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duomo Duomo di Monza Periodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in Monza Poste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2, DCB Milano il d l i d Duom di Mon mo nza d la P eriodico del P l i du an v va chia di San Gio oc arr P uom tista in Monza at nni B mo o la P eriodico del P o P t s e It i l a e n a a p S - Sp an v va chia di San Gio oc arr P pe z i d o i ne n i . A . P P. - . D . L 3 5 3 0 0 2 / tista in Monza at nni B 03 o c ( . v n n i L. 7 2 / 2 0 2 / 0 4 0 . n 4 ) 6 t r a . 1 a m m o c , 2 B C D a l i M no o anno LXXXVI - numero 6 numero 6 - settembre 2012

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di Monza

Periodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in MonzaPoste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2, DCB Milano

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anno LXXXVI - numero 6numero 6 - settembre 2012

il duomo

Come armonizzare la frammentazione della vita? [don Silvano Provasi]

Cronaca di Giugno - Agosto

Ricordando il Cardinal Martini [don Enrico Rossi, don Silvano Provasi, don Dino Gariboldi]

Don Giovanni Verpelli era così [don Dino Gariboldi, Giovanni Vergani]

Il pellegrinaggio delle famiglie ad Assisi [Gruppo famiglie]

Il nostro nuovo vicario episcopale si presenta [Luigi Losa]

L’anno della fede è per ciascuno di noi [don Dino Gariboldi]

XVI Capitolo generale delle Suore Misericordine

Una vita per il Duomo

Oratorio estivo 2012 [Simone Redaelli, Silvia Bussolati, Giusi Brambilla]

Il paliotto dell’altare maggiore del Duomo [Carlina Mariani]

Celebrazione della regalità di Dio [don Raimondo Riva]]

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Don Silvano Provasi, don Raimondo Riva, Fabio Cavaglià, Giovanni Confalonieri, Nanda Menconi,

Sonia Orsi, Federico Pirola, Marina Seregni, Sarah Valtolina, Fabrizio Annaro.

Un grazie particolare a chi distribuisce “Il duomo”: Carla Baccanti, Simona Becchio, Giorgio Brenna, Gloria

Bruletti, Enrica Calzoni, Roberto Canesi, Rita Fogar, Josetta Grosso, Paola Mariani, Luigi Motta,

Teresina Motta, Andrea Picco, Carla Pini, Annina Putzu, Livio Stucchi, Silvia Stucchi, Chicca Tagliabue,

Marisa Tagliabue, Carla Galimberti, Mariuccia Villa, Bruna Vimercati, Anna Maria Montrasio.

Hanno collaborato

Copertina a cura di Benedetta Caprara

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Riprende a settembre il ritmo ordinario della vita personale e comunitaria e subito emerge il peso e l’ansia gene-rati anche dalla frammentarietà della vita. Come affrontare le tensioni che nascono dai diversi impegni difamiglia e del lavoro, della scuola e delle richieste di collaborazione in parrocchia, le urgenze della carità, il biso-gno di tempo libero per coltivare amicizie, sostenere proposte culturali e sociali...? La nostra società sembra obbli-garci ad essere sempre pronti, disponibili, propositivi e vincenti... “Ti basta la mia grazia; la forza, infatti, simanifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12, 9) ci ricorda l’apostolo Paolo che aveva chiesto a Gesù di libe-rarlo da un fastidioso limite umano che affaticava il suo ministero. Papa Benedetto così commenta: “Certo, Paoloavrebbe preferito essere liberato da questa sofferenza; ma Dio dice: No, questo è necessario per te. Avrai sufficien-te grazia per resistere e per fare quanto deve essere fatto. Questo vale anche per noi. Il Signore non ci libera daimali, ma ci aiuta a maturare nelle sofferenze, nelle difficoltà, nelle persecuzioni… Non è la potenza dei nostrimezzi, delle nostre virtù, delle nostre capacità che realizza il Regno di Dio, ma è Dio che opera meraviglie pro-prio attraverso la nostra debolezza, la nostra inadeguatezza all’incarico. Dobbiamo, quindi, avere l’umiltà di nonconfidare semplicemente in noi stessi, ma di lavorare, con l’aiuto del Signore, nella vigna del Signore, affidando-ci a Lui come fragili vasi di creta”.Forse prima di chiuderci in un costante lamento sui nostri limiti e fragilità è urgente aprire mente e cuore permeglio vedere le fragilità ed i limiti di chi ci sta accanto; sofferenze, solitudini e fragilità spesso più condizionan-ti delle nostre e riconoscere col card. Martini che “una città che si prende cura è una città amica e la si riconoscenella vita quotidiana: è aperta e accessibile a tutti, accogliente nelle relazioni interpersonali, solidale nei servizi:E’ una città benedetta”.

Iniziamo questo anno della fede innanzitutto ringraziando il Signore per il dono della fede in Gesù Cristo,fede che ci è stata comunicata e tramandata nei ritmi della vita familiare, messa alla prova e consolidata nei diver-si “salti di qualità” che i passaggi nella vita hanno provocato in noi, purificata ed arricchita dalla prove della vitae dalle urgenze “missionarie” della società e della Chiesa, dentro le quali continua ad incarnarsi il mistero dellaRivelazione e della Salvezza. E’ però opportuno e sempre più doveroso progettare concretamente itinerari per-sonali e comunitari di approfondimento delle fonti e dei tesori preziosi della nostra fede che, in particolarein questi ultimi 50 anni, l’evento del Concilio Vaticano II e la testimonianza di tanti fratelli e sorelle ha resopiù accessibili a chi desidera incarnare il Vangelo anche oggi, nel tempo e nelle situazioni che siamo chiamati avivere. Saremo aiutati anche ad affrontare la sfida di quella “nuova evangelizzazione” che il prossimoSinodo dei Vescovi potrà meglio precisare nei contenuti e nelle forme e ci offrirà ulteriori occasioni e verifi-che da elaborare.

E’ utile riconoscere e ricordarci continuamente che questo è soprattutto tempo nel quale è indispensabilecomprendere meglio ed in modo più evidente ciò che è essenziale nell’indirizzare le nostre scelte, negli inve-stimenti umani personali e collettivi, nella gestione del tempo e delle risorse culturali e spirituali. E’ poco saggiovivere alla giornata e nello stile di vita caratterizzato dallo spontaneismo, nella speranza che qualcun altro o qual-cos’altro possa regalarci quell’armonia che il nostro cuore cerca e la cui carenza è fatta emergere da tante stanchez-ze percepite e non elaborate.

Iniziamo con fiducia e speranza questo nuovo anno sociale e pastorale e prepariamoci ad affrontare le fati-che e le gioie del quotidiano con la certezza evangelica che è importante seminare bene, con fedeltà e competen-za, con il coraggio di rischiare e l’umiltà dell’attendere, e con la serena certezza - vivissima in chi crede - di nonessere soli, ma sempre accompagnati dalla forza di Chi, fin dalla creazione del mondo, non si stanca di seminare adi fidarsi della nostra libertà… “frammentaria”.

Come armonizzarela frammentazione della vita?

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il duomo lettera dell’arciprete

Mercoledì 6 Giugno.Festa di San Gerardo. La FondazioneMonza Brianza ha aperto le porte dellanuova sede, presso l’Oasi di San Gerardo.Nel cortile della storica struttura, durantela giornata, alcune delle organizzazioni divolontariato, che operano pressol’Ospedale San Gerardo, hanno presentatole loro attività. Alle ore 18 la CooperativaMeridiana ed il Consorzio ComunitàBrianza hanno offerto un intrattenimentoculturale caratterizzato da letture e com-mento di brani della vita di Gerardo deiTintori, a cura di Pier Franco Bertazzini edEttore Muller, accompagnati da musichedi Bach. Alle ore 21 si è svolta la premia-zione del concorso di poesie e racconti“Premio San Gerardo dei Tintori – Città diMonza” organizzato dall’AssociazioneCulturale Menaresta, in collaborazionecon l’Associazione Amici di Monza e ilCittadino.

Giovedi’ 7. Cena Doposcuola. Questasera, nel salone dell’oratorio, si è svoltauna piccola festa, per ragazzi ed educatori,a conclusione dell’attività di doposcuola“Non solo compiti”, coordinata in que-st’anno scolastico dalla prof.ssa PatriziaBarbara e da Simone Redaelli. E’ stata unabella occasione per stare insieme in alle-gria, senza il pensiero dello studio e deicompiti, e per gustare tante buone specia-lità dolci e salate per le quali hanno contri-buito tutti i partecipanti. Ci si è lasciati conl’impegno, per l’anno prossimo, di conti-nuare e rendere sempre più efficace questomomento assai utile, non solo per i ragaz-zi che devono imparare, ma anche esoprattutto per gli educatori che hannoofferto con gratuità il proprio tempo.(Gioia Sorteni)

Sabato 9. Convegno su “La famiglia diTeodolinda, testimone di pace e di speran-

za”. Il Club monzese UNESCO, nel primoanniversario della proclamazione del“Duomo di Monza con la ReginaTeodolinda: patrimonio e testimone di unacultura di pace per l’umanità” ed in con-comitanza con il VII Incontro Mondialedelle Famiglie, attraverso il suo presidenteGen. Filippo Carrese, ha organizzato unpiccolo convegno mettendo a tema alcuniaspetti della vita familiare. I coniugiAlfonso e Francesca Colzani, responsabilidell’Ufficio Famiglia della CuriaAmbrosiana, hanno sviluppato alcunitemi inerenti la funzione sociale dellafamiglia, nell’ottica del tema “Famiglia:Lavoro e Festa” che ha caratterizzatol’Incontro Mondiale delle Famiglie.La dr.ssa Martina Basile, studiosa di sto-ria longobarda, ha illustrato alcuni aspettidella poliedrica personalità di Teodolindanella sua complessa vocazione di sovranae madre. Ha concluso gli interventiClementina Coppini, collaboratrice del set-timanale Il Cittadino: con un linguaggiosciolto ed accattivante, ha raccontato lefatiche e le gioie di una moglie e madre chesi arrabatta ogni giorno nel tentativo di farquadrare il cerchio delle molteplici attivitàlegate alla professione e alla gestione dellafamiglia. Tre virtù cardinali utili a mante-nere la rotta in questi tempi oscuri”. Iltutto è stato moderato, con familiarità edamicizia, dal dr. Luigi Losa, direttore edi-toriale de Il Cittadino.

Domenica 10. Festa del Corpus Domini.Durante la S. Messa delle ore 9,30 abbiamosalutato don Alessio Albertini che l’arci-vescovo ha inviato a Pero, presso la par-rocchia di Cerchiate, per continuare il suocompito di responsabile della Commis-sione diocesana per lo Sport, mentre offrela sua disponibilità e la sua simpatia pasto-rale per il servizio nelle parrocchie di Pero,a ridosso del nuovo polo fieristico di

Cronaca di Giugno - Agosto

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Milano Rho Pero.Alla sera, il tempo atmosferico non ci hapermesso di svolgere la processione euca-ristica e, alla ore 21, nella chiesa di S.Gerardo, abbiamo celebrato una parteci-pata adorazione eucaristica, presiedutadal vescovo di Sarm – Ciad, mons. EdmondDjitangar, ospite in città presso la comuni-tà pastorale dei Quattro Evangelisti.

Lunedi’ 11. Inizia l’Oratorio Estivo.Anche quest’anno viene proposta la for-mula, già collaudata da ormai due anni, agiornata piena: dalle 8,30 alle 17.30. Leattività sono molteplici: dai classici gio-chi, ai laboratori (musica, danza, canto,cucina) fino alla piscina e alla gita settima-nale di un giorno intero, insieme ai ragaz-zi dell’oratorio di san Gerardo. Iniziamocon più di cento ragazzi iscritti, sonoaccompagnati da un folto gruppo di ani-matori, oltre che da alcuni adulti chehanno offerto disponibilità per gestirediverse attività, come il servizio mensa o lasorveglianza in oratorio.(Silvia Bussolati)

Venerdì 15. Contemplare il Mistero nell’Arte. Venerdì 15 giugno alle ore 21 inDuomo, si è svolto l’ultimo incontro delpercorso “Contemplare il Mistero nell’arte”;opera in esame: lo splendido paliottodorato dell’altare maggiore, mensadell’Eucarestia e fulcro della Basilica,capace di attirare a sé lo sguardo di chi vientra richiamandolo alla presenza realedel Signore. Lo si vede, lo si ammira ma,alla fine, non lo si conosce e quindi non siha la possibilità di apprezzarlo veramente.L’opera, di argento dorato, sbalzato, cesel-lato e ornato di smalti traslucidi, richieseal valente orafo milanese, Borgino dalPozzo, otto anni di lavoro, dal 1350 al1357. Don Domenico Sguaitamatti haaccompagnato i numerosi e attenti parteci-panti alla comprensione dell’opera abbi-

nando, ad aspetti di carattere artistico, unalettura catechetica del racconto avvalendo-si anche di ingrandimenti proiettati su unoschermo. E’ stato così possibile anche raf-frontare il paliotto con due pregevoli efamose opere che trattano anch’esse lavita di S. Giovanni Battista: gli affreschidel Battistero di Castiglione Olona, operadi Masolino da Panicale (1435 circa) e laPorta sud in bronzo del battistero diFirenze realizzata da Andrea Pisano (1330– 1336). Non è mancato inoltre un confron-to, sullo stile e la partitura delle scene, conl’altare d’oro della Basilica di S. Ambrogiodi Milano, realizzato da Volvinio tra l’824e l’859, capolavoro dell’oreficeria di epocacarolingia. Al termine è stata offerta lapossibilità di accostarsi al paliotto pervisionare da vicino, l’accuratezza dei par-ticolari e i vari aspetti precedentementeevidenziati da don Domenico. (Elena Picco)

Domenica 17. 60° di Professione di sr.Maria Giovanna del Cuore di Gesù. Lacomunità delle Suore Adoratrici ha festeg-giato con gioia e rinnovata speranza laloro carissima consorella ed il fulcro è statala Celebrazione Eucaristica durante laquale sr. M. Giovanna, molto emozionata efelice, ha rinnovato i Voti, espressi nellasua Professione Religiosa il 2 giugno 1952e generosamente vissuti quotidianamentein tutti questi anni. Durante l’omelia,mons. Enrico Rossi ha commosso tuttirileggendo un passo di una riflessione chetempo fa la nostra consorella aveva scrittoe che ben riassume il nucleo gioioso dellasua consacrazione religiosa: “Se dovessifare un bilancio di questi anni di vita clau-strale direi che nonostante le difficoltà, cheinevitabilmente prima o poi si incontranoin qualsiasi vocazione si scelga, sono sem-pre stata felice e se tornassi indietro rifareicon lo stesso slancio e lo stesso entusiasmodi allora questa mia scelta. Sono certa poi

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che questa mia Vocazione, oltre che undono del Signore, innanzitutto, sia anche ilfrutto delle tantissime preghiere fatte dallamia mamma per me e di questo le sonoprofondamente grata”. A settembre vivràla stessa ricorrenza sr. M. Assuntadell’Eucaristia, mentre a novembre lacomunità si raccoglierà attorno a sr. M.Pierina Teresa di Gesù Sacerdos et Hostiaper ricordare il suo 50° di Professione. (Dalmonastero)

Martedi’ 19. Ore 21, in Duomo: saluto alvicario episcopale mons. ArmandoCattaneo. Dio ha cura della Chiesa, suopopolo, che pur non essendo del mondo,nel mondo vive ed ha quindi bisogno diuna organizzazione del tempo (i calendariliturgici), degli spazi (i luoghi e le costru-zioni), delle cerimonie (i rituali), dei ruoli(la gerarchia), delle iniziative (pastorali,formative, caritative, carismatiche…). Mala Chiesa nel mondo vive, cresce, agiscecome lievito nella pasta, quando la suaorganizzazione non risponde solamente acriteri di umana efficienza, ma diventaluogo di effusione del dono dello Spirito edi esperienza nella comunione.L’Eucaristia celebrata nel Duomo diMonza la sera del 19 giugno,per il saluto e il ringrazia-mento a Mons. ArmandoCattaneo al termine del suomandato come VicarioEpiscopale nella nostra zonapastorale, con la partecipa-zione di una settantina dipreti e numerosi laici, è statouno di questi momenti signi-ficativi di esperienza e di cre-scita nella comunione. (donSilvano Casiraghi)

Giovedi’ 21. S. Messa di suf-fragio nella cappella del

cimitero per i sacerdoti defunti. Alle ore10,30 i parroci della città hanno celebratouna liturgia eucaristica di suffragio pertutti i sacerdoti sepolti nel cimitero dellacittà. Al termine sono stati benedetti, nellacripta sottostante la cappella funeraria, iloculi restaurati per la traslazione dei restimortali di 11 sacerdoti monzesi, sepoltinella cripta prima del 1940. Solo i resti diquattro sacerdoti hanno potuto trovarespazio nei loculi rinnovati: mons. PaoloRossi (arciprete di Monza), don GiuseppeVeronelli (canonico del Duomo), donCarlo Faruffini (parroco di S. Gerardo) edon Pietro Bosisio (apostolo della Stampae della Parola). Mentre per sette dellesalme esumate si è ritenuto che necessitas-sero di tempo più e quindi sono statedeposte, per altri dieci anni, in un campoesterno alla cappella, con una appositalapide ricordo. Nell’omelia mons. Provasiha richiamato l’azione dei sacerdoti nelloro ministero e ha ringraziato i presenti,una cinquantina di persone, che hannorappresentato l’intera città nel ricordo deisuoi pastori (come recita la dedica:“MODOETIA PASTORIBUS SUIS”). Unparticolare ringraziamento è stato ancherivolto ai “ministri al sepolcro”, presenti in

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rappresentanza, che svolgono un preziososervizio di aiuto ai sacerdoti, a conclusionedella liturgia esequiale. (GiovanniConfalonieri)

Venerdi’ 22. Vigilia di S. Giovanni. Alleore 18,30 è stata celebrata la S. Messa vigi-liare presieduta da don Guido Pirotta checelebra 25 anni di attivissima presenza inparrocchia. Abbiamo anche ricordato donGiovanni Verpelli che celebra il 70° di ordi-nazione, don Tarcisio Colombo il 40°, donClaudio Fontana e don Alessio Alberini il20°. Sono inoltre state consegnate le bene-merenze “Una vita per il Duomo” a trenostri parrocchiani che hanno generosa-mente offerto tempo, mente e cuore per ilnostro Duomo: don Giovanni Verpelli, ilM° Chichi ed i coniugi Pierangelo e BrunaVimercati. Un caloroso applauso ha chiu-so la cerimonia. Purtroppo eravamo pochiattorno ai festeggiati, ma l’affetto che siavvertiva era tantissimo. Una buona cenaha prolungato la festa. Un grande grazie aqueste persone per quello che hanno datoe continueranno a dare in nome di un cri-stianesimo amato e vissuto così come ci hainsegnato da sempre Gesù che ha tracciatola via. Una cena conviviale dove anche lenuove generazioni hanno partecipato ser-vendo a tavola, grazie agli organizzatori.E’ bello vedere il fondersi delle generazio-ni: è un segnale di continuità che riempieil cuore. (Rita Fogar)

Sabato 23. Ore 21, in Duomo: ConcertoCappella Musicale. Quest’anno il consue-to tributo musicale al Santo Patrono, daparte della “Cappella musicale delDuomo”, ha consentito di ascoltare, nel-l’usuale inappuntabile esecuzione, unospaccato della musica sacra a cavallo tra ilXIX ed il XX secolo con opere di tre famo-si compositori francesi: Charles Gounod,Gabriel Faurè e Camille Saint-Saens . Lesonorità piene e calde dei tre brani organi-

stici – uno per ciascuno dei menzionatiautori – hanno, man mano, introdotto iquindici pezzi del programma, eseguiti invarie, e tutte apprezzate, composizionidella Corale, selezionati come “fruttimaturi” del Movimento Ceciliano. Si sono

così colti appieno sia l’intento ideale chequello programmatico dei musicisti dichiesa che, sotto l’egida, il valore simboli-co e con il patronato di S. Cecilia, innova-rono la musica cultuale con il recuperodell’essenzialità per favorire l’intimità – inreazione all’ideologia romantica - in unariuscita e partecipata alleanza tra la musi-ca, la religione e la società umana. Graziesia alla scelta dei brani che alla loro sentitaesecuzione – sia canora che strumentale -hanno goduto intensamente ed in pienasinergia tanto l’ascolto che, soprattutto, lospirito.” (Avio Giacovelli)

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Domenica 24. Festa Patronale.Quest’anno ha presieduto la S. Messasolenne il vescovo di Reggio Emilia,mons. Adriano Caprioli. Essendo dome-nica il Duomo era veramente colmo difedeli, mentre il presbiterio non potevaessere affollato di sacerdoti perché tuttiimpegnati nel presiedere le diverse cele-brazioni eucaristiche cittadine. Alla cele-brazione eucaristica erano presenti lediverse autorità cittadine, civili e militarie, alla presentazione delle offerte, ilnuovo sindaco, Roberto Scanagatti, haportato all’altare il tradizionale donodelle candele e l’offerta dell’amministra-zione comunale. Il Duomo era al suomassimo, non solo la decorazione del-l’altare maggiore, ma tutti gli altari late-rali, erano addobbati artisticamente daifiorai della città quasi fosse una gara diloro fiori che davano sensazione di bel-lezza e gioia. Abbiamo anche festeggiatodon Giovanni Verpelli per i suoi 70 annidi sacerdozio, poiché non era stato pre-sente alla celebrazione della vigilia.Dopo la messa il vescovo ha fatto visitaalla Corona Ferrea e ha pranzato con isacerdoti nella casa del Clero. Sul sagra-to, sin dalle prime ore della mattina, ilGruppo san Vincenzo era presente con iltradizionale mercatino di san Giovannigiunto ormai al trentennale. Brave que-ste non-più-ragazze che si danno da fareper aiutare i meno fortunati! (Rita Fogar)

Mercoledi’ 18 luglio. Iniziano i lavoriper la ristrutturazione del presbiteriodel Duomo. Alle ore 14 viene smontato ilprezioso paliotto del Borgino e, con scru-polo e maestria viene collocato provviso-riamente nel Museo e situato in unaposizione che permetta, in questi mesiestivi a chi lo vorrà un godimento davicino. Tutto questo per dare inizio allaattuazione del progetto eleborato dall’ar-

chitetto Gianluca Gatto. Nella settimanasuccessiva, lavorando dalle ore 18 alle22, l’impresa Edil MilaNova ha prolun-gato il presbiterio, occupando di 1 mtl’antico coro senatorio ed ha rinforzato,con due poderose putrelle in acciaio, ilpavimento sopra la cripta sul quale saràcollocata la nuova mensa in marmo diCarrara.

Venerdi’ 3 Agosto. Alla ore 10,30 sisvolgono in Duomo i funerali di donGiovanni Verpelli che ha terminato lasua vita terrena martedì notte 1° agosto,verso le ore 2, nella RSA “S, Pietro”, incui era ricoverato dallo scorso anno.Attorno alla sua salma si è raccolta, purtrovandoci nel mese di agosto, una nutri-ta rappresentanza della grande famigliaparrocchiale e cittadina che tanto amavae dalla quale è stato amato. Erano pre-senti i parrocchiani del Duomo e unbuon numero di fedeli della sua ex par-rocchia, Cristo Re, di cui è stato fondato-re. Ha presieduto la messa esequialemons. Luigi Stucchi, vicario dell’Arci-vescovo, e hanno concelebrato una tren-tina di sacerdoti: i confratelli canonici delDuomo ed altri sacerdoti e religiosi chehanno conosciuto don Giovanni. Dopo ilsaluto iniziale è stato letto il messaggiodel nostro cardinale arcivescovo, AngeloScola. La liturgia è stata caratterizzatadai canti che tanto piacevano a donGiovanni. Al termine, dopo il commossosaluto di don Dino, è scattato un caloro-so applauso che ha accompagnato l’usci-ta della salma dal Duomo. La messa ese-quiale è stata una lode e un ringrazia-mento al Signore per il dono della vita edel ministero di don Giovanni. DonGuido ha poi celebrato la benedizionedel sepolcro, nella cripta del cimitero cit-tadino, da poco restaurata, accompagna-to da un piccolo gruppo di persone che

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rappresentavano la famiglia ristretta delDuomo. (Ademar)Tra i messaggi giunti da amici ne ricor-diamo due: “Carissimo don Silvano,Carissimo don Dino, la notizia della mortedi don Giovanni mi giunge, mentre sono aldi là del moldo, in Bolivia, per dare un po’del mio tempo ai poveri di questa terra.Tanti sono i motivi per ringraziare il Signoreper il dono della vita di don Verpelli e millesono i ricordi che si affastellano ora nella miamente.Quante volte l’ho aiutato a preparsi per cele-brare la Messa in Duomo o per cantare insie-me i vespri della domenica pomeriggio.Quante volte gli sono stato accantosull’Altare o in sacrestia, cercando di faretesoro delle preziose parole che uscivanodalla sua voce roca e flebilissima. Quantovolte l’ho visto sorridere e godere nel regala-re il cioccolato ai chierichetti e alle tedoforedel Duomo, trasformando un gesto semplicein un vero e proprio atto di gratificazione edi amore.Quante volte l’ho visto felice come un bam-bino mentre giocava con il modellino deltreno, da lui ricostruito perfettamente nellostudiolo della canonica.Proprio la passione per i treni e per la vole-cità può essere metafora adatta per la suavita. Don Giovanni è sempre stato “dicorsa”, anzi, sempre “in corsa”: ha affronta-to la vita... anche quando la velocità harischiato di farlo inciampare nella sua lungaveste romana.Ma lui non badava affatto al pericolo, e nonvoleva fermarsi mai. E così lo voglio imma-ginare adesso. Di corsa incontro al suoSignore, verso il Quale ha sempre orientatola sua lunga e preziosa vita terrena.Di corsa incontro a quel Gesù che lo aspettaa braccia aperte per regargli l’eterna pace.(Andrea Villa)Carissimo don Dino, mi dispiace tantissimoper don Giovanni. Tu sai quante serate

abbiamo passato insieme io, te e lui, a dire ilrosario e a tentare di non farsi servire a tavo-la... io sono lontanissimo, in Bolivia, e midispiace molto non essere al suo funerale.Abbiamo un santo in più in cielo, ne sonocerto.Però ti dico: mi dispiace. Mi dispice pensareal mio Duomo senza di lui. Non so perché -ma tu un po’ sai come sono fatto- oggi quinella foresta tropicale, mi è venuto ad untratto in mente don Giovanni: quando miprecedeva alla Messa della 9.30 e faceva direle preghiere ai bambini.Sentivo la sua voce e sorridevo. Ti abbraccioe ti chiedo di stringergli ancora una volta lamano per me, se puoi, tuo don Pietro.

Sabato 11 Agosto. Si conclude il capito-lo generale delle Suore Misericordine,iniziato il 28 luglio, nella Casa di Via E.Messa.Diciannove suore delegate, dopo unanno di lavoro e confronto, anche con lapartecipazione di laici, hanno potuto ela-borare dati e proposte significative per laverifica del cammino svolto dall’istitutodal 2006 e per meglio definire alcunetappe e mete per il prossimo sessennio.Il momento più significativo è stato,come sempre, quello del rinnovo dellecariche istituzionali all’interno della con-gregazione. Sono state elette: Madre M.Albina Corti (Superiora Generale), SuorM. Annalisa Nava (Vicaria Generale),Suor Marialuisa Angioletti (SegretariaGenerale), Suor M. Tiziana Suardi e SuorM. Laura Miolo (Consigliere generali). Atutte l’augurio della nostra redazione diun lavoro proficuo e generoso per conti-nuare la storia “sacra” della famiglia diLuigi Talamoni e Maria Biffi Levati.

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“Ci lasci la lampada dellaparola ed il pane del volto”

Don Enrico Rossi

Oggi, 31 agosto 2012, con la scomparsaserena del Card. Carlo M. Martini, ci sen-tiamo tutti un po’ orfani perché, credenti enon credenti, perdiamo un punto di riferi-mento. L’Arcivescovo che lasciò la guidapastorale della nostra diocesi nel 2002

dopo ventitre anni di ministero, ha semprecontinuato ad operare per il bene di tutti,all’interno e all’esterno della Comunitàecclesiale.Ognuno può avere al riguardo qualchericordo, quasi fotogramma di incontrisignificativi. Io ricordo come mi espressela sua concezione di Chiesa pellegrinantequando gli feci notare un accaduto spiace-vole; dopo essermi consigliato con unsacerdote prudente, gli scrissi. La rispostadel Cardinale fu: “Convengo con te nel

denunciare questa cosa, ma ci consola Matteo13,47-50”. Naturalmente io non sapevocosa fosse scritto in quel passo e sonoandato subito a cercarlo: è la paraboladelle rete gettata in mare che raccoglieogni genere di pesci, buoni e cattivi; solo arete piena, i pescatori la tirano a riva efanno la cernita: i pesci buoni nei canestri,quelli amari ributtati in mare! Questorichiamo evangelico acquietò il mio animoe mi servì ad evitare (come Martini hasempre fatto) ogni polemica, ad esserepaziente e a non giudicare prematuramen-te.Questa calma con il sorriso che l’esprime-va derivava all’Arcivescovo Martini dauna profonda interiorità che gli permette-va di dialogare con tutti. Non credo di sba-gliare dicendo che Martini consideravaogni persona retta, pensante, in buonafede, già orientata a Cristo; come conside-rava l’umano progresso, scientifico e tecni-co ed ogni umana attività alla luce del det-tato biblico presente fin dall’inizio.Ricordo come, dopo una dotta conferenzasulla domanda se i cattolici fossero mag-gioranza o minoranza, l’Arcivescovo pre-sente interloquì dicendo che noi cattolicisiamo una minoranza che sostiene unamaggioranza; e mi venne in mente l’enci-clica di Paolo VI (Ecclesiam suam) dovedal centro, che è Cristo, l’onda si propagasempre più ampia all’intero mondo edall’intera storia. Nessuno è escluso.L’Arcivescovo Martini poté scrivere sulCorriere della Sera (26 luglio 2009) una cosaquasi paradossale: “L’esperienza, in partico-lare quella fatta a Milano con la Cattedra deinon credenti, mi ha mostrato che la preghieraesiste in noi in uno strato ancora più profondodella stessa fede. Dunque, anche chi dice di nonaver fede può pregare con intensità per aver-la…”. Si può leggere questo nella storia diuna convertita come Simone Weil che pre-gava iniziando col dire: “Non so se ci

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sei…”. Nello stesso articolo l’Arcivescovoparlava anche di come “recuperare”, perchi crede, la gioia della fede e della pre-ghiera; e rispondeva: “Non dò consigliastratti, ma porto quattro immagini. La primaè quella di una cascata di monta-gna: se l’acqua non si buttacoraggiosamente, imputridisce.La seconda è quella dell’alpinistadi fronte una parete ripida. Habisogno almeno di tre appigli: nelnostro caso sono un uomo di con-siglio, il buon umore e qualchebuon libro. La terza immagine èquella del mormorio di un ventoleggero (1Re 19,12). Questa è lapreghiera fatta a partire da qual-che Salmo, meditata nel profondodel cuore. La quarta immagine èquella di chi sale in elicottero e vede un piùvasto panorama, che gli dà orientamento echiarezza. Ho sperimentato in me stesso che ledifficoltà contro la fede crescono a misura che sirimpicciolisce il quadro di riferimento”.Adesso il nostro Arcivescovo non ha altro“quadro di riferimento” che il volto stessodel Signore e la sua visione non ha più nédifficoltà, né confini.

Una gratitudine filialeDon Silvano Provasi

La prima parola che emerge dalla memo-ria del cuore di fronte alle diverse immagi-ni e ricordi che, in questi giorni, sto con-templando del card. Martini è la gratitudi-ne perché ho subito riconosciuto in lui ladisponibilità e l’affabilità di un padre. L’hoincontrato, la prima volta, mentre passeg-giavo nella pineta di S. Caterina Valfurva,nel silenzio degli esercizi spirituali, da luipredicati. Si è informato sul mio nuovoincarico pastorale da Osnago a Milano, miha incoraggiato e mi ha invitato a nonlasciarmi mai condizionare da forme di

paura o inadeguatezza, perché la graziadel Signore sa renderci forti anche nellesituazioni di evidente fragilità ed ansiosadistanza dall’ideale.

Custodisco poi nel cuore l’im-magine di un pastore che saguardare in alto e in avanti,perché allenato all’orizzontedelle grandi verità della storia,del pensiero umano e di quellaParola che è stata “lampada per isuoi passi e luce al suo cammino”.Eppure si è reso disponibile adaiutarti ad entrare nel tuocuore, nel tuo mondo spiritua-le, nelle tue perplessità e mi haaiutato a costruire ed esprime-re atteggiamenti di maggiore

disponibilità alle domande ed urgenzedella Chiesa, della società e della gente. Èquesta l’immagine di pastore che è emersanell’incontro del giugno del 2000, quandomi ha chiamato per affidarmi il compito divicario episcopale della zona di Monza eBrianza. Di fonte alle mie espressioni di ina-deguatezza mi aiutava a meglio rileggere lamia vita e a scoprire in essa i segni dellapresenza discreta ed efficace della graziadel Signore. Ora ci è dato il tempo perché itanti doni che ci ha lasciato in eredità sianoconcretamente elaborati, ricompresi edattuati in noi come ci insegna quell’immagi-ne evangelica che spesso citava: “…ogniscriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, èsimile a un padrone di casa che estrae dal suotesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52).

Ricordi monzesiDon Dino Gariboldi

Il mio primo incontro con il card. Martiniavvenne il 29 dicembre 1979, proprio il gior-no della sua elezione alla cattedra episcopaledi Milano.

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Mi trovavo a Roma per l’annuale convegnodelle scuole cattoliche. Nell’intervallo dimezzogiorno, alla edicola di piazza S. Pietroappresi la notizia dall’Osservatore Romano.Erano con me gli altri due Rettori dei CollegiRiuniti e ci parve opportuno portargli un salu-to milanese.Ci presentammo alle 14.30 alla Gregoriana eil Rettore, p. Martini, non si fece attendere.E penso proprio che siamo stati i primi mila-nesi perché ci ha trattenuti a lungo.Ho potuto comunicargli che avrei lasciato icollegi e sarei giunto a Monza il successivo13 gennaio. Concluse così: “Cominciamoinsieme, ce ne ricorderemo”.E la prima volta che me lo ha ricordato fuquando venne a Monza, pochi mesi dopo, perla visita pastorale informale e feriale che havoluto fare alla nostra città. Una visita, dalunedì a domenica, senza ufficialità.Soggiornò in casa parrocchiale, senza segre-tario e senza vicario episcopale, solo con mee la Maria di cui ha apprezzato le minestre.Alle 7,30 si recava in Duomo e si univa allapreghiera degli studenti dello Zucchi. Lungola giornata, spesso a piedi, ha visitato chiese,enti e persone e, particolarmente, le parroc-chie di S. Rocco e S. Fruttuoso. A sera dopocena si concedeva alle osservazioni e alledomande sulla città, tenendone davanti unapiantina, e ripercorrendone le vie e i luoghivisitati. E concludeva: “Si vede che Monza èuna città nata bene, le vie convergono al cen-tro verso il Duomo… questa convergenza puòfavorire una pastorale unitaria”. Lo ricordòincontrando tutti i parroci ai quali disse: “par-roco non di S. Gerardo... di S. Carlo… voidovete pensarvi sempre tutti parroci diMonza”.Fu in quella occasione che pensai di farloincontrare con tutte le superiore delle Casereligiose della città. Al Collegio Bianconi neerano presenti 32, comprese due Madri gene-rali. Mi guardò sorpreso e disse: “Sapevodella monaca di Monza, ma non mi hai dettoche Monza è la città delle monache”.

Non c’è spazio per ricordare tutte le sue pre-senze. Alcune festose o di carattere diocesa-no: per il 14mo centenario della Fondazionedel Duomo, per il primo “Monzagiovani”organizzato dall’azione cattolica, venne unavolta per l’annuale raduno degli adolescenticoncluso in piazza del Duomo, un anno allostadio Brianteo per incontrare i cresimandi,un’altra volta per incontrare i chierichettidella diocesi e ben due volte per le ordinazio-ni diaconali: la prima perché ‘erano tre candi-dati della città e la seconda perché tra gli ordi-nandi c’erano don Giorgio e don Ugo.Ricordo anche alcune visite nei momenti diinquietudine e di sofferenza come quandovenne ad incontrare tutti i dipendenti dellaPhilips in agitazione per la perdita del postodi lavoro. E quando mi telefonò direttamentedal santuario di …. sul lago di Garda. Era il25 maggio 1983. Il Cardinale era lassù in rac-coglimento dopo i giorni impegnativi delCongresso Eucaristico e della visita del Papa.Mi chiamò annunciandomi la grave sciaguradel pulmino della parrocchia di S. Biagio e midisse: “Vieni subito e fermati con me fino adaccogliere tutti i parenti che verranno a rico-noscere le salme”. Le sue attenzioni pastora-li sono state tante e numerose anche le provedi affetto. Ne voglio ricordare una che riguar-da la nostra parrocchia. Quando venne per lasua visita iniziale ha visto anche il vecchiooratorio, chiuso da 10 anni e abbandonato.Gli comunicai l’intenzione di riaprirlo e“ricominciare da lì”. Mi guardò sorpreso edubbioso. Dissi:”Mi affiderò agli angelicustodi”. “E’ una buona assicurazione” con-cluse, “ma sii prudente”. Più volte, incontran-domi in seguito, mi ha domandato dell’orato-rio. Passarono quasi 10 anni e in una succes-siva visita pastorale, uscendo dal Duomo, mifece la stessa domanda. Confuso, non poco,gli dissi che ora c’era quello nuovo. E lui: “Enon mi hai invitato ad inaugurarlo. Andiamoa vederlo”. Fu una inaugurazione improvvisae una benedizione preziosa.

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Don Giovanni Verpelli era cosìDon Dino Gariboldi

Verso le ore 2 del 1° agosto, nel sonno, èmorto don Giovanni Verpelli, ospitato dauna decina di mesi nella residenza “S.Pietro”.Ero andato a visitarlo tre giorni prima,accolto come sempre, dal suo accennatobattimano e dal suo sorriso.Al momento del saluto domandò anche a

me per la prima volta: “Quando mi ripor-ta in Duomo?”. Non avevo una rispostache potesse essere rassicurante, tanto eraormai così fragile la sua vecchiaia… maavrei dovuto rispondergli “presto!”.E’ così che appena giunse alla Maria la tri-ste notizia, nella stessa mattinata, lo abbia-mo riportato “presto” alla Casa del Clero ecollocato là dove teneva il plastico dei suoitrenini.Don Giovanni “nato a Monza il22/10/1918, a S. Rocco” e aggiungeva“Sono figlio di un ferroviere e l’orario loporto nel sangue”.Quel trenino, alla casa del Clero, non erasolo un ricordo di gioventù, ma anche unasimpatica occasione per amici e soprattut-

to per i piccoli dell’oratorio.Era anche un appuntamento: spesso almattino, verso le 7.15, sentivo di là dallaporta un fruscio caratteristico: era donGiovanni che movimentava i suoi trenini.E, forse, verificava anche il suo orologio,per poter essere puntuale alle 7,25 davantialla porta del Duomo ad attendere il sacre-stano. Un orologio che era un distintivoinseparabile; lo aveva al polso quella nottea dargli la partenza per l’eternità. Era perlui un controllore esigente: don Giovanni

non si concedeva nessun ritar-do e mal tollerava quello deglialtri. Nessuno lo attendevainvano al confessionale o allasua porta della Casa del Clero,dove condivideva tetto emensa con gli altri canonici ela fraterna vita comune erafavorita dalle sue attenzionipremurose e scattanti, nono-stante gli anni. Ma, approfit-tando dell’età avanzata e dellanotte, l’orologio tentò anche didiventare il suo tiranno:Capitò così a don Silvano disorprenderlo alle 19,30 -l’oradella cena- davanti alla porta

del Duomo inquieto e turbato per l’imma-ginato ritardo del sacrestano.E capitò talvolta, in casa, di sentirlo scen-dere le scale in piena notte, sorpreso dinon trovare “ancora nessuno, che è l’oradel pranzo”. Fu tradito verso la fine dal-l’orologio, mai però dalla memoria, megliodire, mai dagli affetti. Ogni opportunaricorrenza era occasione per ricevere ilsopraffino cioccolato di don Giovanni.C’era in sacrestia per tutti gli accoliti e ichierichetti, e poi per tutto il personale delDuomo; ma anche in casa, i preti se lo tro-vavano a tavola celato sotto il tovagliolo.Una dolce memoria e un tenace amore dipatria lo legavano a Monza. Prima di esse-re alunno dei seminari milanesi era stato

Don Giovanni Verpelli

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alunno del collegio Villoresi S. Giuseppe,quando era ancora viva l’impronta educa-tiva del beato Luigi Talamoni che si spenseproprio in quegli anni. Don Giovanni nonpoteva sapere che più avanti negli anni, alconfessionale del Duomo, sarebbe statochiamato a continuarne la insistente, pun-tuale e misericordiosa presenza.Passò i primi anni del suo sacerdozioall’oratorio di Palazzolo Milanese, dove micapitò di vederlo dall’ottobre 1953 per unatrentina di domeniche: vederlo, dico, nonparlargli perché doveva sempre raggiun-gere di corsa il suo oratorio là “vicino allastazione”.Il suo affetto e la sua nostalgia di Monza edel rito romano furono premiati, quando,nell’anno 1960, fu chiamato a “S. Gerardo”con l’incarico preciso di fondare unanuova parrocchia al Villaggio Primaveranella periferia della città. Nacque, così, nel1970 la parrocchia di Cristo Re di cui fu ilprimo parroco.Il ritmo pionieristico e accelerato col quale,secondo il suo stile, fece nascere unacomunità vivace, formò un folto gruppo dicollaboratori e provvide a tutte le strutturenecessarie, ha segnato e indebolito le sueenergie fisiche. Mi confidò un giorno chela sua voce si era eclissata, non riusciva afarsi sentire nelle omelie e…, soprattutto,gli mancava il canto gregoriano. Ma nonerano indebolite le energie spirituali.Diventò così canonico effettivo delDuomo; ne ha amato le vicende e ne hacondiviso i problemi, puntuale alle sueliturgie e dedito, per un ventennio, alministero del confessionale, ha tenutodesto in centro della città lo spirito delbeato Luigi Talamoni.La parrocchia di Cristo Re era rimasta nelsuo cuore e ne seguiva, da lontano, levicende e quando ne parlava, sempre dice-va, “la mia parrocchia”. Durante i pochimesi passati a S. Pietro, nei momenti incu-piti dalla nostalgia, diceva: “vorrei tornare

al mio Duomo di cui sono canonico”. E quio là è sempre questione di cuore.I funerali celebrati in Duomo, con qualcheindulgenza per il canto gregoriano, hannoanche dimostrato quanto grande fosse lastima della città, rappresentata da tutti isuoi parroci e vicari parrocchiali. Lo abbia-mo poi accompagnato alla sua tomba,sotto la cappella centrale del cimitero.C’era con me e don Guido: Lele, Nanda,Ademar, Piergiorgio, Luigi, Maria, Enrica,Anna, Maddalena, Annina, che lo avevanotanto amato e tanto avevano goduto delsuo affetto. E lì, mentre veniva sigillato illoculo, ho pensato che questa, vicino alDuomo, era veramente la sua famiglia.

Don Giovanni parrocoa “Cristo Re”

Giovanni Vergani

Don Giovanni è, cioè, una figura fondamentaleper tanti come me, a Cristo Re, che hanno ricevu-to da lui – nelle diverse età della nostra vita dibambini, ragazzi, adolescenti, giovani e poi adul-ti – tanti insegnamenti, esempi di vita e ricordiindelebili, che spesso si ripresentano come riferi-menti anche nelle scelte attuali.Ne tratteggioalcuni, in un’ideale “tavolozza di colori” che èstata la sua guida a Cristo Re. Innanzitutto,l’avergli fatto da chierichetto per anni alla S.

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Messa delle 7.30 della domenica, è stata occasio-ne per una catechesi continua sul senso del “ser-vire”, intensificata anche nelle sue omelie ai bat-tesimi, funerali e matri-moni, oltre che nelle pro-fonde e vibranti predichedella domenica. Quantaenergia nelle sue parole enella sua voce stentorea,poi diventata flebile(nonostante i suoi sforziper cercare di tenerlasempre alta), ma sempreimportante per chiunquelo ascoltasse. E poi larecita del S. Rosario ognigiorno alle 18.00, insiemea noi ragazzini dell’oratorio: da cui l’insegna-mento dell’affidarsi alla Madonna. Indelebilisono gli anni dell’adolescenza in oratorio, chedon Giovanni affidava con grande fiducia a noiragazzi e giovani, sotto la preziosa guida di alcu-ni educatori adulti; così pure la sua presenzadurante le gite e anche nella “normalità” delledomeniche, in mezzo al campo di calcio con lasua veste lunga. Una passione educativa strari-pante.Certamente “moderno” nell’approccioeducativo, ha sempre mantenuto un amore parti-colare per la tradizione liturgica e per il cantogregoriano in latino: tutti noi di quei tempi anco-ra oggi ricordiamo il “Tantum Ergo”, il “TeDeum”, il “Veni Creator”, il “Dies Irae”, il “InParadiso”. Anche se non soloquelli: quanta passione mettevanel bel canto, con il coro par-rocchiale inizialmente da luistesso guidato. E come noncitare la proclamazione del“Passio”, la lettura dellaPassione di Gesù nel triduopasquale, chiamandoci a svol-gere una delle voci narran-ti.Fondamentale per tanti di noianche le sue catechesi delladomenica pomeriggio, oltreche quelle in preparazione ai

sacramenti. Ogni ragazzo (e certamente anche gliadulti) apprezzava il suo stile di confessore:dolce, rassicurante, capace di capire anche oltre

le parole e di parlaredavvero come Gesù.Valeva molto più ditante parole, la suaattenzione e predilezio-ne per i poveri e gliammalati e gli ultimi ingenere: le visite settima-nali a tutti gli ammalatidella parrocchia, anchequelli ricoverati, spessoaccompagnato da qual-che laico, cui affidavaanche questo compito,

così come altri, dimostrandosi antesignano dellacorresponsabilità dei laici nei vari ambiti dellaparrocchia. Se a tutto ciò aggiungiamo che donGiovanni è stato fondatore della parrocchia diCristo Re anche nelle sue strutture e opere par-rocchiali (letteralmente “là dove c’era solo l’er-ba”), possiamo ben capire come noi parrocchianidi Cristo Re gli siamo riconoscenti. Ciascuno dinoi deve a lui almeno qualcuna delle scelte fattenella propria vita, intesa come vocazione, almatrimonio, alla vita religiosa, all’impegnosociale-politico, al volontariato, al servizio disin-teressato e orientato al bene comune. E ringrazia-mo il Signore per averlo donato alla nostra comu-nità, e anche a tutta la città, per così tanti anni.

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Siamo partiti spinti dalla fede, sì, ma unafede piccola, una briciola di fede, comequella che muoveva i primi discepoli diGesù e nello stesso momento in cui diceva-no “è Lui” sbagliavano (sbagliamo) tutto.Siamo partiti per andare ad Assisi, unluogo bello anzi un luogo santo, comebene ci ricorda l’iscrizione incisa sullasoglia della Porziuncola: “Hic locus san-ctus est”.Siamo entrati ed abbiamo acquistato lanota indulgenza della Porziuncola.Abbiamo visitato il miracoloso rosetosenza spine e il grande crocifisso, conser-vato nella basilica di santa Chiara, chechiese a san Francesco, e ad ognuno di noioggi, di “riparare la sua casa”.E la tomba di san Francesco nella basilicainferiore dove, in raccoglimento, migliaiadi pellegrini ogni giorno pregano il Santodi poter raggiungere la “perfetta letizia”.Abbiamo tirato fuori, tutti quanti, un po’ difiato per camminare.Il respiro affannoso generato dai pianti edalle pene, dalle grida che non riusciamoad esprimere e che, tante volte, cerchiamodi soffocare nel cuore, per non appesantirel’ambiente familiare.Quello che riempie ed affanna il nostrocuore quando pensiamo ai nostri figli, alloro futuro, al nostro futuro, al futuro dellepersone che amiamo.Il respiro affannoso del dolore che vedia-mo intorno a noi e a cui non sappiamospesso dare risposta e trovare una conso-lante soluzione.E i bambini di ogni età del nostro gruppoci hanno aiutati a tenere il ritmo, il fiatogiusto.Ma la cosa più importante è stato l’essereinsieme, noi una sessantina di persone.Tutta gente diversa, tutti peccatori, ognu-no pieno di pensieri in testa e di gioie edolori nel cuore.Ma tutti riconoscibili nei gesti di aiuto e di

pazienza, nel cantare, nel sorridere, nelportare vicendevolmente i pesi della vita,nel rispettare le esigenze di tutti, nel condi-videre i propri talenti.Come bene ci ha fatto capire sanFrancesco, tramite il nostro amatissimodon Alessio.Dio esiste dove qualcuno mostra Dio, nonnel tempio, ma nel tempo, non dove cisono regolamenti e pensieri, ma dovequalcuno fa toccare e vedere Dio nellagioia e nella bellezza della vita con umiltàe semplicità.“Il Signore ci manda dei segni, ma nonconosciamo il disegno divino”… Questoviaggio organizzato ad Assisi ha unito perdue giorni il gruppo famiglie.Nel ricordo e nel desiderio di conosceremeglio la testimonianza di San Francescopossa questa esperienza diventare ulterio-re stimolo e occasione per accogliere quel-la sapienza e perseveranza che ci permetteanche di tentare vie e proposte nuove perricostruire la casa spirituale di questogruppo, che ha bisogno, come ogni proget-to evangelico, del contributo, della fanta-sia e della rinnovata buona volontà di tuttiper superare i momenti di stanchezza,noia, abitudinarietà e carenza di entusia-smo..; comportamenti che possono rovina-re tanti “gioielli di famiglia”, faticosamen-te e generosamente acquisiti come patri-monio della nostra comunità, per il beneanche di chi è alla ricerca di un significati-vo e “familiare” luogo di incontro col ilSignore della vita e dell’amore.Ancora un grazie di cuore a don Alessio,ora impegnato a servire un’altra parroc-chia; possa veramente il suo esempio diprete affabile, sorridente e disponibile aiu-tarci a riprendere, come dovrà fare lui, ilcammino e l’avventura umana e cristianadi ogni giorno.

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Il pellegrinaggio delle famigliead AssisiGruppo famiglie

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P. Patrizio Garascia è nato a BernateTicino (Mi) il 14 febbraio 1960. Il 1° ottobre1974 entra in seminario a Seveso per fre-quentare il ginnasio e iniziare così il cam-mino seminaristico che lo porterà all’ordi-nazione sacerdotale il 9 giugno 1984. Per

sei anni è stato vicario parrocchiale aMilano, nella parrocchia di S. Nicolao de laFlue. Nel 1990 è entrato nella famiglia dio-cesana degli Oblati Missionari di Rho e nel2006 è stato nominato superiore dello stes-so istituto. Nel corso dei 22 anni trascorsiin quella comunità si è dedicato a tempopieno al ministero della Parola e ha predi-cato numerose missioni al popolo nel terri-torio della diocesi e diversi corsi di eserci-zi spirituali ai sacerdoti, seminaristi, reli-giose e laici. Nella Messa Crismale delGiovedì santo di quest’anno è stato nomi-nato, dall’arcivescovo Angelo Scola, suovicario per la nostra zona pastorale diMonza.

Il suo predecessore mons. Armando Cattaneoha effettuato una sorta di rivoluzione nellastruttura comunitaria ecclesiale di Monza e

Brianza puntando tutto sulle comunitàpastorali.Un percorso che ha incontrato spes-so dubbi e perplessità tra gli interessati, ma, ingenerale, tra tutti i fedeli e gli stessi sacerdotilegati all’immagine della parrocchia quale cen-tro e punto di riferimento della vita religiosa diuna particolare area. Come pensa di operare inproposito?Esprimo anzitutto a mons. ArmandoCattaneo la mia personale stima e gratitu-dine per il grande lavoro che ha svoltonella nostra zona pastorale in questi annicon passione e competenza e per avermiintrodotto nei mesi scorsi nella conoscenzadi questa porzione eletta della nostraChiesa ambrosiana. Mi pongo con umiltà esemplicità dentro il solco da lui tracciato,con la consapevolezza che questa “rivolu-zione nella struttura comunitaria” non èfrutto della decisione di un vicario episco-pale, ma è il risultato di un lavoro didiscernimento voluto dall’arcivescovoinsieme ai suoi più stretti collaboratori, eche perciò ora fa parte del cammino dioce-sano. Ciò che è chiesto a me e a tutti è dinon perdere mai di vista il senso e il signi-ficato della “Comunità Pastorale” che ilcard. Tettamanzi, nell’omelia della messacrismale del 2006, definiva in questomodo: “una forma di unità pastorale tra piùparrocchie affidate a una cura pastoraleunitaria e chiamate a vivere un camminocondiviso e coordinato di autentica comu-nione, attraverso la realizzazione di unconcreto, preciso e forte progetto pastoralemissionario”. Lo scopo della ComunitàPastorale perciò è di aiutare tutti a cresce-re in una logica di comunione e di missio-ne. Non è dunque l’abolizione della par-rocchia, ma la provvidenziale occasioneper educarci a un lavoro di comunione trale parrocchie in vista di una testimonianzapiù missionaria nei confronti del territorionel quale vive una Comunità Pastorale.Inoltre, la preoccupante diminuzione delnumero dei sacerdoti, rende questa nuova

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Il nostro nuovo vicario episcopalesi presentaLuigi Losa

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“struttura” uno stimolo per i preti stessi a“lavorare insieme” suscitando la corre-sponsabilità dei battezzati così che si possacontinuare ad edificare la Chiesa di Cristodentro questo momento storico. Essendouna “struttura” nuova, occorre certo veri-ficarla costantemente, e caso mai corregge-re qualche aspetto. Ci vuole senz’altropazienza e grande ascolto dei preti e dellagente. Penso perciò di proseguire con sere-nità nel sostenere questo cammino dicomunione.

Monza e Brianza sono una un’area proverbial-mente identificata con il lavoro, spesso rite-nuto quasi una ‘religione’. Per contro proprioquesta zona non sfugge alla crisi che perduraormai da qualche anno e prova ne è il maggiornumero di famiglie rispetto a tutta la diocesiassistite dal Fondo Famiglia Lavoro della dio-cesi stessa. Ritiene che in questo ambito debbaessere attivata qualche iniziativa pastoralemirata, per riuscire a dare un senso e un conte-nuto più ‘umano’ alla dimensione lavorativa oimprenditoriale che dir si voglia del popolobrianzolo?Certamente! La pastorale prende avviodalla prospettiva con cui la Chiesa guardaa tutta la vita dell’uomo e della comunità apartire da Gesù Cristo e dal suo vangelo.Nulla deve essere fuori da questo sguardo.Tutto ciò che è umano è preso in conside-razione dal discepolo di Cristo, dunqueanche il lavoro. Il desiderio che la Chiesaha è lo stesso di quello di Cristo: la felicitàdell’uomo e la sua salvezza. Circa le inizia-tive pastorali riguardanti il mondo dellavoro sono da cercare insieme, non per-dendo però mai di vista che anzitutto dob-biamo aiutarci a ritrovare il senso di quel-lo che facciamo, compreso il lavoro. Il set-timo Convegno Mondiale delle Famiglieche abbiamo celebrato qualche mese fa aMilano, è stato a questo riguardo un gran-de richiamo. Papa Benedetto nell’omelia

della messa del 3 giugno a Bresso cosìdiceva: “Famiglia, lavoro, festa: tre doni diDio, tre dimensioni della nostra esistenza chedevono trovare un armonico equilibrio.Armonizzare i tempi del lavoro e le esigenzedella famiglia, la professione e la paternità e lamaternità, il lavoro e la festa, è importante percostruire la società dal volto umano. In questoprivilegiate sempre la logica dell’essere rispettoa quella dell’avere: la prima costruisce, laseconda finisce per distruggere”. In questoinvito del Papa è ben espresso il lavoroeducativo della Chiesa. Gli strumenti fon-damentali per questa educazione sonoquelli di sempre: occorre vivere con veritàl’Eucaristia, vero cuore di tutta l’esperien-za cristiana; meditare con assiduità laParola di Dio perché la nostra mentalità,che guida le scelte e le azioni, sia sempreevangelica; occorre vivere con lealtà lacomunione ecclesiale, seguendo chi ilSignore ha scelto come guida autorevole,ecc. Come ogni ambito della vita anchequesto del lavoro ha bisogno di essere con-tinuamente evangelizzato. Così facendonon mancherà la solidarietà e la prossimi-tà, frutto di una vita cristiana che sceglie lacarità come stile di vita.

Questo territorio ha ottenuto non pochi anniaddietro, nel 2009, una agognata autonomiapolitico-amministrativa attraverso l’istituzio-ne della Provincia che è pure oggi messa indiscussione. In ogni caso la tensione ad una“diversità” da Milano è quasi storica ed ata-vica e la stessa Chiesa di Monza con il suodecanato segue il “rito romano” nelle suecelebrazioni liturgiche. Come ritiene si debbaarticolare questa istanza di autonomia con ilpur necessario e indiscutibile legame con la piùgrande diocesi ambrosiana?Il territorio e la storia della nostra zonapastorale V e in particolare della città diMonza, li sto conoscendo pian piano inquesti mesi, e ne sono sempre più affasci-

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nato, non solo per la bellezza di alcuniposti, ma soprattutto per la gente straordi-naria che incontro. È poi un’esperienzanuova anche per me quella del rito roma-no… Mi pare di poter dire con serenità econvinzione che è una ricchezza questadiversità all’interno della nostra Chiesapiù che fonte di una tensione o una diffi-coltà. Il nostro Arcivescovo, il card. AngeloScola, usa spesso un’espressione delSinodo straordinario dei vescovi del 1985che, commemorando il 20° anniversariodella conclusione del Concilio Vaticano II,parla di “pluriformità nell’unità”. La diver-sità è una ricchezza! L’attenzione da avereè di non perdere mai di vista il cuore ditutto che è Gesù Cristo e la Comunionecon la Chiesa, e che lo scopo unico di tuttoquello che facciamo è la gloria di Cristo eil servizio all’uomo, il quale, anche incon-sapevolmente, domanda di incontrare ilSignore Gesù Cristo. Insomma, siamochiamati a guardare ai vari carismi che loSpirito suscita nella Chiesa con particolarestima, con la consapevolezza che tuttisono dati per l’edificazione della Chiesa,Corpo di Cristo che vive nella storia. LaChiesa come “madre” e “maestra”, valo-rizzando tutto quanto lo Spirito Santosuscita incoraggia ciascuno a camminarenelle vie della comunione, collaborazionee corresponsabilità.

Il recente incontro mondiale delle famiglie havisto una grande partecipazione anche diMonza e Brianza non fosse altro per l’estremavicinanza territoriale non solo a Milano masoprattutto a Bresso luogo dove si sono svolti imomenti più importanti e significativi dellavisita di Papa Benedetto XVI. In ogni caso lapresenza di così tante famiglie ha reso evidenteda un lato la forza di un’istituzione, qualeappunto quella rappresentata dalla famiglia edall’altro lato di una necessità che la stessa siasempre sostenuta e incoraggiata ad ogni livel-

lo, anche ecclesiale. Pensa che sia possibileindividuare una ancora più marcata pastora-le familiare anche nella nostra zona pastora-le?Senz’altro! Attendo anche qui di conoscerela pastorale familiare della zona, che saràcertamente molto ricca e attiva. Quellodella famiglia è un aspetto troppo impor-

tante e fondamentale della nostra azionepastorale, soprattutto oggi. Le sfide sonodavvero tante e il vangelo della famigliaconserva tutta la sua affascinante bellezza.Si tratta di andare avanti facendo tesoro ditutto ciò che la tradizione ci ha consegna-to, e anche del recente magistero del PapaBenedetto, così come abbiamo potutoapprezzare qui a Milano in occasione delVII Incontro Mondiale delle Famiglie. Tral’altro, il Papa in quei giorni ci ha ricorda-to che non c’è futuro dell’umanità senza lafamiglia. Su questo aspetto, e su tutti glialtri, continuiamo a confrontarci e a comu-nicarci ciò che ci sta a cuore. Così facendonon solo ci conosceremo sempre più, ma ciaiuteremo ad essere presenti nel camminodella nostra Chiesa come gente appassio-nata, che desidera testimoniare con sem-plicità e coraggio ciò che abbiamo incon-trato nella vita. Buon cammino a tutti!

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L’11 ottobre 2011 Benedetto XVI ha indettoun anno della fede con un motu propriointitolato Porta fidei che inizia così: “Laporta della fede che introduce alla vita dicomunione con Dio e permette l’ingressonella sua Chiesa è sempre aperta per noi.E’ possibile oltrepassare quella sogliaquando la parola di Dio viene annunciatae il cuore si lascia plasmare dalla graziache trasforma”.“Il buio veramente minaccioso per l’uomo,dice il Papa, è il fatto che egli non vedadove vada il mondo e da dove venga.Dove vada la nostra stessa vita. Che cosasia il bene e cosa sia il male. Il buio su Dioe il buio sui valori è la vera minaccia per lanostra esistenza e per il mondo in genera-le”. La fede può squarciare questo buiominaccioso. Per questo l’iniziativa di unanno della fede.Ma a chi parla questa inizia-tiva del Papa?Innanzitutto a chi crede. La fede infattinon è l’assenso ad alcune verità dato unavolta per tutte. Essa è piuttosto l’incontrocon l’umanità divina di Gesù, un incontroche ha bisogno di rinnovarsi continua-mente e di diventare esperienza e mentali-tà capace di rispondere agli interrogativiche la vita e il tempo pongono all’uomo.Ma la fede senza le opere è morta, è scrittonella Bibbia. Occorre cioè che l’adesione aCristo arrivi agli uomini, a tutti gli uomini,attraverso la testimonianza gioiosa e sem-plice dei credenti. L’anno della fede vuolerinnovare un ponte continuo e vitale tra laChiesa e l’umanità e intende essere un per-corso che la comunità cristiana offre a tantiche sostano indecisi sulla soglia della fede. E’necessario pertanto che noi credenti cono-sciamo bene i contenuti del nostro credo esiamo disposti a farci prossimo con quantichiedono ragione della nostra fede.L’iniziativa del Papa non si ferma perciò acoloro che credono; vuole suscitare lanostalgia di Dio e il desiderio di incontrar-

lo nei cuori di tutti gli abitanti della Terra.L’anno indetto dal Papa inizia l’11 ottobre2012, esattamente a cinquanta anni dallainaugurazione del Concilio Vaticano II eventi anni dopo la pubblicazione del testopiù importante edito durante il pontificatodi Giovanni Paolo II: il catechismo dellaChiesa Cattolica. Di questo esiste ancheun agile Compendio che sarà utile, megliodire doveroso, tenere in mano tutto l’annoquasi come un necessario e prezioso sussi-diario per una perenne iniziazione cristia-na.Ad ogni credente verrà data un’immaginedel Cristo pantocratore di Cefalù. Sul retrosi troverà scritto il Credo, simbolo aposto-lico, che racchiude in poche parole tutta lasapienza vitale con cui il cristiano guardaal mondo e alla esistenza. Ricevendoloaccogliamo anche l’ammonimento cheSant’Agostino rivolgeva ai suoi credentigià 1600 anni fa: “Quando avete ricevuto ilsimbolo della fede, imprimetelo nel cuoree ripetetelo ogni giorno interiormente.Prima di dormire, prima di uscire di casa,munitevi del vostro Simbolo”.

Il disegno simbolo rappresenta una barca imma-gine della Chiesa, in navigazione su dei fluttigraficamente appena accennati. L’albero maestrodi questa imbarcazione è rappresentato da unacroce che issa grandi vele le quali, con segnidinamici realizzano il trigramma di Cristo (IHS,cioé Jesus Hominis Salvator) sullo sfondo dellevele è rappresentato il sole che associato al tri-gramma rimanda all’Eucarestia.

L’anno della fedeè per ciascuno di noiDon Dino Gariboldi

il duomo attualità

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Per tutte le Congre-gazioni religiose ilCapitolo è un tempoper discernere, allaluce dello SpiritoSanto, le modalitàadeguate per custo-dire e rendere attua-le, nelle diversesituazioni storiche eculturali, il propriocarisma di fonda-zione. Abbiamoriflettuto, in questocapitolo, sul tema“Pace del cuore ecoraggio della vita:dono della misericor-dia del Padre e impe-gno per il futuro” declinato in quattro prio-rità: la vitalità del Carisma dei Fondatori,la cultura vocazionale come formazionecontinua personale, comunitaria ed apo-stolica, l’economia di solidarietà e la mis-sionarietà.La preparazione è durata un anno e havisto il coinvolgimento di tutte le suore,con momenti formativi aperti anche ailaici e alle giovani che partecipano agliincontri di spiritualità e di servizio delcentro Giovanile di Via E. Messa. Suore elaici hanno potuto dare il loro contributoalla verifica di quanto è stato vissuto dal2006 ad oggi e offrire suggerimenti per ilfuturo.Questo sguardo sulla Congregazionevenuto dalla base, insieme alla relazionedella Madre Generale sul sessennio tra-scorso, è divenuto oggetto di studio, dipreghiera e di discernimento.Da questo materiale le suore capitolarihanno tratto le linee programmatiche cheil nuovo Consiglio attuerà nei prossimianni, tenendo conto dei mutamenti socia-li, del cammino della Chiesa e dei pro-grammi delle diocesi in cui le comunità

sono inserite. Si èpure affrontata conserietà la revisionedel testo delleCostituzioni, conun necessario ag-giornamento cheverrà poi sottopo-sto all’approvazio-ne delle autoritàecclesiastiche.Sono state giorna-te intense, iniziatesempre con l’Euca-restia celebrata inspirito di comunio-ne dai parroci dellediverse comunità eda alcuni religiosi

della città. La liturgia ben preparata el’ascolto della parola di Dio ci hanno aiu-tato a “volare alto”, in un clima di verafraternità, che si è espressa nelle buonerelazioni, nel dialogo e nel confronto aper-to sulla situazione reale della Congre-gazione, sempre con uno sguardo di fidu-cia e di speranza.Un momento significativo è stata l’adora-zione eucaristica vissuta durante la notteprecedente l’elezione della Madre e delnuovo Consiglio: questo tempo di pre-ghiera silenziosa davanti a Gesù ha aiuta-to le suore capitolari a discernere nellalibertà e nella pace interiore.Siamo grate al Signore per quanto ha fattoil Consiglio uscente e affidiamo le nuoveelette alla preghiera dei Fondatori MariaBiffi Levati e Beato Luigi Talamoni; chie-diamo anche a tutti voi un fraterno aiutospirituale perché possiamo continuare adessere nella Chiesa un dono di misericor-dia, piccolo si, ma non insignificante.Grazie! Continuiamo con gioia e con fidu-cia a crescere insieme nella fede perchéaltri possano ritrovare la gioia di credere.

XVI Capitolo generaledelle Suore Misericordine

il duomo attualità

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Quest’anno il Consiglio Pastorale nella sedutadel 25 maggio, ha scelto di ringraziare pubbli-camente per la loro dedizione e generosità,espressa nel tempo, a favore della nostra par-rocchia, in occasione della festa patronale, alcu-ni fedeli motivando le benemerenze comesegue.

CAN. DON GIOVANNI VERPELLI

È ammirevole il suo lungo ministerosacerdotale giunto al 70° anno. Dopo l’ini-ziale esperienza nel vivace oratorio di

Palazzolo Milanese, nell’anno 1960 tornòalla città natale, segretamente in cuorerichiamato anche dall’amore preferenzialeper il rito romano, ma con l’incarico di fon-dare la nuova parrocchia di Cristo Re dellaquale rimase primo parroco fino all’anno1990.Da allora è Canonico del Duomo, concuore in festa per la liturgia e il canto gre-goriano, ma soprattutto dedito instanca-bilmente al ministero del confessionale.I poveri, segretamente assidui al suo cuoree alla sua porta potrebbero dire con Dante:«se il mondo sapesse il cuor ch’elli ebbe… assailo loda e più lo loderebbe».

M.° GIUSEPPE CHICHI

Ricercatore appassionato della storia diMonza e del suo Duomo, dedicò tempo e

competenza a ridare ordine e vitaall’Archivio Parrocchiale e alla BibliotecaCapitolare, accogliendo e favorendo conpresenza assidua, volontaria e paziente, lericerche degli studiosi.

Raccolse le notizie e le informazioni delpassato del Duomo e della Parrocchia involuminosi manoscritti, arricchiti e com-pletati da un suo pregevole Cronicon cheannota gli eventi degli ultimi quarantaanni.

BRUNA E PIERO ANGELO VIMERCATI

Famiglia sempre presente, con animogeneroso e volon-tà di servizio,nella vita dellaparrocchia: insie-me nel ConsiglioPastorale Parroc-chiale, portando-vi la lunga espe-rienza dell’ am-ministrazione deibeni parrocchiali,della dedizioneagli ammalatinell‘Unitalsi, e,dal 1980, con la rinascita del «Redentore»,di orgogliosa “mamma” dell’Oratorio e dicatechista fedele.

Una vita per il Duomo

il duomo festa patronale

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ORATORIO ESTIVO 2012… IN 6PAROLE

Simone Redaelli

Ed eccoci qui, immersi nel caldo dell’at-mosfera estiva, a tirare le somme di quellagrande esperienza che è stata l’OratorioEstivo. “Grande esperienza” è da inten-dersi in molti sensi, ma soprattutto dalpunto di vista delle emozioni e del coin-volgimento di coloro che l’hanno vissutacon convinzione. Il tema di quest’anno,“PASS PAR TÙ”, fa riferimento al poteredelle parole e alle parole chiave che hannoguidato le attività e le preghiere comunita-rie di ogni giorno. Pertanto continuiamoqui questo “gioco delle parole” mentrediamo uno sguardo a quanto è stato vissu-to:

Contare - La parola ai numeri: 130 iscrittiin totale, circa 110 nella prima settimanaper poi diminuire gradatamente fino acirca 60 presenze ai primi di luglio. 30 ani-

matori adolescenti divisi in vari ruoli ecompiti, 20 adulti volontari e attivi nel ser-vizio di mensa, custodia, accoglienza esegreteria, 4 settimane, 4 gite all’aria aper-ta, 4 mattinate in piscina, 4 squadre, unafesta finale al termine di giugno.

Giocare - L’Oratorio Estivo offre a bambi-ni e ragazzi della parrocchia un tempo eun ambiente cristiano per trascorrereinsieme a tanti altri ragazzi le giornateestive in modo dinamico e variopinto. Unaparte prevalente di questo tempo è natu-ralmente dedicata ai giochi: staffette, tor-nei, giochi a squadre, quiz, prove di abili-tà, giochi d’acqua, cacce al tesoro, organiz-zate e condotte dai giovani animatori.Senza dimenticare del tempo (nella pausadopo il pranzo) lasciato libero perché ibambini ed i ragazzi possano giocare fraloro in modo spontaneo.La competizione fra le quattro squadre(rossi, gialli, verdi e blu) rende eccitante ilmomento serale dell’assegnazione dei

il duomo oratorio estivo

Oratorio estivo 2012...in sei parole

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punti e la premiazione durante la festafinale! E mi raccomando: vietato barare!

Impegnarsi - oltre ai giochi non sono man-cati i diversi laboratori: sport, musica,canto, ballo, cucina, cinema e produzioni

artistiche (braccialetti e dipinti!).Quanto imparato durante questi laborato-ri amatoriali, tenuti dagli appassionati ani-matori adolescenti, è poi servito per l’alle-stimento della festa finale, dove i frutti deilavori di bambini e ragazzi sono stati pre-sentati al pubblico dei genitori, alternati aisimpatici balletti, imparati insieme giornoper giorno, che hanno caratterizzato l’ora-torio feriale estivo di quest’anno.

Partire - Seguendo la tradizione alla fine diogni settimana si sono svolte le quattrogite. La prima ci ha condotto al Parco

Sigurtà (in provincia di Verona): meravi-glioso giardino ricco di fiori e piante diogni tipo, percorso a piedi ed anche in tre-nino. nella seconda gita abbiamo scopertoOndaland, un grande parco acquatico vici-no a Novara. Per le ultime due gite abbia-mo invece preferito il più classico parco diMonza, una alla piscina all’aperto e l’altrain bicicletta (con immancabili episodi digomme bucate)!

Imparare - “Imparare” e “Confrontarsi”sono due parole fondamentali quandoparliamo di Oratorio Estivo, e non parlosolo delle tante cose che i bambini possonoimparare dalle attività e dalla vita intensadell’oratorio (a cominciare dalla necessitàdi fare silenzio prima della spiegazione diun nuovo gioco!). Io per primo ho trovatoquesto tempo molto interessante: comemia prima volta ho potuto familiarizzarecon le realtà e le tradizioni legate a questo“mondo”, conoscere e collaborare condiverse persone e fare fronte alle varie dif-ficoltà che inevitabilmente sorgono di con-tinuo nell’organizzare e gestire servizi diquesta portata.Da questa esperienza si traggono continuispunti e insegnamenti per guardare condecisione al futuro e ai lavori che ci atten-dono. Ma il confronto è stato all’ordinedel giorno anche per gli adolescenti ed iragazzi, alle prese con stili diversi, respon-sabilità, critiche e situazioni problematicheda risolvere a proposito dei ruoli, degliincarichi, delle relazioni quotidiane concoetanei, grandi e piccini. Il mio augurio èche, accomunati dal desiderio di compieresempre meglio il nostro lavoro, superare lediversità e mettere a frutto i talenti che ilSignore ci ha donato, da ogni confronto eda ogni difficoltà possa scaturire un ulte-riore stimolo verso l’armonia.

Ringraziare - Per finire voglio lasciarespazio ai ringraziamenti, verso tutti gli

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adolescenti che sisono impegnati nelguidare le squadre,gestire giochi, ballie laboratori, servi-re in tavola e al bar,approntare i mate-riali e gli strumentinecessari per tuttele attività. Ringra-zio tutti gli adulticoinvolti nellagestione dell’orato-rio e le due giovani“segretarie”, per laloro disponibilitànell’offrire volen-tieri tempo, lavoroe una carica positi-va in grado di alleviare l’inevitabile faticadi giornate così piene, soprattutto neimomenti di difficoltà e confusione.Ringrazio infine i ragazzi e le ragazze,bambini e bambine, principali protagoni-sti dell’oratorio feriale estivo, con la lorosimpatia o scontrosità, dolcezza o esube-ranza, sperando nel cuore che la voglia didivertirsi insieme abbia potuto generare inloro tante esperienze fortificanti e beiricordi da tenere cari.

L’ACCOGLIENZADEL MATTINO

Silvia Bussolati

La grande novità dell’Oratorio Estivo diquest’anno è stato il significativo gruppodi adulti che si è offerto volontario per aiu-tare, con la propria presenza attiva, losvolgimento delle diverse attività. Chi almattino, chi al pomeriggio, a secondadelle diverse esigenze, i “RE.DE.G.” (refe-renti del giorno) hanno offerto il propriotempo sorvegliando i locali, controllando

che ogni cosa fosse in ordine, aiutando iragazzi nello svolgimento dei compiti,accompagnandoli in piscina, accogliendoliall’entrata e sorvegliando i tempi e lediverse uscite dall’oratorio, a conclusionedella giornata.Particolarmente importante è stato il lavo-ro di chi, ogni mattina, si è occupato diaprire l’oratorio di buon ora e accogliere iragazzi: non si è trattato di un semplicecompito di portineria, ma un vero e pro-prio dono verso i più piccoli.Animatori e adulti si sono affiancati inquesto ruolo, che ha previsto diverse man-sioni: dalla semplice raccolta delle iscrizio-ni, al rapporto con i genitori fino addirittu-ra alla pulizia del cortile e dell’ingresso.Tanti piccoli gesti, tante piccole azioni; unpo’ di fatica nell’alzarsi prima degli altri,nell’ascoltare i genitori e accontentare leesigenze di tutti, nel sistemare il disordine.Tutto fatto con il desiderio di renderel’oratorio un luogo accogliente, un luogoin cui entrare, sentire un saluto e ricevereun sorriso.Penso che, soprattutto per i genitori,

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diventa consolante e dona sicurezza unluogo in cui si vede qualcuno che si dà dafare per renderlo bello; caratterizzarlo nonsolo come spazio per passare il tempo, maanche per crescere insieme nel gioco e nel-l’amicizia, nella preghiera e nella respon-sabilità condivisa, nell’impegno organiz-zativo e nella competizione gioiosa; grandie piccoli insieme.Questo servizio mattutino di accoglienzadei ragazzi mi ha offerto anche l’opportu-nità di conoscere diversi genitori e nonniche accompagnavano i loro figli e nipoti in

oratorio.Le loro richieste e le loro preoccupazioneeducative forse hanno contribuito ameglio definire anche la mia prossimascelta professionale, al termine del percor-so formativo universitario. Ho deciso ditentare la via dell’insegnamento ed in que-sto tempo estivo sto tentando di entrarenel tirocinio per ottenere l’abilitazione.Sarò quindi impegnata nei diversi test perentrare in graduatoria. Ho saputo che sonodisponibili solo 20 posti per più di 400iscritti… Mi dovrò impegnare al massi-mo.., ma ne vale la pena!

LA PREZIOSA PRESENZADEGLI ADULTI

Giusi Brambilla

L’oratorio estivo comporta un grandeimpegno nell’organizzare i diversimomenti della giornata con l’obiettivo dioffrire a tutti i ragazzi ed i bambini che lofrequentano di vivere un’esperienzacostruttiva in un ambiente che si impegnaa comunicare lo stile di vita evangelico.L’intervallo del pranzo, uno di questimomenti, necessita di un aiuto da parte

degli adulti ed io, insiemeall’amica Lucia G., siamostate coinvolte ormai daqualche anno. A dire il veroquest’anno la parte piùcomplessa, che consiste neltrovare e coinvolgere lemamme e soprattutto pre-disporre e verificare la pre-senza di almeno quattro ocinque adulti ogni giorno,è stata gestita da un’altramamma, ma il modo diprocedere è rimasto sostan-zialmente invariato, rispet-to a quello già adottato inpassato. Si basa sulladisponibilità di alcune di

noi, tutte diversamente già impegnate infamiglia e nel lavoro, a mettere a disposi-zione qualche ora (in questo caso dal mez-zogiorno alle quattordici e trenta circa)almeno una volta alla settimana.I compiti pratici sono semplici ma vannosvolti con cura: predisporre i tavoli, appa-recchiarli, verificare le stoviglie, fare leporzioni del cibo che viene consegnato,aiutare i ragazzi nella distribuzione edinfine, dopo che la squadra di turno hafinito di sparecchiare, pulire il salone e lacucina (un’occhiata di dovere ai bagni).Nella realtà è un servizio molto più com-

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plesso, gratificante e divertente. Chi prestaquesto servizio ha la possibilità di seguireil proprio figlio in un contesto diverso daquello familiare e osservarlo insieme adamici ed educatori, seguire il suo compor-tamento e la sua partecipazione.Inoltre dopo lo sguardo un po’ personaleverso il proprio figlio ci si occupa di tutti iragazzi: di quelli molto timidi, di quellitroppo esuberanti, di quelli che non man-giano nulla, di quelli che mangiano trop-po, di quelli che si sentono pesci fuor d’ac-

qua, di quelli che si sentono un po’ troppoa casa loro, dei silenziosi e dei chiacchiero-ni, di quelli un po’ prepotenti e di quelliaccomodanti.Si affrontano e si risolvono tante piccoleemergenze: il ragazzo allergico, quello direligione musulmana, piccole medicazio-ni, piccole urgenze, qualche litigio fra ado-lescenti, qualche fraintendimento tra amicie cosi via.Infine si fa’ amicizia con le altre mamme :c’è la mamma che approfitta della pausapranzo per vedere i figli e dare una manoprima di rientrare al lavoro, c’è quella che

si è trasferita a Monza da oltre oceano ecoglie l’occasione per conoscere altredonne, c’è l’insegnante, la professionista,l’impiegata e la casalinga.Si intrecciano rapporti, si fanno confiden-ze, ci si scambia informazioni di ognigenere: dalle ricette, alla qualità dellediverse scuole, alle vacanze... Si confidanomomenti di stanchezza, difficoltà in fami-glia, piccoli o grandi problemi di salute.Alla fine del proprio turno si beve un caffèinsieme e si torna alla propria realtà con

l’animo (almeno perquanto mi riguarda)più contento e sereno.Naturalmente ci sonoanche momenti di ten-sione, di insoddisfazio-ni che vanno verificatiin funzione del progettoeducativo di cui si èparte, riportando a chidi dovere problemi rile-vanti che devono essereaffrontati seriamente etempestivamente, cer-cando di appianare erisolvere quelli minori,in uno spirito di costan-te e fiduciosa collabora-zione.

Se posso esprimere un giudizio personale,penso che servano un numero maggioredi adulti che, con spirito di fraternità e cor-responsabilità, conditi di sincera amiciziae collaborazione, offrano il proprio aiutoconcreto, il proprio tempo, la propria espe-rienza per il mattino come per il pomerig-gio e le gite.Non ritengo che ci sia tantissimo da farema senza le risorse minime necessarie sipuò correre il pericolo di sciupare una pre-ziosa opportunità educativa e ricreativacosì preziosa e tanto desiderata.

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L’ultima conversazione del ciclo“Contemplare il Mistero nell’Arte” si è tenu-ta il 16 Giugno, poco prima quindi della FestaPatronale di San Giovanni Battista, che delpaliotto di Borgino dal Pozzo è il protagoni-sta. Don Domenico Sguaitamatti, che presen-ta anche l’ultima lezione, inizia con un invitoa studiare questo, che non è solo un pregevo-le manufatto, ma una testimonianza centraledi fede. Eseguito da Borgino dal Pozzo neglianni 1350-1357 in argento dorato, secondo latecnica dello sbalzo, si colloca per l’eleganzadelle formelle nell’ambito dello stile goticofrancese, ma non è esente da influssi giotte-schi,come appare evidente dall’ambientazio-ne delle scene, sia a livello architettonico chedi paesaggio, oltre che dal verismo dei perso-naggi, di forte dinamicità.Tra una formella e l’altra vi è una punzona-tura a bottoni e una doppia cornice, di cuiuna di smalto, applicato con la tecnica dellasottrazione e del successivo riempimento.Nelle cornici orizzontali sono incastonate pie-tre preziose, in quelle verticali figure di Santie Martiri, ad indicare il tema della Chiesa, chefa da legame al Battista, entro il contesto dellaComunione dei Santi. Si tratta di 16 formelle,di cm.27,50x33, nelle quali è narrata, confedeltà alla narrazione evangelica, la vita delBattista: Zaccaria al tempio, Annunciazione eVisitazione, Nascita del Battista, Imposizionedel nome, Penitenza di Giovanni, Battesimodelle folle, Insegnamento del Battista,Riconoscimento da parte del Battista di Gesù,Battesimo di Gesù (centrale), Il Battista rim-provera Erode, Imprigionamento del Battista,Un miracolo di Gesù, Banchetto di Erode edanza di Salomè, Martirio di Giovanni ,Consegna della testa del Battista, Il Battista alLimbo, Sepoltura. Don Domenico paragonala struttura del paliotto a quella dell’Altared’oro di Sant’Ambrogio; anche lì la mandorlacentrale raffigura il Cristo Pantocratore, cir-condato dai quattro Evangelisti e dagliApostoli, a ribadire il tema ecclesiale e cristo-centrico, come nel nostro Duomo. Questoimplica il superamento di una lettura pura-mente storica o narrativa dell’opera, ma

richiama un messaggio, che vede il Battesimodi Gesu’ al centro, come nel Battistero diFirenze e in quello di Castiglione Olona. Nelpaliotto dell’altare di Borgino vediamo ilCristo in mandorla nudo nelle onde in unpaesaggio di rocce e due alberi, a significarela durezza e la fecondità, mentre il Padreappare dall’alto e il Battista tiene una manosul Cristo. Nell’esame delle singole formellesi rilevano tratti comuni: la punzonatura checrea l’effetto di luce , la presenza del cartiglio,che indica la preziosità della Parola, la rocciacome simbolo della spigolosità del caratteredel Battista, accompagnata però dalla presen-za di alberi, che sottolineano la feconditàdella predicazione, cui assistono le persone incircolo, a significare condivisione e comunio-ne nell’ascolto. Perfino quando Giovanni sitrova davanti ad Erode mostra il cartigliodella Parola, che sembra affascinare il re, chesta di fronte al Battista, mentre Erodiade sisottrae, tenendosi dietro. La centralità delmessaggio è ribadito anche quando Egli èimprigionato: anche se figurativamente è lagrata il simbolo appariscente, Giovanni occu-pa il centro della scena, ad indicare che nep-pure la prigione lo può zittire, così come latesta aureolata del Battista lo dice vincitoreanche nel martirio. E’ interessante la rappre-sentazione della discesa al Limbo, che simbo-leggia lo scioglimento dell’ attesa della reden-zione per coloro che sono vissuti nella spe-ranza del Cristo. Anche la narrazione dellasepoltura del Battista, con la partecipazionedegli Apostoli e del popolo, appare più unaglorificazione che un rito funebre; ancora unavolta il messaggio simbolico è superiore alladescrizione storica.Alla fine della lezione,dopo un ulteriore invito da parte di DonSguaitamatti ad approfondire lo studio delpaliotto, Monsignor Provasi invita il pubblicoa salire l’altare, per ammirare da vicino quel-lo che era stato descritto. E’ stato per tutti undono insperato e nessuno si è fatto scrupolodi inginocchiarsi fino a terra, per ammirare lameraviglia di argento e oro diventata pre-ghiera.

il duomo storia ed arte

Il paliotto dell’altare maggiore

Carlina Mariani

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“Il Signore regna, si ammanta di splendore; ilSignore si riveste, si cinge di forza; rende saldoil mondo, non sarà mai scosso. Saldo è il tuotrono fin dal principio, da sempre tu sei. Alzanoi fiumi, Signore, alzano i fiumi la loro voce,alzano i fiumi il loro fragore. Ma più potentedelle voci di grandi acque, più potente dei fluttidel mare, potente nell’alto è il Signore.” (Sl93,1-5). Il riconoscimento della regalitàdivina e l’attribuzione dell’appellativo dire a un dio, era consuetudine dei popolivicini a Israele. Assiri e Babilonesi eranoorganizzati in regni, dove il re era il garan-te della giustizia e dell’ordine interni edella difesa contro i nemici. Queste prero-gative erano attribuite a quel dio, che, tra imolti del panteon, era il preminente nelculto: all’inizio di ogni anno si svolgeva laprocessione con la raffigurazione del dio,che era intronizzato nel suo tempio. InIsraele la specificazione della sovranità uni-versale di Dio come re, segue lo sviluppodell’ordinamento delle tribù israeliticheverso l’istituzione del regno. Dopo l’infau-sta e tragica impresa di Abimelech (Gdc9,1-57), il libro di Samuele narra: “si raduna-rono tutti gli anziani d’Israele, andarono daSamuele a Rama, e gli dissero: «Ecco, tu ormaisei vecchio e i tuoi figli non camminano sulletue orme. Ora stabilisci su di noi un re, che cigoverni, come fanno gli altri popoli». Questacosa dispiacque a Samuele, perché avevanodetto: «Dacci un re che ci governi». PerciòSamuele implorò il Signore. Il Signore rispose aSamuele: «Ascolta la voce del popolo in tuttoquello che ti hanno detto, perché non hannorigettato te, ma hanno rigettato me, perché nonregni più su di essi. Secondo il comportamentocostante che hanno tenuto dal giorno in cui io litrassi fuori dall’Egitto fino al giorno d’oggiabbandonando me per servire altri dèi, così agi-scono nei tuoi confronti. Ma ora ascolta la lorovoce. Però fa’ loro una dichiarazione e annunzialoro il diritto del re che regnerà su di essi” (1Sm 8,4-9). Il racconto esprime il rapportotra la fede nella suprema sovranità di Dio e

la concezione delle manifestazioni della suapresenza nella storia. Samuele, come profe-ta, consacra re Saul e dopo, sempre perindicazione del Signore, Davide. Questi è ildestinatario della promessa del Signore perla continuità della sua discendenza (2 Sm7,8-16). La consacrazione regale – il re è“messia -consacrato”- istituisce una relazioneparticolare con Dio, e, di riflesso, i modidelle celebrazioni regali, dànno l’improntaanche a quelle di Dio-Re.Le celebrazioni liturgiche dei salmi imitanol’esultanza del riconoscimento del nuovore: “Allora Ioiada fece uscire il figlio del re, gliimpose il diadema e i braccialetti, lo proclamò ree lo unse. I presenti batterono le mani e gridaro-no: «Viva il re!» (2 Re 11,12). L’acclamazioneiniziale “IHWH-il Signore, regna” è lo stessoapplauso all’intronizzazione del re. Suoni ecanti risuonano alla vista del re attorniatodalla sua corte: “il re stava sul suo seggioall’ingresso; gli ufficiali e i trombettieri circon-davano il re; tutto il popolo del paese gioiva asuon di trombe; i cantori, con gli strumentimusicali, intonavano i canti di lode” (2 Cr23,13). L’inno liturgico così celebra la sovra-nità del Signore, Dio d’Israele: “Popoli tutti,battete le mani, tripudiate a Dio con grida festo-se. Poiché tremendo è il Signore delle schiere,l’Altissimo, gran re su tutta la terra. Sotto dinoi egli pone i popoli, sotto i nostri piedi lenazioni. Sceglie per noi la nostra eredità, ilvanto di Giacobbe, che egli ama. È asceso Dionel tripudio, il Signore al suono della tromba.Inneggiate a Dio, inneggiate; inneggiate alSignore, inneggiate; poiché egli è il re di tutta laterra: inneggiate a Dio con un bel canto. Dio hapreso a regnare sulle genti, Dio s’è assiso sulsanto suo trono. I prìncipi delle genti si sonradunati insieme al popolo del Dio d’Abramo.Poiché a Dio appartengono quanti governano laterra, a lui che oltremodo s’è esaltato” (Sl 47,2-10). Il festoso invito a celebrare la regalitàuniversale di Dio è innanzitutto il ricono-scimento della sua sovranità manifestanella scelta di Israele. L’invito è ripetuto

Celebrazione della regalità di Dio

Don Raimondo Riva

il duomo angolo del teologo

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con insistenza per lodare Dio-Re, affermatoe riconosciuto dalle genti, associate allacelebrazione di Israele. Con la forma lette-raria del parallelismo tra la considerazionedel popolo dei Padri e quella delle genticon i loro principi, il salmo è la professionedi fede di Israele che ha esperimentato l’on-nipotente e benefica regalità sovrana delDio dei Padri, che mediante Mosè ha libera-to le tribù schiave in Egitto e ha creato ilsuo popolo.Dio, re sovrano, è il garante dell’ordina-mento interno e della difesa dai nemicid’Israele. Queste sue funzioni Dio le eserci-ta con l’assistenza e la protezione del re, chesi è scelto: “Dio, dà al re il tuo giudizio, alfiglio del re la tua giustizia; regga con giustiziail tuo popolo e i tuoi poveri con rettitudine…Edominerà da mare a mare, dal fiume sino ai con-fini della terra. A lui si piegheranno gli abitan-ti del deserto, lambiranno la polvere i suoi nemi-ci. Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte,i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi. Alui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tuttele nazioni… Il suo nome duri in eterno, davan-ti al sole persista il suo nome. In lui sarannobenedette tutte le stirpi della terra e tutti i popo-li lo diranno beato” (Sl 72,1-17). Perciò lesconfitte del re sono sofferte non solo per leconseguenze, ma sono come proprie delpopolo: “Perché del Signore è il nostro scudo,il nostro re, del Santo d’ Israele. Un tempo par-lasti in visione ai tuoi santi dicendo: “Ho porta-to aiuto a un prode, ho innalzato un eletto tra ilmio popolo… Hai rotto l’alleanza con il tuoservo, hai profanato nel fango la sua corona.Hai abbattuto tutte le sue mura e diroccato lesue fortezze; tutti i passanti lo hanno depredato,è divenuto lo scherno dei suoi vicini. Hai fattotrionfare la destra dei suoi rivali, hai fatto gioi-re tutti i suoi nemici” (Sl 89, 19-20.40-43).Sono, questi, stati di guerra, quando la sal-vezza d’Israele sta nella cessazione dell’op-pressione con la sconfitta dei nemici: Dio-Re deve difendere il suo popolo. Israele eranato in simili circostanze: la sua liberazione

dalla schiavitù egiziana era avvenuta con lasconfitta del faraone e la distruzione dellasua cavalleria nelle acque del Mar Rosso:“Il Signore è prode in guerra, si chiama Signore.I carri del faraone e il suo esercito ha gettato nelmare e i suoi combattenti scelti furono sommer-si nel Mare Rosso…Il Signore regna in eterno eper sempre!” (Es 15,3-4.18). Ora i nemici siassociano per la distruzione d’Israele:“Contro il tuo popolo ordiscono trame e congiu-rano contro i tuoi protetti. Hanno detto:“Venite, cancelliamoli come popolo e più non siricordi il nome di Israele”. Hanno tramatoinsieme concordi, contro di te hanno conclusoun’ alleanza; le tende di Edom e gli Ismaeliti,Moab e gli Agareni, Gebal, Ammon e Amalek,la Palestina con gli abitanti di Tiro. AncheAssur è loro alleato e ai figli di Lot presta manforte” Sl 83,4-9). L’invocazione per la libera-zione e la salvezza è l’attesa della vittoriacon la inevitabile sconfitta dei nemici: “Diomio, riducili a un turbine, come pula in balìa delvento, come un fuoco che incendia la selva,come una fiamma che divora i monti; propriocosì inseguili con la tua procella, atterriscili conla tua tempesta. Copri d’ignominia il loro volto,sì che cerchino il tuo nome, o Signore.Rimangano confusi e pieni di spavento per isecoli futuri, e periscano di una fine ignominio-sa. Conosceranno così che tu solo, il cui nome èSignore, sei l’Altissimo su tutta la terra” (Sl83,14-19). La sorte dei vinti può essere raffi-gurata solo secondo le crudeli consuetudiniguerriere di allora. In questa storia violentaDio-Re manifesta la sua onnipotenza a dife-sa e salvezza di tutte le sue creature con lamissione di Gesù, il Figlio donato, ilConsacrato-Messia-Re, erede e avveramentodelle promesse regali davidiche; egli vinceil Nemico dell’uomo con l’amore divino delsacrificio sublime della sua vita e può, inverità, dichiarare: “La pace vi lascio, la miapace vi do. Non come la dà il mondo io ve la do.Non si turbi il vostro cuore e non si abbatta”(Gv 14,27).

il duomo angolo del teologo

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Autorizzazione del Tribunale di Monza3 settembre 1948 - N. 1547 del Reg.

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