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1 50 TRIMESTRALE DI CULTURA E PEDAGOGIA MUSICALE - ORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER L’EDUCAZIONE MUSICALE ANNO XXXIX - N. 150 - MARZO 2009 - 5,00 - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 45% - ART. 2 COMMA 20/B - L. 662 DEL 1996 - MILANO _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ NUMERO _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ Contiene I.P. Il Treno di Cage Pianoforte a prima vista Editoria musicale in Italia Musica e movimento Educazione musicale oggi Il Treno di Cage Pianoforte a prima vista Editoria musicale in Italia Musica e movimento Educazione musicale oggi

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TRIMESTRALE DI CULTURA E PEDAGOGIA MUSICALE - ORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER L’EDUCAZIONE MUSICALEANNO XXXIX - N. 150 - MARZO 2009 - † 5,00 - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 45% - ART. 2 COMMA 20/B - L. 662 DEL 1996 - MILANO

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3MusicaTrimestrale di cultura e pedagogia musicaleOrgano della SIEM

Società Italiana per l’Educazione Musicalewww.siem-online.itAutorizzazione del Tribunale di Milano n. 411del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380Anno XXXIX, numero 150 marzo 2009

Direzione responsabileMariateresa Lietti

RedazioneAlessandra Anceschi, Lara Corbacchini,Anna Maria FreschiImpaginazione e grafica Fabio Cani / NodoSegreteria di redazioneVia Dell’Unione, 4 - 40126 Bolognae-mail: [email protected], Torino

EditoreEDT srl, 17 Via Pianezza, 10149 TorinoAmministrazioneTel. +39 011 5591816, Fax +39 011 2307034e-mail: [email protected] Bianco, EDT: [email protected],tel. +39 011 5591849PubblicitàAntonietta Sortino, EDT: [email protected],tel. +39 011 5591828AbbonamentiAnna Bruna Lampis, EDT: [email protected],+39 011 5591831Un fascicoloItalia euro 5,00 - Estero euro 6,50Fascicoli arretratiItalia euro 7,00 - Estero euro 8,50Abbonamenti annualieuro 18,00 - Estero euro 22,00, comprensivo diquattro fascicoli della rivista. Gli abbonamentipossono essere effettuati inviando assegno nontrasferibile intestato a EDT srl, versandol’importo sul c.c.p. 24809105 intestato a EDT srl,tramite carta di credito CartaSì, Visa,Mastercard, con l’indicazione “Musica Domani”.La rivista è inviata gratuitamente aisoci SIEM in regola con l’iscrizione.Quote associative SIEM per l’anno 2009Soci ordinari e biblioteche euro 43,00 - Studentieuro 28,00 - Soci sostenitori da euro 86,00 -Triennali ordinari e biblioteche euro 108,00 -Triennali sostenitori da euro 216,00 - Soci giovanieuro 8,00.Le quote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404,intestato a Società Italiana per l’EducazioneMusicale, Via Dell’Unione, 4 Bologna. Percomunicazioni e richieste: tel. 051-2916500fax 051-228132 - cell. 339-1031354 - [email protected] - recapito postale SIEM -Casella Postale 94 - Succursale 22 - 40134 BolognaIscrizione all’ISME per l’anno 2009International Society for Music EducationSocio individuale per un anno, senza riviste, US$35; con le riviste US$ 59. Socio individuale per dueanni, senza riviste US$ 65; con le riviste US$ 113.Le riviste sono: International Journal for MusicEducation, 2 numeri l’anno; Music EducationInternational, 1 numero l’anno. Le quote possonoessere versate con carte di credito Visa, AmericanExpress, Master Card o chèque bancario a: ISME

International Office, PO Box 909, Nedlands, 6909Western, Australia - fax 00 61-8-9386 2658.Sarebbe opportuno che l’iscrizione e il pagamentocon carta di credito venissero accompagnati dalmodulo d’iscrizione debitamente compilato ereperibile presso il sito web dell’ISME:www.isme.org/application.

DOMANI

�Materiali e approfondimenti suwww.musicadomani.it

In copertinaEsperienze a Bolognaper il Treno Cage[fotografia di Noemi Bermani]

Editoriale5 Mariateresa Lietti

Quarant’anni di musica

Pratiche educative6 Noemi Bermani - Luca Bernard - Michele Murgioni - Linda Tesauro -

Francesca TidoniTake the Little Cage Train �

Strumenti e tecniche14 Giulio Pirondini

Pianoforte a prima vista20 Stefania Lucchetti

L’editoria musicale in Italia

Ricerche e problemi26 Antonella Caputo

Musica e movimento: uno studio sulla percezione dinamica del tempo �

Confronti e dibattiti37 Mario Baroni (a cura di)

Quale educazione musicale oggi?Interventi di: Carlo Delfrati, Rosalba Deriu, Giuseppina La Face Bianconi,Luca Marconi

Libri e riviste48 Francesco Corrias, Improvvisando tra musica, immagine e poesia

(su Geometrie Vocali, Ricordi)48 Daisy Citterio - Letizia Chiara Colombo, Scheda

(su Suonare il flauto, Ricordi)50 Stefano Lamon, Archetipi, paradigmi e modelli dell’insegnamento della musica

(su Fondamenti di pedagogia musicale, EDT)50 Roberto Agostini, Da non perdere51 Adriana Mascoli, Scheda

(su Ippopo..., OSI-MKT)52 Anna Maria Freschi, L’attualità del pensiero di Rodari

(su Saperi artistici e mutamenti sociali, Edizioni del Cerro)53 Alessandra Anceschi, Scheda

(su La musa stupita, Electa)53 Nadia Tonda Roch, Le SMIM: una storia di trent’anni

(su L’insegnamento musicale, Carisch)54 Elena Viti, Scheda

(su I Sonanti, Mousikè)55 Giovanni Piazza, Cornici creative per il pianista principiante

(su Leggere e improvvisare, Carisch)57 Roberto Albarea, Rassegna pedagogica

Rubriche5 Alessandra Anceschi (a cura di), MATERIALI DI CLASSE �12 Elita Maule - Massimiliano Viel, LA FABBRICA DEI SUONI: Suonare i tamburi19 Mariateresa Lietti, NOTE A MARGINE: BUM: musica con Munari24 Antonio Giacometti, CANTIERI SONORI: Il processo �32 Susanna Pasticci (a cura di), PROVE DI ANALISI: O King [Luciano Berio] di Angela

Carone34 SEGNALAZIONI di Augusto Dal Toso, Roberto Caterina, Gruppo di ricerca

Reggio Children, Alessandra Anceschi, Alexandra Gelpke, Rosalba Deriu,Franca Mazzoli, Giordano Montecchi

47 Arianna Sedioli, L’ATELIER DEI PICCOLI: Blu58 GIORNALE SIEM: Creatività è ricerca

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Hanno collaborato a questo numero:

Roberto Albarea docente di Pedagogia, Università di UdineRoberto Agostini docente di Musica, Scuola Secondaria di primo grado, Bologna

[email protected] Baroni Università di Bologna

[email protected] Bermani operatrice di Suoni di c/arte e Spazi Sonori, BolognaLuca Bernard operatore Museo Internazionale e Biblioteca della musica, BolognaAntonella Caputo docente di Musica e psicomotricista, Milano

[email protected] Carone dottore di ricerca in Musicologia

[email protected] Citterio docente di Flauto traverso, Como

[email protected] Chiara Colombo docente di Flauto traverso, Como

[email protected] Corrias direttore di coro, Spoleto

[email protected] Dal Toso docente di Musica, Scuola Secondaria di primo grado, Vicenza

[email protected] Delfrati pedagogista, Legnano

[email protected] Deriu docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di FirenzeAntonio Giacometti docente di Composizione, Modena

www.a-giacometti.itGiuseppina La Face Bianconi ordinario di Pedagogia musicale, Università di Bologna

[email protected] Lamon docente di Musica, Como

[email protected] Lucchetti docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di Bolzano

[email protected] Marconi docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di Como

[email protected] Mascoli docente di Pianoforte, Scuola Secondaria di primo grado a indirizzo musicale, Como

[email protected] Maule docente di Didattica della Storia della Musica, Conservatorio di Bolzano

[email protected] Murgioni docente Scuola Primaria, BolognaSusanna Pasticci ricercatrice, Università di Cassino

[email protected] Piazza presidente dell’OSI Orff-Schulwerk Italiano, Roma.

[email protected] Pirondini pianista, docente di Musica, Scuola Secondaria di secondo grado, Modena

[email protected] Sedioli formatrice e autrice di mostre e installazioni sonore, Ravenna

[email protected] Tesauro operatrice Museo Internazionale e Biblioteca della musica, Bologna

[email protected] Tidoni operatrice di Suoni di c/arte e Spazi Sonori, BolognaNadia Tonda Roch docente di Flauto traverso, Scuola Secondaria di primo grado a indirizzo musicale, Giaveno

[email protected] Viel docente di Elementi di Composizione per Didattica, Conservatorio di Bolzano

www.maxviel.itElena Viti docente di Propedeutica della Danza, Accademia Nazionale di Danza, Roma

[email protected]

Redazione:

Mariateresa Lietti docente di Violino, Scuola Secondaria di primo grado a indirizzo musicale, [email protected]

Alessandra Anceschi docente di Musica, supervisore al tirocinio SSIS, [email protected]

Lara Corbacchini docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di [email protected]

Anna Maria Freschi docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di [email protected]

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5Mariateresa Lietti

Quando, nel 1962, venne istituita la scuola media unifi-cata, una delle tante conquiste fu la musica per tutti, pre-vista per un’ora obbligatoria in prima e facoltativa in se-conda e in terza.I nuovi docenti assunti, con alle spalle i tradizionali studidi conservatorio, si trovarono però assolutamente impre-parati ad affrontare la situazione e, soprattutto, non ave-vano quasi nulla a cui rivolgersi per colmare i vuoti. Sia-mo ormai abituati a una moltitudine di iniziative, corsi,associazioni, luoghi e momenti di incontro, riviste, testispecialistici, materiali per la formazione on-line; forse trop-pi, tanto che per noi la difficoltà è scegliere perché, comespesso accade, la grandissima offerta di informazione (so-prattutto se di qualità non elevata) produce disinformazione.Ma chi si è trovato a insegnare in quegli anni ha dovutocercare con fatica, soprattutto all’estero, qualche riflessio-ne o idea utile. Da questo contesto nasce il lavoro che haportato Carlo Delfrati a dare vita, nel 1969, alla SocietàItaliana per l’Educazione Musicale (per chi fosse interessa-to rimando alla Breve storia della SIEM di Carlo Delfratidisponible su www.siem-online.it).Una delle prime iniziative pubbliche della SIEM è stata la“Prima Inchiesta Nazionale su Realtà e Problemi dell’Edu-cazione Musicale”, un’indagine sulle pratiche didattichenella scuola media negli anni tra il ’68 e il ’69 fatta spe-dendo un questionario a circa cinquemila indirizzi. Le ri-sposte arrivate (più di milleduecento) sono riportate, a curadi Rita Ferri, sul numero 2 di “Musica Domani”. A questainiziative vorremmo ricollegarci, in occasione dei qua-rant’anni della SIEM, interrogandoci su cosa sia cambiato

Quarant’anni di musica

Materiali di classe(www.musicadomani.it _ Le rubriche _ Materiali di classe)

In corrispondenza con l’uscita di questo numero, sono scaricabili dalla rubrica on-linemateriali relativi a:- La fuga: da Bach a Klee di Alessandra Anceschi

L’accesso e lo scaricamento sono riservati ai soci che possono richiedere nome uten-te e password scrivendo a: [email protected] proposte vanno inviate a [email protected] con le modalità indicatesul sito.

in questi anni così ricchi di avvenimenti (positivi e negati-vi), cosa voglia dire oggi fare educazione musicale, chesenso possa avere un’associazione che di questo si occupa.Cominciamo, in questo numero, con il Confronti e Dibattitti,Quale educazione musicale oggi?, curato da Mario Baroni,quasi un “materiale preparatorio” al convegno della SIEM

“Educazione musicale: punto e a capo?”, che si terrà a Mi-lano nel mese di settembre.Consapevoli del fatto che i tempi sono cambiati e che ab-biamo oggi a disposizione strumenti di ambiti diversi, comeredazione di “Musica Domani” vorremmo incrementarel’interazione tra la rivista cartacea e i materiali on-line.Presentiamo perciò un nuovo spazio sul sito: “Materiali diclasse”, a cura di Alessandra Anceschi (vedi il box in fon-do alla pagina). La rubrica propone percorsi interattivi at-traverso supporti multimediali pensati non per sostituirsiall’intervento dell’insegnante, ma per orientare e suggerireprospettive metodologiche di confronto con differenti am-biti di conoscenza (anche attraverso consultazione di siti eindicazioni di video) e procedure euristiche incentrate piùsui processi di acquisizione dei contenuti, che sull’appren-dimento dei contenuti stessi. La rubrica propone materialigià strutturati, non per fornire prontuari e prodotti confe-zionati in scatola chiusa, ma con l’intento di suggeriremetodi di lavoro: proposte non esaustive dunque, da com-pletate e ampliare. Invitiamo tutti a realizzare attività inclasse con queste modalità, proponendoci poi materiali dainserire sul sito.Un modo per sottolineare il numero 150 di “Musica Doma-ni”, che avrà quarant’anni nel 2010.

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6 Noemi Bermani, Luca Bernard, Michele Murgioni,Linda Tesauro, Francesca Tidoni

Il 26 giugno 1978 Il treno di John Cage. Alla ricerca delsilenzio perduto compie una delle sue Tre escursioni pertreno preparato sulla linea ferroviaria Bologna-Porretta.I microfoni disposti nelle carrozze raccolgono i rumori deltreno, gli altoparlanti posti sui tetti diffondono, durante lasosta nelle stazioni, un mix di tali suoni elaborati in temporeale e i paesaggi sonori della tratta registrati nei mesiprecedenti. A ogni sosta del treno viene organizzata unafesta che coinvolge bande e gruppi musicali del luogo.In occasione del trentennale dell’happening del 1978, il30-31 maggio e il 1 giugno 2008 ha luogo a Bologna Takethe Cage Train. Boletus Edulis, organizzato da “Angelica”Festival Internazionale di Musica. Si tratta di un eventoricco e composito, durato tre giorni, che ha coinvolto di-versi luoghi della città di Bologna e provincia.L’evento è stato inaugurato presso il Museo Internazionale eBiblioteca della Musica di Bologna da Take the Little CageTrain. Performance itinerante sull’opera di John Cage, realiz-zata dalla classe quinta A della Scuola Primaria “D. Romagnoli”.

Suoni di c/arte e Spazi sonoriDa diversi anni a Bologna ci occupiamo di progettare erealizzare laboratori di educazione al sonoro con scuole,biblioteche, istituzioni.Il desiderio e l’opportunità di lavorare su Cage con dei bam-bini ci ha motivate a immaginare e a proporre un inizialeprogetto ad “Angelica” Festival, trovando in seguito la com-plicità e la collaborazione del Museo della Musica e dellaScuola Primaria “Romagnoli”. L’esperienza è potuta nasce-re e si è sviluppata grazie a una rete di relazioni tra soggettiche operano negli ambiti della cultura musicale e dell’edu-cazione dentro e fuori le istituzioni.

Take the Little Cage TrainL’idea di Take the Little Cage Train nasce da un confrontocon Franca Mazzoli – pedagogista tra le più attente alle com-petenze musicali dei bambini – durante il quale è emerso ilsuggerimento di recuperare l’esperienza del treno di Cagedel ’78 in percorsi di educazione al sonoro. La motivazionedi fondo è data dalla rilevanza di identità profonde tra ricer-ca musicale, ricerca culturale e cultura dell’infanzia e dallafecondità della contaminazione tra di esse. La scommessa èquella di provare a superare lo stereotipo più pericoloso:intendere la cultura dell’infanzia come separata dal mondodell’Arte e dalla Cultura degli Adulti.I riferimenti metodologici sono la pédagogie du réveil diFrançois Delalande e la soundscape education di RaymondMurray Schafer, fondatore dei soundscape studies, non-ché, naturalmente, l’opera e la pratica di John Cage.Il percorso si rivelerà denso, articolato e, come dimostranole citazioni delle parole dei bambini, estremamente ricco 1.

In aula e sul territorio: le fasiA) In aula per “pulirci le orecchie”, cimentarci ad ascoltarecon new ears, ovvero sperimentare un ascolto in cui il giu-dizio viene sospeso provando a dare la stessa dignità este-tica a ogni suono. Sono momenti dedicati:- all’ascolto: ascolto consapevole dell’ambiente sonoro della

classe e della scuola, allenamento alla localizzazione dellafonte del suono nello spazio, ascolto corporeo;

- a introdurre la composizione casuale: realizzazione didue brani musicali, una sovrapposizione e una sequen-za di suoni raccolti nell’ambiente-classe tramite regi-

1 Sul sito www.musicadomani.it sono disponibili materiali videodell’esperienza.

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7stratore digitale. Un lancio di dadi definisce la duratadel suono, la scelta dei suoni è delegata all’estrazionedi carte da un mazzo; l’utilizzo di un software di editingdel suono ci permette di ascoltare immediatamente ilrisultato dell’esperimento;

- a parlare insieme del personaggio di Cage (sul quale ibambini si sono già documentati) e del concetto di si-lenzio: «Silence is not acoustic – diceva Cage, – it is achange of mind».

B) In stazione e sul treno.Con lo stesso registratore passiamo all’azione sul campo,seguendo metodologie mutuate dai soundscape studies edal lavoro che i musicisti Juan Hidalgo e Walter Marchettifecero nel 1978 per John Cage e il suo treno e proprio neglistessi luoghi: registrazioni di ambienti per campioni di tem-po (per esempio un minuto ogni mezz’ora, senza interve-nire sulla natura dei suoni); registrazione di eventi sonoriprovocati dall’interazione intenzionale dei bambini con gliambienti sonori esplorati; registrazione di soundmarks. Inun pomeriggio è stata esplorata la stazione centrale di Bo-logna e, in un viaggio speciale di una giornata intera, ascol-tati e raccolti gli eventi sonori del viaggio. Ambienti sono-ri diversi e anche contrastanti per tipologie, densità e in-tensità di suoni: l’interno del treno regionale che alle ore10,04 è partito da Bologna verso Porretta Terme, la sostaferroviaria a Pioppe di Salvaro, il fiume Reno, la stazione eil paese di Porretta.I tempi di percorrenza e di sosta vengono cronometrati daibambini, lo schema temporale del viaggio rigorosamenteredatto: ci forniranno una chiave per creare la partituradei nostri futuri brani musicali.Il registratore ferma su scheda digitale in tutto 102 tracce, dicui 25 in stazione a Bologna e 77 durante il viaggio in treno.

C) Di nuovo in aula, l’esperienza della composizione aleatoria.Definendo una struttura complessiva si può lasciare che ilcaso, attraverso l’estrazione di biglietti da un sacchetto,compia le scelte compositive.L’affidarsi al caso ha una valenza fondamentale, che si svi-luppa in due direzioni: ogni suono ha la stessa possibilitàdi essere scelto e, di conseguenza, la stessa pregnanza, lostesso valore estetico; la selezione che ne risulta inoltreprescinde dalle preferenze personali o di chi, nel gruppo,ha più facilità a far valere le proprie scelte.Le durate vengono segnate su carta da lucido, come nelcaso di Fontana Mix: non per un esercizio di stile ma perpromuovere un’idea di creatività che sia sperimentazione ericerca di un maggior numero di variazioni possibili datoun numero finito di elementi. È ciò che faceva John Cagenella costruzione delle sue partiture su fogli di carta dalucido mobili e sovrapponibili ma anche quello che propo-neva, non a caso, Bruno Munari che proprio a Cage e RemyCharlip dedica il suo Cappuccetto Bianco.Il caso decide la posizione degli eventi sonori sulla carta ela loro durata, secondo la corrispondenza 1 minuto di viag-gio = 1 secondo di suono; i suoni durano infatti da 1 a 73secondi. Tutti i suoni raccolti sono stati utilizzati in diver-

se combinazioni di sequenza e in sovrapposizioni, com-presi i momenti di silenzio. Per contrasto, alla fine, com-poniamo in gruppo quattro brani con «i suoni che ci piac-ciono»: un altro percorso, altre strategie di decisione col-lettiva da mettere in atto. Ne risultano infine venticinquecomposizioni aleatorie e quattro volontarie, composizionicollettive oppure a piccoli gruppi da 3-4 bambini. I risulta-ti di questa fase sono dei mix, ove i suoni del paesaggiosonoro vengono decontestualizzati per crearne di nuovimediante la loro frammentazione e sovrapposizione. Tali“flussi frammentari di eventi sonori” sono confluiti, comedescritto più oltre, nella “sala d’attesa” del Museo dellaMusica intrecciandosi ai testi recitati dai bambini.

Il Museo della MusicaIl motivo per cui il Museo Internazionale e Biblioteca dellaMusica di Bologna ha deciso di salire sul Treno di Cagerisiede nella sua stessa missione e in parte anche nella suagiovane storia.Il Museo apre nel 2004 e articola la sua attività intorno aun patrimonio storico-musicale di enorme valore che, perla peculiarità del linguaggio che lo sottende e per profon-dità storica, richiede specifiche strategie di divulgazione.Per questo motivo, fin dal principio, il progetto didatticomira a coinvolgere, oltre all’aspetto prettamente museale,le competenze di base legate alla musica. Tale impostazioneha permesso di realizzare percorsi in sinergia con le scuo-le, sviluppando un concreto lavoro di supporto ai loro per-corsi didattici; siamo così diventati “consulenti” per gliinsegnanti che si sono rivolti a noi, consolidando un rap-porto molto stretto con il territorio, reso ancor più solidodalle numerose collaborazioni che il Museo ha avviato conle principali istituzioni culturali bolognesi.L’occasione di partecipare attivamente alla manifestazionepromossa da “Angelica” Festival per il trentennale dal Tre-no di Cage è diventata quindi una grande opportunità di“conservare e divulgare” la memoria della vita musicale diquesta città, riferendoci inoltre a un passato recentissimo.

Il LaboratorioIl Laboratorio per la didattica del Museo si è occupato diinserire l’esperienza del Treno di Cage nell’ambito dellapiù ampia produzione di Cage, attraverso visioni di filma-ti, ascolti analitici e laboratori pratici sulle tecniche compo-sitive del musicista americano.Il primo incontro con Cage è mediato da un filmato del 1960.Sul muro appaiono le immagini in bianco e nero di unvecchio programma televisivo americano 2. Ospite d’onoreJohn Cage. Il conduttore di I’ve got a secret si fa sussurrareall’orecchio la lista degli “strumenti” utilizzati per l’immi-nente esecuzione: una papera di gomma, una vasca dabagno, un bollitore, cubetti di ghiaccio, un piano grancoda… Mentre Cage passa da un oggetto all’altro, il pub-blico in sala ride. Ride così tanto da coprire la tessitura diWater Walk.

2 Il video citato è disponibile su www.youtube.com.

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Cage non ride. E neanche i bambini che in silenzio e a occhispalancati stanno bevendo ogni particolare della scena:«Ridevano...»«Ci sarà rimasto male!»«Lui stava suonando, aveva un progetto…»«Da cosa l’hai capito?»«Aveva un cronometro. Sapeva cosa fare e quando…»Dopo la visione, sul lungo tavolo del laboratorio, abbiamopreparato decine di oggetti da cucina, ne abbiamo esplora-to i suoni, abbiamo provato a organizzare vari ensemble;ci siamo dati delle strutture e abbiamo iniziato a raccoglie-re le nostre prime registrazioni.L’incontro successivo inizia con l’ascolto di Bacchanale, ilprimo brano di Cage per pianoforte preparato. Lo scopoche aveva mosso il musicista verso la manipolazione dellostrumento era di avere a disposizione, nel breve spazio diuna tastiera, un set completo di percussioni con cui ac-compagnare le coreografie di Syvilla Fort. I bambini han-no realizzato la preparazione del pianoforte a coda delMuseo, utilizzando una grande varietà di piccoli oggettidiversi, sperimentando la possibilità di ricercare effettitimbrici attraverso la loro posizione sulle o fra le corde,graduando la distanza dal punto di percussione o dal pon-te, sfruttando la vibrazione per simpatia…Il terzo incontro ha avuto come elementi centrali due notecomposizioni, Radio Music e Imaginary Landscape n. 4 , incui Cage utilizza il suono di apparecchi radiofonici comemateriale per la composizione. È stato subito chiaro che l’ef-fetto di questo tipo di sperimentazione non sarebbe statoprevedibile, costituendosi di materiale musicale estempora-neo e deciso dalla programmazione radiofonica. Si è quindiriflettuto su quali potessero essere i fattori musicali suscetti-bili di controllo e di organizzazione: il volume, la frequen-za, la persistenza nel tempo, la gradualità o l’immediatezzadella scomparsa dallo spazio sonoro collettivo, la saturazio-ne o la rarefazione di esso. Con questi elementi abbiamocomposto nel tempo una suite che vedeva l’alternarsi dimomenti fortemente strutturati e decisi al cronometro a parti

improvvisate, di entrate singole e intimistiche a momenti incui le voci delle singole radio si fondevano in una babiloniadi suoni dal forte impatto sonoro.Neanche per un momento questi bambini hanno messo indubbio il valore musicale delle operazioni di Cage, il cuipiù grande regalo alla pratica didattica consiste in questaformidabile esperienza di ascolto e nell’apertura a un con-cetto di “sonoro” allargato.Quello che per molti è stato recepito come pura provocazionedi un artista in rottura polemica con la tradizione, per loro hasignificato aprirsi alla poetica del non udibile: hanno ricercatosonorità inedite dentro gli arnesi da cucina e inventato ricettepoliritmiche da gustare con le orecchie; hanno “truccato” lecorde del pianoforte fino al radicale travestimento; accenden-do le radio, hanno costruito cattedrali di suoni con quello chec’era: vecchie canzoni, discorsi politici, telecronache, ultimisuccessi, minacce di bombe e messaggi di pace. Hanno chiusole bocche e aperto il silenzio, perché «il suono nasce solo aspese del silenzio» come ha detto Debussy o, se preferite, «ilsilenzio mi teme» come scrive una bambina della classe.

La performanceEmerge un fattore inerente la musica contemporanea cheinteressa anche l’ambito delle esecuzioni e dei concerti:la capacità di rendere visibile, percepibile il processo chesottende la composizione, i criteri, le idee adottate. Que-sto traguardo, arduo nel momento in cui si tratta di tra-smettere questa conoscenza a un ampio pubblico, è statoanche un obiettivo delle performance tenute dai bambi-ni; in ciò si sono fatti mediatori di una serie di innova-zioni, di invenzioni, di esperimenti e di una poetica.Per questo motivo ci siamo chiesti, insieme ai bambini,come rendere conto di tanta ricchezza raccolta, persegui-ta con la tenacia dei cercatori d’oro e scovata per gioco o– e forse è lo stesso – per caso.Ci è sembrato allora naturale apparecchiare per il nostropubblico la stessa esperienza sonora, trascinandolo di stan-za in stanza, di stazione in stazione, percorrendo un viag-

Performance a Bolognaper il Treno Cage[fotografia di Nanni Angeli].

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9gio attraverso paesaggi sonori possibili e impossibili, reali,evocati o solo sognati.A guidare la locomotiva di questo viaggio immaginario,un Maestro di Cerimonie scelto fra i bambini della classeche, per tre repliche successive, ha accompagnato i visi-tatori-passeggeri lungo il percorso, mostrando strade, sug-gerendo soste, consigliando partenze.Complice la struttura del Museo, ogni ambiente ha finitoper essere aperto, percorribile, “violabile”, invitando il pub-blico a entrare fisicamente nello spazio sonoro, a bucarela tradizionale separazione fra pubblico e performer finoa confondersi, a mischiarsi, a scambiarsi con essi.In questo forse la vera scommessa o la vera provocazio-ne, intesa letteralmente come tentativo di fare accadereo, meglio, di “lasciar succedere”: l’azzardo di fare dellospettatore un partecipante.Il viaggio, iniziato con la visione dello stesso filmato concui era iniziata la conoscenza di Cage da parte dei bam-bini, è proseguito nella stanza allestita come immagina-ria sala d’attesa, è proseguito attraversando un paesaggioquasi industriale ottenuto con i suoni degli oggetti dicucina e, seguendo il filo di Arianna degli apparecchiradiofonici, è approdato alla sala da concerto.Qui è stata la volta delle composizioni per piano prepara-to: l’occhio fisso della telecamera proiettava in alto, per ilpubblico, lo sguardo dei bambini concentrato sull’internodel pianoforte, su quegli oggetti poggiati o incastrati fra lecorde, a inseguirne il movimento e la vibrazione, come sefossero quegli oggetti l’unica partitura da seguire.Intanto il Maestro di Cerimonie, con pari presenza e in-tensità dalla prima fino all’ultima replica, rievocava l’ori-gine del binomio danza/piano preparato, improvvisandoun lungo ballo non etichettabile: “acrobatico”, “contem-poraneo”, “attoriale”.Il nostro finale ha citato 4.33, il brano forse più noto diCage. La classe disposta come una vera orchestra, immo-bile e con gli strumenti in mano; gli occhi puntati su A.

che dirige con le mani una musica immaginaria. Un mi-nuto e trentatrè secondi di silenzio. A finestre aperte.

Il punto di vista del maestroTutto è cominciato con una piccola violazione della pri-vacy: a loro insaputa abbiamo registrato le voci dei bambi-ni durante un minuto di ricreazione. Riascoltandoli insie-me, dal marasma di voci e rumori confusi sono emersepiccole storie, gesti, parole.Il tentativo di cercare il silenzio è stato il passo successivo;subito è apparsa chiarissima una cosa: il silenzio assolutoè impossibile da trovare. Il nostro silenzio ha fatto emer-gere dal basso un sottile tappeto di piccoli suoni ai qualinormalmente non prestiamo molta attenzione, un sotto-fondo che ci accompagna ovunque siamo.Con questa consapevolezza ci siamo preparati al “minutodi silenzio” nella sala d’attesa della stazione di Bologna,registratore alla mano, il cuore gonfio di quella storia ma-ledetta del 2 agosto 1980. Entrando in quello spazio, inuna mattinata qualsiasi, piena di gente qualsiasi, sapeva-mo bene di non essere invisibili, ma la nostra trasparenzaacustica è stata perfetta: ognuno ha liberamente esploratolo spazio con in testa i propri pensieri, leggendo la lapide,misurando con lo sguardo gli squarci del muro e del pavi-mento, ascoltando il cigolio delle sedie e gli annunci am-plificati dall’altoparlante. E poi via, a caccia di ogni picco-lo rumore all’interno dell’ambiente, con la grande atten-zione al momento magico della registrazione.La grande capacità sviluppata attraverso questo lavoro èstata quella di metterci in ascolto, protagonisti silenziosi.Chi lavora con i bambini sa che questo è un traguardoambito, imprescindibile conquista per ogni ulteriore osser-vazione, pensiero, ascolto, riflessione.L’altra scommessa è stata la progettazione della performan-ce. Siamo partiti “dal nulla”, dovendo inventare ogni ele-mento, ogni passaggio, ogni incastro, ogni dettaglio tecni-co: è un’operazione davvero complessa e un sorprendente

La parola ai bambini

Dopo l’ascolto della registrazione dei suoni della stazione di Bolognae la lettura di Odo l’America cantare di Walt Whitman.

«Odo il treno che arriva.Sento chiacchierare le sedie con voce stridente.Odo la voce tremolante del distributore.Il gemito del treno che frena.Sento la sala timida che parla con filo di voce.Sento le cunette sorpassate dalla valigia.Sento la voce ferma e potente che proviene dal citofono.Il frullio del trapano.Il bip nel silenzio.Lo sputo leggero dell’ acqua.Bimbi impauriti e voli di uccelli.»M.«Il cigolio della porta sta strillando con le zanzare attorno e l’arri-vo del treno,l’annunciatrice sembra che ha la voce tirata e consiglia di nonattraversare i binari,con una pubblicità e un fischio finale.Questa voce sembra una papera,

una rotella ruota per terra,qualcuno ha urlato,il maestro fischia e i ragazzi urlano,il battito delle ali con il battito di piedi.»M.«Lo “zam zam” mi dà l’impressione di una sega...L’altoparlante sembra un suono di robot o una cornacchia.Questo sembra un tamburo che va a ritmo.Questo suono ha sotto un altro suono…Questo battito di ali è molto affollato.»J.«Odo le sedie che si parlano,il treno dice “attenzione”l’altoparlante dice: “treno in partenza al binario uno”.Odo le voci: sembra che stanno litigando.Odo i passi delle scarpe che dicono “sto arrivando”,la televisione che fa sentire le canzoni,la valigia che sembra che sta rotolando su se stessa.Il fischietto dice “dobbiamo partire”.Odo la battaglia di ali degli uccelli.»K.

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terreno di sperimentazione per la capacità che un gruppoha di autorganizzarsi. L’insieme di quanto è stato realizza-to dai bambini è di gran lunga superiore alla somma deisingoli elementi, segno che il gruppo ha saputo tirare fuorida ognuno qualcosa di più del proprio meglio.Vorrei raccontare infine un piccolo episodio capitato versola fine dell’anno scolastico quando il lavoro su Cage eragià alle nostre spalle. Era sera e stavo accompagnando versocasa uno dei bimbi della classe. L’avevo appena rimprove-rato per un litigio che aveva avuto con alcuni compagni;lui cercava affannosamente di spiegare le sue ragioni, mi-tragliando frasi dalla sintassi incerta, resa ancor più tra-ballante dall’agitazione del momento. A un tratto, cammi-nando, inavvertitamente ha colpito un palo metallico conuna mano, producendo un sonoro Sdeeng!; improvvisa-mente ha fermato il passo e la parola e dopo un secondomi ha detto: «Sentito che bel suono?»

BibliografiaAlla ricerca del silenzio perduto. Il Treno di John Cage acura di Oderso Rubini - Massimo Simonini, BaskervilleArtbooks, Bologna 2008.Ambiente. Lezione numero zero, a cura di Marco Geronimi- Bruno Munari - Giovanni Belgrano - Umberto Cattabrini,Comune di Milano-Fondazione Cariplo, Milano 1987.JOHN CAGE, Silenzio. Antologia da Silence e A Year fromMonday, Feltrinelli, Milano 1971.JOHN CAGE - TITO GOTTI, Alla ricerca del silenzio perduto, in“Bologna incontri. Mensile dell’Ente provinciale per il tu-rismo di Bologna”, 3, 1978.JOHN CAGE, Per gli uccelli. Conversazioni con Daniel Charles,Testo & Immagine, Torino 1999.FIORELLA CAPPELLI - IDA MARIA TOSTO, Geometrie vocali, Ricor-di, Milano 1993 e 2008.FRANÇOISE DELALANDE, Le condotte musicali. Comportamenti emotivazioni del fare e ascoltare musica, CLUEB, Bologna 1993.FRANÇOISE DELALANDE, La musica è un gioco da bambini, Franco

Angeli, Milano 2001.MAURIZIO DISOTEO, Il suono della vita. Voci, musiche, rumorinella nostra esistenza quotidiana, Meltemi, Roma 2003.WILLIAM DUCKWORTH, Talking Music. Conversations with JohnCage, Philip Glass, Laurie Anderson, and Five Generationsof American Experimental Composers, Da Capo Press, NewYork 1999.BRUNO MUNARI, Cappuccetto Bianco, Corraini, Mantova 2007.Musica e suoni dell’ambiente a cura di Albert Mayr, CLUEB,Bologna 2001.RAYMOND MURRAY SCHAFER, Il paesaggio sonoro, RicordiUnicopli, Milano 1985.RAYMOND MURRAY SCHAFER, Educazione al suono: 100 eserci-zi per ascoltare e produrre il suono, Ricordi, Milano 1998.WALT WHITMAN, Odo l’America cantare, in Foglie d’erba, Riz-zoli, Milano 1997.Brani citati di John CageBacchanale, 1938 da testimonanze, 1940 in partituraFontana Mix for tape, 1958Radio Music, 1956, 1-8 radioImaginary Landscape n. 4, 1951, 12 radio4.33, 1952

Siti webwww.iltrenodijohncage.itwww.aaa-angelica.com/takethetrain.htmlwww.astroman.it/oderso/detail.asp?link_id=479&cat_id=25&sub_id=80http://solomonsmusic.net/4min33se.htmwww.johncage.infowww.ubu.com/historical/cagewww.parol.it/articles/seminario_principe8.htmwww.medienkunstnetz.de/works/fontana-mixwww.youtube.com/watch?v=SSulycqZH-Uwww.suonidicarte.orgwww.spazisonori.namewww.museomusicabologna.it

La parola ai bambini

Feedback: «Cosa hai scoperto che non sapevi o non sapevi di sapere?»

«Non sapevo che ero capace di usare l’improvvisazione. Perchél’improvvisazione è più difficile di quanto pensate. L’improvvisa-zione ti fa capire un’esperienza di vita. Tutta questa esperienza miha fatto stare un po’ zitta, grazie Cage.»A.«Ho scoperto di sapere che non sapevo che la stella del piano pre-parato quando la facevo saltare premendo i tasti durante una pro-va è caduta nelle corde... questo vuol dire che le vibrazioni fannovibrare quello che impedisce loro di suonare, quindi un ostacolova sempre affrontato soprattutto se ti mette i bastoni fra le ruote.Suonare vuole dire esprimere quello che hai dentro e forse le vi-brazioni vogliono farci capire che loro devono vibrare, è questo illoro mestiere!»J.«Io ho scoperto un nuovo musicista che usava: il caso, il silenzio,

l’improvvisazione. Questo musicista si chiama John Cage e graziea lui ho scoperto il valore del silenzio e la casualità...»Y.«... io non sapevo che esistesse John Cage ma dopo che ci abbiamolavorato è come se lo sapevo da tutta la vita.»K.«... io ho scoperto che l’improvvisazione non è stata fatta a casoma ragionata...»R.«Questo spettacolo è venuto bene perché, forse, tutti pensavamoche per fare una cosa come quella di John Cage ci volevano ladisciplina e la sua mente, e con questo tipo di mente abbiamofatto uno, anzi tre spettacoli con i fiocchi.»P.«... ho scoperto che la musica è in ogni momento e che è megliotogliere che mettere, ma il silenzio totale non esiste...»M.

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11Diventa Socio della SIEML’iscrizione alla SIEM è un’occasione preziosa per:

conoscere esperienze, tecniche e metodi nuovi per l’educazione musicalepartecipare al confronto sui problemi dell’insegnamento musicale in Italia

I soci, oltre a partecipare alle attività e alle iniziative della SIEM, ricevono:la rivista “Musica Domani”i Quaderni di ricerca e di didattica della SIEM

per chi si iscrive entro il 31 marzo, il numero 147 di “Musica Domani” (giugno 2008) con allegato il CD

Voglie parlà, contenente un progetto di divulgazione scolastica contro la camorra e tutte le mafie patro-cinato da Regione Campania, Libera e Amnesty International

I soci SIEM hanno diritto a sconti del 15% su pubblicazioni EDT (a condizione che l’acquisto venga fattodirettamente presso l’editore) e sull’abbonamento a “il giornale della musica” ([email protected]).

QUOTE ASSOCIATIVE per il 2009 QUOTE ANNUALI 2009 QUOTE TRIENNALI 2009-2010-2011

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biblioteche: ††††† 43,00 ††††† 108,00

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soci studenti: ††††† 28,00 -(persone fisiche maggiorenni che, all’atto dell’iscrizione,non abbiano superato i 25 anni e non svolgano attivitàlavorativa continuativa)

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Puoi versare la tua quota tramiteBOLLETTINO POSTALE o BONIFICO BANCARIO, con versamento sul CCP n. 19005404 intestato a Socie-tà Italiana per l’Educazione Musicale - via dell’Unione, 4 - 40126 Bologna, Codice IBAN (obbligatorio)IT 20 P 07601 02400 000019005404

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Elita Maule - Massimiliano Viel

Suonare i tamburi:dal Medio Oriente all’EuropaI bambini e i ragazzi di oggi possiedono un’identità musi-cale spesso meticcia, contaminata da un processo di accul-turazione che li accompagna fin dalla nascita, da espe-rienze musicali multiformi le cui radici non sono del tuttoautoctone.Questa contaminazione musicale, che ha origini antiche eaccompagna tutta la storia della civiltà occidentale, si ri-vela un argomento assai significativo da trattare a scuola:consente di recuperare la nostra identità storica e i legamiche ci riconducono al nostro passato, ma consente anchedi riconoscere i debiti che, nel corso del tempo, abbiamocontratto con culture lontane e che oggi certa ideologia cisprona a considerare ostili e “inferiori”.In questo numero della rubrica vogliamo fornire un con-tributo per promuovere l’incontro fra due culture, quellaoccidentale e quella mediorientale, oggi quanto mai ne-cessario; si può farlo attraverso stimoli semplici ma mo-tivanti e operativi, proponendo loro la costruzione deinaqqara, uno dei più significativi e rappresentativi stru-menti a percussione arabi di origine saracena che, intro-dotti nell’Europa medievale dai crociati, prenderanno innome di nacaires.Si tratta di una coppia di tamburi, con cassa semisferica oa cono, generalmente in metallo, in terracotta o ceramica,precursori dei nostri attuali timpani, ampiamente docu-mentati nell’iconografia musicale europea a partire dai primianni del ’300 e considerati strumenti aristocratici impiega-ti tanto in battaglia quanto nei tornei.I naqqara, menzionati per la prima volta dal cronista diLuigi IX a proposito dell’impiego dello strumento da partedei Saraceni durante la Settima Crociata (1248-54) e suo-nati in coppia e con battenti, potevano produrre «un suonosia robusto sia leggero, per cui potevano essere impiegatiper l’accompagnamento di ogni tipo di musica, da quellamarziale alla danza» 1.Questi tamburi, ancora ampiamente diffusi in tutto ilMagreb, nella penisola arabica, in Iran ma anche in Tur-chia e in India, sono stati più volte citati e descritti nellapoesia classica araba: menziona i naqqara anche il grandepoeta mistico persiano Rumi.Durante il califfato abasside, i naqqara venivano utilizzatiin Egitto per introdurre le cinque preghiere quotidiane delrito islamico mentre altri di piccole dimensioni (come quelliche costruiremo) sono tuttora usati in ensemble strumen-tali.

Modalità di costruzioneMateriali occorrenti: due vasi di terracotta (da fiori)semisferici di diametro 18-26 cm, variabili a piacere (sisconsiglia un diametro maggiore perché il tamburo risul-terebbe troppo pesante da sostenere per i bambini); cartaelefante (viene chiamata così una carta di tipo pergame-

nato); colla da parati (diluibile in acqua: un cucchiaio datavolo per ogni litro); colla vinavil, pennelli, forbici, mati-te e materiali per la decorazione a piacere.Ponendo la parte superiore del vaso sopra il foglio di cartaelefante, tracciamone la circonferenza con una matita.Ampliamo quindi il cerchio che abbiamo disegnato facen-do in modo che risulti almeno 4 cm più grande di prima.Pratichiamo dei tagli sulla carta lungo la circonferenza,dall’esterno all’interno del cerchio e fino al segno tracciatoprima con la matita, in modo che risultino distanti 2 cmcirca l’uno dall’altro: questa operazione servirà per tende-re meglio la carta-membrana sul tamburo e per evitare chesi formino grinze lungo il perimetro.Con un pennello spalmiamo la colla da parati sia da unaparte che dall’altra del cerchio di carta in modo da impre-gnarlo per bene. Appoggiamo quindi la nostra membranasopra il vaso: per tenderla bene è necessario tirarla legger-mente, afferrando alcune delle linguette ritagliate, in modospeculare.Dopo aver lasciato asciugare il nostro tamburo (possiamoservirci, per accelerare i tempi, anche di un asciugacapel-li), procediamo a decorarlo a piacere. I naqqara raffiguratinell’immagine sono stati decorati incollando pezzetti dicarta velina colorata sul vaso e, lungo il bordo, rafia eperline.

Modalità di esecuzioneI naqqara sono in genere percossi con dei battenti in legnoo, saltuariamente, anche con le mani. Data la natura nonresistentissima della nostra membrana, consigliamo di suo-nare i nostri tamburi con quest’ultima modalità in mododa evitare possibili lacerazioni della carta.Il suono prodotto dallo strumento autocostruito, la cui fa-cile realizzazione si rivela adatta anche con i bambini del-la scuola dell’infanzia, non ha nulla da invidiare a quelloprodotto da tanti tamburi più professionali. Percuotendola membrana al centro otterremo un suono più cupo e gra-ve (che in Medio Oriente viene chiamato dum); percuoten-dola al bordo otteniamo un suono più chiaro (tak).

Nacaires Naqqara autocostruiti (dietro)in una miniatura del 1300 e proveniente dalla Libia (al centro)

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Proposte didattichee composizioniI naqqara, come tutti gli idiofoni a membrana, possonoessere suonati in molti modi e con tante timbriche diverse;possono essere percossi con le mani, in vari punti e invarie posizioni, ma anche con le dita; possono essere suo-nati con battenti di varie fatture, dalla bacchetta per batte-ria, a quella per tamburi (toms), morbida o dura, alle spaz-zole, alla cosiddetta Superball, nel caso si vogliano ottene-re dei “brontolii” bassi causati dalla frizione della pallinadi gomma contro la membrana.Volendo si può anche percuotere lo strumento sul corporisonante in modo da produrre colpi acuti e relativamentesecchi oppure usare il rim-shot, ottenuto appoggiando ilmanico di un battente sul bordo dello strumento e facen-dolo scendere con forza sia sulla membrana che sul bordo(opposto) per ottenere un colpo secco, uno shot appunto.Queste sono tutte tecniche che nascono da strumenti si-mili ai naqqara, come congas, bongo, djembé, timbales einsomma tamburi di diverso tipo per i quali può essereprodotto un repertorio di base comune che prescinda da-gli stili utilizzati nelle culture proprie di ciascuno stru-mento.Abbiamo già accennato al fatto che i naqqara autocostruitihanno una membrana particolarmente delicata e vannoquindi trattati senza troppa forza. In effetti non tutte lemodalità esecutive elencate sono adatte a questo strumen-to, pur essendo perfettamente possibile praticarle tutte.Partiamo dunque con la tecnica più silenziosa, quella chefa uso delle dita, ricordando che i naqqara sono imparen-tati con i tabla diffusi nell’India del Nord (ma anche con inostri timpani) e che vengono suonati anche utilizzando ledita. Come i tabla, anche i naqqara sono spesso presenti incoppia: un tamburo dal suono più acuto (la femmina) euno dal suono più grave (il maschio). Noi però per sempli-cità attribuiremo sempre un solo strumento per esecutore,con la possibilità per l’insegnante di sviluppare tecnica escrittura a seconda del contesto.Il brano che presentiamo è scritto in notazione TUBS e uti-lizza un dito di ogni mano (indice o medio) da percuoterecon delicatezza vicino al bordo dello strumento. I tremoli(indicati dalle linee tratteggiate) vengono eseguiti alter-nando velocemente indice e medio. Naturalmente abbia-mo riservato gran parte dei tremoli per la mano destra, manel caso di mancini è opportuno invertire le parti per ledue mani.

Marcia in punta di piedi

Possiamo partire da questo brano per crearne un altro piùcomplesso nel risultato, ma anche più semplice dal puntodi vista esecutivo. Per prima cosa separiamo e arricchiamo

gli attacchi con tremolo da quelli con colpi semplici inmodo da avere due parti che possono essere distribuite adue gruppi di esecutori. In questo modo possiamo eseguirele parti ognuna con una tecnica esecutiva diversa in mododa esplorare molte, se non tutte, le possibilità espressivedello strumento. Sarà cura del direttore scegliere o improv-visare, magari con l’aiuto di cartelli, una versione in cui ledue parti potranno indipendentemente suonare utilizzan-do le modalità sotto indicate, con il risultato anche di alte-rare la dinamica e l’equilibrio tra i gruppi di esecutori. In-fine, per i più pigri, aggiungiamo due parti di ostinato, laprima da usare secondo la partitura, la seconda da esegui-re sempre battendo con le bacchette sul corpo dello stru-mento o sul bordo.Si termina con un colpo finale per tutti.

Parata di scimmie e scimmiotti

Scimmie

Scimmiotti

Ostinato1

Ostinato2

Modalità d’esecuzioneM con le mani sui bordiD con le dita sui bordiB con le bacchette nel centroL con il lato delle bacchette sui bordis silenzio, non si suona!N normale, cioè con una mano che colpisce il centro e

l’altra che colpisce il bordo (solo per l’ostinato 1)

Ecco un esempio di partitura:

Utilizzando questa struttura si potranno inventare tantis-simi brani per percussioni, sperimentando nuovi patternanche sovrapponendoli a quelli qui presentati.

1 JEREMY MONTAGU, Nacaires, in Dizionario Enciclopedico Universaledella Musica e dei Musicisti, Il Lessico, vol. III, UTET, Torino 1984, p.308.

manodestra

manosinistra

bordo

centro

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Giulio Pirondini

Pianofortea prima vista

Qual è la funzione forma-tiva della lettura a prima vi-sta? Come sviluppare questacompetenza? L’autore affron-ta questo tema, spesso trascu-rato nel nostro Paese, attraversoun’analisi comparata dei principali me-todi in circolazione.

Più volte negli ultimi anni, con una frequen-za e una convinzione sempre maggiori, è statasegnalata in diversi ambiti musicali l’opportu-nità di incentivare l’apprendimento della letturaa prima vista, nel tentativo di restituirle così ilgiusto peso nel tradizionale percorso di studi.Ancora troppo pochi (e comunque generalmentepiuttosto affrettati e non esaustivi) sono stati tuttaviagli sforzi diretti ad approfondire adeguatamente i molte-plici aspetti di questa importante abilità e attività musica-le, sia da un punto di vista prettamente tecnico, fisiologi-co, sensomotorio, psicologico, sia con l’intento di analiz-zare e sintetizzare i contributi didattici, le pubblicazioni, imetodi proposti nel corso degli anni da vari autori.Attraverso un lavoro di ricerca 1, si è dunque cercato dirispondere a una domanda fondamentale: l’insegnamentodella lettura a prima vista può esibire un autentico valorein senso didattico, acquistare piena dignità educativa al-l’interno di un tradizionale corso di strumento e contribui-re così in modo importante (se non addirittura necessario)alla formazione musicale specializzata dell’individuo? Inquale modo?

Imparare a leggere«E in che consiste l’arte di leggere a prima vista? In questo:suonare il pezzo al tempo giusto, come deve esser suonato,rendere tutte le note, le battute ecc. con l’espressione e ilgusto che loro aspetta, cosicché il pezzo sembri compostoda chi lo suona» (Abert 1984, p. 542).

1 Il presente articolo costituisce una sintesi della Tesi di Diploma inDidattica della musica, discussa nell’A.A. 2007-2008 presso l’Isti-tuto Superiore di Studi Musicali “O. Vecchi – A. Tonelli” di Mode-na e Carpi; relatrice la professoressa Donatella Bartolini.

Se è vero che le indagini degli ultimi de-cenni hanno potuto chiarire nel dettaglio i mec-canismi fondamentali alla base della lettura all’impronta –offrendo così suggerimenti sempre più precisi e mirati auno sviluppo adeguato delle abilità in gioco – è altresìindubbio che le problematiche più rilevanti concretamenteconnesse a questa pratica musicale siano rimaste, nei se-coli (come evidenzia appunto questo estratto di una letteradi Mozart al padre), in larga parte invariate. In particolare,il percorso evolutivo della lettura a prima vista sembraessere caratterizzato da una sostanziale “staticità” in sensodidattico e pedagogico.Perché dunque – da sempre e ancora oggi – leggere (ovve-ro suonare) a prima vista fa paura?

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Innanzi tutto, la consapevolezza della lettura a prima vistacome «forma di prestazione esperta» (Sloboda 1998, p. 120)costituisce probabilmente, dal punto di vista dell’insegnante,un pesante freno nel contemplare tale pratica all’internodella propria azione educativa, in particolare di fronte adallievi giovani o principianti. Si preferisce insomma co-minciare con lo studio approfondito dei brani in program-ma, affidando lo sviluppo delle abilità di lettura al buonsenso dello studente, al suo impegno, alla maturazionenaturale delle sue capacità di comprensione e analisi mu-sicale, senza che vi sia in realtà una “spinta” in senso di-dattico da parte dell’insegnante, senza giungere ad alcunmomento di riflessione davvero significativo in merito,senza riuscire ad andare un po’ oltre rispetto al solito sug-gerimento «Guarda avanti e non fermarti!».In particolare, come giustamente rileva Sloboda, accadefrequentemente che il bambino sia sottoposto, fin dai pri-mi momenti del percorso educativo, a un apprendimentopiuttosto impegnativo, basato sia sulle abilità pratiche stru-mentali, sia sulla lettura della partitura: «è un compitoduplice, il cui carico potrebbe risultare eccessivo; ciò fa sìche molti lo risolvano memorizzando, appena se ne pre-senta l’occasione, ogni nuovo brano, in modo da non fardipendere l’esecuzione dalle capacità di lettura» (Sloboda1998, p. 121). È questo il risultato a cui approdano tuttiquei metodi strumentali incentrati sui processi di imitazio-ne degli elementi e strutture musicali proposti dall’inse-gnante e sullo sviluppo prioritario di un feedback uditivo,attraverso numerosi esercizi di ear training (vedi metodoYamaha o Suzuki).La capacità percettiva di decodifica necessaria alla primavista appare dunque, da sempre, davvero cruciale: in qualemodo un buon metodo di studio potrebbe svilupparla? An-nibale Rebaudengo suggerisce, ad esempio, di «saper rag-gruppare le singole note in unità di senso musicale stru-mentale» (Rebaudengo 2003, p. 157), riconoscendo all’istan-te dunque le configurazioni più frequenti quali accordi,arpeggi e scale; ancora Carmen Virgina Sampaolo sottoli-nea l’importanza di individuare il «disegno personalizzato»(Sampaolo 2000, p. 27) che rende facilmente riconoscibilia colpo d’occhio elementi e strutture musicali; Sloboda in-fine ricorda che «l’utilizzo pedagogico di scale e studi haperciò una base psicologica più che sensata. Essi procura-no allo studente l’esposizione a tutta la gamma dei proble-mi di programmazione [motoria], in modo sistematico»(Sloboda 1998, p. 152), permettendogli così di risolvere conmaggiore rapidità i problemi di decodifica e di realizzazio-ne pratica sullo strumento e di possedere, infine, una sortadi «dizionario» di elementi specifici e di intenzioni espres-sive a uso e consumo dell’esecutore stesso.Davvero numerosi, dunque, appaiono essere i suggerimen-ti e le “regole” da seguire per impostare un metodo di let-tura soddisfacente; abbastanza consistente è poi lo stessonumero di metodi ideati e pubblicati in tempi recenti daautori di diversa provenienza, in particolar modo dai paesidi lingua anglofona, Stati Uniti e Inghilterra al primo po-sto. Nello specifico, un attento esame degli argomenti pro-posti e delle modalità attraverso le quali essi realizzano il

processo di insegnamento/apprendimento, permette di con-statare una generale omogeneità in merito alle concezionididattiche e pedagogiche alla base; ciò che sembra presen-tarsi in maniera appena più variegata è il materiale musi-cale offerto e il livello di accuratezza e precisione nel for-nire allo studente indicazioni adeguate al momento op-portuno.

I metodi analizzatiParlando di tipologie di pubblicazione, è importante di-stinguere tra il metodo vero e proprio (eventualmente sud-diviso in diversi volumi, ognuno dedicato a un livello didifficoltà progressivo) e il manuale, il cui approccio è ge-neralmente più teorico che pratico, non offrendo una verae propria proposta di esercizi su cui allenarsi in modo si-stematico, ma descrivendo in maniera discorsiva, più omeno analitica, i problemi connessi all’attività di lettura.In questo lavoro, ci si è accostati fondamentalmente al pri-mo tipo, ritenendo importante valutare nel dettaglio la pre-senza e la natura dei seguenti parametri, rappresentativi diognuno dei metodi di studio esaminati:

1. premessa dell’autore relativa all’utilizzo del metodo;2. indicazioni generali sull’attività di lettura;3. assistenza in itinere (funzione “guida” attraverso sug-

gerimenti e consigli vari);4. monitoraggio dei progressi;5. livello di difficoltà;6. accompagnamento musicale dell’insegnante;7. pentagramma singolo o doppio;8. chiave di basso;9. alterazioni;10. tonalità;11. indicazioni di tempo;12. esercizi di riconoscimento a colpo d’occhio;13. esercizi ritmici;14. segni di espressione;15.diteggiatura e sensibilità tattile e cinestetica;16. suggerimenti ed esercizi vari;17. cura dell’impostazione grafica.

La provenienza dei metodi presi in considerazione testi-monia, come si è detto, una diffusione e un interesse mag-giori nell’area anglofona:

autore titolo nazione edata di pubblicazione

CHRISTOPH BUSCHING Prima vista Germania2001

PAULINE HALL - FIONA MACARDLE Piano time sight-reading Inghilterra1996

PAUL HARRIS Improve you sight-reading! Inghilterra1993

JEREMY NORRIS A prima vista Italia (trad. dall’inglese)1991

JANE SMISOR BASTIEN A Line a Day Sight Reading Stati Uniti1990

JOAN LAST Sight Reading for Today Inghilterra1988

DOROTHY BRADLEY - J. RAYMOND TOBIN Sight Reading Made Easy Inghilterra1947

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Da un’attenta analisi di queste pubblicazioni, appare evi-dente come le regole e i suggerimenti finalizzati alla rea-lizzazione di una buona lettura pianistica a prima vistacontinuino a rimanere, da sempre, gli stessi: osservare ilbrano prima di suonare, leggere lentamente, guardare inavanti, contare, non fermarsi mai e non tornare indietro,non correggere gli errori. Carl Czerny: «Ella deve conti-nuare a suonare il pezzo lentamente sì in principio marigorosamente a tempo […]. Se potesse abituarsi, mentresuona a contare ad alta voce da sé, sarebbe certamenteutile» (Czerny 1909, p. 26); Carl Philip Emanuel Bach, rela-tivamente agli studi proposti nel suo metodo: «Se qualcu-no, avendo molta facilità, desidera leggerli a prima vista,gli consiglio vivamente di esaminarli prima con la dovutaattenzione nei minimi particolari» (Bach 1973, p. 29). An-che per ciò che concerne lo sviluppo della sensibilità tattilenon sembrano esserci nuovi accorgimenti, se non quelloonnipresente di non guardarsi le mani ma concentrarsi in-vece sulla partitura. Alcuni esercizi più mirati, da citare,potrebbero essere quelli proposti da Paul Harris nel suometodo (a occhi chiusi indovinare i salti sulla tastiera par-tendo dal do centrale come punto di riferimento) o nelmanuale di Carmen Virginia Sampaolo (suonare lentamenteun brano conosciuto senza però premere i tasti, in mododa “sentire” la loro posizione sotto le dita, abituarsi a pren-dere come riferimenti i gruppi di due o tre tasti neri, suo-nare a occhi chiusi o al buio). Già Wolfgang AmadeusMozart, del resto, si divertiva a coprire la tastiera con unpanno e a suonarla «come se avesse davanti agli occhi latastiera nuda» (Abert 1984, p. 70).Oltre alle indicazioni sul procedimento di lettura, è inte-ressante notare ugualmente una certa linearità e omoge-neità nella modalità dell’apprendimento. Sembra cioè esi-stere una sequenza temporale ben precisa – rispettata grossomodo dalla totalità degli autori esaminati – in base allaquale proporre i contenuti all’allievo. Per ciò che riguardale indicazioni di tempo, ad esempio, tutti i metodi privile-giano inizialmente esercizi basati su tempi semplici (2/4,3/4 o 4/4), posticipando quelli composti (3/8, 6/8). Il meto-do Bastien, ad esempio, si snoda in quattro volumi ma so-lamente a partire dal terzo viene inserito il 6/8; Buschingaddirittura propone quasi esclusivamente il 4/4 e raramenteil 3/4, non considerando per nulla i tempi in ottavi; altrituttavia (Harris) arrivano a presentare anche tempi misti in5/8, 5/4 o in tempo tagliato.Anche le alterazioni sono oggetto di una sequenzialità co-mune: come è facile comprendere infatti, i primissimi eser-cizi saranno il più delle volte in Do maggiore, privi di alte-razioni al loro interno; poco alla volta si tenderà poi aspostarsi con gradualità nelle tonalità vicine. Esistono na-turalmente esempi estremi, come il metodo di Hall eMacardle, nel quale in tre volumi si arriva al massimo abrani con una alterazione in chiave o, dall’altra parte, quellodi Last (in otto volumi), dove già l’esercizio numero due èscritto in Sol maggiore.Una perfetta coincidenza poi è quella stabilita, nei varimetodi, relativamente al sistema del doppio pentagrammae all’utilizzo della chiave di basso: quasi tutti i metodi co-

minciano fin da subito, infatti, ad abituare l’allievo allascrittura pianistica e dunque ai movimenti oculari oriz-zontali, verticali e incrociati e alla difficoltà di lettura inchiave di basso (che dunque costituisce un prerequisitonecessario). Solo il metodo di Bradley e Tobin, pur presen-tando già dall’inizio la chiave di basso, propone brani conil doppio pentagramma soltanto dal numero 127 del primovolume. La totalità degli autori considerati, infine, sembraessere assolutamente concorde nell’impostare i primi esempisu melodie alternate tra le mani, e invitare solo successi-vamente a eseguire a mani unite; Busching addirittura sem-bra voler evitare questa seconda fase, proponendo quasiesclusivamente esercizi a mani separate o, in ogni caso,con brevissimi momenti di polifonia.Le analogie fin qui illustrate a un livello generale, hannocomunque portato alla luce l’esistenza di alcune differenzenelle particolari modalità di approccio o di presentazionedei contenuti stessi: una certa varietà nella tipologia diesercizi proposti, nell’importanza di alcuni aspetti piutto-sto che altri circa l’attività stessa di lettura o, semplice-mente, nella cura grafica del metodo, è infatti pur semprerilevabile. Alcuni autori, ad esempio, forniscono non soloun’ampia premessa relativa all’utilizzo del metodo e agliobiettivi fondamentali che si pongono, ma descrivono bre-vemente vantaggi e svantaggi della lettura a prima vista eindicazioni di vario genere. In questa prospettiva, JeremyNorris offre senza dubbio la descrizione più precisa e pun-tuale sul corretto apprendimento e svolgimento dell’abilitàdi lettura estemporanea, arrivando anche a formulare inte-ressanti osservazioni di natura didattica. A proposito delsuggerimento di localizzare, prima di suonare, le note ri-battute, ad esempio, egli nota come «curiosa [sia] la ten-denza generale, anche in passaggi semplicissimi, a leggeremale una nota ripetuta. Anziché la nota giusta, viene spes-so suonata la note superiore o la nota inferiore, a secondadella direzione della progressione» (Norris 1991, p. 15); oancora, relativamente al ritmo, «forse l’errore più comunee a tutti i livelli di difficoltà è […] quello di accorciare lenote di durata maggiore (semibrevi, minime, semiminime)e di rallentare nell’eseguire note di durata minore (semi-crome e crome, ad esempio)» (Norris 1991, p. 16).Come già detto, i suggerimenti sono generalmente sempregli stessi, tuttavia in certi metodi l’elenco delle “regole” daseguire si presenta piuttosto dettagliato e viene mostratouna volta per tutte in apertura, mentre altri preferisconoscremare e selezionare solo le indicazioni davvero impre-scindibili o presentarle in maniera graduale, secondo lenecessità (Hall e Macardle forniscono «due regole d’oro»,contare e non fermarsi mai; Bradley e Tobin, Harris e lostesso Norris suggeriscono invece punto per punto ognicomportamento “ideale” a cui il lettore dovrebbe attenersi,prima e durante l’attività).Allo stesso modo, la funzione di assistenza e di guida for-nita all’allievo nel corso di tutto il metodo, viene assunta erealizzata in modi diversi dai vari autori esaminati. Se al-cuni, infatti, si limitano a offrire un semplice elenco diesercizi di lettura – senza intervenire in alcun modo peraiutare o accompagnare il lettore nel percorso di apprendi-

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mento e relegando ogni responsabilità allo studente stessoo all’insegnante (è questo il caso di Busching, che in effettia ben vedere non fornisce alcun “metodo” vero e proprio)– altri stimolano continuamente lo studente attraverso con-segne, domande, esercizi e spiegazioni in modo sia verbaleche grafico (Hall e Macardle). Gli esercizi possono essere didiverso tipo: ritmici (Harris), finalizzati al riconoscimentoa colpo d’occhio di elementi e figure musicali (Norris) oallo sviluppo dell’orecchio interno e di altre abilità (Hall eMacardle). Una funzione di assistenza è fornita inoltre daquei metodi (Bastien, Harris) basati su un rigoroso control-lo dei progressi, attraverso la calendarizzazione delle let-ture o l’assegnazione di un punteggio specifico, in modotale da verificare la frequenza e la qualità dell’allenamento(fattori essenziali, come sottolineato più volte, per lo svi-luppo della capacità di lettura).Ancora, alcuni autori stabiliscono un itinerario didatticonel quale si possono affrontare diverse tipologie di lettura(melodica, polifonica, accordale), offrendo materiale adat-to a tal fine, mentre altri sembrano ignorare quasi del tuttoqueste differenze di scrittura e, di conseguenza, l’appren-dimento delle abilità specifiche che esse richiedono (Hall eMacardle, e Busching, ad esempio, non propongono all’al-lievo alcuna esecuzione accordale sulla tastiera).Altre differenze degne di nota sono riscontrabili nella pre-senza o meno, all’interno degli esercizi, dei segni di espres-sione e di dinamica. Bastien, ad esempio, presenta fin dasubito il fraseggio attraverso le legature, i segni di dinami-ca (f, mf, p ecc.) e l’articolazione, ma non tratta in nessunmomento il crescendo/diminuendo e le indicazioni diagogica; Bradley e Tobin inseriscono dall’inizio legature earticolazione e solo successivamente tutto il resto; al con-trario Harris comincia con i segni di dinamica, i crescen-do/diminuendo per arrivare solo in un secondo momentoalle legature e ai segni di articolazione; Hall e Macardlenon affrontano il problema fino al livello cinque del primovolume, a questo espressamente dedicato; Last inseriscetutti gli elementi di espressione praticamente da subito;Busching infine non tratta in alcun modo la questione,adducendo come motivazione la volontà di non tediarel’allievo con esercizi specifici su questi aspetti musicali,offrendogli invece la possibilità di divertirsi fin da subitosuonando insieme all’insegnante e sviluppando con lui ilsenso e l’espressività musicale (personalmente, non la ri-tengo una valida motivazione, dal momento che il lettoreprima o poi si troverà di fronte a questi segni e soprattutto,essi rappresentano un grandissimo aiuto nel realizzare unodegli obiettivi principali nella lettura a prima vista, ovveroil riconoscimento istantaneo di strutture e configurazioni).Anche l’aspetto cinestetico, relativo allo sviluppo della ca-pacità tattile è affrontato in modo diverso, prospettando,in definitiva, due differenti impostazioni didattiche: la pri-ma (quella di Bastien e di Busching) basata su poche posi-zioni fisse della mano, limita così al minimo il problemadei salti o della diteggiatura (Bastien presenta comunquediverse posizioni – più di quelle proposte da Busching – everso la fine si occupa anche di difficoltà più specifichecome il passaggio del pollice necessario alla realizzazione

delle scale); la seconda (quella più frequente) è invece sle-gata da impostazioni rigide delle mani e suggerisce di vol-ta in volta, in maniera più o meno accurata, le dita dautilizzare.Tutti i metodi esaminati si fondano naturalmente su unavanzamento progressivo della difficoltà, tuttavia se inalcuni tale progresso si rivela piuttosto lento (Busching,Hall e Macardle), altri permettono di raggiungere un’abilitàdi lettura a prima vista in riferimento a brani davvero com-plessi (solitamente, è questo il caso di quei metodi distribuitisu molti volumi, come Bradley e Tobin, Last o Harris). In piùcasi, inoltre, gli autori sottolineano l’importanza di offrireal lettore brani appena più difficili rispetto al livello rag-giunto in un dato momento, con l’obiettivo di «mantenerestimolante l’apprendimento» (Lehman - Mc Arthur 2002,p. 147). Anche per ciò che concerne i prerequisiti vi sonodifferenze: Bradley e Tobin o Norris, ad esempio, introdu-cono alla lettura dei brani che propongono, attraverso eser-cizi specifici mirati al riconoscimento delle altezze sulpentagramma e degli intervalli, altri invece (Last) conside-rano come già acquisiti una quantità più ampia di segni enozioni musicali.Dalle analisi che si sono condotte, infine, è stato possibilecomprendere come anche l’impostazione grafica sia un in-dice importante del livello di difficoltà complessivo di undeterminato metodo: quello di Hall e Macardle sembrereb-be il più idoneo, ad esempio, ad allievi piuttosto giovani(grazie ai simboli grafici accattivanti e al paragone tra lalettura a prima vista e l’avventura di un esploratore), men-tre quello di Last incontrerebbe senza dubbio maggioriconsensi in un pubblico in parte già esperto.Per concludere, possiamo affermare che nessun metodo, traquelli considerati, prende in considerazione la totalità deiparametri qui proposti: alcuni sembrano infatti concentrarsisu pochissimi aspetti della lettura e di conseguenza svilup-pano soltanto determinate abilità; altri invece appaiono moltopiù completi e distinguono fra diverse tipologie di esercizi,mirate al potenziamento specifico delle sotto-abilità corri-spondenti. Da questo punto di vista, credo si possano collo-care ai due estremi il metodo di Busching, da una parte, equelli di Hall e Macardle o Harris dall’altra (pur con le loromancanze). Se infatti, il primo cerca, giustamente, di «simu-lare situazioni rappresentative basate sulla lettura a primavista» (Busching 2001, p. 145) attraverso l’esecuzione a quat-tro mani con l’insegnante (unico esempio fra quelli esami-nati), tuttavia esso si dimostra decisamente insufficiente nelfornire una guida idonea e veramente “metodologica” al let-tore principiante. Molto più interessante è invece il lavorodi Harris (forse uno dei più completi e ben fatti), fra le altrecose, anche per la proposta originale (riscontrata qui soltan-to) di esercizi mirati allo sviluppo del senso ritmico e dellecapacità di coordinazione sensomotoria; o quello di Hall eMacardle, il solo che sembri considerare, da un punto divista pratico, l’aspetto forse più affascinante dell’attività dilettura, ovvero il problem solving e l’abilità di “ricostruzioneattiva” del materiale codificato, attraverso diversi test fina-lizzati allo sviluppo del feedback uditivo (Fig. 1), delle capa-cità di previsione, di minime abilità compositive o di analisi,

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ed esercizi di completamento dei segni mancanti in partiturao di riconoscimento degli errori di scrittura («correttore dibozze»).

ConclusioniLa prima vista non è un dono concesso a una cerchia elitariadi pochi musicisti. L’acquisizione di tale competenza è in-vece alla portata di tutti e rappresenta il risultato dell’eser-cizio regolare, della pratica costante, della qualità delbackground teorico alle spalle, dell’esperienza musicale incontinuo, quotidiano ampliamento e infine – ai livelli piùalti – della capacità cognitiva di “costruire” attivamente eanticipatamente il processo stesso di decodifica dellapartitura.Per leggere bene a prima vista bisogna conoscere altret-tanto bene la musica, la sua sintassi, la sua grammatica.Risultato: si impara a leggere bene sempre troppo tardi.D’altra parte… perché non conoscere tutto ciò proprio gra-zie e attraverso lo studio della lettura stessa?Studiando la “prima vista” insomma (e l’analisi dei metodilo ha dimostrato) si potrebbero affrontare una quantità diargomenti musicali potenzialmente molto vasta e svilup-pare la maggior parte delle capacità richieste a un musici-sta, dal basilare riconoscimento di altezze e valori, a diffi-coltà ritmiche di vario tipo, a problemi di ordine pratico emotorio – quali la diteggiatura –, al potenziamento del-l’orecchio interno, all’abilità di comunicare nell’immedia-to un senso musicale a ciò che si sta suonando.Certo, nell’osservare questo, non si vuole proporre forza-tamente l’insegnamento della lettura estemporanea comela prima tappa da affrontare nella fase iniziale di ogni iterdidattico (forse non è nemmeno la più importante in sensogenerale e comunque l’incapacità di leggere musica nonequivale automaticamente a una mancanza di musicalità):come al solito, tutto dipende dagli obiettivi che si voglionoraggiungere. Quello che qui preme sottolineare, in ognicaso, è l’indubbio valore educativo che l’insegnamento ditale pratica porta con sé.

Leggere correttamente a prima vista non corrisponde aun’attività basata esclusivamente su un “semplice” giocofra percezione e capacità motorie. Occorre ugualmente fareappello a tutte le conoscenze teoriche e all’esperienza mu-sicale posseduti dal singolo soggetto. Di conseguenza, in-vestire almeno una parte del percorso didattico in questadirezione, potrebbe offrire notevoli vantaggi anche sul pianodella formazione musicale globale dell’individuo, consen-tendo di assumere l’apprendimento della prima vista comepunto di partenza dal quale, eventualmente, potersi anchemuovere in altre direzioni, in un’ottica “reticolare”.

BibliografiaHERMANN ABERT, Mozart. La giovinezza, 1756-1782, Il Saggiatore, Mila-no 1984.CARL PHILIP EMANUEL BACH, Saggio di metodo per la tastiera . L’interpreta-zione della musica barocca, a cura di Gabriella Gentili Verona, Curci,Milano 1973.CARL CZERNY, Lettere sull’insegnamento del pianoforte, Casa EditriceArtistica, Roma 1909.ANDRAS C. LEHMANN - VICTORIA MC ARTHUR, Sight-Reading, in The Science& Psychology of Music Performance, a cura di Richard Parncutt - GaryE. McPherson, Oxford University Press, New York 2002.ANNIBALE REBAUDENGO, Il pianoforte: uno strumento per la scuola, in Pro-ve e saggi sui saperi musicali, a cura di Teresa Camellini, ETS, Pisa 2003.CARMEN VIRGINIA SAMPAOLO, La lettura a prima vista, Rugginenti, Milano2000.JOHN A. SLOBODA, La mente musicale, Il Mulino, Bologna 1998.

MetodiJANE SMISOR BASTIEN, A Line a Day Sight Reading, 4 voll., Neil A. KjosMusic Company, San Diego 1990.DOROTHY BRADLEY, Sight Reading Made Easy, 8 voll., Stainer & Bell, London1947.CRISTOPH BUSCHING, Prima vista, 1 vol., Ed. Gustav Bosse, Kassel 2001.PAULINE HALL, FIONA MACARDLE, Piano time sight-reading, 3 voll., OxfordUniversity Press, Oxford 1996.PAUL HARRIS, Improve you sight-reading!, 9 voll., Faber Music, London1993.JOAN LAST, Sight Reading for Today, 8 voll., Bosworth, London 1988.JEREMY NORRIS, A prima vista, 1 vol., Ricordi, Milano1991.

Indovina e suona

Per essere un buon lettore a prima vista è di grande aiutosaper ascoltare bene e saper fare ipotesi.Verifica la tua capacità di fare ipotesi all’ascolto:

Prima suona il do centrale. Poi immagina come suonano lealtezze successive

(Non suonarle ancora!)

Prima cantalo. Poi suonalo per controllare. Era giusta latua ipotesi?

Ora prova con un’altra sequenza. Osservala – senza suo-narla – immagina soltanto come suona:

(Prova a suonarla sul ginocchio – potrebbe aiutarti!)

Ora cantala… e verifica suonandola se hai cantato bene.Era giusto?

Fig. 1

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Mariateresa Lietti

Ho avuto la fortuna di conoscere Bruno Munari e le sue atti-vità grazie ai suoi legami con la città di Como 1, dove io vivo.I suoi lavori, così come le sue idee e i suoi scritti, sono statifondamentali per la mia formazione di musicista e di inse-gnante e mi hanno spesso fornito spunti per varie attivitàcon allievi e allieve di violino all’interno della scuola e condocenti nell’ambito dei corsi di formazione.In particolare mi sembra che oggi possa essere utile rilegge-re il testo Fantasia 2 e tornare a riflettere sulla sua idea dicreatività intesa come capacità di immaginare e fare rela-zioni tra le proprie conoscenze. «Il problema basilare quindi,per lo sviluppo della fantasia, è l’aumento della conoscenza,per permettere un maggior numero di relazioni possibili traun maggior numero di dati. Questo naturalmente non signi-fica che, automaticamente, una persona molto colta sia an-che una persona con molta fantasia. [...] Se queste personenon fanno relazioni tra quello che sanno, non usano la fan-tasia, resteranno come un meraviglioso magazzino di datiinerti. Come un dizionario che ha tutte le parole con le qualicostruire una poesia, ma non ha nemmeno una poesia» 3.Bruno Munari ha lavorato con colori, forme, segni, oggetti,parole e con i più diversi materiali, ma non si è mai occupatodi musica. I princìpi che sottendono le sue opere, però, sonotrasversali alle diverse arti e adattabili facilmente anche allamusica. Molti sono gli esempi che si potrebbero fare in pro-posito; mi limito a due che mi sembrano particolarmente si-gnificativi.Uno riguarda il principio della variazione che sta alla basedi molte sue proposte. Variazione come ricerca di tutti i pos-sibili modi con cui giocare con una forma, un colore, unoggetto (quindi perché non provare con un suono, una sca-la, un ritmo?). Pensiamo alle sue forchette parlanti o allaserie di faccine, alle variazioni su una foglia o sulle letteredell’alfabeto, per fare solo alcuni esempi. Credo sia super-fluo insistere sull’importanza della variazione in campomusicale. Impostare un’attività di composizione o improv-visazione partendo da opere di Munari può essere partico-larmente suggestivo e suggerire percorsi inusuali.Un secondo esempio riguarda la molteplicità semantica deglioggetti, il variare del loro significato a seconda del contesto.Particolarmente interessante a questo proposito è il suo Mu-seo inventato dove oggetti comuni divengono altro perchédiversamente interpretati, o dove macchie sul muro diventa-no un arcipelago da conoscere e esplorare. Munari insistesull’importanza di avere «un’intelligenza pronta ed elastica,una mente libera da preconcetti di alcun genere, pronta aimparare ciò che le serve in ogni occasione e a modificare le

proprie opinioni quando se ne presenta una più giusta» 4. Anchein campo musicale può essere interessante ascoltare e riflette-re su come cambiano gli stessi elementi a seconda del conte-sto in cui li collochiamo. Pensiamo ad esempio alla terza mi-nore che può essere percepita come uno dei più comuni inter-valli, quello del cucù inserito in tante canzoncine infantili. Seperò lo collochiamo all’interno di una scala pentatonica as-sume una connotazione un po’ “esotica”, si dice che sembra“musica cinese”. Se poi lo pensiamo come seconda eccedente,all’interno di una scala minore armonica, ci trasmette un sa-pore di “mondo arabo”. Eppure si tratta sempre di un interval-lo di tre semitoni.Un altro importante campo di intervento di Munari è statoquello con bambini e bambine. I suoi laboratori si sono svoltiin numerosissime città d’Italia e del mondo e, più significa-tive ancora dei suoi scritti su questo argomento, sono leimmagini che lo ritraggono in mezzo ai bambini, con la lorostessa concentrazione, lo stesso piacere, la stessa serietà ecuriosità, lo stesso stupore. Del resto come introduzione aCodice ovvio Munari ha posto una sua foto a cinque annicon la scritta: «Conservare lo spirito dell’infanzia/ dentro disé per tutta la vita/ vuol dire conservare/ la curiosità di co-noscere/ il piacere di capire/ la voglia di comunicare» 5.L’attualità dei suoi laboratori e della sua opera didattica ètestimoniata anche da iniziative quali il “Munlab SpazioPermanente Bruno Munari” (www.munlab.it) di Milano ole pubblicazioni delle Edizioni Corraini.La generosità di Bruno Munari nel mettersi in gioco e nelrendere le sue opere disponibili a tutti credo rappresenti ungrande insegnamento per noi ed è per questo che rattrista unpo’ constatare come, dopo la sua morte, sia stato formalizzato“Il Metodo Munari” sul quale, come su tutte le sue opere, èstato posto il copyright. Sembra quasi un ossimoro perché ilconcetto di “metodo con copyright” è quanto di più lontano sipossa immaginare dalle proposte di Munari, dalla sua insof-ferenza per le regole rigide, dalla sua generosità nel regalarele sue opere, dalla sua ironia e provocatorietà, dal suo deside-rio di non fermarsi all’ovvio e al consueto, ma di andare sem-pre al di là. Forse troppo al di là per il nostro mondo di oggi!

1 Bruno Munari aveva una casa a Cardina, località di Como, e in piùdi un’occasione ha partecipato con altri artisti ad attività di ani-mazione della città.

2 BRUNO MUNARI, Fantasia, Laterza, Roma-Bari 1977.3 BRUNO MUNARI, Fantasia cit., p. 35.4 BRUNO MUNARI, Fantasia cit., p. 121.5 BRUNO MUNARI, Codice ovvio, Einaudi, Torino 1971 e 1994.

BUM:musicacon Munari

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L’editoria musicalein Italia

Stefania Lucchetti

Una prima indagine, anche se parziale, mette in lucecome le diverse case editrici stiano cercando di dare rispo-sta alla crescente domanda di materiali che proviene dalmondo della didattica strumentale.

Qualche tempo fa sono stata incaricata dalla redazionedi stendere un articolo nel quale si rendesse conto dell’at-tuale quadro dell’editoria musicale italiana, tracciando unacarrellata delle proposte più attuali riferite all’avvio allapratica strumentale, alla musica d’insieme e alla praticacorale in ambito scolastico.È con tale obiettivo che è stata stesa una griglia di doman-de sottoposta all’attenzione delle principali casi editricipresenti sul mercato, finalizzata a delinearne i diversi orien-tamenti di politica culturale, nonché a descrivere breve-mente le iniziative già in atto. Purtroppo sottolineo comele risposte ricevute siano state poche, di modo che la se-guente indagine risulta inevitabilmente incompleta e in fie-ri. Anche una mancata risposta è comunque interpretabile:come indice di una scarsa attenzione al tema, magari fortidel prestigio del proprio marchio, capace da solo di racco-gliere una consolidata nicchia di utenti affezionati. Oppu-re come sintomo di un maggiore interesse dedicato alladivulgazione perseguita attraverso altri strumenti di infor-mazione (quali? il passaparola, l’informazione telematica,la pubblicità cartacea...) piuttosto che attraverso il con-fronto con un (esigente) pubblico qual è il nostro, costitui-to da didatti aperti alla sperimentazione e attenti all’inno-vazione piuttosto che alla riproposta di sentieri noti. Oancora, ma sarebbe assai sconfortante, a causa di una pia-nificazione editoriale che naviga a vista, senza una precisastrategia o politica culturale, raccogliendo qua e là titoliche offrendo una molteplicità di atteggiamenti, dal più tra-dizionale a quello più innovativo e sperimentale, soddisfa-no diversi appetiti, ma rischiano anche di frastornare edisorientare l’utente. D’altronde è anche comprensibile (manon giustificabile) che un mercato editoriale sicuramentenon tra i più floridi, considerato il limitato giro di affari

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che lo contraddistingue, possa cercare di sopravvivere of-frendo “di tutto un po’ ”. Speriamo di aver sufficientementeprovocato gli assenti, motivandoli a intervenire nel con-fronto, colmando dei vuoti qui magari semplicemente do-vuti a una mia incapacità di individuare i circuiti comuni-cativi più efficaci per raggiungere i responsabili delle variecase editrici. Per ora presento pertanto solo una limitatarosa di risposte, che verranno integrate da un breve reso-conto su alcune osservazioni desunte prevalentemente dallamia consultazione di cataloghi on line.

Le domande, le risposteA A quale target vi rivolgete?B Quali sono le scelte editoriali avviate, quali le risposte

di pubblico?C Quali sono le difficoltà da superare (culturali: profilo

utenza, collocazione della musica nel panorama cultu-rale italiano e nella scuola; tecniche: distribuzione,reperimento autori italiani o stranieri; altro)?

D Quali le prospettive di sviluppo?

Per Carisch riponde Elisabetta RoccoA Considerate le esigue dimensioni di un mercato di nic-chia come quello dell’editoria musicale, se un editore vuolecontare e vuole raggiungere delle dimensioni sufficienti perpoter investire e competere (con struttura editoriale, dimarketing e distributiva sufficiente) deve obbligatoriamenterivolgersi a più fasce di pubblico possibili. Noi ci rivolgiamoa quasi tutti i target anche se abbiamo delle aree di maggiordebolezza nelle pubblicazioni destinate a bande e cori.B Le nuove scelte editoriali avviate sono molte, pubbli-chiamo tra i dieci e i quindici prodotti al mese. Le pubbli-cazioni entry level rivolte ai bambini hanno funzionatomolto bene negli ultimi anni, anche se oggi esiste forseuna sovrabbondanza di prodotto destinata a questo pub-blico. Stiamo riscuotendo molto successo con le tecnichedi perfezionamento destinate a musicisti di livello medio-alto che vengono pubblicate con il marchio Carisch MusicLab ovvero un laboratorio di idee didattiche al quale par-tecipano i musicisti/didatti più conosciuti in Italia. Un’al-tra scelta editoriale indovinata è la collana di successi, tra-scritti per musica d’insieme (a cura di Andrea Cappellari),che stiamo vendendo bene sia in Italia che all’estero. Perconcludere vorrei ricordare gli spartiti di Giovanni Allevi(trascritti dal bravissimo Remo Cadringher) che stanno bat-tendo ogni record di vendita 1.C La principale difficoltà per lo sviluppo del mercato edi-toriale italiano è lo scarso interesse e il poco valore che leistituzioni danno alla pratica musicale, non ritenendolabagaglio fondamentale per la crescita dell’individuo.Sino a che non si svilupperà questa consapevolezza, la pra-tica musicale a scuola non avrà sviluppi positivi e il mer-cato editoriale, di conseguenza, non vedrà crescere il con-

sumo pro capite di spartiti. Quest’ultima è condizione fon-damentale perché gli editori possano aumentare gli inve-stimenti. È sufficiente fare un raffronto con altri paesi eu-ropei come Germania, Francia e Inghilterra dove lo studiodella musica ha un’altra attenzione. Il mercato editorialeha altre dimensioni e molta più capacità d’investimento.I limiti distributivi sono, secondo me, una conseguenza diun mercato piccolo che non dà opportunità di guadagno aipunti vendita. Per quanto riguarda la qualità di autori emusicisti devo dire che non abbiamo nulla da invidiare adaltri paesi. Carisch opera anche in Francia, Spagna e Ger-mania e credo che gli autori italiani siano tra i migliori delgruppo, tanto che abbiamo tradotto varie pubblicazioni (adesempio quelle di Roberto Fabbri, Maria Vacca, Mauro Storti,Gianni Desidery, Paolo Rozzi ecc.) in diverse lingue congrandi successi di vendita. Un grande limite allo sviluppo,che non va dimenticato, è la pessima abitudine di fotoco-piare le pubblicazioni. Se gli insegnanti e gli allievi capis-sero veramente la gravità di questo cattivo costume per ilfuturo delle aziende editoriali e dei loro dipendenti, pensoche cesserebbero di farlo.D Crediamo che le prospettive di sviluppo stiano nellacapacità di innovare e di migliorare la qualità delle pub-blicazioni, per venire sempre più incontro ai bisogni degliinsegnanti, dei musicisti e degli allievi. Inoltre, per garan-tire un futuro al nostro gruppo editoriale, crediamo che siafondamentale proseguire con la crescita internazionale. Solocosì saremo in grado di investire sempre di più sui prodottiper elevare la varietà e la qualità della nostra offerta.

Per Rugginenti risponde Maria Angela CiurleoA Le nostre linee editoriali cercano di soddisfare la ri-chiesta di tutti quelli che si avvicinano alla materia musi-cale in qualità di professionisti, allievi e appassionati, of-frendo metodi specifici per strumento, repertorio didattico,repertorio per concertisti ed ensemble. Abbiamo materialiper pianoforte, chitarra classica ed elettrica, archi e altristrumenti.Curiamo inoltre la sezione dedicata alla Didattica musicalecon grande attenzione all’approccio propedeutico, con per-corsi strutturati e completi di attività di ascolto e praticaritmica con lo strumentario Orff, con altri testi agili sullosviluppo del linguaggio, dell’intonazione e della psicomo-tricità. Per quanto concerne la parte teorica abbiamo unavasta scelta di saggi, trattati e manuali.B Sulla produzione di Rugginenti si possono riscontraredue tendenze: una più pionieristica che conduce a scelte dicollane e titoli anche prettamente specialistici, introducendotematiche importanti anche a livello terapeutico e che por-ta le nostre edizioni nel cosiddetto “mercato di nicchia”,con buoni riscontri da parte del pubblico degli esperti;un’altra, più tradizionale, legata alla produzione di mate-riale didattico secondo le linee guida dei programmi mi-nisteriali, anch’essa seguita con grande attenzione da par-te del personale docente.Sulle etichette distribuite, si è puntato su una vasta sceltadi materiale didattico costituito da metodi e collane di re-pertorio.

1 N.d.R.: Particolarmente significativa ci pare la recente collanaCarisch-Siem, all’interno della quale è stato pubblicato il testo diAnnibale Rebaudengo recensito a p. 55 di questo numero di “Mu-sica Domani”.

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C Le principali difficoltà che si riscontrano sono costituiteda una disomogeneità delle esperienze professionali dei do-centi, per cui è difficile soddisfare in toto le esigenze di ognu-no e dalla mancanza di direttive specifiche o meglio dallamancata attuazione delle direttive per l’insegnamento dellamusica nella scuola di base. Vi è inoltre una difficoltà dicomunicazione fra casa editrice e utente finale attraverso inegozi specializzati nel settore.D Tra le prospettive di sviluppo individueremo sicuramentel’attenzione alla qualità e alla scelta del prodotto accom-pagnata da un perfezionamento della comunicazione conil pubblico e il potenziamento della diffusione dei materia-li attraverso i nuovi sistemi informatici, con un conseguenteabbattimento dei costi di produzione e risparmio di tempoda parte dell’utente finale.

Per Edizioni Musica Practica risponde Fulvio GattiMusica Practica è una casa editrice specializzata in testiper la didattica musicale nella scuola dell’obbligo, nellescuole di musica e nei conservatori. Fin dalla sua fonda-zione (nel 1997) ha inteso caratterizzare i suoi prodotti, daun lato, sulla ricerca di nuovi approcci editoriali, dall’al-tro, sulla creazione di nuovi materiali e metodologie pergli insegnanti.I testi finora realizzati sono nati dal confronto tra la reda-zione e gli autori con l’obiettivo di fornire uno strumentoil più efficace possibile per gli operatori musicali. Il nomestesso della casa editrice sta a significare un impegno mi-rato nella costruzione di prodotti votati alla praticità e al-l’efficacia.Seguendo questa linea, ogni testo ha una sua unicità e unasua storia; è il prodotto di riflessioni su come debba esserearchitettato per raggiungere il suo scopo. Esemplare in que-sto senso la scelta di proporre il volume di Gabriella BosioIo suono l’arpa in abbinamento con la guida per genitori einsegnanti: non esistendo all’epoca una tradizione didatticaspecifica nello studio dell’arpa per l’infanzia, occorrevainnanzitutto “educare” una generazione di genitori e stru-mentisti. Oggi questo metodo è il più diffuso nel mondo esono in preparazione edizioni in nuove lingue.Tra gli ultimi nati un altro esempio di “architettura edito-riale” è rappresentato dalla collana dei “leggiotti”. Questacollana è nata dall’esigenza di offrire un testo per lo studiodel flauto dolce nella scuola dell’obbligo che ovviasse, tragli altri, al problema della scorretta postura esecutiva: ne ènato un metodo esposto su un libro che ha la particolaritàdi “stare in piedi da solo”. A un anno dalla sua uscita con-tinuiamo a ricevere commenti entusiasti di insegnanti checi illustrano usi fantasiosi e a volte geniali del “leggiotto”da parte degli allievi. A ciò si aggiungono le tante innova-zioni didattiche su cui è costruito il testo e che ha riscossol’entusiasmo di insegnanti e allievi. Per questo stiamo crean-do una pagina internet dove gli insegnanti possono mette-re in comune le loro esperienze e indicarci le loro esigenze,in prospettiva del secondo numero della collana di prossi-ma uscita.Musica Practica pone fiducia in questo modo di essere edi-tori: non solo uno strumento per gli autori e per gli utenti,

ma un vero interlocutore, un laboratorio di idee. Dopo lacollaborazione come sponsor tecnico della XIV SuzukiMethod World Convention, Musica Practica è stata sceltadall’ISI (Istituto Suzuki Italiano) per la pubblicazione deitesti e dei supporti didattici per tutte le scuole italiane.Un’altra importante collaborazione è quella con il CentroMusicoterapia “Benenzon” Italia che si è inaugurata conl’Introduzione alla musicoterapia, considerata tra i testi fon-damentali per l’approccio e l’approfondimento della mate-ria ed è proseguita con Musica tra neuroscienze, arte eterapia.Uno spazio importante del catalogo è destinato ai materia-li per la musica d’insieme che, prima della pubblicazione,sono soggetti a un accurato lavoro di sperimentazione erevisione. Due le collane: We Play the Harp, a cura di Ga-briella Bosio, destinata agli ensemble di giovani arpisti;Guitar Ensemble Collection a cura di Elio Galvagno, diret-tore della celebre Orchestra di chitarre Suzuki di Saluzzo.Per la distribuzione dei propri prodotti Musica Practica si ap-poggia principalmente alla casa editrice Rugginenti con laquale esiste uno storico rapporto di collaborazione redazionale.

Un commentoE qui terminano i contributi pervenuti dalle case editriciinterpellate: innanzitutto devo rilevare con disappunto lamancata adesione al dibattito da parte di BMG Ricordi, chenon ha provveduto a inviare un proprio intervento, mache mi auguro possa farlo nel prossimo futuro, in quantosicuramente una rassegna sull’editoria italiana risultereb-be forzatamente incompleta se non tenesse conto dell’im-portante ruolo svolto da quella che risulta essere a tutt’og-gi una delle più importanti case editrici per storia, distri-buzione, ventaglio di proposte.I tre contributi riportati possono comunque risultare utiliper tracciare un ventaglio di problemi e di risorse che ca-ratterizzano il panorama editoriale italiano. I problemi: lascarsa attenzione in ambito istituzionale alla diffusione dellacultura musicale, la distribuzione difficoltosa, l’esiguità delgiro di affari connessi a questo particolare settore di mer-cato, ulteriormente minacciata dal deteriore vezzo di foto-copiare i testi. Dall’altro le risorse, costituite dai tagli in-novativi di alcuni prodotti, che vengono addirittura tra-dotti e commercializzati all’estero.Ecco comunque alcune annotazioni integrative desuntedalla consultazione dei cataloghi on line.

Consultando: in rete e non soloTra i cataloghi on line consultati si staglia innanzitutto lacospicua offerta proposta da Curci che, a differenza di altrieditori, rivela una più definita politica culturale, proponen-do una chiara differenziazione nei target attraverso la pro-posta di focus particolari: Piazzolla, la riscoperta di musicheclassiche poco note e poco eseguite (De Musica Inventa),autori italiani della musica di ricerca contemporanea (Cam-pi sonori), la musica jazz. Una collana dedicata a trascrizio-ni facili per pianoforte funge da richiamo anche per appas-sionati che si accostano da adulti alla pratica musicale. Inparticolare presenta un’intera collana (Curci Young) apposi-

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tamente pensata per l’avvio alla pratica strumentale: in essasono compresi sia i repertori per i più diffusi strumenti (conlivelli di difficoltà graduati fino al III anno di corso), sia uncopioso numero di pubblicazioni per l’avvio all’alfabetizza-zione musicale (educazione dell’orecchio, teoria e solfeggio,pratica corale, propedeutica musicale, ritmica e psico-motricità) e alla pratica d’assieme. Particolare soprattuttol’attenzione rivolta all’educazione all’ascolto, perseguita siaattraverso la diffusione del metodo Gordon, sia attraversol’avvicinamento dei bambini alle figure di noti compositorimediante piacevoli libretti corredati da CD.Un ruolo di rilievo è sicuramente giocato anche dall’offer-ta editoriale della Ut Orpheus, che nella sezione Musica perbambini, oltre alla ben nota collana Fare Musica – curatada Alessandra Anceschi, Irene Bonfrisco, Ester Seritti, Ga-brielangela Spaggiari – dedicata alla prima formazionemusicale, comprende pure numerosi titoli per pianoforte,violino, flauto dolce e clarinetto, con la novità costituitada Ciao Chitarra, di Adriana Tessier, che inaugura una col-lana didattica dedicata a piccoli chitarristi.La casa editrice Progetti Sonori produce una nutrita mole dititoli comprendenti i ben noti Crescere con il canto e Cresce-re con il flauto dolce curati da Maurizio Spaccazocchi e dasuoi collaboratori, cui si associano numerosi altri lavori de-dicati all’animazione musicale e alla musicoterapia. Più con-troversa risulta essere la collana I Miei Primi Maestri, in cuisi propone una guida allo studio dei più diffusi metodi perl’insegnamento, comprendenti nomi di didatti super-collau-dati quali Beyer, Trevor Wye, Curci, Sagreras, Lefèvre, Pozzoliecc., ammodernati attraverso la proposta di un opuscolo di-retto all’allievo e di un CD comprendente le registrazioni deibrani stampati, corredati da eventuali basi, se previste.Chiola Kamerton invece dedica le sue energie soprattutto alavori di nuovi compositori per pianoforte, annoverandotra le proprie pubblicazioni numerosi lavori di BernardinoBeggio e Piotr Lachert, nonché i lavori premiati dalla AwardCompetition della Città di Pescara.OSI-MKT di Brescia annovera titoli rivolti soprattutto a ope-ratori didattici che operano con utenti di diverse età, distin-guendosi in particolare per le pubblicazioni dedicate ai pic-colissimi (Paola Anselmi), ai riutilizzi didattici dei cartoni

animati (Liliana Minutoli), al paesaggio sonoro (Elita Maule),anche se non mancano attenzioni rivolte al teatro musicale(Il cowboy misterioso, di Roberto Piumini e Giovanni Piaz-za) e al pianoforte, sia a quattro mani che accompagnato dastrumentario Orff (Giovanni Piazza), nonché all’idioma jazzavvicinato attraverso lo strumentario Orff (Sestino Macaro).Suvini-Zerboni comprende in catalogo pubblicazioni che ri-sultano pietre miliari per la moderna didattica musicale, daCantar leggendo di Roberto Goitre, a Kinder-Musik di BorisPorena, alla collana Rote Reihe per la musica contemporanea,all’Orff-Schulwerke di Giovanni Piazza, esibendo inoltre unaparticolare attenzione alla vocalità infantile, con pubblica-zioni di Nicola Conci: un’attenzione che punta pertanto so-prattutto a titoli consolidati e di sicura presa sul pubblico.Segnaliamo inoltre la copiosa produzione di Mela Music,che produce un nutritissimo numero di testi, curati per lopiù dall’inesauribile Dolores Olioso, utilizzando la consoli-data tecnica del libro con canzoni incise su CD, corredateda schede gioco e materiali vari (testi per recite, schemi perla costruzione di costumi ecc.), allo scopo di confezionarepercorsi tarati sulla scuola dell’infanzia e primaria in rife-rimento a temi di sicura presa (intercultura, alimentazione,educazione stradale), o per consolidare apprendimenti di-sciplinari (le tabelline, le regole grammaticali, l’alfabeto).Oltre all’aggiornamento telematico, talora indispensabile,considerando che i cataloghi cartacei sono sempre più dif-ficili da recuperare (visti anche i costi per la loro pubblica-zione), utile può essere consultare i cataloghi ragionati editida alcune librerie musicali specializzate, come ad esempioho fatto io in prima persona rivolgendomi a Musica Musi-ca di Padova che rifornisce numerosi conservatori: apparecosì ahimè evidente come molte tra le proposte più effica-ci, specie per la musica d’assieme provengano da case edi-trici straniere, come ad esempio l’olandese Muzika.Risulta comunque consigliabile la consultazione delle re-censioni di metodi curate dalle molte riviste specializzate 1

per strumentisti, di cui possono essere ricavati i riferimenticonsultando i link suggeriti dal sito SIEM o da altri siti dedi-cati, ad esempio quello del COMUSICA (Coordinamento del-l’Orientamento Musicale) curato da Ciro Fiorentino.Concludo questo mio intervento sottolineando come pro-prio tali soggetti (riviste specializzate, associazioni discipli-nari), dovrebbero, a mio parere, dedicare maggiore atten-zione a tali settori, fungendo da “filtri” che riescano a orien-tare i lettori in quello che appare a tutt’oggi essere un pano-rama piuttosto onnivoro e disomogeneo; non male potrebbeessere anche l’istituzione di collaborazioni tra editori e con-servatori, raccogliendo e valorizzando quel che si producenelle aule dei corsi di Didattica e di Composizione.

2 Numerose recensioni, comprese quelle di diversi volumi o collanecitati nel presente lavoro, possono essere consultate su “MusicaDomani”.

Siti delle case editrici citate nell’articoloBMG Ricordi, Milano, www.ricordi.itCarisch, Milano, www.carisch.itChiola Kamerton, Pescara, www.kamerton.comCurci, Milano, www.edizionicurci.itMela Music, Bussolengo (VR), www.melamusic.itMusica Practica, Torino, www.musicapractica.itMuzika Music Publishers, Tzummarum, Olanda, www.muzika.nlOSI-MKT, Brescia, www.orffitaliano.it/utilita/collanaosi/collanaosi.htmProgetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PS), www.progettisonori.comRugginenti, Milano, www.rugginenti.itSuvini-Zerboni, Milano, www.esz.itUt Orpheus, Bologna, www.utorpheus.com

Altri riferimentiCOMUSICA, Coordinamento dell’Orientamento Musicale, www.comusica.nameMusica Musica, Padova, www.musicamusicapadova.itSIEM, Società Italiana per l’Educazione Musicale, www.siem-online.it

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Antonio Giacometti

Il processo[ovvero Drammaturgia musicale in un’aula di tribunale]

Un progetto didattico partito da un’immagineQuesto lavoro di Maurizio Amadori 1 è costituito da unapartitura grafica per voci e diversi strumenti, tra cui anchequelli dell’Orff Schulwerk, pensata per un gruppo di bam-bini/ragazzi, che non devono essere necessariamente abilistrumentisti, ma certo disponibili a esplorare insieme par-ticolari espressioni sonore e a mettersi in gioco senzareticenze, come attori in una “verosimile” finzione da pal-coscenico. Già in questa dimensione collaborativa, da gio-co di squadra, risiede un importante obiettivo educativodel Processo perché tutti sono coinvolti nella realizzazionedei materiali e nella strutturazione della performance. Inol-tre, le situazioni sonore di volta in volta richieste dalladrammaturgia rappresentano eventi musicali analizzabili,sia al loro interno, come risultato dell’interazione tra di-versi principi costruttivi, sia nel loro distribuirsi spazio-temporale (forma come processo dinamico). Si tratta dun-que di un’attività in grado di sollecitare risposte insiemeemozionali e cognitive, opportunamente aperta a ogni sortadi modifiche, aggiunte e adattamenti e con il non trascu-rabile vantaggio di richiamarsi a una tematica “noir”, an-che troppo vicina alla cultura mediatica dei ragazzini dioggi. Dalla cronaca giudiziaria dei TG al laboratorio di tea-tro musicale: una modalità invero intrigante per sublimarecon l’arte le tragedie umane e stemperarne gli eventualicontraccolpi psicologici.Il punto di partenza del Processo è l’immagine, riportatanella pagina a fianco 2, i cui elementi vengono quasi tuttiintrodotti nella partitura, associandovi un significato e/oun’azione drammatica. In particolare, il volto femminiletagliato in due ha suggerito l’idea dell’omicidio, consuma-to da un uomo ai danni della moglie e ricostruito in tribu-nale durante il dibattimento.

Tripartizione della forma e indicazioni per l’esecuzioneL’interpretazione della partitura grafica proposta passa at-traverso la lettura dei segni, delle indicazioni verbali e deiframmenti di notazione musicale, che l’autore ha distribuitoin tre sezioni corrispondenti alle fasi del processo e ripor-tati nei due fogli della partitura:1. Prologo2. Ricostruzione dell’omicidio3. Epilogo1. In un’aula di tribunale fanno il loro ingresso gli avvoca-ti dell’accusa e della difesa. Gli esecutori devono muoversinella stanza e raggiungere le loro postazioni emettendouna “z” piuttosto sibilante, che rappresenta il loro parlottio.Le curve intonative di questo fonema sono suggerite dalla

prima immagine in partitura. Un triangolo interrompe ilbrusio delle avvocature, al quale si è nel frattempo ag-giunto il chiacchiericcio esterno, insistente e continuo, distampa e opinione pubblica, rappresentato dalle maracas.Si noti come il percorso delle maracas faccia da contorno atutta la partitura, delimitandone anche lo spazio grafico.A questo punto viene annunciato il dibattimento della causaa ruolo n. 130, come suggerito dal piccolo numerino inbasso a sinistra dell’immagine-stimolo.L’imputato dichiara allora la ragione che lo ha indotto auccidere la moglie, adducendo a sua discolpa le «lettere d’amo-re», indirizzate dalla moglie all’amante e scoperte dal marito.Tale affermazione innesca due reazioni opposte di accusa edifesa, che intonando entrambe lo stesso dittongo ae, nemarcano le diverse intenzioni comunicative attraversoantitetiche direzionalità (dall’acuto al grave per i tre grup-pi di voci femminili, l’accusa, come a dire: «Ah, sì? E pensiche questo basti a discolparti?», dal grave all’acuto per itre gruppi di voci maschili, la difesa, che suggerisce un«Eh, tutto chiaro. Ha solo voluto vendicare l’oltraggio su-bito!».Il Giudice zittisce le avvocature con il suono «sh!», subitoseguito dal violoncello che, con un disegno di liberi glissati,apre l’interrogatorio dei testimoni e introduce la ricostru-zione dell’omicidio (sezione B) 3.Il colpo di piatto sospeso, che prosegue nella sezione suc-cessiva, annuncia e sostiene la misteriosa suspense dellaricostruzione.2. Il direttore dà l’attacco ai due violini, ciascuno dei qualiseguirà il perimetro della propria sezione del viso delladonna uccisa; una sorta di rievocazione della voce terro-rizzata della vittima, che culmina nell’urlo straziante a vocesola. Come si vede dai triangolini distribuiti intorno al voltofemminile tagliato, al primo violino sono delegati sia l’at-tacco alla voce urlante, sia quelli all’imputato, all’accusa e

1 Si è trattato, in origine, di un compito assegnato dal docente diElementi di composizione del corso di Didattica della musica pressol’Istituto Musica di Studi Superiori “O. Vecchi – A. Tonelli” di Mo-dena e Carpi.

2 La partitura grafica completa, ricca di segni fondamentali per lacomprensione del lavoro, ma spesso di piccole dimensioni e scritti amano, è scaricabile in formato pdf dal sito www.musicadomani.it,nell’apposita sezione dedicata alla rubrica.

3 I piccoli triangoli già presenti nell’immagine-stimolo sono statidistribuiti in tutta la partitura per indicare graficamente attac-chi, o chiusure, delegati dal coordinatore del gruppo ai singoliesecutori. In questo primo caso, ad esempio, sarà il giudice a zittire,quando lo riterrà opportuno, il fastidioso ciarlare delle avvocature.

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alla difesa. La risata dell’imputato nasce da un iniziale di-niego (eseguito con il solito dittongo ae), che salendo ver-so l’acuto si trasforma dapprima in una risata liberatoria epoi in una risata satanica, eccitatissima al ricordo dell’av-venimento. Sarà proprio questa risata a inchiodare il col-pevole, cancellando ogni dubbio residuo circa la sua pre-meditata e ingiustificabile volontà omicida. La tromba,sempre su attacco del primo violino, rappresenta il soprag-giungere della polizia nella notte dell’assassinio e va ese-guito compiendo una salita verso l’alto (come indicato dalsimbolo verticale), che si trasforma gradualmente in suonistaccati, sempre più acuti, che scemano poi in un altret-tanto graduale diminuendo.3. L’Epilogo inizia sull’incalzante richiesta di confessione daparte dell’accusa, seguita dal violento cluster sulla cordiera,a palmo aperto, che rappresenta la condanna e l’incarcera-zione dell’imputato. Su questo suono (ancora vivo perchéalimentato dal mantenimento del pedale di risonanza) unsecondo esecutore sfregherà dei battenti lungo le corde delpianoforte, in eventuale rarefazione progressiva.La vicenda termina con le intonazioni soddisfatte dell’ac-cusa e quelle, deluse, della difesa sconfitta, che lentamente

si spengono, insieme a quel continuo brusio della stampa edell’opinione pubblica (le maracas), che si era interrotto indue soli punti: quando il giudice, zittendo le avvocature,dava il via al processo e sul colpo alla cordiera della sen-tenza.

Ma noi abbiamo detto tutta la verità?Dobbiamo ammettere che no, sul banco dei testimoni nonabbiamo detto tutta la verità su questo fattaccio musica-le. Se si guarda la partitura, qualcosa abbiamo trascuratoe in qualche momento siamo stati, diciamo, un po’ omer-tosi, o ambigui, o volutamente superficiali. Ma, credete,l’abbiamo fatto a fin di bene, perché in fondo Il Processosarà molto più emozionante se ognuno di voi lettori se loricostruirà con i propri ragazzi, reinterpretando con lorola partitura e con loro discutendo sulle possibili alterna-tive timbriche, articolative e formali, fino a ricostruire glistimoli dell’immagine iniziale secondo un progetto affat-to personale, che, magari, con un’aula di tribunale e conle solite teste fracassate a metà non ha proprio nulla daspartire.Il bello della musica è anche questo.

La rubrica con partiture e materiale audio è presente anche sul sitowww.musicadomani.it

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Musica e movimento:uno studio sulla percezionedinamica del tempo

Due linguaggi non verbali, musica e movimento, vengo-no sondati al fine di individuare strategie percettive tem-porali comuni a soggetti diversi.La ricerca mette in luce tali strategie, evidenziando un in-treccio di elementi culturali, bio-psicologici e fisico-acu-stici, sul quale si innestano le esperienze del tempo.

«Finché essa dura, voi stessi siete la musica» (THOMAS STEARNS

ELIOT, The Four Quartets)

PremessaIl mio lavoro è una ricerca sperimentale sulla percezionedinamica del tempo.Consiste in un’indagine sul movimento e sul linguaggio,associati all’ascolto e all’interpretazione strumentale di unbrano (Preludio, dalla Prima suite per violoncello solo diJohann Sebastian Bach).L’obiettivo prescelto era quello di sondare strategiepercettive temporali generali, mediante lo studio di indivi-

dui diversi per formazione, professione, età e sviluppo psico-fisico.Tappa finale era la tesi in Psicomotricità, discussa nel feb-braio 2006 presso l’Istituto di Psicomotricità di Anne-MarieWille, a Milano; ho approfondito e ampliato i temi trattati,esponendo i risultati durante conferenze, corsi di forma-zione e congressi.Tra questi: l’International workshop on the biology andgenetics of music (Bologna, 2007) e il Congresso mondialeISME (Bologna, 2008) nel quale ho presentato una relazioneutilizzando anche alcuni filmati, registrati durante la ri-cerca; per la realizzazione della presentazione multimediale,sono stata coadiuvata da un esperto, Giulio Tavarnesi, alquale va il mio ringraziamento.

La dimensione temporale è un argomento tra i più antichie complessi, oggetto di elaborazioni disciplinari diverse; ilterritorio nel quale mi sono avventurata ha imposto gran-de cautela nella conduzione della ricerca. Tuttavia ho avu-to fin dall’inizio consapevolezza della necessità da un lato

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27di superare la cesura tra teoria e prassi, dall’altro di avereun approccio interdisciplinare. Ho lavorato cercando dimettere in atto un esperimento sensato, tenendo “i piediper terra” e utilizzando tecniche di osservazione precise.Più che di un prodotto finito, scrivo di lavori in corso. Conla consapevolezza della transitorietà, ma anche con unimpegno forte, sostenuto dalla passione per lo studio. Spe-ro che questo scritto serva non solo per lasciare una trac-cia, ma soprattutto per trasmettere la mia personale fasci-nazione per il tempo e per i temi trattati. Per esigenze edi-toriali, ho dovuto sintetizzare notevolmente il materiale; sipossono trovare approfondimenti sulla rivista elettronica“Musicheria.net”, all’indirizzo www.musicheria.net/files/files/CaputoxMusicheria9-2007.pdf

Riguardo al quadro teorico dell’impianto sperimentale, ri-mando alla bibliografia; ritengo però utile accennare dueidee che percorrono il testo: da un lato, la considerazionedel movimento come fatto psichico e come attività dina-mica; dall’altro, la visione dell’intelligenza come una for-ma di adattamento all’ambiente.Per evitare ripetizioni in sede espositiva, chiarisco che lametodologia psicomotoria di riferimento è quella elabora-ta dalla dottoressa Anne-Marie Wille, in collaborazione conil dottor Claudio Ambrosini.

Keywords e metodologiaLe parole-chiave della ricerca sono: musica, movimento,percezione, anticipazione, cognizione temporale, neuronispecchio, esperienza ritmica, emozione, intenzionalità.Il metodo d’indagine applicato è quello scientifico: ipotesi,esperimenti, osservazioni, monitoraggio dei dati, verifica,conclusioni.

Ipotesi di partenza- L’osservazione del movimento consente di raccogliereinformazioni sull’adattamento all’ambiente da parte deisoggetti; permette altresì di valutare l’incidenza degli aspetticinetici nei processi di apprendimento.- La musica è un luogo deputato d’eccellenza per la di-mensione temporale.Percepire significa organizzare dati, ma anche anticipare,simulare, prevedere conseguenze; i processi percettivi siavvalgono della mediazione dei cinque sensi e del “sensodel movimento”. L’azione pertanto è parte integrante dellapercezione 1.La spontaneità dei movimenti improvvisati durante l’ascoltomusicale può rivelarne la natura; se l’ascolto è organizza-zione del tempo, ne consegue che l’analisi della motricitàpuò dare informazioni sulla percezione temporale.

Osservazione: “grand’angolo”Ho osservato cosa succede durante la navigazione nel tempo

musicale, valutando come soggetti diversi organizzano,anticipano, fanno ipotesi e creano modelli temporali.Attività monitorate: sincronismo acustico-motorio e pras-si strumentale. Entrambe mettono in gioco nei soggetti lacapacità di anticipare gli eventi, inserendo le azioni in uncontesto di «modellamento interno del futuro» 2, che si basasui meccanismi neurofisiologici della memoria e del rico-noscimento degli elementi delle situazioni in tempo reale.Prassi strumentaleRientra nell’area funzionale psicomotoria delle prattognosie,connotata dall’inscindibilità tra azioni (prassie) e conoscen-ze (gnosie); basata, inoltre, sulla concertazione di due si-stemi diversi, quello concettuale e quello produttivo.Il repertorio delle prattognosie è vasto, esteso dalle attivitàdella vita quotidiana a quelle tecniche e artistiche.Fondamentale è l’intenzionalità del soggetto, il quale ècosciente dello scopo della sua azione.Spesso si tratta di gesti e movimenti svolti in sequenza,che richiedono l’adattamento a una situazione nuova, nonla ripetizione automatica di azioni collaudate.Sincronismo acustico-motorio (SAM)L’area funzionale psicomotoria della temporalità si suddi-vide in tre sezioni: percezione uditiva, sincronismo acusti-co-motorio, rappresentazione del tempo. Una possibile “si-tuazione SAM” (s-SAM) si ha quando, ascoltando un brano,balliamo.Il SAM consiste nella capacità di integrare tra loro stimoliacustici e movimenti del corpo. È innato e può essere spon-taneo o intenzionale; è dovuto al confronto simultaneo traintervalli temporali dei movimenti e intervalli temporalidegli eventi sonori (caratterizzati, questi ultimi, da naturafisica e da articolazioni che ineriscono tutti gli aspetti del-la musica). Il segnale per la danza non è il suono, ma la fasecinetica, quindi il tempo musicale è elaborato come flussomotorio. Il processamento riguarda dati sonori e proprio-cettivi, nel quadro di un gioco continuo tra tempo, spazioed energia corporea. Durante il SAM si ha l’attivazione si-multanea della corteccia uditiva (lobo temporale), di quel-la motoria e di sistemi sottocorticali (gangli basali e cer-velletto). Inoltre solo il cervello umano presenta una con-nessione funzionale tra aree corticali uditive e premotorie(deputate alla selezione dei movimenti da eseguire).I processi si attivano anche quando ascoltiamo senza muo-verci o immaginiamo la musica.Dal punto di vista neurale, immaginare la musica o il rit-mo può avere lo stesso effetto dell’ascolto reale.Considerando quanto sopra esposto, si può dedurre che le s-SAM possono manifestarsi in forme, contenuti, contesti di-versi, testimonianza del mondo poliedrico delle prassi, non-ché delle elaborazioni teoriche, su musica e movimento.

AscoltoÈ l’asse portante dell’indagine.Vi sono diverse possibilità rispetto alla definizione del-l’espressione “ascolto musicale”.Ho scelto l’opzione che lo presenta come:- evento in cui aspetti cognitivi, motori, affettivi e sonori

formano un’unità;

1 Cfr. Berthoz 1998; Wille-Ambrosini 2005.2 Cfr. ALEKSANDR ROMANOVIC LURIJA, Come lavora il cervello, Il Mulino,

Bologna 1977 (cit. in Wille- Ambrosini, 2005).

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- flusso in cui il corpo è protagonista, mediatore, indica-tore;

- funzione di orientamento anticipato tra tutte le dimen-sioni musicali.

Soggetti e scenariIl gruppo monitorato è eterogeneo: comprende ragazzi nonspecialisti, ma anche adulti professionisti dei settori musi-ca e danza. Questo da un lato per osservare la motricitànaive così come quella tecnica applicata; dall’altro per va-lutare l’incidenza della formazione specifica sulla perce-zione temporale.Dodici ragazziEtà: 11/12 anni; allievi della scuola in cui lavoro, inseritiin un’attività di laboratorio che prevede l’uso della musicae del corpo. Del gruppo fa parte un soggetto diversamenteabile. Il suo sviluppo psico-motorio si situa intorno ai 2anni. Il linguaggio verbale è compromesso (aspetti siacognitivi che funzionali).Scenario della ricerca: scuola secondaria di primo grado aindirizzo musicale.Tre adulti- Alessandra Gallone: insegnante, performer e coreografa;coniuga la danza contemporanea occidentale con quellanord-africana e mediorientale. Ha una fine sensibilità perla musica. Scenario: scuola di movimento e danza.- Marcello Scandelli: primo violoncello dell’Orchestra Mi-lano Classica; esperto di musica barocca, estende la suaattività alla direzione. Scenario: abitazione privata.- Antonio Visioli: violoncellista, ha collaborato con lemaggiori orchestre italiane; si dedica anche alla composi-zione. Scenario: abitazione privata.

PreludioLa scelta del brano da utilizzare è stata difficile.Motivi:- legati ai non specialisti: scegliere un brano a loro sco-

nosciuto e nel contempo non ostico; calibrare la duratadella musica all’espressione corporea;

- legati a me: vastità del materiale; amore per generi mu-sicali diversi.

Ho ascoltato e riascoltato decine di brani, anche se quellodi Bach mi aveva stregato fin dall’inizio.Prima di passare ad alcune note analitiche, mi pare corret-

to indicare tre “punti caldi”, che mi hanno guidato nel la-voro: il Preludio è un evento organizzato culturalmente;l’ho utilizzato come un oggetto psicomotorio; l’ho lettocome una prassia 3 complessa e articolata.Si può immaginare il Preludio come una grande cadenza,suddivisa in tre parti, che si snoda tra i gradi I-II-V-I 4.La prima parte è un condensatore di energia; la secondaesprime il dispiegarsi dell’energia stessa; la terza funge daammortizzatore e porta alla conclusione, ribadendo il di-segno con ripetizione di figure presentato all’inizio. La di-rezione del brano è chiara, tutta orientata verso la tonica.La struttura è armoniosa e densa; presenta un sostanzialeequilibrio tra caos e ordine. L’andamento è continuo e flui-do (due fermate), ma punteggiato da eventi pregnanti perla percezione. L’attenzione e l’attesa sono continuamentestimolate. Si ha un’apparente semplicità, che invece celasapienti giochi sulle durate, gli accenti, l’articolazione, iltrattamento orizzontale e verticale della materia sonora, laforma.Come trovare la strada di casa? Cioè: come orientarsi intale trama ricca e complessa?

EsperimentoRagazziAscolto del brano:- in motricità di posizione (M.P.), distesi su tappeti ginnici.

Questo per favorire il rilassamento e il raccoglimento,in modo da rendere il più possibile spontanea e perso-nale la successiva improvvisazione cinetica;

- in motricità di spostamento (M.S., cioè “danzando”, spo-standosi nella stanza);

- in coordinazione oculo-manuale, mediante l’uso di nastriritmici (tali oggetti sono stati scelti dai ragazzi, che li han-no giudicati consoni più di altri alla fluidità del brano);

- in espressione grafica non figurativa, cioè tracciandosegni, forme, grafismi senza alcuna preoccupazionecompositivo-costruttiva o istanza di tipo estetico pre-determinate; semplicemente, muovendo pastelli e/o pen-narelli su fogli bianchi; per immediatezza espositiva eper sottolinearne il carattere estemporaneo, ho deno-minato “graffiti” l’insieme dei lavori realizzati.

AdultiAscolto del brano:- in M.P.;

Le immagini che illustranoquesto articolosono foto-composizionidi Gigi Cavenago.

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- in “graffiti”. Per gli strumentisti: anche con l’ascoltointeriore (cioè anche in assenza di somministrazioneesterna).

A seconda della professione svolta: esecuzione al violon-cello o improvvisazione danzata (M.S.).

Ho chiesto ai soggetti di prestare attenzione, in faseattuativa, a eventuali sensazioni corporee e immagini men-tali (raccolte con il metodo dell’intervista).Tutti gli incontri sono stati ripresi con una telecamera.La presenza di differenti tipologie motorie risponde a unascelta precisa: indagare ambiti diversi del movimento, alfine di confrontarli fra loro.Per pulire il più possibile il campo d’indagine, ho chiesto aun compositore, Paolo Coggiola, di realizzare l’analisi mu-sicale del Preludio; ho così potuto arricchire il bagagliodella metodologia osservativa, aggiungendo elementi soli-di e validati.Un altro leitmotiv delle mie ricerche è il cosiddetto timingdei musicisti: mi interessa come il tempo soggettivo influi-sce sull’interpretazione musicale.Per questo nella ricerca ho inserito uno studio sull’agogicae sulle scelte dialettiche dell’esecuzione strumentale, com-parando le due versioni dei violoncellisti, diversi tra loroper specializzazione professionale 5.

Osservazione: focusTempo, spazio, corpo e motricità, affettività sono i para-metri osservati; per ciascuno di essi, ho individuato unacostellazione di indicatori, mutuandoli dalla metodologiapsicomotoria e dagli studi di Rudolf von Laban, padre del-la danza moderna europea.Indicatori- Tempo: velocità; accelerazioni o decelerazioni; accenti

e dove vengono posti; flusso (scorrevole, interrotto o

arrestato); fraseggio; moduli con alternanza di durate eloro eventuali variazioni di velocità; poliritmia a livel-lo dei singoli soggetti.

- Spazio: direzioni e livelli dei passi e dei gesti; cambi diorientazione; estensione dei passi e dei gesti; forma deigesti; prossemica.

- Corpo e motricità: posture e posizioni; distretti corpo-rei utilizzati (con attenzione a: parte superiore e infe-riore; emicorpo dx o sx; al suolo o in fase di volo);movimenti simmetrici o asimmetrici; movimenti simul-tanei o successivi, in uno o in entrambi gli arti. Carat-teristiche del movimento (equilibrio, regolarità, sciol-tezza, dissociazione) e coordinazioni cinetiche realiz-zate. Con quale energia? Il flusso è scorrevole, interrot-to, arrestato?

- Affettività: stato tonico ed espressione non verbale (voltoe corpo intero); eventuali espressioni vocali; prossemica.

Monitoraggio dei dati e verificaHo cercato spiegazioni rispetto agli interrogativi: chi, cosa,quanto, quando, come, dove e perché.Inizialmente mi sono occupata di stilare le osservazioni:per farlo, ho osservato i filmati al computer, per tutti isoggetti, per ogni s-SAM e per la prassi strumentale; hoeffettuato tali operazioni annotando gli accadimenti rela-tivi a ciascuna battuta del Preludio, compiendo un conti-nuo viaggio di andata-ritorno tra i particolari e il contestogenerale, sia motorio che musicale.Successivamente ho creato delle griglie per tabulare i re-perti, tenendo conto dei parametri e degli indicatori.Analoghi procedimenti ho messo in atto con le interviste.Riguardo le tabulazioni, ho svolto una duplice compara-zione dei dati: interna a ciascuna e trasversale, tra tutte.Ho tenuto conto della complessità del materiale, calcolan-do le medie dei fenomeni osservati, ma valutando anchegli aspetti qualitativi e gli elementi divergenti.Di seguito, ho realizzato la lettura delle risultanze speri-mentali alla luce dell’innesto tra ricerche psicologiche,neurofisiologiche e neuropsicobiologiche sulla percezionetemporale.In sintesi, potrei paragonare il lavoro svolto a una sorta dilancio metapercettivo, con paracadute. Ho poi messo inatto la verifica dell’esperimento, mediante un confrontotra gli “oggetti” comparati/riletti e le ipotesi di partenza.

3 Le prassie sono azioni finalizzate al raggiungimento di uno sco-po. Quest’ultimo organizza il progetto d’azione.

4 La partitura e l’ascolto del preludio sono disponibili sul sitowww.musicadomani.it nella sezione “Materiali”

5 Alessandra Gallone mi ha regalato uno scritto sulla sua improvvi-sazione danzata, che ho inserito nella tesi.

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30 Conclusioni1.Ho rilevato la presenza del SAM in tutti i soggetti, i qualihanno mostrato facilità nel rispondere ai compiti adattivi.È emerso in modo evidente il ruolo giocato dall’azione neiprocessi percettivi. Si è delineato il carattere globale delleesperienze, unito ad attenzione, concentrazione e intensitàpartecipativa.L’analisi musicale del Preludio ha trovato il suo specchionella motricità e nelle interviste.Le attività monitorate hanno permesso di raccogliere in-formazioni sulla percezione dinamica del tempo musicale,ma anche indizi su strategie generali di processamento tem-porale, condivise dai ragazzi e dai professionisti.2.Le modalità individuate, riguardanti le differenti tipologiemotorie, sono: distinzione, segmentazione e raggruppamen-to dei dati in insiemi coerenti.L’intuizione della forma musicale e le sue scansioni inter-ne sono state facilitate dall’articolazione del flusso sonoro,percepito come unitario.Si è evidenziato il ruolo fondamentale dell’anticipazione,che ha assunto sfumature diverse in base allo sviluppomotorio-cognitivo-affettivo dei soggetti.Rispetto ai ragazzi, sono stata profondamente colpita da M.,diversamente abile. Mi riferisco a una improvvisazione incui è stata seduta (sulle ginocchia) fino all’arrivo del pedaleconclusivo del Preludio (battute 39-42). Alla battuta 34 hainiziato una fase di aumento dell’eccitazione generale, conun vocalizzo alla battuta 37. Alla battuta 38 si è alzata,rimanendo in postura eretta fino al termine del brano. Du-rante il pedale, ha sincronizzato i movimenti dei piedi con iquarti. Sulla corona finale, ha portato le mani (prima collo-cate in basso) verso le orecchie, nascondendo il volto; con-temporaneamente, ha ruotato il tronco verso destra. Nonsolo: mentre era seduta, i movimenti del capo, quelli degliocchi e della zona bucco-facciale, oltre ad alcuni vocalizzi,denotavano un’attenzione accurata per il flusso sonoro nel-la sua complessità. Secondo me significa che M. ha intuitol’intenzionalità racchiusa nel Preludio e l’ha coniugata conla propria. Intendo dire che narratività del brano musicaleda un lato, del movimento e della musicalità di M. dall’altro,si sono costantemente interfacciate.Tornando a un quadro generale, la narratività indica undato preciso: movimento e musica sono cognizione, comeaffermano le ricerche di Imberty, Stern e Damasio.Le risultanze sperimentali dimostrano che la percezionedel tempo si è manifestata sia come interpretazione e or-ganizzazione dei messaggi sensoriali sia come risultatodell’azione, sua simulazione interna, opzione e anticipa-zione delle sue conseguenze.Per fare un esempio, cito un particolare della motricità dispostamento. Alla battuta 22, il Preludio presenta la primasosta del flusso: ci troviamo sulla dominante, con corona.Taluni soggetti hanno interrotto lo spostamento nello spazio,ma nessuno ha cessato il movimento. La mia spiegazione èche la corona ha svolto la funzione di una “sosta ai box”: si fail pieno di energia con l’intenzione di continuare il percorso,

per giungere al traguardo (in questo caso, la tonica). In talequadro, caratterizzato dal “tendere verso”, una cessazione delmovimento sarebbe stata dissonante rispetto alla sintassi.L’ascolto musicale in movimento si è delineato come inter-relazione dinamica tra presente, passato e futuro: ciascunevento sonoro è stato collocato all’interno di un continuumtemporale di altri suoni circostanti e decodificato in rela-zione a questi.La lettura dei dati, sperimentali e teorici, mi fa propendereper l’annullamento della distinzione tra pensiero e azione;inoltre mi conduce verso una visione integrata della per-cezione temporale come abilità sia innata che strutturataper tappe.Rispetto ai nessi tra tempo e spazio, la letteratura psicolo-gica attesta un costante travaso dall’uno all’altro parame-tro. I rischi relativi a eventuali interferenze vanno consi-derati in sede progettuale e di verifica.3. Competenza ritmicaSi è manifestata come la capacità di dare senso e coerenzaall’organizzazione temporale del flusso sonoro, medianteun rimando continuo tra ambito motorio, cognitivo e af-fettivo. Secondo quanto ho osservato, la competenza rit-mica non ha riguardato solo i rapporti di durata, ma tuttele dimensioni musicali (dinamiche, melodiche, armoniche,formali ecc.).La possibilità di prevedere i fenomeni durante l’ascolto haprodotto gratificazione, sottolineando la spiccata conno-tazione emotivo-affettiva delle esperienze ritmiche e po-nendo in rilievo l’assunto per cui la percezione del tempoparte da esperienze biologiche a connotazione fortementeemozionale.Nella maggior parte dei casi, la prima parte del Preludio èstata descritta come più triste della seconda.I dati mostrano con chiarezza l’incidenza degli aspetti sen-so-motori, che si possono considerare nutrimento di baseper la cognizione temporale.4. Differenze tra professionisti e ragazziA fronte di un hardware rimasto invariato, tra le due cate-gorie sono emerse differenze di software.I professionisti hanno mostrato:- marcata ricerca espressiva- maggiore/migliore capacità di anticipazione- duttilità delle rappresentazioni temporali- approfondita quota analitica.5. CorrelazioneLa lettera greca r viene usata in statistica per indicare va-riazioni reciproche tra insiemi/sistemi.Considerato quanto sopra, le correlazioni individuate pos-sono essere espresse nelle formule:- fisica r bio-psicologia r cultura- musica r movimento- espressione del tempo r percezione del tempo r rappre-

sentazione del tempo- musica/movimento r affettività.

Coda: AccadueòL’acqua e il suo fluire sono stati evocati dalla maggior par-te dei soggetti nelle interviste.

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31Un aspetto curioso: la parola tedesca bach significa ruscel-lo, corrente, rio, rivo.L’omogeneità delle strategie percettive e la consonanza delleemozioni mi hanno fatto riflettere a lungo. Come fluisco-no i miei pensieri?Penso che:- bisognerebbe aumentare l’investimento di risorse nelle

ricerche sulle mediazioni acustico-motorie del sistemanervoso. Questo in un quadro interdisciplinare deglistudi sul comportamento bio-sociale umano, a un li-vello che precede la comunicazione linguistica verbale;

- lo studio della diade musica-movimento, che può tro-vare molteplici applicazioni in ambito socio-educativoe clinico, ci potrà permettere di aggiungere un tasselloalla comprensione di un processo fondante della nostravita: la costruzione della coscienza.

Questo think tank ha un’etichetta; c’è scritto: «Play»

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Le ragioni del far musica sono virtualmente infinite; puòaccadere, talvolta, che l’ispirazione nasca dal desiderio diun artista di esprimere la sua profonda partecipazioneemotiva agli eventi della sua epoca. È il caso di O King, unpezzo composto da Luciano Berio nel 1967, che AngelaCarone analizza mettendo in luce le tecniche utilizzate dalcompositore per dar veste musicale al suo sconcerto perl’assassinio di Martin Luther King. [Susanna Pasticci]

L’attenzione dei compositori per la realtà socio-politica delproprio tempo, e la conseguente creazione di opere attra-verso cui esprimere in modo più o meno esplicito le perso-nali convinzioni ideologiche, è un fenomeno frequente nellastoria della musica. In passato si esplicitava mediante bra-ni composti per rendere omaggio a personaggi influenti, inalcuni casi addirittura “mitizzati” — salvo poi condannar-ne l’operato, come testimonia la celeberrima vicenda “na-poleonica” legata alla genesi della Sinfonia Eroica diBeethoven; altre volte, più semplicemente, dietro la nasci-ta di una composizione si celava l’intento di celebrare unimportante evento politico, come la vittoria della Germa-nia nel 1870, durante la guerra franco-prussiana, e la suaconseguente unificazione festeggiata da Richard Wagnercon il Kaisermarsch (1871). Nel secolo scorso, complici itragici avvenimenti connessi ai due conflitti mondiali, icompositori si sono mostrati ancor più sensibili agli eventistorici contemporanei: se A Survivor from Warsaw (1947)incarna la denuncia di Arnold Schönberg contro gli orroridel Nazismo, la protesta antifascista di Luigi Nono prendevoce ad esempio in Il canto sospeso (1955-56), su testi dicondannati a morte della Resistenza europea.Nel 1968, l’assassinio di Martin Luther King induce LucianoBerio a incorporare nella propria Sinfonia un intero movi-mento (il secondo) dedicato al politico, denunciandone im-plicitamente l’uccisione; il brano (che è possibile ascoltaresul sito http://www.youtube.com/results?search_query=berio+sinfonia+o+king&search_type=&aq=f) rappresenta unarielaborazione per orchestra di O King, un breve pezzo chel’anno precedente Berio aveva composto in onore del leaderche lottò per i diritti dei neri.Nella versione del 1967, O King prevede un organico costi-tuito da voce (mezzosoprano) e cinque strumenti (flauto,clarinetto, violino, violoncello e pianoforte); la sua strut-tura formale è assimilabile a quella del tema con variazio-ni, seguite da un episodio conclusivo (coda). Dal punto divista melodico, il brano presenta un “tema” composto da21 note, ripartite in tre segmenti consecutivi di 4, 7 e 10note (cfr. esempio 1).

Angela Carone

O King[Luciano Berio]

Esempio 1. “Tema” di O King.

La voce espone il tema nelle battute 1-19, e successiva-mente lo ripete quattro volte: le prime tre integralmente, apartire dalle lettere B, C, D indicate in partitura, mentre nelcorso della quarta presentazione (E) il suo impiego è in-completo e comprende solo le dieci note iniziali. Le quat-tro ripetizioni possono essere considerate variazioni sul temaottenute attraverso alterazioni del suo profilo ritmico; lasuccessione delle altezze rimane invece immutata, se nonper l’inserimento di un lab3 a battuta 76 e per l’aggiunta dialcune acciaccature che recuperano l’ultima nota “reale”intonata dalla cantante o quella a essa immediatamenteprecedente (le uniche eccezioni si riscontrano alle battute34, 40 e 64). Osservata in dettaglio, la linea melodica deltema e delle quattro variazioni intonate dalla voce risultacostruita su sette note del totale cromatico; Berio inseriscele rimanenti cinque (do, mib, mi, fa#, sol) nella parte delpianoforte e, in misura minore, in quella del flauto, utiliz-zandole negli altri strumenti solo a partire da battuta 52 (siveda il clarinetto e, di seguito, violoncello e violino). Alcontempo, la differenziazione tra gli strumenti è dovutaanche ai diversi ruoli strutturali che contraddistinguono iloro ingressi. Ad esempio il pianoforte, e talora il flauto,accompagnano con il proprio andamento “ondulatorio” lavoce, “fiorendone” silenziosamente la melodia (si osservi-no i disegni in pp e pppp dei due strumenti alla lettera Adella partitura – visibile alla pagina internet http://www.metzlerviolin.com/pc-211714-2-beriolucianoscore-o-kingvoicefluteclarinetvioloncello.aspx – o a battuta 15);inoltre, i segni dinamici ff e/o gli sforzati (>) posti nellebattute 1-58 del pianoforte servono per accentuare il ritor-no, nella parte assegnata allo strumento, di tutte le 21 notedel tema (alle quali viene aggiunto solo un fa3, ff , a battu-ta 45, tra il si3, battuta 44, quattordicesima dell’esempio 1,e il re4, battuta 47, quindicesima nota), le quali riappaionointervallate dalla presenza di più o meno ampie porzionimelodiche. Il violoncello, il violino e il clarinetto, invece,raddoppiano o anticipano le note intonate dalla cantante,creando un alone sonoro, in alcuni casi un’autentica eco.Le peculiarità ritmico-melodiche degli archi e del clarinet-to cambiano solo a partire dalla terza variazione; tale cam-biamento e, in generale, le caratteristiche degli strumentifin qui descritte, risultano complementari e di supporto aun’ulteriore componente di O King, quella testuale, nellaquale si materializza la tematica del brano.

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33Il lento processo di “arricchimento” del testo è sottolineatodall’altrettanto graduale cambiamento della componentestrumentale e melodica degli strumenti alla quale si è ac-cennato in precedenza. A partire da battuta 60 il flauto, ilclarinetto e gli archi acquistano un andamento più mosso,con il quale segnalano l’avvio di un evento concitato che,oltre a coincidere con la prima quasi completa enunciazionedel nome del politico, esplode nell’unisono in ff sul cogno-me King (battuta 67). Le trasformazioni interessano anchela voce che per la prima volta esegue un sol4 (assente daltema), intonato a partire da battuta 77 (cifra F), con il qua-le essa dà chiaramente avvio alla coda del brano. L’ingres-so di questa sezione è riconoscibile dal pedale affidato allavoce, ma anche grazie alla nuova fisionomia degli stru-menti: si osservino le quintine del pianoforte, le quartinedegli archi e il disegno terzinato di clarinetto e flauto che,dopo aver raggiunto il culmine della loro ascesa intonan-do la medesima nota eseguita dalla cantante, attraverso unrallentando alla fine si “stringono” attorno a Martin LutherKing in accordi basati sulle cinque note assenti dal “tema”(do, mib, mi, fa#, sol); in tal modo, essi permettono di per-cepire chiaramente il nome del leader politico che la vocescandisce per la prima volta nella sua interezza.L’analisi dell’interazione tra le componenti vocali e stru-mentali di O King (per il cui approfondimento si rimandaal terzo capitolo del libro di David Osmond-Smith, Suona-re le parole. Guida all’ascolto di Sinfonia di Luciano Berio,Einaudi, Torino 1994, e al saggio di Galina V. Grigoreva,Luciano Berios Skizzen zu O King, in “Mitteilungen derPaul Sacher Stiftung”, n. 8, März 1995, pp. 12-16) puòessere inserita in un percorso didattico interdisciplinareincentrato sull’interpretazione di determinate vicende sto-riche da parte dei compositori (e più genericamente degliartisti) del Novecento, e mirato a far luce sul ricorso a testipolitici di differente natura e sulle tecniche impiegate permetterli in musica.

Il testo scelto da Berio per rendere omaggio a Martin LutherKing è incentrato esclusivamente sul nome del politico,sebbene durante le fasi iniziali della stesura del brano ilcompositore avesse pensato a «pace mio dio, paix moinseigneur, peace my lord» e «pace, paix, peace, pokojay, ruhe».L’invocazione «O Martin Luther King» viene frazionata nellesue componenti vocaliche e sillabiche: o, a, i, u, � (corri-spondente alla vocale di -ther), i, ŋ (nasale), ma, lu. A dif-ferenza della presentazione del tema melodico, espostochiaramente sin dalle prime battute, il “soggetto politico”del brano emerge attraverso quindici tappe (cfr. esempio2), durante le quali, in modo graduale, all’intonazione del-le sole vocali (dapprima permutate, poi nell’ordine di pre-sentazione definito dal nome) si somma l’esecuzione dellesillabe: la “fisionomia” di Martin Luther King prende for-ma nella sua interezza solo nella coda del brano (con ini-zio alla lettera F della partitura).

bb. 1-6 i � a o u ibb. 7-10 o i � a u ibb. 11-14 o a i � u ibb. 14-17 o a i u � ibb. 17-22 o a i u � ŋbb. 23-27 o ma i u � ŋbb. 28-36 o ma i u i u � ŋbb. 36-47 o ma i lu � ŋbb. 47-54 o ma o ma o �bb. 55-62 o ma i lu i lu i lu �bb. 62-68 o ma i lu � Kingbb. 69-71 o ma i ma ibb. 72-80 ma i lu ther Kingbb. 80-88 o Mar tin Lu ther Kingbb. 89-91 ŋ

Esempio 2. O King : “materializzazione” del testo attraverso le suequindici presentazioni.

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Presso la sede dell’Archivio di Statodi Firenze in viale Giovine Italia 6 sisvolgerà il Convegno Internazionale“Musica: creatività e regressione” neigiorni 8 e 9 maggio 2009. L’incontro,organizzato dall’International Asso-ciation for Art and Psychology in col-laborazione con l’Agenzia Nazionaleper lo Sviluppo dell’Autonomia Sco-lastica e con il Centro Studi Auxolo-gici di Firenze, sarà coordinato daRoberto Caterina, docente di Psicolo-gia della Musica all’Università di Bo-logna, Graziella Magherini, psicoana-lista, e Simona Nirenstein Katz, musi-coterapeuta dell’Associazione Shir diFirenze.Scopo di questa iniziativa sarà quel-lo di creare uno spazio di riflessionesulle potenzialità della musica incampo educativo e terapeutico sotto-lineando la centralità del linguaggiomusicale nello sviluppo delle capaci-tà cognitive, nella regolazione delleemozioni e come medium di una co-municazione attenta a cogliere il va-lore di parti profonde del Sé. In que-sta ottica creatività e regressione rap-presentano i due momenti fondamen-tali del processo comunicativo che lamusica può in qualche modo soste-nere e ampliare.Anche altri linguaggi artistici posso-no avere le medesime finalità comu-nicative nella situazione terapeutica epossono essere utilizzati in maniera ef-ficace da chi professionalmente se neavvale. Questo convegno vuole esse-re, quindi, un’occasione per cercaresomiglianze e specificità delle singolearti come strumento di espressione,cura e trasformazione creativa. All’ini-ziativa parteciperanno esperti italianie stranieri nei campi della musicolo-gia, dell’educazione musicale, dellamusicoterapia e delle altre arti-tera-pie. Accanto ai singoli interventi di nu-merosi studiosi sono previste tavolerotonde e altri momenti di riflessionea più voci sul tema della creatività edella regressione.Per ulteriori informazioni relative al pro-gramma e alle modalità di iscrizione sipuò consultare il sito www.artepsicolo-gia.com o si può scrivere a [email protected] costo del convegno sarà di 50 euro(iscrizione entro il 31 marzo) o 70 euro(iscrizioni dopo il 31 marzo).

Roberto Caterina

Musica, educazionee terapia

Tante volte, anche sulle pagine di que-sta rivista, abbiamo potuto apprezzareil pensiero musicale di Augusto Pa-squali, sempre chiaro perché orientatoa farsi capire da tutti, sempre raffina-to, perché legato a una cultura musi-cale profonda, costantemente aggior-nata per passione e curiosità.In più, Augusto aveva il dono di unascrittura elegante e avvincente, capacedi rendere la lettura un’esperienza nonsolo intellettualmente stimolante, maanche sempre piacevole. “Musica Do-mani” ha avuto in lui un collaboratorecompetente e affidabile, animato da unagrande serietà, sia nella fase di idea-zione, ricerca e riflessione, sia in quelladi stesura dei suoi testi che, sempre com-pleti e rigorosi, venivano proposti allarevisione critica dei colleghi con quelsorriso misurato che distingueva il suomodo di stare insieme agli altri e diascoltare con attenzione e rispetto tuttii suoi interlocutori, piccoli e grandi.Nel dare ai lettori la notizia della suascomparsa, repentina e terribile, vo-gliamo esprimere ancora una volta, anome di tutti i colleghi che l’hanno co-nosciuto, direttamente o tramite il suolavoro editoriale, una grande stima neisuoi confronti.Augusto, come molti di noi, ha senti-to e vissuto nel profondo la propriaepoca musicale come una stagione distraordinarie trasformazioni e novità,stagione appassionante e di valore ine-

Un insegnamento che risuona nel tempostimabile per chi come lui voleva (eriusciva) a diffondere l’amore per lecose belle.Ma chi lo conosceva sa bene che in-sieme alla curiosità, l’altra sua grandedote era l’umiltà di rimettere semprein gioco il proprio patrimonio di co-noscenze, di ripensare e aggiornare lamappa dei propri giudizi, ogni voltaritrovandosi dalla parte di chi imparaqualcosa di nuovo, proprio come i tantiallievi, grandi e piccoli, che del suo in-segnamento serbano un ricordo inde-lebile. Proprio perché Augusto si met-teva dalla loro parte, anch’egli impa-rando da loro e con loro.Il silenzio che oggi sembra avvolgerela scuola dove insegnava parla del do-lore per la sua scomparsa che in tantisentiamo; ma certamente risuona an-che delle molte parole che Augusto Pa-squali ha lasciato a chi ha avuto la for-tuna di incontrarlo e di condividere conlui un tempo felice in cui musica, pen-siero e sorriso potevano sempre trovaremotivi di integrazione e di sviluppo.Il nostro ricordo è intessuto di gratitu-dine e affetto e della certezza che lerisonanze che Augusto ha saputo crea-re nei suoi tanti allievi, amici e colle-ghi sono destinate a durare nel tempo.

Rosalba DeriuFranca Mazzoli

Giordano MontecchiLa redazione di “Musica Domani”

Un sito che non è espressamente dedica-to alla didattica, ma che penso possa in-teressare anche perché, essendo basato –al pari del già recensito antiwarsongs.org– sulla libera contribuzione degli utenti,mi pare indichi una strada interessante nelmetodo, oltre che nel merito.Creato da Emily Ezust, una violinista e tec-nica informatica canadese, la Pagina deiTesti di Lieder e Canzoni d’Arte, è un archi-vio sterminato comprendente quasi 58.000testi di lieder, canzoni, romanze e simili delrepertorio classico. Più di 7.000 sono statitradotti in una cinquantina di lingue, tracui l’italiano, da collaboratori volontari.Viene aggiornato con frequenza con l’in-serimento di nuovi testi o traduzioni (ve-dere l’apposita sezione What’s new).Vengono messi a disposizione vari stru-menti di ricerca: autore delle musiche,

Navigando: The Lied and Art Songwww.recmusic.org/lieder/

autori dei testi, titolo, incipit, lingua, annodi composizione o pubblicazione.Oltre a rappresentare quindi un’eccellen-te risorsa per trovare uno specifico testo,consente anche di creare raggruppamen-ti, comparazioni e ricerche trasversali: viinteressa, ad esempio, scoprire alcune poe-sie di Giosue Carducci che siano state mu-sicate? Provate.Individuato un testo di nostro interesse, ilsito fornisce anche indicazioni bibliogra-fiche e sitografiche per il recupero dellepartiture.Chi lo desidera può contribuire inviandoalla curatrice traduzioni, nuovi testi o an-che semplicemente segnalazioni di errori,varianti ai testi pubblicati ecc. Altri 648volonterosi lo hanno già fatto.

Augusto Dal Toso

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alle lezioni di strumento (due volte asettimana, trenta minuti) si affiancanolezioni di ritmica (una volta a settima-na, trenta minuti), musica d’insieme eorchestra (una volta a settimana, dasessanta a novanta minuti).Nei giorni di lezione quasi tutti gli al-lievi arrivano al Convento già per ilpranzo (esiste un servizio mensa) per poitrascorrervi tutto il pomeriggio frequen-tando le lezioni di musica, di arte, dimovimento, giocando nel giardino osemplicemente facendo i compiti discuola. La permanenza prolungata fa sìche la musica diventi parte integrantedella vita quotidiana di ognuno. Questotipo di organizzazione consente ancheuna gestione più flessibile dell’orario echi lo desidera può assistere alle lezionidei compagni. Le lezioni complementa-

A Radicondoli, un paese di circa milleabitanti in provincia di Siena, la quasitotalità dei bambini in età scolare delpaese è accolta dalla scuola di musicalocale.La Scuola di Musica “RadiconventoMu-sica”, un progetto della “Dulcimer Fon-dation pour la Musique” (fondazioneinternazionale di diritto svizzero), hasede presso l’ex Convento dell’Osser-vanza di Radicondoli.Il progetto si ispira ai seguenti princìpi:1) fare musica dovrebbe essere partedella vita e dell’educazione di tutti perl’alto valore morale, artistico e socialeche tale pratica è in grado di aggiun-gere alla nostra vita; 2) tutti i bambiniche lo desiderano devono poter impa-rare a suonare uno strumento; 3) l’in-contro con la musica deve essere pra-tico e non teorico.Dunque, “RadiconventoMusica” dal2002 offre a tutti i bambini di Radicon-doli la possibilità di imparare a suonareuno strumento musicale. Attualmente sicontano cinquantacinque allievi di etàcompresa tra cinque e sedici anni, iscrittiai corsi di flauto, clarinetto, violino, vio-la, violoncello e pianoforte. Per renderei corsi accessibili a tutti, la Fondazionecopre tutte le spese (affitto dei locali,docenti, personale amministrativo, ma-teriali). La quota richiesta come contri-buto annuo alle famiglie può quindi es-sere molto contenuta.I bambini sono ammessi alla scuolasenza dover superare prove di abilità,di solito all’età di sei anni, ma è anchepossibile iscriversi successivamente.L’insegnamento si basa su princìpi pe-dagogici e didattici peculiari, ispiratialla realtà e alle esigenze degli allievi.Il punto di partenza e di arrivo di que-sta didattica è la musica d’insieme, lagioia che si prova nel suonare, nel faremusica con gli altri e per gli altri. Lamotivazione per studiare uno strumen-to, lo stimolo per migliorare sempre dipiù le proprie capacità tecniche e mu-sicali nascono dal confronto con i coe-tanei, suonando insieme e ascoltando-si a vicenda.Suonando in un gruppo il bambino sitrova continuamente di fronte a stimolinuovi, situazioni musicali diverse. Lelezioni individuali sono il mezzo perimparare le abilità che servono per suo-nare con gli altri. Imparare una tecni-ca nuova diventa una necessità del-l’alunno, non dell’insegnante. La scel-ta del metodo è quindi flessibile e ilpercorso didattico si adatta alle esigen-ze musicali e orchestrali o viceversa.Fin dall’inizio del percorso didattico,

Musica per tutti a Radicondoliri di arte e di movimento-teatro arrichi-scono l’esperienza estetica dei bambinie danno loro la possibilità di integrarela musica con altre forme di espressio-ne artistica. Esempio concreto di questaintegrazione di arti diverse sono gli spet-tacoli-concerti di fine anno che coin-volgono tutti gli allievi.Per informazioni:RadiconventoMusicaConvento dell’Osservanza53030 Radicondoli (SI)tel. 0577-790738, fax 0577-790643www.radiconventosservanza.itinfo@radiconventosservanza.itDulcimer Fondation pour la Musiquec/o Tavernier Tschanz Avocats11bis Rue Toepffer, CH-1206 Genèvewww.dulcimerfondation.org

Alexandra Gelpke

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ioni Tra suono e musica. Ricerche intorno al linguaggio musicale

Come favorire la costruzione di didatti-che quotidiane e contesti di apprendimen-to intorno al linguaggio musicale per ibambini? Come riuscire a documentaree fare evolvere i processi di conoscenzache i bambini agiscono nel e con il lin-guaggio musicale? Come avviare un ap-proccio allo strumento musicale in coe-renza con un’idea socio-costruttivistadella relazione tra insegnamento e ap-prendimento? Queste sono alcune do-mande che orientano la ricerca che coin-volge nidi, scuole dell’infanzia e prima-rie del Comune di Reggio Emilia e vedela collaborazione di Reggio Children, Isti-tuzione Scuole e Nidi d’Infanzia del Co-mune di Reggio Emilia, Fondazione ITeatri di Reggio Emilia, Associazione In-ternazionale Amici di Reggio Children.Questo intento è sostenuto anche dalprezioso dialogo con il Sistema delleOrchestre Infantili e Giovanili del Ve-nezuela, un’esperienza che considera lamusica come vita e cultura, come ele-mento di ricerca disciplinare che con-tiene sia l’aspetto sociale, sia l’aspettoconoscitivo-culturale.Alcuni aspetti educativo-didattici del-

l’approccio venezuelano ci sono sem-brati interessanti e capaci di entrare indialogo con le nostre esperienze.La ricerca si è quindi proposta di:- trovare contesti quotidiani di ascol-

to e esplorazione musicale che so-stengano anche le ricerche autono-me dei bambini;

- inventare didattiche per apprende-re la musica;

- avviare con i bambini conoscenzetecniche nell’uso degli strumenti (siaoggetti sonori che strumenti di re-pertorio);

- elevare le competenze degli adulti(insegnanti e genitori) in campo mu-sicale.

Il progetto è biennale e prevede pianidi formazione e ricerca:- incontri per incrementare le com-

petenze degli adulti;- incontri per rileggere, insieme a

persone competenti, alcune delleesperienze realizzate;

- incontri a teatro o in altri luoghi diascolto con il coinvolgimento an-che delle famiglie;

- riflessioni e interventi sugli am-

bienti scolastici, per accogliere edesprimere la specificità del linguag-gio musicale, favorendo la relazio-ne con altri linguaggi.

È stata realizzata una “sonda di ricer-ca” che ha indagato i caratteri del suo-no e le competenze tecniche nell’usodegli strumenti.Riguardo alla documentazione, intesacome strategia riflessiva e autovaluta-tiva, si sta mirando a una documenta-zione del linguaggio musicale che- renda visibile il “trafficare” dei

bambini con la materia sonora;- rilevi le conoscenze e gli avanza-

menti dei bambini;- proponga riflessioni per avanzare;- preveda l’uso del digitale sia da

parte degli adulti che dei bambini.Per informazioni:Claudia Giudici, Reggio Children,[email protected]

a cura del gruppo di ricercaReggio Children

e Istituzione Scuole e Nidi d’Infanziadel Comune di Reggio Emilia

Nel mese di gennaio scorso si è tenuta aBologna una piccola esposizione che hamesso in mostra esperienze di cantar gio-cando realizzate in quattro scuole dell’in-fanzia comunali di Bologna.Franca Mazzoli, curatrice di “d’altrocan-to” insieme a Federica Viti e Chiara Zun-tini, ha ideato un percorso che accompa-gna all’ascolto di ninnananne per vocibianche e cuscini arancio.Per visitare la mostra bisogna rallentare ilpasso, fare silenzio, sedersi, appoggiarel’orecchio a un cuscino e ascoltare le ninnananne. I sei cuscini arancioni, dai qualipenzola un cartellino finemente redattoche suggerisce cosa aspettarsi dagli ascoltie come fruirne, sono collocati su un affa-scinante divano rotondo.La mostra ci presenta le voci dei bambiniche fuoriescono impalpabili dal morbidocuscino come voci sottili, con un’intona-zione ancora incerta. All’ascolto appaio-no però voci decise e comunicative, seb-bene chiedano a chi le percepisce la di-sponibilità a sintonizzarsi con un pensie-ro musicale in costruzione. L’esperienza èinsieme fortemente affettiva ed estetica.Le curatrici della mostra ci raccontanoanche che i bambini sanno che la ninna-nanna ha un testo dedicato, nel quale chi

ascolta deve potersi riconoscere. Ci dico-no che quando i genitori cantano per loro,questo è uno dei motivi che crea il piace-re di un ascolto intimo e complice; quan-do cantano alle bambole, modificano iltesto della ninna nanna che conosconomeglio per adattarlo al nuovo destinata-rio e al contesto di gioco. Anche la melo-dia e il ritmo della canzone si modificanoe nascono variazioni interessanti, narra-tive e musicali.Il lavoro di osservazione e ascolto condottosulle produzioni vocali dei bambini hamesso in evidenza che le invenzioni ge-

nerate nel cantar giocando dei bambinipotevano diventare un interessante ma-teriale di ascolto per gli adulti. Entrandonello spazio contenuto, caldo e accoglien-te della sala d’ascolto gli adulti sono invi-tati al silenzio e alla lentezza: così cheanche il respiro, rimbalzando sul cuscino,si mescoli lieve alle cangianti inflessionivocali.Una mostra delicata, piena di invenzionee di bellezza.

d’altrocanto, ninnananne per voci bianchee cuscini arancioA cura di: Franca Mazzoli, Federica Viti,Chiara ZuntiniIdeazione e allestimento: qb quantobasta,Menu pedagogici BolognaDesign: Silvia Bettini e Adriano RuggeroRealizzazione cuscini: Chiara ZuntiniEditing e ottimizzazione del suono: EnzoCiminoMateriali sonori registrati nelle scuoledell’infanzia del Comune di Bologna Gal-lon, Don Milani, Aldo Moro e Pedrielli

Per informazioni sulla mostra e sulle possi-bilità di noleggio: [email protected]

Alessandra Anceschi

Ninna Nanne e cuscini d’arancio

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37a cura di Mario Baroni

Qualeeducazione musicaleoggi ?

In una lettera aperta che ho spedito al sito SIEM dopo ilconvegno ISME che si è svolto a Bologna nel luglio del 2008scrivevo alcune cose che qui vorrei riassumere per dareinizio al dibattito. Nell’ultimo giorno del Convegno l’or-chestra del Conservatorio di Pechino ha suonato, con i suoistrumenti tradizionali, dei valzer, dei tanghi, delle canzoninapoletane, evidentemente in omaggio agli ospiti europei.Tanti applausi, feste a non finire perché gli esecutori eranobravissimi e gli applausi se li meritavano. Ma a quel puntomi sono chiesto: c’è proprio bisogno di educazione musi-cale per imparare ad ascoltare Funiculì funiculà. Certo quellaera la festa finale in cui anche questo era gradevole e ne-cessario, ma quell’episodio mi ha messo a disagio: mi pa-reva sintomo di qualcosa di più profondo e nascosto. Aquel punto mi sono chiesto: ma a che cosa serve l’educa-zione musicale?Per provare a rispondere partirò da una constatazione ele-mentare e banale: il compito più importante nell’ambitodell’educazione alla musica non è mai stato nelle manidella scuola, ma in quelle della società. I bambini hannosempre imparato ad ascoltare e a cantare perché la cultu-ra-ambiente glielo insegnava. L’esposizione alla musicadiffusa ha sempre educato l’orecchio, così come l’esposi-zione al linguaggio diffuso ha sempre educato le facoltàlinguistiche: poi la scuola interveniva a precisare e ad ap-profondire, ma non ha mai potuto sostituire la competenzainiziale nata dall’ambiente. C’è comunque una differenzafra i meccanismi del linguaggio verbale e quelli del lin-guaggio musicale: le regole verbali insegnano a parlare diqualsiasi cosa, mentre quelle musicali non sono neutre,non possono parlare di tutto: si impara la sintassi dellamusica insieme al tipo di musica che essa organizza. Insostanza, la musica produce stili e produce gusti: non siimpara il linguaggio, ma un determinato stile musicale. Eallora ci si può chiedere: che gusti produce la musica dellanostra cultura-ambiente? Da quale stile sono formati oggibambini e ragazzi? Non vorrei semplificare troppo, ma semi guardo intorno mi sembra che tutto il mondo oggi pos-sieda non dico la stessa cultura-ambiente, ma perlomeno

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38 qualcosa che è molto simile in tutte le latitudini: a Pechi-no, come in Sud Africa, come a Bologna. Non è certo unanovità constatare che la musica dei mass media è oggidominante in tutto il mondo.Ma chiediamoci allora qual è lo stile di questo ambientemass-mediale. In altri termini: come si forma oggi, in barbaa tutte le scuole del mondo, l’orecchio dei bambini dei cin-que continenti? Sarebbe parziale affermare che è quello chesiamo abituati a definire popular music: io credo che ci siaqualcosa di più. C’è la piacevolezza, la mancanza di sforzo,l’invito all’allegria, ma c’è anche qualche cosa che va al di làdei limiti “classici” di una canzone che comunque, anchecon le parole, propone e commenta qualche caso della vita:c’è un ambiente, un “paesaggio sonoro”, uno sfondo, unameublement che i bambini e i ragazzi di oggi si abituano acercare e desiderano trovare quando, come fanno per ore,stanno a contatto con uno schermo, non importa se di tele-visione o di computer. Non so se questo si possa chiamare“stile”. Forse no, ma anche se non è uno stile, ha a che farecon il gusto e con il piacere dell’ascolto. È un ingrediente inmancanza del quale si cambia canale. Bisogna anche preci-sare che tutto ciò non ha abolito le vecchie culture-ambien-te sulle quali l’orecchio si formava: le culture popolari, lebande, le canzoni, l’opera, le orchestre sinfoniche e i solistidi strumento continuano a esistere e sono diversi paese perpaese. Continuano ad avere una loro presenza e contribui-scono, sia pure più marginalmente, a formare l’orecchio:così l’orecchio italiano, da questo punto di vista, può ancoraessere parzialmente diverso da quello giapponese o da quel-lo sud americano. Ma un ragazzino italiano, uno giapponesee uno sud americano hanno anche qualcosa in comune che èmolto più forte delle loro radici locali: appartengono a unmondo solidale, sanno che altri come loro condividono glistessi gusti e tutti insieme sentono di stare nell’oggi, mentrele radici locali appartengono piuttosto al mondo di ieri.Qual è allora la funzione della scuola se questa è l’educa-zione musicale ambientale con cui gli insegnanti devonofare i conti? Al di là degli aspetti strettamente musicali,l’esercizio fondamentale dell’insegnare ha sempre avuto intutti i tempi, fin dall’antichità, la funzione essenziale difungere da cinghia di trasmissione fra le competenze di“coloro che sanno”, a cui la società riconosce il prestigiodel sapere, e quelle di coloro a cui la società assegna ildovere di prepararsi ai propri compiti sociali. Si tratta diun sapere e di un saper fare che riassumono la culturamateriale, morale, intellettuale di un popolo e che costitui-scono un prezioso patrimonio ereditario. È sempre esistitoun ceto di possessori di cultura filosofica, scientifica, tec-nica, artistica, che erano anche capaci di discutere critica-mente i valori diffusi. Per comodità lo possiamo chiamareceto intellettuale. Da qui è nata la scuola.Per quanto riguarda la musica, il compito della scuola èstato per secoli principalmente uno: quello di insegnare afar musica. Non c’era nessun bisogno di insegnare ad ascol-tare perché questo tipo di apprendimento veniva dall’am-biente stesso: lo si acquisiva vivendo nella propria società.Da circa un secolo invece l’insegnamento dell’ascolto è di-ventato necessario in società evolute e complesse perché la

cultura musicale diffusa non era più una sola ma si era divi-sa in stratificazioni diverse e spesso fra loro incomunicanti.A questo punto è nata una nuova idea di educazione musi-cale scolastica che aveva appunto il compito di insegnaread ascoltare: si tratta fondamentalmente di quel tipo di edu-cazione che ora si pratica nelle scuole non specialistiche,che non crea professionisti, ma fruitori di musica. Ma se gliallievi già sanno ascoltare, se la cultura-ambiente informa-tica ed elettronica già li ha fatti esperti di un ascolto inter-nazionalmente diffuso e per di più affascinante e piacevole,che necessità c’è di insegnare loro qualcosa d’altro?La risposta mi sembra a questo punto del tutto naturale:credo che il compito della scuola sia ancora quello di tra-smettere i valori e i saperi del ceto intellettuale che essa hasempre rappresentato e che continua a rappresentare. Perquanto riguarda l’ascolto musicale, la cultura-ambiente ditutto il mondo diffonde una poltiglia poco significativadal punto di vista dell’elaborazione intellettuale. La scuolaha il compito di trasformarla in cibo: si può ascoltare me-glio, con capacità di percezione meno grossolane e conintelligenza strutturale più consapevole, si possono acqui-sire conoscenze tecniche e culturali capaci di fornire stru-menti d’interpretazione più efficaci, si possono affinare leesigenze di dar senso a ciò che si ascolta, si possono sti-molare comparazioni in grado di nutrire il senso critico deigiovani ascoltatori.Per riuscire a fare tutto questo c’è solo una difficoltà: quelladi far sì che i valori intellettuali che la scuola ha il compitodi proporre non vengano sentiti dagli allievi come scolasticie pedanti. Di per sé non lo sono e allora perché dovrebberodiventarlo? Non è una domanda da poco, ma vorrei azzar-dare l’idea che il male oscuro della scuola stia nella difficol-tà di capire fino in fondo che cosa significhi conservazionee trasmissione dei valori intellettuali. Uno dei risultati piùsorprendenti e singolari che la cultura di massa degli ultimicinquant’anni ha prodotto è stato quello di dare ai giovani ilsenso dell’appartenenza a un mondo, non dico separato, maperlomeno proprio e comunque distinto da quello degli adulti.L’autorità morale, la capacità di persuasione che il mondoadulto possedeva fino a qualche decennio fa ha avuto pro-blemi di declino dai quali non si è ancora risollevata, connon poche conseguenze sul rapporto fra insegnanti e giova-ni. Corrono un grave rischio gli insegnanti che pensano dipoter trasmettere ai giovani i loro gusti, i loro orientamentimorali, i loro valori, così come facevano i loro colleghi dicent’anni fa, quando il senso della famiglia patriarcale eraancora vivo e fecondo. Credo che il tentativo di proporrespecifici modelli di cultura sia oggi una strategia perdente: igiovani già conoscono questi modelli se non altro per averea lungo navigato in rete, e forse per questo li consideranospesso un po’ scontati. Il compito nuovo è quello offrire lorocapacità di elaborazione intellettuale alta e consapevole. Perquesto l’insegnante deve vincere una sfida difficile: devesaper mettere provvisoriamente tra parentesi la propria iden-tità e provare a vedere con gli occhi dell’allievo. Ciò nonsignifica rinunciare a se stessi e ai propri valori, ma far ca-pire a chi si ha di fronte che si possiedono competenze intel-lettuali, morali, critiche e tecniche che potrebbero essere utili

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39anche a lui. Sono queste competenze e solo queste che gliinsegnanti hanno il compito di trasmettere: non i proprimodelli né i propri gusti. Spetta agli allievi fare le loro sceltedi gusto, orientarle criticamente, svilupparle e renderle fer-tili. L’unica cosa importante è che alla fine le loro scelterisultino intellettualmente ricche. Ma come si fa a ottenerequesti risultati? Non voglio azzardare nulla. Mi sono limita-to a chiedere a un piccolo gruppo di esperti di pronunciarsisull’argomento. In particolare avevo posto loro due doman-de: la prima si riferiva alle funzioni che si possono oggiassegnare all’insegnamento musicale, la seconda ai generimusicali che è più opportuno utilizzare a scuola. Credo chela diversità delle loro opinioni non sia solo sintomo di ine-vitabili e in un certo senso salutari incertezze, ma anchepositivo stimolo a ragionare sulle possibili soluzioni.

Dove va l’educazione musicaledi Carlo Delfrati

Quali sono le materie scolastiche che i ragazzi apprezzanodi più, quali di meno? In una gerarchia di preferenze, dovesta la musica? Una ricerca condotta nelle scuole inglesi findagli anni Settanta ci dà una risposta sorprendente. Lamusica finisce all’ultimo posto! Considerata «inutile e noio-sa» dalla metà dei maschi e da un terzo delle femmine 1.Questi esiti sono spietatamente confermati da altre indagi-ni degli anni Ottanta e Novanta.I ragazzi inglesi odiano la musica? Sarebbe una scopertaben paradossale per una generazione che conserva nel suoDNA molecole di Beatles e di Rolling Stones. I ragazzi in-glesi, come quelli italiani, adorano la musica. È forse illoro interesse primario. Non è dunque la musica che piom-ba in fondo ai loro apprezzamenti, è la musica-disciplina-scolastica. E anche in Italia le preferenze dei ragazzi per lediscipline scolastiche non si differenziano molto da quelleinglesi come conferma l’estesa inchiesta condotta da Gian-carlo Gasperoni, Luca Marconi e Marco Santoro (La musi-ca e gli adolescenti. Pratiche, gusti, educazione, EDT, Tori-no 2004). Esiste dunque un gap radicale tra ciò che la scuolapropone come esperienza di musica e ciò che la musicarappresenta nella vita dei ragazzi. Che in cima ai loro ap-prezzamenti ci sia lo sport dice solo che esiste piena corri-spondenza tra le attese dei ragazzi e le risposte della scuo-la. Se l’ora di educazione fisica si consumasse per intero inaridi esercizi per braccia, gambe, torso – come pure avve-niva un tempo – anche questa disciplina piomberebbe agliinferi. La musica continua spesso a essere proposta in quelvecchio modo, oggi come all’inizio degli anni Sessanta.

Ma rispetto ad allora troppo è cambiato. Ciò che alloraalimentava la cultura dell’adulto erano le cose che alimen-tavano quella del bambino, e così l’insegnante poteva tran-quillamente riproporre ai suoi alunni i contenuti sui qualiera stato formato egli stesso, sapendo di essere condiviso. Ibambini cantavano i canti dei loro genitori e dei loro non-ni, quelli della tradizione popolare. Oggi la musica ha vistoesplodere in modo esponenziale la sua riproducibilità, viaCD, Ipod, TV, Internet. La cultura dei ragazzi è sempre piùdiversa dalla nostra e sempre più rapida sta avvenendo lasua trasformazione. Fino al punto che è l’insegnante, l’adul-to, che fatica a tener dietro ai cambiamenti. Alla comunitàculturale omogenea delle generazioni passate si è ormaisostituita una catena generazionale di culture differenti.Ogni generazione, ogni “micro-generazione”, ha un pro-prio linguaggio. L’insegnante che continua a parlare il suorischia di non farsi capire da chi lo ascolta.Accontentare i gusti e gli interessi dei ragazzi, dunque? DaScilla si andrebbe a naufragare contro Cariddi. Schiacce-remmo i ragazzi sul presente, un presente sempre più rapi-damente cangiante. Quando sappiamo di essere, come di-ceva il filosofo antico, nani sulle spalle del gigante: siamoquello che siamo, culturalmente e affettivamente, grazie alpatrimonio di valori che le generazioni del passato hannosaputo allestire, e che compito dell’educatore è di metterea disposizione dei giovani, perché possano far fiorire leproprie risorse e partecipare a pieno titolo e con piena gra-tificazione alla vita della loro società. Ossia per soddisfare,al di là degli interessi, i loro bisogni profondi. Bisogni dicui non è nemmeno detto che i ragazzi siano ben consape-voli, ma che l’educatore musicale sa consistere nel posses-so di sempre più mature competenze operative, percettive,inventive, manipolative, conoscitive; ossia nel possesso distrumenti che permettano di vivere intensamente e inte-gralmente l’esperienza musicale, sul piano fisico, affettivo,cognitivo. Dimenticare gli interessi vorrebbe dire alzare unmuro tra educatori e educandi. Gli interessi sono ineludibili,sono una sorta di trampolino per arrivare al cuore dei bi-sogni. Ma chiudersi sugli interessi – per esempio le canzo-ni dell’ultima stagione – taglierebbe fuori i ragazzi dal sal-to di qualità offerto dall’accesso al patrimonio dei valori.

Per l’insegnante il problema è dunque conciliare interessi ebisogni, al momento di operare in un contesto musicale eculturale in senso lato, che non è più quello dei suoi annigiovanili e che continua a cambiare sempre più rapida-mente. Vedrei sette aree di azione, tutte ugualmente im-portanti, e senza escludere che ce ne siano altrettante di-verse: le elenco aggiungendo per ciascuna in che modo sioppone a pratiche che sono all’origine della disaffezionedei ragazzi per la musica-disciplina-scolastica.1. Mettere la dimensione affettiva e quella corporea al cuo-re dell’esperienza musicale, valorizzando ciò che la musicasignifica nella vita di bambini e ragazzi, dandogli impor-tanza, sollecitandolo. Troppo spesso si dimentica che il pia-cere, il piacere estetico, se intendiamo questo termine nellasua più ampia accezione, è uno dei doni dell’esperienzamusicale, e insieme una delle chiavi per accedervi. «In pie-

1 Così Malcom Ross nel “British Journal of Music Education”. L’os-servazione è ripetuta da altri ricercatori, anche in altri paesi. Neparlo nel volume Fondamenti di pedagogia musicale (EDT, Torino2008), a cui mi permetto rimandare per considerazioni più siste-matiche su questi temi. Il volume è recensito in questo numero di“Musica Domani” a p. 48.

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40 no contrasto con le affermazioni dei giovani, il piacere èdel tutto assente dai discorsi dei loro insegnanti», raccontaGilles Boudinet, francese (dove si vede che la geografia delmalessere è ben diffusa).2. Rendere gli alunni protagonisti attivi del loro apprendi-mento: arrivare a renderli autonomi prima di tutto nel farmusica, con la voce, con gli strumenti, ma poi anche nellascoperta dei significati e delle strutture del linguaggiomusicale; contro una didattica che impone formetecnicistiche e nozionistiche di approccio alle musiche.3. Liberalizzare il repertorio; superando le barriere poste ageneri (classica VS pop), a livelli qualitativi (i grandi autoriVS i minori), a luoghi storici e geografici (il passato remoto,il presente anche il presente remoto, le pratiche e i reperto-ri etnici), ai materiali (flauto dolce sì, flauto dolce no), ecosì via. L’insegnante preparato dovrebbe sentirsi libero discegliere i contenuti in modo da soddisfare i due cornidella didattica: che siano utili per far leva sull’interesse,funzionali per soddisfare il bisogno.4. Aprirsi alle nuove tecnologie. Il computer è sempre piùpresente nelle case di bambini e ragazzi; paradossalmentefa ancora fatica a entrare nelle scuole; quando sappiamoche i software permettono non solo di ascoltare musica edi scriverla, ma anche di comporla, manipolando diretta-mente le fonti sonore, senza nemmeno più la necessità dellanotazione.5. Portare in primo piano il contributo che la musica recaai messaggi mediatici. Nel cinema, nelle trasmissioni TV, suinternet, in teatro, ma anche nei luoghi sociali, la festa o lachiesa, la musica interagisce con gli altri linguaggi orien-tando potentemente il messaggio. Vivere la musica comeun’isola separata dal resto del pianeta, oltre a impoverirnedrammaticamente il significato, toglie motivazione al suoapprendimento. Esplorare invece le funzioni sociali dellamusica fa capire ai ragazzi le sue valenze semantiche, e altempo stesso permette di collocare le loro prestazioni (suo-nare, cantare) dentro un’azione più ricca e gratificante. Ilbrano imparato per il saggetto di fine anno è un’esperien-za positiva per gli alunni, ma la sua appetibilità crescequanto meglio lo teatralizziamo, lo rendiamo parte di unmessaggio in cui intervengono parola, movimento, scena.Non è così che la musica è sempre stata praticata, nellastoria e nelle civiltà? Senza contare che la multimedialità,rendendo significativo ai loro orecchi qualsiasi evento/og-getto musicale, dissolve la resistenza dei ragazzi nei con-fronti dei repertori lontani dai loro interessi immediati.6. Rinnovare le metodologie. Il ventaglio è aperto su unavarietà di alternative: provocazione coinvolgente, atti-vante dell’insegnante, contro il ricorso esclusivo alla le-zione frontale; ricerca personale, problem solving, controuna didattica per impregnazione; individualizzazione deicompiti, contro una didattica che seleziona e appiattisce;organizzazione dei percorsi secondo criteri psicologici,contro la precedenza a criteri logico-classificatori; inte-grazione tra le pratiche del fare (riprodurre e ideare) fraloro e con le pratiche del conoscere (ascoltare, analizzarenon solo per accedere ai tesori del patrimonio, ma ancheper possedere sempre nuovi strumenti per il proprio agire

musicale…) contro un insegnamento a compartimenti sta-gni; e così via 2.7. Integrazione multietnica. Insieme alle tecnologie, la par-tecipazione sempre più estesa, varia e irreversibile di co-munità diverse nel nostro territorio e nelle nostre scuole,impone una revisione degli obiettivi educativi, dei conte-nuti, delle metodologie. Il compito diventa duplice: da unaparte acculturare 3 il non-italiano, ossia farlo entrare a pienodiritto nella cultura del paese accogliente, dall’altra incul-turare i nostri ragazzi, ossia aprirli alle culture dei compa-gni immigrati; l’una e l’altra prospettiva vissute come ar-ricchimento del campo d’azione. Il tutto in contrasto conuna didattica sciovinistica o ghettizzante.L’ultimo punto spalanca davanti a noi, come si può ben ca-pire, un panorama ben più dilatato di questioni, che hannoa che fare con i profondi cambiamenti a cui vanno incontrole società del XXI secolo. Mai come oggi può valere la me-tafora della piuma d’uccello che agitata su una sponda delpianeta finisce col provocare effetti devastanti sull’altra spon-da. Oggi gli incontri fra i popoli sono molto più ravvicinati.E lo sono drammaticamente gli scontri. Il panorama chel’occhio e l’orecchio – anche quelli di un insegnante – sonocostretti a osservare, è planetario. E perciò il rinnovamentorichiesto alla scuola tocca temi ben più epocali di quelli con-siderati qui. L’opposizione tra nuovo e vecchio si chiamalibertà contro oppressioni, giustizia sociale contro prevari-cazioni, senso dello stato contro corruzioni, apertura controintolleranze, laicità contro dogmatismi, e via continuandocon i valori che una letteratura anche troppo esuberantequanto inascoltata riconosce prioritari. La musica ha moltoda dire e da fare per permettere ai ragazzi di coltivarli. Acondizione però che esca dall’impasse in cui l’hanno vistainsabbiata i ricercatori che citavo all’inizio. E che a sua vol-ta rimanda a due altre questioni radicali, qui nemmeno sfio-rate. Una è la formazione degli insegnanti, iniziale e in ser-vizio, e più a monte la revisione degli arcaici piani curricolaridegli istituti da cui provengono, i conservatori nella mag-gioranza dei casi, e le università; più a monte ancora, laricerca scientifica sui processi che stanno alla base dell’espe-rienza musicale e del suo insegnamento. L’altra questioneriguarda la condizione frustrante in cui la politica della scuolacontinua a tenere gli insegnanti, disincentivati a progredirenella carriera. Se non si sbloccano queste situazioni è diffi-cile immaginare quei cambiamenti che l’analisi precedente,o qualunque altra se ne voglia disegnare, potrebbe far spe-rare. Esistono sì i picchi di eccellenza, tanto più meritoriproprio per la loro eccezionalità. Ma le eccezioni non basta-no per fare le rivoluzioni, o anche solo per invertire le rotte.

2 È solo un accenno alla varietà di questioni metodologiche, cheesploro sistematicamente nel volume Il maestro ben temperato.Metodologie dell’educazione musicale, in preparazione.

3 Uso il termine acculturazione come la sociologia ha cominciato afare dagli anni Ottanta, distinguendolo da inculturazione: questonel senso di assimilazione della cultura di appartenenza, e l’altroriservato all’assimilazione di culture diverse dalla propria.

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41Orientarsinella scuola che cambiadi Rosalba Deriu

«In un tempo molto breve, abbiamo vissuto il passaggio dauna società relativamente stabile a una società caratteriz-zata da molteplici cambiamenti e discontinuità. Questonuovo scenario è ambivalente: per ogni persona, per ognicomunità, per ogni società si moltiplicano sia i rischi chele opportunità. Gli ambienti in cui la scuola è immersasono più ricchi di stimoli culturali, ma anche più contrad-dittori.Oggi l’apprendimento scolastico è solo una delle tante espe-rienze di formazione che i bambini e gli adolescenti vivo-no e per acquisire competenze specifiche spesso non vi èbisogno dei contesti scolastici. Ma proprio per questo lascuola non può abdicare al compito di promuovere la ca-pacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loroesperienze, al fine di ridurre la frammentazione e il carat-tere episodico che rischiano di caratterizzare la vita deibambini e degli adolescenti.»Cominciano così le Indicazioni per il curricolo della scuoladell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione emanate nelluglio 2007 da Fioroni, ministro del governo Prodi. Non sose siano ancora valide dal punto di vista normativo, ma letrovo, soprattutto in questa parte iniziale, partico-larmente stimolanti.Mi piace la saggezza con cui sipone la riflessione sulla realtàcircostante a fondamento dellariflessione sulla scuola. La cul-tura infatti (e la scuola di con-seguenza) non è un valore diper sé, un bene assoluto chenon ha bisogno di giustificarela fatica con cui va conquista-to, ma è uno strumento – po-tente, anzi, potentissimo – percomprendere il reale e per agi-re su di esso e, come è ovvio,se il reale cambia anche lascuola e la cultura devonopotersi modificare. Nemmenola musica – lo dico un po’ pro-vocatoriamente – è un valorea priori; piuttosto lo è in quan-to capace di apportare senso evalore alla nostra esistenza, un’esi-stenza fortemente compenetrata, nel benee nel male, nell’ambiente in cui vivia-mo. E fanno dunque bene queste Indica-zioni a ricordarci che l’intervento dellascuola va definito in relazione al conte-sto in cui opera. Il problema è semmaicapire questo contesto, non per assumer-lo acriticamente e per appiattire la scuola

su di esso, ma per definire i compiti che la scuola è chia-mata a svolgere al fine di consentire agli individui di sta-bilire la migliore interazione possibile con esso.Mi piace inoltre il fatto che le Indicazioni assumono i cam-biamenti propri del nostro tempo, con i pericoli e i vantag-gi che essi comportano, come un dato certo e innegabile sucui riflettere, rifuggendo alla voglia di esorcizzarlo. La scuo-la è oggi solo una fra le tante agenzie formative che affol-lano il nostro quotidiano: si tratta di un dato incontro-vertibile. Ma ciò non sminuisce affatto il ruolo essenzialeche essa, nonostante tutto, deve continuare a svolgere.Frammentazione e disorganicità sono infatti i tratti carat-teristici della massa di informazioni e conoscenze che imedia e internet mettono oggi a disposizione di bambini epreadolescenti (impensabile anche solo dieci anni fa); daresenso alla molteplicità delle proprie esperienze, assegnan-do cioè significato alle informazioni di cui si viene in pos-sesso e inserendole in una rete cognitiva strutturata e coesa,di cui si riconosce il valore e l’utilità per se stessi, è pro-priamente il compito ineludibile della scuola.Una scuola che non solo rinunci a identificarsi con la tra-smissione pura e semplice di saperi preordinati, ma pongacome sua finalità la capacità degli studenti di dare sensoalle proprie esperienze, dimostra una concezione lungimi-rante della formazione cui aderisco con entusiasmo. Daresenso alle proprie esperienze significa infatti essere capacidi porre ordine nella varietà e pluralità dei propri vissuti,

riconoscendo comunque l’unicità del pro-prio essere, cioè la propria originale e

irripetibile impronta, al di là delladiversità delle vicende e dellesituazioni attraversate e deicambiamenti subiti. In questorisiede il fondamento di un’iden-tità personale e sociale solida eben radicata, priva del timoredi smarrirsi e dunque capace diconfrontarsi con altre identitàin modo consapevole e aperto.

La compresenza nel nostromondo quotidiano di cul-

ture diverse è infattiun altro dei dati ca-ratteristici della real-tà attuale, passatavelocemente da unorizzonte incentratoprevalentemente sulterritorio di apparte-nenza a uno di benpiù vasta portata.

Sapersi rapportare aculture diverse dalla no-

stra è ormai una necessitàche riguarda tutti: l’incon-tro con persone stranieremodifica, lo si voglia o no,il nostro quotidiano e ri-

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42 chiede il possesso di una attrezzatura cognitiva e affettivaadeguata per risultare positivo per tutti.Ma c’è un’altra caratteristica del mondo contemporaneoche le Indicazioni, giustamente, pongono in rilievo: la ve-locità con cui si realizzano i cambiamenti, in qualunqueambito dell’esperienza umana.«Anche le relazioni fra il sistema formativo e il mondo dellavoro stanno rapidamente cambiando. Ogni persona si tro-va ricorrentemente nella necessità di riorganizzare ereinventare i propri saperi, le proprie competenze e persi-no il proprio stesso lavoro. Le tecniche e le competenzediventano obsolete nel volgere di pochi anni. Per questol’obiettivo della scuola non può essere soprattutto quellodi inseguire lo sviluppo di singole tecniche e competenze;piuttosto, è quello di formare saldamente ogni persona sulpiano cognitivo e culturale, affinché possa affrontare po-sitivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari so-ciali e professionali, presenti e futuri.»Di fronte all’imprevisto e allo sconosciuto gli studenti de-vono possedere gli strumenti utili a evitare sia la sterileriproposizione degli schemi noti sia l’assunzione di atteg-giamenti rinunciatari; piuttosto devono essere in grado dicercare soluzioni nuove sulla base di risorse di creatività eflessibilità tali da garantire la possibilità di leggere e inter-pretare le novità, scoprendo i modi più opportuni perinteragire con esse.Potremmo dunque riassumere i principali bisogni formati-vi dei soggetti di oggi in questo modo: capacità di selezio-nare le informazioni e di attribuire significato alla varietàdegli stimoli culturali con cui si entra in contatto; capacitàdi affrontare positivamente l’incontro culturale a partiredalla consapevolezza della propria identità; capacità dirapportarsi al cambiamento in modo creativo e flessibile.Quale contributo la musica può dare per rispondere a que-sti nuovi bisogni formativi? Provo a individuare alcunipunti di riflessione, confidando sulla collaborazione dellettore per riempire i vuoti lasciati da un ragionamentoforzatamente sommario.1. Puntare sui nuclei concettuali e sulle abilità più chesull’acquisizione di contenuti. La discussione sui nucleiconcettuali della musica è ben lungi dall’essere conclusa,ma non è difficile riconoscere che alcuni concetti sonoparticolarmente importanti all’interno dell’esperienza mu-sicale e sono quelli ciò che lo studente deve innanzituttoconoscere e utilizzare. Possedere il concetto di forma, inte-so in senso ampio come strutturazione del discorso musi-cale, e saperlo usare per analizzare un brano all’ascolto, èdi certo più importante che non conoscere quante sinfonieha composto Haydn, così come possedere il concetto diespressività musicale e saperlo utilizzare per analizzare ilmodo in cui è costruito un messaggio pubblicitario, unacolonna sonora o un’aria d’opera è di certo più importanteche non conoscere i titoli di almeno cinque opere compo-ste da Verdi.2. Fornire strumenti di analisi dell’evento musicale che si-ano spendibili su diversi repertori. Non intendo sostenereche repertori diversi possano essere compresi attraversouna medesima attrezzatura concettuale, ma credo che, nella

scuola primaria e secondaria di primo grado, la selezionedei concetti da proporre all’apprendimento debba tenereseriamente in considerazione il fatto che ciò che i ragazziimparano a scuola deve poter essere utilizzato anche nellavita musicale extrascolastica. Nel grande calderone deimedia è infatti possibile ritrovare i più diversi prodotti va-riamente mescolati: dalle reminiscenze della cultura coltaoccidentale fino agli echi dei repertori tradizionali di paesie culture lontane. Fornire agli studenti strumenti di analisiutilizzabili solo sui repertori della tradizione colta signifi-ca dunque perpetuare una frattura fra scuola ed extrascuolaparticolarmente grave e dagli esiti nefasti. Sul concetto dispendibilità delle conoscenze musicali apprese a scuola,c’è, a mio avviso, ancora molto da riflettere.3. Proporre un modo attivo, partecipato e motivante al-l’esperienza musicale, in qualunque ambito dell’attività.Con il progetto “Opera Domani”, Delfrati ha mostrato chela partecipazione attiva allo spettacolo d’opera avvicinabambini e ragazzi al repertorio operistico in modi infinita-mente più efficaci di quelli sperimentati tradizionalmente.Certo, bisogna essere disposti a costruire le condizioni per-ché tale partecipazione possa avvenire: l’opera va drasti-camente tagliata, i dialoghi vanno a volte rimaneggiati, learie vanno adattate all’estensione e alle possibilità vocalidi un pubblico più entusiasta che esperto. Bisogna insom-ma rinunciare a quell’aura mistica che accompagna abi-tualmente la fruizione dell’opera musicale: ma chi, comeme, ha visto bambini e ragazzi uscire da teatro cantandoNotte e giorno faticar non ha dubbi che questa sia la stradagiusta.4. Favorire la curiosità intellettuale, la ricerca nei confron-ti dei repertori musicali di ogni tipo. Il docente sceglie imateriali da proporre all’ascolto o all’esecuzione in fun-zione degli obiettivi di apprendimento che intende rag-giungere. Ed è ovvio che una gran parte del repertorio pro-posto appartenga alla tradizione colta dell’occidente. Maogni docente sa bene che ascolti inusuali proposti al mo-mento opportuno e con le modalità adeguate sono capacidi risvegliare anche il più pigro degli studenti. E che molteattività si giovano dell’uso di repertori extracolti: le espe-rienze creative si nutrono di musica contemporanea e laformazione ritmica si avvale delle danze tradizionali e del-la musica di consumo. Un docente disponibile ad ascoltaree utilizzare repertori di diverso tipo, quelli che ama e in cuisi riconosce, ma anche quelli popular idolatrati dai ragaz-zi, si propone loro come modello positivo di apertura, men-tale e affettiva allo stesso tempo. E può dunque sperarenell’adozione di un atteggiamento analogo da parte deipropri studenti. Ma ciò presuppone – vale la pena ricor-darlo – la disponibilità del docente a confrontarsi con re-pertori di diverso tipo e a considerare il proprio giudizioalla stessa stregua di quello formulato dai propri studenti,soprattutto relativamente ai prodotti musicali sui quali iragazzi investono affettivamente e ai quali riconoscono ilpotere di dar voce alla loro identità in formazione.5. Favorire la conoscenza e l’approfondimento delle pro-prie radici musicali così come di culture musicali altre,cercando somiglianze e differenze rispetto alla propria. Se

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43si chiede a un bambino di 8-10 anni se conosce una can-zone cantata dal suo bisnonno quando era giovane proba-bilmente si ottiene una risposta negativa sia da un bambi-no toscano sia da uno originario di Dakar e attualmente inItalia. Eppure, se si scava più in profondità e si offre lapossibilità di scoprire qualcosa delle proprie origini musi-cali, riemergono facilmente ricordi ed echi di un passatoche sembrava sepolto per sempre, magari con la collabora-zione di mamme e parenti disponibili: i bambini toscaniricordano le maggiolate così come quelli di Dakar portanoin classe le ninne nanne del loro paese. L’intervento è com-plesso – soprattutto con i bambini stranieri che vedononell’assimilazione alla cultura ospitante l’unica possibilitàdi integrazione – ma importante, perché la conoscenza el’accettazione delle proprie origini è un momento essen-ziale della costruzione della propria identità, per i bambinistranieri così come per quelli italiani e, soprattutto, è allabase della possibilità di aprirsi ad altre culture senza peri-coli di confusione o smarrimento.6. Sollecitare l’uso creativo del linguaggio musicale. Speri-mentare le possibilità combinatorie del linguaggio musi-cale per dar vita a prodotti originali sviluppa la flessibilitàdi pensiero perché insegna a escogitare diverse soluzioni auno stesso problema, a valutare modi differenti di affron-tare uno stessa situazione e a compiere scelte tecniche edespressive in modo motivato. Inoltre, le attività di inven-zione collettiva – particolarmente praticate nella scuolaprima e secondaria di primo grado – sviluppano la capaci-tà di interagire efficacemente con gli altri per giungere aun prodotto finale nel quale sia possibile riconoscersi egrazie al quale provare soddisfazione per il proprio opera-to. Trovare soluzioni non precostituite e relazionarsi posi-tivamente con gli altri sono propriamente alcune delle abi-lità essenziali per rapportarsi efficacemente con una realtàche cambia. Anche in questo la musica può portare il pro-prio contributo alla formazione di un individuo al passocon i tempi.

Dare spazioalla musica d’artedi Giuseppina La Face Bianconi

La prima domanda – funzioni attuali dell’insegnamentomusicale nella scuola primaria e secondaria – riguarda ilruolo che la disciplina scolastica è chiamata a svolgere.Già l’antichità attribuiva alla musica un compito fonda-mentale nella formazione, ossia in quel processo dinami-co, autoregolativo, fatto di ristrutturazioni e aggiustamenticontinui, che oggi individuiamo nel formare/formarsi, dare/darsi forma. Ma il concetto di musica, tutt’altro che univo-co, comporta accezioni e significati diversi. Dobbiamo di-stinguerne almeno due. Da un lato, il termine indica il fare,diciamo l’esecuzione musicale con la voce o con strumen-ti; dall’altro, si riferisce al conoscere, ossia alla fruizionedell’opera musicale attraverso l’ascolto e la lettura dello

spartito. Conoscere e fare sono attività distinte ma correlate.La musica – intesa come ludus disciplinato del fare e del-l’ascoltare – sviluppa abilità mentali, promuove atteggia-menti della personalità e modelli di comportamento. Inquanto disciplina scolastica, sua funzione basilare è la com-prensione musicale: che consiste nella capacità di focaliz-zare l’opera musicale, coglierne la struttura, riferirla al con-testo di produzione e fruizione, intuirne le relazioni congli altri saperi, scoprirne il senso. Ciò risulta appunto dal-l’integrazione virtuosa fra l’asse epistemico e l’asse poietico,fra il conoscere e il fare. Da un lato, attraverso l’alfabetiz-zazione di base, si avviano i discenti alla pratica vocale estrumentale; dall’altro, con strategie adeguate li si stimolaa fruire l’immenso patrimonio della musica occidentale,dal passato ai giorni nostri, a valutare criticamente le variemusiche di consumo, a conoscere e apprezzare le musichedi altre culture.Sul piano squisitamente didattico, le chiavi per accedere auna robusta competenza musicale di base sono essenzial-mente due: la didattica dell’ascolto e la didattica della pro-duzione, organizzate con rigore scientifico. La didatticadell’ascolto conduce lo studente a seguire lo svolgimentodel brano, attivando processi attentivi e di memorizzazione,nonché processi mentali di secondo livello (saper analiz-zare, mettere in relazione, cogliere analogie e differenze).Di volta in volta, secondo criteri di gradualità e propedeu-ticità si stimolerà il discente a confrontarsi con l’operamusicale, a penetrarne la costruzione, a focalizzarne i puntidi aggancio e di snodo, essenziali per costruire la mappamentale del testo. Dal brano specifico scelto come punto dipartenza si lanceranno esche in direzione della contestua-lizzazione storica e della significazione semantica, concontinui rimandi dall’uno all’altro livello, che consentanola costruzione e ristrutturazione costante degli appren-dimenti, così come si fa per la lettura e l’esame di un’operaletteraria, di un dipinto, di una pièce teatrale. La didatticadella produzione, dal canto suo, inizia il discente alla pra-tica musicale, sia nel campo dell’esecuzione sia in quello,più arduo e complesso, della composizione e dell’improv-visazione. Esecuzione, composizione e improvvisazionesono tre attività che consistono di processi e determinanoprodotti: la performance nel caso dell’esecuzione, il branomusicale creato ex novo nel caso della composizione, l’unae l’altro nel caso dell’improvvisazione. Eseguire da soli oin gruppo brani vocali e strumentali, produrre in modocontrollato semplici elaborati musicali porta il discente acogliere il funzionamento di un costrutto musicale e lasintassi sulla quale esso si fonda; attiva capacità creativo-compositive di base per l’elaborazione di semplici formemusicali, vuoi esemplate su modelli storici, vuoi – nellalimitata misura in cui ciò è possibile – inventate ex novo.Luogo e momento privilegiato per integrare gli aspetti co-noscitivi e poietici in vista della comprensione musicale è,nelle nostre scuole, il laboratorio. Qui, grazie a strategiedidattiche basate sul modello “prassi–teoria–prassi” il faresi integra felicemente col sapere, la conoscenza musicale –linguistica e storica – con l’aspetto tecnico-pratico. Nellaboratorio si intrecciano ascolto, esecuzione, composizio-

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44 ne, indagine storica e sguardo interdisciplinare, e si co-struisce così un sapere euristico, disposto a essere conti-nuamente investigato, problematizzato e ri-costruito. Nellaboratorio il discente può maturare una consapevolezzadi base: la creatività non s’identifica con lo spontaneismo,non è sinonimo di estro impulsivo, non germoglia dal nul-la, ma al contrario si nutre di tecniche formalizzate e daticollaudati, continuamente rielaborati e ristrutturati; essanon è dunque avulsa dall’applicazione, dalla disciplina,dall’autocontrollo, fondamentali per l’acquisizione delleconoscenze ma anche e soprattutto per la formazione dellapersona. Bisognerà potenziare i laboratori, far sì che essiconseguano lo scopo per il quale sono stati ideati: che nonsta (o non sta soltanto) nel propiziare la precoce indivi-duazione di talenti da avviare verso il concertismo o versola formazione di band giovanili, ma nel diffondere la cul-tura musicale, offrendo ai giovani cittadini un incontro“tecnico” con prodotti importanti del pensiero musicale,sia pure selezionati tra quelli di difficoltà non proibitiva.La seconda domanda – quale musica insegnare – tocca unpunto nevralgico: la scelta dei contenuti e dunque, in sen-so più generale, il ruolo stesso della scuola. Si è detto chela Musica, come disciplina scolastica, ha un’elevatapotenzialità formativa: essa non si esplica però in astratto,ma attraverso contenuti specifici. In una situazione didat-tica converrà perciò attuare scelte rigorose su che cosa in-segnare e su come insegnare, bisognerà riflettere sulle lo-giche, i dispositivi investigativi, i costrutti interpretativiche i diversi contenuti comportano. Così come per le altrediscipline umanistiche, anche per la Musica andranno pri-vilegiati da un lato i nuclei essenziali della conoscenzadisciplinare (elementi di teoria, morfologia, generi, poeti-ca); dall’altro, i grandi temi che consentono di partecipareconsapevolmente alla cultura, in primis a quella europea.In generale la scuola, attenendosi al principio di assiolo-gizzazione, deve privilegiare contenuti rilevanti in sensoepistemologico, storico-estetico, etico-sociale: ossia con-tenuti forti, che promuovano lo sviluppo della mente e delcarattere e che vengano a costituire per i discenti l’oriz-zonte e la misura su cui confrontare, valutare, selezionarealtri prodotti.Date queste premesse, e posto che la scuola deve fornireconoscenze e saperi importanti che i discenti potrebberonon incontrare nell’informale e nel non-formale, il docen-te di Musica è obbligato a dare ampio spazio alla musicacolta (classica, d’arte, o comunque la si voglia denomina-re): senza con ciò vietarsi di attingere, beninteso, anchealla musica di consumo, ai canti di montagna, agli inninazionali, al gamelan giavanese ecc., ogniqualvolta gliobiettivi didattici lo richiedano. Certo, la musica colta ècomplessa, come complessi sono in genere i capolavori let-terari, la Divina Commedia, l’Amleto, il Faust. Ma la com-plessità non va evitata: va affrontata con gradualità e at-tenzione, con apertura e umiltà. Il valore di un docente simisura proprio nel mettere a confronto gli allievi con ope-re e tematiche complesse. Ora, solo il docente provvisto diragguardevole savoir savant musicologico e musicale, non-ché di ottime competenze pedagogico-didattiche, saprà ren-

dere idoneo ai processi di apprendimento-insegnamentoun brano di musica colta: egli lo deve infatti saper segmen-tare, appellandosi alle leggi della percezione e della sintas-si musicale, deve saper scegliere i passi più idonei, più densidi significato, che più gettano luce sull’insieme, deve sapercondurre i discenti a problematizzare, contestualizzare everbalizzare il discorso musicale con linguaggio appropria-to, con un lessico ricco e articolato. Un lessico che nonrappresenti l’estrinsecazione pura e semplice d’un’impres-sione momentanea, ma dia ragione d’ogni definizione,d’ogni immagine, d’ogni epiteto, motivando i collegamen-ti fra elementi tecnici e interpretazione del senso; che siaperciò espressione di un ascolto competente, critico, basa-to sul decentramento, sulla distinzione fra il soggetto cheascolta e l’oggetto sonoro percepito.Usata come vasto serbatoio di stimoli intellettuali, esteticie sentimentali, la musica colta del passato come dei giorninostri – da Machaut a Beethoven, da Monteverdi a Bartók,da Mozart a Carter, da Stockhausen a Kurtág – dà al gio-vane cittadino la consapevolezza che la musica è saperereticolare, capace d’illuminare gli altri saperi e di esserne asua volta illuminata; nel contempo lo rende partecipe del-la cultura tout court, non solo di quella musicale, perchésviluppa cognitività e metacognitività, sollecita l’atteggia-mento critico e raffina la sensibilità. Non solo. Essa con-sente alla disciplina scolastica di esprimere al massimogrado le proprie funzioni formative, giacché ne promuovecon decisione alcune. Qui basti menzionare la funzionecognitivo-culturale, che sviluppa le facoltà del pensiero econsente di partecipare di un immenso patrimonio cultu-rale attraverso la conoscenza di tecniche, linguaggi, stili,opere; la funzione critico-estetica, che educando il gustoorienta il soggetto entro un universo sempre più saturo dimessaggi sonori, gli permette di valutare e selezionare, ein tal modo combatte i rischi della standardizzazionecognitiva e immaginativa; la funzione sentimentale-affet-tiva, che nello stimolare icasticamente la formalizzazionesimbolica delle emozioni induce i giovani a confrontarsicon esse e, al tempo stesso, a decentrarsi.

Dalla contrapposizionesui generi alla qualitàdell’esperienza esteticadi Luca Marconi

Riflessioni critiche sul vissuto degli studentiSulla questione di quali siano le funzioni attuali dell’inse-gnamento musicale nella scuola secondaria, ho esposto lamia posizione soprattutto nel capitolo Si può dare di più:un bilancio in prospettiva educativa del volume scritto in-sieme a Giancarlo Gasperoni e Marco Santoro La musica egli adolescenti. Pratiche, gusti, educazione (EDT, Torino2004), uno dei numerosi documenti che testimoniano deiprogetti promossi dalla SIEM per sviluppare una seria ri-

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45flessione sulla relazione tra l’educazione musicale e il mon-do che la contiene. In questa sede, dedicherò allora piùspazio alla seconda questione alla quale dobbiamo rispon-dere. Sottolineo comunque la necessità che nella societàodierna le attività educative tengano conto dell’insiemedelle esperienze musicali, scolastiche ed extrascolastiche,vissute dagli studenti precedentemente e cerchino di inci-dere positivamente sull’insieme delle esperienze musicaliextrascolastiche che essi vivranno successivamente.Si tratta allora di muoversi nelle due seguenti direzioni:- far riflettere in modo critico gli studenti sulla musica e

sui discorsi sulla musica presenti nei diversi tipi di pra-tica musicale ai quali essi hanno partecipato o assistitonei contesti scolastici ed extrascolastici, in modo damigliorare la loro capacità di affrontare i problemimusicali nei quali si trovano immersi;

- far partecipare o assistere gli studenti a diversi tipi dipratiche, nei quali siano presenti musiche o discorsi sullamusica per essi nuovi, cercando di far loro vivere espe-rienze positive in modo che siano invogliati a parteci-pare o assistere a pratiche analoghe nei contesti extra-scolastici.

Pluralità degli obiettivi e delle esperienze musicalida valorizzareÈ evidente che la scelta dei brani musicali da inserire nelleattività educative deve essere funzionale alla scelta degliobiettivi che si cerca di conseguire. L’insegnante che dedi-ca un tempo eccessivo a far ascoltare, suonare o cantarebrani già noti agli studenti (e, dunque, in gran parte di

popular music) senza sviluppare significativamente le lorocompetenze musicali, perché convinto che non vi sianoaltri modi per coinvolgerli, è da criticare, secondo i se-guenti “capi d’accusa”:- ignoranza nei confronti di attività educative che fanno

uso di generi e brani poco noti agli studenti, ma ugual-mente capaci di coinvolgerli e comunque di svilupparein modo significativo le loro competenze musicali;

- incapacità di realizzare attività educative funzionali aconseguire gli obiettivi indicati nella risposta alla pri-ma questione.

Anche l’insegnante che evita di inserire nelle proprie atti-vità brani già noti agli studenti e, più in generale, tutta lamusica di consumo, utilizzando solo musica d’arte, è dacriticare; nel suo caso, i “capi d’accusa” sono i seguenti:- incapacità di far riflettere criticamente su tutte le espe-

rienze musicali vissute dagli studenti con brani a loronoti e con tutti gli altri brani che non rientrano nellamusica d’arte;

- incapacità di arricchire la gamma delle esperienze po-sitive che gli studenti potrebbero vivere con tutte lemusiche escluse dall’insegnante.

Nell’ambito della seconda direzione indicata nella mia ri-sposta alla prima questione, l’insegnante dovrebbe cercaredi far sì che gli studenti vivano delle esperienze estetichecon brani a loro ignoti, facendo loro cogliere il valore ditali esperienze. La relazione di queste attività con la condi-zione attuale dell’educazione musicale in Italia è stata alcentro del più recente convegno nazionale della SIEM, i cuiatti, curati da Alessandra Anceschi, sono in corso di pub-

Tornano i Corsi estivi internazionali della SIEM

Lerici, 13-18 luglio 2009

Dopo la sospensione dello scorso anno, dovuta alla realizzazione della Confe-renza Mondiale dell’ISME, la SIEM – Associazione disciplinare qualificata dal MIUR

per la formazione del personale della scuola (DM 177/2000 - Direttiva 90/2003) –torna a proporre i Corsi internazionali di Didattica della musica.

I corsi di formazione e aggiornamento sono rivolti a docenti dei vari ordini scolastici e a operatori del settore socio-educativo.I contenuti riguardano i campi operativi dell’educazione musicale, in una prospettiva interdisciplinare. Il filo conduttore delle attività è lacreatività, riferita alla prassi strumentale, all’uso della voce e del movimento. Cura particolare è assegnata anche alla fascia d’età 0-3.

Accanto alle proposte operative e in relazione a esse, si terrà un seminario sul tema dell’insegnante ricercatore, in collaborazionecon il Corso Superiore di Ricerca (organi referenti: Consiglio di Studio e Ricerca SIEM e Accademia Filarmonica di Bologna).

Ambiti lo strumento la musica d’insieme (con strumentario didattico ed oggetti sonori) la voce

il movimento la storia della musica 0-3 anni l’insegnante ricercatore

Informazioni: www.siem-online.itE-mail: [email protected] - [email protected] organizzativa: Sezione territoriale della Spezia - Casella postale 26 - 19100 La Spezia CentroTel.: 0187-520336, 349- 3260739

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46 blicazione in uno dei prossimi “Quaderni della SIEM”: alloro interno sarà presente un mio scritto del quale ritengoopportuno anticipare, in forma adeguata allo spazio quidisponibile, alcuni punti.Perché si viva un’esperienza estetica non è sufficiente im-battersi in una musica d’arte, ma è invece necessario che ilfruitore metta in atto il tipo di orizzonte d’attesa del quale ilbrano necessita per far scaturire proprio quell’esperienza.Può allora avvenire che molti dei brani di musica d’arte cheper l’insegnante e per molti autorevoli musicologi sono do-tati del più alto valore estetico richiedano, per essere fruitiesteticamente, che venga messo in atto un orizzonte d’atte-sa la cui grande distanza dalle competenze, dai valori, dallecondotte d’ascolto o da altre dimensioni dell’identità deglistudenti risulta come un ostacolo quasi insormontabile per-ché l’insegnante possa nei tempi e nei contesti a sua dispo-sizione avere una ragionevole speranza di poter davvero farvivere ai propri studenti un’esperienza estetica. Rispetto al-l’obiettivo sopra indicato, da un’attenta considerazione del-l’identità degli studenti potrebbe risultare opportuno comin-ciare piuttosto da un percorso educativo diverso: per esem-pio far sì che essi vivano una relazione estetica con braniche l’insegnante e alcuni autorevoli musicologi escludonodalla musica d’arte, o dall’insieme dei brani dotati di valoriestetici alti, perché appartenenti all’ambito della popularmusic: questi brani potrebbero richiedere meno tempo perfar scaturire positive esperienze estetiche dalla loro relazio-ne con gli studenti.Queste affermazioni non implicano che qualsiasi brano dipopular music sia fungibile esteticamente e che non ci sia-no differenze di valore tra i diversi tipi di musica; nonintendo nemmeno sostenere che in qualsiasi caso sia me-glio usare brani di popular music piuttosto che di altri ge-neri per cercare di conseguire l’obiettivo sopra esposto:l’unico diritto della popular music che intendo qui soste-nere è quello a non essere giudicata un genere musicaleprivo di brani fungibili esteticamente, sulla base di proces-si condotti troppo spesso con modalità assai sbrigative.L’educazione finalizzata ad aiutare gli studenti a migliora-re la qualità della propria vita musicale non può comun-que limitarsi a far loro scoprire e valorizzare le esperienzeestetiche con brani a loro ignoti, ma dovrebbe far loro ca-pire i vantaggi che si acquisiscono se, anziché desideraresempre lo stesso ristretto insieme di esperienze in qualsiasicircostanza musicale ci si venga a trovare, si riesce invecea trarre piacere e interesse da un’ampia gamma di altreesperienze musicali: tra le non estetiche, sono da valoriz-zare innanzitutto quelle che si vivono quando si assistecon curiosità e rispetto a pratiche musicali poco familiari,cercando di capire il senso che esse hanno per coloro chevi partecipano e di rendersi conto dei criteri in base aiquali nel loro ambito vengono formulati alcuni giudizi divalore. Se il tempo a disposizione degli insegnanti di mu-sica non consente di affrontare adeguatamente tutte leculture musicali ignote agli studenti, fondamentale è peròesemplificare loro come compiere opportunamente questiascolti “rispettosi”, sia nei confronti di pratiche della mu-sica colta occidentale del passato, sia nei confronti di pra-

tiche di culture musicali con le quali è più probabile chegli studenti entreranno in futuro a contatto.Le attività educative nel corso delle quali, poi, si suona, canta,improvvisa, compone o arrangia musica dovrebbero lascia-re un’impronta talmente positiva da far sì che gli studentiche non si dedicheranno nel futuro a una professione musi-cale coltivino comunque nella loro vita il piacere dilettantescodi usare la musica come un altro mezzo di espressione erelazione intersoggettiva disponibile oltre a quelli verbali,visivi e motori. Per mirare a questa finalità, la scelta deigeneri da affrontare in questo ambito non può che privile-giare quelli dai quali si possono trarre tecniche esecutive,improvvisative o compositive che, per essere attuate con unminimo di efficacia dagli studenti, richiedono loro una per-centuale ridotta di apprendistato e di padronanza di compe-tenze specialistiche. In questo campo sono particolarmenteadatte le tecniche di produzione musicale con nuove tecno-logie informatiche, più consuete per gli studenti e più facil-mente utilizzabili in classe. Sono stati anche spesso mostratii vantaggi ricavabili dall’uso di tecniche tipiche della musi-ca d’avanguardia colta degli ultimi cento anni; nell’utilizza-re didatticamente queste ultime, non si potrà però pretende-re che esse non vengano sottoposte a inevitabili contamina-zioni con componenti assai lontane dagli stili dai quali pro-vengono e dipendenti dal vissuto musicale degli studenti.Accanto alle dimensioni sensoriali, cognitive, valoriali edestetiche delle esperienze musicali, è necessario che l’edu-cazione musicale affronti anche le loro dimensioni affetti-ve e corporee: a tale proposito non dovrebbero essere igno-rati da una riflessione critica i brani che incidono mag-giormente sulla vita musicale degli studenti proprio rispet-to a queste dimensioni: si tratta di ampliare i loro orizzontianche in questo ambito.L’educazione musicale dovrebbe infine affrontare anche ibrani legati alle esperienze musicali più controverse e ri-schiose, quali la ricerca della “trasgressione”, dello “sballo”o di altri stati “alterati” e/o “estremi”. In questi casi bisogne-rà assumersi la responsabilità di aiutare gli studenti a esa-minare le proprie idee nei confronti di tali esperienze, con-frontandole con discorsi autorevoli e seriamente argomen-tati, senza minimizzare i rischi che esse comportano.

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«Bisogna tenere i piedi saldamente sullaterra per poter poi fare dei grandi saltiverso l’alto: è proprio il fatto di scen-dere qualche volta sulla terra che mipermette di volare» 1.Attraverso la pittura immaginaria diMiró, fatta di forme libere, giocose, iro-niche, organiche, metamorfiche, anchenoi stacchiamo i piedi dalla realtà, comenei sogni.I colori, le macchie, gli scarabocchi, lestelle che vibrano nelle sue tele sonoleggibili come ariose partiture della fan-tasia, come tante sonorità danzanti chegalleggiano, sospinte dal vento.Nel libro Miró, Bleu II 2 gli autori rac-contano ai bambini le tre famose teleblu dell’artista (serie Blu I, II, III 1961)invitandoli a interpretarne i segni comenuovi alfabeti musicali.«Una piccola finestra blu dà su un blumolto grande, blu come il cielo, comeil cielo senza limiti... Blu del colore deisogni, Blu come l’inafferrabile. […] Nerocome un lungo silenzio…Sul blu parecchi punti? Punti di sospen-sione… Cantiamoli! Come le note di unamusica. […]Rosso come dei forti strilli… Cantiamoi colori e le forme come un’orchestra apiù voci…».Lo sfondo blu diventa un tappeto sof-fice che suona come un «mormorio divoci», come «un bisbiglio tenue», comeil respiro delle galassie; «la striscia rossaforse è un urlo, un boato di tromba olo sfrigolio del ferro incandescente im-merso nell’acqua fredda»; le macchienere si possono immaginare come i ton-fi ritmici dei sassolini che cadono nel-l’acqua; ma ci sono altre macchie nere,più morbide e sfumate: quale suonopossono suggerire? E le linee sottili econtinue? Forse un fischio che sale ar-rampicandosi sulle nuvole, per raggiun-gere un aquilone…Gli sguardi dei bambini su queste ope-re affascinanti e misteriose scopronomondi favolosi, atmosfere magiche epersonaggi bizzarri con i quali si di-vertono a intrecciare storie e rime. Suc-cessivamente, le loro trame possono

BluArianna Sedioli

essere tradotte con le timbriche dellavoce, degli oggetti, degli strumenti edei materiali naturali, fino a crearepoetiche corrispondenze.Dai blu sognanti di Joan Miró, che silasciava sopraffare dallo spettacolo delcielo, possiamo approdare a quello as-soluto e puro di Yves Klein, sopranno-minato Yves – Le Monochrome.Anche per questo artista l’infinità del-la volta celeste fu fonte d’ispirazione ela sua ricerca estetica lo condusse adabbandonare la gamma delle sfumatu-re e delle gradazioni cromatiche perconcentrarsi soltanto su un unico co-lore primario: un blu oltremare inten-so, completamente avvolgente.Il luminoso pigmento arrivò dopo unlungo periodo di esperimenti, ma il ri-sultato fu sorprendente: come i suoniarmonici nella musica, la particolaretonalità generava una sensazione visi-va di completa immersione nel colore,senza indurre l’osservatore a dovernedefinire le caratteristiche 3. Quando ibambini incontrano questo colore ma-gico lo raccontano come «la notte chenon è notte» (IKB 3, 1960); come «ilsole d’acqua» (IKB 54, 1957); come «leonde del mare buio» (IKB 190, 1959);come «la crosta lunare», come «la tortadell’astronauta» e come «i sassi cadutiin fondo al mare» (RE 19, 1958).A suggerire queste immagini sono levarianti materiche utilizzate da Klein:quando usa la spugna naturale, lamoquette o il gesso, il blu si muove, siespande e come un tema musicale sitrasforma in tante possibili variazioni.Possiamo proporre ai bambini di cer-care un suono unico per il Blu Klein,provando successivamente a impastarlo

con altri timbri e giocando a modellareforme sonore non troppo distanti dallafonte originale. Il suono blu deve ri-manere deciso e ben delineato, mentretenui interferenze si sovrappongonodisegnando episodi ritmici, melodici,dinamici. Le opere dell’artista possonoessere utilizzate anche come tessere diuna storia, da comporre e ricomporre,mettendo in gioco parole, suoni e ge-sti.Per i bambini può essere altrettanto sti-molante creare una versione musicaledella sua pioggia blu, evocata dall’ope-ra S 14 Trappola blu per linee (1957) odella sua Scultura aerostatica (Evento,1957) in cui mille e uno palloncini, ov-viamente blu, vennero lanciati dalla ter-ra verso il notturno cielo blu di Parigi.Analogamente alla sua pittura mono-croma, Klein compose una sinfonia uti-lizzando un’unica nota vibrante com-binata con prolungati silenzi: Sinfoniamonotona - Silenzio ( 1947). Credo chequesto lavoro straordinario possa di-ventare un ulteriore punto di partenzaper avvincenti giochi di esplorazionesonora e di invenzione musicale.«Il colore blu ha un effetto visivo stra-no e quasi inesprimibile. Esso è in séenergia. […] proprio quando percepia-mo la profondità del cielo e le monta-gne in lontananza, una superficie blusembra allontanarsi ai nostri occhi. Pro-prio quando desideriamo catturare unbell’oggetto che si allontana dai noi, ciscopriamo a osservare piacevolmenteil blu…» 4. Ma come suona il blu?

1 Joan Miró, da L’oro e l’azzurro, colla-na “I Sensibili” a cura di CristinaFrancucci, Art’è, Bologna 2002.

2 CATHERINE PRATS OKUYAMA - KIMIHTO

OKUYAMA, Joan Miró BLEU II, Editions duCentre Pompidou, Paris1990. Le cita-zioni del libro sono state tradotte daLudovica Guerra.

3 HANNAH WEITEMEIER, Klein, Taschen, Köln2002.

4 JOHANN WOLFGANG GOETHE, Teoria dei co-lori, Il Saggiatore, Milano 2008.

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SCHEDA

ELISABETH WEINZIERL- EDMUND WÄCHTER

Suonare il flauto, nuovo metodo per flauto traverso. Volume A con CD

edizione italiana a cura di Silvia TujaRicordi, Milano 2008pp. 64, † 15,00

ArgomentoÈ il primo volume tradotto in italiano della raccolta dei seivolumi del metodo che Elisabeth Weinzierl e EdmundWächter hanno ideato per lo studio del flauto nel corsodella loro decennale attività didattica. I volumi accompa-gnano con gradualità il percorso didattico dal primo ap-proccio al flauto sino a un grado pari al compimento infe-riore. Il metodo, in particolar modo il volume A, alterna lapratica di esercizi di tecnica per una corretta impostazionestrumentale a brani di repertorio, giochi musicali ed’improvvisazione e brevi informazioni storico-teoriche suautori e forme musicali.

DestinatariSuonare il flauto è un metodo che si rivolge a tutti quelli chesi accostano da principianti allo studio del flauto. Seppurel’impostazione e la tipologia di repertorio facciano chiara-mente trasparire l’intenzione di rivolgersi a bambini, lo stru-mento è ottimo per chi, ragazzo o adulto, voglia affrontarelo studio in maniera graduale e divertente. Per la sua linearità,organicità e per tutto l’apparato teorico in esso contenuto, èun’ottima guida anche per il flautista che per la prima voltasi cimenta nell’insegnamento dello strumento.

Motivi d’interesseIl metodo, senza perdere la sua impostazione facile e diver-tente, riesce ad affrontare in modo chiaro e ricco di spuntiargomenti spesso trascurati quali la respirazione, la ginnasti-ca muscolare addominale e il lavoro per le dita, le labbra e lalingua; inoltre le indicazioni di carattere storico e teorico sonomesse in risalto da una grafica simpatica e di facile rimando.Il volume presenta un approccio al flauto da subito finaliz-zato a sviluppare abilità musicali non soltanto flautistichema anche vocali espressive (le musiche spesso sono cantipopolari dei quali, in alcuni casi, viene proposta la traduzio-ne italiana). La scelta di presentare gli esercizi sotto forma diduetti (dove la parte di secondo flauto è affidata, almenoinizialmente, all’insegnante) permette lo sviluppo delle com-petenze più proprie della musica d’insieme quali ritmo, ascol-to, ricerca timbrica e intonazione.L’ottima esecuzione dei flautisti sul CD è di stimolo allo stu-dio anche per la varietà di timbriche: gli accompagnamentisono infatti affidati di volta in volta al pianoforte, al quar-tetto d’archi, al cembalo, a gruppi jazz.In ultimo va segnalata la scelta accurata di un repertorio finda subito colto, ma anche accattivante, dato l’alternarsi dibrani che spaziano dalla musica etnica al pop.

Daisy Citterio – Letizia Chiara Colombo

Improvvisando tra musica,immagine e poesiadi Francesco Corrias

FIORELLA CAPPELLI - IDA MARIA TOSTO, Geometrie vocali. Giochidi improvvisazione tra musica, immagine e poesia, Ricor-di, Milano 2008, pp. 156, con CD, † 24,00.

Il volume è la ristampa dell’omonimo testo uscito nel 1993nella collana Metodi e Strumenti Didattici della casa edi-trice Ricordi ora BMG. Muovendosi in maniera originale edefficace tra musica, arte/grafica e poesia, le autrici FiorellaCappelli e Ida Maria Tosto presentano novanta progetti «perimprovvisare insieme con la voce “dentro” e “oltre” i con-fini del sistema musicale tradizionale» (4a di copertina),puntando l’attenzione particolarmente su esperienze di tiposinestetico, alla ricerca di analogie strutturali tra le arti:sia per quanto concerne il rapporto fra musica e poesia/arti verbali, sia per quello fra musica e arti figurative. Ipossibili scambi culturali tra le diverse discipline artistichevengono esaminati nella convinzione che ogni arte possaimparare dalle altre, traendo utili elementi di conoscenza:si veda a tal proposito il rimando continuo allo scritto Teo-ria della forma e della figurazione di Paul Klee, ritenutofecondo di suggestioni e spunti per l’organizzazione del

materiale figurativo e musicale. Gli esempi e i titoli deigiochi proposti sollecitano un’evidente sinestesia partico-larmente tra la percezione visiva e uditiva, non escluden-do che molte altre possano essere le suggestioni di ordinesensoriale, cinetico e più ampiamente emozionale nellaconduzione del gioco musicale. In tal senso il ricorso aimmagini analogiche in sede didattica può essere di rile-vante significatività, poiché pone l’esperienza direttamen-te sul piano simbolico sollecitando il contributo di stimolisensoriali diversi per sviluppare un’immaginazione più ar-ticolata del suono.Particolare rilievo viene dato all’improvvisazione, special-mente dal punto di vista collettivo, quale modo di faremusica insieme, elevato alla dignità di autonoma forma diespressione musicale. Più che un modo di fare musica, essasi configura quale un modo di pensare in musica, tramitel’interiorizzazione di strutture linguistiche – in questo casomusicali – analogamente a quanto avviene nell’ambitoverbale. Viene dunque perseguito lungo la trattazione ilprogetto di riappropriazione delle forme linguistiche delpensiero musicale occidentale. L’improvvisazione è il gio-co musicale per eccellenza; essa è gioco di regole, di quelleregole che sono in musica i procedimenti costruttivi in-trinseci al linguaggio stesso. Significativo a tal propositoil richiamo continuo alla Grammatica della fantasia diGianni Rodari che, in un ambito diverso da quello musica-le, ha comprovato la medesima connessione tra il raggiun-

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49gimento di autonome capacità creative e l’acquisizioneconsapevole di tecniche e principi di organizzazione delmateriale. Come in Rodari il gioco si configura come unprocedimento sia analitico sia sintetico. In particolarel’improvvisazione vocale collettiva si può considerare «comeun gioco di relazioni interpersonali che si trasferisce sul pianodell’espressione musicale» (p. 14), in cui la sensibilità di ognicomponente, nell’entrare in relazione con gli altri e con sestesso in quel momento e in quel contesto, risulta determi-nante: «da qui la funzione insostituibile che il gruppo ha nelprocesso educativo» (p. 15).L’acquisizione di una nuova sensibilità sonora-spaziale èmessa talvolta in relazione con il movimento, secondo laconvinzione che il rapporto voce-corpo-spazio sia deter-minante nel processo di maturazione vocale e corale. Unasiffatta conoscenza della voce a tutto campo può giovareenormemente al processo di sviluppo uditivo e inoltre, nellospecifico, la pratica esecutiva corale dell’improvvisazionesembra poter offrire maggiori opportunità quanto alla for-mazione dell’orecchio armonico rispetto alla pratica coraletradizionale. La scelta di limitare l’esemplificazione musi-cale quasi esclusivamente al repertorio corale del Nove-cento si fonda su varie motivazioni, tra cui non ultima lacapacità da parte della scrittura musicale contemporaneadi essere più sintetica di quella tradizionale, permettendodi visualizzare con chiarezza i diversi procedimenti costrut-tivi adottati.Come detto, il libro si divide in novanta progetti/schede,ognuno dei quali descrive un gioco improvvisativo, met-tendone in rilievo il criterio costruttivo e il progetto logi-co-musicale sotteso. Il raggruppamento per tipologie av-viene a monte con l’identificazione di cinque grandi cate-gorie relazionali, quali funzioni fondamentali in base allequali il pensiero umano struttura la propria percezione nellospazio e nel tempo: imitazione, opposizione, ripetizione,variazione e trasformazione. Ogni progetto può essere rea-lizzato a livelli differenti di complessità a seconda dellecompetenze musicali e dell’esperienza del gruppo, in gra-do di decidere sia sulla conduzione delle improvvisazioni,sia sulla disposizione dei partecipanti. Fondamentali risul-tano il contesto operativo e gli obiettivi di lavoro, per cuil’improvvisazione ora può sostenere e vivificare un per-corso di formazione musicale – dalla scuola di musica piut-tosto che dell’obbligo, al coro amatoriale – ora può essereassunta quale forma espressiva autonoma.Il testo è corredato da un ricco apparato iconografico eaudio: infatti, oltre a numerosi esempi di partiture e graficiesemplificativi dei vari giochi, sono presenti molte ripro-

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DA NON PERDEREdi Roberto Agostini

“Musica e Storia”, vol. XIV, n. 3, dicembre 2006, numeromonografico La didattica dell’ascolto, a cura di Giuseppi-na La Face Bianconi.

Il volume XIV/3 della rivista “Musica e storia” è intera-mente dedicato alla pubblicazione degli atti del Seminario“La didattica dell’ascolto” (Venezia, 1-2 dicembre 2005)promosso alla Fondazione Ugo e Olga Levi in collabora-zione con l’Associazione culturale Il Saggiatore Musicale.Il volume contiene le tre relazioni plenarie di apertura la-vori – sul concetto di didattica (Massimo Baldacci), sullafunzione formativa delle discipline (Berta Martini) e sulladidattica dell’ascolto (Giuseppina La Face Bianconi, che èanche la curatrice del volume) – e gli interventi delle quat-tro tavole rotonde, tre per ciascuna di esse. Ogni tavolarotonda è centrata su un tema e, più precisamente, su unbrano intorno al quale ciascun relatore sviluppa un pro-getto didattico: musica medievale e rinascimentale, AlleluiaDies sanctificatus; musica classico-romantica, primo tem-po della Sinfonia n. 8 in si minore di Franz Schubert; me-lodramma, Près des remparts de Séville, dalla Carmen diGeorges Bizet; musica del Novecento, Riconoscenza per Gof-fredo Petrassi di Elliott Carter. Com’è evidente dall’impo-stazione, il volume affronta i problemi della didattica del-l’ascolto in stretta relazione alla tradizione della musicad’arte occidentale e alla concezione di fruizione che si èvenuta a configurare in tale tradizione. La prospettiva teo-rica di base – illustrata nella sessione plenaria dalla cura-trice – è che la didattica dell’ascolto debba contribuire aformare un fruitore di musica d’arte consapevole e criticoin grado di comprendere un’opera musicale in modo ana-litico e storico, e che tale lavoro rappresenti un importante

apporto alle attività di formazione di tipo storico e umani-stico. Coerentemente con questa premessa, i percorsi di-dattici proposti sono perlopiù imperniati sullo sviluppo diun ascolto basato sull’analisi delle forme e delle strutture,sul riconoscimento stilistico e sulla contestualizzazione cul-turale e storica di un’opera musicale. La questione dell’in-terpretazione del senso della musica è comunque discussada vari relatori. In generale, il volume presenta un inte-ressante insieme di materiali e di proposte utili per svi-luppare attività didattiche rivolte agli studenti delle scuoleprimarie, secondarie e dei corsi di laurea non musicologici.I saggi si soffermano principalmente su questioni teori-che riguardanti i contenuti e le attività ritenute appropriateed efficaci per perseguire gli obiettivi dell’ambito specifi-co della didattica dell’ascolto oggetto del convegno. Èinteressante comunque notare come le proposte didatti-che spesso mettano in relazione l’ascolto con attività diesecuzione/composizione musicale e di traduzione in al-tri linguaggi della musica ascoltata (ad esempio grafica edanza), nonché con percorsi di approfondimento discipli-nari e interdisciplinari. A parte qualche relatore, si notaperò, da un lato, una scarsa attenzione alle questioni spe-cificamente metodologiche, soprattutto in relazione ai con-testi concreti nei quali gli insegnanti si trovano quotidia-namente a operare, e, dall’altro, la mancanza di una rico-gnizione approfondita dell’assai ricco campo di studi sul-la modalità con la quale si ascolta e si fruisce la musica,aspetti ai quali sarebbe stato opportuno dedicare mag-giore attenzione nell’ottica di sviluppare una propostadidattica volta a ottenere apprendimenti significativi an-che in relazione alle specificità del tipo di didattica del-l’ascolto proposta da questo volume.

duzioni di opere grafiche e un CD arricchisce l’esperienzaoffrendo all’ascolto alcuni degli esempi musicali più signi-ficativi citati a testimonianza e chiarificazione dei vari pro-cedimenti.

Archetipi, paradigmi e modellidell’insegnamento della musicadi Stefano Lamon

CARLO DELFRATI, Fondamenti di pedagogia musicale, EDT, To-rino 2008, pp. 421, † 28,00.

E tu, che insegnate di musica sei? Sei un insegnante stati-co, dinamico oppure ricreativo?In tempi di incessante cambiamento e certezze precarie,probabilmente ci sentiamo poco propensi a dar risposta adomande simili, a chiederci quale sia la funzione dellamusica in ogni età della vita, perché sia giusto insegnarlaa tutti e quale musica sia da insegnare, come scegliere tec-niche e nozioni, quali processi per quali obiettivi, a quali

competenze è giusto mirare, come rapportarsi alle sfidesempre nuove della società. Ci sentiremmo smarriti, a menodi trovare un orientamento preciso e rassicurante. Ancorauna volta, a tracciare una rotta nella frastagliata mappadella pedagogia italiana interviene Carlo Delfrati, conun’analisi a trecentosessanta gradi sulla didattica musicalee un percorso nella storia pedagogica musicale da moltiatteso.

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GIOVANNI PIAZZA

L’ippopo …19 pezzi facili per pianofortesu poesie e con disegni originali di Toti ScialojaOSI-MKT, Brescia 2008pp. 44, † 20,00

no a brano: è quindi possibile individuare qualche pezzo dav-vero elementare (ad esempio Il cammello e Oggi è Pasqua).Combinando canto ed esecuzione pianistica i materiali si ri-velano assai utili per le lezioni di pianoforte di gruppo nelprimo e secondo anno di studio.

Motivi di interesseLe situazioni pianistiche proposte offrono numerosi spunti dilavoro tecnico: scelta delle diverse diteggiature possibili, bicordi,polifonia in una mano, staccato, ribattuto, sincopi, ritmi pun-tati, tempi composti, varietà di dinamica. Il principale motivodi interesse per L’ippopo… sta nel fatto che ogni problematecnico da affrontare trova ragione nelle necessità espressi-

ve del brano e nelle efficaci suggestioni create dallepoesie di Toti Scialoja: la farfalla che vola

senz’ossa, il lupo che scappa al galoppo, l’orsoche morde senza rimorso.

Undici dei diciannove brani sono arric-chiti dai disegni dello stesso Scialoja,disegni che rendono la raccolta di bra-ni ancora più godibile, così come sela gode il topo (a cui non viene tor-to neppure un capello) che ondeg-gia su un “ingessato” gatto a don-dolo.

Adriana Mascoli

ArgomentoIl volume raccoglie diciannove brani pianistici costruiti suquindici brevi poesie di Toti Scialoja. I versi poetici, quasinonsense, raccontano situazioni fantasiose e improbabili checoinvolgono animali e sono costruiti con allitterazioni e rimeche mettono in moto una notevole energia ritmica.L’autore della musica mantiene alto il carattere ritmico deiversi, arricchendolo con delicate melodie supportate da li-nee di basso varie e non prevedibili.

DestinatariI brani sono rivolti a studenti di pianoforte con alcuni mesi dilavoro alle spalle e a chiunque sappia muovere le manisulla tastiera e abbia voglia di divertirsi a cantare poe-sie spiritose suonando melodie intelligenti.L’intento di Giovanni Piazza è quello di crearemateriali musicalmente interessanti per un li-vello tecnico elementare.Accessibili a pianisti e pianiste agli inizi delpercorso strumentale, i brani contenuti inL’ippopo… richiedono comunque un buoncontrollo di tutte le abilità di base. Anche larealizzazione della parte vocale richiede unadiscreta capacità intonativa.Un pregio della raccolta è la proposta didifficoltà esecutive differenziate da bra-

Si tratta di Fondamenti di pedagogia musicale, volume re-centemente aggiunto dalla EDT di Torino alla propria bi-blioteca di cultura musicale: quattrocento pagine che con-trassegnano quarant’anni di esperienza concreta sulla sce-na della didattica musicale italiana e europea (il riferimen-to è allo spartiacque epocale del 1969, anno in cui Delfratifonda la SIEM e inizia a insegnare Didattica della Musica).Una trattazione che non si limita a condensare il pensierodell’autore, da anni stimolante pungolo in Italia, ma per-corre ampiamente la storia dell’innovazione della praticaeducativa al suono e alla musica.Il viaggio nei fondamenti è contemporaneamente diarioesperienziale (fin dall’iniziale Muro del pianto di tante aber-razioni pedagogiche ancora presenti nella nostra scuolaquotidiana), riflessione, citazione ricca, dotta e incessante,paradigma espresso da titoli intriganti: inutile, dunque, cheil lettore cerchi nell’indice richiami da manuale tradizio-nale alle fasi della trattazione, esplicitate da titoli creativi,dal Ghigno di Pablo Casals a La pattumiera del dio Thoth.Meglio lasciarsi condurre nel percorso, che l’autore peral-tro prefigura lucidamente nell’introduzione al volume. Siresterà subito attratti dai primi tre itinerari, corrispondentiai pari capitoli del manuale, dove l’autore disamina tre

paradigmi pedagogici: statico, dinamico e ricreativo (que-st’ultimo indicato come terza via trasversale che, per espres-sa definizione di Delfrati, si affaccia marginalmente sullepratiche educative recenti e che darà, fra l’altro, rispostaalla domanda iniziale).Con un bisturi acuminato che porta alla luce rigidità everticalità, autoreferenzialismi e fossilizzazioni dei saperi,Delfrati sviscera finalità, contenuti, canoni morali ed esteti-ci del paradigma statico: il Vaso di Pandora del vecchio ac-cademismo, già più volte denunciato, viene scoperto dal-l’autore senza acrimonia, con un’analisi asciutta e motivata.Inutile dire che il modello di riferimento è il modo d’esseredinamico di un insegnante che, di fronte a decenni di in-novazione pedagogica, trasformazioni epocali impensabilifino a mezzo secolo fa, prende coscienza del fatto che ogniaspetto del suo agire richiede un’elasticità che sappia rie-laborare continuamente ogni passo in funzione del sog-getto e del contesto educante; che l’esperienza, il fare è alcentro del viaggio; che imparare la musica è imparare adialogare; che il programma scolastico deve rispondere aibisogni concreti dell’alunno, nel tempo e nella società par-ticolari in cui vive; che la consapevolezza e la creativitàsono le prime armi del buon docente, quelle che smuovono

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52 l’interesse e la significatività, l’autonomia contro ogni re-sistenza. Nel relativo capitolo fondante, come del resto intutti gli altri, Delfrati è ricco di citazioni: è il testimoniaredi quegli «interlocutori recenti e antichi [...] tutti autori chehanno segnato la storia dell’innovazione pedagogica» (p.IX) così come ha fatto il pensiero di Delfrati.Prima di parlare del paradigma ricreativo – riguardo alquale ludicità e animazione non vengono demonizzate insé, ma si viene messi in guardia rispetto a una Gioiosaparentesi sulla quale grava un rischio rinunciatario rispet-to alla crescita, alla maturazione, all’apprendimento – Del-frati si dirige con chiarezza verso la galassia del generepopular, per il quale conia il neologismo un po’ impegna-tivo ma indiscutibilmente personale di “neopopolare”: aldi là dell’etichetta, con questo concetto vengono filtraticultura giovanile, confronto generazionale, pratica e ascolto,per proseguire l’analisi verso il nucleo centrale del viag-gio, che mette a confronto Processi e Prodotti e analizza lepossibilità di intervento dell’educatore contemporaneo difronte a repertori, gusto, significatività e colonizzazionivarie.Da questo punto in poi (e siamo poco oltre metà libro),Delfrati condensa presente e futuro: in L’avanzamento del-le competenze, La sfida della società multietnica e nellasintetica conclusione di Mete e obiettivi del paradigma di-namico l’autore prende posizione sull’inculturazione, ov-vero su come l’educatore debba «partecipare alle conquistedella società di appartenenza» (p. 239), indica percorsi con-creti e soluzioni rispetto all’attuale Tramonto delle cultureomogenee a partire dal concetto di duplice acculturazioneintrecciando giochi, valori, canzoni, folklore, fino a falsiproblemi nostrani come cantare il Natale nella società mul-tietnica. Ancora una volta, Carlo Delfrati riesce a esserepersonale e a proporre, provocare, far discutere, grazie aun’analisi ricca e mai convenzionale. Da leggere e medita-re, in attesa del promesso, successivo intervento sullametodologia.

L’attualità del pensierodi Rodaridi Anna Maria Freschi

Saperi artistici e mutamenti sociali: attualità di GianniRodari, a cura di Mario Piatti, Edizioni del Cerro, Pisa 2008,pp. 112, † 14,50

«Una scatola è liscia, marrone, forma geometrica, può es-sere bucata, bagnata, mi ricorda i traslochi. Trasloco… fa-tica… fisicamente = pesantezza, svuotamento, sovraccari-co» (p. 86). Un oggetto comune – in questo caso una scato-la – viene osservato con un nuovo sguardo, interpretato,manipolato, usato come spunto per una rielaborazione disenso e di prospettiva. Di questo sguardo e delle sue impli-cazioni Gianni Rodari ha fatto il fulcro della sua attività dieducatore, giornalista e scrittore, attività difficilmentesintetizzabile nei suoi aspetti peculiari, ma affascinanteproprio per questa sua poliedricità, che intreccia zone diconfine solo apparentemente distinte: l’azione educativa,la produzione artistica, la riflessione sul valore pedagogi-co e sociale della creatività e dell’arte, la teorizzazione dei

processi con i quali il pensiero creativo si produce e siorganizza.I contributi raccolti in questo volume – a seguito di unevento organizzato nel febbraio 2006 dal Centro di Do-cumentazione, Ricerca Educativa e Didattica Innovativa«Gianni Rodari» di Pontedera – affrontano appunto que-sti temi, riflettendo sull’attualità del pensiero e dell’operadi Rodari a trent’anni di distanza. In particolare il testoriporta le relazioni tenute durante il convegno che dà iltitolo al volume stesso, la documentazione relativa a duelaboratori rivolti alle insegnanti della scuola dell’infan-zia e primaria – tenuti rispettivamente da Paolo Cerlatiper l’ambito musicale e da Daniela Orbetti e VittoriaPiattelli per quello delle immagini – e infine una bi-bliografia delle opere di e su Rodari, curata da GiorgioDiamanti.I vari interventi mettono in rilievo, ciascuno dalla propria“zona di confine”, come la dimensione sensoriale, il gustodei sensi, sia al tempo stesso il terreno, lo strumento e ilcombustibile di questo sguardo mobile e indagatore, che siesercita continuamente ad assumere nuovi punti di vista.Relatività, divertimento e meraviglia sono le operazioni men-tali con cui Gianfranco Staccioli ci invita a sintonizzarci perleggere le produzioni grafiche dei bambini. Dove il terminedivertimento riacquista il senso originario di una “diver-genza” dai canoni prescritti, che salvaguarda «la possibilitàdell’altrimenti» in un clima di leggerezza calviniana (p. 35).E assumendo un tale sguardo persino il linguaggio verba-le, luogo di astrazione mentale per eccellenza, riconquistauna dimensione di fisicità sonora, facendosi, nella scrittu-ra di Rodari, luogo di assonanze e rimandi analogici chepotenziano l’efficacia comunicativa di ciascuna parola finoa renderla insostituibile. È questo il motivo per cui i testi diRodari hanno subito negli anni pochissime manipolazioni,come ci spiega Mario di Rienzo nel suo contributo. Mentre,proprio muovendo da una riflessione sul gusto e il poteredella parola ritmata, Bruno Tognolini sottolinea come lefilastrocche costituiscano «dispositivi potentissimi» e met-te in guardia gli insegnanti dal rischio di un loro depoten-ziamento dovuto alla moltiplicazione delle proposte, con-cludendo con un appello a scegliere quei testi che colpi-scano l’immaginazione e il cuore. «Quelle filastrocche bril-leranno tre volte: della bellezza intrinseca […], della bel-lezza che il vostro sguardo e la vostra mano che le porgeaccende e accresce; e finalmente di quella che straborda einnaffia dallo sguardo potente, proiettore di bellezza, deivostri bambini» (p. 67).Ma lo sguardo estetico e creatore di cui sopra non è certo

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FIORENZA MARIOTTI

La Musa stupita. Infanzia e fruizione dell’arteElecta, Milano 2008pp. 128, † 18,00.

DestinatariIl testo si rivolge principalmente a operatori e educatori delsettore artistico, ma gli spunti contenuti possono essere messia frutto anche da insegnanti, formatori, studiosi delle disci-pline musicali.

Motivi di interesseLa riflessione di metodo che introduce la presentazione deipercorsi puntualizza alcune strategie di lavoro che sarebbe assaiproficuo riuscire a contestualizzare anche nelle attività con lamusica. In particolare, l’autrice si sofferma sulle caratteristi-che dell’esperienza motivante, sulle strategie per la fruizionedell’arte, sui profili che assume la progettazione (messa in sce-na) significativa dei luoghi del “vedere”. All’interno di questotracciato acquisiscono tratti di rilievo i concetti di approccioiniziatico e rituale, di strategia per l’ammaliamento, di godi-mento (piuttosto che fruizione) dell’arte, di valorizzazione dellapercezione dei sensi nella loro globalità. Paiono queste idee daconsiderare e meditare, per le quali trovare opportuna collo-cazione nel campo dell’educazione musicale, in una prospetti-va di educazione estetica a tutto tondo.

Alessandra Anceschi

ArgomentoIl testo documenta alcune proposte educative che il comunedi Milano, in collaborazione con la sezione didattica di Pa-lazzo Reale, ha allestito per la popolazione scolastica del ter-ritorio circostante. Il volume si compone di due sezioni: unaprima che espone le strategie metodologiche con cui s’è datoavvio alle iniziative, e una seconda che riassume alcune dellemostre e dei progetti realizzati. La sintesi dei percorsi è pre-sentata secondo uno schema ricorrente che illustra in brevei tratti culturali delle mostre, individua le caratteristiche dellasezione didattica, ripercorre i principali passi dell’ideazionee dell’allestimento (indicando differenti messe in opera inconsiderazione delle diverse età dei fruitori), descrive spazi,materiali e attività. Sono presentati percorsi relativi a mo-stre che hanno trattato temi quali: ritratto e fisiognomica daLeonardo a Bacon, il ruolo di Hokusay nell’arte orientale e leinfluenze sul mondo occidentale, oggetti e reperti della po-polazione dei Sarmati e degli Sciti nel IV secolo a.C., capola-vori di Picasso, rappresentazioni della terra e del cielo dal-l’antichità ai giorni nostri, opere americane degli ultimi cin-quant’anni, la Milano della modernità tra la fine dell’800 el’inizio del ‘900, i miti greci.

un modo per fuggire dalla realtà, una scappatoia dai pic-coli-grandi problemi della vita; al contrario, esso attivauna maggiore capacità di decifrarla con occhi e orecchinuovi e di agire su di essa per trasformarla. Ne dà testimo-nianza l’intervento di Daniela Pampaloni, assessore delComune di Pontedera, che proprio all’educazione all’arte –attuata attraverso laboratori con artisti dentro e fuori lescuole, mostre, collocazione di opere d’arte nei principaliluoghi della città – attribuisce il merito di una crescitasociale e culturale della città stessa.La scoperta di questo legame profondo fra fantasia e re-altà fa di Rodari un intellettuale educatore che, come sot-tolinea Franco Cambi, agisce allo scopo di formare nuovisoggetti sociali emancipati da vincoli, capaci di svilup-pare le proprie potenzialità umane attraverso un pensierocritico e libero. A tale proposito Cambi non solo inserisceRodari a pieno titolo nel filo rosso di quella pedagogiadell’emancipazione cognitiva, etico-politica ed estetica, cheda Rousseau in poi attraversa il XX secolo fino a Gramsci,Dewey e don Milani, ma ne evidenzia anche il contributooriginale, cioè quello di collocare la creatività al centro eall’origine dell’atto mentale. La libertà creativa conferiscenuovo valore al pensiero critico, assumendo la funzione«del dissenso, della capacità di opporsi al reale così comeè, di guardare oltre e di far vivere tanto il diritto di critica,quanto il principio della speranza» (pp. 23-4). È questo conogni probabilità il valore più alto e più attuale del pensierodi Gianni Rodari.

Le SMIM: una storia di 30 annidi Nadia Tonda Roch

CIRO FIORENTINO - MASSIMO ORLANDO, L’insegnamento musicaleCarisch, Milano 2008, pp. 215, † 18,00.

L’introduzione dell’«insegnamento dell’Educazione Musi-cale connesso con lo studio di strumenti musicali ed inte-grato nel contesto delle altre discipline, al fine di evidenziarele capacità formative ed orientative della musica attraver-so lo studio non strettamente tecnicistico e nozionistico,ma principalmente culturale e propedeutico per eventuali

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54 prosecuzioni nello studio della musica» risale al DecretoMinisteriale dell’8 Settembre 1975.Le Scuole Medie ad Indirizzo Musicale (SMIM) hanno quin-di in Italia una storia ultratrentennale e sono il frutto diun’evoluzione progettuale e di una conseguente ridefini-zione dell’assetto normativo e organizzativo che, nel tem-po, è stata tutt’altro che lineare e ha prodotto un’estremavarietà di esperienze, a volte anche contrastanti fra loro.Questo perché, fin dall’inizio, l’innesto della pratica musi-cale nella didattica delle scuole ha posto gli insegnantinella condizione di dover inventare modelli didattico-edu-cativi nuovi ed efficaci che fossero sostitutivi di quelli dacui essi stessi provenivano, anche per rispondere a esigen-ze culturali e territoriali profondamente diverse fra loro.In questo volume gli autori, che provengono da una lungaesperienza d’insegnamento nelle SMIM, mettono in eviden-za gli elementi più fortemente rappresentativi e caratteriz-zanti di tale profondo rinnovamento progettuale e didatti-co: la completa innovazione degli assetti organizzativi dellalezione strumentale e teorica; la ridefinizione delle compe-tenze tecnico-strumentali e della loro progressione; l’am-pliamento delle competenze medesime, al fine di fornireuna base solida per una formazione musicale e strumenta-le non necessariamente destinata alla prassi esecutiva del-la musica colta o del “concerto”; l’annullamento della se-parazione tra pratica strumentale, creatività, improvvisa-zione, educazione dell’orecchio e capacità metacognitive e

la riconduzione a un unico e articolato percorso di forma-zione.Ognuno di questi aspetti è analizzato in modo approfondi-to e integrato da molteplici esempi pratici: dall’apprendi-mento a “spirale” alla lezione collettiva, dalla musica d’in-sieme all’attività orchestrale, dalla propedeutica alla pro-grammazione di strumento musicale, dalla teoria e letturadella musica al percorso verso l’indipendenza ritmica, dal-l’unità didattica disciplinare a quella trasversale, dai pro-getti interdisciplinari agli interventi individualizzati, dal-l’interculturalità in ambito pedagogico al patto formativo.Una particolare attenzione è rivolta all’identità di una scuolaa indirizzo musicale. Partendo da una dettagliata presen-tazione degli organi collegiali e dei rispettivi ruoli (Consi-glio d’Istituto, Collegio Docenti e Consiglio di Classe), ven-gono dapprima presentate nuove figure istituzionali (l’Équi-pe dell’area musicale, il Coordinatore per l’area musicale eil Comitato Genitori), quindi esaminati e confrontati i varimodelli orari, i criteri per la formazione delle classi, lemodalità di somministrazione e di svolgimento delle proveorientativo-attitudinali, i rapporti con la scuola primaria econ gli ex alunni.Un valido strumento di riflessione si trova poi nel capitolodedicato alla progettazione, nel quale, prendendo a riferi-mento le indicazioni di un focus group di monitoraggiocostituito a livello nazionale, vengono indicati i postulatidella valenza formativa dei progetti d’ambito scolastico: la

SCHEDA

I Sonanti. Proposte musicali per la danza e il movimento creativoCollana a cura di Marina Maffioli e Franca ZagattiCD + libretto guidaMousikè, Bologna 2003-2008† 25 ciascuno

tratti comunque di strumenti utili anche per insegnanti dimusica e maestri che vogliano realizzare un percorso di ascoltiche stimoli nei bambini le potenzialità espressive facilitandol’apprendimento delle prime conoscenze musicali.

Motivi di interesseLa ricchezza e la varietà dei brani – che spaziano da quellipiù connotati da variazioni timbriche o ritmiche a quelli concontenuti capaci di evocare atmosfere e situazioni di grandecoinvolgimento per i piccoli allievi – consente di trovare so-luzioni sonore adeguate a ogni idea. La stessa capacità del-l’insegnante trarrà certamente beneficio dall’avere a dispo-sizione musiche così attentamente costruite per fornire stru-menti flessibili e adatti a tante possibilità di movimento. Aogni CD è allegato un libretto contenente una scheda infor-mativa di ciascun brano che fornisce chiarimenti sulle carat-teristiche musicali e indicazioni sulle tematiche di movimentoe le attività suggerite. In questo modo ne viene ulteriormen-te favorito il pieno e corretto utilizzo per la costruzione dilezioni interessanti ed efficaci. L’ottimo lavoro evidenzia lanotevole esperienza e conoscenza delle autrici e curatrici chehanno saputo concepire e realizzare con grande competenzae professionalità una serie che ci auguriamo destinata adarricchirsi di altre interessanti pubblicazioni.

Elena Viti

ArgomentoNello scarno panorama delle musiche per le lezioni di danza,connotato da una certa monotonia e conformismo, spiccano leproposte della collana I Sonanti pubblicati dalla sezione Proget-ti Educativi dell’associazione Mousikè, nota da tempo per le in-teressanti attività didattiche e formative che svolge in ambitomusicale e coreutico. I CD usciti fino ad ora sono quattro e, comespecificamente indicato nel sottotitolo, contengono Propostemusicali per la danza e il movimento creativo. Ciascuno di essicontiene, infatti, un’ampia scelta di brani originali appositamentecomposti per poter accompagnare e stimolare l’indagine motoria,in particolare in lezioni rivolte a gruppi di bambini o ragazzi. Laserie, iniziata con un primo CD intitolato Suoni di danza nel 2003e proseguita poco dopo con Suoni in ballo, si è successivamentecompletata con Musicazione, più specificamente indicato percoinvolgere bambini più grandi e adolescenti e il recente ABCdanza che invece si rivolge a bambini più piccoli, evocando findalla scelta del titolo un’attività di introduzione o alfabetiz-zazione coreutica e musicale.

DestinatariI materiali musicali proposti si prestano sia per essere utiliz-zati in lezioni che prevedano studi ed esercizi più strutturati,sia per fornire stimoli e idee nei percorsi più collegati agliaspetti espressivi e creativi del movimento. Riteniamo che si

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55collegialità intesa come gestione condivisa delle diversecomponenti scolastiche; il protagonismo come partecipa-zione attiva degli alunni; la globalità come attenzione aibisogni psicofisici, relazionali e cognitivi; la trasversalitàcome interconnessione fra ambiti disciplinari diversi; l’or-ganicità come dimensione e diffusione degli interventi; l’or-dinarietà come radicamento nella quotidianità della vita sco-lastica; l’interistituzionalità come collegamento con enti eistituzioni extrascolastiche; e la verificabilità come prede-terminazione dei modi e tempi di verifica e di valutazione.I vari argomenti sono trattati in modo chiaro ed esaurientetenendo presenti sia le specifiche normative vigenti (inappendice si trovano i testi di tutte le leggi di riferimento,corredati da note esplicative), sia il loro utilizzo in diffe-renti ambiti e scuole impegnati nella formazione strumen-tale di base: le altre istituzioni musicali, gli enti pubblici,le associazioni di fatto e gli enti privati.In definitiva questo volume, come ben sottolinea AnnibaleRebaudengo nella prefazione, si presenta come un vero eproprio vademecum di chi insegna o insegnerà strumentomusicale.Vademecum che potrà essere un’utile guida sia per i diri-genti scolastici che si devono destreggiare con un indiriz-zo musicale nelle loro scuole, sia per chi già insegna epotrà utilizzarlo per consultazione, seguendo il ricco e benarticolato indice e soprattutto che sarà l’ideale libro di te-sto nel biennio abilitante, laddove s’insegna Legislazionescolastica e si attiverà il tirocinio.

Cornici creativeper il pianista principiantedi Giovanni Piazza

ANNIBALE REBAUDENGO, Leggere e improvvisare, Carisch, Mi-lano 2008, pp. 52, † 12,00.

Improvvisare, in ambito esperto, indica una attività creativache presuppone la conoscenza assai approfondita del lin-guaggio che si utilizza per la propria performance. In am-bito didattico, invece, improvvisare significa esplorare areelinguistiche non – o poco – conosciute allo scopo di sco-prirne le potenzialità, le proprietà, le suggestioni. Ora, fin-ché si vanno a esplorare aree sonore aperte, non formaliz-zate, il gioco può sembrare semplice e trova la sua dimen-sione nel tipo di comportamento esecutivo tramite il quale

l’esecutore instaura un rapporto con lo strumento di cuidispone, senza tener conto di regole o prescrizioni lingui-stiche. Nel caso di improvvisazioni libere collettive, vale larete di comportamenti che – espressi in termini sonori –intervengono frontalmente, obliquamente o trasversalmentefra tutti i musicisti implicati nel gioco. Sarà la maggioreesperienza di comportamenti reciproci a determinare lamaggiore coesione e qualità di una improvvisazione liberacollettiva. Ma come avventurarsi – invece – improvvisan-do, sul terreno di un linguaggio musicale codificato, senzaconoscerne almeno i rudimenti? E poi, anche conoscendo-ne i rudimenti, che risultati vuoi che si ottengano da unaconoscenza assai elementare applicata a strumenti dalleenormi potenzialità?La risposta è: predisponendo delle condizioni operative,delle cornici entro le quali la pratica improvvisativa con-senta anche all’inesperto non solo di operare, ma di sco-prire via via cosa quell’area possa offrirgli in termini for-mali ed espressivi, di acquisire elementi di conoscenza, diverificare e valutare le proprie capacità e – soprattutto – dimaturare fiducia nei confronti di esse, quale che sia il loroeffettivo potenziale. Insomma, mettendo in campo tuttiquegli elementi di apprendimento consapevole che un tipodi prassi puramente prescrittiva assai difficilmente è ingrado di offrire, a causa di una fondamentale differenzache vale per i bambini come per gli adulti: cercare, trovare,sperimentare è un gioco che non annoia e che imprimemolto meglio nelle facoltà psicofisiche soggettive gli ele-menti di conoscenza e competenza che l’area su cui si ope-ra è in grado di trasmettere. Mentre un’attività puramente

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56 esecutiva e prescrittiva è certamente più noiosa e forse nonè neppure un gioco.Beninteso: determinate cornici esistono anche nell’areadell’improvvisazione esperta. I giri armonici jazzistici sonoanch’essi cornici entro le quali, tuttavia, l’improvvisatoresi muove con estrema libertà. In ambito didattico la corni-ce è qualcosa di meno e qualcosa di più. Nel senso che è, apriori, molto più restrittiva, ma concepita in modo da of-frire comunque una garanzia di risultato.Le cornici del prezioso libro di Rebaudengo sono assai va-riegate, stilisticamente e linguisticamente, e accortamenteprogressive. L’esordio è implicitamente critico nei confrontidelle didattiche costrittive, andando a prendere di petto unodei brani più noti del Beyer (padre di tante sofferenzepianistiche infantili) con una serie di variazioni che ne mi-metizzano formalmente ed espressivamente i lineamenti finoa dotarlo di una sfiziosa fisionomia jazzistica: il che potreb-be rappresentare una bella rivalsa per quei pargoli che suquelle note abbiano dovuto illividire i propri polpastrelli.Dopo di ciò, le esperienze improvvisative proposte dall’au-tore, si snodano attraverso aree musicali assai diversificate:materiale folclorico, ritmo armonico, melodia libera, ampioutilizzo della modalità (tuttora negletta in un modello diformazione musicale imprigionata in modo ancora preponde-

rante nel dualismo maggiore-minore), giochi di scale (è sol-tanto l’obsoleto solfeggio a farci credere che le scale sianosoltanto una maggiore e tre minori), armonici, fino a mo-delli di stampo chiaramente contemporaneo.Ogni passo è introdotto da precise indicazioni e suggeri-menti su come affrontare i diversi materiali. Con due co-stanti che sono un po’ la cifra pedagogica di questo belpercorso: la raccomandazione di non aver paura di sba-gliare (viene in mente la frase di Miles Davis, variamentecitata: «Do not fear mistakes. There are none», cioè: «Nontemere gli errori. Non ce ne sono») e lo stimolo costante alpiacere di cercare. Si sa che un bambino, inizialmente im-prigionato sui tasti bianchi, non resiste alla tentazione distuzzicare quelli neri, o davanti a una melodia che va inun verso, è incuriosito dalla possibilità di sperimentarlanel verso contrario. Lo scopo più profondo di una sanadidattica è quello di andare incontro alle naturali curiositàdell’esordiente e quello di andare contro le sue possibilipaure. Altrimenti non è didattica ma puro e semplice inse-gnamento. La pubblicazione di Rebaudengo, vero pedagogoe didatta da sempre, nella prassi e nello spirito, offre moltipreziosi strumenti per ampliare un panorama che, nel no-stro Paese, ancora troppo ostinatamente resta legato al-l’idea che basti saper suonare per saper insegnare.

ASSEMBLEA NAZIONALEdei soci della Società Italiana per l’Educazione Musicale

L’Assemblea Nazionale Ordinaria dei Soci è convocata domenica 29 marzo 2009 a Bologna, presso la sala consiliare delquartiere Porto (all’interno del giardino Pierfrancesco Lo Russo), via Ludovico Berti 2/5 (a 15 minuti a piedi dalla stazione, ocon autobus n. 33 fermata Silvani) alle ore 9.00 in prima convocazione e alle ore 9.30 in seconda convocazione.

Ordine del giorno:1. Relazione del presidente nazionale2. Relazione della segretaria nazionale3. Relazione del responsabile delle sezioni4. Adeguamento del regolamento interno al nuovo statuto: proposte di modifiche e deliberazioni5. Presentazione del bilancio consuntivo 20086. Presentazione del bilancio preventivo 20097. Varie ed eventuali

I soci che fossero impossibilitati a intervenire possono farsi rappresentare da altri soci, consegnando loro il modulo compilato– scaricabile dal sito www.siem-online.it – oppure una dichiarazione firmata. Non sono ammesse più di tre deleghe per socio.I partecipanti sono tenuti a esibire la tessera d’iscrizione alla SIEM. I soci sostenitori con personalità giuridica possono essererappresentati dal rispettivo titolare oppure da un delegato munito di attestato nominale. La presente comunicazione costitu-isce regolare convocazione dell’Assemblea come da art. 9 dello Statuto.

Sabato 28 marzo dalle 15 alle 19 è previsto nella stessa sede il COLLEGIO DEI PRESIDENTI delleSezioni Territoriali.

NB. I soci della SIEM possono prenotare una camera presso l’Hotel San Felice (via Riva Reno 2 - tel. 051-557457) a prezziconvenzionati.

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RASSEGNA PEDAGOGICAdi Roberto Albarea

CERI-OCSE, Personalizzare l’insegnamento, a cura di DavidHopkins - Giorgio Chiosso, Il Mulino, Bologna 2008, pp. 192,† 16,00.

L’OCSE è un forum nel quale i governi di trenta democra-zie, occidentali e non, lavorano insieme per affrontare lesfide economiche e sociali derivanti dalla globalizzazione.Il CERI, Centro per la ricerca e l’insegnamento, ne è unasua emanazione. Questo volume raccoglie le relazioni pre-sentate al seminario “L’apprendimentio personalizzato.L’avvenire della riforma dei servizi pubblici”, svoltosi aLondra nel maggio 2004, su iniziativa del Ministero del-l’Educazione e delle Competenze del Regno Unito di GranBretagna (secondo governo Blair), dell’Istituto Demos edel CERI-OCSE nel quadro del programma “La scuola di do-mani”.Il testo parte dalla esplicitazione di due grandi sfide (anti-nomiche): la prima è quella dell’equità e dell’eccellenza (edella qualità), la seconda è la sfida del rapporto tra la ge-neralizzazione dei servizi educativi e la personalizzazionedell’insegnamento. Sembra la quadratura del cerchio, mail testo offre interessanti spunti di riflessione e, pur nonoffrendo soluzioni più o meno prestabilite (ma forse que-sto è un merito), indica una prospettiva critica verso cuiincamminarsi.La carta vincente, secondo gli estensori del saggio, stareb-be nella capacità dei docenti di predisporre itinerari for-mativi che, fin dalla prima infanzia, siano in grado di va-lorizzare la varietà delle caratteristiche personali degli alun-ni, i loro diversi modi di apprendere, le molteplici situazio-ni reali e virtuali nelle quali vivono. Personalizzare l’inse-gnamento non significa solo praticare l’individualizzazio-ne didattica (come aveva indicato l’Attivismo pedagogicodel Novecento) e nemmeno progettare forme di apprendi-mento individuale: significa piuttosto mettere a puntoambienti e condizioni adatti a sostenere ed elaborare saperi,competenze e relazioni in funzione delle potenzialitàcreative di ciascuno. Si potrebbe aggiungere, da parte no-stra, che tali ambienti, che puntano alla personalizzazionedegli approcci educativi, debbano basarsi sul clima edu-cativo e relazionale che si instaura in classe e sulla te-stimonianza dell’educatore, con le sue competenze e i suoivalori.Al centro, come si vede, è la dimensione della creatività,nelle proprie valenze plurali e pluriprospettiche e il poli-centrismo formativo (Gardner, Feurstein, Lengrand, GarciaHoz, Schwartz, Husén), ma anche un certo tipo di organiz-zazione scolastica meno burocratizzata e più attenta a ciòche avviene fattualmente e si persegue nella scuola. Loscopo è quello di far assumere alla scuola e agli altriprotagonsiti della formazione la fisionomia di una comu-nità capace di auto-organizzarsi intorno a un progetto nontanto governato da vincoli procedurali (come nel caso diuna pianificazione centralizzata), ma ordinato in funzionedi obiettivi di tipo generale, terminale e valoriale.Tutto sta nel come viene intesa e favorita tale personaliz-zazione: se essa costituisca una risorsa per la scoperta e la

valorizzazione delle differenze e incentivi la mobilità so-ciale (un aspetto che si riconnette al motivo caro agli anniSettanta dell’uguaglianza delle opportunità) oppure se essaporti a un più accentuato divario nella forbice delle attualidisuguaglianze. Insomma se sia uno strumento adatto perpervenire all’equità (uguaglianza nella differenza), consi-derato che l’attuale organizzazione scolastica non sembraaver raggiunto gli obiettivi che si proponeva (l’autonomiaha portato paradossalmente a un’enfasi della burocratiz-zazione e degli aspetti procedurali che pervadono il pathosdell’educare), oppure punti solo al reperimento dei talenti,sulla scia del sistema scolastico statunitense, caratterizza-to dalla privatizzazione dei servizi e dalla ricerca dell’ec-cellenza delle prestazioni.Fatto sta che il modello della personalizzazione è alterna-tivo a due altre condizioni che hanno accompagnato lastoria educativa degli ultimi decenni: l’autoreferenzialitàdei docenti e la centralità amministrativa.Anziché concentrarsi solo sull’obiettivo della riduzione deldisagio – si afferma – la proposta di investimento sociale eculturale è sollecitata soprattutto a svolgere una funzionepreventiva per promuovere l’autonomia delle persone, al-l’interno di un panorama di intrecci sociali che pongono lascuola al centro di una rete di rapporti: con il mondo dellavoro, le realtà del territorio, le iniziative culturali e spor-tive, le comunità religiose.Due sono le principali tematiche dibattute dagli interventi:cosa si debba intendere per «personalizzazione educativa»e quale debba/possa essere l’organizzazione di una scuolaincentrata sul principio di personalizzazione, e come poiessa possa diventare il vero e proprio baricentro dell’impe-gno professionale dei docenti.L’attenzione personalizzante non è di natura quantitativa(quindi non si pensa a una scuola che moltiplichi le offertedidattiche, con la conseguente difficoltà nello scegliere);essa si relaziona alla dimensione dell’alterità/diversità ediventa nel suo forte significato un’esperienza di «co-crea-zione di valore», non solo una semplice possibilità di scel-ta. L’idea di base è di spendere tempo per incoraggiare iragazzi a raccontare a loro modo ciò che hanno appreso,come e perché, e a segnalare ostacoli formali e informaliche hanno dovuto superare (si tratta del momento dellanarrazione, come ci ricorda Jerome S. Bruner, in La cultu-ra dell’educazione).Alcuni saggi scendono su un terreno più operativo (il rin-forzo delle motivazioni, la gestione delle competenze, irapporti con le opportunità offerte dalla tecnologia, il ruo-lo dei servizi pubblici, l’ampliamento delle possibilità discelta nella prospettiva «su misura» di massa ecc.) e offro-no interessanti stimolazioni quando indagano a quali con-dizioni si possa delineare un sistema educativo del futuro,innervato sul principio di personalizzazione.

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Ritorna quest’an-no il tradizionaleappuntamento coni Corsi Estivi dellaSIEM, sospesi lo scor-so anno per dare spa-zio alla Conferenza Mon-diale dell’ISME, che si è te-nuta a Bologna nel luglio 2008.I Corsi internazionali di didattica della musica si terran-no a Lerici, già apprezzata sede delle ultime edizioni. Lasua posizione, all’interno di una delle più belle insena-ture della riviera ligure, la rende il luogo ideale per chivoglia dedicarsi a momenti di approfondimento profes-sionale e culturale, ma anche turistico.La proposta dei Corsi di Lerici si colloca nel piano di ag-giornamento e formazione permanente che la SIEM, qualeassociazione disciplinare accreditata dal Ministero, offre atutti gli insegnanti e operatori del settore socio-educativo.L’economia mondiale mostra già da tempo la necessità di ac-crescere la produzione, nonché la gestione, della conoscenzae dei saperi. È indispensabile pensare all’educazione e allaformazione come a un processo continuo, flessibile e orienta-to alla qualificazione delle diverse figure professionali.I corsi avranno un filo conduttore comune, la creatività,che si dipanerà nei diversi campi operativi dell’educazionemusicale. In tale ottica, in ogni attività si incontreranno

proposte operative e spunti didattici, ipotesi dilavoro e presupposti metodologici, che trove-ranno applicazione diretta nei diversi ambiti del

sapere e dell’esperienza musicale.Ciascun partecipante potrà sperimentare sentieri di-

versi per cercare soluzioni originali, nel rispetto delleesigenze di crescita personale e di interazione sociale.

I vari corsi proporranno esperienze laboratoriali, in cuiognuno potrà liberare la propria voglia di interpretare,improvvisare, comporre, eseguire.Lo scenario delle attività offrirà l’occasione di mettersi ingioco con la voce, il corpo, gli oggetti sonori, lo strumen-tario e gli strumenti musicali.Anche i percorsi storici saranno esplorati a partire da og-getti e musiche creativamente ricostruiti, in una prospetti-va interdisciplinare nel contempo rigorosa e vitale.Sarà riservato uno spazio ad hoc per offrire metodi, risor-se, materiali e suggerimenti a chi dedica il proprio impe-gno al gioco sonoro nella primissima infanzia.Alle proposte operative verrà infine affiancato, per tutta lasettimana, un seminario sul tema dell’insegnate ricercatore.Il corso è volto a soddisfare le esigenze da un lato di coloroche desiderano acquisire gli strumenti per utilizzare sul campoi risultati delle indagini scientifiche nel settore dell’educa-zione musicale, dall’altro di coloro che vogliono affacciarsial mondo della ricerca, in vista di un impegno più specificocome insegnanti ricercatori.

LA SIEM COMPIE QUARANTA ANNI!La SIEM – Società Italiana per l’Educazione Musicale

è lieta di invitarvi in occasione del suo quarantesimo compleannoal

CONVEGNO NAZIONALE

Educazione musicale: punto e a capo?MILANO, 11-13 settembre 2009Conservatorio di Musica “G. Verdi”

Gli aggiornamenti sull’articolazione delle sessioni e sulle modalità per intervenire con relazioni,conduzione di laboratori, poster e video sono consultabili su www.siem-online.it.

a cura della Commissione scientificaper la formazione e l’aggiornamento

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