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NUMERO 236 in edizione telematica 19 ottobre 2016 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected] Forse perché incanutendo si diventa più critici (la saggezza la lascio ad altri), ma a due mesi o anche meno dalla conclusione dell’Olimpiade, i ricordi di Rio stanno sfumando velocemente – anche nei confronti di quegli sport (pochi) nei quali l’Italia ha recitato da protagonista – e mi chiedo come questo possa accadere, da cosa possa derivare questa forma di disamore che provo e che, confrontandomi con altri, ho scoperto essere piuttosto diffusa. La diagnosi fin troppo facile è legata ai mille sospetti che accompagnano le vicende dello sport, con protagonisti indesiderati i laboratori antidoping, ma anche il disinteresse totale di certi politici. Sparare sulla Raggi e sui comportamenti dei “5 stelle” è fin troppo facile, ma come non osservare – al di là degli aspetti di maleducazione mostrati nei confronti di Malagò – come il sindaco (rifiuto categoricamente il termine sindaca o sindachessa) di Roma dopo aver liquidato la candidatura per i Giochi 2024, il giorno dopo si pavoneggiasse alla presentazione del logo inerente gli Europei di calcio 2020, che vedranno ospitare dalla Capitale quattro partite di questa manifestazione itinerante, che come palcoscenico avrà anche altre dodici città. Certo i dieci milioni necessari per rimodernare lo stadio Olimpico sono quisquilie rispetto ai costi di un’Olimpiade, però una briciola di coerenza non stonerebbe di certo. Così come sarebbe stato corretto che qualcuno (vero Malagò?) l’avvertisse che la rinuncia da parte degli amministratori della città non ha valore in quanto è il Coni a doverla pronunciare… Già, e qui si apre un altro scenario che pare il risultato di un film decisamente scadente: da una parte Montezemolo che annuncia lo scioglimento del Comitato Promotore per la candidatura di Roma 2024, dall’altra il Coni che invia al Cio le carte per proseguire la sua corsa verso l’assegnazione dei Giochi, salvo annunciare pochi giorni dopo per bocca del suo Presidente la rinuncia definitiva e contemporaneamente la richiesta di ospitare l’assise Cio del 2019 a Milano. Il che, nel suo insieme, è quanto meno ridicolo e dimostra di che pasta siano fatti i dirigenti dello sport italiano. Da ridere per non piangere. Giulio Onesti e Bruno Zauli crediamo si stiano rivoltando nella tomba… E visto che abbiamo citato chi allo sport ha dato tantissimo, senz’altro ben di più di quanto abbia ricevuto in quanto come base c’era spirito di servizio, avvicinandosi le elezioni Fidal viene voglia di chiamare in causa anche Primo Nebiolo: ovviamente non sappiamo, e non ci importa neppure granché, chi sarà il prossimo presidente dell’atletica italiana, né ci pare di vedere all’orizzonte qualcuno in grado di cambiare radicalmente una situazione ormai incancrenita: la necessità di ottenere voti per essere eletti favorisce strane alleanze ed ancor più criticabili “promozioni” a ruoli di responsabilità dei mercanti di voti. Forse ci si dovrebbe

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NUMERO 236 in edizione telematica 19 ottobre 2016 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]

Forse perché incanutendo si diventa più critici (la saggezza la lascio ad altri), ma a due mesi o anche meno dalla conclusione dell’Olimpiade, i ricordi di Rio stanno sfumando velocemente – anche nei confronti di quegli sport (pochi) nei quali l’Italia ha recitato da protagonista – e mi chiedo come questo possa accadere, da cosa possa derivare questa forma di disamore che provo e che, confrontandomi con altri, ho scoperto essere piuttosto diffusa. La diagnosi fin troppo facile è legata ai mille sospetti che accompagnano le vicende dello sport, con protagonisti indesiderati i laboratori antidoping, ma anche il disinteresse totale di certi politici. Sparare sulla Raggi e sui comportamenti dei “5 stelle” è fin troppo facile, ma come non osservare – al di là degli aspetti di maleducazione mostrati nei confronti di Malagò – come il sindaco (rifiuto categoricamente il termine sindaca o sindachessa) di Roma dopo aver liquidato la candidatura per i Giochi 2024, il giorno dopo si pavoneggiasse alla presentazione del logo inerente gli Europei di calcio 2020, che vedranno ospitare dalla Capitale quattro partite di questa manifestazione itinerante, che come palcoscenico avrà anche altre dodici città. Certo i dieci milioni necessari per rimodernare lo stadio Olimpico sono quisquilie rispetto ai costi di un’Olimpiade, però una briciola di coerenza non stonerebbe di certo. Così come sarebbe stato corretto che qualcuno (vero Malagò?) l’avvertisse che

la rinuncia da parte degli amministratori della città non ha valore in quanto è il Coni a doverla pronunciare… Già, e qui si apre un altro scenario che pare il risultato di un film decisamente scadente: da una parte Montezemolo che annuncia lo scioglimento del Comitato Promotore per la candidatura di Roma 2024, dall’altra il Coni che invia al Cio le carte per proseguire la sua corsa verso l’assegnazione dei Giochi, salvo annunciare pochi giorni dopo per bocca del suo Presidente la rinuncia definitiva e contemporaneamente la richiesta di ospitare l’assise Cio del 2019 a Milano. Il che, nel suo insieme, è quanto meno ridicolo e dimostra di che pasta siano fatti i dirigenti dello sport

italiano. Da ridere per non piangere. Giulio Onesti e Bruno Zauli crediamo si stiano rivoltando nella tomba… E visto che abbiamo citato chi allo sport ha dato tantissimo, senz’altro ben di più di quanto abbia ricevuto in quanto come

base c’era spirito di servizio, avvicinandosi le elezioni Fidal viene voglia di chiamare in causa anche Primo Nebiolo: ovviamente non sappiamo, e non ci importa neppure granché, chi sarà il prossimo presidente dell’atletica italiana, né ci pare di vedere all’orizzonte qualcuno in grado di cambiare radicalmente una situazione ormai incancrenita: la necessità di ottenere voti per essere eletti favorisce strane alleanze ed ancor più criticabili “promozioni” a ruoli di responsabilità dei mercanti di voti. Forse ci si dovrebbe

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SPIRIDON/2 rassegnare: l’atletica italiana continuerà a frequentare il limbo in attesa di una redenzione che implicherebbe l’arrivo di un “uomo nuovo”. Il resto infatti è tutto un “deja vu” che regala solo ulteriore amarezza, in cui la nostra atletica vive il suo sonnolento declino e si appiglia disperatamente a qualche talento che non è certo frutto di programmazione – qualcuno smentisca infatti se ne ha le prove che Tamberi anche solo due o tre anni fa venisse considerato a livello federale come l’uomo copertina del futuro… – o meglio di una programmazione che fa sorridere: basta pensare a Libania Grenot ed al fatto che correva più veloce quando non andava negli States ad allenarsi. D’accordo poi sono arrivati i titoli europei e la finale olimpica, ma ci paiono soprattutto il frutto della pochezza altrui e non degli auspicati miglioramenti dell’italo-cubana.

D’altronde la situazione mondiale non è migliore e non soltanto per motivi di doping: a Rio soltanto la presenza di Bolt ha riempito il cosiddetto stadio olimpico (quello dove per la prima volta nella storia dei Giochi non compariva il tripode con il fuoco portato dalla Grecia), mentre alla Iaaf Sebastian Coe sta procedendo alla revisione dei ruoli infilando ovunque persone in cui deve avere grande fiducia in assoluto, visto che la competenza e la conoscenza atletica di questi signori è men che dubbia. E per quanto riguarda il doping appare ormai prossimo che i controlli vengano affidati ad un organismo esterno, di nuova creazione. Il quadro generale è dunque a fosche tinte e non soltanto per quello spirito critico di cui si diceva in apertura. Anche perché la speranza di un domani sorridente chi ama l’atletica se la porta sempre nel cuore, al di là di chi lo induce a ragionare in maniera opposta. Giorgio Barberis

Il mondo con le stellette e’ il padrone dello sport Russo, il pugile, è stato davvero poco Clemente con le donne con una dichiarazione che sapeva di femminicidio commentando con chiacchiere da bar le dichiarazioni ferocemente maschiliste del collega di sport ma non di disciplina Stefano Bettarini. Lo scenario è quello che è , “Il Grande fratello VIP”, però è uno spaccato dell’Italia guardona, che non funziona, l’epitome di un paese immobile ancorato ai propri pregiudizi. Quel mondo l’hanno frequentato più o meno recentemente anche Aldo Montano e Giacobbe Fragomeni. Ma il Clemente Russo che più ci interessa non è il vittimista defraudato di una medaglia d’oro, (semmai battuto nei quarti di finale dell’Olimpiade al termine di un match equilibrato dal russo Tishenko) ma è la Fiamma Azzurra, cioè una guardia carceraria. Dunque la donna “che dovrebbe lasciare morta” è una sgrammaticatura grave. Perché l’uomo che lascia la donna morta, dovrebbe finire un carcere e dunque dovrebbe ricevere le sue cure attive come agente di custodia. Il problema è che Clemente Russo ha scarsa dimestichezza con la pratica carceraria comune ed è uno di quei militar-sportivi azzurri che raramente vedono la divisa, non sempre se ne ricordano fuori dal ring ma che in compenso godono del permesso dal proprio corpo di girare il film Tatanka, di prepararsi per una seconda pellicola, di rilasciare sproloqui al Grande Fratello VIP. Vistosi contestare la pesante dichiarazione Russo ha replicato con un “Io non ho fatto niente al Ministro Orlando” che ben ribadisce il suo rapporto con il potere. Contraddizione mediatico-televisiva di un’Italia simil-Coni che ha rovesciato la piramide consueta ed ha affidato allo sport militare l’assoluta egemonia, particolarmente nell’atletica leggera. Ricorderemo altri casi borderline come quelli di Tomba, Schwazer, scandali comportamentali o per doping, che poco dovrebbero avere a che fare con la funzione statale, con uno stipendio non alto ma sicuro, per buona parte della vita, libero dagli obblighi, quello che in fondo paga la collettività ricevendone benefici solo sportivi. Esiste una sorta di Concordato non del tutto scritto e noto tra Coni e corpi militari che grosso modo ricorda quello tra Stato Italiano e Città del Vaticano. E se del secondo in chiave laica spesso ci si lamenta, perché non si può rivedere il primo? Ricordiamo che la potenza di tiro dello sport militare è talmente cogente che spesso ha espresso presidenti di federazione che peraltro oggi ricordiamo con rimpianto come Gola per l’atletica e Valentino per gli sport invernali. Nel 1980 con il boicottaggio dei Giochi di Mosca qualche azzurro da medaglia d’oro dovette congedarsi per poter partecipare ai Giochi, altri videro infrangersi i sogni di carriera. E se succedesse oggi? Praticamente la spedizione azzurra sarebbe quasi totalmente abrogata. Il segno di una sconfinamento, di un’invadenza e di un super-potere a cui le istituzioni non replicano con alcun antidoto. E si che ce ne sarebbe bisogno .

Daniele Poto

Ha avuto un empito di terrore il Presidente Putin allorché ha saputo che l Gatto

Gentiloni e Volpe Pinotti avevano preso, su ordine degli americani, la decisione di mandare sui confini russi dalle parti della Lettonia,, o giù di lì, un agguerrito quanto corposo (147 militari …) corpo di spedizione italiano. Lo sgomento del Presidente è però durato poco, giusto il tempo di ricordarsi d’ una famosa considerazione di Wilson Churcill : “l’Italia è meglio averla come avversaria che come alleata!”…

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SPIRIDON/3

fuori tema

L’avevano annunciato più volte attorno ai

ruderi del Campidoglio, gli stessi dove nel 390 avanti la nascita di Cristo il chiasso notturno delle oche sacre a Giunone aveva sventato l’attacco finale dei Galli. Da quei nobili reperti, per bocca di novelli tribuni della plebe, era stata da tempo lanciata la previsione: il nostro sarà un ‘no’ che farà tremare il potere, un ‘no’ che si dilaterà dal centro alla periferia, da Centocelle ai Parioli, dalla città alla provincia, dalla regione al governo. In mancanza del soccorso rosso’, passato di moda, poco prima della scomparsa pure il premio Nobel Dario Fo aveva aggiunto la propria pensosa preoccupazione, non del tutto originale: ‘le Olimpiadi rischiano di portare affari sporchi nella capitale’. Più o meno negli stessi giorni, una sventata e maleducata signora a nome Virginia Raggi s’era recata in Senato, dove una commissione di pari superficialità e di definibile ignoranza, nulla sapendo della materia, aveva ascoltato senza battere ciglio la lettura degli articoli di una Carta Olimpica arretrata di sessanta anni. In realtà, sbattuto in faccia al prossimo capitolino, e non solo, da un sindaco in gonnella, quel diniego alla candidatura ai Giochi del 2024, più che terrorizzare il potere, più che denotare insipienza politica e incapacità di guardare un metro avanti il proprio naso, più ancora che mostrare lungimiranza rispetto ad

un esito finale che i più accorti davano perdente e che solo i componenti del comitato promotore davano praticamente per assicurato, aveva dato sfogo ad altri annunci rimbalzati da mezzo territorio nazionale. Aveva aperto l’elenco Milano, che sarà pure, e forse lo è, la prima della classe, ma che in trent’anni non è riuscita a mettere in piedi dopo la nevicata dell’85 un nuovo palasport e a ridare dignità ad un’Arena avviata ad occupare la triste casella di impianto più trascurato del mondo. Insieme con Milano, con patetiche velleità, ed altrettanta irresponsabilità, nel divertente gioco delle candidature si sono subito avvicendate Firenze, zero impianti, Venezia, zero impianti, Napoli e Palermo, zero impianti per entrambi e pessimi esempi di sana amministrazione. Il nome di Roma, frattanto, continuava a fare il giro del mondo, gettando un’altra pietra tombale sulla sua credibilità internazionale. A margine della cancellazione romana, trovo ampiamente condivisibili le considerazioni espresse negli editoriali dell’Eco del Litorale, con invidiabile lucidità, da un incorreggibile cultore di sport qual è Ruggero Alcanterini, un maturo signore che nello stesso Palazzo del Foro Italico recente testimone della rinuncia aveva vissuto, diciannovenne, oltre cinquant’anni addietro, l’eccezionale opportunità offerta alla Città e all’Italia da quelli che prima ancora di essere definiti giganti tra i dirigenti dello sport meritavano l’attributo di ‘buoni maestri’ rispetto alle nuove generazioni, ed erano i Bruno Zauli e i Giulio Onesti, i Renzo Nostini e i Donato Martucci, i Marcello Garroni e i Giordano Bruno Fabjan, i Mario Vivaldi e i Virgilio Tommasi, vale a dire coloro che insieme a Giulio Andreotti avevano messo nell’impresa olimpica del 1960 la testa, il cuore e la faccia. <<Ho provato un senso di nausea di fronte a questo stato di cose, che vede la contrapposizione di due realtà istituzionali afflitte dalla temporaneità della loro condizione, ma rese micidiali dal potere, ovvero il potere di generare e pure di abortire senza capire se si sia mai verificato l’amplesso... La cosa disarmante è che il Comitato olimpico è per legge dello Stato delegato alla questione sportiva in modo sostitutivo, ma condannato a soggiacere, forse proprio per questo, alle turbe dei Palazzi>>.

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SPIRIDON/4

(ma meno male che c’è streaming…) di Vanni Lòriga

La Commissione elettorale della FIDAL ha

comunicato le candidature alla XLII Assemblea Nazionale ordinaria che si terrà domenica 6 novembre presso il Centro Olimpico Matteo Pellicone al Lido di Ostia. Prima convocazione alle ore 9.30 (necessario il 50 per cento dei voti assegnati) e seconda alle ore 10.30 (necessario il 30 per cento dei voti). Per la carica di Presidente Federale sono candidati Alfio Giomi e Stefano Mei. Per i sette posti di Consigliere in quota Dirigenti (a fianco di ognuno, quando ci è noto, segnaliamo la “squadra” a cui appartiene) concorrono Pietro Allegretti (Mei); Franco Angelotti (Giomi); Sergio Baldo (Giomi); Oscar Campari (Giomi); Piero Coin (Mei); Elio De Anna (Giomi); Roberto De Benedittis (Giomi); Matteo De Sensi (Giomi); Sabrina Fraccaroli (Mei); Angelo Giliberto (Giomi); Cesare Manzotti; Alberto Montanari (Mei); Mauro Nasciuti (Giomi); Ida Nicolini (Mei); Antonio Paone (Mei); Vincenzo Parrinello (Giomi); Maurizio Salvi (Mei). Per i due Consiglieri in quota atleti sono in lizza Marzia Caravelli (Giomi); Alessio Faustini (Mei); Vincenzo Magliulo; Silvia Salis (Giomi); Gerardo Vaianì Lisi Per il decimo seggio, riservato ai Tecnic,i sono candidati Liana Calvesi (Giomi); Andrea Ceccarelli; Filippo Di Mulo (Mei).Ricordiamo che ciascun rappresentante di Società potrà avere al massimo due deleghe per un massimo di mille voti; nessuna delega è invece prevista per atleti e tecnici. Come si profila il panorama e quali sono le previsioni sulla partecipazione e sull’esito delle votazioni ? Nel campo della partecipazione bisogna distinguere fra i Dirigenti e gli altri, cioè Atleti e Tecnici.In queste due ultime categorie non mancano problemi di vario genere. Si è partiti dalle candidature (sono scadute giovedi 20 ottobre) da presentarsi a mezzo di PEC, la famosa posta elettronica certificata: procedura a molti del tutto ignota, anche se sarebbe bastato rivolgersi al commercialista di fiducia per risolvere la questione. Subentra poi la necessità di essere ad Ostia in primissima mattina, il che non è difficile per chi abita in zone limitrofe; ben più impegnativa ed onerosa impresa per chi viene da lontano, soprattutto dalle Isole. Non mi azzardo in genere a stilare previsioni, ma ritengo che non si raggiungerà il 10 per cento dei 2516 atleti e tecnici teoricamente possibili votanti. Per cui conteranno più i consensi riscossi a titolo personale che le indicazioni suggerite dai due schieramenti. Qui i giochi appaiono apertissimi. Anche sul fronte dei Dirigenti esistono difficoltà per essere presenti al momento della verifica poteri, che si apre sabato 5 novembre (dalle 18.00 alle 22.00) e che si riapre domenica alle ore 8 del mattino. Sicuramente non ci sarà una presenza totalitaria ma i club più importanti non mancheranno. Ricordiamo che le prime 160 Società detengono il 50 per cento dei voti, sufficienti a coprire il quorum per agire in prima convocazione ed anche per garantire l’elezione. E cosa dicono i sondaggi, ovviamente del tutto ufficiosi ? Alcuni esperti in previsioni garantiscono un

affluenza superiore al 60 per cento dei voti e ritengono che il Presidente in carica si possa affermare con una netta maggioranza.. Stefano Mei da parte sua ribatte ufficialmente (lo ribadisce in prima persona) che “più le presenze cresceranno e maggiori saranno le mie possibilità di vincere”.

Parla con molto entusiasmo della sua squadra, i cui componenti abbiamo evidenziato all’inizio, ed aggiunge: “Dopo aver raccolto le adesioni delle società in numero di gran lunga superiore alle aspettative e alle necessità, dopo aver condiviso i progetti fondamentali con figure in rappresentanza dello sport, dell’imprenditoria, della finanza e della società in genere che vuole essere ottimista come me, si è completata una grande squadra adatta a quel cambio di passo ormai indispensabile all’atletica per ritrovare le proprie radici. A tre settimane

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SPIRIDON/5 dall’appuntamento con le elezioni per cui ho posto la candidatura a Presidente, guardo al mio mondo con certezze più fondate che in passato. Ho toccato con mano la realtà delle società di base che operano ad ogni latitudine del nostro Paese e mi convinco sempre più che il Progetto della Squadra Mei debba porre la sua massima attenzione alle società: ai loro ragazzi, ai loro tecnici, ai loro programmi, alla loro impiantistica; riassumendo in una semplice frase rispondendo alle loro esigenze tecniche ed economiche; valorizzando i talenti naturali ed evitando i rischi di sperperare i patrimoni sbocciati in pista, in pedana e sulla strada. Questi sono i valori essenziali della mia atletica, che forze economiche di peso mondiale hanno sposato al fine di restituire all’atletica italiana il posto assegnatole dalla storia, dalle ambizioni e dall’orgoglio di rinascere. E ora: dalle parole ai fatti. In un mandato di quattro anni la situazione va ribaltata e nei successivi quattro si va alla ricerca di quei risultati cui eravamo abituati e che l’incapacità gestionale ha trasformato in ricordi troppo lontani nel tempo". Sul fondamentale argomento della struttura tecnica si rimanda a quanto già dichiarato e pubblicato sul sito dello stesso Mei. E’ previsto che “per individuare le persone idonee a coprire il ruolo di CT e dei componenti della struttura tecnica, il nuovo Consiglio terrà conto dei curricula” presentati dagli aspiranti agli incarichi. Alfio Giomi, che ha avuto un ultimo incontro con i suoi candidati giovedì scorso nella stessa sede romana dove quattro anni fa presentò la prima candidatura alla Presidenza, pone al vertice proprio il problema del settore tecnico. Al termine del confronto con la sua squadra (che vanta abili navigatori di lungo corso) ha riassunto i punti cardinali della prossima azione di governo, in caso di riconferma al vertice. Nell’ordine ha indicato ill Settore tecnico, le Società, le nuove realtà che si registrano nel mondo dell’Atletica ed, ovviamente, la Scuola. In un’ intervista, comunque già ripresa dalla stampa specializzata, ha espresso i seguenti concetti che riassumo. “ Nel settore tecnico è indispensabile una struttura centrale che garantisca il massimo supporto sia agli atleti di alto livello che alla base, Deve essere una vera e propria operazione culturale, partecipata e non dirigistica, che innalzi il tasso di qualità di tutto il nostro universo atletico. Le Società sono le fondamenta ed i muri portanti di tutta la struttura, il punto centrale che va valorizzato con ogni impegno. Sono necessari interventi di carattere politico (con atti legislativi Il mondo non è più quello di mezzo secolo fa. E’ cambiato sotto ogni aspetto. Assistiamo a vere innovazioni anche nel modo di praticare il movimento e l’agonismo, dall’attività dei Paraolimpici Master alle varie forme .dell’ <arte del camminare>. (Fit, Nordic, Pole Walking). Per ultima ma nella posizione di testa la Scuola. E’ stato appena presentato presso il Ministero dell’Istruzione il “Progetto Generazione Atletica” che coinvolge lo stesso dicastero, importanti partner impegnati anche nel campo della educazione alimentaer, figure carismatiche come quella di Sara Simeoni, coordinatrice dell’iniziativa. Ci muoviamo a 360 gradi e non risparmieremo energia e fantasia per centrare gli obiettivi che ilnostro movimento merita”. Lo staff di Giomi può contare sui contributi dello Studio Ghiretti e della consulenza specialistica di Carlo Grippo. Chiudo queste righe comunicando che, nella mia qualità di giornalista anziano (attributo che fa rima con decano, essendo sulla breccia dal 1946 e fra i pochi superstiti dei Giochi di Melbourne 1956), ho chiesto di poter assistere come Stampa ai lavori assembleari. La Fidal però precisa, nelle sue modalità, che potranno accreditarsi solo gli “iscritti all’Ordine dei giornalisti, rappresentanti una testata giornalistica registrata”. Caro Direttore, spero che Spiridon sia “registrata”. Altrimenti seguirò i lavori tramite streaming, attivata appositamente per l’occasione. Così come gentilmente suggerito dalla stessa Fidal. E sono lieto che streaming sia stata attivata, altrimenti non esisterebbe; che il tutto sia stato eseguito appositamente e, soprattutto, per l’occasione. E mi è grata quindi l’occasione per augurare a te buon lavoro ed all’Atletica Italiana buona fortuna. Per chi facciamo tifo noi di Spiridon ? Per l’Atletica, ovviamente. E che vinca, ovviamente, sempre il migliore.

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SPIRIDON/6

Animula vagula, blandula... scelti da Frasca Il tratto dalla Salaria al Foro Italico interessa le Suore Benedettine di Santa Maria e le Suore Benedettine di San Giovanni Battista per complessivi mq 124.618, la Veneranda Provincia Religiosa di San Pietro dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio per mq 215.540, i Certosini, le Suore della Divina Locazione, le Povere Figlie delle Sacre Stimmate, la Casa della Divina Provvidenza, le Suore del Sacro Cuore di Maria Vergine e Immacolata, le Suore Serve di Maria Riparatrice, la Congregazione di Gesù e Maria, per un valore complessivo di 10 miliardi. Il tratto dietro al Foro Italico interessa la Fraternità Sacerdotale proprietaria di mq 130.894, il Collegio Capranica, le Suore di Nostra Signora, le Canonichesse Regolari di Sant’Agostino della Congregazione di Dame Jupile, per un valore di 4 miliardi. Il tratto tra via Cipro e la Circonvallazione Gianicolense interessa proprietà del Seminario Romano Minore, delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, delle Madri Pie di Orveda, dell’Istituto Salesiano per le Missioni, della Pontificia Opera per la Preservazione della Fede e la Provvista di Nuove Chiese in Roma, dell’Ospedale dei Poveri Ciechi Margherita di Savoia, per complessivi mq 154.170, delle Suore di San Carlo di Nancy, della POA, dei Fratelli delle Scuole Cristiane che posseggono mq 211.004, del Collegio Pio Latino Americano del Sud, del Pontificio Pio Collegio Brasiliano, della Congregazione Figlie dell’Immacolato Cuore della Beata Vergine Maria proprietari di mq 136.615, delle Suore Scolare di San Francesco, delle Suore di San Giovanni Battista, dei Sacerdoti del Sacro Cuore, della Congregazione di Santa Croce, dei Carmelitani Scalzi, dei

Frati Minori Francescani per complessivi mq 179.679, delle Figlie di Santa Maria della Divina Provvidenza, della Pia Casa Santa Rosa Opera Femminile Don Guanella per mq 100.490, delle Clarisse del Santissimo Sacramento, delle Suore Oblate del Cuore di Gesù per un valore complessivo di 31 miliardi. Con le proprietà dei Frati Trappisti all’Eur, mq 1.529.070, arriviamo ad un totale di oltre 55 miliardi: questo il valore dei terreni a via Olimpica ultimata. Prima dell’inizio della speculazione all’Ovest di Roma e all’Eur il loro valore poteva aggirarsi sui 3 miliardi. Da La pista dell’oro di Italo Insolera (Torino 1929 – Roma 2012), L’Espresso, settembre 1960. Giuseppe Taliercio, direttore del Petrolchimico di Marghera, ucciso dalle Brigate Rosse, era una buona persona, era uomo da sentieri di montagna, che avvicinano al silenzio e a Dio... quando, a Tarcento, il 5 luglio, nel bagagliaio di una 128 azzurra, dopo quarantasette giorni di prigionia, ne fecero ritrovare il corpo, la camicia era intrisa di sangue. Gli avevano messo la cravatta, non per un gesto pietoso o di rispetto, ma solo per confermare il suo ruolo di dirigente, o per nascondere l’atrocità della prigionia: i capelli gli erano diventati bianchi, in quei quarantasette giorni del 1981. Toni Capuozzo (Palmanova 1948), Il Foglio del 7 luglio 2006. Con Beethoven e dentro Beethoven nacquero interpreti creatori e ispirati, i Mendelssohn e Wagner, Brahms e Bülow, i Nikisch, Mahler, Strauss e Mengelberg, e infine Furtwängler che di quest’arte nuova dell’orchestra fu l’espressione totale e completa... non a caso per lui Adorno coniò quella reverente espressione, <<guardiano della musica>>... ora, l’uso svergognato ha dissolto l’aura sacrale, da temere e venerare, che avvolse la Nona Sinfonia... non c’è fabbricante di formaggi scope e saponi motori e liquami che non se ne tenga brandelli in magazzino per future prostituzioni... logorata la sua peculiarità idiomatica, infranto il piedistallo eroico, insozzato il linguaggio sublime, avulsa dal respiro della sua opera, tra pochissimi anni, e forse già ora, la Nona Sinfonia non sarà più un’opera d’arte, ma un elettrodomestico... la miseranda riduzione che Furtwängler paragonò alla <<trasformazione del Mosé di Michelangelo in un ninnolo da scrivania>>. Da Beethoven di Piero Buscaroli (Imola 1930 – Bologna 2016), Rizzoli, Milano 2004. Non esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto. Oscar Wilde (Dublino 1854 – Parigi 1900, <<morto per un attacco di meningite che lo liberò dall’umiliazione di dover sopravvivere a se stesso>>. Nacque costui nel Borgo a San Sepolcro e chiamossi, dal nome della madre, della Francesca, per essere ella restata gravida di lui quando il padre e suo marito morì, e per essere stato da lei aiutato a pervenire al grado che la sua buona sorte gli dava. Da Le Vite di Giorgio Vasari (Arezzo 1511 – Firenze 1574), Casini editore, 1991.

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SPIRIDON/7

TINO BUAZZELLI prime recite nel teatrino salesiano

Don Bosco. Oltre che un santo era anche un grande uomo; uno che capiva l’importanza dell’educazione, dell’intervento, dell’iniziativa. Oltre tutto era uno che sapeva anche recitare, sapeva fare le sceneggiate, aveva persino fatto il clown... Il teatro gli è servito per divertire i ragazzi. Se ne è fatto strumento di comunicazione popolare, di cultura popolare, di insegnamento e di formazione, a cominciare dai giovani. Nel precedente numero di Spiridon abbiamo ricordato Amedeo Nazzari, non certo l’unico ragazzo che dal teatrino (Don Bosco lo chiamava proprio così) salesiano è balzato fino alla celebrità. Questa volta, dai registri scolastici, tra coloro che hanno saputo uscire dai ranghi e farsi un nome da protagonisti sui cartelloni, abbiamo individuato Tino Buazzelli. Nato a Frascati (due passi da Roma) il 13 luglio 1922; figlio di Andrea, un ferroviere con uno spiccato temperamento artistico nella pittura. La madre, Elena, casalinga, lo educa nella fede. Agostino ha un fratello minore, Rinaldo,

sacerdote salesiano a Latina, attivissimo nell’oratorio. All’ordinazione sacerdotale è proprio Tino a pronunciarne il discorso. Dai Salesiani frequenta le elementari a Capocroce, il ginnasio a Villa Sora. Sono proprio gli archivi, polverosi per quanto preziosi, a ricordarci le sue parole: «Io credo in Dio e in Gesù. Sono vissuto in una famiglia modesta ma felice. Da mia madre ho derivato il rispetto di certi valori, come quello della famiglia, che oggi vedo purtroppo messo in discussione, anzi deriso. Il consumismo ha spazzato via un mondo, quello che io chiamo della “famiglia umana”. La prima polvere di palcoscenico l’ho respirata da bambino a

Frascati, nell’oratorio salesiano. C’era un piccolo teatro in cui si rappresentavano dei drammi edificanti. Era tutta roba fatta in casa, ma per noi costituiva una bella scuola di vita, se non d’arte. Ci si aiutava a vicenda, si imparava a stare insieme. Soprattutto ci si allenava a quel gran mistero che è il comunicare con gli altri». Le interpretazioni? «Ricordo quel teatrino come un’esperienza abbastanza poetica. Interpretavamo in genere figure di martiri cristiani o personaggi dell’antica Roma. I nostri ruoli li prendevamo con una serietà spaventosa. Si recitava per puro gusto. Andando avanti, almeno per me, divenne un modo di godere la giovinezza nella piena miseria, nella piena povertà, nella piena amicizia. Mi bastava, e ne avevo d’avanzo, vivere il teatro come una palestra di libertà, come uno sfogo che mi dava il senso dell’avventura». Tino frequenta l’Accademia d’Arte Drammatica diretta da Silvio d’Amico; compagni ed amici inseparabili sono Paolo Panelli e Nino Manfredi. Un anno raggiungono gli oratoriani in villeggiatura sui monti e, a seguito delle insistenze di don Aldo Conti, recitano la “Passione di Cristo”. Tino fa la parte del Sommo sacerdote Caifa e Manfredi quella di Giuda. Da quelle assi sconnesse del teatro d’oratorio per Buazzelli inizia un’intensa attività teatrale, che lo porta a lavorare al Piccolo Teatro di Roma, al Piccolo di Milano, al Teatro Stabile di Genova e a quello di Torino; come interprete televisivo fa conoscere al grande pubblico i testi di Brecht, Shakespeare, Miller, Pirandello. Nel 1966 è protagonista di Charlov e le figlie, lo sceneggiato tratto da un’opera di Ivan Turgenev, mentre nel 1968 porta sul piccolo schermo Tartarino sulle Alpi, prestando la sua straripante fisicità all'improbabile eroe di Alphonse Daudet. Conquista le simpatie degli italiani anche nel rivestire gli ampi panni di Nero Wolfe, il celebre investigatore infallibile e misantropo, appassionato coltivatore di orchidee, nato dalla fantasia di Rex Stout. Stroncato da una linfo-adenite, Tino Buazzelli muore a 59 anni il 20 ottobre 1980. L’epigrafe sulla tomba, al cimitero di Frascati, recita: «un artista, un poeta, un uomo meraviglioso».

PIERLUIGI LAZZARINI Exallievo e storico di Don Bosco

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SPIRIDON/8

Anche quest’anno partecipazione record alla Maratona del Medoc, una delle più straordinarie corse su strada del mondo, una vera festa per migliaia, di “tapascioni” come avrebbe detto il grande Barletta. Tanto folclore, tanta voglia di far festa seppure

con il lodevole alibi della corsa a piedi. Si corre fra i vigneti di questa splendida regione vitivinicola a pochi chilometri da Bordeaux e si traversano signore aziende vinicole. Gli iscritti sono stati ottomila, ovvero il numero chiuso limitato rispetto alla smodata richiesta d’iscrizioni che arrivano annualmente; numero imposto da organizzatori e dai “vignoles” per evitare il maxicasino che creerebbe un numero eccessivo di gaudenti corridori a piedi. e dei loro … accompagnatori.

I pronostici di questa 32° edizione

della Maratona de Medoc indicavano come favorito Freddy Guimard un maratoneta “de bonne guerre” accreditato con un 2.20 senza lode ed infamia, ha mantenuto le promesse e si è imposto in 2.25 . Ha condotto dall'inizio alla fine, sapendo gestire le forze in modo ideale seguito dall’altro Guibauld, il Thierry vincitore di ben cinque Maratone del Medoc, quest’anno

evidentemente in calo di forma che conclude i 2.31 Per le donne, Nathalie Vasseur che sembra non conoscere il peso del tempo che passa, a cinquant’anni ha vinto col tempo di 2.57.6 per la decima volta questa gara seguita da Sandra Gouat(3.00.20) , terza Stephanie Briand in 3.04.43.. La graduatoria generale è chiusa con il palindromo 7667 tale Li Sumin (7.14.27) preceduto di mezzo minuto dalla Pelhate Anuchka.

Prosit!

Festa grande per Bacco correndo del Medoc ma grande festa anche in Toscana dove oltre 5000 hanno partecipato alla Ecomaratona del Chianti.. come La manifestazione errivata alla sua decima edizione si è riconfermata un appuntamento irrinunciabile per la sua capacità di coniugare sport e valorizzazione del territorio e che quest’anno ha avuto un valore aggiunto per i 300 anni di vita del Consorzio del Chianti Classico. Proprio dal Castello di Brolio, simbolo del celebre vino, ha preso il via nella mattinata di domenica 16, la competizione più lunga che si è conclusa, dopo 42 km, in Piazza Marconi a Castelnuovo Berardenga. Sul piano agonistico si è importo Aadi Dibra in 3h02’26”, dopo una gara condotta fin dai primi chilometri in testa al gruppo. Secondo, come nella precedente edizione, Enrico Rivi in 3h04’42”. Terzo Loris Fanton dell’Asd Active, in 3h07’57”. Ilaria Guasparri prima fra le donne col tempo di 3h33’55” seguita da Daniela Furlani in 3.35.55 ed Eleonora Chiara (3:44:16) nell’ordine.

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SPIRIDON/9

UN GRANDE UOMO ED UNA GRANDE AMICIZIA

Nel corso dell’ultima conviviale del Panathlon Prato tenutosi al Golf Club le Pavoniere il Presidente Pasquale Petrella ha rimesso ad Antonio Mammoli uno speciale riconoscimento non solo per le sue seppure notevoli prestazioni sportive ma anche, e per noi, soprattutto per il suo profondo e diuturno impegno sociale attraverso lo sport. Mammoli Antonio, colpito da vocazione tardiva ha iniziato a correre nel 1997' e l'ha fatto subito alla grande con la Pistoia Abetone. Poi è stato un crescendo continuo, un’autentica anabasi che nel breve volger di qualche stagione lo ha portato ad emergere realizzando performances incredibili’. Ed i risultati sono stati subito stellari: 5 maglie Azzurre Nazionale della 24 ore in Olanda 2003'-Austria 2005'-Italia 2006'-Spagna 2007'- Corea del Sud 2008'. Campionato Mondiale/ Europeo Worschac - Austria 2005'Argento Europeo e Bronzo Mondiale a squadre. Campionato Europeo 24 ore pista a San.Giovanni Lupatoto - Verona 2006' km 248,440

Medaglia di Bronzo individuale, la prima in assoluto in Italia e 7' prestazione Mondiale dell anno. Il risultato più prestigioso, ancora oggi miglior prestazione M45 su pista. Campione Italiano master Pistoia Abetone 2011,Campione Italiano master 50km su strada 2010' tempo 3,33,12 Campione Italiano 100km in pista 2010 con il tempo di 8,01,13. Campione Italiano 6 ore su strada 2008'.km.80.920 Campione Italiano 24 ore in pista 2007'.km 238,098. Mondiali 100km master Gibilterra 2010' 4' posizione tempo 8,10.23 Nove Colli Running km 202 finisher per 14 volte. Pistoia Abetone 18 volte al traguardo.In totale di solo ultra maratone sono più di 9000 km.

In questo firmamento di immensa gloria è riuscito accendere la stella ancora più prestigiosa quella della solidarietà. Insieme a Marco Albertini un ragazzo disabile ha corso spingendolo sulla sua carrozzina ben 3 volte all'Ultramaratona del lago Trasimeno di km 58,per 4 volte la Pistoia Abetone ( che definisce la più dura in assoluto )2013'-2014'-2015'-2016' ottenendo la migliore prestazione 5.56.00 Ha sconfitto ben 2 volte la 100 km del Passatore 2013'- 2016' Ha corso 1 volta Firenze Viareggio km 100 nel 2015', 1 volta la 50 km di Romagna nel 2016' Migliori performance: in Maratona Lucca 3.18.04 nel 2014', Mezza maratona PIstoia 2014' 1.30.04. Le Maratone concluse sono Pisa, Firenze, Lucca e nientemeno che quella del Mugello. Con Marco esiste un rapporto speciale che continua durante tutta la settimana dove Antonio continua ad occuparsi di lui. Piero Giacomelli

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SPIRIDON/10

Corsa in montagna

Azzurre ai vertici mondiali Grandi le nostre azzurre ai Mondiali di corsa in montagna in quel di Sapareva Banya in Bulgaria dove si sono imposte alla grande primeggiando nella graduatoria a squadre. Alice Gaggi (7° assoluta),Sara Botticelli (8a), Antonella Confortola (22a) letteralmente trascinare al da un’ indomita Valentina Belotti con 17 punti totali hanno dato la birra a Cekia (32), USA (34), GBR (37) e Francia (38) nell’ordine. Valentina Belotti dal canto sua colleziona l’ennesimo secondo posto alle spalle, tanto per cambiare, austriaca. Il successo azzurro è stato completato da altre due medaglie: argento fra i seniores uomi, argento fra gli juniores e bronzo per le “under 20”. Quest’ultimo è stato un risultato storico: le nostre giovani rappresentanti non arrivavano a quella posizione da

ben 15 anni.

DUE CORSE CHE HANNO FATTO LA STORIA DEL PODISMO ITALIANO

48° GIRO DEI TRE MONTI Oltre 5000 concorrenti al 48° “Giro dei tre Monti” AD Imola la storica corsa su strada inventata e lanciata dallo straordinari ed indimenticabile Monduzzi che ha contribuito a fare la storia del podismo italico. Tanti concorrenti ed agonismo alle stelle. Hanno vinto Felicien Muchitira fra gli uomini e di Giulia Mattioli fra le rappresentanti del gentil sesso. Il ruandese dell’Atletica Picena ha preso in mano la gara ancor prima della metà tracciato allorché i fautori della fuga iniziale, in ispecie il magrebino Mohammed El Mounim hanno ceduto le armi di fronte cotanto atleta che si è aggiudicato il successo dopo 47’28” di gara. L’argento è andato a Olivier Irabaruta del Burundi arrivato con 21” di ritardo. Seguono El Mounim a 34” e Bamaarouf a 50”burundiano. Il primo degli italiani lo specialista di corse in montagna Michele Belluschi. Come dire che non si vuol perdere il vezzo di privilegiare negli ingaggi gli atleti africani con conseguenze nient’affatto positive per il “movimento” di casa nostra. La modenese della Corradini invece ha impiegato poco più di 7 km per riprendere la lepre, e compagna di colori, Martina Facciani e non appena scollinato il gpm del Monte Frassineto (252 m. slm) come una catapulta si è poi fiondata verso l’arrivo, attraversato dopo 57’02”.

.

46° GIRO DI PETTINENGO Nonostante il tempo che passa il “Giro internazionale di Pettinengo” non ha perso il proprio fascino, anzi visto la partecipazione di concorrenti di pubblico sempre in aumento è sempre in fase di miglioramento.

Ha vinto il giovanissimo Jacob Kiplimo, atleta ugandese con un futuro che appare davvero roseo, un futuro sicuro costruito in Italia, seguito dai tecnici dell’Atletica Prato. Si è imposto in 28’08” sui dieci chilometri davanti a due kenioti: Robert Kaptingei Cheruiyot secondo al traguardo in 28’24” e Ezekiel Kemboi solo terzo in 28’44”. Sugli altri due gradini del podio due atleti che ha pagato la distanza lunga per i suoi standard (è tricampione del mondo e due volte campione olimpico sui 3000 Siepi) ma non ha disdegnato una volatona finale seguono di pochi metri altri due ugandesi di “scuola italiana”, Victor Kiplangat. Primo italiano il carabiniere Stefano La Rosa, nono al traguardo in 29’11”. Al

10° posto il primo degli iridati azzurri della corsa in montagna: Xavier Chevrier. Come da pronostico la keniota Viola Kibiwot Jelagat ha vinto con il tempo di 12’26”, uno dei migliori tra le vincitrici degli ultimi Al seconda l’etiope Enatnesh Alamrew arrivata 9 secondi dopo. Al terzo posto festeggiano i tifosi biellesi: sale sul podio a Pettinengo Valeria Roffino, beniamina di casa.

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SPIRIDON/11

Nel Mito, "quel nulla ch'è il tutto", la coppola del padreterno-Zeus (Giove) fu il pennacchio nebbioso nella sommità del Monte Olimpo. Nella sapienza popolare, che a Palermo s'incarnò nel filosofo Pietro Fullone-Fudduni (1), chi s'infila nella coppola del Padreterno, si smarrisce nel labirinto dove solo la fede può illuminarci. Anche questa 'Chìodata trasi' nella Coppola del Padreterno, con l'ausilio di Corrado Augias e Vito Mancuso che, come Eugenio Scalfari, "che non credeva in Dio", ed altri maestri di pensiero laici, non la smettono di farsi domande, come Antonius Block, il cavaliere che ne Il Settimo Sigillo cercava Dio negli occhi della giovane indemoniata, e la Morte che lo sfidava nella partita a scacchi, gli disse: "Perché non la smetti di fare domande, tanto nessuno di ascolterà". Vito Mancuso (2) scrive "Che cos'è Dio? Non chiedo chi è, o che cos'è, cioè qual è la dimensione della realtà che entra in gioco pronunciando il termine Dio. Il termine Dio rimanda alla realtà chiamata da Tommaso D'Aquino 'principium universitatis', principio di tutte le cose, e anche fine di tutte le cose. Perché dico 'principio e quindi fine'? Perché il principio va distinto accuratamente dall'inizio.L'inizio è il colpo di pistola che fa scattare gli atleti nella gara dei 100 metri e che poi non ha più nulla a che fare con il resto della corsa. Il principio (l’archè del filosofi) è, invece, la realtà che accompagna sempre l’evento che lo fonda, senza il quale esso non sarebbe” (Disputa su Dio e dintorni), Corrado Augias e Vito Mancuso, ed.Biblioteca di Repubblica – l’Espresso 2010.Corano Augias e Vito Mancuso, l’anziano apocalittico e il giovane profetico, il sardo e il siciliano, il credente e il dubitante, il giornalista che sa scrivere con maestria, sa scandagliare leggendo e recensendo, investiga nel passato e nel presente: il teologo che, indagando sul Principio e sulla Fine, con la libertà senza freni di Ipazia e di Giordano Bruno, Vito predicatore santo fuori dalle Chiese. Il duo si è presentato ai lettori ingaggiando una partita (intervista) a domande e risposte che si legge in Disputa su Dio e dintorni e Inchiesta su Gesù (ed. Repubblica – l’Espresso). “Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Ma dov’è questo Dio?” L’innominato al cardinale Federigo ne I Promessi Sposi. “Se vediamo tutto il male che si espande nel mondo dobbiamo concludere: o Dio non esiste, oppure gli uomini e le donne scontano un oscuro peccato originale” (da un sermone di Joseph Spellman arcivescovo di New York ne Le vie senza legge di Graham Green) “ Se c’è Auschwitz, non c’è Dio” (Primo Levi).“Ci sei? Ma dove sei?” in Cronache di poveri amanti del Vescovo Pratolini, dopo la strage dei fascisti e il sacrificio del partigiano Maciste (nel film di Carlo Lizzani interpretato da Adolfo Consolini).“ Io non voglio sapere chi è Dio, a me importa sapere da che parte sta”, Don Peppe Diana, da una sua predica, citato da Roberto Saviano in Gomorra. “Molti cristiani credono in dio nonostante la chiesa” (Hans Kung classe 1928 collega in teologia a Tubinga di Joseph Ratzinger, autore di Ciò che credo ed. Rizzoli).“Dio è una sfera che ha il centro dappertutto e la circonferenza in nessun luogo” (Jorge Louis Borges). Pino Clemente (1) Petro Fullone – U Fudduni, vissuto nel settecento a Palermo, il suo avversario ‘filosofico’ su ‘U dottu di Tripi’ p, che si riteneva depositario della verità. (2) Vito Mancuso, Brianzolo classe 1962, teologo, in dissonanza con i docmi della chiesa. Dal 2013 al 2014 è stato docente di Teologia al Università di Padova, la sua è una nuova visone nel rapporto Dio-Mondo.

DELLA SERIE: NE UCCIDE PIU’ IL RIDICOLO CHE LA SPADA Il sindaco di Rimini in una nota, diffusa in seguito alla notizia di due turisti americani di fede ebraica scandalizzati dalla vetrina di un negozio di souvenir a Rimini in cui si mettevano in vendita bottiglie con la faccia di Mussolini, spiega che "anche nel Consiglio comunale di ieri sera è stata sollevata la vergognosa questione della vendita di una serie eterogenea di oggetti, esplicitamente riferiti alla simbologia e all’iconografia fascista". Secondo Gnassi, è un problema che torna ciclicamente, come le numerose denunce, in molte città che fino ad oggi non hanno risolto il problema."La nostra a emendativa - si legge -, o comunque la base di una proposta emendativa che potranno tranquillamente migliorare e/o raffinare i parlamentari che vorranno sostenere questa battaglia, è di aggiungere all’articolo 4 una frase del tipo L’esaltazione o comunque l’elogio attraverso immagini del regime fascista o nazista, si configura anche nella diffusione e vendita - diretta o attraverso qualsiasi modalità - di beni mobili di consumo od oggetti chiaramente riportanti

simbologie o immagini dei succitati regimi, in assenza di qualunque presa di distanza critica da essi". OPINIONI - Tra cinquanta giorni, giù di lì il governo Renzi chiederà agl’italiani: ”Volete contare di meno, volete meno democrazia, volete darci mane liberi?”. Chi non vorrà contare di meno, non vorrà meno democrazia, chi non vorrà dare mano libera a questo o a qualsiasi altro governo, voterà “no”. Almeno dicono metà degli italiani. Una classe politica incapace, vigliaccona, presuntuosa e pretenziosa(soprattutto in quattrini) cerca di convincere il colto e l’inclita che se le cose vanno male la colpa è tutta della Costituzione. Non è il gioco che va cambiato ma i giocatori. Ma indipendentemente da ciò o oltre a ciò i fautori del “No”, che non sono tutti dei “perditempo” come vorrebbe far credere il buon Matteo,sostengono che questa riforma, tanto per cominciare, non abbatte i costi della politica. Fa risparmiare infatti solo ( se tutto va bene) 50 milioni all’anno e non 500 come sostengono signor Ranocchia & C. che è, dicono, quanto spendiamo in un giorno per insulse spese militari. E questa è solo una parte del … tutto

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SPIRIDON/12 Il racconto del mese

Appena il mio interlocutore prese una pausa per bere il caffè, pensai mi venisse un colpo e se non fossi stato seduto con i gomiti saldamente appoggiati alla scrivania avrei vacillato.

Il giovane distinto che avevo di fronte sembrava aver intuito qualcosa. Dopo essersi proteso verso di me disse con aria allarmata: «Si sente bene?». «Tranquillo, mi è solo rimasto qui il caffè... Devo averlo buttato giù troppo in fretta.

Chiedo scusa ma la prego, continui a parlarmi di sua madre». Lo esortai, dopo essermi toccato brevemente lo sterno. Mi ero ripreso e mi dicevo che forse erano solo coincidenze ma interiormente fremevo. Desideravo che il giovanotto riprendesse a parlarne, che mi fornisse altri indizi.

Intanto lo osservavo con maggior attenzione, cercando di scoprire una pur minima somiglianza. Mi dicevo che forse era solo suggestione ma la sua statura, il colore degli occhi e dei capelli, il fatto che la prima parte del doppio cognome fosse lo stesso, erano dettagli concreti. Più quell'uomo parlava e più mi convincevo che non stavo prendendo un abbaglio.

«Già mia madre... Come le dicevo, dopo il divorzio da mio padre, da gran donna si è rifatta una vita. Alla sua età si è rimessa a studiare e dopo un anno aveva già l'abilitazione che serviva per partecipare a un concorso che poteva assicurarle un posto come insegnante di ruolo al liceo. In quel contesto si piazzò prima, così le cose si sistemarono e...», lo interruppi:

«Mah... Mi corregga se sbaglio. Facendo un rapido calcolo, a quel tempo lei stesso frequentava l'università e quei due anni anni dopo la perdita della causa di divorzio da parte di sua madre, senza denaro e assegno di mantenimento... Non considerando poi che stavate all'estero. Insomma, come siete sopravvissuti non avendo un tetto sopra la testa?».

Pensai che quel giovane si stesse chiedendo il motivo di tanto interesse per una donna che non conoscevo e anche perché, lui stesso, fosse scivolato con la conversazione su un piano così personale per quello che avrebbe dovuto rappresentare un formale colloquio di lavoro. Comunque continuò:

«Sì, ha toccato proprio un punto cruciale nel quale entrava in ballo tutta la determinazione di mia madre. Oltre a preparare il concorso dava lezioni private e per quanto riguarda l'alloggio, beh... Mi vergogno un po' a raccontarlo: viveva assieme a me in due stanze prese in affitto con un compagno di studi più fortunato che pagava buona parte della pigione. Io cercavo di incrementare il nostro misero bilancio trovando lavoretti occasionali, anche se era poca cosa rispetto a quello in cui era impegnata lei».

Poi ci fu una pausa e uno sguardo reciproco, non c'era altro o forse troppo da dire su quel periodo.

I miei dubbi residui rimasero sospesi brevemente, il tempo necessario per porre un'ultima domanda seguita da una pronta quanto sconcertata risposta da parte del mio interlocutore: anche il suo nome di battesimo coincideva!

Sì, si trattava proprio di lei, magari libera, come me, da impegni sentimentali e forse ancora legata al ricordo del suo primo amore.

Immaginare che adesso ci fosse una pur minima possibilità di riannodare quel legame, mi stava emozionando oltre ogni limite e l'esaltazione del momento mi inebriò: al diavolo la mia proverbiale prudenza professionale! Senza ulteriori approfondimenti decisi all'istante di assumere la persona che avevo di fronte.

Mi mancò comunque il tempo materiale per comunicargli la bella notizia perché lui, cambiando repentinamente espressione, portò la mano destra all'interno della giacca per estrarre il portafoglio.

«Ecco, questa era mia madre!», disse porgendomi con aria mesta una minuscola istantanea.

Ermanno Gelati Ammetto di avere sbagliato. Sono un servitore dello Stato e un uomo: chiedo pubblicamente scusa a Luca Abete". Così Elio Iannuzzi, vicequestore aggiunto, 45 anni, capo delle Volanti della questura di Avellino, intervistato dal Mattino, chiede scusa a Luca Abete, inviato di 'Striscia la Notizia', il Tg satirico di Canale 5, per i modi bruschi con cui lo ha fermato mentre cercava di consegnare una 'pigna' al ministro dell'istruzione Stefania Giannini e soprattutto per l'espressione rivolta al conduttore televisivo ("Sei un mongoloide"). Per questo c'è un'inchiesta della Procura, con gli atti inviati dalla stessa Questura, ed una chiara presa di posizione del Dipartimento della Pubblica sicurezza guidato da Franco Gabrielli. Beh, se non altro siamo in buone mani