionario, poi corsa-ro nel Rio Grande do Sul, poi di-fensore della Repubblica romanacui sacrifica la donna che gli è sta-ta compagna per dieci anni, equindi il Garibaldi capo dei Millee dolente icona di Aspromonte eMentana che chiude la sua vita di

    guerriero nella Francia invasa daiPrussiani: insomma il Garibaldiprotagonista di imprese che, perquanto sfortunate, non sono maistate macchiate dal calcolo o dal-l’interesse personale e spesso sonostate pagate con prezzi assai altisia sul piano morale che su quellofisico.

    Un personaggio così avventuro-so ed esemplare lo si è celebrato inogni modo e ad ogni latitudine,con le ricostruzioni storiche mapiù ancora con le biografie popola-ri, in poesia e coi romanzi, nellestampe oleografiche e nei quadrid’autore, nella memorialistica piùsorvegliata e anche negli ingenuitravestimenti del mito: Garibaldiuomo che si trasfigura e diventasanto e come un santo è oggetto di

    Fu il più amato dal popolo che fece di lui un mito.nonostante il suo anticlericlarismo esprimeva unareligiosità che convinse molti preti a seguirlo in nomedell’unità nazionale. La fortuna postuma

    adorazione, ripara i torti e fa i mi-racoli, è il liberatore atteso da se-coli, il nuovo Cristo di un’epocache comincia ad aspettarsi dallavita terrena quel premio che permillenni è stato legato alla fedenella trascendenza e nell’aldilà. A-gli occhi delle folle che soprattuttodopo il 1860 riporranno in lui ognisperanza di un futuro meno amarogià nella quotidianità della loro e-sistenza terrena, Garibaldi rappre-senta una mescolanza ben riuscitadi umano e divino, qualcosa comeil nuovo Messia: “dove compari-sce – scriverà di lui Francesco Do-menico Guerrazzi, allora famosoautore italiano di romanzi storici –cessano fame, stanchezza, e perfi-no il dolore delle ferite”. Le virtùtaumaturgiche erano, come si ri-

    UN pO’ RIvOLUzIONARIOUN pO’ cORSARO

    15VS La rivista | n.8-9, 2007

    UNÕICONA DEL RISORGIMENTO

  • gimento e risurrezione abbiano lastessa radice semantica e, pur desi-gnando due fenomeni di natura di-versa (l’uno laico, l’altro attinenteil sacro), abbiano praticamente i-dentico significato. Capita spessoche, nell’Ottocento, la carica inno-vativa dei grandi riformatori sia e-spressione di un’integrazione trareligione e politica, tra fede e de-mocrazia. In Garibaldi questo èvero non solo oggettivamente, maanche soggettivamente, nel sensoche, con tutto il suo anticlericali-smo, non mancano in lui le im-provvise fiammate del credente:“Noi siamo della religione di Cri-sto – scriverà a un prete suo segua-ce (ce n’erano molti nel basso cle-ro) – non della religione del Papa edei cardinali, perché nemici d’Ita-lia”. Una frase, questa, più volteripetuta in altri passaggi delle suelettere e dei suoi scritti, e non pri-va di un senso tattico, dal momen-to che specialmente in Sicilia l’a-desione di parte del clero servirà,per un effetto di trascinamento sulpopolo minuto, ad ingrossare le fi-le dei volontari.

    Più pragmatico che coerente

    Ciò spiega, ma solo in parte, lafacilità con cui Garibaldi riuscì,più di ogni altro contemporaneo,

    corderà, uno dei requi-siti per l’attribuzione

    dell’origine divina del potere asso-luto; in Garibaldi sono all’originedella sua legittimazione come ca-po riconosciuto e indiscusso del-l’esercito popolare.

    Figure carismatiche

    Nel corso dell’Ottocento non so-no molti coloro che, emergendo al-l’improvviso dall’anonimato in cuisono venuti al mondo, sono inve-stiti di questo potere carismatico,orientato non all’affermazione dise stessi e della propria potenzapersonale ma alla trasmissione divalori essenziali e alla realizzazio-ne del bene collettivo. Guarda ca-so, di David Lazzaretti, il cosid-detto Cristo dell’Amiata invocanteuna religiosità non gerarchizzata, ènota l’esperienza giovanile di vo-lontario prima garibaldino e poinell’esercito piemontese comecombattente nella guerra del 1859;Alessandro Gavazzi, Ugo Bassi,Giovanni Pantaleo sono altri bennoti esempi di ecclesiastici che co-niugano lo spirito pastorale conquello patriottico, e sempre dietrole loro decisioni di uscire dallaChiesa di Roma per diventare unsimbolo della rivolta risorgimenta-le c’è il fattore Garibaldi. In fon-do, a nessuno sfugge come Risor-

    ad arrivare al cuore degli umili,soprattutto a partire dal 1860,quando apparve alle folle sicilianee napoletane come l’uomo del po-polo capace di entrare in relazionedialettica con i potenti della terra emagari di sfidarli anche, come av-venne e avverrà ancora con Napo-leone III; in tal modo egli divenneil simbolo delle comuni aspirazio-ni al conseguimento di un ruolopolitico e sociale che non fosse dipura passività o subordinazione.Perché questo avvenisse erano sta-ti necessari gli echi delle sue batta-glie, gloriose pur quando non si e-rano concluse vittoriosamente (ilche accadde più spesso che non sicreda); ma un contributo decisivoall’edificazione del suo mito lodiedero il suo carattere e il suopragmatismo: il carattere perché,inducendolo a disprezzare le con-venzioni sociali e la voglia di arri-vismo, lo mise al riparo dalle ten-tazioni del potere, quanto meno diun potere la cui durata andasse ol-tre il tempo necessario per sanarele ingiustizie; il pragmatismo per-ché alle dispute ideologiche di co-loro che volevano realizzare l’uto-pia in terra antepose sempre il rag-giungimento del miglior bene pos-sibile: bene che, come è noto, perl’Italia egli identificò con l’Unitàpensata da Mazzini ma realizzatada Cavour e dal suo re. Ci fu inquesto, da parte sua, una evidentecontraddizione con i suoi convin-cimenti repubblicani, ma fu unacontraddizione che agli occhi suoie a quelli della maggior parte degliItaliani passò in secondo piano ri-spetto all’esigenza, da lui forte-mente sentita, di superare le seco-lari divisioni e contrapposizioniinterne. Paradossalmente, anzi, daquesta sua incoerenza, che lo portòa smentire le posizioni dichiarata-mente repubblicane della giovi-nezza, Garibaldi ricavò un surplusdi popolarità, perché parve a tutticapace di sacrificare la propriacoerenza di individuo al bene diuna comunità che per la verità siera riconosciuta solo in minimaparte nelle posizioni di coloro cheauspicavano la nascita di un’Italiarepubblicana.

    Nell’ultima fase della vita inter-

    TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA| UNÕICONA DEL RISORGIMENTO

    VS La rivista16

  • Moltke mancò Garibal-di”, che era quanto direche senza Garibaldi l’unificazioneitaliana sarebbe stato il risultato diuna conquista operata dall’alto,senza nessuna partecipazione daparte di forze che non fosseroquelle espresse dalla gerarchia po-litica e sociale dominante: comeper l’appunto era avvenuto con laPrussia di Bismarck, forte dei suoisoldatini disciplinati e pronti a mo-rire senza chiedersi nemmeno per-ché o per chi.

    La lotta di classe, avendo comeconseguenza inevitabile il conflittointerno alla società, non era dun-que il più sentito dei suoi ideali difratellanza; su questo punto Gari-baldi non ebbe né dubbi né esita-zioni di sorta, anche se non vennemai meno il suo interesse per lecondizioni delle classi subalternené chiuse mai gli occhi di frontead una realtà sociale che parlavacontinuamente di malattie, disoc-cupazione, miseria, mortalità pre-coce, analfabetismo diffuso. Fortedi questa consapevolezza, non sistancò mai di pungolare i governie le istituzioni perché provvedes-sero a sanare almeno le ingiustiziepiù vistose, che erano poi quelle lacui sopravvivenza rischiava di to-gliere ogni valore all’unificazioneappena raggiunta. Perciò fu perce-pito come un eroe più di quanto inrealtà lo fosse, perché era eroico

    gine come protagonista di una ri-voluzione che, manifestatasi ini-zialmente come nazionale, sarebbestata completa solo quando fossediventata anche sociale. Per l’ap-punto uno dei padri del socialismoe del materialismo storico italiano,Antonio Labriola, volle rimarcareche Garibaldi, “glorioso per fortu-nate imprese d’armi, in terra e sulmare, in patria ed in lontani lidi,non parve mai cingesse la spadada guerriero o da conquistatore,ma la brandisse quale istrumentodi giustizia e quale simbolo di fu-tura e perpetua pace”. Ma Garibal-di non era fatto per essere costrettoin un ruolo che, identificandolocon un preciso orientamento poli-tico, lo separasse dal resto dellanazione: voleva essere di tutti, enon perché in tal modo lusingavala propria vanità e il proprio biso-gno di consensi ma perché avverti-va più di chiunque altro l’esigenzadi unire un paese e una popolazio-ne che le vicende del passato ave-vano sin troppo tenuti divisi. In ef-fetti, tale legame con le masse nonservì solo alla sua coscienza di cit-tadino, ma fu uno dei pochi fattoriveramente identitari della nazioneitaliana, ciò che alla fin fine distin-se il Risorgimento italiano dal pro-cesso di unificazione della Germa-nia: Federico Chabod avrebbe poiben chiarito questo concetto scri-vendo che “alla nazione che ebbe

    venne poi un altro elemento a faredi lui il simbolo di una speranzacollettiva dai tratti troppo nazio-nal-popolari per incarnarsi nellapolitica ufficiale dei governi, e fula sua adesione all’Internazionalesocialista. Come era già avvenutocon la repubblica, Garibaldi si for-giò un’Internazionale tutta sua,senza lotta di classe, senza dittatu-ra del proletariato, senza abolizio-ne della proprietà privata e con ilprofilo inconfondibile dell’umani-tarismo filantropico dell’epoca ro-mantica, con la buona ragione che,come ebbe a sostenere, lui erasempre stato un internazionalista,sin da quando aveva attraversatol’oceano per soccorrere i popolidel Sud America in lotta contro ildispotismo. Forse confondeval’organizzazione creata da Marxed Engels con la massoneria: fattosta che molti lo presero in parola,si sensibilizzarono alle condizionireali del paese e rilanciarono lacreazione di organizzazioni politi-che, circoli, società di mutuo soc-corso che, finito con il 1870-71 iltempo eroico della militanza nelleformazioni volontarie, servironoda scuola di socialismo per le nuo-ve generazioni. Incurante dei rim-brotti di mazziniani e moderati se-condo i quali aveva tradito duevolte, la prima rinunziando alla re-pubblica per la monarchia e la se-conda accantonando la dottrina so-ciale mazziniana, Garibaldi coniòla più felice delle sue espressioniquando affermò che l’Internazio-nale era il sole dell’avvenire. Aparte l’equivoco di fondo, fu laformula che per la prima volta fe-ce sentire folle di contadini e pro-letari meno estranei ad un paese lacui nascita come nazione non li a-veva coinvolti quasi per nulla; ecominciò così a svilupparsi quelsenso di appartenenza mancando ilquale nessuna coscienza nazionalesarebbe stata possibile.

    Gli eredi socialisti

    Furono perciò i socialisti e in ge-nere gli uomini della Sinistra e-strema i primi a tramandare il ri-cordo di quest’uomo di umile ori-

    n.8-9, 2007 17

    UNÕICONA DEL RISORGIMENTO | TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA

  • carelle in cerca di qualcosa da ag-giungere alla sua raccolta; e se que-sto qualcosa ancora c’è, si può essercerti che il sig. Mais – questo il suonome – prima o poi lo scoverà, perla comprensibile disperazione dellaconsorte.

    Io credo che anche in questo e-sempio si possa scorgere un riflessodi ciò che il personaggio di Garibal-di e i numerosi rimandi della sua e-sistenza sono tuttora capaci di evo-care nella considerazione degli ita-liani duecento anni dopo la sua na-scita. I collezionisti come il sig.Mais sono mossi anzitutto dal senti-mento di ammirazione che il nomedi Garibaldi ancora suscita; col tem-po saranno indotti anche a studiarepiù da vicino il loro eroe, anche sedifficilmente arriveranno a coglierela complessità e le molte implica-zioni delle vicende che lo hanno a-vuto a protagonista. Non sono, cioè,degli studiosi, ma qui c’è l’aspettopiù genuino e rivelatore della loropassione, che non è fatta di sempli-ce patriottismo e tanto meno di or-goglio di stampo nazionalistico, maesprime quell’ansia di verità e giu-stizia che costituirà sempre un biso-gno della gente comune. Garibaldi,da questo punto di vista, è solo l’a-gente catalizzatore di una sorta direazione propria della chimica degliaffetti. Ho detto “solo”: ma si dovràconvenire che nella storia del mon-do moderno non capita spesso ditrovare altri come lui.

    Giuseppe Monsagrati è professore diStoria del Risorgimento all’Università diRoma “La Sapienza”

    piaggeria e l’adulazione non man-carono, ma i loro frutti furono infi-nitamente minori di quelli origina-ti, quando era ancora in vita, da ungenuino sentimento di gratitudinenei suoi confronti.

    Nel 1982, primo centenario dellamorte di Garibaldi, fu allestita a Ro-ma una grande mostra di cimeli sto-rici garibaldini. Se si sfoglia il cata-logo pubblicato per l’occasione sivedrà come accanto ai quadri e alleincisioni dei grandi pittori e dise-gnatori dell’epoca risulti molto piùnumerosa la produzione degli arti-giani e dei semplici ammiratori to-talmente anonimi, tutti sollecitatidal desiderio di ricordare in qualchemodo e senza grandi pretese l’uomocui dovevano la scoperta della loroidentità nazionale e la prima perce-zione dei valori della cittadinanzaattiva. La stessa simbiosi tra culturaalta e rappresentazione naif caratte-rizza le collezioni di memorabiliagaribaldine presenti in tante case i-taliane: e anche qui è curioso comele raccolte messe su da personaggifamosi come Giovanni Spadolini eBettino Craxi non abbiano toltospazio allo spirito d’iniziativa dicollezionisti di minor nome e di me-no ampia disponibilità economica.A Roma, per fare un esempio, è no-to il caso di un pensionato che ha in-vestito parte dello stipendio e tuttala sua liquidazione nell’acquisto diqualunque reperto – cartaceo o ma-terico – sia riferibile direttamente oindirettamente all’eroe di Nizza, sìda fare della sua casa un piccolomuseo: i frequentatori dei mercatiniromani lo incontrano spesso la do-menica mentre fa il giro delle ban-

    nelle sue virtù umane,nella sua semplicità e

    nella sua moralità. E questo è tantovero che persino in un volume del-la Storia d’Italia Einaudi che si a-pre con una specie di manifestomodestamente invocante una“nuova” storia del Risorgimento,in un saggio uscito dalla penna diuno storico considerato solitamen-te molto originale si cita ancora ilsacco di sementi con cui Garibal-di, terminata la campagna meridio-nale, rifiutò onori e ricchezze pertornarsene nella sua Caprera.

    Popolarità e affetto

    La misura di quanto Garibaldifosse entrato in sintonia con i suoicontemporanei è data non dai moltimonumenti che gli furono eretti inogni città d’Italia né dalle tantestrade che gli furono intitolate se-condo un costume civico assai dif-fuso a fine Ottocento, ma dalla fre-quenza con cui il suo personaggiodivenne oggetto di rappresentazio-ne nelle forme d’arte più sponta-nee, quelle che comunemente sonodette minori o povere. Nessun altrotra i protagonisti del Risorgimentosi può dire sia stato tanto celebratonelle stampe, nelle poesie popolario nei canovacci delle compagnie digiro.

    Per dare un’idea delle dimensio-ni della mitografia che lo riguardòsi pensi che lo si fece salire perfinosulle scene dei teatri cinesi, ovvia-mente nell’interpretazione che nediede un attore esaltandone la fun-zione di costruttore della nazione i-taliana ma anche di simbolo delleaspirazioni universali alla libertà.Forse solo Vittorio Emanuele IIpuò reggere il confronto su un pia-no meramente quantitativo; ma chemolti di coloro che gli rendevanoomaggio lo facessero per cortigia-neria non è un sospetto, è una cer-tezza. Nel caso di Garibaldi, ossiadi un uomo che più era circondatoda dimostrazioni di entusiasmocollettivo e più tendeva a ritrarsi indisparte (a maggior ragione sel’entusiasmo era manifestato da e-sponenti di categorie sociali a cuisapeva di non appartenere), certo la

    TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA| UNÕICONA DEL RISORGIMENTO

    VS La rivista | n.8-9, 200718

  • INTERVISTA A FRANCO DELLA PERUTA*

    VS La rivista | n.8-9, 2007 19

    LA TRADIzIONE DEL pENSIERO DEmOcRATIcO

    la sua memoria?Difficile dirlo. La fama di

    Garibaldi è mondiale: non c’è cittàdove non ci sia una via o una piaz-za a lui dedicate. Quanto questo poicorrisponda a una effettivaconoscenza del personaggio è com-plesso misurarlo. Direi che però,nel complesso, anche in virtù dellesue eroiche imprese, è ad esempiomeglio conosciuto Garibaldi cheMazzini.

    Garibaldi, “eroe dei due mon-di”, rimane senza dubbio uno deinostri più importanti “padri dellapatria”. E tuttavia, data la naturacattolica del nostro Paese, la suapopolarità sembra essere stata,soprattutto a partire da una certaepoca, piuttosto tollerata che con-divisa. Può l’impronta cattolicadella nostra cultura aver negativa-mente influito sul ricordo diGaribaldi?

    Certo questa influenza può es-serci stata, perché buona parte del-la cultura italiana impregnata dicattolicesimo ha sempre dimostra-to un’aperta ostilità nei confrontidi Garibaldi, anche alla luce delsuo esplicito anticlericalismo.

    D’altra parte, però, occorre con-siderare che quella di Garibaldi èstata una delle figure di riferimen-to della cultura laica e progres-sista.

    Questo, per intenderci, è accadu-to da subito, fin dai primissimi an-ni post-risorgimentali, come testi-

    Garibaldi è divenuto il simbolo di una cultura laica eprogressista. Il suo anticlericalismo spiega, in parte, ladiscrepanza tra la sua fama e la sua memoria. L’idea di nazione come coscienza popolare

    questa nostra incomprensione sitrasforma, spesso, in sottovalu-tazione del personaggio.

    Perché ci rendiamo responsabilidi questa sottovalutazione?

    Perché in Italia, purtroppo, lamemoria storica è da una partepiut tosto corta, dall’altra si accendea intermittenza. Però bisogna am-mettere che il mondo scientifico siè mosso per tempo: ad esempio, èin corso di pubblicazione l’episto-lario di Garibaldi, e questo sicura-mente contribuirà a una migliorecomprensione del pensiero delNizzardo. Altra cosa è invece l’at-tenzione dei mass-media, puntual-mente lontani da qualcosa che siaappena diverso da un fuggevole ri-cordo retorico.

    Come si spiega questa mancatasintonia tra la fama di Garibaldi e

    Professor Della Pe-ruta, siamo ormaientrati nel pienodelle celebrazionidel bicentenario

    della nascita di Giuseppe Garibal-di. Ritiene che l’avvenimento saràdestinato a passare in sordina,come purtroppo è già accaduto conil bicentenario di Giuseppe Mazzi-ni, oppure vede all’orizzonte inizia-tive tali che possano scongiuraretale pericolo?

    Debbo osservare che, se da unaparte c’è una indubbia attenzionerispetto a questa ricorrenza simboli-ca, dall’altra essa non è certo quellache sarebbe dovuta a un personag-gio della statura di Garibaldi, unodegli italiani più conosciuti all’este-ro. Infatti, ancora oggi, facciamofatica a comprenderne, fino in fon-do, la notorietà internazionale; così

    di Dario Ricci

    GARIBALDI TRA STORIA EINTERPRETAZIONE POLITICA

  • Nell’ambito della sinistraGaribaldi è stato l’icona del-l’eroe popolare per eccellenza. Inche senso l’“eroe dei due mondi”può essere considerato un espo-nente vero, e non abusivo, dellemasse popolari?

    Quella della popolarità riguardasoprattutto la prima fase, ovverogli anni che vanno dalla morte diGaribaldi fino all’avvento del fa -scismo. In tale contesto, ilgaribaldinismo fu un fenomenodemocratico che coinvolse, ac-canto al socialismo, porzioni ab-bastanza vaste del Paese. Succes-sivamente, con la seconda GuerraMondiale, la Resistenza e la fasepostbellica, Garibaldi tornò ad es-sere uno dei simboli delletradizioni sociali e democratichepiù avanzate del Paese.

    In che modo la figura diGaribaldi ci aiuta a chiarire ladicotomia tra patriottismo enazionalismo? Perché, nel casodel Nizzardo, la sua appartenenzaal campo patriottico non è mai s-tata in discussione senza pericolodi derive e sconfinamenti nazion-alistici?

    Perché Garibaldi aveva una for-mazione democratica di chiaraimpronta mazziniana. Vale la pe-na ricordare che si iscrisse allaGiovine Italia da ragazzo e che,pur tra gli alti e bassi del rapportoche lo legava a Mazzini, non rin-

    non ne vedo.Garibaldi, come è noto, è stato

    tirato per la giacca sia dalla “de-stra” che dalla “sinistra”. Quan-to di questo uso double-face sideve alle ambiguità del personag-gio e quanto alla malizia dellapolitica?

    Molto si deve, purtroppo, allapolitica. Analizzando la figura diGaribaldi e il suo pensiero - per-ché sbaglia chi lo considera soloun eroe dell’azione e del coraggio-, si evidenzia che egli è semprestato un coerente combattente perla democrazia. E anzi, negli ulti-mi anni della sua vita, anche perun idea le di riscatto e rinnova-mento sociale, con una quasiproiezione verso il nascente so-cialismo. E tale atteggiamento fu,non a caso, percepito per primoda uno dei pochi grandi marxistiitaliani: Antonio Labriola.

    Alcuni storici hanno visto nelgrande Nizzardo l’autore più omeno consapevole di quella “mo -n ar chia democratica” cheavrebbe poi avuto degli epigoniaddirittura in Francesco Crispi enel fascismo. Quanto di questaopinione è da accogliere e quantoè da respingere?

    Io vedo una netta rottura, undiscrimine netto tra Garibaldi equeste successive evoluzioni dellavita politica e del pensiero politi-co italia no. E non si possonogettare ponti tra l’uno e gli altri.

    monia il movimento diFelice Ca vallotti, che

    proprio a Garibaldi si rifaceva. Èquesta una linea rossa che poi ar-riverà a segnare profondamenteanche l’opposizione al fascismo:basti pensare alle celebri “BrigateGaribaldi”, che caratterizzaronola Resistenza. Inoltre, Garibaldifu anche il simbolo dei partiti disini stra, che formarono i Frontidemocratici Popolari.

    Può invece essere riscontrata, asuo parere, una continuità, unasopravvivenza di alcuni elementidell’anticlericalismo garibaldino,in quei settori della nostra soci-età che oggi si oppongono, piùradicalmente, all’influenza eccle-siastica sulla vita socio-politicadel Paese?

    Direi di no. Anche perché l’an-ticlericalismo di Garibaldi era e-spressione di un sentimento spon-taneo: forte, ma nel contemporozzo, primitivo e sentimentale.Lo si evince leggendo anche isuoi romanzi, come ad esempioClelia, dove compaiono figure dipreti sempre caratterizzati comeorrendi e terrificanti. Il suo è in-somma un sentimento ingenuo eun po’ datato che, semmai è so-pravvissuto, può essere riscontra-to in età giolittiana, come di-mostrano riviste come “L’Asino”di Guido Podrecca. Di con-seguenza, legami diretti conforme di laicismo contemporaneo

    TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA| INTERVISTA A FRANCO DELLA PERUTA

    VS La rivista20

  • lessi sul tempo pre-sente.

    Eppure è il Risorgimento che ciha trasformato in Nazione, purcon tutti i problemi e le contrad-dizioni che l’hanno contraddistin-to. È quello il momento dell’as-sunzione della consapevolezza diessere una Nazione, una e uni-taria. Certo, quello risorgimentalefu anche un processo politico fat-to e gestito da minoranze, daélites, ma è anche vero che i fruttisono stati poi goduti dall’interapopolazione

    Vista l’Italia di oggi, e quelloche il nostro Paese è diventatodopo due secoli, Garibaldi lo ri-farebbe, tutto quello che ha fattoper questa Italia?

    Penso proprio di sì. Egli era ungrande trascinatore, non una voceche chiamava nel deserto. Sapevastimolare le minoranze ad as-sumersi la propria responsabilitàstorica, a dare il via a processi ingrado di modificare il corso deglieventistorici. Vista l’Italia attuale, nonsarebbe comunque pentito diquanto fatto, e anzi troverebbe si-curamente il modo di far sentire,ancora oggi, la sua voce.

    *Franco Della Peruta insegna Storia delRisorgimento all’Università degli Studi diMilano.

    Dario Ricci è giornalista di Radio 24 - IlSole 24 Ore.

    so della storia è che, nella concor-dia discors di queste anime, affon-dano le loro radici il Risorgimentoe l’Italia che ne è nata.

    Difficile raccontare l’epopea diGaribaldi, rinunciando alla retor-ica che in genere l’accompagna.Ma qual è, di fatto, l’eredità diquella esperienza che ancora og-gi ci re-sta?

    Credo che ogni uomo rappre-senti il suo tempo e dunque, inquanto tale, vada visto all’internodelle contingenze storiche in cui èinserito. Di fatto, Garibaldi ci halasciato lo slancio, la pulsione alsacrificio, il desiderio di lavorareper un avanzamento generale deipopoli e delle società. Una com-ponente, questa, che, non solo inItalia, ha poi caratterizzato anchel’azione di minoranze politiche.

    Perché ancora oggi facciamocosì fatica a ricordare le figurepiù significative del nostroRisorgimento?

    Quello dell’offuscamento dellamemoria storica non è un proble-ma che riguarda l’Italia: coin-volge anche buona parte dei Paesieuropei. E questo avviene per dueordini di motivi: da un lato, peruna sorta di processo naturale cheevidenzia spesso una memoriatroppo corta; dall’altro per il fattoche il passato lontano non vienespesso avvertito come una forzacapace di proiettare i propri rif-

    negò mai la matrice ideale che loaveva plasmato fin dalle origini.

    Questo tipo di ideologia risorgi-mentale, di stampo mazzi niano, e-scludeva dunque il nazio nalismo.Al centro c’era invece il concettodi “nazionalità”, cioè la necessitàdi riconoscere i diritti di un popo-lo che andava a formare appuntouna “nazione”, tale per lingua,tradi zioni e caratteri comuni. Inquesto orizzonte non c’era spazioper il nazionalismo, cioè per il ri-conoscimento di un ruolo ege-monico esercitato da una nazionerispetto alle altre.

    Secondo lei, è possibile indivi-duare in Garibaldi e Cavour leradici di due modi interpretare, edi vivere, questo concetto di“nazione”, che ancora oggi sem-brano caratterizzare il nostroPaese?

    Credo proprio di sì. Una è l’ani-ma garibaldina, popolare, che cer-ca l’iniziativa dal basso e che fa l-eva sulle spinte che provengonodalla società: guardiamo ad esem-pio al volontariato, al volontaris-mo. In tal senso, riconsideriamoche i Mille che partirono verso laSicilia erano diventati quaran-tamila una volta arrivati al fiumeVolturno.

    Cavour e la tradizione monar-chico-cavouriana, invece, imper-sonano un aspetto diverso delpotere: quello legato alla monar-chia, all’esercito regio. Il parados-

    n.8-9, 2007 21

    INTERVISTA A FRANCO DELLA PERUTA | TRA STORIA E INTERPRETAZIONE POLITICA

  • IL DISINGANNODOpO L’UNITà

    quindi, in gradi diversi di consape-volezza, di una nuova cultura.

    Ma è bene procedere ad alcunedistinzioni.

    mazzini e i mazziniani

    Innanzitutto, Mazzini e i mazzi-niani più ortodossi rappresentanosolo il caso limite di questo pro-cesso, che ha la sua epoca più si-gnificativa nel primo decennio po-stunitario. Politicamente, Mazzininon rifuggì da tentativi di accordocon la monarchia, in vista della li-berazione del Veneto. Ma nel set-tembre del 1866, subito dopo l’e-pilogo della poco gloriosa guerracontro l’Austria, fondò, “sulle ro-vine dell’ultima illusione”, l’“Al-leanza repubblicana universale”,dandole il significato di un ritornoall’intransigenza politica e di prin-cipi. Egli stesso, nel 1858, avevateorizzato.

    E quanto meno speri cose imme-diate, sii tanto più assoluto; letransazioni possono convenirequalche volta alla vigilia dell’a-zione, non alla propaganda edu-catrice dei principi.

    Salvemini ha commentato osser-vando che, quando a Mazzini sipresentava qualche possibilità diraggiungere l’unità nazionale an-che senza il rinnovamento religio-so, senza democrazia, senza re-pubblica, egli trovava nella incrol-labilità stessa della propria fede la

    Fra la mestizia o il risentimento garibaldini e il Risorgimento”, non solo dei due protagonisti, madi chi nell’uno o nell’altro Giuseppe si era ricono-sciuto affidandogli parte [...] delle proprie speranze

    Fra la mestizia o il risentimentogaribaldini e il dolore mazzinianosi colloca quella che è stata chia-mata la “delusione del Risorgi-mento”: delusione non solo deidue capi della democrazia italiana,ma di chiunque nell’uno o nell’al-tro Giuseppe si era riconosciuto,affidandogli parte più o meno in-tensa delle proprie speranze.

    Ma delusione per che cosa?Gli studiosi hanno rilevato come

    quella delusione non possa essereelevata a canone storiografico, nonserva, cioè, a qualificare il giudi-zio che oggi dobbiamo dare dell’e-sito del Risorgimento. Ma ciò nonsignifica che il disinganno patitodai democratici di cento anni fanon sia esso stesso un fatto storicodegno di attenzione e considera-zione e capace di introdurci nelpiù ampio mondo di passioni e diideali che agitarono, sboccando invarie direzioni, gli uomini nonconsenzienti alla soluzione sabau-da e moderata del movimento na-zionale, i patrioti che non avevanovisto realizzarsi né la costituente,né la repubblica, né un’iniziativa i-taliana di respiro europeo. Perché,e questo è un primo punto degnodi attenzione, l’animo, dopo il ’60,rimaneva tanto più turbato quantomaggiormente il riscatto patriotti-co era stato sentito come piùprofondo e integrale riscatto, comefondazione, sulle ceneri del dispo-tismo italiano e straniero, di unanuova moralità civile e politica e

    Nel 1862, condanna-to all’inazione dal-la ferita di Aspro-monte, Garibaldisfogò il suo risen-

    timento in un poema autobiografi-co i cui versi ora ricordati costitui-scono l’appassionata interpreta-zione, in seguito alla nuova e tra-gica esperienza, della mestiziache, dopo l’incontro di Teano, Al-berto Mario gli aveva vista effusasul volto:

    “non perché [così Mario si espri-meva nella sua Camicia Rossa,N.d.A.] lo turbava volgare gelo-sia, né cruccio d’ambizione in-soddisfatta; folgorante di gloriae, per naturale modestia, schivod’ogni grandezza, affligevalo(sic) la incompiuta eredità ditrionfi popolari ch’ei legava al-l’avvenire della libertà d’Italia.”

    Poco dopo la breccia di PortaPia, nell’ottobre del 1870, quandola monarchia e il ceto liberale mo-derato ebbero definitivamente vin-ta la battaglia per l’egemonia delnuovo Stato, Mazzini, cosciente diciò che l’evento significava perlui, scriveva:

    “Il doppio sogno della mia vita siè dileguato... Abbiamo Roma, lanostra Roma, profanata dallamonarchia. È tal dolore per meda non potersi spiegare a parole.Non m’è bastato l’animo di rive-derla; vi passai una notte comechi fugge...

    di Claudio Pavone

    GARIBALDI E MAZZINI A CONFRONTO

    VS La rivista22

    GARIBALDI TRA STORIA EINTERPRETAZIONE POLITICA

  • Informato al principio umanita-rio... si propone di operare perl’unità nazionale, per l’umanità...istruire il popolo, propugnare edifendere i suoi diritti... la fratel-lanza universale, secondo gli in-segnamenti di Giuseppe Mazzi-ni... Il popolo combattente senzaricompense in nome della santalibertà ha diritto di essere rispet-tato... Procurate di migliorarne lecondizioni economiche, politichee sociali... date ad esso buoneleggi... per il suo benessere...

    Il suffragio universale, la santitàdell’associazione, la fraternità, l’a-more fra i liberi e l’odio contro itiranni, l’emancipazione della don-na e del lavoro, la nazione armatasono alcuni dei temi ricorrenti nel-la pubblicistica mazziniana, che siincentrano nell’ideale della TerzaItalia o della Terza Roma (dopo laprima dei Cesari e la seconda deipapi), che proponga al mondo lasua iniziativa di totale riscatto. At-teggiamento palingenetico, dove siritrovano tutti i contenuti di cuiper tanti anni il mazzinianesimo a-veva caricato il senso del Risorgi-mento italiano: e che ora, prima diessere travolti e trasformati danuovi ideali di cui Mazzini e i suoifedeli non riusciranno mai a co-gliere bene le ragioni, danno un ul-timo guizzo di vitalità, quasi che iloro propugnatori vogliano rin-francarsi con un ritorno alla purez-za delle origini. [...]

    Garibaldi e i garibaldini

    Altro è il discorso da fare quan-do l’attenzione si sposta da Mazzi-ni e dai mazziniani a Garibaldi e aigaribaldini. Molto si è insistito,nelle oleografie risorgimentali, nelrappresentare Garibaldi e Mazzinicome il braccio e la mente della ri-voluzione italiana. Il realtà il rap-porto fra i due uomini e fra i settoridel movimento nazionale da essiinfluenzati era assai complesso eandò soggetto a numerose oscilla-zioni, né riuscì sempre chiaro ai se-guaci. Alcuni di questi, ancora mol-ti anni dopo l’Unità, accarezzavanola speranza di vedere quei duegrandi, dissipati equivoci che sem-bravano marginali, porsi concordi

    l’aderire alle prime proposizioniinternazionaliste e socialiste, chedella libertà di facevano più inte-grali banditrici, criticando la rivo-luzione politica del Risorgimentocome irrimediabilmente insuffi-ciente e monca, fino a che non fos-se trapassata sul terreno della rivo-luzione sociale.

    Scriverà anni dopo Costa in al-cuni suoi ricordi:

    Il popolo italiano, occupato dallaquestione nazionale, vedeva nel-lo scioglimento di essa lo sciogli-mento di tutte le altre, la socialecompresa, di cui aveva certo ilpresentimento, se non la coscien-za, giacché era credenza popola-re che le terre, sbarazzate dagliAustriaci e dai Borboni, appar-terrebbero al popolo.

    Questa corposa commistione del-la libertà della patria con la proprialibertà economica e sociale doveva,nei limiti in cui si era realmente ve-rificata, essere messa facilmente incrisi dopo il 1861: e avrebbero cer-cato di approfittarne non soltanto idemocratici e poi i socialisti dellevarie tendenze, ma anche i clericaliche in quegli anni andavano ripe-tendo ai moderati l’accusa di averfatto il Risorgimento alle spalle del-la povera gente, e cercavano di tra-volgere in tale critica i repubblicaniche si ostinavano a pretendere l’ap-poggio popolare per un altro rivol-gimento meramente politico.

    O pane o morte!, parafrasando ilmotto garibaldino di O Roma omorte!, proclamava un giornalettofiorentino, “Lo Zenzero primo”, nel1868, al tempo dei moti control’imposta sul macinato, non appro-vati da Mazzini con notevole pre-giudizio della sua fama di patriarcadelle rivoluzioni italiane.

    In realtà, nell’atteggiamento deimazziniani si possono cogliere en-trambe le preoccupazioni: quellapolitico-repubblicana e quella so-ciale, ricondotte sotto l’unica cate-goria della educazione, del rinnova-mento morale e dell’elevamento re-ligioso del popolo, come premesseindispensabili di ogni progressomateriale. Nel 1863 “Il Tribuno delpopolo” di Firenze così scriveva dise stesso:

    forza di non essere intransigente.Ma un tale atteggiamento era com-preso e seguito appieno solo daipiù fedeli discepoli, mentre nei piùprovocava confusione e scoramen-to, e contribuiva a spingere a unriesame critico proprio di quelblocco di convinzioni politico-eti-co-religiose cui Mazzini aveva af-fidato il compito di rinnovare, fi-nalmente, vita e coscienza degli i-taliani, ma che si era dimostratoincapace di contendere il paese al-la ristretta oligarchia moderata.

    Il sentimento di essere stati de-fraudati di qualche cosa era il pri-mo ad affacciarsi in quella che og-gi si chiamerebbe la “base” repub-blicana. E non si trattava solo del-lo scontento generico del reduce.Scriveva, ad esempio, ErnestoPozzi in un suo libretto di ricordidi carcere patito dopo l’Unità, Unaestate a Sant’Andrea (il carcere diGenova):

    La valorosa gioventù aveva ac-quistato fama e ferite in centobrillanti battaglie, cedendone po-scia generosamente il bottino al-la