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GERUSALEMME NOTIZIARIO INFORMATIVO AMARE LA TERRA SANTA E FARLA AMARE NUMERO 30 FEBBRAIO 2014 Editoriale Patriarcato Latino di Gerusalemme www.lpj.org P.O.B. 14152 Gerusalemme 9114101 Tel : +972 2 628 23 23 Fax : +972 2 627 16 52 Media office: [email protected] Il Patriarcato Latino di Gerusalemme è su: STAMPA DEL PATRIARCATO LATINO BEIT JALA — 2014 Cremisan: “La risposta della Corte è un buon segno” La Corte Suprema emette un’or- dinanza preliminare: «Perché non c’è una via alternativa per la bar- riera nella zona in questione?» La Corte Suprema di Israele ha chiesto al Procuratore generale di spie- gare, prima del 10 Aprile 2014, perché il tracciato di Cremisan non può essere modificato e perché lo Stato insiste per costruire sul luogo del percorso sugge- rito. Il tribunale chiede inoltre una dichia- razione per poter sapere il motivo per cui non dovrebbe annullare la decisione dello scorso anno che era stata espres- sa dal Comitato di Appello speciale di Tel-Aviv. Ciò significherebbe che il Muro potrebbe essere costruito, per esempio, sulla strada proposta dal Consiglio per la Pace e la Sicurezza. In attesa della rispo- sta dello Stato, tutti i lavori devono essere interrotti. La Corte ha chiesto al Ministero del- la Difesa e al responsabile della Cisgior- dania di annullare le decisioni di confisca nella Valle di Cremisan. «Il caso non è chiuso fino a che una decisione fina- le non è stata presa. La decisione della Corte indica che essa è poco incline ad adottare la posizione dello Stato. Abbia- mo certamente una nuova speranza, la risposta della Corte è un buon segno», spiega Zvi Avni, avvocato alla Society of Saint Yves, rappresentante del convento e della scuola gestita dai Salesiani. La Corte Suprema ha proposto una nuova udienza da tenersi il 30 Luglio 2014 per discutere sulla risposta dello Stato e sul- le conseguenti risposte delle famiglie di Cremisan. Se il Muro sarà costruito come previsto dallo Stato di Israele, la valle di Cremisan sarà tagliata fuori dalla sua comunità. 58 famiglie, prevalentemen- te cristiane, e il convento dei Salesiani perderanno le loro terre; il convento, che gestisce una scuola, sarà situato in una zona militarizzata e sarà separato dal vici- no monastero. Un anno fa, il 24 Aprile, il Comitato d’appello speciale israeliano per il seque- stro delle terre in virtù del diritto di emer- genza aveva pubblicato il suo verdetto in favore dello Stato per costruire una strada che tagli la valle di Beit Jala e se- pari il convento dal monastero salesiano. All’udienza della Corte Suprema di Israele tenutasi mercoledì 29 Gennaio, il Consi- glio per la Pace e la Sicurezza, un’impor- tante associazione israeliana composta da personale di sicurezza, aveva espres- so il parere di un esperto secondo cui una strada al- ternativa, situata al di sotto dell’insediamento illegale di Gilo, causerebbe molti meno torti alla comunità. Allo stesso tempo, questa soluzione soddisferebbe meglio le esigenze di sicu- rezza di Israele. Society of St. Yves

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GERUSALEMMEN OT I Z I A R I O I N F O R M AT I V O

A M A R E L A T E R R A S A N T A E F A R L A A M A R E

NUMERO 30FEBBRAIO 2014 Editoriale

Patriarcato Latinodi Gerusalemme

www.lpj.org

P.O.B. 14152

Gerusalemme 9114101

Tel : +972 2 628 23 23

Fax : +972 2 627 16 52

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Il Patriarcato Latino

di Gerusalemme è su:

STAMPA DEL PATRIARCATO LATINOBEIT JALA — 2014

Cremisan: “La risposta della Corte è un buon segno”

La Corte Suprema emette un’or-dinanza preliminare: «Perché non c’è una via alternativa per la bar-riera nella zona in questione?»

La Corte Suprema di Israele ha chiesto al Procuratore generale di spie-gare, prima del 10 Aprile 2014, perché il tracciato di Cremisan non può essere modificato e perché lo Stato insiste per costruire sul luogo del percorso sugge-rito. Il tribunale chiede inoltre una dichia-razione per poter sapere il motivo per cui non dovrebbe annullare la decisione dello scorso anno che era stata espres-sa dal Comitato di Appello speciale di Tel-Aviv. Ciò significherebbe che il Muro potrebbe essere costruito, per esempio, sulla strada proposta dal Consiglio per la Pace e la Sicurezza. In attesa della rispo-sta dello Stato, tutti i lavori devono essere interrotti.

La Corte ha chiesto al Ministero del-la Difesa e al responsabile della Cisgior-dania di annullare le decisioni di confisca nella Valle di Cremisan. «Il caso non è chiuso fino a che una decisione fina-le non è stata presa. La decisione della Corte indica che essa è poco incline ad

adottare la posizione dello Stato. Abbia-mo certamente una nuova speranza, la risposta della Corte è un buon segno», spiega Zvi Avni, avvocato alla Society of Saint Yves, rappresentante del convento e della scuola gestita dai Salesiani. La Corte Suprema ha proposto una nuova udienza da tenersi il 30 Luglio 2014 per discutere sulla risposta dello Stato e sul-le conseguenti risposte delle famiglie di Cremisan.

Se il Muro sarà costruito come previsto dallo Stato di Israele, la valle di Cremisan sarà tagliata fuori dalla sua comunità. 58 famiglie, prevalentemen-te cristiane, e il convento dei Salesiani perderanno le loro terre; il convento, che gestisce una scuola, sarà situato in una zona militarizzata e sarà separato dal vici-no monastero.

Un anno fa, il 24 Aprile, il Comitato d’appello speciale israeliano per il seque-stro delle terre in virtù del diritto di emer-genza aveva pubblicato il suo verdetto in favore dello Stato per costruire una strada che tagli la valle di Beit Jala e se-pari il convento dal monastero salesiano. All’udienza della Corte Suprema di Israele tenutasi mercoledì 29 Gennaio, il Consi-glio per la Pace e la Sicurezza, un’impor-tante associazione israeliana composta da personale di sicurezza, aveva espres-

so il parere di un esperto secondo cui una strada al-ternativa, situata al di sotto dell’insediamento illegale di Gilo, causerebbe molti meno torti alla comunità. Allo stesso tempo, questa soluzione soddisferebbe meglio le esigenze di sicu-rezza di Israele.

Society of St. Yves

P A G . 2 N OT I Z I A R I O I N F O R M AT I V O — GERUSALEMME

Diocesi: Attualità inTerra Santa

Auguri di Natale di Mons. Fouad Twalal Patriarca greco ortodosso, S.B. Teofilo III

Il 9 di gennaio 2013 Sua Beatitudine Mons. Fouad Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme, si è recato al Patriarcato Ortodosso per porgere gli auguri di Natale e di Buon Anno al Patriarca S.B. Teofilo III. Ecco le pa-role pronunciate per l’occasione.

Beatitudine, Patriarca Teofilo III,Fratelli nell’Episcopato,Cari amici,

In occasione della festa del Natale, celebrata se-condo il calendario giuliano, e a nome di tutti i presenti, rivolgo alle nostre Chiese sorelle, la Greco-Ortodossa, Siriana, Copta ed Etiope, i nostri auguri più cordiali. I no-stri auguri sono una preghiera con cui vi auguriamo sa-lute, pace, prosperità, successo, nel cammino pastorale del nuovo anno 2014.

La nascita di Gesù porta in sé un messaggio molto forte. Molti Padri della Chiesa hanno formulato questo messaggio con una semplice dichiarazione: Dio ha as-sunto la nostra natura umana per donarci in cambio molto di più. Ha preso su di sé la nostra debolezza per farci partecipi della sua divinità. Ha preso su di sé il nostro peccato perché possiamo ottenere la sua santità. Egli si è fatto uomo per farci figli di Dio. Quanto più siamo con-sapevoli di questo privilegio, tanto più possiamo essere trasformati e contribuire alla trasformazione della Terra Santa e del Medio Oriente.

Il Medio Oriente sembra immerso in una lunga ago-nia. I cristiani soffrono in molti paesi e alcuni non hanno potuto celebrare e vivere la gioia del Natale. Pensiamo in particolare alla Siria, dove la popolazione soffre le con-seguenze di una guerra civile che dura da troppo tempo. Pensiamo anche ai due vescovi rapiti, di cui non abbiamo notizie - sono ancora vivi o no? Pensiamo alle suore che sono ancora tenute in ostaggio. Tutti costoro sono pre-senti nelle nostre preghiere e nei nostri pensieri.

Beatitudine, sono orgoglioso della collaborazione che ha contraddistinto le relazioni tra le nostre Chiese lo scorso anno, perché abbiamo fatto buon uso del mag-gior numero di incontri e di un migliore coordinamento. Mi permetta, Beatitudine, di elogiare il discorso che ha tenuto durante il nostro ultimo incontro con il presiden-te Peres, e il messaggio molto importante da Lei conse-gnato in quell’occasione. Nonostante la nostra comunità cristiana sia relativamente piccola, sappiamo però che, quando siamo uniti, diamo il messaggio più eloquente di ogni altro. Sappiamo bene che gli occhi del mondo intero

sono rivolti verso di noi e pertanto sono visibili anche le incomprensioni tra le nostre comunità. Tra poco inizie-remo la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. Il tema ci interpella in modo particolare: “Cristo è forse diviso?” (1 Cor 1,13). Per rispondere a questa domanda ci viene chiesto di pregare e riflettere sulla nostra respon-sabilità verso la volontà di Dio e su quello che è l’appello rivolto a tutti i cristiani: “Che tutti siano uno”. I cristiani vivono la sfida di prepararsi ad accogliere l’unità che è un dono che riceviamo attraverso la preghiera, la conver-sione interiore, la vita rinnovata e il dialogo fraterno. Una testimonianza cristiana che è divisa non è convincente. Non ci sono scorciatoie che ci portano verso l’unità. C’è solo la strada dell’amore sincero, del servizio alla Chiesa e della sofferenza per essa.

Accogliamo con grande gioia la lieta novella della prossima visita in Terra Santa di Sua Santità Papa Fran-cesco e di Sua Santità Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca Ecumenico. Un significativo gesto ecumenico, Papa Francesco e il Patriarca Bartolo-meo I si incontreranno per pregare insieme al Santo Se-polcro, circondati da tutti noi. Questo momento di grazia rappresenta l’ennesimo appello alla carità fraterna e alla collaborazione tra tutti coloro che sono chiamati all’unità.

C’è un’altra buona notizia da condividere. I nostri fratelli luterani hanno inaugurato una nuova chiesa sul Giordano, alla presenza di più vescovi, dignitari e rappre-sentanti delle autorità civili. Condividiamo la loro gioia e porgiamo le nostre felicitazioni per l’occasione.

Beatitudine, cari Vescovi e altri invitati, indirizzo a voi tutti i nostri migliori auguri e imploro su tutti voi la benedi-zione del Signore. Amen.

+ Fouad Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme

A M A R E L A T E R R A S A N T A E F A R L A A M A R E P A G . 3

Diocesi: Attualità inTerra Santa

Rinuncia del Vescovo Mons. Elias ChacourLa Nunziatura Apostolica in Israele

rende noto che il Santo Padre Papa Francesco ha accettato la rinuncia presentata da Sua Eccellenza Mons. Elias Chacour, Arcivescovo melchita di Akko, Haifa, Nazareth e Galilea.

Allo stesso tempo, il Santo Padre ha nominato Sua Eccellenza Moussa El Hage, Arcivescovo maronita di Haifa e Terra Santa, Amministratore apostolico sede vacante e ad nutum Sanctae Sedis della stessa Arcieparchia melchita di San Giovanni d’Acri, con tutte le facoltà ed i doveri connessi al governo dell’Arcieparchia.

Jaffa–Tel Aviv - 27 gennaio 2014

I cattolici di Terra Santaalle fonti del battesimo

In occasione della domenica del Battesimo di Gesù, la prima domenica dopo l’Epifania, quest’anno il 12 gennaio 2014, numerose parrocchie cattoliche di Terra Santa si sono radunate insieme ai francescani della Custodia sul sito del Battesimo del Signore, proprio ai margini del Giordano. Questo pellegrinaggio ha concluso il tempo liturgico del Natale.

È solo da due anni che si può celebrare la festa del battesimo di Gesù nel luogo dove la tradizione colloca questo evento, a Qasser El Yehud. Dopo la Guerra dei Sei giorni, il sito è stato chiuso e minato per 44 anni. L’esercito israeliano ha dato solo raramente il permesso di celebrarvi la Messa. Riaperto nell’estate del 2011, il sito può accogliere di nuovo i pellegrini nel giorno in cui tutta la Chiesa celebra il battesimo di Gesù da parte di Giovanni Battista nel Giordano. Tuttavia, la vicinanza del sito con quello della Giordania – le due sponde sono separate da una larghezza massima di 4 metri – porta la concentrazione di un gran numero di soldati.

Ciò non ha impedito a molti fedeli, circa 2000, di riunirsi felicemente presso il Giordano in primo luogo per cercare di immaginare la scena svoltasi lì quasi 2000 anni fa, e poi per preparare la Messa nel corso della quale sono stati battezzati 4 bambini con l’acqua del fiume Giordano. La celebrazione è iniziata con una lunga processione dal monastero ortodosso fino alla riva del Giordano, per proseguire con la Messa celebrata dal Vicario della Custodia, padre Dobromir Jasztal. Il Custode si trovava in quel momento in Libano per la consacrazione episcopale del nuovo Vicario apostolico di Aleppo, in Siria, Mons.Georges Abou Khazen. Molti fedeli si sono poi recati sul Monte della Tentazione, che domina Gerico, per fare memoria, come narra il Vangelo, dei 40 giorni trascorsi da Gesù in solitudine nel deserto dopo il battesimo.

Sul lato giordano, venerdì 10 gennaio 2014, si è svolto un pellegrinaggio, presieduto da Mons. Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme, in presenza di Mons. Maroun Lahham, Vicario patriarcale per la Giordania, e altre chiese cattoliche presenti in Giordania, al fine di consentire a ciascuno di rinnovare le promesse battesimali in questo luogo.

Pierre Loup de Raucourt

Conferenza di Scott Hahn, domenica 12 gennaio

Scott Hahn, autore del celebre libro “Rome Sweet Home”, ha tenuto una conferenza dal tema “Il Nuovo Testamento e l’Eucaristia nella Chiesa delle origini”. La conferenza ha avuto luogo domenica 12 gennaio 2014 presso la Sala Conferenze Giovanni Paolo del Centro Notre-Dame di Gerusalemme.

Ancora graffiti anticristiani nel cuore di Gerusalemme

Sul sito «QUDS NET NEWS AGENCY» si trovano, alla data 10 gennaio 2014, le foto dei graffiti in ebraico risalenti all’inizio di gennaio, ritrovati sui muri del Centro Notre-Dame di Gerusalemme, nei pressi del quartiere cristiano della Città Vecchia.

Laura Boldrini in visitaal Patriarcato

Il 17 gennaio 2014 la Presidente della Camera dei Deputati italiana, Sig.ra Laura Boldrini, accompagnata dal Sig. Davide La Cecilia, Console Generale d’Italia a Gerusalemme, si è recata in visita al Patriarcato Latino di Gerusalemme, ove è stata accolta dal Patriarca Mons. Fouad Twal e dal suo Vicario, Mons. Willam Shomali.

Auguri alla Chiesa armena

Lunedi 20 gennaio 2014, il Patriarca Latino di Gerusalemme, Mons. Fouad Twal, ha lasciato la sua abitazione, accompagnato dal Vescovo ausiliare, Mons. William Shomali, e da un corteo composto da alcuni sacerdoti preceduto dai Kawwas, dirigendosi verso il Patriarcato Armeno, al fine di presentare ai responsabili di questa Chiesa apostolica di Gerusalemme i migliori auguri in occasione della festa della Natività del Signore e della sua Epifania, celebrate secondo il calendario proprio della Chiesa armena.

Diocesi: Attività pastorali e vita liturgica

P A G . 4 N OT I Z I A R I O I N F O R M AT I V O — GERUSALEMME

Sabato 18 gennaio 2014, presso la parrocchia di Sant’Antonio a Jaffa, è stata celebrata una messa in occasione della Giornata Inter-nazionale del Migrante e del Rifugiato. La celebrazione, preparata dal Coordinamento per il Patriarcato Latino della pastorale dei Migranti, ha riunito la comunità migrante stabilitasi in Israele.

Non è abituale in Israele che si celebri una messa con fede-li provenienti da almeno tredici o quattordici paesi. «Guardatevi attorno, - ha detto padre David Neuhaus nel corso della sua omelia – Vedete i fratelli e le sorelle che il Signore ci ha donato, riuniti insieme, numerosi e diversi per origini, culture, lingue e colori – filippini, indiani, eritrei ed etiopi, cingalesi, rumeni, nigeriani, latino-americani, polacchi, russi, ganesi, libanesi, arabi ed ebrei, israelia-ni, palestinesi e molti altri!». Questa grande diversità di nazionalità per una messa mostra la consistenza del movimento migratorio cui il governo israeliano deve far fronte. Nel paese ci sono circa 53.000 richiedenti asilo, provenienti soprattutto da Eritrea e Sudan, di cui 40.000 sono cristiani.

In occasione di questo incontro, i canti scelti provenivano dal mondo intero. La preghiera universale è stata letta in otto lingue diver-se e le letture sono state scelte per tale circostanza: il Vangelo è stato quello della fuga in Egitto della Sacra Famiglia, dopo aver inteso della persecuzione dei neonati da parte di Erode. Un punto di riferimento significativo per i migranti che hanno lasciato tutto, spesso rischiando la vita, e che, una volta arrivati in Israele, vivono in condizioni preca-rie e spesso difficili.

Alla fine della Messa, quattro comunità hanno presentato le loro tradizioni culturali attraverso canti e danze.

Le preoccupazioni quotidiane dei migranti sono l’ottenimento dei documenti, del lavoro e del denaro per le loro famiglie e il loro sostentamento. Ma questa Messa è stata un’occasione per goire. «Siamo venuti a celebrare, siamo venuti a pregare, a proclama-

La Chiesa, rifugio per i migranti a Jaffa

Don Faysal Hijazin in Francia per far conoscere le nostre scuole

re la nostra fede”, ha ricordato padre Neuhaus. “Vogliamo essere testimoni che questa celebrazione è una grande gioia. Nel nostro mondo, fuori della Chiesa, la reazione all’arrivo dei migranti non è sempre una festa, spesso è segnata da diffidenza e ostilità».

La gioia di credere

Se questa messa è stata eccezionale per la sua volontà di riu-nire un gran numero di immigrati provenienti da molti paesi, è comun-que una ulteriore testimonianza dell’importanza di questa comunità di migranti ferventi nella fede cristiana. Insieme a suore di diverse con-gregazioni e sacerdoti provenienti dai paesi di origine dei migranti, la comunità dei migranti ci tiene a incontrarsi regolarmente. A Tel Aviv, la comunità filippina dispone di una cappella con 220 posti. Il sabato, giorno di riposo settimanale per un gran numero di migranti, vengo-no celebrate almeno quattro messe. La cappella si riempie di volta in volta, e i riti sono vari. Non ci sono solo filippini, ma anche indiani, cingalesi e di altre nazionalità.

«La cosa più importante è aiutarli spiritualmente, in modo da connservare viva la fede – testimonia una suora di St. Paul di Char-tres originaria delle Filippine –. Queste persone hanno bisogno di trovare coraggio e speranza, mediante la fede ci riescono. Hanno anche bisogno di una famiglia. Molte cose in queste persone sono crollate, ferite, danneggiate. Le famiglie sono rimaste nei loro paesi di provenienza. La Chiesa deve così essere una famiglia che li so-stiene, che li guarisce».

Un esempio significativo di questa gioia e della necessità di cre-dere è il finanziamento della cappella, che si trova in una sala affittata a 32.000 shekel (6.400 €) al mese. Con determinazione, sono i mi-granti stessi a contribuire ogni mese, al fine di continuare a celebrare, pregare e proclamare la loro fede e la gioia di essere una sola famiglia.

Pierre Loup de Raucourt

Don Faysal Hijazin, Segretario generale delle scuole cristiane in Palestina, e Direttore generale delle scuole del Patriarcato latino in Palestina, si è recato in Francia per un viaggio il cui obiettivo era quello di far conoscere ai Francesi le nostre scuole palestinesi. Questo viaggio è stato organizzato dall’Associazione francese «Un fiore per la Palestina», che elargisce regolarmente borse di studio per gli studenti più bisognosi delle nostre scuole cattoliche palestinesi e cristiane in generale.

Secondo il professor Suheil De’ebes, membro del Consiglio d’Onore di questa Associazione, con sede a Parigi, e suo rappresentante in Palestina, questo viaggio ha avuto inizio nel sud della Francia per terminare infine a Parigi. Don Faysal ha tenuto molti incontri e numerose conferenze per i rappresentanti dell’Associazione, ma anche per altre associazioni locali e politiche. Lo scopo del viaggio era quello di portare a conoscenza la realtà dei Palestinesi, dal punto di vista economico, sociale, educativo e politico. Una realtà che riguarda gli studenti palestinesi che ogni giorno portano anche il pesante fardello dell’occupazione e del muro di separazione.

Waseim Kasabry

25 gennaio, preghiera per l’unitàdei cristiani a NazarethLa Comunità Chemin Neuf ha organizzato, il 25 Gennaio, una preghiera per l’unità dei Cristiani nella Cappella del Centro Internazionale Maria di Nazareth. Più di un centinaio di fedeli delle diverse Chiese – latina, melchita, maronita, copta, ortodossa, anglicana, presbiteriana, battista, – si sono riuniti per associarsi a questa preghiera di Cristo affinché ”Tutti siano una cosa sola“.

«Beati gli operatori di pace»,solennità della Festa delle BeatitudiniDomenica 26 Gennaio 2014, accompagnato da Mons. Kamal Bathish, vescovo emerito, il Patriarca Fouad Twal si è recato al Monte delle Beatitudini, vicino al lago di Tiberiade, per celebrare la Solennità delle Beatitudini, alla presenza di numerosi fedeli laici e religiosi.

Un ministro canadese ricevuto al Patriarcato LatinoNella mattinata del 21 gennaio 2014 è giunto al Patriarcato Latino S.E. Jason Kenney, Ministro dell’Immigrazione, Occupazione, Sviluppo Sociale e del Multiculturalismo canadese, per rendere visita al Patriarca Fouad Twal e al suo Vescovo ausiliare, Mons. William Shomali.

5000 città di tutto il mondo hanno pregatoper la pace in Terra SantaLa VI Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa ha avuto luogo domenica 26 gennaio. Si tratta di un’iniziativa di preghiera nata dalla volontà di un certo numero di associazioni di giovani cattolici con il patrocinio del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.

«Siamo tutti bambini adottati» (Mons. Shomali)Domenica 5 gennaio 2014, Mons. William Shomali si è recato ad Ain Arik per celebrare la messa. Si è intrattenuto con i fedeli locali e con un gruppo di italiani guidato da don Giuseppe Dossetti (jr.)

La Diocesi in Medio Oriente e nel Mondo

A M A R E L A T E R R A S A N T A E F A R L A A M A R E P A G . 5

Il 19 gennaio 2014, la Chiesa cattolica ha celebrato la 100° Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato. In Terra Santa, la vigilia è stata celebrata una Santa Messa a Jaffa per molti migranti che vivono in Israele, presieduta da padre David Neuhaus, responsabile diocesano della pastorale dei migranti.

A partire dal 5 gennaio, migliaia di africani hanno manifestato a Tel Aviv e a Geru-salemme contro il rifiuto delle autorità israeliane di concedere loro lo status di rifugiato. Padre Neuhaus reagisce.

1. Perché i migranti africani in Israele non tacciono più?Per capire questo movimento di protesta, è necessario fare accenno alla situazione

generale. Si stima siano 53.000 i richiedenti asilo africani che attualmente vivono in Israele, la maggioranza dei quali provenienti da Eritrea e Sudan. Gli eritrei sono per lo più ortodossi e i sudanesi in maggioranza musulmani. I manifestanti rivendicano la loro presenza in Israele come rifugiati e denunciano il rifiuto delle autorità di esaminare equamente le loro singole richieste. Oggi, quando i migranti arrivano in Israele attraverso il Sinai e la frontiera egiziana, lo Stato conferisce loro una protezione di gruppo, non intraprendendo alcun procedimento individuale per capire la loro situazione personale. Alla fine, sono trattati come masse umane e senza lo status di rifugiato, non godendo di alcun diritto sociale (lavoro, salute, …). Solo a titolo informativo, tra i richiedenti asilo che provengono dall’Eritrea nessuno ha ricevuto questo status in Israele, mentre il 60-70 % dei richiedenti asilo provenienti dallo stesso paese, ma che sono emigrati in Europa, hanno ottenuto lo status di cittadini di paesi terzi.

I manifestanti accusano poi Israele di venire incoraggiati a lasciare i loro paesi (dove la guerra e le malattie dilagano). Israele procede in diverse maniere, rendendo loro la vita impossibile, pagando loro dei soldi per lasciare il paese o mettendoli in prigione o in centri di detenzione Uno di essi è stato costruito a questo scopo nel sud di Israele: i suoi occupanti possono andare e venire durante il giorno, ma devono registrare la loro presenza a orari fissi – mattina, mezzogiorno e sera - e devono passare obbligatoriamente la notte nel centro.

Tutto ciò va a ledere gli accordi internazionali sottoscritti da Israele. Infine, Israele può decidere in qualsiasi momento di giudicare come «terminati» i problemi nei paesi di origine dei migranti. Per esempio, quando ci fu la dichiarazione d’indipendenza del Sud Sudan nel luglio 2011, migliaia di sudanesi furono rimandati nel loro paese (mentre invece gli Stati Uniti decisero di aspettare prima di prendere una tale decisione, monitorando gli sviluppi politici della nuova situazione). Da allora, molti dei sudanesi fatti rientrare nel loro paese da Israele, sono morti a causa della malaria o della guerra civile. Più recentemente, il 14 gennaio, più di 200 civili, fuggendo per la ripresa dei combattimenti nel Malakal, sono morti annegati nel naufragio di un battello sovraccarico.

2. Che cosa giustifica una tale politica da parte di Israele?Il problema non è economico. Alcuni dei richiedenti asilo hanno trovato lavoro. Essi rappresentano una manodopera a basso costo e sen-

za diritti sociali. Essi contribuiscono all’economia israeliana e hanno una buona reputazione nel settore delle costruzioni, in quello alberghiero e nella ristorazione.

Il problema è in realtà una forma di populismo. I richiedenti asilo vivono di norma nei quartieri urbani più poveri delle città. Ad esempio, la popolazione ebraica del sud di Tel Aviv, molto povera, si ritrova circondata dai richiedenti asilo che vivono in condizioni di estrema precarietà (molte persone vivono nella stessa stanza, si mescolano odori e rumori di altre culture). È esplosa inoltre una inquietante criminalità. Negli ultimi mesi si sono verificate diverse manifestazioni locali di israeliani contro gli africani. Sul governo preme anche una forte domanda popolare a favore dell’espulsione di queste popolazioni che vengono considerate una minaccia all’identità del Paese. Esiste un intero vocabolario che stigmatizza questi uomini e donne, fuggiti da regimi autoritari, da situazioni miserabili, qualificandoli come «infiltrati». Ma i migranti in Israele non sono crimi-nali. Chiedono semplicemente lo status di rifugiati.

3. Siete favorevoli a questa ondata di protesta?In primo luogo, in questa popolazione di richiedenti asilo (eritrei, etiopi e sudanesi) ci sono dei cattolici. Queste persone dovrebbero conti-

nuare a vivere la loro fede e noi li dobbiamo sostenere. Ad esempio, all’incirca il 10% della popolazione migrante eritrea è cattolica (di rito Ge’ez). Per servire questa popolazione, abbiamo un nuovo sacerdote, giunto dalla diocesi di Adigrat in Etiopia (padre Medhin), che potrà celebrare la Messa nel loro rito a Jaffa, Tel Aviv ed Eilat. Lavoriamo anche con dei giovani eritrei ben formati, tra cui anche qualche ex-seminarista.

In secondo luogo, come Chiesa dobbiamo essere ben consapevoli della situazione generale di tutti i richiedenti asilo che arrivano in Israele, al fine di venire loro in aiuto meglio che possiamo. Per scelta, la Chiesa non discute direttamente con i politici, ma opera con le ONG israeliane che si dedicano a queste popolazioni. Per fare questo, dobbiamo:

– Raccogliere una documentazione seria dell’esperienza vissuta dai richiedenti asilo (traumi vissuti sulla strada, sequestro di persona, carce-re, ecc.).

– Conoscere i loro diritti (assistenza all’infanzia, ricovero in ospedale…).– Sostenere le organizzazioni che stanno cercando di aumentare la consapevolezza nella società israeliana.– Fornire un supporto materiale e un sostegno psicologico.

In questo lavoro di collaborazione, siamo fortunati ad avere in mezzo a noi suor Azezet Kidane, una sorella comboniana che è, nella Chiesa, una vera interprete del mondo della migrazione.

4. Cosa fa la comunità internazionale?Il problema principale è che qui il fenomeno della migrazione è internazionale e, purtroppo, anche la comunità internazionale deve cam-

biare. Molti paesi devono prima di tutto correggere i propri atteggiamenti.Papa Francesco ha espresso chiaramente come il mondo dei migranti occupi un posto speciale nel suo cuore. Molto preoccupato per

quanto sta accadendo loro, il Papa nel suo messaggio per la «Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato» invita tutto il mondo a reagire: «Un cambiamento di atteggiamento nei confronti dei migranti e dei rifugiati è necessario da parte di tutti…».

La nostra Chiesa di Terra Santa si trova già in un mondo minacciato, lotta per la sopravvivenza in una regione non molto amichevole. Ma siamo tutti fratelli e sorelle nella nostra povertà. La nostra Chiesa di Terra Santa, già povera e debole, è chiamata ad andare fuori di sé. Non è semplice perché non è una Chiesa ricca: è una Chiesa povera che va ad incontrare una Chiesa ancora più povera.

Intervista di Christophe Lafontaine

“I migranti in Israele non sono criminali”: padre D. Neuhaus

P A G . 6 N OT I Z I A R I O I N F O R M AT I V O — GERUSALEMME

Ordine del Santo Sepolcro

Lavori nella parrocchia di Irbid

IRBID – Nel cuore della Giordania, la piccola parrocchia di Irbid si appresta a dare avvio ad una serie di lavori destinati a migliorare le infrastrutture già presenti. La ristrutturazione di due sale parrocchiali e della casa parrocchiale sono in programma in questa piccola parrocchia, dedicata a San Giorgio, nella città di Irbid, situata a 70 km a nord di Amman, alla stessa altezza di Nazareth, sul lato giordano. Irbid è la città più popolosa del paese con poco più di un milione di abitanti, dopo Amman, la capitale dello stato hashemita, e Zarqa. Seconda per superficie, la città ospita diverse università e più scuole.

La parrocchia cattolica latina conta circa 150 famiglie. Un numero significativo che richiede più infrastrutture per sostenere il sano sviluppo delle attività di ognuno. Ci sono diversi gruppi di giovani, tra cui quello dei chierichetti, della Caritas, ed una scuola gestita dalle suore del Rosario. Ma anche ampie sale per il comitato parrocchiale o per gli incontri destinati a riunire l’intera comunità. La parrocchia può contare su una grande chiesa costruita nel 1960, con l’aiuto dei Cavalieri del Santo Sepolcro della Luogotenenza di Montreal in Canada, ma anche sull’aiuto dei parrocchiani

A M A R E L A T E R R A S A N T A E F A R L A A M A R E P A G . 7

Per saperne di più, visitate il sito www.lpj.org :

• L’USCCB chiede aiuto per la Valle di Cremisan (29 gennaio 2014)

• Bisogno urgente di sostegno per le famiglie di Beit Jala che chiedono giustizia

(28 gennaio 2014)

• “In Terra Santa, una popolazione entusiasta attende Papa Francesco”, assicura il Patriarca di Gerusalemme (8 gennaio 2014)

• Dettagli sul “pellegrinaggio di preghiera” del Papa in Terra Santa (5 gennaio 2014)

• Omelia del Patriarca per il 1 gennaio 2014 (1 gennaio 2014)

che hanno voluto ampliare il loro luogo di preghiera. Tutte le infrastrutture sono importanti per le famiglie che a Irbid sono colpite dalla disoccupazione e dalla povertà e che hanno quindi bisogno di ritrovarsi insieme per pensare dei progetti che vadano oltre la semplice dimensione pastorale ed educativa.

Ospitata in un antico edificio, la canonica deve essere rinnovata per motivi di sicurezza e al fine di migliorare le infrastrutture. Usata sia dal parroco sia dai fedeli durante le riunioni, la casa parrocchiale dovrebbe essere un luogo di facile accesso, adattato all’attività in corso. La completa ristrutturazione dell’edificio prevede, in particolare, la creazione di una nuova cucina, di due camere, di una sala da pranzo e di un salone. Il lavoro comprende anche la messa a punto del sistema elettrico e delle strutture per isolare la casa dal rumore, dalla calura estiva e dal freddo invernale o notturno.

Un nuovo aspetto deve essere dato alle sale parrocchiali che ospitano ogni settimana tante persone.

Un progetto vitale

Per il parroco attuale, don Ala’ Musharbash, questo progetto è un forte sostegno, anche perché il miglioramento delle condizioni di vita quotidiane è al servizio della parrocchia, della comunità cristiana.

Negli ultimi mesi poi, si è aperto un nuovo campo di azione pastorale. Trovandosi molto vicino al confine con la Siria, la città – e quindi la parrocchia si trova a far fronte ad una forte immigrazione di profughi siriani. Tra questi, molti sono i cristiani. Materialmente, a volte è difficile accoglierli, tanta è la loro precarietà ed elevato il loro numero. Ma la parrocchia deve essere aperta a chi vuole cercare conforto nella preghiera e nel silenzio di una chiesa.

Questa è una ragione in più per portare a termine rapidamente i lavori, così che possano servire un elevato numero di persone, sia nel servizio alla diocesi, sia alle migliaia di profughi.

Pierre Loup de Raucourt

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Comunicato finale del Coordinamento Terra Santa 2014

Troverete qui di seguito il comunicato finale dei vescovi del Coordinamento Terra Santa, che si è svolto dall’11 al 16 Gennaio 2014. Questo coordinamento è composto da vari vescovi nordamericani ed europei e si riunisce ogni anno in Terra Santa in se-gno di solidarietà con la Chiesa-madre di Gerusalemme.

Vescovi provenienti dall’Europa, Sud Africa e Nord America, siamo venuti in Terra Santa per pregare e offrire il nostro appog-gio alla comunità cristiana e alla causa della pace. A Gaza, abbiamo potuto constatare la grande povertà della popolazione e la pre-senza coraggiosa di piccole e fragili comu-nità cristiane.

Gaza è un disastro causato dall’uomo, uno scandalo terribile e rivoltante, un’ingiustizia che fa piangere e che interpella la comunità internazionale affinché trovi una soluzione. Chiediamo ai leader politici di migliorare la situazione umanitaria della popolazione di Gaza, di assicurarle l’accesso ai beni di prima necessità per consentirle di vivere con dignità, e di renderle possibile uno sviluppo economico e la libertà di movimento.

A Gaza, in un contesto apparentemente senza speranza, abbiamo incontrato persone piene di speranza. Siamo stati vivamente incoraggiati, visitando le piccole comunità cristiane che, giorno dopo giorno, attraverso varie istituzioni, tendono la mano con compassione ai più poveri tra poveri, siano essi musulmani o cristiani. Continuiamo a rivolgere la nostra preghiera e a manifestare il nostro sostegno ai sacerdoti, alle religiose, ai religiosi e ai laici che operano a Gaza. Essi esercitano un ministero di presenza, di sollecitudine verso i bambini disabili e gli anziani, e di educazione dei giovani.

La loro testimonianza di fede, di speranza e d’amore ci ha dato speranza. Ed è proprio la speranza che è neces-saria in questo momento per portare la pace, una pace che non potrà essere costruita se non sulla giustizia e l’equità per entrambi i popoli. Palestinesi e Israeliani hanno disperatamente bisogno di questa pace. Ad esempio, nella valle di Cremisan, il tracciato del muro di sicurezza minaccia i terreni agricoli che appartengono da più generazioni a 58 famiglie cristiane. I colloqui di pace in corso si svolgono in un momento critico. È giunto il momento di garantire le aspirazioni alla giustizia di entrambe le parti.

Invitiamo i responsabili a essere portatori di speranza e non istigatori di ostruzione. Li invitiamo ad ascol-tare il messaggio indirizzato recentemente da Papa Francesco ai membri del corpo diplomatico: “è positivo il fatto che i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi siano ripresi, e mi auguro che le parti in causa siano determinate ad assumere, con il sostegno della comunità internazionale, delle decisioni coraggiose per trovare una soluzione giusta e duratura ad un conflitto la cui fine si rivela sempre più necessaria e urgente”. (13 gennaio 2014).

Giunti al momento di lasciare la Terra Santa, portiamo nei nostri cuori i vescovi e i fedeli della Chiesa locale. Non sono soli. Con loro, noi formiamo il popolo della speranza. Preghiamo affinché la visita che farà Papa Francesco in Terra Santa possa aprire delle vie di speranza nella regione. Siamo convinti che una pace duratura è possibile.

Coordinamento Terra Santa