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NOVEMBRE DICEMBRE 2012 N. 259 «... vivere intimamente con Cristo, come amici, per tutta la vita» (O.T., 8) Rivista bimestrale Spedizione in abb. post.

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NOVEMBREDICEMBRE 2012N. 259

«... vivere intimamentecon Cristo,come amici,per tutta la vita»(O.T., 8)

Rivista bimestraleSpedizione in abb. post.

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N. 259 - NOVEMBRE-DICEMBRE 2012

SOMMARIO

DALLA REDAZIONE 3 Il giubileo della Cattedrale

VITA DIOCESANA 6 30 anni di cammino e di interrogativi

LA PAROLA 9 Andiamo alla "casa del pane"

VITA DEL SEMINARIO11 Accolitato un momento di crescita12 La parola ci chiama alla vita13 Dio ha parlato con noi15 Leggere o coltivare16 Facce perplesse? Ma che meraviglia!

VITA DIOCESANA17 I Benedettini a Trento

VITA DEL SEMINARIO19 Esercizi nello Spirito21 Notizie dal Seminario

GALLERIA DI PRETI24 I cieli narrano la gloria di Dio

VITA DEL SEMINARIO26 Il presepio sinfonia di idee27 Album

RECENSIONI24 Lettera a un amico sulla vita spirituale

NOVEMBRE-DICEMBRE 2012

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Direttore responsabile:Ernesto Menghini

Redazione:Bettega d. Cristiano - Cappello Sr. Giustina - Tamanini d. Renato - Moser Federico - Fox Anna Maria - Franzoi Matteo - Gonella Alfredo

Anno di pubblicazione LXXXIIIAutorizzazione del Tribunale di Trento n. 165

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Foto di copertina:

Martirio, Sisinio, Alessandro,

dettaglio del portale della chiesa di San Simpliciano a Milano.foto G. Dell'Orto

Il giubileo della Cattedrale

Penso che si possa veramente affermare che è stata una felice intuizione quella del nostro Arci-

vescovo di volere celebrare in Diocesi l’Anno della Fede con uno speciale Giubileo della Cattedrale nell’anno pastorale 2012-2013 per ricordare gli 800 anni dalla sua progettazione, ai tempi del Vescovo Federico Vanga, e in rifermento al 450° anniversario della chiusura del Concilio Tridentino (4 dicembre 1563 -2013).

Un’antica iscrizione su una pietra nell’abside del Duomo di San Vigilio reca una scritta in latino, che tradotta in italiano dice: “Nell’anno del Signo-re 1212, il 29 febbraio, committente e responsabile il venerando Vescovo di Trento, Federico Vanga, il maestro Adamo di Arogno, della diocesi di Como, iniziò l’opera e costruì questa chiesa nel suo perimetro, assieme ai suoi figli, e poi i nipoti edificarono con le aggiunte interne ed esterne questo tempio in modo esemplare. Qui al di sotto si trova il suo sepolcro e quello dei suoi discendenti. Pregate per loro.” Per questo con diversi pellegrinaggi, soprattutto dalle varie zone pastorali, con varie celebrazioni liturgiche, con-

ferenze e altre iniziative occasionali e con la concessione dell’indulgenza plenaria il Giubileo sta diventando un modo nuovo e diverso di riscoperta della Chiesa locale, con le sue luci e le sue ombre, i suoi problemi e le sue prospettive. In questa occasione, in-fatti, il Vescovo rilancia una domanda rivolta a tutti: “Che cosa vuoi dire alla tua Chiesa?”, o meglio facendo eco al Concilio Vaticano II; “Chiesa di Trento, cosa dici te stessa?”. Potrà anche es-sere questo il momento per proporre come base teologica e spirituale per le Unità Pastorali, la vera e piena unità pastorale delle comunità parrocchiali e delle altre realtà ecclesiali attorno al Vescovo.

Guardando in quest’anno più da vi-cino a quella chiesa che è per i fedeli della nostra diocesi la Cattedrale di San Vigilio, è bello considerala dal punto di vista espresso con molta chiarezza dall’ecclesiologia (il discor-so sulla Chiesa) scaturita dal Concilio Vaticano II: “La diocesi è una porzione del popolo di Dio affidata alle cure pa-storali del Vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore, e da questi radunata nello

Dalla Redazione

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Spirito Santo per mezzo del Vangelo e dell’Eucaristia, co-stituisca una Chiesa partico-lare nella quale è presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica” (Decreto Christus Dominus sull’ufficio pastorale dei Ve-scovi, n. 11).

Possiamo anche vedere la con-tinuità con il triennio pastorale da poco concluso, ricordando che i Viandanti di Emmaus fanno ritorno - anche se è notte e sono stanchi, delusi e demotivati - al Cenacolo di Gerusalemme, evi-denziando così il valore della comunità e della comunione con Pietro, e con gli Apostoli e i loro Successori partendo dal

“luogo” e dall’esperienza della Cena, dell’Eucaristia, e del dono dello Spirito Santo. Una comunità che non si chiude in se stessa, nelle sue chiese, ma cerca di scoprire la sua verità e la sua vi-talità per essere ancora e sempre presenza significativa nel mondo e nella storia. È il discorso sulla Chiesa da riprendere in mano secondo le prospettive della Costituzione conciliare sulla Chiesa Lu-men Gentium, vero testo guida per le nostre comunità, con le prospettive evidenziate da Benedetto XVI nella Porta Fidei (n. 8):

“Vorremmo celebrare questo Anno in maniera degna e feconda. Dovrà intensificarsi la rifles-sione sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigo-rire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo cambiamento come quello che l’umanità sta vivendo. Avremo l’opportunità di confessare la fede nel Signore Risorto nelle nostre Cattedrali e nelle chiese di tutto il mondo”. I lettori di Come Amici, i seminaristi e quanti sono vicini al nostro Seminario Diocesano non hanno bisogno di conosce-re la nostra Cattedrale. Per loro essa è già

Lorenzo Zani, padre spirituale del Se-minario, ci hanno aiutato a riscoprire il nostro essere “pietre vive” (1Pt 2, 5) della Chiesa di Trento in cammino nella storia e proiettata al futuro. Un Giubileo, quindi, non per guardare in-dietro o per guardare a noi stessi, ma per guardare al mondo e alle vicende umane con lo sguardo del Concilio Vaticano II, che vede realizzata nella Chiesa locale la presenza di Cristo nel tempo, che con noi ancora fa proprie

“le gioie e le speranza, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi” (GS 1).

Don Giulio Viviani

un punto di riferimento ormai normale per avere partecipato a molte celebrazioni, soprattutto quelle legate alla normale vita del Seminario, come il Rito di Ammissione e le Ordinazioni Diaconali e Presbiterali. Inoltre, normalmente in duomo per le celebrazioni liturgiche più solenni, pre-siedute dal Vescovo, sono presenti anche gli alunni del seminario diocesano; per i seminaristi, infatti, gli anni degli studi teologici diventano in questo modo pre-ziosa occasione di autentica scuola per imparare ad esercitare il servizio liturgi-co al Signore, ma anche a sentirsi parte di quella comunità viva che è la Chiesa locale. Lo ricorda bene la Sacrosanctum Concilium:

“Il Vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge… Perciò tutti devono dare la più grande importan-za alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al Vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che c’è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tut-to il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, alla medesima pre-ghiera, al medesimo altare cui presiede

il Vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri” (n. 41).Il Seminario e i suoi “amici” sono già stati coinvolti con la loro partecipa-zione in Cattedrale fin dai primi passi del Giubileo, in particolare nella cele-brazione della domenica 25 novembre, solennità di Cristo Re e Giornata del Seminario, per la celebrazione dell’Eu-caristia e il conferimento dei ministeri di lettore e di accolito, con la parteci-pazione di numerosi chierichetti; per l’ora di adorazione con gli aderenti al “Monastero invisibile” che pregano per le vocazioni, sabato 1 dicembre; e con l’ordinazione diaconale dell’8 dicembre. Anche negli “Incontri in Cattedrale” le belle e approfondite re-lazioni di Mons. Iginio Rogger e Mons.

Dalla Redazione Dalla Redazione

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IL DIACONATO PERMANENTE: UN DONO INCOMPRESO?

L’8 dicembre 1982 mons. Gottardi ordinava i primi diaconi perma-nenti della diocesi di Trento. L’8

dicembre 2012 un convegno presso il Museo Diocesano e l’ordinazione in duomo di tre nuovi diaconi, di cui uno permanente, hanno voluto ce-lebrare questi 30 anni di cammino ancora incerto del diaconato perma-nente nel tessuto ecclesiale trentino e nella Chiesa, e fare un po’ il punto sulla sua ricezione.

Il convegno è stato preceduto da un corso sul diaconato (“Linee teologi-che, relazionali e pastorali del diaco-nato permanente”) presso la Scuola Diocesana di Formazione Teologica il sabato pomeriggio dal 27 ottobre all’1 dicembre.

È nostro desiderio che tutte le comu-nità cristiane si associno al nostro grazie al Signore per il dono del diaconato. Vogliamo pure invitarle a gioire per questo dono, a volerlo riscoprire, a voler indicare nuove vie per la sua missione. Essa infatti non va dedotta dai principi teologici, ancora scarsi e non approfonditi, ma

“dal contesto storico concreto in cui essa si svolge, dalle sollecitazioni dello Spirito e dai segni dei tempi” (dal documento dei Vescovi italiani

“I diaconi permanenti nella Chiesa in Italia”).

Una lunga storia per scomparire

Numerosi scritti dei primi secoli e i Padri della Chiesa parlano del diaco-

nato (permanente) come di uno dei tre gradi della gerarchia e ne indi-cano compiti e qualità. Anche la no-stra Chiesa di Trento ha un diacono (Sisinio) che opera con Vigilio, Mar-tirio e Alessandro perché il Vangelo metta radici in terra trentina. Lungo i secoli seguenti nella Chiesa d’Oc-cidente il diaconato finisce spesso per acquisire (troppo) potere e gra-dualmente scompare, ridotto (con il Concilio di Trento) a un momento di passaggio verso il presbiterato.

Nella Chiesa Orientale il diaconato è sempre rimasto vivo. Nel convegno dell’8 dicembre è stata illustrata l’e-sperienza della Chiesa Armena, an-che se in essa il ruolo del diacono è esclusivamente liturgico: è chiamato a preparare il popolo ad accogliere il mistero celebrato.

Nella Chiesa Occidentale il concilio Vaticano II ha voluto il ripristino del diaconato permanente, pensando più alla situazione delle terre di missio-ne. Il diaconato permanente invece ha preso piede soprattutto in Europa e nell’America settentrionale.

Una Chiesa impoverita

Per comprendere la presenza eccle-siale del diacono, dobbiamo rifarci a Gesù e alle sue scelte. La Chiesa delle origini ha rivisitato e interpre-tato i gesti del Signore, arrivando alla conclusione che il sacramento dell’ordine è triplice ed è formato da episcopato, presbiterato e diaconato.

30 anni di cammino e di interrogativi

Dimenticarne o rifiutarne uno è impoverire la Chiesa e rifiu-tare una grazia.

Se il sacramento dell’ordine, nei suoi tre gradi, è costitutivo dell’identità della Chiesa, sen-za il diaconato il volto della Chiesa non è completo. Per il servizio ecclesiale di annun-cio, celebrazione e carità non bisogna selezionarne i due che sembrano (e possono essere) i più efficaci e i più utili (episco-pato e presbiterato), ma si devo-no accogliere con gratitudine tutti i doni che Gesù ha fatto e fa alla sua Chiesa. Il diaconato le ricorda il primato di Cristo e della grazia: è Lui che le dà la possibilità di servire. E di questa dimensione di servizio il diaconato è segno, richiamo, testimonianza, icona, simbolo efficace.

Ma il diacono non fa quello che può fare un laico? Esteriormen-te sì. Ma il diaconato fa parte integrante del ministero della successione apostolica (Cate-chismo della Chiesa Cattolica n. 1536). Partecipa “a suo modo” alla missione che gli Apostoli e i loro successori hanno ricevuto da Cristo mediante il suo Spirito attraverso la mediazione ecclesiale. Rispetto ai laici il diacono è garante dell’aposto-licità della fede vissuta, promuove l’identità apostolica ed evangelica della Chiesa locale, rappresenta sa-cramentalmente la diaconia di Cristo alla quale è chiamata tutta la Chiesa.

Per una Chiesa diversa

Concretamente a cosa serve un dia-cono? Se la risposta si limitasse a precisare cosa può fare o non può

fare il diacono rispetto al sacerdote, rivelerebbe l’errore di impostazione del problema e di mentalità. Così com’è vissuto oggi il diaconato per-manente, con la penuria di sacerdoti e il calo delle vocazioni presbiterali, il suo ruolo è di esclusiva supplenza dei preti. “A forza di ordinare diaco-ni permanenti per svolgere un ruolo presbiterale” - scrive Borras, vicario generale della diocesi di Liegi – “si rischia di non comprendere e di va-nificare la novità del diaconato per-manente”.

Il diaconato permanente suppone:

• unprogettopastoralediocesanoche

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ne preveda la presenza e l’opera;

• una formazione specifica per ilministero dei diaconi, distinta da quella del presbiterato (ruolo diver-so, quindi formazione diversa). “È follia”, scriveva il grande Einstein,

“fare due cose eguali e attendersi risultati diversi!”; il superamento di una Chiesa “clericale”, troppo legata al sacerdozio e all’eucaristia, che porta ad escludere chi non è sacerdote;

• l’accettazione d i una Ch iesaministeriale di comunione e di corresponsabilità;

• lavalorizzazionedel laicatocomefuturo della Chiesa (ne ha parlato Paola Bignardi all’assemblea pa-storale il 15 settembre scorso in duomo). Non si tratta di concedere spazio ai laici, ma di ridare ad essi ciò che è stato loro tolto dalla cleri-calizzazione della Chiesa;

• larivisitazionedelruolodelpresbi-tero nelle comunità parrocchiali: non “in cura d’anime”, non manda-to ad “amministrare” i sacramenti e la parrocchia, ma “ad educare i credenti perché siano condotti dallo Spirito a sviluppare la propria voca-zione specifica secondo il vangelo, a praticare una carità sincera e opero-sa, a esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati, a saper scorgere negli avvenimenti grandi e piccoli quali siano le scelte più opportune e la volontà di Dio, ad assolvere cri-stianamente i propri compiti nella comunità umana” (Concilio Vatica-no II, P.O. 6). In questo modo evite-rebbe il rischio di alimentare la sola dimensione religiosa delle persone e di ridurre la fede cristiana al culto.

Il diaconato permanente aiuta tutti a convincersi:

• che è possibile unire sacramentodell’ordine e sacramento del ma-trimonio. Infatti per la stragrande maggioranza dei diaconi la vita matrimoniale è il terreno in cui è maturata la vocazione al diaconato (anche se qualche teologo “romano” ancora oggi non accetta il carattere sacramentale del diaconato per-manente, perché “inquinato” dal matrimonio!);

• che è possibile e doveroso unirefede e vita quotidiana, fede e carità fattiva;

• che è possibile e necessario faresintesi tra evangelizzazione e pro-fessione, tra lavoro e annuncio;

• che è indispensabile unire sacra-mento dell’ordine e laicato, chiesa e società. Il diaconato dovrebbe esse-re il “tramite” e il sacramento della

“soglia”, che unisce altare e vita, che prepara al presbitero una comuni-tà che possa essere unita all’offer-ta eucaristica. Andrebbe abilitato quindi a realizzare percorsi perso-nali e familiari di fede e di carità (nella pastorale battesimale e della prima infanzia, nella catechesi rin-novata, nell’accompagnamento dei fidanzati, nei gruppi della Parola, nell’educazione alla carità…).

È perciò ancora molto lungo il cam-mino che attende il diaconato perma-nente e la sua ricezione nelle nostre comunità. Forse, come è stato scritto, è vittima della sua novità.

Pierino Bellumatdiacono permanente

Vi è un luogo che tutti noi fin dall’infanzia portiamo nel cuo-re: Betlemme. Nelle Scritture

troviamo notizie di due cittadine che portano questo nome: Betlemme di Giuda – quella che tutti noi conoscia-mo e che ogni pellegrino in Terra San-ta non manca di visitare- e Betlemme di Galilea, di cui forse quasi nessuno conosce l’esistenza. L’omonimia di questi due luoghi può essere stata an-che motivo di controversia o persino di confusione circa il luogo di nascita

di Gesù di Nazareth, in ogni modo i vangeli sono concordi nel dirci che il Verbo si è fatto carne “a Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta” (Mt 2,5).

A Betlemme accadono storie lontane, che non soltanto c’interessano, ma ci coinvolgono, e noi vi entriamo con le nostre perplessità, le nostre conso-lazioni. A Betlemme si vivono affetti e si svelano fragilità: sono gli ambiti di vita nei quali Betlemme si lega in particolare all’Eucaristia.

Betlemme è la “casa del pane”, come dice il significato del nome, ma è anche il “villaggio di Davide”, dove, dopo il fallimento della regalità di Saul che “superava dalla spalla in su chiunque altro del popolo”, lo stesso Samuele ungerà come re colui che non è solo è il “più piccolo” dei figli di Iesse. Betlemme rappresenta così, nella coscienza della tradizione di Israele, il luogo simbolico della ne-gazione di ogni immagine di potere,

intesa, come capacità, possibilità e volontà di sovrastare gli altri. At-torno a questa “ultima delle città” la storia del popolo di Israele è come se tornasse continuamente a essere luogo di elezione, ma anche luogo del dramma. Se Luca fa volteggiare su Betlemme gli angeli musicanti che annunciano la “pace”, Matteo fa volteggiare, invece, le spade che ucci-dono gli innocenti contro cui l’unica risposta è un “grido” in cui riecheg-gia quello di Rachele.

Se, in Luca, Bet lem me rappresen-ta il profu-mo soave de l l ’ i nca r-n a z i o n e , r ivelato e

gustato in primis dai piccoli e dai poveri, rappresentati dai pastori che si recano a vedere il bambino, per Matteo sembra essere il forno dell’in-carnazione, in cui la carne del Verbo si fa, fin da subito e dolorosamente, pane: “Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Ra-chele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più” (Mt 2,18). Cosa di più forte e di più toccante di questo grido di ma-dre per dire come l’incarnazione del Verbo e il suo farsi pane in una man-giatoia, sia una realtà dura da vivere.

Anche a ciascuno di noi è richiesto il lungo cammino dell’incarnazione, che ci rende uomini e donne secondo il cuore di Dio, che si identifica in un lungo processo di trasformazione, che potremmo definire di “panifica-zione”, il quale permette alla nostra umanità di farsi dono e nutrimento. Così afferma sant’Ambrogio: “Ogni credente che si nutre di quel Pane che

Andiamo alla"casa del pane"

La ParolaVita Diocesana

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viene dal cielo è casa del pane”.

Betlemme ci ricorda i l mistero dell’abbassamento del Verbo, di cui l’incarnazione è il primo passo e la passione il punto più alto, in quanto rappresenta il punto più basso ove Dio si fa compagno di strada della no-stra umanità. Come i pastori davanti alla rivelazione degli angeli non ci resta che fare nostre le parole: “An-diamo dunque fino a Betlemme, ve-diamo questo avvenimento che il Si-gnore ci ha fatto conoscere” (Lc 2,15).

È necessario tornare continuamente a Betlemme, per ripartire sempre da Betlemme quale luogo di riconosci-mento e di adorazione percepito e vissuto nella piccolezza, nell’inermi-tà. Si potrebbe dire che, in quel luogo, per la prima volta l’uomo ha potuto sentire il profumo di Dio. Come pane appena “sfornato”, il bambino adagia-to sulla mangiatoia, è la per essere consegnato allo sguardo dei pastori, il cui amore può già mangiarlo, pro-prio come da credenti facciamo du-rante la celebrazione liturgica e nei momenti di adorazione silenziosa da-vanti all’Eucaristia. L’Incarnazione ci rivela dunque anche qualcosa per il nostro celebrare e vivere l’Eucaristia.

Betlemme, la casa del pane, è per la Chiesa il luogo interiore, la man-giatoia spirituale in cui celebrare e

custodire amorevolmente l’Eu-caristia. Solo se l’Eucaristia ri-mane il pane vero dei poveri e dei viandanti, ci parla di Cristo incarnato, chiedendoci di rima-nere in mezzo all’umanità in tenuta di servizio, sempre con il grembiule dell’attenzione ai bisogni di tutti e di ciascuno.

Dai pastori e dai Magi arriva a Maria e a Giuseppe l’annuncio, non più da parte degli angeli, bensì da parte di uomini, che il Bambino è la stella della sal-

vezza e la luce, come dirà Simeone al centro del Tempio di Gerusalemme, che illumina ogni uomo e ogni ango-lo del cosmo. Maria, icona del creden-te, conservò nel suo cuore le parole dei pastori e dei vegliardi, come pure s’impresse nell’anima i gesti dei sa-pienti, provenienti da lontano, ma a che prezzo.

Siamo anche noi chiamati a custo-dire l’esperienza di un Dio che si incarna e si fa pane per ogni nostra fame. Pane impastato, pane cotto, pane spezzato, pane condiviso, pane mangiato, pane assimilato per avere in noi “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, su cui la parola dell’apostolo Paolo è chiara: “egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo” (Fil 2,6-7). An-che noi dobbiamo prendere la forma del pane per essere sostanzialmente cristiani. Per riprendere una bellissi-ma citazione di san Bernardo, come un diventare noi stessi Betlemme:

“Cercate come potete di diventare voi stessi un’altra Betlemme di Giuda. Allora il Salvatore non sdegnerà di essere vostro ospite”.

Federico Moser

La Parola

Non so se ci sia molto da dire sul ministero del Lettorato che ho ricevuto. È un punto di arrivo

e partenza che fa parte del cammi-no di formazione del seminario, al quale, anche se un po’ tardi rispet-to ai miei compagni, sono arrivato anch’io. Se da una parte ho un certo rigetto di quello che è la celebrazione in pompa magna e soprattutto verso i festeggiamenti dei novelli ministri, dall’altro riconosco la bellezza e le responsabilità di un mandato missio-

«La tua vita sia degna del ser-vizio alla mensa del Signo-re e della Chiesa» (dal rito

dell’istituzione degli accoliti). Queste parole, che sono state rivolte a noi domenica 25 novembre, sono espli-cative del dono che abbiamo ricevuto. Un dono che richiede responsabilità perché la nostra vita sia sempre più conforme all’offerta libera d’amore che Cristo ha fatto sulla croce e con-tinua a fare sull’altare.

Questi momenti ci ricordano il cre-scere della nostra vocazione e ci chiamano sempre di più ad una mag-gior consapevolezza di ciò che siamo chiamati ad essere. Sono occasioni preziose per condividere il cammino

Vita del Seminario

nario che mi viene dato dalla Chiesa. Mandato che richiede prima di tutto una conversione personale, una mag-giore interiorizzazione della scrit-tura, per poter poi tradurla in vita concreta. Credo che questo sia uno dei doni più belli che ho ricevuto in seminario e che vorrei, con l’aiuto del Signore, fosse uno dei cardini della mia vita di cristiano.

Lorenzo IoriV Teologia

con la nostra comunità parrocchiale, con quella del Seminario e con tut-ta la Chiesa diocesana. Sentiamo di non essere soli ma di essere accom-pagnati con la preghiera, l’affetto, la vicinanza di molte persone.

L’accolitato che abbiamo ricevuto ci offre la possibilità di conformare sempre di più la nostra vita a quella di Cristo, un impegno continuo ed umile per poter essere sempre di più servitori del Signore nella nostra quotidianità.

Riccardo Pedrotti e Mattia VanzoIV teologia

Accolitatomomento di crescita

Lettorato:conversione personale

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Vita Diocesana

La parolaci chiama alla vita

La Parola di Dio è affascinante. Per me l’approccio ai testi sa-cri è spesso un’occasione per

comprendere come cercare Dio e come Lui ci cerca e ancora di più, un modo per permettergli di contagiare il mio vissuto quotidiano. Tutta la Bibbia parla di Dio e dell’uomo, del rapporto reciproco che è un incon-tro di due libertà, come l’intreccio di trama ed ordito in una tela. Questo ha dato origine alla storia di Israele, e alla storia dell’umanità tutta. Ma

la Scrittura non parla unicamente al passato: pur presentando una realtà, almeno per quanto riguarda il libri definiti “storici”, che ha un suo inizio e compimento precisi, è anche vero che essa non è un resoconto storico ma si spinge oltre, vuole parlare a ogni tempo.

In questi anni di Seminario ho avuto la possibilità di approfondire molto la lettura e lo studio dell’Antico e del Nuovo Testamento è ho capito che, dalla Creazione fino all’Apoca-lisse, Dio si rivolge a me, a noi. Ogni giorno nella preghiera mattutina mi sento chiamato alla vita, a gioire e vivere della giornata che mi è donata. Nel canto dei salmi spesso è la mia voce che chiede aiuto al Signore, o che loda le sue opere. E i Vangeli ci presentano molte figure di uomini in ricerca, uomini senza un nome, che portano di fronte al Signore tutti i nostri nomi.

La bellezza della natura della nostra regione è un richiamo continuo alla bontà della creazione e alla fantasia del nostro creatore. Il popolo d’Israe-le poi è un esempio di piccolezza, che solo nelle mani di Dio può sussiste-re. Tutta la scrittura, che spesso può apparire a prima vista arida nella forma, può svelare invece tesori di valore inestimabile, tesori per la vita. Spesso mi è capitato di rileggere il mio vissuto, le mie gioie e fatiche, attraverso le chiavi interpretative che

ci sono date nella Scrittura. Davvero il Signore parla attraverso di essa, e alla sua luce si rivela nella nostra sto-ria, nel nostro quotidiano. Per questo il lettorato è per me un impegno e un ministero che ho accolto con gioia, perché mi incita a testimoniare il Vangelo, la buona notizia ch il Signo-re è venuto per noi, per dare senso al nostro tempo. E questo servizio è un invito a fare propria la Scrittura, a vivere sulla propria pelle la bella no-tizia perché la Parola si faccia carne in noi. Questo servizio infatti non si limita alla liturgia Eucaristica, dalla quale riceve forza, ma sfocia nella catechesi e nella testimonianza in tutti gli ambiti.

Andrea Pedrotti

III Teologia

Vita del Seminario

“Beatus vir qui timet Dominum, in mandatis eius volet nimis”, musicava il Monteverdi con

amabile e delizioso contrappunto: “beato l’uomo che teme il signore e trova grande gioia nei suoi coman-damenti” dico io oggi, senza troppe melodie raffinate. “Saldo è il suo cuore” dice più avanti il salmo 111 in riferimento a quel jucundus homo che forte degli insegnamenti e della giustizia di Dio non vacillerà in eter-no; giudizi chiari, sentimenti forti

che mi aprono il cuore ed allargano lo spirito! Quanto spesso ci si ritrova legati al momento, vittime del conti-nuo mutare delle situazioni, e quan-to invece aneliamo alla bellezza di scelte definitive, sentimenti saldi come quelli descritti dal salmo! Non serve aspettare a lungo nella vita per rendersi conto di come cia-scuno possa giocarsi nella sua vita scegliendo la parte del protagoni-sta, o rimanendo sub alternamente sommersi dalle vicende della nostra storia. Personalmente ho scelto, e sento di aver scelto bene; certamente non pretendo di essere dispensato da timori e preoccupazioni, tutta-via non posso che riconoscere con gioia come il Signore sia presente nella mia vita e come agisca in pri-ma persona.

Tutta la storia della Salvezza ci narra una possibilità di vita piena e trasfi-gurata dalla semplice visione della vicinanza di Dio, che rende l’uomo

nella sua essenza più gloriosa e piena, un totale mendicante: solo nel chiedere ed aspirare a toccarlo con mano ci scopriamo realmente uomini. Ora il grande fatto che ren-de bella ogni cosa, e che nella mia crescita mi ha sempre lanciato nelle varie situazioni che mi trovavo ad affrontare, era ed è sentire come il Signore stesso bussi al mio cuore, mi chiami, e mi susciti nel cuore quel sentimento enorme di desiderio che difficilmente rimane sopito; e ti ac-

corgi che l’esistenza va avan-ti tra momenti in cui ascolti il tuo cuore, ed altri meno. Personalmente i l confe-rimento del Ministero del Lettorato è stata una circo-stanza meravigliosa per cui essere di nuovo in ascolto

del mio animo ed allo stesso tempo un invito avvincente quanto grande-mente impegnativo: trasmettere la Parola di Dio in maniera efficace, sì che fruttifichi. Si tratta di un’espe-rienza che già mi capita di fare, il più delle volte senza nemmeno ac-corgermene; non è tanto l’annunciare parole, né il proclamare stili di vita particolari, quanto piuttosto l’aiutare chi ti sta a fianco a guardare con te a Cristo, e continuamente seguire chi personalmente ti costringe a fare al-trettanto. Inevitabile non riferirsi al grande maestro che è il Santo Padre, che con la sua semplicità perforante nella catechesi di mercoledì 28 no-vembre diceva:

“Come parlare di Dio oggi? La prima risposta è che noi possiamo parlare di Dio, perché Egli ha parlato con noi. La prima condizione del parlare di Dio è quindi l’ascolto di quanto ha detto Dio stesso. Dio ha parlato con noi! Dio non è quindi una ipotesi

Dio ha parlatocon noi

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Vita del Seminario

lontana sull’origine del mondo; non è una intelligenza matematica mol-to lontana da noi. Dio si interessa a noi, ci ama, è entrato personalmente nella realtà della nostra storia, si è autocomunicato fino ad incarnarsi. Quindi, Dio è una realtà della nostra vita, è così grande che ha anche tem-po per noi, si occupa di noi.”

E subito oltre:

“Parlare di Dio vuol dire anzitutto avere ben chiaro ciò che dobbiamo portare agli uomini e alle donne del nostro tempo: non un Dio astratto, una ipotesi, ma un Dio concreto, un Dio che esiste, che è entrato nella storia ed è presente nella storia; il Dio di Gesù Cristo come risposta alla domanda fondamentale del perché e del come vivere. Per questo, parlare di Dio richiede una familiarità con Gesù e il suo Vangelo, suppone una nostra personale e reale conoscenza di Dio e una forte passione per il suo progetto di salvezza.”

Con solita limpidezza il papa ci richiama all’evento centrale della storia di ognuno, ossia l’Incarna-zione; questo misterioso fatto ha la disarmante capacità di far cadere ciò che è retorico e rifulgere ciò che vale per la vita, permettendoci di avere punti di certa chiarezza su di noi capaci di portarci a quelle decisioni grandi e forti che rendono bella e godibile la vita.

Non trovo parole migliori per ri-assumere tutto c iò, che quel motto spi r itua le del mio i l lu-stre e Beato concittadino Antonio Rosmini: Adorare, tacere, godere.

Matteo Franzoi

Vita del Seminario

Leggere ocoltivare

Devo ammettere che non è stato facile comprendere cosa sia il

“Lettorato”. Beh certo, secondo le norme canoniche è un ministero istituito finalizzato alla proclama-zione dei testi biblici nell’assemblea liturgica (naturalmente questo pre-suppone una conoscenza approfon-dita delle Scritture, e forse nessuno potrà mai dire di essere preparato adeguatamente…). Al lettore viene quindi affidato il compito di colla-borare alla missione primaria della Chiesa: annunziare il Vangelo ad

ogni creatura. Semplice, no? Non troppo…

La formula pronunciata dal Vescovo è chiarissima: “Trasmetti fedelmente la Parola di Dio, perché germogli e frut-tifichi nel cuore degli uomini” ! Tutto qui? Beh, se si tratta di coltivare vado tranquillo; cinque anni all’Istituto agrario e il lavoro accanto ai miei genitori sono stati la scuola ideale. Peccato che il terreno in cui si opera è radicalmente diverso…poco male: impareremo…

Ripensando a quei pochi istanti in cui ci siamo trovati il Lezionario tra le mani verrebbe spontaneo pensare che la Parola di Dio ci è stata affidata dalla chiesa. Personalmente preferi-rei rovesciare la frase… Se guardia-mo al nostro cammino in seminario iniziato ufficialmente pochi mesi fa con il Rito di ammissione, forse sarebbe meglio dire che Domenica 25 Novembre noi siamo stati in qual-che modo affidati alla Parola di Dio!

Visione più tranquillizzante ma non meno impegnativa. Infatti se voglia-mo trasmettere qualcosa, qualsiasi cosa, questa deve far parte di noi altrimenti è impossibile. In concreto significa leggere meditare e pregare la Scrittura ogni giorno senza mai pensare di aver capito tutto, os-sia frequentare la scuola della Parola. In parallelo è necessario un continuo lavoro di bassa manovalanza per ri-pulire il nostro terreno dalle pietre e dai rovi che infestano la “piantagio-ne”. (ognuno sa benissimo con che tipo di rocce e con quali specie er-bacee deve confrontarsi…vedi Mc 4).

Un ultima cosa: la parola ebraica per descrivere il deserto significa let-teralmente “assenza di parola” che nella Bibbia è condizione necessa-ria per l’Ascolto! Forse è la scoperta dell’acqua calda ma a me sembra una dimensione importante da valo-rizzare e da difendere come priorità, non solo per i “lettori ufficiali” ma per tutti…

MassimilianoIII Teologia

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La presenza dei monaci di san Be-nedetto a Trento risale probabil-mente all'epoca dei Longobardi,

o a quella successiva di Carlo Magno. Di quella presenza sono rimaste prove nella toponomastica cittadina: esisteva in passato in centro città un rione denominato san Benedetto e ancor oggi questa denominazione appare sull'insegna di un passaggio pedonale che collega via Belenzani con via Oss Mazzurana.

Notizie più sicure si hanno a parti-re dal 12° secolo, quando il Vescovo Altemanno, desideroso di ravvivare la Comunità religiosa che dimorava a san Lorenzo, fece venire da Val-lalta (vicino a Bergamo) un gruppo di Monaci Benedettini, appartenenti a una Congrega-zione da poco fondata in quei luoghi. (I Benedettini, infat-ti, pur rifacendosi tutti alla stessa Regola del "Padre san Benedetto", appartengono a Congregazioni diverse, che si distinguono o per nazionalità o per accentuazioni partico-lari del carisma benedettino; tutte le Congregazioni, ognu-na delle quali è costituita da Abbazie o Monasteri, sono tra loro confederate e coordinate da un Abate Primate che risie-de a Roma).

Era l’anno 1146 quando i Bene-

dettini di Vallalta presero possesso del Monastero di San Lorenzo. Da al-lora l’ ora et labora (“prega e lavora”) di san Benedetto fu vissuto e attuato anche nella nostra città. Se il canto dei Salmi scandiva le ore diurne e notturne della preghiera comune, le giornate dei monaci erano occupate dallo studio delle Sacre Scritture e dal lavoro. Quest'ultimo consisteva nella ricostruzione del Monastero e della chiesa (probabilmente fati-

scenti), oltre che in interventi di bonifica e in occupazioni agri-cole nella campagna circostante.

Nemmeno un seco-lo dopo (circa l’anno 1240) lasciarono la

sede di san Lorenzo ai Frati Predi-catori (Domenicani) e si trasferi-rono poco lontano, su terreno già di loro proprietà: S.Apollinare a Piedicastello. Vi trovarono una chie-

I Benedettinia Trento

Vita Diocesana

Facce perplesse?Ma che meraviglia!

Vita del Seminario

Niente giochi quest'anno, alme-no per come se li aspettavano i chierichetti. È stata una festa

diversa dagli anni scorsi, ma è rimasto comunque un grande momento di gio-ia per tanti bambini e ragazzi. La festa diocesana dei chierichetti quest'anno si è tenuta in concomitanza con un al-tro appuntamento molto importante per il Seminario, il conferimento dei ministeri di lettore e accolito per alcu-ni dei miei compagni proprio durante la giornata del Seminario, domenica 25 novembre.

Un accumularsi di appuntamenti che ha messo insieme più momenti di festa, ma che ha visto, almeno numericamen-te, prevalere nettamente i chierichetti. Che fossero 500 o 600, da tutta la dio-cesi, non importa: erano tanti, e hanno fatto il loro figurone, grazie soprattut-to al corteo con il quale si è aperta la loro festa. Il ritrovo infatti era alle 14 nella chiesa di Santa Maria Maggiore, dove i bambini si sono preparati con

le loro tuniche: nella chiesa riempita di chiasso e di bianco è entrato poi il vescovo, accolto da una "ola" che i chierichetti avevano provato in prece-denza con l'aiuto di don Cristiano Bette-ga. Dopodiché il corteo dei chierichetti e dei loro genitori e accompagnatori si è avviato verso la cattedrale, riempien-do i banchi nella navata, nel transetto e anche sul presbiterio. La Messa è diventata così il momento di incontro di due importanti appuntamenti per il Seminario e per i chierichetti, che però attendevano la fine della celebrazione

per un altro motivo: la premiazione del concorso dei giochi di Samuel, la rivista dei chierichetti.E non è finita qui, perché, dopo una foto con l'arcivescovo in mezzo al pre-sbiterio affollato da alcuni gruppi di ragazzini, la festa è proseguita all'o-ratorio di Santa Maria Maggiore con alcuni giochi e soprattutto con un’ab-bondante e gustosa merenda.Eppure, devo dire che una delle cose

che più mi è piaciuta di questa festa è stato immaginarmi le facce di chi vedeva passare per le vie del centro, tra i tavolini dei bar e i turisti dei mercatini, qualche centinaio di al-legri bambini vestiti di bianco che andavano tutti insieme in Duomo: Provando davvero a immaginarle mi viene da sorridere; facce per-plesse forse, ma anche piene di meraviglia per uno spettacolo così insolito!

Francesco ViganòII Teologia

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sa romanica non molto grande e in cattive condizioni, che decisero di demolire per far posto a una costru-zione che si protraesse in altezza, secondo lo stile cosiddetto "cister-cense" (nome che si dà alla riforma benedettina operata da s.Bernardo di Chiaravalle). Per la sua decorazio-ne, esterna ed interna, convocarono i migliori artisti dell'epoca (come, ad esempio, Nicolò da Padova, discepolo di Giotto). Accanto alla chiesa edifi-carono il nuovo monastero, del quale

– dopo secoli ormai - è rimasto uni-camente l'edificio abbaziale, trasfor-mato nell'attuale casa parrocchiale.

Da questa nuova sede i monaci eser-citarono un vero e proprio mini-stero pastorale, con giurisdizione pressoché autonoma, su villaggi e borgate della "destra Adige", tanto che la sede stessa di S.Apollinare era considerata "Pieve monastica".

Vita Diocesana

Aumentarono col tempo anche le proprietà e i beni dell'Abbazia, il che non giovò affatto alla sua missione: anziché al servizio di Dio (opus Dei, come lo definisce san Benedetto), i monaci si dedicarono sempre più spesso all'amministrazione delle proprietà immobiliari. Questo fatto, oltre a intrallazzi e vicende politiche sfavorevoli, portarono all'estinzione la presenza benedettina nella nostra città. A riprova di quanto afferma da sempre il vangelo: non si possono servire due padroni (cfr. Luca 16,13).

don Piero Rattin

Nelle fotografie vediamo:

San Lorenzo, la prima sede dei Benedettini a Trento e la sala Capitolare del Monastero in S. Apollinare

Tornati dagli esercizi? Come sono andati gli esercizi? Queste le domande che si sono sentite

spesso al ritorno dal periodo chia-mato settimana di esercizi spirituali. Ma prima di descrivere questi gior-ni è meglio spiegare che cosa siano questi esercizi perché è una parola così apparentemente ovvia da esse-re in realtà sconosciuta alla maggior parte delle persone e a molti di noi prima del seminario. Innanzitutto

non sono un periodo di esercizio fi-sico per allenamento, non sono una serie di verifiche e prove scolastiche su temi spirituali, non sono gare di abilità a chi riesce meglio a fare lavoretti artigianali per l’arte sacra ecc. Sono un periodo breve o lungo in un posto solitamente lontano dai centri abitati, scandito dalla preghie-ra, dalla meditazione, dalla sobrietà, dal ritiro e soprattutto dal silenzio. La questione del silenzio è la più pe-culiare poiché è solo in questo clima che tutto il resto si inserisce, ed il silenzio è (dovrebbe essere?) tota-le sia nella preghiera, nella lettura, nelle passeggiate, per le stanze, nei pasti. Pio XI nell’enciclica Mens No-stra del 1929 dedicata agli esercizi dice: “Da questa pienezza della vita cristiana, che gli esercizi spirituali apportano e perfezionano, oltre il frutto soavissimo della pace inte-

riore, germoglia quasi spontaneo un altro importantissimo frutto che ha una più larga risonanza sociale: lo spirito di apostolato. È infatti natu-rale effetto della carità che un’anima, quando è piena di Dio, senta il biso-gno di comunicare alle altre anime la conoscenza e l’amore dell’infinito bene che essa ha trovato”. Ed anche Giovanni Paolo II nel 1979 li definiva

“polmoni della vita spirituale”. Ma tor-nando a noi, la settimana di esercizi

che ogni anno si compie in vista e subito prima dell’Ordi-nazione diaconale quest’anno si è svolta a Limone sul Garda presso la casa natale di San Daniele Comboni gestita dai Missionari Comboniani. Come predicatore delle meditazioni è stato invitato padre Gabrie-

le Ferrari S.X. saveriano originario di Rovereto e personalità molto co-nosciuta tra i sacerdoti diocesani. Lunedì 3 dicembre siamo partiti da Trento alle ore 7 per essere a Limone alle 9 ed iniziare il periodo di ritiro. Le giornate tutta la settimana si sono svolte similmente con questo pro-gramma: sveglia, colazione alle ore 8, Lodi mattutine alle 8:30 seguite dalla prima meditazione dettata da p. Gabriele. Poi ritiro personale nel quale ognuno ha cercato le modalità che più gli sono proprie con passeg-giate tra i limoni e i boschi, lettura di libri, riflessione in silenzio, preghie-ra personale in cappella. Alle 11:30 vi era la S. Messa ed a seguire il pran-zo alle ore 12:15 ed ancora il ritiro personale. Alle ore 15 vi era la recita dell’Ora nona seguita dalla seconda meditazione della giornata ed ancora dal ritiro. Dalle 17 alle 18:30 vi era

Esercizinello Spirito

Vita del Seminario

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il prezioso periodo dell’Adorazione Eucaristica in cui ciascuno ha avuto la possibilità di sostare davanti al Signore ricevendo quella grazia che deriva dalla sua Presenza. In seguito vi erano i Vespri ed alle 19 la cena. La sera era ancora dedicata al personale ritiro con la possibilità di recitare il S. Rosario alle 20:30. Tutte le giornate si sono concluse con la recita comu-ne della Compieta alle 21. Oltre alla comunità dei seminaristi tra i quali vi era Paolo, candidato al diaconato, hanno ovviamente partecipato il rettore don Renato, il vicerettore don Tiziano, il padre spirituale don Lorenzo ed inoltre si sono aggiunti Claudio Branz di Sanzeno anch’egli candidato al diaconato permanente e don Maurizio Toldo, parroco di Nogaredo. Il tema scelto per le medi-tazioni è stato quello della Fede nel Vangelo di Giovanni, in collegamen-

to con l’Anno della Fede che stiamo vivendo. In un percorso in crescendo prima sono stati presi in rassegna alcuni personaggi, tra i quali coloro che con convinzione accettano Cri-sto e coloro che fanno fatica, fino ad arrivare al processo, alla passione ed alla Crocifissione di Gesù ed alla sua Risurrezione. Questi temi hanno avu-to un positivo riscontro verso tutti soprattutto per la profondità di que-sto Vangelo ed anche per la capacità esegetica ma soprattutto spirituale di p. Gabriele, unita alla sua esperienza vissuta di missionario, di padre ge-nerale, di docente ed ai collegamenti pratici per la riflessione personale e la riflessione sulla Chiesa. Venerdì 7 dicembre, ultimo giorno di esercizi, si è svolta per Paolo la “Messa delle firme” cioè il solenne giuramento dell’osservanza del Credo e delle pro-messe diaconali con la relativa firma, un momento decisivo per ogni candi-dato. In seguito, terminato il periodo di silenzio, abbiamo pranzato con la comunità dei padri comboniani e dopo abbiamo fatto visita con padre Manuel alla casa natale, al museo ed al percorso multimediale dedicato al Santo dell’Africa. Verso sera, co-minciando anche a nevicare, siamo ritornati a Trento in attesa di celebra-re l’Ordinazione diaconale il giorno successivo. Dagli esercizi spirituali ciascuno trae una propria valutazio-ne tra i benefici ricevuti e le fatiche vissute: infatti exercitius in latino significa proprio addestramento o fatica, condizioni certamente ne-cessarie per far agire in ciascuno lo Spirito Santo.

Luca TomasiII Teologia

SETTEMBRE

Sabato 15: i seminaristi si ritro-vano a Trento in Duomo per prendere parte alla assemblea

pastorale diocesana; dopo aver ascol-

tato i vari interventi di presentazione dell’Anno giubilare e del Piano Pa-storale e dopo i Vespri, si recano in Seminario, consumano la cena e poi partono per s. Martino di Castrozza, dove iniziano il campeggio.

Giovedì 20: rientro a Trento con cena a Caldonazzo, offerta dalla famiglia di Paolo Vigolani.

Lunedì 24: inizia la vita di Seminario e le lezioni allo STAT con l’assemblea generale. Alla sera i seminaristi han-no il primo incontro di comunità, dove vengono accolti i due nuovi semina-risti: Enrico Clamer e Marius Vacaru.

Martedì 25: essendo in corso di rea-lizzazione la quarta edizione delle

“Rotte del Mondo” con i missionari trentini operanti in Europa, i se-minaristi partecipano alla celebra-zione eucaristica con i missionari ed hanno modo di parlare con loro personalmente durante il pranzo e la cena comunitari.

Notiziedal Seminario

Mercoledì 27: prestano servizio in Duomo alla santa Messa in suffragio dei Vescovi e sacerdoti defunti.

Giovedì 28: proiezione di un docu-mentario sul Concilio Ecumenico Vaticano II.

Sabato 29: alcuni seminaristi par-tecipano alla veglia missionaria in Cattedrale.

OTTOBRE

Lunedì 1: dopo cena incontro con p. Livio Mattivi, mis-sionario salesiano in Moldavia.

Mercoledì 3: S. Mes-sa di inaugurazione dell’Anno di Semina-rio con mons. Arcive-scovo; I formatori poi incontrano i parroci

delle parrocchie di origine dei semi-naristi.

Lunedì 8: Inaugurazione anno acca-demico dello STAT, con prolusione del dott. Leo Andergassen, direttore della Ripartizione dei Beni culturali della Provincia Autonoma di Bolzano sul valore architettonico e teologico della chiesa cattedrale nel corso del tempo. Mons Arcivescovo si ferma anche a cena insieme con i semina-risti. Alla sera incontro di comunità dei seminaristi per una rilettura di alcuni punti del regolamento.

Martedì 9: riprende la disponibilità dello psicologo don Gottfried Ugolini per i seminaristi che desiderano ser-virsi del suo aiuto.

Mercoledì 10: al mattino riprende la Lectio sul Vangelo della Domenica presentata da don Lorenzo Zani; alla sera i seminaristi partecipano al di-battito sul Concilio Vaticano II con il previsto confronto tra il prof. De Mat-

Vita del SeminarioVita del Seminario

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Vita del Seminario

tei e don Severino Vareschi e, vista la conduzione polemica, si costituisco-no come claque di don Severino.

Giovedì 11: si svolge il primo incon-tro di PAROLA GIOVANE, incontro di preghiera e di riflessione centrato sulla fede. Si legge e si medita Gen 18,1-15, l’episodio dei tre personaggi che visitano Abramo alle querce di Mamre. I seminaristi, oltre a occu-parsi della parte logistica, guidano uno dei gruppi biblici.

Sabato 13: La festa diocesana degli adolescenti raccoglie l’interesse, la collaborazione attiva e la presenza di quasi tutti i seminaristi.

Lunedì 15: L’incontro di comunità avviene in due gruppi separati, par-tendo dalle schede sul Vangelo di Marco del piano pastorale diocesano.

Mercoledì 17: dopo cena visione e di-scussione del film “Il concerto”.

Sabato 20 e domenica 21: Primo ap-puntamento dei Gruppi Vocazionali: sono presenti 23 ragazzi.

Lunedì 22: incontro dei seminaristi con la Conferenza della san Vincenzo

di Trento; don Silvio Gilli e don Roma-no Caset presentano la figura di don Eugenio Bernardi.

Mercoledì 24: il Gruppo di Animazio-ne Missionaria del Seminario guida una veglia di preghiera missionaria alla quale sono stati invitati anche studenti dello Stat e istituti religiosi.

Sabato 27: i genitori dei seminaristi sono invitati alla s. messa presiedu-ta da mons. Arcivescovo il quale si intrattiene ancora con loro e con i formatori in un momento in cui tutti si presentano e si scambiano le espe-rienze di accompagnamento dei figli. L’incontro si conclude con il pranzo comunitario in un allegro e confiden-ziale clima di amicizia.

Lunedì 29: in accordo con le suore Camilliane, inizia il servizio di due seminaristi, a turno, alla Casa del Clero per aiutare durante il servizio e la consumazione del pasto. Alla sera nell’incontro di comunità ha luogo la prima verifica del percorso personale avviato con il tema del campeggio:

“credere è decidere di vivere con il Signore per vivere con Lui”.

Vita del Seminario

Mercoledì 31: i seminaristi, non avendo scuola, tornano in famiglia per la festività di Tutti i Santi e per il giorno dei Defunti; alcuni però as-sicurano il servizio al Cimitero dove presiede mons. Arcivescovo.

NOVEMBRE

Mercoledì 7: nella Chiesa del Semi-nario viene celebrata l’Eucaristia in suffragio dei sacerdoti e benefattori defunti.

Giovedì 8: secondo incontro di Parola Giovane che ha come tema: “La lotta della fede” e nel corso del quale una suora camilliana ci aiuta a riflettere su Gen 32,23-33, la lotta di Giacobbe con l’angelo.

Lunedì 12: continuano gli incontri di comunità per affinare aspetti della vita di seminario e della formazione che si deve essere disposti a ricevere e ad accogliere.

Domenica 25: al mattino, con una ricca riflessione di don Giulio Vi-viani, i seminaristi si preparano al conferimento dei Ministeri, che viene celebrato nel pomeriggio in Duomo: Mattia e Riccardo diventano Accoliti, Matteo, Lorenzo, Massimiliano e Andrea diventano Lettori. Dopo la celebrazione, genitori e amici sono invitati al prestigioso rinfresco del Seminario, al quale partecipa anche mons. Luigi Bressan.

Lunedì 26: a mezzogiorno arriva p. Alberto Rovelli dei Padri Bianchi, missionario delle Pontificie Opere Missionarie in visita ai Seminari; alla sera proiezione del film “La Chiesa di cartone” di Ermanno Olmi con dibat-tito sull’emigrazione.

Martedì 27: Il missionario presiede

l’Eucaristia e detta una riflessione durante la s. messa e durante i ve-spri; dopo cena viene proiettato un documentario sull’inculturazione che da molti spunti di riflessione e approfondimento.

Mercoledì 28: I seminaristi salutano il padre missionario, che ha lasciato un’ottima impressione in tutti per la sua semplicità e incisività.

Lunedì 3 dicembre-venerdì 7: i se-minaristi e i formatori si recano a Limone sul Garda, nella casa dei Pa-dri comboniani, per gli esercizi spi-rituali, guidati con tanta profondità e concretezza da p. Gabriele Ferrari.

Sabato 8: festa di Maria Immacolata e ordinazione dei nuovi Diaconi in cattedrale: Paolo Vigolani del Semi-nario è accompagnato da Michele Passamani dei Frati Minori e Branz Claudio per il Diaconato permanen-te. Notevole in numero di sacerdoti concelebranti e la partecipazione dei fedeli. Dopo la solenne celebrazione, tradizionale ricevimento in Semina-rio per i festeggiati e i loro parenti e amici.

Limone sul Grda, cen-tro missio-nario com-boniano

Paolo Vigolani e l'abbraccio con l'Ar-civescovo

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Galleria di preti

Nel suo disegno provvidente d’amore Dio ha donato all’uo-mo l’intelletto, la capacità di

studiare, comprendere e descrivere la realtà; nel corso della sua lunga vicenda, l’umanità ha raggiunto tra-guardi enormi, usando con saggezza la ragione è giunta a comprendere come sia strutturata la natura, come sia composta la materia, dalle sue più infinitesime parti fino alla macchina immensamente grande dell’univer-

so. A dire il vero, in ogni epoca la contemplazione del mondo ha fatto insorgere nel cuore dell’uomo di tut-te le religioni la consapevolezza di esser davanti a qualcosa di solenne, di immeritato, che rimanda qualcosa di più grande. Ma fin qui non ci vuole molto sforzo; fin qui sono arrivati – in modi diversi – tutti i popoli della terra, tutte le culture hanno ammira-to la natura e hanno intuito qualcosa. E allora, cosa ha da dire il cristianesi-mo in più rispetto a un vago pensiero panteista? Me lo sono chiesto tante volte, specialmente durante l’univer-sità di fisica che ho fatto prima del Seminario; lo studio della materia, l’ordine sovrano che la regge e la precisione delle leggi che la regolano, in tante occasioni mi hanno parlato di Dio. Il caos non genera ordine, ma anzi le strutture naturali sono tali a motivo di un ordine intrinseco

indipendente dal volere dell’uomo, che ho sempre identificato con Dio. Il cristiano, dopo la meraviglia e lo stupore che gli insorgono nel cuore, sa fare un passo in più; sa che tutto può essere ricondotto a un Dio crea-tore e non semplicemente a una vaga entità buona, a un Dio personale e amante del bello e non solo ad un’in-telligenza anonima. Ecco un passo di San Paolo che mi è caro: “… ciò che di Dio si può conoscere è manifesto;

Dio stesso lo ha manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono es-sere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute” (Rm 1,19-20). Dio non solo continuamente riveste la creazione della Sua stessa bellez-za, ma fa di più: semina nel cuore dell’uomo la sensibilità per le cose belle, perché contemplandole e cono-scendole possa intuire e scorgervi le vestigia dell’Autore, e di questo sap-pia essere grato. Omnis mundi crea-tura, quasi liber et pictura… in tutto l’universo non c’è un solo granello di polvere sconosciuto a Dio, che tutto ama e investe continuamente di vita; con chi sa il latino, mi piace notare come le parole creatura e natura siano due participi futuri; ciò che sta per esser creato, ciò che sta per nascere. Segno che il poderoso libro della creazione non è terminato, che

I cieli narranola gloria di Dio salmo 18

Galleria di preti

ancora Egli vi scrive pagine e pagine ogni giorno. Perché lo fa? Perché noi ci esercitiamo a leggerle e possiamo conoscere Lui, che di tutto ciò che vediamo è la causa, il fine, il sosten-tamento, la vita e l’esistenza stessa. Una canzone che mi pare esprima bene questi pensieri e che tutti sap-piamo è un famoso canto d’ingresso della messa:

Lodate Dio, schiere beate del cielo.

Lodate Dio, genti di tutta la terra:

cantate a lui, che l’universo creò,

somma sapienza e splendore.

Lodate Dio, Padre che dona ogni bene,

lodate Dio, ricco di grazia e perdono:

cantate a lui, che tanto gli uomini amò,

da dare l’unico Figlio. Egli che ci ha amati creando, si fa trovare nella bellezza. Egli che i cieli non sanno contenere, si squa-derna nelle Sue creature limitate e fragili, tanto da divenire lui stesso materia e tempo nella Sua Parola in-carnata, nel Figlio che ci ha donato. Riferendosi a Gesù, San Paolo affer-ma: “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono” (Col 1, 16b-17); ecco il punto centrale da cui scaturisce, in cui vive e verso cui converge il gran disegno della creazione. Ha un nome, lo conosciamo, ci ha parlato, è stato qui: Gesù Cristo. Altro che panteismo!

don Gabriele Bernardi

parroco di Folgaria, Serrada, Mezzomonte e Guardia

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AlbumVita del Seminario

Come ogni anno, nel tempo di Av-vento ci cimentiamo nella realiz-zazione del Presepe, un lodevole

e pio esercizio di molteplici carismi e qualità, da quelle artistiche a quelle progettuali finanche ingegneristiche; una sinfonia di idee e progetti che non senza dissonanze e frizioni si fa real-tà quasi come un parto, sì che al veder il lavoro compiuto tosto spariscono le fatiche del sudato lavoro. Un miracolo questo dal sapore ecclesiale, che con ingegno si è concretizzato per la rosa-cea domenica terza d’avvento. Tale è la visione che accoglie l’entrante il nostro atrio glorioso antistante l’ingresso e prospiciente l’Oratorio del Seminario: innanzitutto il gioioso fragore di un ruscello che con gaiezza discende dal-la capanna in cui alloggia la Natività; le note solenni e cristalline dei canti natalizi abbracciano il viandante as-sieme al calore della luce soffusa che illumina la scena sacra con pudica semplicità. Colte nell’istante quotidia-no le statuine suggeriscono al cuore

che il divino infante s’incarna nella vita e per la vita di ciascu-no, che ce se ne accorga o meno. I pastori conducono le pecore alla santa mangiatoia lungo un ponte che arditamente si al-lunga s’una profonda gola: un enorme balzo tra l’aspettativa dell’antica alleanza e l’impre-vedibile novità della nuova, che seminata nel campo delle genti, quasi come il so-litario contadino che sulla

destra semina preziosi chicchi in una terra as-setata, fruttificherà un nuovo popolo. La sete di acqua viva che pare cogliere più in là la don-na che attende ad un pozzo desolatamente

scarno ed asciutto trova evidente sod-disfazione in quel ruscello che proprio dal suolo presso la capanna sgorga con vivezza e costanza. Ogni popolo è chia-mato ad attingervi liberamente: anche un allevatore di maiali si affaccia sulla scena, non più ostracizzato dall’an-tica legge! Che meraviglia teologica e catechetica ci si para davanti! Di fronte a tale misteriosa grandezza, suscitata da pur miseri elementi, anche la natura rappresentata pare gioire e partecipa-re con stupore: una generale sacralità soffusa si dipana dalle fronde e dai muschi quasi come il loro tradizionale profumo. Che altro dire, se non invita-re ad una visita senz’altro gradita!

O magnum mysterium et admirabi-le sacramentum ut animalia vide-runt Dominum natum in praesepio! (O che grande mistero e meraviglioso sacra-mento quando gli animali videro il Signore nato nel presepio!)

Matteo Franzoi III Teologia

Il presepiosinfonia di idee

Trento, nelle fotografie di Gianni Zotta vediamo all'interno della cattedrale un momento del conferimento dei mandati ai lettori ed accoliti e sulla piazza del Duomo i chieric-chetti nella festa diocesana del 25 novembre scorso.

Album

Rivista bimestrale del Centro Diocesano Vocazioni e del Seminario di Trento - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, CBD di Trento - Editrice Vita Trentina - Aut. Trib: di Trento n° 165 - Diret. Resp. Ernesto Menghini - Red. Piazza Fiera, 2 - 38100 Trento

comeamici

“Al Monte Santo di Dio”di Cecilia Impera

Suor Cecilia Impera è una suora trentina, di Riva del Garda; nella cittadina in riva al lago ha frequentato il Liceo Classico ed ha

maturato, insieme con altri studenti, una coscienza civile e politica che ha portato il gruppo a scelte antifasciste e all’appoggio alle brigate partigiane. Il fratello Eugenio viene trucidato in casa dai na-zisti sotto gli occhi della sorella e dei famigliari.La vita riprende ma il fatto resta impresso nella memoria e nel pensiero della sorella; gli studi a Milano alla Cattolica le permettono di conoscere Giuseppe Dossetti e da lì a pochi anni la sua vita sarà segnata dalla vicinanza a quest’uomo carismatico, influente nella vita associativa, politica e religiosa del suo tempo. Cecilia entra a far parte della Piccola Famiglia dell’Annunziata sotto la guida illuminata di Dossetti. Dossetti viene chiamato dal Card. Lercaro ad accompagnarlo come perito nelle sessioni del Concilio e quindi anche suor Cecilia, e la comunità appena nata, viene a privilegiare di un filo diretto di conoscenza e coinvolgimento nell’evento ec-clesiale più importante del secolo. Ma la vita religiosa la porta ad una serie di altre decisioni ed esperienze di grande impatto, che arrivano a dare una fisionomia prettamente conciliare alla comunità: lo studio approfondito della Bibbia attraverso le lingue originali, la conoscenza della spiritualità e della liturgia ortodossa, la permanenza in terra santa e la conoscenza del mondo arabo, i lunghi anni in India, il radicarsi sui luoghi della strage di Marzabotto, la discesa in Calabra…Tutte queste varie vicende sono raccontate nel libro da Suor Cecilia con grande vivacità e con fedele documentazione e fanno del suo libro e della sua vicen-da personale una finestra interessante per comprendere come le grandi idee riescono a farsi strada e a trasformare la vita e la società. I ricordi precisi e appassionati di suor Cecilia mettono nella condizione di avere uno sguardo complessivo, non solo sulla vita di un grande cristiano e di una comunità re-ligiosa ma anche del percorso della Chiesa italiana in una delle stagioni più ricche e complesse della sua storia moderna. Permette ancora di comprendere quanta fecondità possa portare una scelta di vita religiosa ,quando è ispirata a criteri veramente aperti ed evangelici e quando è portata avanti con coeren-za e continuità da una piccola comunità di cristiani convinti ed appassionati.