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La ceramica a vetrina pesante (Forum Ware) e la ceramica a vetrina sparsa da alcuni siti nella Campagna Romana INTRODUZIONE La ceramica qui presa in esame proviene da scavi condotti fra gli anni '60 e '70 dalla British School at Rome sui siti di Mazzano Romano, Anguillara, Santa Cornelia e Santa Rufina; ed inoltre dagli scavi effettuati dal British Museum sul sito di Mola di Monte Gelato diretti da T. Potter e da A. King ed infine dall'esplorazione della basilica di Pianabella (Ostia Antica) condotta dalla Soprintendenza Archeologica di Ostia sotto la direzione di S. Coccia e L. Paroli (vedi Figg. 1, 2). La ceramica a vetrina pesante (del tipo "Forum Ware") e a vetrina sparsa di questi siti mostra la stessa morfologia e la stessa evoluzione della ceramica invetriata presente a Roma (vedi PAROLI 1986a, 1986b, 1990). Per questo motivo discuterò solo i risultati delle analisi petrologiche. É solo recentemente, infatti, grazie in particolare agli studi di Lidia Paroli sui materiali della Crypta Balbi (Roma), che è stata elaborata una sequenza tipologica per la ceramica altomedievale e medievale di Roma. Ciò è chiaramente di fondamentale importanza per l'archeologia di Roma e del suo territorio. Per la prima volta, materiali provenienti da scavo o survey, molti dei quali effettuati quando lo studio della ceramica era ai suoi inizi, possono essere datati con relativa precisione e comincia ad essere possibile una discussione sulla produzione e distribuzione dei beni. Ovviamente la ceramica invetriata è solo un elemento delle produzioni ceramiche in uso, ma è fra queste quella più suscettibile di cambiamenti morfologici e decorativi legati al gusto e che quindi offre maggiori elementi discriminanti per l'analisi tipologica. In questo contesto uno studio che tende ad esaminare i manufatti di diverse aree di produzione e la loro distribuzione su basi scientifiche è particolarmente opportuno in questa fase. Ciò che emerge chiaramente dalla ricerca è il potenziale informativo dello studio petrologico condotto su materiali provenienti da siti di un'area regionale specifica. È solo studiando questi materiali a livello regionale che possiamo cominciare ad avvicinarci alla comprensione della relazione esistenti fra la distribuzione dei resti e il più ampio sistema socio-economico che li ha prodotti ed al quale questi appartengono. Tuttavia i limiti dell'analisi sono evidenti: la ricerca ha mostrato un complesso panorama la cui interpretazione è ben lontana dall'essere semplice. Possiamo solo ipotizzare la natura dei centri che hanno prodotto questi manufatti e i meccanismi attraverso i quali i prodotti sono stati distribuiti, e ciò è vero non solo per la Campagna Romana. [418] Per questo motivo l'analisi spesso sembra porre più interrogativi di quanti possa poi risolvere, cosa che ripropone la necessità di guardare all'evidenza storica. Ma, anche se non siamo in grado di capire appieno il quadro, appena emergente, della produzione e distribuzione delle invetriate in queste aree, le analisi finora condotte mostrano chiaramente il potenziale di questi studi e consentono di individuare precise direzioni di ricerca per il futuro. I limiti ed il potenziale scientifico di questa ricerca non sono esclusivamente per la Campagna Romana ma rivestono una validità generale. Si devono ancora premettere alcune osservazioni. La scelta dei campioni di Pianabella e di Monte Gelato è stata fatta quando era ancora in corso lo studio e quindi la campionatura è stata effettuato solo su una parte dei reperti. [419] Per gli altri siti un'altra limitazione è data dal fatto che non è stato possibile in questa fase eseguire la quantificazione degli impasti identificati al microscopio sul complesso dei reperti di ciascun sito. L'analisi petrografica ha inoltre evidenziato la presenza di impasti non riconosciuti macroscopicamente nel corso dello studio. É chiaro a questo punto che l'identificazione degli impasti rivelati dalle analisi petrologiche non è sempre facilmente individuabile ad occhio nudo e, di conseguenza, raggruppamenti macroscopici di impasti si sono rivelati talvolta insufficienti. É ovvio che, per una valida interpretazione della

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La ceramica a vetrina pesante (Forum Ware) e la ceramica a vetrina sparsa da alcuni siti nella

Campagna Romana

INTRODUZIONE

La ceramica qui presa in esame proviene da scavi condotti fra gli anni '60 e '70 dalla British School at Rome sui siti di Mazzano Romano, Anguillara, Santa Cornelia e Santa Rufina; ed inoltre dagli scavi effettuati dal British Museum sul sito di Mola di Monte Gelato diretti da T. Potter e da A. King ed infine dall'esplorazione della basilica di Pianabella (Ostia Antica) condotta dalla Soprintendenza Archeologica di Ostia sotto la direzione di S. Coccia e L. Paroli (vedi Figg. 1, 2).

La ceramica a vetrina pesante (del tipo "Forum Ware") e a vetrina sparsa di questi siti mostra la stessa morfologia e la stessa evoluzione della ceramica invetriata presente a Roma (vedi PAROLI 1986a, 1986b, 1990). Per questo motivo discuterò solo i risultati delle analisi petrologiche. É solo recentemente, infatti, grazie in particolare agli studi di Lidia Paroli sui materiali della Crypta Balbi (Roma), che è stata elaborata una sequenza tipologica per la ceramica altomedievale e medievale di Roma. Ciò è chiaramente di fondamentale importanza per l'archeologia di Roma e del suo territorio. Per la prima volta, materiali provenienti da scavo o survey, molti dei quali effettuati quando lo studio della ceramica era ai suoi inizi, possono essere datati con relativa precisione e comincia ad essere possibile una discussione sulla produzione e distribuzione dei beni. Ovviamente la ceramica invetriata è solo un elemento delle produzioni ceramiche in uso, ma è fra queste quella più suscettibile di cambiamenti morfologici e decorativi legati al gusto e che quindi offre maggiori elementi discriminanti per l'analisi tipologica. In questo contesto uno studio che tende ad esaminare i manufatti di diverse aree di produzione e la loro distribuzione su basi scientifiche è particolarmente opportuno in questa fase.

Ciò che emerge chiaramente dalla ricerca è il potenziale informativo dello studio petrologico condotto su materiali provenienti da siti di un'area regionale specifica. È solo studiando questi materiali a livello regionale che possiamo cominciare ad avvicinarci alla comprensione della relazione esistenti fra la distribuzione dei resti e il più ampio sistema socio-economico che li ha prodotti ed al quale questi appartengono.

Tuttavia i limiti dell'analisi sono evidenti: la ricerca ha mostrato un complesso panorama la cui interpretazione è ben lontana dall'essere semplice. Possiamo solo ipotizzare la natura dei centri che hanno prodotto questi manufatti e i meccanismi attraverso i quali i prodotti sono stati distribuiti, e ciò è vero non solo per la Campagna Romana. [418] Per questo motivo l'analisi spesso sembra porre più interrogativi di quanti possa poi risolvere, cosa che ripropone la necessità di guardare all'evidenza storica. Ma, anche se non siamo in grado di capire appieno il quadro, appena emergente, della produzione e distribuzione delle invetriate in queste aree, le analisi finora condotte mostrano chiaramente il potenziale di questi studi e consentono di individuare precise direzioni di ricerca per il futuro. I limiti ed il potenziale scientifico di questa ricerca non sono esclusivamente per la Campagna Romana ma rivestono una validità generale.

Si devono ancora premettere alcune osservazioni. La scelta dei campioni di Pianabella e di Monte Gelato è stata fatta quando era ancora in corso lo studio e quindi la campionatura è stata effettuato solo su una parte dei reperti. [419] Per gli altri siti un'altra limitazione è data dal fatto che non è stato possibile in questa fase eseguire la quantificazione degli impasti identificati al microscopio sul complesso dei reperti di ciascun sito. L'analisi petrografica ha inoltre evidenziato la presenza di impasti non riconosciuti macroscopicamente nel corso dello studio. É chiaro a questo punto che l'identificazione degli impasti rivelati dalle analisi petrologiche non è sempre facilmente individuabile ad occhio nudo e, di conseguenza, raggruppamenti macroscopici di impasti si sono rivelati talvolta insufficienti. É ovvio che, per una valida interpretazione della

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distribuzione di manufatti di aree di produzione diversa sono fondamentali dettagliate analisi quantitative. Per questa ragione alcune delle conclusioni rimangono necessariamente in sospeso. [420]

Gli scavi, effettuati negli anni 1965-67, saranno pubblicati fra breve tempo (COTTON et al. 1991). Essi hanno mostrato l'esistenza di un sito agricolo di piccole dimensioni, forse una villa, vissuta dall'epoca repubblicana fino alla fine del III secolo. Da questa fase o più probabilmente dall'inizio del IV secolo la fattoria viene abbandonata e la parte importante del sito è rappresentata dal cimitero, dal mausoleo e da una catacomba. Secondo la tradizione il sito era il luogo di sepoltura delle Sante Rufina e Secunda. Dall'inizio del VI secolo è documentata l'esistenza di una chiesa. Negli anni 782-783 la chiesa divenne la sede della diocesi di Silva Candida e — pressappoco nello stesso periodo — venne costruita a Santa Rufina o nelle vicinanze una domusculta (COTTON et al. 1991). A quest'epoca risalgono un ambiente mosaicato e un recinto murario, probabilmente l'episcopio o uno degli ambienti della domusculta. Fra il IX e il XII secolo il sito entrò in una fase di declino: da importante centro di culto divenne luogo sacro di secondaria importanza.

Gli scavi hanno restituito una grande quantità di ceramica a vetrina pesante del tipo "Forum Ware" (Fig. 3. 3-7) e ceramica a vetrina sparsa, databili dal tardo VIII secolo al XII-XIII secolo (COTTON et al.

1991). La ceramica a vetrina pesante comprende alcune forme di notevole interesse: in particolare il frammento di Fig. 3. 1, la cui forma si trova anche in acroma depurata alla Crypta Balbi ed in altri siti della Campagna Romana in contesti della seconda metà dell'VIII secolo; i frammenti di Fig. 3. 3-4 provengono invece da strati sigillati da un mosaico di datazione incerta.

Santa Cornelia

Gli scavi, effettuati dal 1962 al 1964, (DANIELS-CHRISTIE 1991) hanno rivelato un complesso altomedievale posto in prossimità di un sito repubblicano, nel quale sono stati riconosciuti i resti della domusculta di Capracorum, fondata fra il 774 e il 776 da papa Adriano I, e la sua chiesa con un battistero e atrio (774-780). Sul complesso, probabilmente già in declino fin dal IX secolo, è stato costruito nell'XI un monastero, ancora in uso nella prima metà del XIII secolo. Entro il XIV secolo il monastero prima, e poi la chiesa, crollarono, ma dal tardo XIII in poi vi è stata osservata soltanto la sporadica frequentazione del sito.

Gli scavi hanno rivelato una grande quantità di ceramica a vetrina pesante del tipo "Forum Ware" (Fig. 3. 8) e a vetrina sparsa; il materiale, già pubblicato da David Whitehouse (1980), è stato rianalizzato alla luce delle definitiva periodizzazione del sito e delle nuove acquisizioni sulla ceramica altomedievale e medievale di area romana (PATTERSON 1991).

Anguillara

Gli scavi delle Mura di Santo Stefano presso Anguillara Sabazia condotti fra il 1977 e il 1982 (LUTTRELL et al, c.s.) hanno rivelato un'occupazione del sito durata dal I secolo al tardo IV-inizio V secolo, con l'aggiunta, nel II secolo di una torre e nel III-IV secolo di un abside. L'occupazione del sito sembra cessare dopo il tardo IV-inizio V secolo. Nell’altomedioevo, sicuramente entro l'inizio o la metà del IX secolo, vennero realizzati una chiesa ed altri edifici, oltre ad alcuni pozzi granari. L’evidenza negativa indica che l'occupazione è cessata a partire dal XII secolo. Non è stato recuperato alcun contesto di materiale medievale stratificato. [421]

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La ceramica altomedievale e medievale comprende materiale rimescolato databile dal IX al XII-XIII secolo, ma principalmente del X secolo. Sono stati selezionati per lo studio alcuni gruppi scelti, che contenevano ceramica a vetrina pesante del tipo "Forum Ware" e sparsa databile fra IX/X e XII secolo.

Mazzano Romano

Come Fundus Mazanus, questo centro compare tra le proprietà della domusculta Capracorum, fondata da papa Adriano I intorno al 780. Nel 945 è definito “ castellum ”. Lo scavo della chiesa di San Nicola al centro di Mazzano Romano (POTTER 1972) ha restituito ceramica a vetrina pesante del tipo "Forum Ware" che permette di datare la prima fase del sito, la cui occupazione continuò poi per tutto il medioevo e fino ad oggi. [422] L'esplorazione ha restituito inoltre ceramica a vetrina sparsa (Fig. 3. 9 e 10). Non è stato possibile recuperare una campionatura completa ma l'osservazione della gran parte del materiale indica la presenza di un solo impasto come sembra confermare l'analisi microscopica.

Mola di Monte Gelato

Iniziato nel 1986, lo scavo costituisce un importante esempio di continuità insediativa di un sito della Campagna Romana attraverso tutto il primo millennio (POTTER-KING 1988). L'insediamento nacque come villa o vicus nel periodo augusteo. Nel tardo V secolo veniva aggiunta al complesso una chiesa. Probabilmente nell'VIII-IX secolo la chiesa viene riedificata ed il complesso romano demolito. Di particolare interesse è la scoperta di una fornace per la ceramica, del tardo VIII-inizio IX secolo, che produceva vasi in acroma depurata identici agli esempi da Roma e dai altri siti della Campagna Romana

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(materiale in corso di studio, Patterson). Sono stati rinvenuti pochissimi frammenti di ceramica a vetrina pesante, e la gran parte del

materiale recuperato è del tardo X/XI secolo. All'epoca di questo seminario erano stati scoperti solo questi esemplari più tardi.

Pianabella (Ostia Antica)

La basilica di Pianabella (Ostia Antica) è situata nel suburbio meridionale di Ostia, in un'area necropolare utilizzata fin dalla prima età imperiale. Scoperta nel 1976 dalla Soprintendenza Archeologica di Ostia è stato oggetto di scavi estensivi negli anni 1988-1989 (COCCIA-PAROLI 1990). Gli scavi hanno rivelato una continuità di uso dell'edificio basilicale da età tardo romana fino al X secolo, di una importanza notevole per la nostra comprensione degli sviluppi nella zona di Ostia Antica nel periodo post-classico.

La basilica cimiteriale, costruita nella seconda metà del IV secolo, restò in uso per tutto l'altomedioevo subendo interventi di restauro e nuove decorazioni che non incisero tuttavia sulle strutture principali dell'edificio cristiano. Fra il X e XI secolo intensive attività di spoliazione privarono la chiesa della gran parte dei pavimenti e delle decorazioni marmoree. Le stratigrafie altomedievali hanno restituito una considerevole quantità di ceramica a vetrina pesante (tipo "Forum Ware") ed esempi più tardi, databili fra il X e XI secolo.

Lo studio non è stato ancora completato ed i frammenti analizzati sono stati scelti da contesti del IX secolo.

LE ARGILLE DI ROMA E DEI DINTORNI

Sebbene l'argomento sia trattato successivamente da Sergio Sfrecola (vedi infra pp. 579­601), è forse opportuno offrire un brevissimo cenno sulle argille di quest'area, per offrire un quadro generale, benché schematico, nel quale inserire i risultati delle analisi. Un grande limite per l'interpretazione dell'analisi petrografica è data dalla mancanza di studi dettagliati delle argille di Roma e dei dintorni. Studi geologici hanno dimostrato comunque che sono caratteristici di Roma due ampi tipi di argille (vedi per es. VENTRIGLIA 1971; LOMBARDI-MATTIAS 1981, 44-90; MATTIAS-DE CASA, 147-176). [423] In primo luogo, ci sono le argille vulcaniche, riferibili cioè alle fasi vulcaniche nella sequenza geologica di quest'area, le più comuni e sono presenti in vaste aree del Lazio. In secondo luogo troviamo argille sedimentarie, appartenenti alle fasi prevulcaniche, e depositate in ambienti marini di età miocenica, pliocenica e pleistocenica inferiore. Queste argille, benché generalmente siano stratificate al di sotto delle formazioni vulcaniche, sono affioranti in alcune aree del Lazio. A Roma, per esempio, esistono vasti affioramenti di questo genere di argilla lungo la riva destra del Tevere. Le argille marnose, o argille azzurre o del Vaticano, come sono a volte definite, sono note per essere state ampiamente usate sia nel periodo romano — alcune ceramiche invetriate di età romana sono prodotte con questa argilla (SFRECOLA, Gruppo 7b, infra,

pp. 590-591) — e certamente in epoca tardo medievale e moderna, e fino a pochi decenni fa erano usate per i laterizi di Roma. Tuttavia sembrano essere state usate solo su piccolissima scala dai vasai che producevano ceramica invetriata nell'altomedioevo e nel medioevo. Un solo esemplare di ceramica a vetrina pesante fra quelli analizzati proveniente dalla Crypta Balbi, è realizzata con quest'impasto (confronta ROMEI, supra, p. 385).

La maggior parte degli impasti della ceramica invetriata sono di origine vulcanica (SFRECOLA, Gruppo 9, infra, pp. 591-593) e sono quindi perfettamente compatibili con la geologia del Lazio; inoltre è molto probabile che i vasai abbiano aggiunto all'argilla dimagranti, forse in forma di sabbia vulcanica.

Le analisi hanno identificato un terzo gruppo di impasti che non rientra nelle argille note di quest'area, caratterizzati da inclusi metamorfizzati (SFRECOLA, Gruppo 11, infra, pp. 595-598). Il lavoro in corso sta tendendo ad identificare la possibile provenienza di questo gruppo.

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RISULTATI DELLE ANALISI

Sono stati identificati nella ceramica invetriata altomedievale e medievale della Campagna Romana cinque principali impasti. I risultati delle analisi sono illustrati nelle carte di distribuzione alle Figure 1 e 2. La numerazione dei gruppi si riferisce alla classificazione di Sfrecola in questo stesso volume.

Gruppo 4a (vulcanico - metamorfico)Alcuni campioni di ceramica a vetrina pesante da Santa Cornelia (analisi 36) sono stati attribuiti a questo gruppo.Provenienza possibile: Lazio - Campania.Distribuzione: un campione di ceramica a vetrina pesante dalla Crypta Balbi, Roma è stato attribuito al Gruppo 4c.[424]Gruppo 7a (vulcanico - sedimentari)Con quest'impasto è stato realizzata tutta la ceramica a vetrina pesante e sparsa recuperata da Anguillara(analisi 33, 34) e tutta la ceramica a vetrina pesante da Mazzano Romano (esame al binoculare).Provenienza possibile: l'area di Civitavecchia o la media valle del Tevere.Gruppo 9 (vulcanici - sedimentari - metamorfici)Gruppo 9c: rientrano in questo sottogruppo un esemplare di ceramica da cucina con gocce di invetriatura daSanta Rufina del IX secolo (analisi 298), una percentuale abbastanza grande della ceramica a vetrinapesante da Santa Cornelia (analisi 304, 305, 306) e quasi tutti i campioni da Pianabella (analisi 299, 301,302). Distribuzione: altri esempi, sempre di ceramica a vetrina pesante, vengono da Scorano, Crypta Balbi(Roma) e Lucus Feroniae.Gruppo 9d: a questo sottogruppo appartengono un frammento di ceramica a vetrina pesante da Pianabella(analisi 300) e un esemplare precoce di ceramica a vetrina sparsa da Santa Cornelia (analisi 303).Distribuzione: sono stati identificati esemplari di ceramica a vetrina sparsa alla Crypta Balbi ed aScorano.Gruppo 9g: con questo impasto è stata fabbricata tutta la ceramica a vetrina pesante/sparsa del tardo X-XIsecolo da Monte Gelato (analisi 230).Gruppo 9a: benché nessuno dei materiali discussi in questo contributo appartenga a questo sottogruppo,un ampio numero di esemplari di Roma (Crypta Balbi), Scorano e Cencelle e Valle Nobile (Monti dellaTolfa) sono stati attribuiti a questo sottogruppo.Gruppo 9f: un esempio di ceramica a vetrina sparsa da Castellina (Monti della Tolfa) appartiene a questosottogruppo.Possibile provenienza: il Gruppo 9, con tutti i suoi sottogruppi è compatibile con la geologia del Lazio.Infatti la maggioranza dei campioni di Roma (Crypta Balbi), Scorano e Lucus Feroniae, sia la ceramica avetrina pesante che quella sparsa appartengono a questo gruppo. Sarà necessario altro lavoro sulle argille diquest'area per capire la distribuzione delle zone di approvvigionamento.

Gruppo 11 (metamorfico - sedimentari)Gruppo 11g: un esempio di ceramica a vetrina pesante da Santa Rufina (analisi 39) è attribuibile a questosottogruppo.Gruppo 11i: quasi tutta la ceramica a vetrina pesante da Santa Rufina (analisi 38) ed alcuni esempi delIX secolo di Santa Cornelia (analisi 35) sono attribuibili a questo sottogruppo.Provenienza possibile: l'attribuzione di campioni della Campagna Romana a questo gruppo presenta ancoraproblemi. Si tratta infatti di argille alluvionali (quindi non marnose) del tutto prive di componentivulcaniche, di cui non è stato ancora provata la presenza nel territorio della Campagna Romana. Ci sonoquindi due possibilità: la prima è che derivi dalle zone di affioramento della argille marine plioceniche dellafase prevulcanica (le marne), che a Roma affiorano principalmente sulla riva destra del Tevere. Un grandeaffioramento è ad esempio sul Monte Mario che ha infatti una lunga tradizione di artigianato ceramica e diproduzione laterizia. Essendo stata esclusa la possibilità che si tratti di argille marnose, grazie adapprofondimenti condotti anche successivamente ai lavori del convegno, la ricerca è diretta ad individuareeventuali banchi di argilla alluvionali depositati dopo o durante il periodo pleiocenico ma prima della fasevulcanica. [425]

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Distribuzione: è stato attribuito a questo sottogruppo un frammento di ceramica a vetrina pesante da Cencelle.

Gruppo 15a (generico). Con questo impasto è stata fabbricata tutta la ceramica a vetrina pesante/sparsa del tardo X-XI secolo di Santa Cornelia (analisi 37) e tutta la ceramica a vetrina sparsa di Santa Cornelia e Santa Rufina (analisi 40). È attribuito a questo gruppo anche un esemplare dalla Crypta Balbi del tardo VIII secolo, ma questo esemplare si distacca nettamente dalla tradizione del "Forum Ware" di Roma e dintorni; e potrebbe infatti trattarsi di un'importazione (vedi ROMEI, supra, p. 378, 385, n. 1 (analisi n. 359); informazione L. Paroli). Un secondo campione della Crypta Balbi, databile al XII-XIII secolo, è attribuito a questo gruppo (analisi 16) ma è riferibile con ogni probabilità a una produzione Sabina (vedi PATTERSON, infra, La Sabina). Provenienze possibili: questo gruppo è molto depurato e ciò rende difficile l'identificazione della sua provenienza: potrebbe essere locale o subregionale o una versione più depurata del Gruppo 11. É importante notare, tuttavia, che è sicuramente diverso dall'impasto della ceramica sparsa di Roma, caratterizzata da inclusi vulcanici. Distribuzione: la stessa argilla molto depurata è stata utilizzata nella produzione della ceramica a vetrina sparsa della Sabina reatina (vedi PATTERSON, infra, La Sabina), ma vista la natura generica di quest'impasto ciò ha scarso significato in termini reali.

DISCUSSIONE

I risultati dell'analisi della ceramica invetriata dai siti della Campagna Romana non possono essere visti isolatamente. La storia di questi insediamenti, specie nelle prime fasi altomedievali, è infatti strettamente legata alle vicende politiche ed economiche della città di Roma. Santa Rufina e Santa Cornelia, per esempio, erano quasi certamente domuscultae fondate per un razionale sfruttamento del territorio e per il nutrimento della popolazione di Roma.

È a Roma che sono stati trovati i più antichi esempi di ceramica invetriata e dove la ceramica a vetrina pesante ha avuto maggior successo e diffusione. Certamente a Roma dalla metà del IX secolo erano in circolazione vaste quantità di ceramica a vetrina pesante. Nelle aree circostanti la ceramica alto-medievale e medievale segue esattemente gli stessi sviluppi di Roma, ma la ceramica a vetrina pesante del tardo VIII e IX secolo è presente in minor quantità ed è solo durante il X ed in particolare dal tardo X/XI secolo in poi, con la produzione della ceramica a vetrina sparsa, che riscontriamo un aumento della ceramica invetriata in questi siti.

L'evoluzione del panorama ceramico mostra chiaramente come gli sviluppi di Roma abbiano influenzato quelli dei dintorni e non viceversa. Quanto forte fosse questa influenza, quanto ad esempio, i vasi in uso in questi insediamenti fossero prodotti da vasai di Roma, è qualcosa che le analisi petrologiche possono chiarire ed in parte già hanno chiarito. [426]

A Roma la gran parte dei campioni di ceramica a vetrina pesante e sparsa è del Gruppo 9, un impasto vulcanico che è perfettamente compatibile con la geologia del Lazio. L'unica differenza fra le due fasi produttive è data dall'adozione di un impasto più depurato nella ceramica a vetrina sparsa. È possibile, infatti, che mentre per la ceramica a vetrina pesante i vasai aggiungevano dimagranti, quest'operazione non venisse effettuata nella manifattura della ceramica a vetrina sparsa. Sono stati riscontrate evidenze sporadiche per altri impasti a Roma ma senz'altro il Gruppo 9 era il più comune.

La ceramica invetriata di Pianabella (Ostia Antica), Monte Gelato, Scorano e di Lucus Feroniae è realizzata con gli stessi impasti di quella di Roma. La ceramica di Mazzano Romano e di Anguillara invece è di un impasto diverso, ma è ancora compatibile con un' origine laziale e, almeno ad Anguillara, come a Roma, la ceramica a vetrina pesante e quella sparsa sono dello stesso impasto, anche se quello della sparsa è più depurato.

La ceramica invetriata di Santa Cornelia e Santa Rufina evidenzia un quadro più complesso. In questi due siti la ceramica a vetrina pesante dimostra diversi impasti, in alcuni casi

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simili o identici a quelli di Roma. La presenza di un impasto non-vulcanico (Gruppo 11) è di particolar interesse: esempi di quest'impasto non sono stati documentati a Roma e la sua provenienza rimane incerta.

Gli impasti della ceramica a vetrina pesante dai siti analizzati dimostrano un ampio grado di variabilità che indica l'esistenza di diversi centri di produzione di ceramica invetriata in questo periodo. Sono stati identificati cinque gruppi principali che implicano la presenza di almeno cinque principali aree di produzione per questi manufatti. Solo in alcuni casi questi gruppi coincidono con quelli della gran parte della ceramica a vetrina pesante di Roma.

Sembra quindi che, nonostante il forte legame politico ed economico fra il centro urbano e il territorio e nonostante la scarsa quantità di materiale altomedievale rinvenuto, nelle maggior parte dei casi i centri di produzione che hanno rifornito questi insediamenti differivano da quelli di Roma. Si può pensare quindi che la domanda degli abitanti di questi insediamenti possa essere stata soddisfatta da vasai locali che — presumibilmente — producevano ceramica invetriata oltre ad altri manufatti. Ciò è dimostrato del resto dal ritrovamento di una fornace per ceramica (acroma depurata) a Monte Gelato databile al tardo VIII/inizio IX secolo (POTTER-KING 1988). È possibile comunque che i centri di produzione che hanno rifornito Roma abbiano in qualche misura venduto i loro prodotti ad alcuni insediamenti dei dintorni. [427]

Per esempio tutta la ceramica a vetrina pesante da Pianabella (come quella recuperata a Lucus Feroniae e Scorano) ed alcuni vasi di Santa Cornelia sono realizzati con impasti identici a quelli rinvenuti a Roma. Ciò indicherebbe che la stessa area produttiva, benché non necessariamente gli stessi centri di produzione, rifornivano sia Roma che quei siti. Voglio comunque ribadire che agli stessi impasti non corrispondono necessariamente gli stessi centri o aree produttive, e ancora una volta il livello di conoscenza della distribuzione delle argille limita la nostra indagine. La presenza di probabili scarti di fornace a Pianabella ad esempio, suggerisce che poteva essere un centro produttivo in prossimità di questo sito, nonostante il fatto che l'impasto sia identico a quello di Roma (materiale in corso di studio).

Il numero di centri di produzione che hanno fabbricato ceramica a vetrina pesante è sorprendentemente ampio, specie considerata la piccola quantità di ceramiche invetriate trovate in siti altomedievali. D'altro canto, l'omogeneità delle produzioni ceramiche (viste non solo nella ceramica invetriata ma anche nella più ampia gamma di ceramiche in uso in quest'epoca) attraverso Roma e la Campagna Romana indica che è esistita nell'area una comune tradizione ceramistica.

È probabile che l'impulso iniziale alla produzione di ceramica invetriata in quest'area sia venuto da Roma e che quanto avveniva a Roma abbia determinato l'evoluzione complessiva nel territorio della Campagna e non viceversa. Tuttavia è chiaro che nella Campagna Romana sono esistite le condizione sociali e/o economiche favorevoli alla produzione di questa ceramica fin dall'altomedioevo (vedi infra).

Fra la fine del X e l'XI secolo con i primi esempi di ceramica a vetrina sparsa notiamo alcuni cambiamenti negli impasti della ceramica invetriata. Nei siti qui esaminati sono presenti solo due principali gruppi (Gruppi 9 e 15), il che contrasta con l'aumento della quantità di ceramica invetriata che si registra in quest'epoca. Lo stesso fenomeno si presenta sia a Roma che nella Campagna Romana. È inoltre significativo che da questo periodo vi sia una quasi completa assenza di vasi di impasto identico a quello delle contemporanea ceramica a vetrina sparsa di Roma (Gruppo 9). Fanno eccezione due esempi precoci da Santa Cornelia (XI secolo), rientrando nello stesso gruppo (Gruppo 9d) della ceramica a vetrina sparsa di Scorano e della Crypta Balbi, Roma.

A Santa Cornelia e Santa Rufina si riscontrano alcuni chiari cambiamenti negli impasti: in primo luogo scompaiono quasi completamente gli impasti della ceramica a vetrina pesante con inclusi vulcanici, analoghi a quelli di Roma; ciò indica che i prodotti di questi centri non raggiungevano più questi insediamenti. Benché lo sviluppo globale della ceramica a vetrina sparsa

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sia identico a quella di Roma, i centri di produzione sono totalmente diversi. [428] In secondo luogo quasi tutta la ceramica è di impasto generico (Gruppo 15) la cui determinazione di provenienza è difficile. E possibile che si tratti di un tipo più depurato di argilla del Gruppo 11, usato per la ceramica a vetrina pesante sia a Santa Cornelia che a Santa Rufina e ciò indica un cambiamento nel trattamento dell'argilla piuttosto che un cambiamento di centri di produzione.

La realtà dei centri di produzione e i meccanismi attraverso i quali i prodotti erano distribuiti sono tuttavia poco chiari. A Roma, a giudicare della loro incidenza percentuale, si direbbe che almeno dalla metà del IX secolo le ceramiche invetriate siano state alla portata delle gran parte della popolazione urbana. Nella Campagna Romana, la ceramica a vetrina pesante è presente in piccole quantità certamente fino al X secolo circa e, sorprendentemente, l'analisi petrologica indica diverse aree di produzione. Possiamo solo però ipotizzare le condizioni sociali e/o economiche che hanno favorito la produzione di ceramica invetriata nella Campagna Romana nel tardo VIII e IX secolo. I manufatti, le forme, l'invetriatura completa e l'uso della decorazione riflettono un alto investimento di lavoro in termini di tempo/energia e presumibilmente costi. In una fiorente economia di mercato (operante sui principi classici del mercato) ciò suggerirebbe l'esistenza di un mercato o di una domanda sufficientemente ampia per dare supporto ad una tale produzione specialistica. Se e in quale misura sia esistita un'economia di mercato, comunque, non è noto e dobbiamo considerare altre possibilità. In Nord Europa molti studiosi hanno avanzato l'ipotesi che la chiesa e/o la nobiltà abbiano patrocinato fra le altre, la produzione ceramica, in particolare forme di produzione specialistiche, come il "Tating Ware" nel VIII e IX secolo (vedi HODGES 1981, 67-68, 89, 93-94).

I pochi elementi a nostra disposizione per l'Italia centromeridionale, sia sul versante archeologico che in quello storico, indicano che proprio la chiesa ha giocato un ruolo di patrocinio nella produzione artigianale specializzata, compresa la manifattura ceramica, ed è possibile che una situazione di questo genere sia esistita nella Campagna Romana. Tutti i siti dai quali provengono questi esemplari più antichi sono insediamenti ecclesiastici e la sola fornace di ceramica identificata in quest'area è quella di Monte Gelato, associata ad un complesso ecclesiastico (PATTERSON, in corso di studio). Non possiamo tuttavia escludere che questo panorama potrebbe essere il risultato di una campionatura non sistematica dei siti.

Concludendo, mentre è possibile che a Roma la ceramica a vetrina pesante fosse, almeno in parte, prodotta da artigiani specialisti indipendenti e distribuita secondo forme di economia di mercato, è ugualmente possibile che nel territorio la produzione, e forse anche la distribuzione, fosse strettamente legata alla chiesa e che i manufatti prodotti in questi centri fossero alla portata di solo alcuni settori della popolazione. [429] È importante ricordare a tal proposito che la produzione di ceramica a vetrina pesante del tardo VIII e IX secolo era una produzione specialistica e che certamente fuori Roma, non era prodotta in quantità come per esempio la contemporanea acroma depurata e la ceramica da cucina. La presenza, sia pure isolata, di ceramica a vetrina pesante di produzione romana in vari siti anche lontani quali Genova e Marsiglia lungo la costa tirrenica della penisola, e della Sardegna e della Corsica (PAROLI 1986b), indica che essa aveva un certo valore, e che veniva commerciata come un oggetto di lusso o forse scambiata come dono.

Dal tardo X-XI secolo in poi, con la prima ceramica a vetrina sparsa, notiamo una tendenza all'aumento della standardizzazione vista sia nella morfologia che nell'invetriatura, che è sempre più ristretta ad alcune parti del vaso. La decorazione manca totalmente da questi esempi più tardi. Questi cambiamenti coincidono con quelli notati nell'impasto della ceramica che sono ora più depurati consentendo ai vasai di produrre vasi dalle pareti molto sottili. B. Annis ha proposto che i vasai in questa fase estraessero l'argilla da zone più vicine alla superficie, con l'impegno di meno tempo e fatica (ANNIS, infra).

L'insieme delle forme, l'invetriatura, gli impasti sembrano riflettere uno sveltimento della produzione ("streamlining") ed una tendenza verso una produzione sempre più specializzata su

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scala "industriale" in termini di tempi e lavoro e presumibilmente di costi minimizzati. Ciò coincide con un aumento della ceramica invetriata sui siti. La scomparsa di certi impasti in questa fase di transizione riflette una riduzione delle aree di produzione che hanno rifornito di ceramica invetriata i siti. Come è stato già notato, ciò non significa necessariamente una riduzione dei centri di produzione, infatti il volume di ceramica medievale in circolazione nei siti studiati appare aumentare piuttosto sensibilmente durante quest'epoca. Questi cambiamenti riflettono quindi con chiarezza trasformazioni nella realtà produttiva e più in generale mutamenti economici. L'evidenza sembra indicare che la produzione di ceramica invetriata fosse ormai su grande scala e alla portata di un settore della popolazione molto più ampio. È possibile che in questi cambiamenti si veda l'emergenza o il rinnovarsi di un qualche tipo di economia di mercato. Il processo di incastellamento, attraverso il quale vennero fondati grandi insediamenti nucleati, determinò la concentrazione della popolazione, presupposti per la nascita di un commercio di prodotti artigiani specializzati (TOUBERT 1973, 326).

È possibile ipotizzare che mentre dal IX al X secolo le ceramiche invetriate in questi siti sono state prodotti di più centri, molte provenissero dalla stessa Roma, ma entro il tardo X-XI secolo i vasai locali sono riusciti a far fronte all'intera domanda. [430] Certamente impasti come quelli di Roma sono molto più rari su questi siti.

Un ultimo punto da notare è che a Roma la ceramica a vetrina pesante e la ceramica da cucina sono prodotte con lo stesso impasto, ciò indica che qualche centro di produzione può aver prodotto entrambe le classi ceramiche. Nella Campagna Romana comunque l'evidenza per almeno alcuni siti indica un panorama diverso. A Santa Rufina e entro un certo limite, a Santa Cornelia, infatti, la ceramica invetriata è realizzata con un impasto non vulcanico mentre le ceramiche grezze in tutti e tre i siti sono realizzati con impasti vulcanici che osservati macroscopicamente sono identici a quelli di Roma e di altri siti della Campagna Romana. L'analisi di una ceramica da cucina con gocce di vetrina (del tipo documentato a Roma nel IX secolo: RICCI 1986, 529, Tav. XXII, 5-7) rinvenuta a Santa Rufina indica che essa è fabbricata con un impasto vulcanico (analisi 298, Gruppo 9c) identico a esempi di ceramica a vetrina pesante dalla Crypta Balbi, Roma, Scorano, Lucus Feroniae, Pianabella e Santa Cornelia. In questo caso, perciò, diversi centri di produzione hanno fornito le due diverse classi ceramiche. A Monte Gelato la fornace produceva solo acroma depurata. Tale informazione è significativa nella prospettiva di studio dei modi di produzione in operazione in questo periodo (vedi, per esempio, PEACOCK 1982 per un modello di modi di produzione) benché l'evidenza archeologica non consenta ancora, a mio avviso, la piena applicazione di tali modelli.

Da quanto abbiamo visto lo studio petrologico mostra un complesso panorama per la produzione ceramica di questo periodo. Nonostante la comune tradizione ceramistica esistita in quest'area dal tardo VIII secolo in poi, le analisi sono riuscite a rivelare la complessità del quadro produttivo. I risultati indicano dunque una panorama complesso, estremamente promettente rispetto alla nostra comprensione degli sviluppi sociali ed economici di questo periodo.

HELEN PATTERSON (*)

British School at Rome - Università di Siena

(*) Desidero rivolgere un particolare ringraziamento a Lidia Paroli per i preziosi consigli, ed inoltre a Stefano Coccia, Richard Hodges, Tiziano Mannoni e Sergio Sfrecola per le proficue discussioni. Voglio ringraziare infine i professori Funicello e Lombardi (Dipart. di Geologia, dell'Università di Roma), per le informazioni sulla geologia di Roma. I disegni della ceramica sono di Sally Cann. [431]

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Catalogo

1. (Fig. 3) Santa Rufina, vaso chiuso. Petali applicati sotto l'orlo. Vetrina verde all'esterno e all'interno.Gruppo 11i, binoculare.Forme molto simili in acroma depurata sono datate alla Crypta Balbi, Roma, al tardo VIII secolo (CIPRIANO

et al, 1991, Fig. 3. 24). La stessa forma, sempre in acroma depurata, è stata trovata a Monte Gelato, SantaCornelia e Pianabella (Ostia Antica) in contesti del tardo VIII secolo.2. (Fig. 3) Anguillara, boccale. Vetrina verde-bruno, spessa all'esterno e parzialmente all'interno.Gruppo 7a, binoculare.Forme simili alla Crypta Balbi, Roma, sono datate al tardo IX-X secolo (vedi, per esempio, MANACORDA

et al. 1986, tav. III.2).

3. (Fig. 3) Santa Rufina, boccale. Vetrina giallo-verde all'esterno e all'interno.

Gruppo llg, analisi 39.

Forme simili alla Crypta Balbi, Roma, sono datate al IX secolo (MANACORDA et al. 1986, tav. III.2-3).4. (Fig. 3) Santa Rufina, boccale. Vetrina giallo-bruno all'esterno e all'interno.Gruppo 11i, binoculare.Per confronti, vedi n. 3.

5. (Fig. 3) Santa Rufina, vaso chiuso. Petali applicati. Vetrina verde all'esterno; all'interno, macchie divetrina verde, sottile.Gruppo 11i, binoculare.Forme simili alla Crypta Balbi, Roma, sono datate al IX secolo (vedi MANACORDA et al. 1986, tav. III.3)6. (Fig. 3) Santa Rufina, boccale. Vetrina verde e spessa all'esterno e all'interno.Gruppo 11i, analisi 38.Forme simili alla Crypta Balbi, Roma, sono datate al IX secolo (MANACORDA et al. 1986, tav. III.7).7. (Fig. 3) Santa Rufina, boccale. Vetrina verde all'esterno e all'interno.Gruppo 11i, binoculare.Forme simili alla Crypta Balbi, Roma, sono datate al tardo IX-inizio X secolo (MANACORDA et al. 1986,tav. III.7; tav. XIV.13).8. (Fig. 3) Santa Cornelia, fondo e beccuccio tubolare, probabilmente dello stesso vaso. Petali applicati.Vetrina spessa, giallo-marrone all'esterno; all'interno, vetrina verde, sottile.Gruppo 11i, binoculare.Non stratificato.9. (Fig. 3) Mazzano Romano, boccale. Vetrina verde all'esterno e all'interno.Gruppo 7a, binoculare.Forme simili alla Crypta Balbi, Roma, sono datate al tardo IX-X secolo (MANACORDA et al. 1986, tav. III.13).10. (Fig. 3) Mazzano Romano, boccale. Vetrina spessa verde all'esterno; all'interno vetrina verde, sottile.[432]Gruppo 7a, binoculare.Forme simili alla Crypta Balbi, Roma, sono datate al tardo IX-X secolo (MANACORDA et al. 1986, tav. III.13).

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