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NOTIZIARIO DELL’ORDINE DEI Consulenti in Proprietà Industriale Anno XV - N. 3 - Novembre 2000 Pubblicazione trimestrale - Spediz. in abb. post. - 70% - Filiale di Milano In questo numero Il risarcimento del danno da contraffazione I Nuovi Regolamenti CE sugli accordi di R&S Protocollo di Madrid e Nuovi Marchi Internet - Nuove regole di Naming Dibattito su EPO e CTU continua a pag. 2 L’attività inventiva nei brevetti chimici e biotecnologici 1. Dell’attività inventiva, o della sua assenza, si sono occupati tanti (e tanto autorevoli) cultori della mate- ria che chiunque voglia ancora affrontare l’argomento può facil- mente incorrere nell’accusa di pre- sunzione. Ad accettare questo rischio, e a esternare riflessioni che da tempo covavano sotto le ceneri degli impegni quotidiani, ci ha indotto la coincidenza temporale di due eventi: la lettura di un articolo e l’ultima revisione d’una tesi di lau- rea. L’articolo è di Vincenzo Di Cataldo 1 ; la tesi è di una neodotto- ressa in Chimica e Tecnologia Far- maceutiche 2 . E, per parare almeno in parte la pre- detta accusa, precisiamo sin d’ora che, da chimici quali siamo, limite- remo le nostre osservazioni ai bre- vetti chimici, lasciando decidere agli esperti di meccanica e di elettronica se tali osservazioni si adattino o meno anche ai settori di loro compe- tenza. 2. Con la consueta acutezza ed ele- ganza, Di Cataldo passa in rassegna – nei pregi e nei difetti – la direttiva dell’Unione Europea in materia di invenzioni biotecnologiche; ma i suoi rilievi sono uno dei motivi determinanti di queste nostre rifles- sioni non perché riguardano lo spe- cifico tema della Direttiva, ma appunto perché toccano il nervo, purtroppo sempre (più) scoperto, dell’attività inventiva. A differenza della novità, concetto certamente oggettivo e perciò indi- scutibile (almeno nell’enorme mag- gioranza dei casi), l’attività inven- tiva è il più soggettivo dei requisiti di brevettabilità, ondivago già nel nome: lo si è anche chiamato, o lo si chiama, “inventività”, “originalità”, “novità intrinseca”, “non-ovvietà”, “livello inventivo”, “salto inven- tivo”, “altezza inventiva” (tedesco: “Erfindungshoehe”), “passo inven- tivo” (inglese: “inventive step”) e via definendo. Semplice formalismo filologico, direbbe qualcuno; ma, a parte il fatto che, per contro, la “novità” è rimasta tale, anche come definizione, in tutte le lingue e in tutte le stagioni, è esperienza quoti- diana che l’attività inventiva venga negata per la stessa invenzione da uno o più esaminatori (o CTU) e affermata da un altro o più esami- natori (o CTU), e che esaminatori dapprima scettici vengano convinti senza molta fatica da una “declara- tion” o più semplicemente da un sofisma. Rileva dunque Di Cataldo: “4. Con riferimento all’area della atti- vità inventiva delle invenzioni bio- tecnologiche il problema più serio è stato sollevato da una osservazione che tende a ripetersi. Nella letteratura (non solo giuridica) si segnala ripe- tutamente che molte invenzioni biotecnologiche richiedono (e ven- gono realizzate con) l’uso di tec- niche note applicate in modo rou- Giuseppe Bianchetti* e Giorgio Pifferi** * Consulente in Proprietà Industriale ** Titolare del corso di “Chimica Farmaceu- tica Applicata” nella Facoltà di Farmacia milanese. 1 “La brevettabilità delle biotecnologie: novità, attività inventiva, industrialità”, Rivista di diritto industriale, 1999, 177- 190”. 2 Sara Bacchetta, “Analisi dei brevetti di pro- cedimento del naproxene”, sessione autun- nale 1999 della Facoltà di Farmacia mila- nese, relatore Giorgio Pifferi, correlatore Giuseppe Bianchetti.

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NOTIZIARIO DELL’ORDINE DEI

Consulenti in Proprietà IndustrialeAnno XV - N. 3 - Novembre 2000 Pubblicazione trimestrale - Spediz. in abb. post. - 70% - Filiale di Milano

In questo numero

Il risarcimento del dannoda contraffazione

I Nuovi Regolamenti CEsugli accordi di R&S

Protocollo di Madride Nuovi Marchi

•Internet - Nuove regole di Naming

•Dibattito su EPO e CTU

→ continua a pag. 2

L’attività inventiva nei brevettichimici e biotecnologici

1. Dell’attività inventiva, o della suaassenza, si sono occupati tanti (etanto autorevoli) cultori della mate-ria che chiunque voglia ancoraaffrontare l’argomento può facil-mente incorrere nell’accusa di pre-sunzione. Ad accettare questorischio, e a esternare riflessioni cheda tempo covavano sotto le ceneridegli impegni quotidiani, ci haindotto la coincidenza temporale didue eventi: la lettura di un articolo el’ultima revisione d’una tesi di lau-rea. L’articolo è di Vincenzo DiCataldo1; la tesi è di una neodotto-ressa in Chimica e Tecnologia Far-maceutiche2.E, per parare almeno in parte la pre-detta accusa, precisiamo sin d’orache, da chimici quali siamo, limite-

remo le nostre osservazioni ai bre-vetti chimici, lasciando decidere agliesperti di meccanica e di elettronicase tali osservazioni si adattino omeno anche ai settori di loro compe-tenza.

2. Con la consueta acutezza ed ele-ganza, Di Cataldo passa in rassegna– nei pregi e nei difetti – la direttivadell’Unione Europea in materia diinvenzioni biotecnologiche; ma isuoi rilievi sono uno dei motivideterminanti di queste nostre rifles-sioni non perché riguardano lo spe-cifico tema della Direttiva, maappunto perché toccano il nervo,purtroppo sempre (più) scoperto,dell’attività inventiva.A differenza della novità, concettocertamente oggettivo e perciò indi-scutibile (almeno nell’enorme mag-gioranza dei casi), l’attività inven-tiva è il più soggettivo dei requisitidi brevettabilità, ondivago già nelnome: lo si è anche chiamato, o lo sichiama, “inventività”, “originalità”,“novità intrinseca”, “non-ovvietà”,

“livello inventivo”, “salto inven-tivo”, “altezza inventiva” (tedesco:“Erfindungshoehe”), “passo inven-tivo” (inglese: “inventive step”) evia definendo. Semplice formalismofilologico, direbbe qualcuno; ma, aparte il fatto che, per contro, la“novità” è rimasta tale, anche comedefinizione, in tutte le lingue e intutte le stagioni, è esperienza quoti-diana che l’attività inventiva venganegata per la stessa invenzione dauno o più esaminatori (o CTU) eaffermata da un altro o più esami-natori (o CTU), e che esaminatoridapprima scettici vengano convintisenza molta fatica da una “declara-tion” o più semplicemente da unsofisma.

Rileva dunque Di Cataldo:“4. Con riferimento all’area della atti-vità inventiva delle invenzioni bio-tecnologiche il problema più serio èstato sollevato da una osservazioneche tende a ripetersi. Nella letteratura(non solo giuridica) si segnala ripe-tutamente che molte invenzionibiotecnologiche richiedono (e ven-gono realizzate con) l’uso di tec-niche note applicate in modo rou-

Giuseppe Bianchetti*e Giorgio Pifferi**

* Consulente in Proprietà Industriale** Titolare del corso di “Chimica Farmaceu-

tica Applicata” nella Facoltà di Farmaciamilanese.

1 “La brevettabilità delle biotecnologie:novità, attività inventiva, industrialità”,Rivista di diritto industriale, 1999, 177-190”.

2 Sara Bacchetta, “Analisi dei brevetti di pro-cedimento del naproxene”, sessione autun-nale 1999 della Facoltà di Farmacia mila-nese, relatore Giorgio Pifferi, correlatoreGiuseppe Bianchetti.

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tinario a materiali biologici preesi-stenti. Si tratta di operazioni serial-mente ripetute e costosissime, cheinvolgono esplorazioni ad ampio rag-gio per tentativi ed errori, e richie-dono tempi lunghi, risorse finanziariecospicue, dotazioni strumentali sofi-sticate, pazienza, ma non anchecapacità personali particolari,creatività ed ingegno elevati nétecniche nuove. Può dirsi che inquesti casi sia presente “attivitàinventiva” nel senso in cui le norma-tive brevettuali di tutto il mondo(come l’art.16 della nostra legge sulleinvenzioni) definiscono tale requi-sito? ...In diritto di brevetti, si dice, ilrequisito dell’attività inventivaopera come una sorta di filtrodestinato a distinguere ciò che èalla portata solo di un ingegnosuperiore alla media.Secondo la formula normativa, èdotata di attività inventivaquella invenzione che il tecnicomedio del ramo ritiene derivare inmodo non evidente dallo statodella tecnica. Questa formula, certonon chiarissima, viene normalmentetradotta in una versione un po’piùcomprensibile, secondo la quale èdotata di attività inventivaquella invenzione che un tecnicomedio del ramo non sarebbe ingrado di realizzare. Applicandoquesta formula al caso delle inven-zioni biotecnologiche sopra ricordate,sembra inevitabile dire non può rav-visarsi attività inventiva ininvenzioni che qualunque opera-tore del ramo sarebbe in grado direalizzare, se solo avesse a dispo-

sizione molto tempo e risorsefinanziarie3 e strumentali ade-guate.

3. Prima di illustrare le ragioni dellenostre (frequentissime) evidenzia-ture riteniamo opportuno prenderein esame il secondo motivo ispira-tore di queste riflessioni: la tesi dilaurea, nella quale sono stati analiz-zati e commentati i brevetti aventicome oggetto procedimenti di pre-parazione di un farmaco antiinfiam-matorio di grande successo terapeu-tico e commerciale, il naproxene. Sitratta di oltre centocinquanta bre-vetti; per essere più precisi, di oltrecentocinquanta famiglie di brevetti,alla massima parte delle quali appar-tengono brevetti europei e statuni-tensi, dunque rilasciati in seguito alponderato accertamento dei requi-siti di legge. È bene precisare che lamolecola in questione, al pari dimolti farmaci, può esistere in dueforme speculari (“enantiomeri”),una sola delle quali è terapeutica-mente attiva; in questi casi i normaliprocedimenti di sintesi portano auna miscela di uguali quantità deidue enantiomeri (il cosiddetto“racemo”), dalla quale occorre sepa-rare l’enantiomero utile (nella fatti-specie il naproxene) con procedi-menti detti di “risoluzione”. Tutta-via esiste anche la possibilità di otte-nere soltanto l’enantiomero deside-rato, anziché il “racemo”, attraversouna sintesi cosiddetta “asimme-trica”. Nel nostro caso la maggiorparte dei brevetti riguarda procedi-menti di sintesi del “racemo”, unaparte minore procedimenti di “riso-luzione” (con ottenimento delnaproxene vero e proprio), mentrealcuni brevetti rivendicano “sintesiasimmetriche” che conducono inmisura esclusiva al solo naproxene,senza che si formi l’”enantiomero”inattivo.Ebbene, senza timore di smentita sipuò affermare che quasi tutti i pro-cedimenti brevettati (siano essi disintesi del “racemo”, di “risolu-zione” dello stesso, o di sintesi“asimmetrica”), consistono nell’ap-plicazione di reazioni non soltantonote da decenni, spesso da più d’unsecolo4, ma quasi sempre facentiparte delle conoscenze generali dibase d’ogni laureato in chimica. 4. Due volte in poche righe abbiamousato l’avverbio “quasi”: per dissi-pare possibili equivoci riteniamoopportuno precisare che i pochissimi

procedimenti non banali discussinella tesi sono basati su reazioniscientificamente interessanti ma eco-nomicamente irrilevanti, mentre lepochissime reazioni che un chimicopuò non avere incontrato durante ilcorso di laurea sono descritte ediscusse in testi reperibili in qual-siasi biblioteca universitaria.E per dissipare un altro possibile, epiù rilevante, equivoco, riteniamoopportuno precisare che il “casonaproxene” è soltanto paradigma-tico, e costituisce non l’eccezione, mala regola. Tanto che la segnalazionesottolineata da Di Cataldo, secondola quale

“molte invenzioni biotecnologicherichiedono (e vengono realizzate con)l’uso di tecniche note applicate inmodo routinario a materiali bio-logici preesistenti”

desta stupore soltanto per esserelimitata alle invenzioni biotecnolo-giche, mentre è di costante applica-bilità anche, e forse ancor di più, alleinvenzioni chimiche, la sola diffe-renza consistendo in questo caso nelfatto che i materiali preesistenti, cuisi applicano in modo routinario tec-niche note, soltanto occasional-mente sono biologici. E in tema ditecniche note, anzi banali, non sem-bra fuori luogo ricordare checostante è il rifiuto, da parte degliesaminatori statunitensi, delle riven-dicazioni di procedimento in bre-vetti di nuovo composto, rifiutomotivato dalla constatazione che talicomposti sono stati preparati conmetodi – appunto – banali. In molticasi quegli stessi esaminatori conce-dono poi brevetti che rivendicano un“nuovo” (meglio sarebbe dire un“altro”) procedimento per la prepa-razione di composti già noti; proce-dimento di norma non meno banaledi quello in origine ritenuto non bre-vettabile, e tuttavia tale da consen-tire un “progresso tecnico” in ter-mini di resa più elevata, di maggiorpurezza del prodotto, di minor tos-sicità dei reagenti impiegati, quindiun progresso che in realtà è anche, osolamente, “progresso economico”,e che viene mascherato con l’abitualericorso alle altrettanto abituali for-mulette dell’imprevedibilità e delpregiudizio tecnico5.

5. Né questo incedere per “Analo-gieverfahren”, per procedimenticostantemente analogici, conducesempre e comunque al risultato spe-

→ segue da pag. 1

3 Su questo punto si tornerà in seguito.4 Per esempio, la risoluzione del racemo è

stata quasi sempre condotta applicando piùo meno pedissequamente un principiogenerale inventato da Pasteur almeno cen-totrent’anni fa.

5 Non s’intende qui generalizzare: esistonocasi di imprevedibilità e di superamentod’un pregiudizio tecnico, casi la cui rarità èperò coerente con la logica scientifica allaquale si ispira il ricercatore. Che non è piùl’alchimista uso a pestare nel mortaio unamiscela di sostanze scelte a casaccio, ma èun essere raziocinante che applica razio-nalmente alla sintesi di nuove molecoleprocedimenti ben collaudati, partendo dacomposti di struttura accertata e conse-guentemente di comportamento chimicoprevedibile. Ed esistono casi in cui l’attivitàinventiva può essere accertata in base a cri-teri validi, quali la soluzione d’un problema“sentito” da lungo tempo e l’intensità deglisforzi dedicati a risolverlo.

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rato. Anche se ispirato a conoscenzeogni giorno più fondate e confer-mate dall’esperienza, l’iter che ilricercatore si propone di seguire puòincontrare ostacoli non superabili(una sorta di “pregiudizio tecnico”alla rovescia); ma anche di fronteall’insuccesso egli potrà quasi sem-pre ricorrere alle “conoscenze gene-rali di base” e/o all’enorme patri-monio di informazioni attingibilipremendo qualche tasto di compu-ter, e progettare un nuovo itinerario.Certamente anche nella chimica clas-sica, e non soltanto in quel nuovo eaffascinante suo settore che sichiama biotecnologia, occorrono

“operazioni serialmente ripetute...esplorazioni ad ampio raggio per ten-tativi ed errori... tempi lunghi, risorsefinanziarie, dotazioni strumentalisofisticate, pazienza, ma non anchecapacità personali particolari,creatività ed ingegno elevati, nétecniche nuove”.

Le considerazioni sin qui svolte nonvalgono, a parer nostro, soltanto perle invenzioni di procedimento. Incampo farmaceutico, per esempio,sono frequentissimi i cammini diricerca che, a partire da una mole-cola esistente in natura, o da proto-tipi ottenuti per sintesi, hanno por-tato per approssimazioni successive,razionalmente basate su analogie econfronti, a serie successive di far-maci («me-too-drugs», «fast follower»)ciascuno strutturalmente affine aquello precedente. Questo modusoperandi parte spesso da una stessaipotesi di lavoro, è ispirato a unostesso modello ed è seguito da ricer-catori operanti in industrie lontanefra loro. Ne consegue che, non dirado, i farmaci realizzati indipen-dentemente da due centri di ricercasono addirittura identici, o almenoequivalenti (con le note conseguenzedi carattere legale), a ulteriore dimo-strazione della frequenza con laquale una stessa invenzione è allaportata non di uno solo, ma almenodi due gruppi di ricercatori. Che direpoi delle invenzioni di secondo usoterapeutico, quasi sempre dovute aun più approfondito «screening» far-macologico di composti già usati interapia, cioè a un’operazione indub-biamente sistematica, paziente emeritoria, ma alla quale risultaarduo riconoscere le caratteristichedi “attività inventiva”?6. E che dire,ancora, di settori (detersivi, formu-lazioni farmaceutiche a rilascio con-

trollato, imballaggi, lubrificanti, e l’e-lenco potrebbe continuare) nei qualila ripetitività quali-quantitativa deicomponenti, diversi tra loro nei varibrevetti per non più del cinque-diecipercento del totale, è di per sé indicesicuro di un’attività altrettanto ripe-titiva, dove il risultato – anche sebrillante dal punto di vista commer-ciale – è soltanto questione dipazienza?

6. Ha ricordato Di Cataldo che

“in diritto di brevetti, si dice, il requi-sito dell’attività inventiva opera comeuna sorta di filtro destinato a distin-guere ciò che è alla portata solo diun ingegno superiore alla media”.

Se questa definizione fosse vera, con-siderando che ogni anno vengonoconcessi nel mondo centinaia dimigliaia di brevetti, frutto dell’operad’un numero mediamente almenodoppio di inventori, si dovrebbeammettere che vi è una straordinariaabbondanza di ingegni superiori allamedia, tanto da chiedersi se la“media” non sia appunto quella for-mata dagli “ingegni superiori”; esarebbe d’altro canto riduttivo, neiconfronti del resto dell’umanità, rite-nere che gli ingegni superiori afflui-scano soltanto ai laboratori di ricercae sviluppo e non anche, poniamo,agli altri settori dell’industria, o almondo economico, giuridico, arti-stico, culturale e via discorrendo. E –fermi restando i meriti degli inven-tori, ai quali l’umanità è grata di stu-pefacenti progressi, di cui godonoanche i più accaniti misoneisti – nonsi può non condividere in gran parteun’affermazione di Adriano Van-zetti, citata nell’articolo di DiCataldo:

“...la tutela brevettuale è volta a pre-miare non già un flash of genius,un’intuizione felice, ma la ricerca, lagrande ricerca, intesa come costoso epaziente lavoro di sperimentazione digrandi équipes di ricercatori”,

affermazione dalla quale dissen-tiamo soltanto per gli aggettivi“grande” e “grandi”, ma che ci sem-bra condensare in poche parole ladifficoltà, già notevolissima e sem-pre crescente, di definire “dotata diattività inventiva quella invenzioneche un tecnico medio del ramo nonsarebbe in grado di realizzare”.Dove, per coerenza con quantofinora si è detto, si sarebbe tentati didefinire attività veramente inventiva

(flash of genius) soltanto quell’inven-zione che soltanto un’équipe di tec-nici medi del ramo non sarebbe ingrado di realizzare.

7. Ci sembra che il fenomeno, ormaigenerale, secondo il quale invenzionidi notevole importanza pratica (inqualsiasi settore della chimica, maprobabilmente anche in altri campi)vengono realizzate dal tecnicomedio, o da una squadra di tecnicimedi, si identifichi con un fenomenopiù generale, che definiremmo la“spersonalizzazione” della scienza.Il progresso scientifico, indipenden-temente dalle applicazioni pratiche,“brevettabili”, è sempre meno fruttod’una folgorante intuizione, natanella mente di un genio, ed è semprepiù opera dell’indagine corale einterdisciplinare di plotoni, o batta-glioni, di specialisti di vari settori;indagine al termine della quale nonè facile stabilire se il maggior meritodel risultato vada al chimico, allospettroscopista, al biologo, al farma-cologo, all’informatico, la cui operacollettiva è incredibilmente accele-rata e facilitata dalla disponibilità distrumenti impensabili fino a pochianni addietro7. La stessa, estremafacilità con la quale è possibile acce-dere, tramite banche dati, a informa-zioni rese pubbliche da pochi giorniconsente anche agli “scienziati

6 A questo proposito, e non soltanto a esso, sirinvia a un interessante ed esauriente arti-colo di Giovanni Guglielmetti (“La brevet-tazione delle scoperte-invenzioni”, Rivistadi diritto industriale, 1999, 97-141), e allasua ricca bibliografia. In particolare,Guglielmetti ricorda come l’Ufficio Europeoabbia dovuto giustificare anche la novità diquesto tipo di invenzioni, negata da altri,con una decisione secondo cui “un effettoche si produca in maniera “inerente” in unautilizzazione già nota di una sostanza o diun prodotto, non può essere considerato perquesto solo fatto privo di novità”.

7 Uno degli autori di questo articolo conservail ricordo d’una frase pronunciata a un con-gresso di chimica (Padova, 1968) da ungrande studioso di sostanze naturali,Adolfo Quilico, a commento della relazioned’un giovane ricercatore sull’identificazioneesclusivamente spettroscopica d’una strut-tura molecolare piuttosto complessa: “Aquesto punto, noi chimici non serviamopiù”. Affermazione evidentemente para-dossale, che tuttavia rifletteva una realtàsolare: l’avvento delle tecniche di risonanzamagnetica nucleare, di spettroscopia dimassa e così via consente di ottenere inpochi giorni risultati prima acquisibili sol-tanto con anni di lavoro. E analoghe con-statazioni valgono, mutatis mutandis, pertutti i settori scientifici e tecnologici.

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medi” di impostare o modificare unprogramma di ricerca, di raggiun-gere o superare altre squadre di“scienziati medi” talora (ancheinconsapevolmente) rivolti allostesso obiettivo. Ne è una prova lafrequenza con cui il premio Nobelviene assegnato a ricercatori ope-ranti sullo stesso tema, a migliaia dichilometri di distanza l’uno dall’al-tro. Non sembra azzardato affer-mare che il “genio scientifico”, nono-stante la prodigiosa espansione dellaricerca, è in via di progressiva rare-fazione rispetto al passato, ed èdestinato a diventare un fenomenoassolutamente eccezionale8.

8. Torniamo alle considerazioni di DiCataldo che, commentando le paroledi Vanzetti, le definisce

“proposta che rischia di non esserecompresa, e di rimanere quindi nonfacilmente accettabile, finché appareestranea (come a molti è apparsa. Inpassato, anche a me) al diritto bre-vettuale comune. Mi sembra tuttaviache essa sia meno lontana dalle regoleconsuete di quanto, ripeto, nonappaia.Il requisito dell’attività inventiva halo scopo di selezionare ciò che è al dilà del divenire normale di ciascun set-tore... Al fine di verificare la presenzao l’assenza di attività inventiva dovràcontrollarsi se l’attività in questionerientri tra quelle che, per i loro costi,i loro tempi e le loro probabilità disuccesso, vengono affrontate da unoperatore medio del settore. E qualorail settore in esame sia di quelli in cuila ricerca viene effettuata non da sin-gole persone fisiche, ma da gruppi diricerca, le capacità del tecnico medionon sono solo le caratteristiche intel-lettuali e di formazione professionale,ma anche un certo grado (medio) diorganizzazione degli elementi sia per-sonali sia materiali”.

Si può cogliere qui una eccessiva sot-tolineatura dell’aspetto “costi”(peraltro già presente in Vanzetti),quasi a intendere che si debba rico-noscere attività inventiva soltantoalle invenzioni derivanti da ricerche(molto) costose. Ma, soprattutto, l’in-sistenza (abituale in quasi tutti icommentatori) sul concetto di “tec-nico medio”, come soglia critica digiudizio, ci trova in disaccordo, pertutto quello che abbiamo sin quisostenuto, riassumibile in questi ter-mini: quasi sempre l’inventore nonè altro che un tecnico medio, o, se sipreferisce, un’équipe di tecnici medi.Su quest’ultima precisazione con-corda del resto anche Di Cataldo, chepropone di lasciare

“... da parte il modello ingenuo del-l’invenzione “occasionalmente” e“gratuitamente” realizzata dall’in-ventore persona fisica...”

Di fatto questo modello è decisa-mente obsoleto9; sul punto ci sem-brano concordare anche gli esami-natori dell’EPO, per quanto si puòdedurre dalle definizioni della per-sona “skilled in the art” formulate,per esempio, nelle decisioni T694/92, T 60/89, T 500/91, T 412/93,T 223/92, T 455/91, T 886/9110 ealtre. Ma proprio in una di esse (T223/92) si legge testualmente che lapersona “skilled in the art”

“must assumed to lack inventiveimagination to solve problems forwhich there do not exist already rou-tine methods of solution…”

Non ci sembra di distorcere lo spiritodella decisione T 223/92 affermandoche, secondo i suoi redattori, i pro-blemi per i quali già esistono metodiroutinari di soluzione non richiedono“inventive immagination” (altra defi-nizione di attività inventiva, daaggiungersi a quelle inizialmentecitate). Ma c’è qualcosa di più routi-nario (della massima parte) dei pro-cedimenti chimici usati per risolvereil problema di preparare, in modo piùconveniente, un prodotto già noto? Odi modificare un detersivo sostituen-dovi il noto persale X con il noto per-sale Y, o il noto enzima proteolitico Wcon il noto enzima proteolitico Z, o ilrivestimento di una compressa modi-ficando il rapporto fra idrossietilcel-lulosa e idrossipropilcellulosa (e ciscusiamo per le iterazioni)?

Queste nostre considerazioni nonsono dettate da inutile amor di pole-

mica, bensì da una lunga serie diconstatazioni – forse desolanti maobiettive – nelle quali l’ottica del chi-mico sperimentale prevale forse suquella dell’esperto di brevetti manon intende soverchiarla. La conclu-sione? Per tentare di formularla cite-remo ancora («a contrariis») DiCataldo:

“Vorrei fare, in tema di attivitàinventiva, ancora una rapida consi-derazione. La verifica della sussi-stenza di questo requisito, come sap-piamo, tende ad essere trascurata datutti i sistemi ad esame; rimane ovun-que aperta (se pure in termini diversida sistema a sistema) la via delladichiarazione di nullità del brevettoche eventualmente sia stato rilasciatoin assenza di taluno dei presuppostidi brevettabilità... È a tutti noto ilruolo deterrente che può svolgere unbrevetto nullo, che è tanto più fortequanto più concentrato è il settore dimercato in cui esso si colloca. Di con-seguenza, il costo collettivo provocatoda un esame preventivo attento soloalla verifica della novità potrebbeapparire più elevato e meno sosteni-bile, e dovrebbe farsi di tutto perchégli Uffici competenti realizzino almeglio anche l’esame della attivitàinventiva.”

Ci sembra (ed è una sensazioneneanche troppo sommessa, dopoquanto abbiamo scritto) che, se gliUffici competenti esaminassero “almeglio” l ’attività inventiva, ilnumero dei brevetti concessi siridurrebbe in misura imponente,almeno nei settori di nostra compe-tenza. Ci sembra che la trascura-tezza giustamente lamentata da DiCataldo scaturisca dalla più o menoconsapevole constatazione, da partedegli esaminatori, che il requisito inquestione è già diventato così eva-nescente (e ancor più lo diverrà) daimporre la scelta fra due sole possi-bilità: fingere che il requisito siasoddisfatto, o respingere la mas-sima parte delle domande di bre-vetto.Ci sembra, infine, che quest’ultimasoluzione comporterebbe un costocollettivo infinitamente più elevatodi quello provocato dalla sola valu-tazione della novità, poiché nellamassima parte dei casi punirebbeproprio quella che Vanzetti defini-sce “la ricerca, intesa come costosoe paziente lavoro di sperimenta-zione di (grandi) équipes di ricerca-tori”.

8 Non sembra, almeno per ora, che conside-razioni analoghe possano valere in campoartistico: se è vero, come qualcuno ha detto,che le leggi formulate da Newton o daCopernico sarebbero state prima o poienunciate da altri scienziati, sembra estre-mamente difficile che altri artisti, oltre aMichelangelo e a Bach, avrebbero potutodipingere la Cappella Sistina o comporre laPassione secondo Matteo.

9 Come obsoleto – e quasi sempre ipocrita –è l’uso dell’avverbio «sorprendentemente»nella rituale ouverture della descrizioned’invenzione.

10 Tutte relative al settore biotecnologico, manon per questo limitate ad esso.

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Il risarcimento del danno da contraffazione.Lost profit, price erosion, convoyed sales,

bridgehead sales1. La lunghezza e complessità dellecause di contraffazione di brevetto haindotto la prassi in molti paesi stranieria ricercare, più che la inibitoria dalcomportamento violativo, il risarci-mento del danno. Gli ammontari che siottengono in America, ad esempio, so-no incommensurabilmente più alti diquelli che si ottengono in Italia. Ancheil Giappone si muove su questa via.Ciò è il risultato (non tanto di un di-verso sistema o di una diversa menta-lità, quanto) di una più approfonditaanalisi teorico-pratica del fenomenocausativo di danno e dei suoi effetti.Credo che anche in Italia si debba por-tare maggiore attenzione al risarci-mento del danno da violazione di bre-vetto.

2. Per cominciare, il legislatore italianoè silente. All’estero molte leggi indica-no che il titolare può scegliere tra trediverse modalità di risarcimento:I) il mancato profitto del titolare;II) il profitto del contraffattore;III) la royalty ragionevole.

Qui mi occuperò del mancato profittodel titolare (loss of profits).

3. il mancato profitto del titolare puòessere scomposto in queste voci:I) lost profit due to lost sales, e cioè la

perdita di fatturato per effetto del-la riduzione delle vendite di pro-dotti brevettati (o in caso di bre-vetto di processo, di prodotti diret-ti del processo) attribuibile allacontraffazione;

II) price erosion, e cioè la perdita di fat-turato per effetto della riduzionedei ricavi unitari sulle vendite ef-fettuate;

III) loss on convoyed sales, e cioè perditadi fatturato per effetto della ridu-zione delle vendite di prodotti nonbrevettati, quando la mancata ven-dita di prodotti brevettati ha com-portato una mancata vendita deiprodotti che nelle normali transa-zioni commerciali sono trascinatida quelli;

IV) loss for bridgehead sales, e cioè per-dita di fatturato dopo la cessazionedella contraffazione o dopo la sca-denza del brevetto, perdita deri-vante dal fatto che il contraffattore,per effetto della contraffazione, si ècreato uno spazio sul mercato adanno del titolare.

4. La determinazione della perdita diprofitto per perdita di vendite richie-de la determinazione della casualità (lacontraffazione ha causato una contra-zione delle vendite) ed inoltre di quat-tro fattori (detti fattori DAMP: Mor-ris):I) che vi sia una domanda del pro-

dotto brevettato (Demand for the pa-tented product);

II) che non vi siano accettabili sostitu-ti non violativi (Absence of accetablenon-infringing substitutes);

III) che il titolare del brevetto abbiauna organizzazione che sarebbestata in grado di soddisfare la do-manda (Manufacturing and marke-ting capability);

IV)che venga poi determinato l’utileche sarebbe stato ricavato (Profit hewould have made).

5. La price erosion si verifica per tutta ladurata della contraffazione e anche do-po. Infatti una riduzione di prezzo nonpuò (normalmente) essere recuperataanche se il prodotto non subisce piùuna concorrenza diretta.

Mario Franzosi

Circolari dell’U.I.B.M.

N. 416 - Variazione importo contributo per spese di ricorso.L’art. 9 della legge 23 dicembre 1999 n. 488 - Finanziaria 2000 - ha stabilito un contri-buto unificato per le spese degli atti giudiziari che riunisce le imposte di bollo, la tassadi iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria nonché i diritti di chiamata in causa dell’uffi-ciale giudiziario.Gli importi di tale contributo unificato, determinati in base al valore del processo, sonoindicati nella tabella 1 allegata alla legge stessa; i processi di valore indeterminabile,quali quelli relativi ai ricorsi innanzi alla Commissione dei Ricorsi contro i provvedimentidell’UIBM, si considerano ricompresi nello scaglione di cui alla lettera d) del comma 1della suddetta tabella ove il contributo è fissato in L. 600.000.Il comma 6 della stessa tabella stabilisce un contributo unico di L. 10.000 per il rilasciodi copie autentiche.Le norme sopra indicate entreranno in vigore il 1° luglio 2000 pertanto, per i ricorsi cheverranno depositati a partire da tale data, dovrà essere pagato un contributo di L.600.000 cui vanno aggiunte L. 10.000 se si desidera ricevere copia autentica della sen-tenza una volta registrata.Si fa presente peraltro che in detto contributo non rientrano le spese di registrazionedelle sentenze per le quali rimangono in vigore le modalità già disposte con circolaren. 398 del 21 luglio 1998.Rimangono altresì invariate le modalità di pagamento di detto contributo che, come peril passato, deve essere effettuato mediante versamento sul c.c.p. n. 871012 intestatoalla Tesoreria Provinciale dello Stato - Roma - a favore del capitolo 3602 - capo X.Si invitano gli uffici in indirizzo a voler dare la massima diffusione alla presente circo-lare che è tuttavia reperibile anche sul sito internet dell’UIBM al sito www.minindustria.it.

6. La perdita per le convoyed sales si ve-rifica per tutta la domanda della con-traffazione e anche dopo. Infatti gli ef-fetti della perdita di avviamento con-tinuano anche dopo la causa che li haposti in essere.

7. Il contraffatore spesso si crea (illeci-tamente) una posizione sul mercatoper effetto della contraffazione, e man-tiene tale posizione a danno del titola-re, essendosi creato una testa di ponte(bridgehead) con prodotti succedaneiquando la contraffazione cessa, o congli stessi prodotti quando l’attività ces-sa di essere illecita (per scadenza delbrevetto).Con ciò sottrae al titolare quello spazioche egli avrebbe se la contraffazionenon ci fosse stata.

8. Non si dica che riconoscere degli ef-fetti dopo la scadenza del brevettocomporti una ultraestensione del di-ritto di brevetto. Il diritto di brevettodura 20 anni, ma il danno arrecato puòavere una durata che non si collega al-la vita del brevetto.Allo stesso modo un incidente strada-le può consumare pochi istanti, ma idanni arrecati possono essere perma-nenti.

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6 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

La riforma del Diritto CE sulla Ri-cerca Sviluppo, e cooperazione traconcorrenti (e non) nella Produzio-ne, Distribuzione ed Acquisto – edaccordi collaterali di PI – è quasi alcompleto ed è epocale.Sulla GUCE 2000/C-118/3 sono sta-ti recentemente pubblicati i progettifinali dei Nuovi Regolamenti in ma-teria di Ricerca e Sviluppo, di Pro-duzione e Specializzazione, e relati-ve Guidelines, queste ultime appli-cabili ai principali rapporti orizzon-tali tra concorrenti (e non), tra cui airapporti di Cooperazione in materiadi: Ricerca e Sviluppo, di Produzio-ne, di Subfornitura, di Specializza-zione, di Acquisto, di Commercia-lizzazione, di Doppia Distribuzione,di Standardizzazione e Normalizza-zione e quelli relativi alla protezionedell’ambiente.I Nuovi Regolamenti e Guidelines(divisi in ben 190 capitoli) – ora informa finale – entreranno in vigoreprobabilmente all’inizio del 2001(mentre per i rapporti in corso al 31Dicembre 2000, il divieto previstodall’art. 81, par. 1, non si applicheràa tali rapporti nel periodo 1.1.2001-31.12.2001, se non soddisfano le con-dizioni per l’esenzione previste dainuovi Regolamenti e Guidelines, masoddisfano le condizioni per l’esen-zione ex Regg. 417/85/CEE e418/85/CEE).Restano escluse dalla riforma le for-me di cooperazione che non com-portano un miglioramento in termi-ni di efficienza, nonchè i tipi piùcomplessi di cooperazione orizzon-tale, quali le alleanze strategiche, loscambio di informazioni e le parte-cipazioni minoritarie, nonchè i com-parti già regolamentati, quali i Tra-sporti (Reg. 1017/68; Reg. 4056/86;Reg. 3975/87; Reg. 479/92) e Assi-curazioni (Reg. 3933/92), nonchè leConcentrazioni (Reg. 4064/89).Questi Regolamenti e relative Gui-delines completano, insieme a quel-li pubblicati nel Dicembre 1999 in or-

dine ai rapporti verticali (Reg.2790/99/CE e set di 240 Guidelines;sui quali vedi questa Rivista, Marzo2000), le Block Exemptions relativeai principali rapporti in materia diRicerca, Produzione e Distribuzione,orizzontali e verticali, sia tra con-correnti che tra non concorrenti,nonchè gli accordi accessori in ma-teria di PI.La riforma è di eccezionale portata,perchè la serie di Block Exemptionsridurrà (abbatterà) la necessità di no-tifiche preventive alle Autorità An-ti-Trust, e ridurrà la Litigation stru-mentale (onde far dichiarare -inci-dentalmente – la non applicabilitàdell’art. 81/1, ex art. 81/3, del Trat-tato, in sede di esecuzione coattiva oimpugnazione di contratti restrittivila libertà concorrenziale rilevante):deregulation quindi e maggioresemplicità operativa per le imprese– e minori costi.Inoltre, le novità strutturali sull’a-nalisi del mercato emergenti dallariforma, comportano la inapplicabi-lità degli Studi di Settore sinora im-piegati dalle Aziende ed AutoritàAnti-Trust Nazionali.Aumenterà quindi molto la richiestadi servizi di consulenza legale pre-ventiva, perchè le Aziende avrannobisogno di ri-orientare le strategiecomuni di R&S, Produzione e Di-stribuzione, secondo le nuove ampiepossibilità ora offerte dalla Legge.Si cercherà in questa piccola Nota diriassumere le principali novità, e dicommentarle brevemente per mate-ria.

GeneralitàI Nuovi Regolamenti e Guidelinesstabiliscono le condizioni di Inap-plicabilità dell’art. 81, par. 1, delTrattato di Roma a certi rapporti epratiche concordate Orizzontali (dicui dopo), e quindi si stabilisce una

Block Exemption ex art. 81, par. 3,per tali rapporti (si ricorda che dopoil recente trattato di Amsterdam sisono, tra l’altro, rinumerati alcuniarticoli del trattato di Roma, tra cuigli artt. 85 e 86, ora 81 e 82): ciò com-pleta la deregulation in ordine airapporti orizzontali e verticali diCooperazione in materia di Ricerca,Produzione e Distribuzione.Questa è ritenuta principale motoredella ripresa economica, essenzialespecie per stimolare le PMI, e perfronteggiare le sfide competitive deigrandi gruppi esteri e specie Ameri-cani ed Asiatici.Si rammenta che per “accordi di coo-perazione orizzontale” si intendonogli accordi o le pratiche concordateche intervengono tra imprese che sisituano allo stesso livello di mercato(spesso, ma non sempre, concorren-ti): in genere la cooperazione riguar-da la R&S, e la cooperazione nellaProduzione, Acquisti, Commercia-lizzazione, Standardizzazione.Per “accordi di cooperazione verti-cale” si intendono invece gli accordio le pratiche concordate che inter-vengono tra imprese che si situano adiversi livelli di mercatoNel regime tuttora vigente, onde va-lutare la compatibilità di una coope-razione orizzontale con l’art. 81, par.1, il comparto è regolato da due Re-golamenti e due Comunicazioni del-la Commissione (Reg. 417/85/CEEsulla Specializzazione/Produzionee Reg. 418/85/CEE sulla Ricerca eSviluppo [R&S]; Comunicazione GUC75 del 1968 in ordine alla Coope-razione tra imprese; ComunicazioneGU C43 del 1993 in ordine alla valu-tazione delle Imprese Comuni aven-ti natura di cooperazione).La evoluzione dei mercati e la glo-balizzazione ha comportato una cre-scente diversificazione delle formedi cooperazione orizzontale; ne con-segue la necessità di una moderniz-zazione del sistema, onde renderlopiù ampio e duttile, e più orientato

I Nuovi Regolamenti CE sugli Accordidi R&S, e sulla Cooperazione

nella Produzione - Acquisto - Distribuzione -Standardizzazione (e relative Guidelines).

Impulso alla consulenza preventivaRaimondo Galli

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Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 7

su criteri di carattere economico, piùche strettamente giuridico.Il vecchio sistema impostato su rigi-di schemi normativi, basato su listebianche (ciò che si poteva, o, piùspesso, che si doveva fare onde ren-dere l’esenzione applicabile) e listenere (ciò che non si poteva fare), ir-rigidiva il sistema, lasciava ampiospazio alla incertezza, ed obbligavale imprese a complesse architetturegiuridiche, (concentrazioni o scor-pori, schemi contrattuali simulati,cause strumentali o fittizie.......), on-de dissimulare la applicabilità delleliste bianche, o evitare le liste nere.Il nuovo sistema è basato sull’esamedel potere di mercato congiunto deicontraenti (sul mercato rilevante, edeventualmente sul mercato a monteed a valle in caso, frequente, di effetti“Spillover” o di interoperatività dimercati contigui – es. mercato deicomponenti importanti, rispetto almercato dei prodotti finali -), con-frontato con le condizioni generali diconcorrenza del comparto: se la quo-ta di mercato comulativa dei con-traenti concorrenti, anche potenzia-li, non supera certi quozienti (tra il 15% ed il 25 %, nelle varie fattispecie,corrette col metodo “HH”, di cui do-po), ed a patto che non sussistano al-cune restrizioni fondamentali (hard-core restraints, corrispondenti inbuona parte alle black lists ora in vi-gore) si presume che l’art. 81/1 nonsia violato, e che l’art. 81/3 si appli-chi, salvo la possibilità del ritiro del-la esenzione per categoria, da partedella Commissione, in certi casi pre-visti. Ciò onde evitare i casi più gravi dicollusione orizzontale tra concor-renti, quando le parti detengano unpotere di mercato ritenuto pericolo-so per la concorrenza residua suimercati inter-operanti o contigui edin assenza di efficienze che superinoil test di bilanciamento pro-compe-titivo.Per calcolare la quota di mercato ri-levante si farà anche riferimento al-la recente (e complessa) Comunica-zione della Commissione sulla no-zione di Mercato Rilevante del9.12.1997.Mentre per gli accordi “De Mimi-mis” vale ancora l’ultima Comuni-cazione della Commissione De Mi-nimis del 1997, per cui sotto le so-glie del 10 % (per gli accordi verti-cali, in ordine alla determinazionedei prezzi di rivendita o alla prote-zione territoriale assoluta) e del 5 %

(per gli accordi orizzontali, in ordi-ne alla fissazione dei prezzi, alle li-mitazioni della produzione o vendi-ta, o alla ripartizione dei mercati odelle fonti di approvvigionamento)di quota congiunta di mercato, an-che le restrizioni più gravi non sa-ranno automaticamente vietatate exart. 81/1.La Commissione ritiene che tali re-strizioni fondamentali – in assenzadi un potere di mercato – non sianoautomaticamente pregiudizievoli equindi vadano valutate dalle auto-rità Anti-Trust Nazionali e dai Giu-dici.Per queste ultime andrà quindi esa-minata la prassi, ancora giovane,delle autorità anti-trust nazionali (edelle Corti Specializzate ove esi-stenti, ad esempio delle Corti d’Ap-pello per l’Italia): ad es. l’AutoritàAnti-Trust Italiana (AGCM) ha di-chiarato nel 1997 che farà riferimen-to generalmente al diritto anti-trustCE, senza però sentirsi vincolata daquesto; ha anche dichiarato che nonsi riferirà di norma a quote di mer-cato ed a criteri matematici-econo-mici: si pensa che ora tale dichiara-zione venga rivista.Andranno anche riviste le fonda-mentali “Comunicazioni della Com-missione sulla Cooperazione tra la Com-missione e le autorità anti-trust nazio-nali”, nonchè la “Comunicazione sul-la cooperazione tra la Commissione ed iGiudici Nazionali”, nonchè alcunefondamentali decisioni della Cortedi Giustizia (per prima la celebreSentenza: Sergio De Limitis/Hennin-ger Brau), onde rilevare i complessirapporti ed i complessi margini diautonomia o interoperatività dellerispettive autorità e rapporti tra di-ritti nazionali e diritto CE, nonchè lanuova autonomia tra gli art. 81/1 e81/3, che ha stabilito finalmente an-che nella UE un utilizzo “federale”ma decentrato del diritto cogente edelle esenzioni, secondo una “ ruleof reason”, e cioè secondo un bilan-ciamento di interessi decentrato,svolto dai Giudici e dalle autoritàanti-trust periferiche.Decentramento molto importantedavvero, visto il limitato numero dicasi che la Commissione è in gradodi seguire ogni anno (circa 20 deci-sioni all’anno).Punto di partenza dell’analisi è laconsiderazione della differenza traaccordi verticali ed orizzontali in or-dine all’impatto anti-concorrenzialedelle intese.

I Regolamenti e le Guidelines sullaCooperazione Orizzontale qui incommento mutano vistosamente lavisione della Commissione, comeespressa nel Dicembre 1999, in sen-so libertario e pro-competitivo (men-tre è enorme la differenza con la tra-dizionale analisi restrittiva dellaCommissione, svolta specie negli an-ni tardo ‘70 e ‘80, cioè in periodo ovele condizioni del mercato erano giàconsiderate mature e quindi con-centrate).Vale la pena di rammentare che nel-le Guidelines sulle Restrizioni Verti-cali del Dicembre 1999, la Commis-sione aveva espresso un fondamen-tale concetto come punto di parten-za: il concetto cioè che le restrizioniverticali vanno considerate conmaggior indulgenza rispetto a quel-le orizzontali, perchè sul piano oriz-zontale l’esercizio di un potere dimercato da parte di un concorrente(vendite a prezzi più elevati) può an-dare a vantaggio dei suoi concor-renti (perchè divengono più compe-titivi sul prezzo), il che può spinge-re i concorrenti a coordinare il lorocomportamento anti-concorrenziale(collusione orizzontale).Invece nei rapporti verticali l’outputdell’uno è l’input per l’altro: ciòcomporta che l’esercizio di un pote-re di mercato da parte dell’impresaa monte o a valle, è normalmentepregiudizievole per la domanda delprodotto dell’altra. Le imprese par-tecipanti all’accordo hanno pertantobuoni motivi per impedirsi recipro-camente di esercitare un potere dimercato (self-policing effect).Questo punto di vista restrittivo del-la Commissione in ordine alla Coo-perazione orizzontale (che potevavalere in sistemi non globalizzati) ètestimoniato dalle sue principali de-cisioni (dopo, in analisi): l’effetto sul-le imprese è ben noto, e costringevaa complesse e costose strategie di in-gegneria giuridica, onde non restarebloccati dalle maglie strette del si-stema.La riforma in commento muta deltutto la visione della Commissione,come si vedrà in seguito, anche a co-sto di alcune forzature, come taloraemerge nelle Guidelines.Punto di partenza per tale muta-mento di rotta è la considerazioneche, specie per le PMI, la coopera-zione orizzontale può costituire ido-neo strumento a condividere i rischi,realizzare economia di scala, mette-re in comune il Know-How, lancia-

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8 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

re più rapidamente le innovazionisul mercato, salvo che ciò sia unostrumento dissimulato per realizza-re scopi vietati, e cioè la fissazionedei prezzi, la fissazione delle quotedi produzione o di vendita, la com-partimentazione dei mercati. Novità vera è che anche tali effettiindesiderati non sono più dei veriTaboo, in quanto essi sono proibitisolo se mediante tali accordi i con-correnti (a) mantengano, ottenganoo aumentino un potere di mercato ese (b) mediante ciò provochino ef-fetti negativi globali sui prezzi,sullaproduzione, sulla innovazione, osulla varietà e la qualità dei prodot-ti o servizi.A quanto si vede, salvo la dimostra-zione di un posizione dominante,anche quote di mercato elevate (esuperiori ai limiti del 15-25% nellevarie fattispecie) combinate con gra-vi restrizioni anti-concorrenziali,non sono di per sè sufficienti per farscattare divieti e sanzioni, se d’altrocanto le restrizioni siano indispen-sabili e sussistano condizioni di ap-plicazione dell’art. 81/3 e cioè se leefficienze superino le inefficienze,con debita traslazione degli effettipositivi sui consumatori.Ciò vale specie per prodotti nuovi,per l’high tech, per tecnologie o mer-cati conseguibili solo in comune.In generale, quindi, secondo le nuo-ve Guidelines (ripartite in ben 190capitoli), la nuova Block Exemptionsi applicherà o meno in 3 principaliclassi di fattispecie: (a) casi in cuil’art. 81/1 non si applicherà quasimai, (b) casi in cui si applicherà qua-si sempre, (c) casi in cui una consi-derazione va fatta con più attenzio-ne. Vediamoli brevemente.

(a) Casi in cui l’art. 81/1 non si appli-cherà quasi mai.Ciò vale in genere per le forme dicooperazione orizzontale che nonimplicano un coordinamento delcomportamento concorrenziale,quali la cooperazione orizzontale traimprese non concorrenti, la coope-razione tra concorrenti aventi ad og-getto attività o progetti che non po-trebbero in alcun modo realizzareautonomamente, la cooperazioneavente ad oggetto attività molto lon-tane dal livello di commercializza-zione (naturalmente in presenza dielevato potere di mercato o se taliaccordi provocano la preclusione diterzi, allora il divieto ex art. 81/1scatterebbe).

(b) Casi in cui l’art. 81/1 si applicheràquasi sempre.Il divieto ex art. 81/1 scatterà quasisempre se gli accordi hanno comeoggetto o effetto di limitare la con-correnza, fissando i prezzi, limitan-do la produzione e ripartendo i mer-cati o la clientela, a meno di accordiDe Minimis che vanno valutati se-paratamente.Ciò non vale però se tali accordi sia-no accessori e necessari ad altri nonvietati: come esempi può pensarsi:– ad una impresa comune di produ-

zione che commercializza anche ibeni prodotti in comune, per il cuifunzionamento è ovvio che le de-cisioni sui prezzi e sulla produ-zione/vendita siano prese in co-mune,

– o i casi in cui sia creato un mar-chio comune tra aziende concor-renti, caso in cui il marchio comu-ne è credibile solo se tutti gli aspet-ti di marketing, ivi compreso ilprezzo, sono standardizzati.

(c) Casi in cui una considerazione vafatta con più attenzione.Il bilanciamento tra l’art. 81/1 ed81/3 andrà effettuato con più atten-zione nei casi diversi dai primi due,e cioè nella maggior parte dei casi,ove i concorrenti orizzontali sonospinti a coordinare il loro comporta-mento concorrenziale (collusioneorizzontale) e quindi a coordinareprezzi e quote di produzione o ob-biettivi di vendita: ciò può intantoavvenire quando i concorrenti con-dividono un margine rilevante deicosti totali e specie quando ciò de-termini margini di utili simili.L’analisi, in breve, dovrà tener con-to in genere dei seguenti criteri: po-sizione delle parti sui mercati, il gra-do di concentrazione del mercato,cioè il numero e posizione dei con-correnti (applicando il metodo Her-findahl-Hirschman “HH”, cioè lasomma dei quadrati delle quote dimercato detenute da ogni concor-rente, risultando la concentrazionebassa con indice HH inferiore a 1000,media con indice HH tra 1000 e 1800,elevata con indice HH oltre 1800), lastabilità delle quote di mercato neltempo, le barriere all’ingresso, laconcorrenza potenziale (sulla nozio-ne vedi: Comunicazione della Commis-sione sulla definizione di mercato rile-vante; Tredicesima Relazione sulla poli-tica di Concorrenza, punto 55; caso Elo-pak/Metal Box-Odin), il potere con-trattuale dei fornitori e clienti, la na-

tura del prodotto, il futuro mercatodella innovazione.Gli elementi di cui sopra andrannoponderati ai sensi dei criteri noti del-l’art. 81/3, con le due note rilevantiche la pressione concorrenziale resi-dua deve far sì che le economie edefficienze raggiunte dalle parti congli accordi orizzontali devono esse-re passate al consumatore con dimi-nuzione dei prezzi e lancio di nuovegamme di prodotti innovativi e chele clausole di esclusiva devono in ge-nere servire a mitigare gli effetti pa-rassitari di “free riding”.Vediamo ora in breve i comparti og-getto delle Block Exemptions e del-le Guidelines, che sono, come si èesposto, prevalentemente (ma nonsolo) gli accordi di Cooperazione in ma-teria di Ricerca e Sviluppo, di Produ-zione e Specializzazione (e Subfornitu-ra), di Acquisto, di Distribuzione, diStandardizzazione, e di Protezione del-l’Ambiente.

Gli accordi di Cooperazione in materiadi Ricerca e Sviluppo.Il nuovo Regolamento di Esenzionee le Guidelines sostituiranno il Reg.418/85/CEE tuttora in vigore per laR&S (come integrato, quanto alla di-stribuzione comune dei derivati del-la R&S ed altri aspetti, dal Reg.151/93/CEE e prolungato dal Reg.2236//97/CEE al 31.12.2000).Il preambolo dà atto del necessariosviluppo del Reg. 996/1999 dellaCommissione, in applicazione dellaDecisione del Consiglio 1999/65/CEin ordine alle norme per la parteci-pazione delle Imprese, Centri di Ri-cerca e Università, ai programmi diRicerca e Sviluppo Tecnologico(RST), finanziati nell’ambito delquinto programma di RST della UE.Il Nuovo sistema, in breve, sempli-fica ed amplia i limiti del Reg.418/85, pur restando molto vicinoad esso nello schema e nelle prescri-zioni positive e negative (le listebianche e nere qui sembrano in buo-na parte mantenute, anche se consemplificazioni e previsioni più li-beral).L’esenzione si applicherà agli accor-di tra due o più imprese, di R&S pu-ro, e con la possibilità dello sfrutta-mento o meno dei risultati, anche incomune (inclusi i puri accordi disfruttamento, derivanti da previa at-tività di R&S svolta in comune, main precedenza), inclusa la concessio-ne in comune dei diritti di PI.Condizione della esenzione (lista

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bianca, simile ma semplificata, ri-spetto all’art. 2 del Reg. 418/85), alfine di limitare la applicazione dellaesenzione e di evitare che accordi dispecializzazione, produzione osubfornitura possano beneficiare ditale esenzione sotto schemi simula-ti, è che:– tutti i risultati della Ricerca siano

accessibili a tutti i partecipanti, sal-vo convenire che gli Istituti di Ri-cerca ed Università utilizzino i ri-sultati della R&S solo per effettua-re ulteriori ricerche.

– se l’accordo riguardi solo la R&S,ciascuna parte deve poter sfrutta-re autonomamente (!) (“automati-camente”, inopportunamente nelReg. 418/85) i risultati della ricer-ca in comune, nonchè il Know-How preesistente a tal fine.(gli ultimi due punti sono moltoimportanti se coordinati, perchènel vecchio regime ciò comportavala difficoltà di proibire alle parti didivulgare o licenziare a terzi ilKnow-How o i brevetti risultatodella Ricerca, senza poter invoca-re il regime di dipendenza tra imutui diritti di PI, in quanto anchela concessione di K-H o di brevet-ti fa parte dello “sfruttamento” equindi gli altri contraenti di uncontratto di R&S puro non pote-vano essere impediti dal divulga-re a terzi, incaricati dello sfrutta-mento, tali risultati protetti e del“K-H preesistente” e ciò a menoche una delle parti non violi gli ac-cordi contrattuali [Comm. CEE27.7.1990, Konsortium]. Ora, speciese una della Parti è una Universitào Istituto di Ricerca, è possibileprevedere tale limitazione. Vediblack list, dopo),

– lo sfruttamento in comune deve ri-guardare diritti protetti dalla PIche contribuiscano in modo so-stanziale al progresso economicoed i cui risultati devono essere de-terminanti per la fabbricazione deiprodotti (questo era e resta uno deiprincipali ostacoli alla applicabi-lità della esenzione, perchè i crite-ri sono troppo rigidi ed è diffileprevederli all’inizio della ricerca).

– le imprese specializzate nella pro-duzione devono soddisfare le do-mande di fornitura di tutte le par-ti, salvo il caso di distribuzionecomune (secondo il principio dinon discriminazione, si riteneva,già nel vecchio sistema, e cioè sen-za discriminazioni nè qualitative,nè di prezzo).

Come si vede la lista bianca di cuisopra ricalca quella ex art. 2 del Reg.418/85, eliminate di base le previ-sioni (a) ed (e) del Reg 418/85, al fi-ne di restringere le ipotesi di esen-zione, secondo cui:– le imprese dovevano stabilire ex

ante le attività oggetto di R&S (ilche poteva rendere molto difficilela applicabilità del Reg. 418, per-chè ex ante è molto difficile effet-tuare tale previsione; anche se ilmerito di essa era di limitare gliostacoli alla ricerca indipendentedegli altri contraenti nel campodella R&S o in campi affini: se que-sti non sono definiti con precisio-ne ex ante rendevano facile per legrandi imprese ridurre l’impattocompetitivo delle imprese più pic-cole nella innovazione, medianteil loro coinvolgimento nella ricer-ca comune e collegato vincolo dinon condurre ricerca autonoma-mente nello stesso campo),

– le imprese di produzione comuneo specializzate potevano essere te-nute a fornire i prodotti solo alleparti (vincolo non presente nelReg. 417/85/CEE sulla Specializ-zazione e produzione).

La esenzione in materia di R&S incomune si applica per tutta la dura-ta della attività di R&S e in caso disfruttamento in comune dei risulta-ti, per un periodo di 5 anni dalla pri-ma immissione in commercio nellaUE, se le parti non sono concorrentitra loro. Se invece almeno due delleparti sono concorrenti tra loro, laesenzione si applica per la stessa du-rata ma a patto che la quota con-giunta di mercato dei partecipantinon superi il 25 % del mercato deiprodotti rilevanti.Come si vede la quota è stata am-pliata rispetto ai limiti del 20 % e10% stabiliti oggi dai Regg. 418/85 e151/93 nei casi rispettivamente diproduzione comune e distribuzionecomune, derivanti dalla attività diR&S.La Esenzione non si applicherà in-vece in presenza delle restrizioni piùgravi (hard-core restraints, corri-spondenti da vicino alla black listdel Reg. 418/85), e quindi quando leparti prevedano:– limitazioni di svolgere R&S in

campi non connessi o nello stessocampo dopo la cessazione dellaR&S prevista,

– il divieto di contestare la validitàdei diritti di PI,

– la limitazione delle vendite o del-la produzione (salvo i casi dellaprevisione di obbiettivi di produ-zione o vendita con fissazione deiprezzi, in caso di produzione ovendita in comune o di impresacomune in tali attività),

– la fissazione dei prezzi (nel vec-chio regime tale limite valeva pre-valentemente nei prezzi esterni aterzi, non invece sempre tra le par-ti),

– le limitazioni relative alla cliente-la da rifornire dopo 5 anni dallaprima immissione in commercio(nel vecchio regime vi era distin-zione tra i vincoli sulla clientela ele “field use restraints”, cioè le “li-mitazioni dell’uso della tecnologiaa una o più applicazioni tecniche”,come nel Reg. 240/96 sul trasferi-mento di tecnologia, da cui deri-vassero limiti al tipo di clientela.Invero tali limiti alle applicazionitecniche erano oscuri ed in po-chissimi casi la Commissione se neera occupata, ad es, nei casi Wind-surfing e France/Suralmo, e nelle IXe XVII Relazione alla Concorrenza).

– il divieto di praticare vendite pas-sive (cioè non sollecitate) nei terri-tori riservati,

– il divieto delle vendite attive neiterritori riservati dopo 5 anni dal-la prima immissione in commer-cio,

– l’obbligo di non concedere a terzilicenze, ove non sia previsto o nonavvenga lo sfruttamento comunedei risultati da parte dei contraen-ti (notevole miglioramento rispet-to al vecchio regime, in cui taleprevisione era minore).

– gli obblighi di non rifornire clien-ti che rivendano in altri territori(onde proteggere le importazioniparallele, che restano il centro delsistema), o limitare gli acquisti deiterzi nella UE attraverso l’adozio-ne di misure di PI o altre misure(qui soccorre la prassi della Comme della CG, nei casi ad es. di esclu-sioni strumentali delle garanzieper prodotti originali o non, oesclusione del after-sale service, odella litigation strumentale, casidecisi ad es. in CG, Hasselblaad, Za-nussi, o esposti nella XV Relazionealla Concorrenza).

La Commissione potrà invece revo-care i benefici della Esenzione quan-do i Poli di Ricerca residui siano in-sufficienti, l’esistenza dell’accordoostacoli sensibilmente i terzi dal pro-

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cedere alla R&S o dall’accedere almercato dei prodotti oggetto di R&S,o se le parti non sfruttino in comunei risultati della R&S senza ragioneobbiettivamente giustificata (mentreciò è indice di R&S puro, può essereanche indice di pressione anti-con-correnziale per la preclusione almercato di una o più parti).Come si vedrà nelle Guidelines, visono quindi una serie di casi in cuivengono a configurarsi nuove fatti-specie di Licenze Obbligatorie a ter-zi, onde evitare gli effetti di preclu-sione sopra menzionati (che poi det-te licenze derivino da negoziazioneo da transazione a seguito di azionegiudiziale per supposta o simulatacontraffazione, si tratta di note mo-dalità).Quanto alle Guidelines, esse stabili-scono una presunzione di inapplica-bilità del divieto dell’art. 81/1 agliaccordi di R&S, che prevedano o me-no l’esecuzione in appalto o insubfornitura di alcune attività diR&S, nonchè la distribuzione comu-ne dei derivati.Le Guidelines vanno oltre il Regola-mento di esenzione e stabilisconoche in genere gli accordi di R&S pu-ri, abbastanza lontani dalla fase del-la commercializzazione, sono in ge-nere esenti dal divieto ex art. 81/1.Lo stesso vale per gli accordi di R&Stra non concorrenti, o tra concorren-ti se questi possono dimostrare chenon avrebbero potuto indipenden-temente procedere alla R&S. Lo stes-so vale se la R&S non preveda losfruttamento in comune dei risulta-ti, a meno di insufficienza dei Polidi Ricerca residui.Reciprocamente, lo sfruttamento incomune dei risultati non ha neces-sariamente carattere restrittivo, ameno che miri a fissare i prezzi, li-mitare la produzione o vendita ocompartimentare i mercati.Generalmente gli accordi in materiadi cooperazione sulla R&S vengonodefiniti altamente benefici, salvo chele parti abusino della loro posizionedi mercato onde restringere l’inno-vazione mediante accordi di R&Sappositamente congegnati: interes-santi sono i casi della R&S di nuoviprodotti o di componenti importan-ti (Spillover), ove il principale ope-ratore su un mercato coopera conconcorrenti minori ma molto attivinella ricerca, onde ridurne l’impattocompetitivo.Molto utili alcuni paragrafi che ten-dono a risolvere alcune delle princi-

pali difficoltà del regime vigente, ecioè il momento in cui si effettua lavalutazione dell’accordo di R&S(che ha fatto abolire l’art. 2/a delReg. 418/85) specie per prodottinuovi, e la considerazione che laconcessione di licenze a terzi puòmolto spesso risolvere problemi dibilanciamento di interessi tra R&S econcorrenza residua.Infine si segnala la necessità di ana-lisi più complesse per distinguere gliaccordi di R&S combinati con la pro-duzione unilaterale su base di spe-cializzazione, dagli accordi di pro-duzione in comune, di specializza-zione, di subfornitura o fornituraOEM, onde beneficiare dei minorivincoli dei primi, e ciò introduce alprossimo paragrafo.

Gli accordi di Cooperazione in materiadi Produzione e Specializzazione (eSubfornitura).La nuova bozza di Regolamento diEsenzione rimpiazzerà il Reg.417/85/CEE ora vigente (prolunga-to sino al 31.12.2000 dal Reg.2236/97/CE, come già modificatodal Reg. 151/93/CEE in ordine alladistribuzione comune ed altre pre-visioni).Questo si applicherà agli accordiorizzontali in cui (in genere) un con-corrente (o non) rinuncia o cessa, afavore di un altro, alla fabbricazionedi certi prodotti (specializzazioneunilaterale), agli accordi in cui cia-scuno dei concorrenti rinuncia o ces-sa, a favore dell’altro, a fabbricaredeterminati prodotti (specializza-zione reciproca), ed agli accordi incui i concorrenti si impegnano a fab-bricare certi prodotti solo in comune(produzione in comune).Gli accordi di specializzazione unilate-rale tra non-concorrenti possono an-che (e prevalentemente) beneficiaredel Reg. 2790/99 in ordine alla Re-strizioni Verticali (su cui diffusa-mente nel numero di Marzo 2000 diquesta rivista). Le Guidelines cerca-no di operare distinzioni tra le duediverse complesse ipotesi, specie nelcaso di specializzazione unilaterale tranon-concorrenti che operino la doppiadistribuzione.Il Preambolo assicura la fondamen-tale nozione che i benefici della Spe-cializzazione possono venire conse-guiti se nessuna delle parti sia co-stretta a rinunciare (o abbandonare)al mercato a monte o a valle: ondeevitare questo effetto indesiderato,gli accordi di specializzazione deb-

bono contenere obblighi di fornitu-ra o di acquisto (eventualmente an-che su base di esclusiva).Siffatti accordi di Specializzazione eProduzione Comune saranno quin-di esentati a patto che la quota dimercato oggetto dell’accordo (inclu-si gli effetti di Spillover) non superi-no il 20 % del mercato rilevante (poi-chè ciò include gli accordi di com-mercializzazione in comune, il nuo-vo Regolamento è molto più liberaldei vigenti Reg. 417/85/CEE e Reg.151/93/CEE) e a patto che non con-tengano le restrizioni fondamentali(black list), simili, mutatis mutandis,a quelle sopra viste per gli accordi diR&S e cioè pertinenti ai prezzi, pro-duzione e vendita e clientela, salvola libertà di stabilire obbiettivi diproduzione nella produzione comu-ne e la fissazione dei prezzi verso iclienti diretti nella distribuzione co-mune se tale fissazione sia la conse-guenza della integrazione delle di-verse funzioni.Come si vede il nuovo Regolamentoè più liberal nelle quote di mercato,specie per il caso della distribuzionecomune, ma rispetto al Reg. 417/85(che non conteneva – caso unico – lablack list), il nuovo Reg. contiene orala black list, ed in più le deroghe al-la black list del nuovo Reg. sulla Spe-cializzazione sono minori che quel-le analoghe previste nel nuovo Reg.sulla R&S.Forse può concludersi che la intro-duzione della black list è il mezzoper poter introdurre anche le dero-ghe espresse alle limitazioni fonda-mentali: andranno quindi ben valu-tate le Guidelines in merito, le qualimostrano una apertura molto vastaa tali accordi da parte della Com-missione, che pare rinunciare peruna volta al ruolo di grande Censo-re.Invariate nel vecchio e nuovo regimele ipotesi di revoca della esenzioneda parte della Commissione.Da ultimo, sorprendentemente nonsono stati affrontati alcuni dei pro-blemi relativi ai rapporti tra il Reg.417/85 e 418/85, quali la configura-zione della specializzazione unilate-rale come risultato della attività diR&S con distribuzione comune deiprodotti (cioè in quale regime rien-tri), ed i casi della English clause ecioè l’acquisto esclusivo dei prodot-ti oggetto della specializzazione en-tro il circuito, salvo esistano ester-namente condizioni migliori (previ-sta nel Reg. 417/85 art. 2/b, ma non

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Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 11

prevista nel Reg. 418/85 art. 4/c), oi casi della fornitura esclusiva o me-no – ed a condizioni non discrimi-natorie secondo la CG – a tutte par-ti da parte dei produttori incaricatidella produzione su base di specia-lizzazione (previsto dal Re. 418/85art. 2/f, ma non dal Reg. 417/85 art.2/c).Le Guidelines – molto incentivantisugli accordi di Produzione – preve-dono intanto che gli accordi di Pro-duzione (Specializzazione) sono ac-cordi Verticali (perchè in genere han-no almeno l’effetto di stabilizzare ipartecipanti ai due diversi livelli del-la produzione e distribuzione) equindi ad essi si applicano il Reg.2790/99 e relative Guidelines sullerestrizioni verticali.Gli accordi di Produzione sono in-vece considerati orizzontali (e quin-di soggetti al presente regolamentoe Guidelines) in due casi: (a) accor-di di subfornitura tra concorrenti(vedi art. 2/4 Reg. 2790/99), e (b) ac-cordi di subfornitura tra non-con-correnti che comportino il trasferi-mento di Know-How al subfornito-re (vedi anche art. 2/3 Reg. 2790/99,in cui si precisa che gli accordi disubfornitura tra non-concorrenti, inforza dei quali l’acquirente fornisceal subfornitore specifiche che si li-mitano a descrivere i beni da forni-re, rientrano tra le restrizioni verti-cali).Mentre agli accordi di subfornituratra concorrenti si applicano le Gui-delines sulle Restrizioni Orizzontaliqui in commento, agli accordi disubfornitura tra non-concorrenti checomportino il trasferimento diKnow-How al subfornitore si appli-ca la Comunicazione sui contratti disubfornitura del 1979, fatto espres-samente salvo.(Inoltre andranno inclusi nelle Gui-delines qui in commento le restri-zioni relative ad accordi verticalinon reciproci tra concorrenti ed ilvolume degli acquisti sia superiore a100 milioni di euro, nonchè il casodella doppia distribuzione ove solouno sia il produttore).Quanto al mercato rilevante, le Gui-delines specificano che possono aver-si effetti di Spillover rilevante “sol-tanto” in caso la cooperazione com-porti “inevitabilmente” il coordina-mento del comportamento concor-renziale su un altro mercato, e cioè sei mercati sono interdipendenti e se leparti si trovano in posizione di forzasul mercato secondario (sic!).

Il principale problema degli accordidi produzione viene indicato non co-me problema di rapporto orizzonta-le (cioè sulle quote di produzione osui prezzi) ma come possibilità dicollusione verticale e cioè la spinta afar aumentare i costi degli acquiren-ti concorrenti in mercati a valle (cioènei costi di distribuzione e nei costitraslati per la incorporazione dicomponenti essenziali o magari diparti brevettate). Sul punto parrebbe che le Guideli-nes smentiscano, più che integrino,il Regolamento di Esenzione, che di-ce (anche) l’opposto nella Black Liste deroghe alla Black List.In genere si indica che gli accordi diproduzione tra non concorrenti nonrientrano di solito nel divieto del-l’art. 81/1 CE (ndr: salvo quote so-pra i 100 milioni di euro, ma ciò nonviene ricordato), o tra concorrenti,quanto la cooperazione costituiscel’unica possibilità di entrare su unnuovo mercato o di produrre unnuovo prodotto.Si indica che maggiore è la quota deicosti comuni, maggiore è il rischiodi collusione e quindi minore la con-correnza sui prezzi, in particolarenel caso di prodotti omogenei. Inve-ce il rischio di collusione diminuiscese la parte dei costi comuni è mode-sta, o se la quota di produzione co-mune non è rilevante o se la coope-razione riguarda prodotti eterogeneila cui successiva commercializza-zione richiede costose attività di di-stribuzione (il che ridurrebbe l’in-centivo alla collusione a monte per-chè ne annullerebbe gli effetti a val-le).Restano ora da analizzare le 4 formeresidue di cooperazione orizzontaleprese in esame dalle Guidelines, nonrientranti – si noti – nei Nuovi Re-golamenti di Esenzione per Catego-ria: ciò vuol dire che per tali formedi cooperazione orizzontale (e per lealtre “atipiche”, cioè non previste,ma nemmeno escluse) la valutazio-ne andrà fatta caso per caso, al difuori di una Block Exemption tipiz-zata, e quindi in base ad una “Ruleof Reason”, i cui criteri guida di bi-lanciamento sono delineati trasver-salmente nelle Guidelines.

Gli accordi di Cooperazione in materiadi Acquisto.Gli accordi di Acquisto in Comunepossono essere effettuati da una im-presa comune, oppure mediante unaccordo di natura contrattuale o at-

traverso forme di cooperazione me-no stretta, al fine di conseguire eco-nomie di scala: ciò presuppone lacreazione di un potere di mercatoche si contrapponga a quella dei fab-bricanti in pool.L’acquisto in comune può compor-tare accordi sia orizzontali (sulla co-stituzione del gruppo di acquisto)che verticali (sulla fornitura delgruppo di acquisto ai suoi membri).Se tali accordi non sono stipulati traconcorrenti (ipotesi non frequente,es. rivenditori in mercati geograficidel tutto distinti), raramente l’art.81/1 CE troverà applicazione, a me-no di una forte posizione del grup-po di acquisto. Naturalmente la po-sizione non concorrenziale deve es-sere vera e non fittizia, e quindi seessa risulta dallo schema contrat-tuale simulato, dovrà essere ben va-lutata.Se invece avviene tra concorrenti(cioè operanti su mercati concorren-ti a valle), normalmente le restrizio-ni concorrenziali non sono sanzio-nate da divieto, a meno che lo sche-ma dell’acquisto comune non celioperazioni vietate.Si ricorderà che l’acquisto esclusivotra non concorrenti (o il patto di nonconcorrenza nella subfornitura) al-l’interno del patto di specializzazio-ne bilaterale con quote di mercatoinferiori ai 100 milioni di Euro, puòconseguire gli stessi scopi avendonatura verticale, e quindi andrannoviste le limitazioni del Reg. 2790/99. L’analisi verte sul potere di mercato,che sussiste ove il volume totale de-gli acquisti comuni spinga il livellodei prezzi al di sotto del livello con-correnziale e quindi ad un livellosubottimale (in tal caso infatti ilgruppo di acquisto non traslerebbe ilminor costo sui consumatori perchèper definizione ha un forte potere dimercato, mentre i fornitori – anchein pool – sarebbero costretti ad au-mentare i costi degli altri acquirentionde compensare il “profitto margi-nale negativo”).Il potere del Gruppo di Acquistopuò comportare le inefficienze dellariduzione nella innovazione, la ri-duzione della qualità ed una offertasub-ottimale, mediante la creazionedi interdipendenza tra mercato divendita e di acquisto.Pur non esistendo una soglia asso-luta che possa indicare quando unacooperazione di Acquisto possacreare un potere di mercato o meno,si indica che in genere tal potere non

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12 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

è nocivo se la quota congiunta delGruppo di Acquisto non supera il15% su entrambi i mercati, di acqui-sto e di vendita. Se la quota è mag-giore, l’accordo non è automatica-mente vietato, ma andranno valuta-ti altri fattori e specie la concentra-zione del mercato e l’eventuale con-tropotere dei fornitori.Gli accordi di esclusiva accessori adaccordi di cooperazione negli acqui-sti (cioè una quota di acquisto in co-mune vincolata) vanno valutati inquesto quadro e non sono quindivietati: certo è che il patto di esclusi-va tra le parti aumenta la quota dicosti comuni tra i concorrenti ed au-menta quindi l’incentivo alla collu-sione sia orizzontale che verticale.Possono esistere anche degli effetticumulati di rete in mercati concen-trati, ad es. se l’acquisto in comuneprovochi aumenti nei prezzi dei con-correnti (su cui i fornitori traslino iprofitti marginali negativi), ne puòderivare un aumento della concen-trazione a valle, in modo che altri ac-quirenti concorrenti saranno spintia concertare i loro acquisti in comu-ne onde compensare il potere dimercato degli altri gruppi di acqui-sto; la maggiore concentrazione avalle a sua volta può provocare unaulteriore concentrazione a monte, trai fornitori che devono fronteggiareil potere dei vari gruppi di acquistotra loro in concorrenza, o metterli traloro in concorrenza se il loro numerosia basso e quindi possa provocare lacollusione orizzontale esterna tragruppi di acquisto concorrenti.

Gli accordi di Cooperazione in materiadi Distribuzione.Le Guidelines si applicano anche agliaccordi di cooperazione tra concor-renti nella vendita, distribuzione opromozione dei rispettivi prodotti.Il caso più rilevante riguarda la di-stribuzione comune, per la quale an-dranno distinte le ipotesi della posi-zione o meno concorrenziale tra icontraenti, e le quote delle venditecomuni, onde valutare la applicabi-lità di questa Esenzione (sugli ac-cordi orizzontali), o quella sulle re-strizioni verticali, secondo gli sche-mi già visti sopra in merito agli ac-cordi di produzione.Il timore sulle inefficienze qui ri-guarda più il caso della fissazionedei prezzi, della ripartizione deimercati (nella distribuzione recipro-ca) o dello scambio di informazioni,specie se una parte rilevante dei co-

sti di distribuzione è comune, e spe-cie se la cooperazione nella distribu-zione è legata ad altri accordi di coo-perazione, quali ad es. la coopera-zione nella produzione o negli ac-quisti, tutte fattispecie che aumenta-no l’incentivo alla collusione oriz-zontale e verticale.Se la cooperazione interessa unaquota di mercato inferiore al 15% delmercato rilevante si presume che leefficienze superino le inefficienze (atutte le condizioni previste dall’art.81/3), in generale rilevandosi che leefficienze dipendono molto dal gra-do di integrazione delle funzioniaziendali messe in comune e dallaloro importanza nel processo messoin comune (ad es. la grande distri-buzione di mass products le richie-de più che nella distribuzione diprodotti industriali acquistati da po-chi consumatori professionali). Unrisparmio di costi di trasporto do-vuto ad es. solo ad una ripartizionedi clientela senza una integrazionedel sistema logistico non sarebbe ingenere considerato una efficienza.In generale verrà valutata positiva-mente una integrazione con appor-to di tecnologia, capitale o altre atti-vità.Oltre la quota del 15 %, andrannovalutati gli indici complessivi già vi-sti, mutatis mutandis.Viene esemplificato il caso della fis-sazione di prezzi, ritenuto accettabi-le, se è necessario per rendere credi-bile il marchio comune (integrazio-ne delle funzioni di marketing stan-dardizzate), o della doppia distribu-zione in territori diversi ove la ri-partizione di territorio viene ritenu-ta necessaria onde poter penetrarealtri mercati e quindi accrescere lagamma dei prodotti disponibili perla clientela locale.

Gli accordi di Cooperazione in materiadi Standardizzazione. Gli accordi di Cooperazione in ma-teria di Standardizzazione (o di nor-malizzazione) hanno in genere loscopo di definire requisiti tecnici oqualitativi relativi a processi o pro-dotti, ovvero fissare le condizioniper ottenere un marchio di qualità ola omologazione da parte di una au-torità (vedi in partic. Dir.98/34/CE).Generalmente la Commissione va-luta positivamente gli accordi che fa-voriscono la interpenetrazione eco-nomica nel mercato o incoraggianolo sviluppo di nuovi mercati ed il

miglioramento delle condizioni difornitura e dei prodotti. Ciò può av-venire se le informazioni necessarieper applicare lo standard siano a di-sposizione di coloro che voglionoentrare nel mercato a condizionieque e non discriminatorie e che unaparte considerevole del settore par-tecipi in modo trasparente alla defi-nizione dello standard.Negli altri casi la fissazione deglistandard può invece avere ovvi sco-pi anti-competitivi ed in tali casi sa-rebbero proibiti e sanzionati.Vi sono indicazioni di notevole fa-vore della Commissione per lo svi-luppo degli standard, anche in casidi forte potere di mercato ed anchein caso di posizione dominante (nes-suna quota di mercato è fissata suglistandard), salvo che la applicazionedegli standard sia obbligatoria e chenon vi sia una reale possibilità di ac-cesso agli standard da parte dei con-correnti a condizioni eque.Gli accordi di Cooperazione in materiadi Protezione dell’Ambiente.Con gli accordi di Cooperazione inmateria di Protezione dell’Ambien-te le parti si impegnano a ridurrel’inquinamento (vedi COM(96) 561def. e Quinto Programma CE a fa-vore dell’ambiente)), con modalitàquali la fissazione di standard diprodotti sul rispetto ambientale, ilriciclo o l’uso di materiali, la ridu-zione delle immissioni, o il miglio-ramento di efficienza in materia dienergia.La Commissione valuta positiva-mente tali accordi, se naturalmentenon fungano da strumento per rag-giungere fini vietati di cartello dissi-mulato. Anche per questi accordinon vi è previsione di Quote di Mer-cato, e quindi anche posizioni moltoelevate ed al limite dominanti po-tranno essere autorizzate.È quindi palese che gli accordi sullaStandardizzazione e sulla Coopera-zione in materia di Ambiente, vistoil trattamento di favore, potranno ri-sultare di particolare interesse per leAziende che operino nel mercatodella innovazione ed intendano sti-pulare patti concorrenziali, ove le re-strizioni, anche le più gravi, possanorientrare negli schemi sopra accen-nati.Come si vede da questa breve rasse-gna, la riforma (Deregulation Oriz-zontale) intende realizzare obbietti-vi di semplificazione e di certezzagiuridica, ed ha lo scopo di evitareper quanto possibile le costose noti-

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Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 13

(Sintesi della Relazione dell’Avv.Raimondo GALLI, tenuta l’11 Mag-gio 2000, alla Assemblea AnnualeOrdinaria A.I.P.P.I.Le opinioni espresse sono persona-li e non riflettono alcun orienta-mento dell’A.I.P.P.I.)In questa nota tenterò di riassumereuna mia piccola relazione tenuta inseno alla assemblea ordinaria an-nuale A.I.P.P.I. del 11 maggio us, conriferimento alla implementazionedel Protocollo di Madrid, e specie al-la questione della nullità relativa econseguentemente alla nuova rile-vanza del marchio, e quindi agli ac-cordi di coesistenza, decadenza perdecettività, ed ai nuovi depositi.Il DL 447/99 che ha implementato ilProtocollo di Madrid in Italia già re-ca un titolo self-explanatory: “Di-sposizioni per l’applicazione del Pro-tocollo.....”: implementazione ed ap-plicazione sono infatti due cose di-verse, essendo “l’applicazione” con-cetto più ampio della “implementa-zione”.Già dal titolo ci si aspetta quindi (a)una questione sull’eccesso di delega e(b) un interrogativo sulla funzionedella legge in esame.Lo scopo del Protocollo “per se” ènoto: superare i quattro principaliordini di difficoltà dei Paesi ad esa-me preventivo ad aderire all’Accor-do di Madrid.Ma il sistema dei marchi in Italia, diper sè, non conosceva tali difficoltà.Ciò malgrado, la legge italiana di im-plementazione del Protocollo hatratto spunto per aggiungere anche inuovi Istituti della opposizione e

della nullità relativa (ed ecco l’ipote-si di eccesso di delega). Si rammenta che il nuovo istitutodella nullità relativa è previsto dal-l’art. 14 del DL 447/99, che modifical’art. 59 della legge marchi, il cui te-sto ora stabilisce (ndr: enfasi ag-giunte): “L’azione diretta ad ottene-re la dichiarazione di decadenza onullità di un marchio può essereesercitata da chiunque vi abbia inte-resse e promossa d’ufficio dal Pub-blico Ministero. Tuttavia, l’azione di-retta ad ottenere la dichiarazione dinullità di un marchio per la sussi-stenza di uno degli impedimenti pre-visti dall’art. 17, comma 1, lett. b, c,d, e, g, h, per il contrasto con l’art. 18/1/f, con l’art. 21, e con l’art. 25/3/b,può essere esercitata soltanto dai tito-lari dei diritti anteriori di cui ai pre-detti articoli”.Scopo di questa nota è rilevare glieffetti epocali della nuova previsio-ne della nullità relativa (di cui sonoper altro già interpreti alcuni siste-mi esteri), che, assommati alle altreriforme già del 1992 e 1996, deter-minano un nuovo ambito di prote-zione e funzione del marchio, conconseguenze dirette sulle strategiedei depositi (nazionali ed interna-zionali), sui regimi di validità/in-validità del segno, sugli accordi dicoesistenza, sulla decadenza per de-cettività e sulla litigation cross-bor-ders.Anche il regime nazionale anti-trusted alcuni schemi contrattuali (penso

ad es. agli accordi di sub-fornitura,tra le maggiori fonti nazionali) ne ri-sentiranno.

Non è difficile immaginare le (ottimee molteplici) ragioni della introdu-zione dei nuovi istituti: certo è chel’effetto immediato della nullità relativaè quello:– (pro-competitivo) di aumentare il nu-

mero dei marchi coesistenti,(se le cause di nullità per conflittocon diritti anteriori “non possonoessere fatte valere” per carenza dilegittimazione attiva, alcuni mar-chi – pur sostanzialmente nulli inquanto gli artt. 17 e 47 l.m. non so-no stati modificati – non potrannoessere dichiarati nulli e quindi nonpotranno essere radiati dal regi-stro),

– e di incentivare gli stranieri a sce-gliere l’Italia come paese di origine,(quei marchi che – pur sostanzial-mente nulli, non potranno essere ra-diati dal registro a causa della caren-za del presupposto dell’annullamentodel marchio di base ex artt. 6 del Pro-tocollo e dell’Arrangement, non po-tranno nemmeno determinare acascata l’annullamento delle esten-sioni all’estero e quindi ciò deter-minerà un incentivo a scegliere l’I-talia come Paese di Origine; ciò èreso facile essendo “l’effetto a ca-scata” ex Arrangement abolito exProtocollo, anche se andrà ben va-lutata la clausola di Salvaguardiadell’Arrangement, rispetto al Pro-tocollo, ex art. 9 sexies del Proto-collo, anche ai fini dell’effetto a ca-scata).

Protocollo di Madrid e Nuovi Marchi:(nuovi) depositi, accordi di coesistenza,

nullità relativa e decadenzaper decettività

Raimondo Galli

fiche preventive alla Commissione edi ridurre la litigation strumentale,mediante la creazione di una ampiazona franca entro cui gli operatoripotranno muoversi con minori vin-coli giuridici rispetto al passato, on-de promuovere la cooperazione infunzione pro-competitiva.Andranno quindi rimeditate in pe-

riodo iniziale le tradizionali strategie(e sarà difficile avvalersi degli studidi settore finora impiegati).Ne deriva quindi un forte impulsoalla consulenza legale preventiva (co-me sostituto in molti casi delle Noti-fiche Preventive o della Litigationstrumentale) di cui gli operatori eco-nomici potranno beneficiare onde

orientare le scelte sulla loro coopera-zione orizzontale e verticale nell’am-pia zona franca ora ritagliata dal nuo-vo regime, evitando di incorrere neidivieti e sanzioni Anti-Trust (sia Co-munitari, che Nazionali).Non è vero quindi che la rifor-ma......... non si applica anche alleprofessioni.

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Ulteriore corollario della elezionedell’Italia come Paese di Origine saràsul fronte dei depositi ciò che è giàsul fronte della litigation secondo lacelebre teoria – “l’Italian torpedo” (ve-di LES Int. Newsletter, Luglio 2000)che è ora possibile estendere: unaazione di accertamento negativo dicontraffazione centralizzata che pre-giudichi azioni parallele negli altripaesi per litispendenza (Italian tor-pedo) o di accertamento negativo divalidità del marchio condotta unita-riamente in Italia perchè ivi è resi-dente il convenuto (art. 2 CB), l’atto-re riconvenzionale ! (ndr: Cass.SSUU 3657/90) o perchè locum com-missi delicti (art. 5.3 CB), o perchèStato del deposito (17.4 CB) – secon-do le regole di giurisdizione dellaConv. di Bruxelles – non solo ne po-trà pregiudicare sia la velocità cheazioni in altri paesi – per litispen-denza – ma al contempo parrebbeescludere la “nullità a cascata” delmarchio di origine in caso di “attac-co centrale”, perchè questo attaccofatto in Italia non potrà portare al-l’annullamento del marchio di origi-ne nel caso di conflitto di diritti an-teriori, ex artt. 6 del Protocollo e del-l’Arrangement e quindi non potràdeterminare la radiazione del mar-chio di origine. Inoltre, poichè la riserva di Giurisdi-zione ex 17.4 CB vale solo per le azio-ni dirette di nullità, ma non per gli ac-certamenti negativi di carenza deipresupposti di registrazione, nulla siopporrà a chiedere in Italia un ac-certamento negativo di carenza deipresupposti di registrazione nei con-fronti del marchio di origine ed alcontempo di tutte le estenzioni este-re, così da neutralizzare l’art. 17.4 CBe la riserva di giurisdizione esclusi-va ivi prevista. “Central Attack Italian Torpedo”sarà quindi l’azione tesa a far di-chiarare in Italia la carenza (o al con-trario la sussistenza) dei presuppostidi registrazione del marchio di ori-gine italiano e di tutte le estensioniestere, con l’effetto cross-borders dievitare nullità a cascata ed al con-tempo determinare un potenzialeconflitto per litispendenza con azio-ni parallele in tali paesi, per cui even-tuali azioni di nullità all’estero pergli stessi motivi impedenti potreb-bero potenzialmente – secondo la lexfori – o essere impedite o essere so-spese, pendendo già all’estero unaazione di accertamento sugli stessifatti o presupposti o anteriorità.

Ciò è reso ancor più facile dalla nuo-va regola (più ampia) di litispen-denza internazionale, codificata dal-la nuova bozza di Convenzione diBruxelles, presentata dalla Commis-sione e dal Parlamento Europeo al-l’inizio del 2000.L’effetto immediato delle opposizio-ni (risvolto procedurale della nullitàrelativa) ne è il corollario, al fine del-la maggior certezza e rapidità di giu-dizio, e quindi di rinforzare ex postle scelte di cui sopra.Potrebbe quindi svilupparsi la tesiche il Protocollo e la legge interna diapplicazione con i nuovi istituti svi-luppino un certo trend di “deregu-lation” (pro-competitiva) già in attoin tutti i settori, aumentino il numerodi marchi coesistenti e quindi – acausa dei relativi agganciamenti – ri-lancino questi ed i commerci sottesi.Vediamo se ciò possa giustificare l’e-quazione: (New Economy: Nuovi Mar-chi = deregulation: nullità relativa).L’Opposizione (e le Osservazioni diTerzi) – risvolto procedurale dellanullità relativa – risolvono sostan-zialmente il problema dell’esame pre-ventivo dei marchi: posto chel’UIBM può effettuare d’Ufficio unesame limitato ai motivi assoluti dirifiuto ex art. 29 L.M., questo esameviene esteso all’esame dei requisitirelativi – il conflitto con diritti di ter-zi – ad istanza di parte mediante unaopposizione.L’esame preventivo dei Marchi è sta-to quindi introdotto, anche se soload Istanza di parte, al fine di rende-re efficare ed operativo il regime dinullità relativa.Sembra trattarsi di operazione legi-slativa geniale: al contempo non siobbliga l’UIBM a fare un esame percui non avrebbe le strutture, si ac-contentano i titolari anteriori ed i ter-zi, e si accontentano gli stranieri, chedall’esame “relativo” hanno da te-mere solo.... “relativamente “, quan-do debbono decidere dove deposita-re un marchio ex Protocollo (l’“effet-to a cascata” ex Arrangement di Ma-drid è infatti abolito ex Protocollo,anche se andrà ben valutata la clau-sola di Salvaguardia dell’Arrange-ment, rispetto al Protocollo, anche aifini dell’effetto a cascata).Bisogna insistere sul fatto che sem-bra trattarsi di operazione legislativageniale, perchè tra poco si osserveràche la legge contiene insieme (quan-to al conflitto con diritti anteriori) –Salomonicamente – sia il principio del-la nullità relativa, che quello della

nullità assoluta (nonchè la decaden-za e nullità assolute per decettività):poichè i due principi non sono facil-mente conciliabili – e ciò è del restoda sempre insito nella funzione delmarchio, in bilico tra interessi priva-ti (del titolare del marchio) e pubbli-ci (onde evitare l’inganno del pub-blico), preme quindi trovare un ti-mone per potersi bilanciare tra taliinteressi privati (del titolare del mar-chio) e pubblici (onde evitare l’in-ganno del pubblico).L’esistenza della soluzione Salomo-nica e quindi la coesistenza dei regimidi nullità assoluta e relativa (resa pos-sibile già dall’art. 6/bis/1 - CUP) ètestimoniata se non altro dal fattoche il nuovo testo dell’art. 59 (nullitàrelativa) confligge:– non solo con il testo non modifica-

to dell’art. 48(2) (da cui si è sempredesunta la nullità assoluta e chenon è mutato nella riforma);

– e con la copia dei disposti specu-lari degli artt. 48(1) e 22(2) (nullitàassoluta per conflitto con diritti an-teriori ex art. 17 e carenza di con-valida, se il marchio successivo èdepositato in mala fede, non mu-tati dalla riforma);

– ma anche con gli artt. 47(1)(a) e 17(non mutati dalla riforma, secondocui il marchio è nullo, come “dirit-to sostanziale” se sussista uno de-gli impedimenti previsti dall’art.17).

In altre parole, può osservarsi che adoggi:a) l’art. 59 che regola “l’azione di

nullità diretta” (ndr:... l’azione di-retta ad ottenere la dichiarazione dinullità di un marchio......) (ndr:non quindi l’eccezione o l’azio-ne di accertamento negativo deirequisiti di registrazione, cherestano fuori dalle previsionidella nuova legge) detta una re-gola non sostanziale, ma pura-mente procedurale, stabilente unaregola in ordine alla legittima-zione ad agire, con il corollarioche la nullità relativa non è unaregola sostanziale che possa mu-tare il diritto sostanziale dei mar-chi.

Il Protocollo introduce infatti una nuo-va regolamentazione tutta ed esclusiva-mente procedurale: che poi tale rego-lamentazione procedurale abbia omeno effetti sostanziali è una puraconseguenza, ma non è l’oggetto di-retto della legge. Ciò andrà tenuto in

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debita considerazione nella fase in-terpretativa.b) l’art. 48(2), non mutato, continua

a disporre che “la preclusionedell’azione di nullità di cui alcomma 1 si estende anche ai ter-zi” (quindi i terzi in caso di con-flitto con diritti anteriori sarannopreclusi dalla azione di nullitàdopo 5 anni, ma nei primi 5 anniconservano la legittimazione equindi la nullità resta assoluta, inantitesi con l’art. 59).

Il punto è importante, perchè essen-do le due norme opposte, una elimi-na l’altra, ed è fin troppo facile esclu-dere l’ipotesi che tale antinomia siafrutto di disattenzione, perchè il le-gislatore speciale è attento, specie insede di Protocollo.Il principio che la “legge speciale so-pravveniente abroga la legge gene-rale” mi parrebbe quindi un modoprimitivo e riduttivo per risolvere ilproblema (anche perchè come si ve-drà molti altri argomenti testuali mi-litano per escludere questa soluzio-ne e per mantenere il regime di nul-lità assoluta).Invece è vero che da sempre la dot-trina (e la giurisprudenza in epocaante 1979), hanno visto pregi e difet-ti, forma e sostanza, di tale antino-mia, ed a quanto pare nessuno haprevalso sino in fondo, salvo... Salo-mone (la stessa CUP ammette taleantinomia, ad es. l’art. 6/bis/1, chericonosce la legittimazione alla azio-ne di nullità all’ufficio ed “agli inte-ressati”).L’antinomia di cui sopra, come si ve-drà, potrebbe forse essere risolta – seproprio si vuole dare coerenza a tut-ti i costi al sistema (non ogni conflit-to di interessi contiene anche la so-luzione del suo conflitto) – nel sensodi concludere che la nullità per con-flitto con diritti anteriori è relativasolo in caso di colpa del successivodepositante, mentre è assoluta in ca-so di dolo e ciò facendo leva sulle di-sposizioni di legge qui in commentoe specie gli artt. 22/2 (richiamato dal47/1/b), 48/1, 59, la cui differenzaunica consiste proprio nell’esistenzao meno di una mala fede.Poichè il giudizio di validità/invali-dità di un marchio è un giudizio nor-mativo molto complesso:– altro è il caso di chi deposita un

marchio in colpa (cioè errando sulgiudizio di validità e quindi depo-sitando un marchio nullo senzaperò accettare il rischio di tale nul-

lità, e non escludendo anche il ca-so del “dolo eventuale”);

– ed altro è il caso di chi invece de-posita o usa un marchio in mala fe-de, cioè sapendo di violare un di-ritto altrui;

– terzo caso è quello di chi crede diviolare un diritto altrui e deposita,ma poi il suo giudizio si rivela er-rato ed il marchio è dichiarato va-lido e quindi il depositante suc-cessivo aveva errato nel suo giudi-zio di invalidità, cioè erra sullapropria mala fede.

Sarebbe valido un tal marchio, de-positato in mala fede, ma senza vio-lazione di altrui diritti, perchè il de-positante aveva semplicemente er-rato sui presupposti di invalidità?Tale soluzione è incerta, perchè pog-gia su accertamenti sulle intenzioni,ma si può anche obbiettare che tuttoil sistema di diritto civile dell’illeci-to poggia su tale accertamento ex art.2043 c.c., e tutto il sistema penale del-la imputabilità e colpevolezza pog-gia pure su tale accertamento o me-glio sull’accertamento della sussi-stenza della colpa o del dolo.Anche il sistema sanzionatorio delregime di concorrenza sleale distin-gue tra colpa e dolo, anche se in cer-ti casi la colpa è presunta – salvo pro-va contraria – e quindi previo accer-tamento dello stato soggettivo. Non mi pare quindi che ci si debbaallarmare troppo da tale accerta-mento, anche se applicato al sistemadei marchi. Il sistema dei marchi del resto poggiatutto sui principi “soggettivi” del-l’accertamento delle associazioniconfusorie e quindi, in ultima anali-si, sul concetto normativo di rischiodi confusione, e cioè di come sogget-tivamente un certo messaggio puòvenire recepito dall’utente medio.c) gli artt. 48(1) e 22(2) (nullità asso-

luta per conflitto con diritti ante-riori ex art. 17 e carenza di con-valida, se il marchio successivo èdepositato in mala fede), non mu-tati dalla riforma, dettano, comesopra visto, la regola chiara che incaso di mala fede, il marchio po-steriore è nullo e la nullità puòessere fatta valere da chiunque (ilnuovo testo dell’art. 59 non in-clude infatti nella nuova regoladella nullità relativa l’art. 22/2 equindi non esclude la legittima-zione dei terzi dalla azione dinullità in caso di deposito suc-cessivo in mala fede), mentre

l’art. 48/1 conferma che il mar-chio successivo depositato in ma-la fede non si convalida per iner-zia protratta del titolare dei dirit-ti anteriori ex art. 17.

Anzi, nemmeno l’art. 47/b (nullitàassoluta) è stato toccato dalla rifor-ma: tale articolo prevede che il mar-chio è nullo se è in conflitto con l’art.22/2!!Ci troviamo quindi in presenza di al-tre tre conferme della tesi qui soste-nuta, che la nullità resta assoluta, al-meno in caso di mala fede del suc-cessivo depositante.In sintesi, il regime sostanziale dinullità previsto dagli artt. 17 - 47 -48(2) - 48/1 - 22/2 attribuisce ai ter-zi la legittimazione ad agire in nul-lità quando un marchio sia deposi-tato in mala fede (art. 22.2 legge mar-chi).Tradizionalmente l’art. 22.2 è statointerpretato nel senso di non farlo di-ventare un doppione del 17: se il re-gime di nullità per carenza di novitàè già sanzionato dagli artt. 17 e 47,l’art. 22.2 – si era pensato – dovrà ri-ferirsi ad altre ipotesi.Queste ipotesi per lo più si sono ri-condotte al deposito del marchio inviolazione di un diritto di priorità diterzi o di chi depositi in classi affiniun marchio simile ad uno notorio, sìche il terzo interferisca illegittima-mente nel “programma di deposito”del legittimo titolare.In realtà anche tale ipotesi, prima ba-sata sulla vecchia legge marchi, co-stituirebbe un doppione di altre di-sposizioni e precisamente di quelleex art. 17 b - c - h, nuova legge mar-chi, per cui anche tale dottrina potràessere ora disattesa.Orbene, atteso che quanto sopra èuna pura interpretazione, che avevaun senso nel vecchio regime, ove vi-geva (per lo più) la nullità assoluta,ora l’art. 22.2. potrebbe restituire lalegittimazione ai terzi alla azione dinullità, interpretando il marchio po-steriore come assolutamente nullo sedepositato in mala fede.Poichè i terzi non possono ora piùagire in nullità del marchio poste-riore confondibile, ex artt. 59 l.m.,per carenza di legittimazione attiva,può ora escludersi che detti terzi agi-scano in nullità ex art. 22(2)?L’art. 22(2) così inteso non sarebbepiù un doppione dell’art. 17, perchèl’art. 17 è ora riservato ai titolari an-teriori, mentre il 22(2) resterebbe l’u-nica via di salvezza per i terzi.

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Gli artt. 22.2 e 48(2) sostituirebberoquindi la coppia degli artt. 17 e 47per restituire ai terzi la legittimazio-ne ad agire, nei casi in cui si possa di-mostrare una mala fede nel deposi-to successivo.Un gruppo non indifferente di sen-tenze hanno infatti da sempre sta-tuito che anche se il registro dei mar-chi permette in teoria la conoscenzadei marchi anteriori e quindi chi de-posita posteriormente dovrebbe es-sere – in teoria – o in mala fede o incolpa grave di per sè – perchè con-sultando il registro marchi dovrebbee potrebbe conoscere le anteriorità –ciò non sarebbe invece vero perchè ilconflitto tra marchi è una questionedi interpretazione – ed è un giudiziofinale a cui si arriva a seguito di unaanalisi molto complessa – e quindi ildeposito in mala fede è solo quello dichi (vuole, o) sa di violare un dirittoaltrui, mentre altra cosa è il deposi-to di chi conosce l’esistenza di unmarchio precedente, ma non pensadi violarlo per una ragione o per l’al-tra.Quindi la nullità del marchio per ilcaso del deposito in mala fede ex art.22(2) non è un doppione degli artt.17-47 e lo si vede anche dal regimesanzionatorio: chi agisce in nullità econcorrenza sleale normalmente in-voca anche l’art. 2600 cod. civ. se-condo il quale, dimostrati gli atti diconcorrenza sleale, la colpa si presu-me, con riferimento all’art. 2043 cod.civ..La colpa si presume, quindi, ma nonil dolo: ecco la differenza tra l’art. 17e l’art. 22(2), ove l’art. 17 richiede lacolpa come elemento qualificante lafattispecie, mentre il 22(2) richiede ildolo.d) gli artt. 47(1)(a) e 17 (non mutati

dalla riforma, secondo cui il mar-chio è nullo se sussista uno degliimpedimenti previsti dall’art. 17)continuano a stabilire che il mar-chio preceduto da anteriorità ri-levanti è nullo.

Quindi ciò riprova che la regola delnuovo art. 59 è puramente di proce-dura, onde sottrarre la legittimazio-ne alla azione diretta di nullità ai nontitolari anteriori, ma, si ripete, il mar-chio posteriore resta nullo e non potreb-be essere altrimenti.Se il marchio posteriore è nullo comediritto sostanziale, e ciò si ripete de-riva dal dato testuale degli artt.47/1/a e 17, non si vede perchè nonsi possa eccepire la nullità in via di

eccezione, o perchè non si possachiedere l’accertamento negativo deirequisiti di registrabilità, come hogià sostenuto in precedenti scritti suquesta rivista.La tesi contraria, sostenuta da unaparte pur rilevante della giurispru-denza, è frutto di un equivoco ma-croscopico, basato sulla lettura in-completa e (volutamente) errata diCass. SSUU no. 3657/90, a cui tuttele sentenze in merito rimandano, se-condo cui “un Tribunale non puòimpedire all’UIBM di rilasciare laprivativa per difetto di giurisdizio-ne” (il difetto di giurisdizione sussi-ste infatti solo per impedire al-l’UIBM di emanare la privativa, manon per dichiarare che tale privativaè nulla, o che la domanda è nulla percarenza dei presupposti).Il nuovo art. 59 riconferma anzi la te-si che l’eccezione di nullità e la do-manda di accertamento negativo deipresupposti della registrazione sono“eccezione” e “ domanda di accerta-mento ma non di nullità”, perchè es-so esclude solo “l’azione diretta dinullità”, confermando con ciò la le-gittimazione alla eccezione di nullitàe quindi anche alle azioni di accerta-mento negativo.e) le coppie previste dagli artt.

18(e)- 47 e 11-41/1/b confermanoancora, ad oggi che il marchio ènullo (in senso assoluto) e deca-de, per decettività.(se poi si fa rientrare anche la no-zione di “provenienza imprendi-toriale” in quello di provenienzaprevisto dagli artt. 11 e 41/1/b-ma non dal 18/e, allora la que-stione si complica, perchè si tor-nerebbe a dire che la decezionesulla provenienza imprenditoria-le sarebbe causa di nullità o de-cadenza assolute, ma ciò parreb-be escluso dall’esame del testodella Direttiva di Armonizzazio-ne e dal Regolamento sul mar-chio comunitario, che entrambistabiliscono nullità e decadenzaper decettività solo nei casi di er-rore sulla “provenienza geogra-fica”, imputabili al registrante).

Volendo fare un primo punto, si po-trebbe concludere che:– se la nullità è ora relativa per con-

flitto con diritti anteriori (e quindisolo il titolare anteriore può far ri-levare tale nullità, ed in difetto diazione i marchi confondibili coesi-steranno), mentre resta assolutanel caso di decettività (se c’è l’in-

ganno sulle qualità, natura o pro-venienza, anche i terzi hanno azio-ne assoluta di nullità ex 18/e l.m.,concorrenza sleale ex 2598, no. 3c.c. o in certi casi di pubblicitàmenzognera), ciò sembra signifi-care che per la legge l’associazioneconfusoria tra marchi non è più con-cepita come automaticamente decetti-va, altrimenti non avrebbe alcunsenso il principio della nullità re-lativa (perchè la nullità relativa perle associazioni confusorie sarebbeassorbita dalla nullità assoluta perla decezione sulla qualità, natura oprovenienza, in ordine alle stesseanteriorità).

Inoltre se le associazioni confusoriefossero automaticamente anche de-cettive la nullità relativa sarebbe in-tollerabile, perchè non è pensabileche il titolare dei diritti anteriori sial’unico arbitro a regolare conflitti trasegni ove vi sia l’inganno del pub-blico su qualità, natura e provenien-za geografica, tali essendo profili ri-levabili anche ex ufficio dall’UIBM equindi appunto fattispecie di nullitàassoluta letterale).In altre parole, secondo tale conclu-sione, più o meno obbligata per chicrede alla nullità relativa, i marchiconfondibili ex art. 1/b legge mar-chi (cioè i marchi simili per prodottisimili per cui si possa determinareun rischio di confusione per il pubblicoche può consistere anche in un ri-schio di associazione), non sarebbe-ro anche automaticamente decettivi(e cioè non occasionerebbero auto-maticamente un inganno per il pubbli-co sulla qualità, natura o provenien-za), perchè altrimenti la categoriadella nullità relativa sarebbe elimi-nata dal fatto che tali associazioniconfusorie – se fossero anche decet-tive, sarebbero anche causa di nullitàassoluta, e potrebbero quindi esserefatte valere anche dai terzi.In sintesi la legge parrebbe ora direche “rischio di confusione per il pub-blico” e “rischio di inganno per ilpubblico” siano concetti diversi, ilsecondo essendo più grave perchèlegittima la nullità assoluta: doven-do differenziare i due concetti biso-gnerà anche dire che per l’inganno civuole qualcosa di più rispetto al ri-schio di confusione, e che per l’in-ganno ci vorrà un comportamentopositivo del titolare del marchio suc-cessivo che renda ingannevole di persè ciò che altrimenti costituirebbe so-lo un rischio di confusione.

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Si torna quindi alla possibile distin-zione tra colpa e dolo che sopra ab-biamo indicato come possibile di-scrimine tra nullità assoluta e relati-va.Tali conclusioni, quasi obbligate sesi segue il principio della nullità re-lativa qui avversata, mi paiono in-congruenti e fuorvianti se concepitecome teoria generale, anche se pos-sono avere una valenza in occasioniparticolari: infatti come il comporta-mento decettivo imputabile al primoregistrante ex art. 41/1/b fa decade-re il primo marchio (anche in caso disuccessione di marchi confusori enon decettivi), così il comportamen-to decettivo del secondo depositan-te farebbe scattare la nullità del se-condo marchio.Muterebbe il concetto di marchio,perchè se le associazioni confusorienon fossero decettive di per sè, e nonsi potesse quindi far valere la nullitàin caso di sussistenza di anterioritàrilevanti (almeno in caso di dolo delsuccessivo titolare), bisognerebbeanche dire che solo certi marchi pos-seggono in sè un messaggio evocativoulteriore alla distintività, e che solo talemessaggio potrebbe determinare l’asso-ciazione ingannevole o la differenziazio-ne tra i prodotti, al di la della diffe-renza – relativizzata – tra i segni, chepotrebbero quindi essere visti dalconsumatore solo come variante l’u-no dell’altro, o come marchi coesi-stenti, o come marchi concorrenti mache il titolare non avverte, o non con-sidera.Col corollario necessitato che l’ac-certamento delle associazioni confu-sorie andrebbe effettuato in concre-to e non in astratto (non si potrebbealtrimenti valutare il messaggio dif-ferenziante).La assolutezza di tali conclusioni ècertamente erratica, perchè se non al-tro resterebbero fuori i marchi nonusati, quelli appena depositati, quel-li in libera cessione ex art. 15/4 lmper i quali non sia predicabile un ca-rattere essenziale del bene e servizio,quelli che non portano alcun mes-saggio evocativo (e sono la maggiorparte). Tale conclusione – più o meno ob-bligata mettendo in relazione la nul-lità relativa con gli istituti previstidalle riforme del 1992 e 1996 (liberacessione ex art. 15, marchio di rino-manza, decadenza e divieto di usoper decettività ex artt. 11 e 41/1/b),mi parrebbe andare troppo oltre, an-che se può essere valida per certi

marchi in certe situazioni, ma noncome teoria generale.Volendo trovare una coerenza gene-rale in un sistema frutto di molticompromessi, che deve mediare trala tutela del titolare (principio delconsenso nel reagire alla contraffa-zione e contraltare nel principio delconsenso del titolare anteriore a farvalere la nullità, cd. privatizzazionedel marchio) e la tutela del pubblicocontro l’inganno (nullità e decaden-za assolute per decettività, concor-renza sleale, pubblicità ingannevo-le), si finirebbe per snaturare il con-cetto stesso di marchio: non pare esi-stere più un concetto unitario dimarchio che comprenda tutti i mar-chi, se non il principio di provenien-za imprenditoriale; esistono invecediversi concetti di marchio predica-bili rispetto a diverse categorie dimarchi. Accanto al principio di provenienzaimprenditoriale (prodotto originale)esisterà il principio della garanzia diqualità, e quello della certificazionedi certe caratteristiche, che potrà ar-rivare a far quasi prevalere il giudi-zio di assimilazione tra prodotti an-che in presenza di marchi dissimili,sino ad arrivare al caso di prodottiuguali ma con marchi diversi, ma che ilpubblico considera provenienti dallastessa fonte, proprio in virtù dellaidentità del prodotto o del messaggioad esso collegato, magari dettato dal-l’adattamento del marchio ai diversigusti di consumatori di diversi Pae-si o di diversi mercati nello stessopaese (il pubblico vedrebbe in so-stanza i due marchi come un mar-chio unico anche se il nomen è di-verso).Se ne è vista una applicazione re-cente, anche se alla rovescia, decisadalla Corte di Giustizia, ove una no-ta casa Farmaceutica aveva esporta-to in diversi paesi della CE lo stessoprodotto ma con rilevanti differenzenel marchio e nella confezione, al fi-ne di dividere i mercati, evitare l’e-saurimento dei diritti e quindi le im-portazioni parallele, così mantenen-do un diverso livello di prezzi in di-versi stati.Un marchio appena nato, ed ignoto,nulla ha a che vedere con un mar-chio celebre o un marchio di rino-manza o con un marchio evocativo,proprio perchè tali marchi recano di-versi messaggi, o magari non recanoalcun messaggio (oppure recano unmessaggio ma il pubblico non se neavvede) e ciò si rifletterà nel regime

di nascita, circolazione ed estinzionedei diritti.Inoltre, il messaggio evocato dalmarchio e di cui sia responsabile il ti-tolare, non è detto che sia percepitonello stesso modo da diverse classidi consumatori in diversi mercati:quindi il principio unitario che si ba-sa sul pericolo di inganno del pub-blico fondato sul messaggio evocati-vo collegato al marchio non sembraessere possibile come principio uni-tario, ma come valido principio incerti casi (per lo più per i marchi dirinomanza, o per il marchio dei crea-tori del gusto e della moda, ove ilmessaggio è probabilmente avverti-to ed in modo univoco).Non parrebbe invece che per i mar-chi in genere, anche per quelli mol-to noti ma non di rinomanza, ci sisoffermi molto sui messaggi più omeno espliciti collegati al marchio oevocati dal prodotto: se Tizio acqui-sta il caffè Lavazza piuttosto cheIlly Caffè, o acquista gli occhiali danuoto della Speedo o della Mares, oacquista un Computer Zenith o Dell,non sembra verosimile che effettuitutti i passaggi sopra descritti.A ciò, su cui forse tutti concorderan-no, andranno contrapposte le ipote-si in cui si verta su marchi quali“Cartier”, “Ferrari”, “Chanel”,“B&D” e “ Intel” (sul fronte tecnicoe dei “mass products”)........., in cui ineffetti i concetti sono diversi. Problema ulteriore, reso più criticodalle riforme, è quello di capire comesi possa evitare di qualificare comeingannevole (e quindi decettivo), uncomportamento di chi tolleri e quin-di consenta l’utilizzo di un marchiosuccessivo confusorio: il titolare an-teriore, consentendo l’utilizzo delmarchio successivo confusorio, ren-derebbe decettivo il suo marchio, chequindi potrebbe decadere ex 41/1/b(e decadrebbe più facilmente in casodi accordo di coesistenza imperfetto– cioè senza concrete modalità di dif-ferenziazione –, basato proprio sulconsenso del titolare anteriore).Anche qui, se decettività e pericolodi confusione sono assimilati, allorala decadenza scatterà quasi automa-ticamente perchè l’inerzia del primotitolare è a lui sicuramente imputa-bile e sicuramente determina un pe-ricolo di confusione, e quindi la de-cadenza ex 41/1/b diverrebbe unaconseguenza non trascurabile.Se invece decettività e pericolo diconfusione sono differenziati, allorasarà proprio il fatto del messagio di

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cui il primo titolare sia responsabile(e quindi il comportamento decetti-vo), che renderà differenti le due fat-tispecie e farà scattare la decadenzasolo nel secondo caso.Il fatto del messaggio di cui il primotitolare sia responsabile, è stato au-torevolmente sostenuto, già da tem-po, in ordine alla funzione del mar-chio in libera cessione, sì da tenerel’imprenditore a rendere edotto ilpubblico della rottura della conti-nuità aziendale, in caso di licenzanon esclusiva o di cessione parziale.Tutto quanto sin qui detto porta del-le conseguenze sulla operatività deimarchi, e specie: – sulle strategie di deposito e – gli accordi di coesistenza tra marchi

confondibili, occasionati dal nuo-vo regime (infra).

Si possono immaginare anche moltealtre conseguenze, tra cui:– nel diritto nazionale anti-trust, per-

chè la coesistenza di marchiconfondibili occasionerà la conso-lidazione orizzontale e verticale dimolti settori, specie quelli piùaffollati,

– e negli accordi di subfornitura – oveprodotti identici fabbricati dallostesso subfornitore per clienti di-versi o per un solo cliente, o perconto proprio ma destinati al mer-cato dei ricambi, siano presenti sulmercato con marchi diversi, con laconseguenza che il marchio invecedi servire ad identificare il pro-duttore, diventa l’unica caratteri-stica che permette di distinguereprodotti di identica origine e qua-lità, mentre prodotti simili fornitial committente da subfornitori di-versi – e quindi di diversa originee diversa qualità – possono com-parire sul mercato con la diversadenominazione commerciale.

I problemi che ciò fa scaturire sonomolti, ma questi sono un po’atte-nuati dalla nullità relativa (perchè lestrategie di differenziazione com-merciale potranno avvalersi con piùfacilità di marchi simili o agganciati,in funzione pro-competitiva), col ve-ro limite della nullità assoluta e de-cadenza nei casi più gravi di decet-tività.Quanto ai depositi, a seconda del re-gime di nullità invocabile si potràmeglio selezionare il rischio rilevan-te nel deposito di marchi confondi-bili.Quanto al Paese di Origine, la nuova

tesi del “Central Attack Italian Torpe-do” rende suggestiva ed appetibilel’Italia come paese di origine, onderidurre le ipotesi di nullità domesti-ca e quindi a cascata, mediante unaazione di accertamento negativo (oanche positivo) centralizzata dei re-quisiti di registrabilità, che di per sèpotrà limitare per litispendenzaazioni parallele di nullità in altri pae-si sullo stesso marchio.

Quanto agli accordi di coesistenza,questi possono precedere il deposi-to, al fine di dirimere un conflitto po-tenziale tra diversi titolari, possonointervenire in corso di registrazione,al fine di precisare l’ambito della do-manda e quindi restringere il conte-nuto della domanda, o seguire la re-gistrazione, con accordi sul ritiro vo-lontario parziale, al fine di renderel’accordo opponibile ai terzi, a cui siastato ceduto il contratto di coesi-stenza da parte di uno dei contraen-ti originari.In difetto di accordo sul ritiro vo-lontario parziale della registrazione,tali accordi saranno opponibili soloalla controparte inadempiente, cheomette di trasferire la registrazionecosì come limitata dal patto di coesi-stenza.Quanto sopra rende evidente che ilpatto di coesistenza ha natura ditransazione, perchè mira a risolvereconflitti in ordine alla sfera di prote-zione di un marchio.A tale stregua andrà valutata la cau-sa di tale transazione, onde valutarese gli accordi di coesistenza sianoreali (se cioè il conflitto tra marchisia reale o simulato), o se intendanosimulare un diverso negozio, che po-trà essere ad es.:– una licenza dissimulata (nel caso i

marchi coesistenti siano così simi-li da essere percepiti come un mar-chio unico);

– o ad es. un atto di allocazione nonesclusiva della clientela nel caso didifferenziazione dei canali pro-duttivi o distributivi;

– o di allocazione esclusiva della do-manda o della offerta nei casi disuddivisione orizzontale o vertica-le del territorio.....;

– un patto di non concorrenza;– un patto di non impugnare i reci-

proci marchi........

In tali casi sarà necessario valutare lacompatibilità degli accordi di coesi-stenza con le leggi e regolamenti an-ti-trust, ed a tal fine prioritario sarà

l’accertamento sulla concretezza del-la fattispecie: infatti solo se i marchisono realmente confondibili si potràpostulare un accordo di coesistenza,altrimenti non vi sarà ragione di tran-sigere sopra due marchi che non so-no seriamente confondibili ed in talcaso l’accordo di coesistenza sarà si-mulato, mentre il negozio dissimula-to sarà uno di quelli sopra elencati.Poichè l’essenza del patto di coesi-stenza è l’impegno a non promuo-vere azione di nullità delle recipro-che registrazioni, anche tale pattoandrà valutato alla stregua della le-gislazione anti-trust, perchè in casodi accordo simulato scatterà facil-mente il divieto anti-trust di tali ac-cordi essendo tale patto di “nonchallenge” simile ad un “hard corerestraint” in assenza di giusta causao in caso non sia accessorio ad unpatto commerciale più ampio a cuiacceda (cd. ancillary restraints).Tirando le somme di tutto quantodetto, potrà dirsi che il patto di coe-sistenza deve necessariamente con-tenere accordi sulle modalità con-crete di differenziazione dei marchi(e/o dei prodotti e mercati di sboc-co, nonchè differenziazioni sulla mo-dalità della domanda ed offerta, sal-vo quanto detto sulle normative an-ti-trust e di concorrenza lecita), ed inprimis andrà modulato il messaggiocollegato al marchio di cui il titolaresia responsabile, perchè altrimenti ilpatto è nullo per carenza dell’ogget-to (una differenziazione tra marchipriva di differenziazioni è priva dioggetto) ed i marchi possono quindiin tal caso decadere per decettivitàimputabile al titolare ex 41/1/b o es-sere impediti dall’uso per decettivitàex art. 11 lm: infatti in tali casi la de-cettività sarebbe direttamente impu-tabile ai titolari dei marchi ex 41/1/blm, perchè essa risulterebbe deriva-ta da un accordo contrattuale.In conclusione, può riassumersi chel’art. 59 l.m. stabilisce che “l’azionediretta ad ottenere la dichiarazionedi nullità di un marchio per gli im-pedimenti previsti dagli artt. 17..... èesercitabile solo dai titolari dei dirit-ti anteriori....”: pertanto mentre lachiara lettera della legge riserva co-me novità procedurale e non sostan-ziale l’azione diretta di nullità ai tito-lari delle anteriorità, la relativa ecce-zione resta libera, perchè la leggenon la riserva nè la esclude, mentreil regime di nullità sostanziale delmarchio per esistenza di anterioritàrilevanti resta immutato ex artt. 17 -

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Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 19

In data 28.7.2000 vengono modifi-che le regole di Naming per l’asse-gnazione dei Nomi a Dominio (Do-main Names) del tipo ”.it”. A sor-presa, sette giorni dopo, un nuovoaggiornamento delle stesse. Il testodel 4 agosto è riportato su questoNotiziario. Vediamo le principalinovità con particolare riferimento aiconflitti tra il Domain Name e gli al-tri segni distintivi. Terrei a precisa-re che questa versione delle regoledi Naming nulla ha a che vedere conil disegno di legge, di cui si attendel’approvazione, recante “disposizio-ni in materia di disciplina dell’uti-lizzazione di nomi per l’identifica-zione di domini Internet e servizi inrete”.Si tratta solamente delle regole am-ministrative che regolano la conces-sione di Nomi a Dominio, il loro tra-sferimento, dinanzi alla RegistrationAuthority italiana. Sono contenuteanche norme relative alla risoluzio-ne di dispute. Vi sono alcune novità sia per il tra-sferimento di un Nome a Dominio,sia per la soluzione di dispute, siaper la cancellazione d’Ufficio.La non visibilità/raggiungibilità dipagine Web all’interno del DomainName assegnato potrebbe causare la

revoca d’Ufficio del Domain Name.La Registration Authority deve veri-ficare personalmente il mancato usodel Domain Name.Sono numerosi i Domain Namespresenti sul registro ma che di fattonon possono essere raggiunti con ilcollegamento in rete. Si noti che ad evitare la revoca sonosufficienti due limitatissimi usi: l’u-so del Domain Name nella postaelettronica e la semplice apposizionedi un disegno, di una scritta, di un ri-mando all’interno di una paginabianca.Esistono anche operatori che offronoun servizio di parcheggio di DomainNames al solo scopo di evitarne larevoca. Il trasferimento di un Nome a Do-minio può avvenire. per volontà del-le parti, in seguito al risultato di unadisputa, per successione a titolo uni-versale o particolare. La Registration Authority non tra-sferisce i Domain Names da un sog-getto ad un altro mediante un’ope-razione sul registro. La procedura èsostanzialmente questa:– la Registration Authority rende

Internet - Nuove regole di Naming (4 agosto 2000)e procedure di risoluzione delle dispute dinnanzi

alla Naming Authority Italiana

Fabio Giambrocono

47/a, 48/2 e 48/1-22/2 lm., non mu-tati dalla riforma.Ciò è tanto più vero per le azioni diaccertamento negativo dei requisitidi registrazione, del marchio o delladomanda.Nemmeno lo spirito della legge (sul-la nullità relativa) lo esclude, perchènon possono più condividersi, al-meno oggi, le preoccupazioni di chiha, pur autorevolmente, “temutoche il contraffattore possa difender-si azionando anteriorità non sue” (ecosì convertendo il difetto di appar-tenenza in causa di nullità relativaex art. 25/3 lm proprio onde otte-nere tale effetto e prevenire il rischiodi riconvenzionali di nullità stru-mentali), perchè anche il titolare deidiritti anteriori può essere a sua vol-ta un contraffattore, nella catena

della successione dei marchi simili.Anzi la nullità relativa occasioneràproprio l’effetto temuto, e cioè lacoesistenza colpevole di marchiconfondibili, ed ecco perchè almenonei casi di mala fede non può accet-tarsi la nullità relativa.La nullità relativa quindi occasio-nerà la coesistenza di molti marchiconfondibili, così mutando in parteconcetto e funzione del marchio, equindi muterà le strategie di deposi-to(nazionali ed internazionali), didifferenziazione commerciale (poli-tiche commerciali-produttive e dimarca), e gli schemi contrattuali (li-cenze – accordi di coesistenza – ac-cordi di subfornitura.......).Nullità relativa e assoluta continua-no a convivere, in diverse fattispe-cie, e specie nei casi di decettività im-

putabile al titolare, e mi pare pro-prio, nei casi di dolo o mala fede (edolo eventuale, cioè incertezza maaccettazione del rischio sulla invali-dità) nel successivo deposito.La conclusione è che siamo in mez-zo ad una vera e propria Odissea in-terpretativa e quindi onde evitare laresponsabilità dei Consulenti Marchi eBrevetti nei confronti del cliente in ca-so di deposito di marchio poi dichiaratonullo, responsabilità recentementeaffermata da una Sentenza del Tri-bunale di Milano (su cui vedi New-sletter A.I.P.P.I. del Luglio 2000),non resta che seguire l’insegnamen-to storico della Odissea e adattare iformulari: “....... il marchio deposi-tando può risultare nullo,....... ma lanullità “Nessuno” può farla vale-re...”.

“disponibile” il Domain Name og-getto di trasferimento per una rias-segnazione, come se fosse un Do-main Name mai richiesto da nes-suno, per un determinato numerodi giorni.

Il soggetto riassegnatario (esempio,il vincitore di una disputa) sarà l’u-nico cosciente della disponibilità delDomain Name contestato e potrà ri-chiederlo per via ordinaria presen-tando la consueta lettera di assun-zione di responsabilità. Una disputa può essere risolta pervia arbitrale in seguito all’adesionedi entrambe le parti all’arbitrato. Èprevisto anche il ricorso al GiudiceOrdinario. In tal caso sarà necessarioaprire un processo di pubblica con-testazione secondo le modalità giàdescritte su questa rivista. È neces-sario sia in caso di arbitrato sia in ca-so di ricorso al Giudice Ordinario“ricordare” ogni due anni alla Regi-stration Authority la presenza dellacontroversia. Sull’argomento non è cambiato nul-la di importante rispetto alle scorseedizioni; la vera novità consiste nel-la procedura cosiddetta di riasse-gnazione. Si tratta di una procedurasemplificata che in modo veloce e af-

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20 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

Lettera al DirettoreEgregio Direttore, Mi riferisco con lapresente all’articolo pubblicato a fir-ma dell’ing. Giambrocono sul Noti-ziario del mese di maggio 200. Mi au-guro che tale articolo avesse l’unicoscopo di suscitare delle reazioni daparte del colleghi più giovani, e chele riflessioni colà esposte avesseroquindi un puro intento provocatorioben sapendo che la teoria propostanon è difendibile. Riassumendo inpoche parole il contenuto del sud-detto articolo, i colleghi “più giova-ni” commetterebbero il peccato mor-tale di “uccidere” la CTU in quantoad essa applicherebbero le EPC e lerelative Guidelines, mentre i presup-posti di una CTU sono quelli di ave-re come punto di partenza un bre-vetto già concesso e non più un “iteramministrativo di concessione”. Tra-lasciando tutta la teoria sulla even-tuale brevettabilità o nullità di riven-dicazioni come esposta nell’articolo,ed alla quale teoria rimando il letto-re per maggiori dettagli, è degno dinota rimarcare che la conclusionedell’ing. Giambrocono è quella diconsigliare di “rivendicare tutto”, inmodo tale che qualsiasi caratteristicacontenuta nelle rivendicazioni possaeventualmente divenire oggetto di

protezione nella rivendicazione prin-cipale o indipendente. Questa meto-dologia farebbe sparire qualsiasi dif-ferenza tra brevetti esaminati (euro-pei) e non esaminati (italiani).Ho il massimo rispetto per l’ing.Giambrocono, che è senz’altro daconsiderarsi come uno dei “padri”del mondo della Proprietà Indu-striale italiana, tuttavia ciò non miesime dall’esprimere la mia diffor-me opinione in merito al contenutodi tale articolo. Amerei inoltre espri-mere alcune idee per quanto riguar-da altri temi che ritengo scottanti eche vengono tuttavia troppo spessotrascurati.Come tutti noi ben sappiamo, l’Italiaè l’unico Paese industrializzato chenon è riuscito (a causa di una evi-dente mancanza di volontà politica)a dotarsi di un sistema brevettualedegno di tale nome. Ci apprestiamoa vivere il III millennio, nell’era diinternet e della comunicazione glo-bale, e ciononostante un’impresa ita-liana non è a tutt’oggi in grado di sa-pere con certezza ed in tempi rapidise il brevetto di una concorrente èvalido o meno, cioè se le annualitàsono state pagate oppure no; siamoin un Paese dove chi deposita unadomanda di brevetto non è in gradodi sapere dall’Ufficio Brevetti, nè orané mai, se vi sono anteriorità di ri-lievo, in buona sostanza se il propriobrevetto italiano è valido oppure no;e siamo, purtroppo, in un Paese do-ve c’è ancora qualche “addetto ai la-vori” che finge di non volere vederequesto stato di cose disastrato, che

Dibattito su EPO e CTUCon riferimento all’articolo dell’Ing. Alfon-so Giambrocono “L’EPO influisce sulleCTU?” pubblicato sul NOTIZIARIO n.2/Maggio 2000 sono pervenuti alla Reda-zione tre contributi sull’argomento.

fidabile ripara “abusi e violazioni disegni distintivi” talmente evidentida “non meritare nemmeno l’arbi-trato”. Si tratta di norme a parere delloscrivente veramente malfatte. Sep-pur alimentate dalle migliori inten-zioni.Procedura amministrativa di riasse-gnazione è applicabile ad ogni No-me a Dominio del tipo “nome.it”. Laprocedura non ha natura giurisdi-zionale e come tale non preclude al-le parti il ricorso alla magistraturaod all’arbitrato anche in seguito allapronuncia. Un’organizzazione denominata “en-te conduttore” è il motore della pro-cedura. Se ho ben compreso chiun-que può fare l’ente conduttore siache abbia cognizioni giuridiche enon. Questo provoca i miei primi pregiu-dizi. La procedura è regolata esclusiva-mente dalle Regole di Naming e da-gli altri documenti emanati dalla Re-gistration Authority. Per pretendere la riassegnazione diun Nome a Dominio è necessario chesussistano contemporaneamente leseguenti condizioni:1.che il Nome a Dominio contestato

sia identico ad un marchio, ad unnome od ad un cognome (chissàperché la ditta non vale, come pu-re lo pseudonimo ed i diritti di au-tore).

2.che il resistente non abbia alcun di-ritto o titolo al Nome a Dominiocontestato (qui sembra che ogni di-ritto o titolo valga, non si dice seanteriore o posteriore, italiano odestero, se sia un titolo di proprietàindustriale - marchio, brevetto, in-segna, ditta, diritto d’autore, ecce-tera-).

3.che il Nome a Dominio sia stato re-gistrato ed usato in malafede.

Ciliegina sulla torta (la torta è ov-viamente per il resistente): si specifi-ca che il resistente non potrà essere“scalzato” dal suo Domain Name seprima di aver avuto notizie dellacontestazione ha usato o si è prepa-rato ad usare il Nome a Dominiocontestato (pertanto se io avessi usa-to il Nome a Dominio “BradPitt.it”potrei continuare ad utilizzarlo, pro-babilmente con disappunto delle na-vigatrici!).È anche sufficiente che il resistentesia conosciuto personalmente comeassociazione od ente commerciale

con il nome corrispondente al Nomea Dominio registrato.Il resistente è salvo se il Nome a Do-minio sia stato registrato senza l’in-tento di sviare la clientela o senzal’intenzione di violare il marchio re-gistrato.Sembra che quello che rileva sia l’in-tento e non la conclamata interfe-renza tra i segni distintivi!Il regolamento si premura di dircianche i casi presunti di malafede, chericordiamo è la terza delle condizio-ni per la riassegnazione:– vi è malafede se le circostanze in-

ducano a ritenere che il Nome aDominio è stato registrato con loscopo primario di rivenderlo al ri-

corrente per un corrispettivo mo-netario superiore ai costi.

– vi è malafede se il Nome a Domi-nio sia stato registrato per impedi-re l’accesso alla rete ad un concor-rente

– vi è malafede se il Nome a Domi-nio sia stato registrato con lo sco-po di danneggiare gli affari di unconcorrente od usurparne il nome.

– vi è malafede se il Nome a Domi-nio è stato intenzionalmente uti-lizzato per attrarre utenti Interneta scopo di trarne profitti.

Sono pertanto centinaia le possibilitàper un Cybersquatter di resistere alprocedimento di riassegnazione.

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Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 21

tanti danni crea alle imprese che noirappresentiamo e che, tra l’altro, ciha pure reso lo zimbello dei nostricolleghi stranieri.A mio modo di vedere, l’applicazio-ne tout court dell’articolo 8(3) dellaConvenzione di Strasburgo ai bre-vetti italiani concessi, per riprenderela terminologia “biblica” dell’ing.Giambrocono, è viziata da un im-portante “peccato originale”. Comeben sappiamo, al momento della re-dazione della domanda di brevetto,nella stragrande maggioranza dei ca-si né il richiedente, né il suo manda-tario, hanno una visione sufficiente-mente completa di quello che è lo sta-to della tecnica. Poiché il brevettoviene di seguito concesso senza ri-cerca e senza un vero esame di meri-to, il risultato di ciò è che una largaparte dei brevetti italiani concessipossiede le stesse rivendicazioni del-la domande iniziale, rivendicazioniche non identificano quasi mai consufficiente precisione l’effettivo am-bito di tutela conferito dal brevetto. Eciò contrasta in modo lampante conil citato art. 8(3), che presuppone, pursenza menzionarlo direttamente, unqualche esame preventivo o per lomeno, come accade in alcuni Paesi,un qualche indice o indizio relativoall’ambito di protezione.Questa è la situazione nella quale siarriva a determinare la validità delbrevetto durante una CTU: la veritàdei fatti è che, da parte di molti man-datari (forse i “più giovani”), la CTUviene vista non tanto come un mezzoper andare a controllare se l’ambito diprotezione conferito dal brevetto con-cesso debba essere rivisto, quanto co-me l’unico modo per andare final-mente ad individuare un ambito diprotezione se mai questo esista. Il“grave errore” commesso da alcunicolleghi sarebbe quindi quello di ten-tare di correggere de facto la imper-donabile stortura di cui soffre il siste-ma brevettuale italiano e di riportar-lo ad un livello da paese civile ed in-dustrializzato. Spiace vedere che uncosì illustre collega, invece di denun-ciare pubblicamente una tale situa-zione, che crea incalcolabili danni al-le imprese italiane ed una grave in-certezza del diritto, e di proporsi co-me punto di riferimento per tutti imandatari italiani allo scopo di eser-citare le più forti pressioni a livelloparlamentare e finalmente modifi-carla, preferisca invece adagiarvisi so-pra ed accettarla come se essa fossescontata ed immutabile. Ancor di più

spiace vederlo addirittura criticarecoloro i quali, con coraggio e vero spi-rito innovatore, tentano di sopperireall’arretratezza di un sistema chequalcuno non ha voluto o saputo ren-dere adeguato ai tempi che cambiano.Ritengo ingenerose, ed anche un po-chino offensive, nei confronti dei“più giovani” consulenti, le afferma-zioni secondo le quali le CTU vengo-no da questi (mal)trattate, e che essiritengano che il vertice delle cono-scenze brevettuali sia costituito dallaCBE e dalle sue interpretazioni. Nes-suno vuole mettere in discussione lacompetenza e l’esperienza dell’ing.Giambrocono, ma credo che in que-sta occasione egli abbia francamentemirato contro il bersaglio sbagliato:rivolga piuttosto i suoi strali controchi non è riuscito a farsi sentire quan-do l’Italia non si è data una nuovalegge brevetti, ma ne ha modificato e“novellato” una che è ormai vecchiadi 60 anni, mantenendone un im-pianto di base che si rivela ogni gior-no più obsoleto; contro chi non ha asuo tempo capito che l’apertura diun’Agenzia dell’Ufficio Europeo Bre-vetti a Roma avrebbe potuto costitui-re una straordinaria opportunità permigliorare in modo fondamentale iservizi alle imprese e per stimolarlealla innovazione tecnologica: controchi si rifiuta di capire che l’Ufficio Ita-liano Brevetti deve avere una sua au-tonomia, soprattutto dal punto di vi-sta finanziario, e che non è solamen-te una “mucca da mungere” all’in-terno del Ministero per l’industria;contro chi predica su tutti i mass me-dia che il futuro dell’Italia passa peril percorso obbligato dell’innovazio-ne tecnologica, senza però fornire al-le imprese i mezzi per difendere i ri-sultati delle proprie ricerche. Questisono i temi del futuro, sui quali anchenoi, consulenti in proprietà indu-striale, per “giovani” o “anziani” chesiamo, ci giocheremo la nostra pro-fessionalità. Ed è qui che dovremo fa-re quadrato, dimostrare le nostre do-ti non solo professionali, ma anchequelle politiche, soprattutto perquanto riguarda i membri del Consi-glio dell’Ordine che ci rappresenta-no di fronte alle Istituzioni, perché sivenga finalmente a comprendere, alivello di Governo, che un Paese co-me l’Italia si merita un sistema bre-vettuale decoroso ed un Ufficio Bre-vetti efficiente per mantenere il pas-so con i nostri partners europei e con-trastare la concorrenza mondiale.Certo che, finché continueremo in-

vece ad occuparci di questioni tuttosommato secondarie, come il tratta-mento delle CTU da parte di alcunicolleghi, giocando a dividere piutto-sto che ad unire la nostra categoria,a parlarci addosso e ad alimentarevecchie gelosie invece di mettere incantiere delle azioni comuni perdiffondere la cultura della brevet-tualità nei confronti delle imprese,nostra fonte di vita, come pure peresercitare pressioni sulla classe poli-tica che ci governa, il futuro dellaprofessione sarà sempre meno roseo.Ritorno all’inizio di questo inter-vento, ribadendo il mio auspicio chel’articolo “incriminato” rappresen-tasse solo una provocazione. In que-sto caso, complimenti all’estensoreche, almeno per quanto mi riguarda,ha senz’altro raggiunto il suo scopo.D’altronde, vista la mia formazionedi base (otto anni come esaminatoreEPO lasciano evidentemente il se-gno), non potevo esimermi dal di-fendere chi, come il sottoscritto, la-vora per avvicinare l’Italia all’ Eu-ropa.

Ing. Sandro Sandri

CTU e UBEL’Ing. Alfonso Giambrocono, nel nu-mero di maggio di questo notiziario,scrive un articolo appassionato(“L’EPO influisce sulle CTU?”), so-stenendo che molti CTU – soprattut-to giovani, Egli dice – applicano ledirettive per l’esame europeo alleCTU sui brevetti nostrani, ridefinen-do un ambito entro cui le stesse con-sulenze andrebbero limitate.Forse sentendomi chiamato in causa– in quanto faccio anche io parte diquella schiera di più o meno giova-ni che stanno “sudando lacrime esangue per superare l’esame euro-peo”, come lo stesso Autore dice di-mostrando una sensibilità non co-mune per questo problema – e purcon tutto il rispetto che un neofitadeve a chi ha un’esperienza moltomaggiore della propria, mi permet-to di esprimere al Collega le mie per-plessità su alcuni punti del suo arti-colo e sulle conclusioni che Egli netrae. Questo pur concordando sulfatto che certo tipo di abitudini (peresempio l’elenco delle D o E, a se-conda della lingua prescelta) e digiurisprudenza dell’UBE sianotutt’altro che da importare in Italia.Innanzitutto, per quanto condividanella sostanza e nella teoria il fatto

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22 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

che dovrebbe esserci differenza fraesame di una domanda ed esame divalidità totale o parziale di un bre-vetto in una causa, si tratta di chiari-re che cosa sia lecito e ragionevoleintendere per concessione di un bre-vetto in Italia. Nella maggior partedei Paesi del mondo, le domande dibrevetto subiscono un esame checonsiste in una prima parte formalee in una seconda parte sostanziale,più o meno severa a seconda delleusanze locali. Nella parte sostanzia-le, si valuta, almeno approssimati-vamente, la validità dei brevetto neiconfronti della tecnica nota esistente.Come è a tutti ben noto, in Italia l’e-same, pur durando un tempo lun-ghissimo, si limita alla sola parte for-male, niente dicendo sulla validitàsostanziale del brevetto. In Italia, senon vogliamo nasconderci dietro ledita, le rivendicazioni e l’ambito diprotezione di un brevetto concessosono, nella quasi totalità dei casi,coincidenti con quelli della doman-da di partenza. In questa situazione,appare eccessivamente punitivo peril titolare del brevetto ritenere che lerivendicazioni concesse possano ef-fettivamente e realmente costituireun punto fermo: si tratterebbe di unpunto fermo apodittico, assiomaticoo dogmatico (lascio la scelta del ter-mine alle preferenze personali), cioènon verificato ne stabilito da nessunaltro che il titolare del brevetto (o ilsuo mandatario se vi sia)!D’altra parte, lo stesso Autore rico-nosce che, nel corso di una contro-versia giudiziaria, le rivendicazioniconcesse possono essere conferma-te, fatte decadere o limitate, come delresto recita l’articolo 59 comma 2 delRegio Decreto 29 giugno 1939, n.1127. Il giudice può quindi decideredi limitare l’ambito di una o più ri-vendicazioni. In questo lavoro, ri-tengo, il ruolo rivestito dal CTU èpuramente quello di indicare al giu-dice quale, a suo parere e in base al-la documentazione a sua disposizio-ne, sia l’effettivo ambito di protezio-ne del brevetto. In questa funzione,egli può proporre al giudice delle li-mitazioni all’ambito di protezionedelle singole rivendicazioni, fino an-che a riscriverle completamente, pro-posta che poi sta al giudico deciderese accettare o no.Mi lascia alquanto perplesso anchel’interpretazione che l’Autore dà delpresunto uso dell’Art. 123(2) CBE daparte dei giovani CTU. A parere dichi scrive, è possibile che introducen-

do in una rivendicazione una carat-teristica prima non rivendicata si am-plii l’ambito di protezione, ma ciònon si verifica se tale caratteristica èsufficientemente descritta nel testo onei disegni del brevetto e se, comun-que, rientra effettivamente nell’ambi-to di una più vasta rivendicazione. Sela situazione è quest’ultima, siamo, amio parere, sempre di fronte ad unalimitazione dell’ambito di protezio-ne; a sostegno di questa tesi possoportare due argomenti, ma penso chealtri se ne possano correttamente so-stenere. Il primo argomento: la Con-venzione di Strasburgo, al suo artico-lo 8 comma 3 dice che “i limiti dellaprotezione conferita dal brevetto so-no determinati dal tenore delle ri-vendicazioni. Tuttavia, la descrizionee i disegni servono a interpretare le ri-vendicazioni”. Sulla base di questoarticolo, si può ritenere che una ca-ratteristica riportata nella descrizio-ne, che può rientrare nell’ambito diprotezione di una rivendicazione piùampia, ma che non sia in essa ripor-tata, dia una via per interpretare cor-rettamente la rivendicazione stessa.Pertanto, al decadere delle altre ca-ratteristiche, essa, contenuta nella ri-vendicazione decaduta solo implici-tamente (in virtù dell’interpretazioneche la descrizione ne dà) può essereesplicitata e può ottenere una prote-zione valida. Anche dal punto di vi-sta della certezza del diritto, a mio pa-rere, non vi sono problemi. Infatti, setale caratteristica non rivendicatarientra effettivamente nella più am-pia rivendicazione (ritenuta valida fi-no alla causa, data la presunzione divalidità), non sarà possibile nei fattiattuare quella sola caratteristica, sen-za attuare anche le altre contenutenella rivendicazione; dunque, ancheprima della variazione della rivendi-cazione un eventuale terzo non pote-va sfruttare legalmente quella carat-teristica, potendo incorrere persino inun procedimento penale basato sullarivendicazione più ampia.Secondo argomento. Una rivendica-zione più ampia comprende un nu-mero limitato di caratteristiche. Tut-ti i modi di mettere in pratica altrevarianti, non riportate nella rivendi-cazione più ampia, utilizzando tut-tavia le caratteristiche rivendicaterientrano, almeno come invenzionedipendente, nell’ambito di protezio-ne di quella rivendicazione. Allora,se la rivendicazione iniziale com-prende le caratteristiche A + B, men-tre C è descritta solo nel testo, l’at-

tuazione di A + B + C ricade co-munque nell’ambito di protezionedella rivendicazione. Nel momentoin cui A + B decade e C viene intro-dotta, il brevetto protegge C e nonpiù A + B + C come prima: mi sem-bra che, in questo modo, l’ambito diprotezione sia molto diminuito!Per concludere, ritengo inoltre che laCTU in una causa di nullità sia soloun’indicazione di quale sia secondoil Consulente l’ambito di protezioneche un brevetto effettivamente offre,le decisioni sulla certezza del dirittospettando in ultima analisi al giudi-ce, che può decidere se accettare omeno quanto proposto dal suo Con-sulente, se ritiene che la proposta delCTU sia in contrasto con qualchenorma o tendenza giurisprudenzia-le affermata. Infatti, una relazioneben fatta dice senz’altro che le carat-teristiche A + B sono decadute, men-tre C sopravvive. Sta poi al giudicestabilire se l’introduzione di C nellarivendicazione costituisca o menouna violazione del diritto, dato che ilCTU non ha in ciò alcun potere de-cisionale.

Francesco Paolo Vatti

Le rivendicazionidel brevetto concessoHo letto con vivo interesse l’articolodell’Ing. Alfonso Giambrocono pub-blicato nell’ultimo numero del Noti-ziario dell’Ordine con il titolo “L’E-PO influisce sulle CTU?”Per molti aspetti condivido il pen-siero dell’ing. Giambrocono, ma te-mo di non poter essere affatto d’ac-cordo sul fatto che le rivendicazionidi un brevetto italiano concesso sia-no intoccabili, o meglio che esse nonpossano essere modificate (evito didire limitate, anche se sono convin-to non possa che essere così) con l’in-troduzione di caratteristiche origi-nariamente soltanto descritte e/o il-lustrate negli eventuali disegni.I motivi del mio dissenso sono mol-teplici, e coincidono pressoché inte-gralmente con quelli autorevolmen-te espressi dall’Ing. Michele Man-nucci nel Notiziario dell’Ordine N. 2del luglio 1996 nel suo articolo “Am-bito di protezione e limitazioni albrevetto concesso”.In sostanza, non si vede per qualemotivo al titolare di un brevetto ita-liano dovrebbe essere preclusa lapossibilità di restringerne la portatacon l’introduzione di materia ag-

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Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 23

giuntiva originariamente non riven-dicata, dopo aver constatato, succes-sivamente al rilascio – senza esame –del proprio brevetto, l’esistenza ditecnica nota rilevante nei confrontidelle rivendicazioni concesse. Nonsussistono a questo proposito fonda-ti motivi giuridici o anche solo dibuon senso, tenuto anche conto chetale possibilità è invece concessa nonsolo ai titolari di brevetti esteri di tut-ti i paesi civili (cito fra gli altri Ger-mania, Gran Bretagna, USA... in cuisono notoriamente previsti – oltre al-le procedure giudiziarie di limitazio-ne – strumenti amninistrativi di rie-same o revoca con i quali è pacifica-mente ammesso l’introdurre nelle ri-vendicazioni del brevetto concessoanche caratteristiche originariamen-te non rivendicate, purché desumibi-li dalla descrizione o anche solo daidisegni), ma anche ai titolari di bre-vetti euro/italiani nel corso delle fa-si di opposizione e appello di fronteall’EPO.A che servirebbe allora l’Art. 39-qua-ter della legge Invenzioni? Non aconsentire semplicemente di accor-pare nell’originale rivendicazioneuna qualche rivendicazione subor-dinata, giacché non ve ne sarebbe al-cuna pratica necessità tenuto contodell’Art. 59, ultimo comma.Né la certezza del diritto da una par-te, né la convenzione di Strasburgodall’altra sembrano poter essere ra-gionevolmente invocati per confer-mare l’opposta convinzione dell’Ing.Giambrocono. L’Art. 8(3) della Con-venzione di Strasburgo stabilisce chei limiti della protezione conferita dalbrevetto sono determinati dal teno-re delle rivendicazioni, ma non chele rivendicazioni del brevetto sianointoccabili. Mi parrebbe evidente chese le rivendicazioni concesse verran-no modificate introducendovi ulte-riori caratteristiche desumibili dalladescrizione (ovvero, se esse sarannolimitate), i limiti della protezione sa-ranno corrispondentemente modifi-cati (ovvero, ristretti).Quanto alla certezza del diritto, i ter-zi che si confrontino con un certoambito di tutela per evitare la con-traffazione si troveranno in una si-tuazione ancor più favorevole sel’ambito di tutela del brevetto saràstato successivamente limitato.In ogni caso certezza del diritto eConvenzione di Strasburgo non so-no considerati all’estero un ostacologiuridico alle limitazioni in questio-ne.

Sono tuttavia personalmente con-vinto, e d’altra parte lo stesso Art.39-quater è esplicito in proposito (eanche la Corte di Appello di Milano,6 dicembre 1996 – Zanetti c. Bavello-ni, conferma) che un’eventuale ri-chiesta di limitazione non possa cheoriginare esclusivamente dal titolaredel brevetto (ovvero dal suo CTPqualora tale richiesta sia proposta insede giudiziaria), e non possa inve-ce derivare da un’autonoma iniziati-va del C.T.U. (o del Tribunale). Miparrebbe questo il solo vincolo allapossibilità di limitazione del brevet-to prevista dall’Art. 59-quater, oltrenaturalmente a quanto enunciato nelpenultimo comma dello stesso arti-colo (“L’istanza di limitazione non puòessere accolta se è pendente un giudiziodi nullità del brevetto...”).Mi chiedo però se il problema solle-

vato dall’Ing. Giambrocono non pos-sa essere banalmente risolto facendoricorso, nel corso della stesura delbrevetto, alla vituperata rivendica-zione omnibus.Un’ultima riflessione di carattere piùgenerale: non dovremmo noi consu-lenti brevettuali, pur assistendospesso anche i (presunti) contraffat-tori, ragionevolmente, ed ovviamen-te entro i limiti delle normative, ten-tare di sostenere – anziché ostacola-re – i buoni diritti dei nostri clienti ti-tolari di brevetto? Altrimenti, comepotremo convincere i nostri impren-ditori che lo strumento brevettualenon è un’arma spuntata, e smetteredi stupirci del fatto che le aziendenazionali sembrino investire sempremeno in brevetti?

Franco Buzzi

L’EPO influisce sulle CTU?(replica)Alfonso Giambrocono

Il mio articolo “L’EPO influisce sul-le CTU?” ha suscitato alcuni interes-santi commenti, pubblicati su que-sto stesso mumero del Notiziario,ben oltre, per quantità e qualità, lemie più rosee previsioni.Ha colto nel segno chi ha ritenuto cheio volessi provocare una discussioneche, dal tenore degli interventi, sipreannuncia quantomeno vivace.Certo il mio scopo non era solo pro-vocatorio, ma tendeva ad ottenere,alla fine, una uniformità di giudiziotra tutti noi, avendo ben in menteche la “verità” non riposa nelle brac-cia di nessuno, e certo non nelle mie.Sostanzialmente alcuni sostengonola tesi che, visto che in Italia non vi èquell’esame di merito, esistente al-trove, che consente di rimaneggiareil brevetto prima della sua conces-sione, questo rimaneggiamento do-vrebbe essere consentito poi, duran-te una procedura giudiziaria, dalCTU.Fermo restando che il CTU proponeed il Giudice dispone, il problemasta nei limiti del rimaneggiamentoconsentiti dall’ordinamento vigen-te, tra cui, piaccia o no, dobbiamoannoverare la Convenzione di Stra-sburgo.

E se essa consente quanto affermatodall’Ing. Francesco Paolo Vatti (...sipuò ritenere che una caratteristica ri-portata nella descrizione, che puòrientrare nell’ambito di una rivendi-cazione più ampia, dia origine aduna valida nuova rivendicazione), ionon credo che consenta quanto sug-gerisce l’Ing. Sandri, quando affermache il CTU debba tentare di correg-gere de facto l’imperdonabile stortu-ra del sistema brevettuale italiano, al-trimenti si esce da quei limiti sopraaccennati.Anche se sono d’accordo con que-st’ultimo collega che sarebbe quantomai opportuno portare il sistema ita-liano ad un livello più alto.Non sono invece d’accordo con l’Ing.Vatti (figlio) sul suo secondo argo-mento. Il perchè è semplice.Se A + B decade, l’ambito di prote-zione del brevetto è zero.Se viene introdotta C (che non era ri-compresa in A + B) tale ambito pas-sa da zero a C e quindi aumenta.Parafrasando da una mia risposta al-l’Ing. Buzzi, che mi aveva inviato lasua lettera pubblicata in questo nu-mero, credo che il problema postonel mio articolo incriminato si possacosì riassumere.

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24 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

1. La Corte d’Appello di Milano harecentemente (11 luglio 2000) emessonel caso Forel/Lisec (dispositivo pervetro II, come direbbero i tedeschi) lapiù importante sentenza italiana intema di equivalenza. Questa senten-za fa seguito alla Fallimento Zanet-te/Bavelloni (dispositivo per vetro I)e alla Atlas Copco (demolitore ad ariacompressa), formando così ciò che ame pare la trilogia di base per l’inter-pretazione del brevetto.Le sentenze Fallimento Zanette6.12.1996, Dir. ind 1997, 379 e AtlasCopco 18.1.2000, Riv.dir.ind. 2000, II,60, avevano sottolineato il valore es-senziale delle rivendicazioni, che nonpossono essere riscritte, riformulate,combinate, ma solo interpretate.La sentenza Forel doveva decidere seun dispositivo che opera su un telaioper vetro costituito da un’unica bar-ra profilata cava, effettuando tre ope-razioni, e cioè praticando un foro sul-la parete esterna del telaio, iniettan-do materiale igroscopico e poi chiu-dendo con una saldatura, fosse vio-lato da un dispositivo che effettuavasolo la seconda e la terza operazione.La corte dice agevolmente di no,quand’anche il contributo dell’in-ventore fosse stato quello di aver ri-solto il problema di lavorare su untelaio preformato. Qui vi è una con-clusione importante, dato che la cor-te si è rifiutata di modificare le ri-vendicazioni: il principio però non è

nuovo ma discende dalle due pre-cedenti sentenze.Ma la corte doveva anche decidere ilben più difficile problema se il bre-vetto fosse violato da un altro di-spositivo Forel, che faceva quelle treoperazioni, però forando sul lato in-terno del telaio.La corte dice ancora di no, rifiutan-do di applicare la teoria degli equi-valenti.

La corte stabilisce due principi:a) le limitazioni consapevolmente in-serite nella rivendicazione non pos-sono essere eliminate in pretesa ap-plicazione della teoria degli equiva-lenti (la lettura del testo brevettualeessendo essenziale per capire il gra-do di consapevolezza);b) le soluzioni accusate di contraffa-zione non sono da considerare equi-valenti se sono tecnicamente diffe-renti, e cioé se hanno “impatto sulcomplessivo e protetto ambito tecni-co” del dispositivo brevettato, ri-chiedendo una diversa progettazio-ne, una diversa collocazione e movi-mento degli utensili, una operazionetecnicamente più difficile in alcunipunti e più agevole in altri. Per lacorte non assume rilievo il fatto chela soluzione accusata possa esserebrevettabile. Ciò che è essenziale è la

differenza di soluzione tecnica, diprogettazione.

2. La sentenza sottolinea pertanto ilruolo essenziale delle rivendicazio-ni, e quindi valorizza il lavoro deiconsulenti brevettuali nella fase distesura del brevetto. Ciò che è ri-vendicato è protetto, ciò che non èrivendicato (ci sia consentito di direcon qualche forzatura) è o può esse-re abbandonato. Ma soprattutto po-ne dei chiari limiti alle valutazionidei consulenti tecnici d’ufficio. Leconclusioni del consulente tecnico diprimo grado vennero disattese daltribunale, anche se poi la corte d’ap-pello con un ragionamento proprioè andata dello stesso avviso; le con-clusioni del consulente tecnico di se-condo grado sono state disattesedalla corte d’appello. Il consulentedi secondo grado aveva ritenuto cheil fatto di praticare il foro sulla pa-rete interna fosse un’ovvia alterna-tiva rispetto alla soluzione del bre-vetto di praticare il foro sulla pare-te esterna. La corte ha riteunto l’ar-gomento irrilevante, per il motivoindicato sopra, sub b).Io vado sostenendo da molto tempodelle tesi quali quelle della trilogiamilanese, e quindi non farò altricommenti. Ho solo delle perplessità(non delle certezze) se sia davveroirrilevante il fatto che la soluzioneaccusata sia brevettabile.

La teoria degli equivalenti e il caso ForelMario Franzosi

Immaginiamo che in un brevetto esi-sta, nella descrizione, una caratteri-stica, che chiameremo nascosta, nonrivendicata.Immaginiamo ancora che le rivendi-cazioni siano tutte anticipate daqualche anteriorità emersa dopo ildeposito. Io distinguo tra domandee concessioni, sostenendo che è leci-to emendare la domanda cancellan-do le rivendicazioni anticipate (tutte)e formulando una nuova rivendica-zione sulla caratteristica nascosta;mentre non è lecito fare lo stesso seil brevetto è già concesso.Altri pensano invece che sia lecitoagire in tal modo sia a domanda pen-dente che a brevetto concesso.Nel mio caso si ha una domanda ela-stica ed un brevetto rigido; nell’altrocaso entrambi sono elastici.Non credo che esista, in assoluto,

una scelta “ottima” tra le due tesi: laseconda favorisce sempre il brevet-tante, la mia (dopo la concessione) iterzi.Credo però che la Convenzione diStrasburgo debba essere interpreta-ta in senso piuttosto rigido. Se essa parla di limiti di protezionedeterminati dalle rivendicazioni, è aqueste e solo a queste che bisogna farriferimento, e non a tutto il testo, ilquale serve solo ad interpretarle. Mo-diano dice -con ragione - che la de-scrizione è il dizionario per com-prendere le rivendicazioni.Se si accettasse la seconda tesi, inve-ce, il brevetto avrebbe come portatatutta la descrizione e non le sole ri-vendicazioni, che diverrebbero su-perflue.E perchè non abolirle? Semplice: per-chè anche i terzi devono sapere, con

esattezza, quali sono i limiti di pro-tezione dell’invenzione.Se ci si pensa, però, questi probleminon si pongono se il brevetto è fattobene.So che è difficile, quando lo si stende,individuare quali siano le caratteri-stiche essenziali, esporle in modo ef-ficace, sintetico e non vago, sopratut-to quando mancando un contraddit-torio con l’esaminatore non si è sti-molati, ma è certo questa la via per in-nalzare, come dice l’Ing. Sandri, il li-vello del nostro sistema brevettuale.E sono proprio queste difficoltà arendere interessante - ancora dopotanti anni di professione oserei direaffascinante - il nostro mestiere.Comunque, la discussione è aperta:credo che sarebbe interessante, edutile a tutti noi, conoscere il pareredegli altri colleghi.

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Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 25

Da molti anni svolgo “un’opera divolontariato” che consiste nelle fun-zioni di addetto stampa dell’Ordinedei Consulenti in Proprietà Indu-striale.Lo sforzo è animato dalla speranzadi eliminare o mitigare le impreci-sioni che praticamente sempre “in-farciscono” un articolo di giornale.Mi perdonino i 58 giornalisti che ri-cevono il Notiziario. Credo che tutti abbiamo preso attocome i brevetti, nel bene o nel male,siano oggetto di notizie. Sono final-mente usciti “al sole”. Questo è unsuccesso.Nonostante la mia tenacia nel forni-re sempre notizie scritte, solo unavolta (su un settimanale rosa per ilcaso del “Cacao Meravigliao”) ilmio scritto è stato riportato in ma-niera conforme. In tutti gli altri ca-si, e sottolineo tutti, la volontà diriassumere, migliorare lo stile, stu-pire, ha generato imprecisioni ed er-rori, visibili spesso solo agli addettiai lavori.Non essendo esattamente felice chemi si attribuissero tali errori ho chie-sto ripetutamente che il mio nomenon comparisse nell’articolo e fatal-mente le mie relazioni con numero-si giornalisti si sono deteriorate.Alcune volte ho osato intervenire su“notizie” scritte da terzi senza chefossi coinvolto nell’intervista. Dopoqualche “tentativo” mi è stato spie-gato che solo chi fornisce la notiziapuò smentirla. Se la notizia non èvera o è discutibile l’intervento diun terzo (lo scrivente), armato di de-siderio di verità, è inutile, anche se“spalleggiato” dal Consiglio del-l’Ordine il cui attuale Presidente miha recentemente spronato sulla ne-cessità di intervenire contro la “fol-lia” giornalistica.Oggi anche grandi personaggi nonriescono a rettificare articoli. Quan-te volte avete visto la pagina interadi un quotidiano “acquistata” daun’impresa per rettificare qualchenotizia. Non vi è alcun altro modoper “correggere” notizie impreciseo sbagliate. I giornalisti rispondono(anche deontologicamente) della

nuti al giornalista una risposta scrit-ta alle sue domande (le solite) uni-tamente ad altre decine di domandee risposte non richieste, ma che spe-ravo fossero considerate.Adesso in numerosissimi articoli(senza essere intervistato) individuopassi tratti dal mio “malloppone”,con tutta probabilità ripresi dopomesi o addirittura anni dall’intervi-sta. Naturalmente gli articoli nonsono indenni dagli “sforzi creativi”dei giornalisti.Se volete qualche esempio di “sfor-zo creativo” si pensi al recente casoEPO relativo alla clonazione uma-na. Leggendo la stampa tutti abbia-mo saputo che l’EPO ha concessonon un brevetto, con tutti i limiti chela legge pone alla sua applicazioneindustriale, ma il permesso di clo-nare l’uomo!Sorge spontaneo il dubbio che ilconcedere l’Application venga tra-dotto non con il concedere la do-manda, ma l’applicazione (indu-striale), cioè la legittimazione a fare(nel caso: la clonazione umana).Si è generato, quindi, un “delirio”collettivo sulla stampa a chi la dice-va più grossa sui brevetti.Dopo una dura selezione il premiol’assegnerei all’agenzia giornalisti-ca che ha affermato che “l’EPO haconcesso un brevetto per marchiod’impresa sulla clonazione umana”.Ho letto comunicati stampa del Mi-nistero della Sanità contro l’EPO,reo di permettere “l’applicazione”della tecnica.Questi comunicati mi hanno fattopensare: “conosce il Ministro (o chiper lui) la funzione del Brevetto? Ècosciente che brevettare non è legit-timare?” Il ministero avrà un ruolofondamentale nelle decisioni ri-guardanti le biotecnologie e la lorobrevettazione. Questo è il Back-ground.Un altro politico (Presidente del co-mitato di Bioetica), cadendo nellatrappola “Application uguale At-tuazione” scrive su LE SCIENZEdell’ aprile 2000.“La decisione dell’EPO (European Pa-tent Office) di concedere il permesso per

fonte e non della veridicità del-l’informazione. Per amor di verità devo dire che il“Sole 24 Ore” per “compensarci” diun paio di svarioni lesivi della no-stra professione ha concesso un“bello” spazio per trattare la mate-ria incriminata ex novo. Però da al-lora nessun giornalista del presti-gioso quotidiano mi ha più inter-pellato. Grazie al cielo sono stato so-stituito da alcuni esperti e quindil’informazione non ne ha patito.Vediamo ora quali sono gli interes-si della stampa sull’argomento:Su 100 interviste circa 98 mi pongo-no queste domande:Quanti tipi di brevetti ci sono?Quanto costa?Cosa deve fare l’inventore per otte-nere un brevetto?È vero che basta cambiare una vir-gola per aggirare il brevetto?Quanto dura un brevetto?(Nota gustosa: un brevetto per no-vità vegetale, come sapete, può du-rare oltre 30 anni. Qualche invento-re, appartenente a non so quale as-sociazione e ben “informato”, si èlamentato vivacemente col giorna-lista che mi ha intervistato, prote-stando sulla disinformazione dellafonte (sempre io), dicendo che tuttisanno che i brevetti hanno una du-rata di 20 anni e pregandoli di smet-tere di intervistare questi incompe-tenti).Anche in questo caso il giornalista,convinto, non mi ha più chiamato. Animato dal desiderio di diffonde-re maggiori informazioni rispettoalle “solite domande”, ho inviatopraticamente a tutti quelli che mi in-terpellavano un “malloppone” diuna cinquantina di pagine conte-nente domande e risposte brevi suimarchi, i brevetti, la professione, letabelle, gli aneddoti, i siti Internetdi riferimento.Così, siccome le domande nelle in-terviste erano sempre le solite, eroin grado di consegnare in pochi mi-

Applicazione del brevetto Patent/ApplicationBusillis che forse ha creato follia

giornalistica e politica

Fabio Giambrocono

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26 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

sorpresa ed indignazione, e le spie-go i motivi.Nel momento in cui fu costituito ilComitato Consultivo, Ella ebbe a dir-mi che ogni contatto con l’Ufficio sa-rebbe stato tenuto dal Dr. De Bene-detti, al quale in effetti mi sono co-stantemente riferita per tutti i pro-blemi relativi all’andamento del-l’U.I.B.M., dalle iniziative normativeai nuovi moduli, all’autocertificazio-ne, agli esami dei consulenti, ecc.Tutto questo ha portato ad una seriedi attività che ho ritenuto estrema-mente proficue e per le quale Ellanon ha mai formulato lamentele oproposte.Le iniziative del Ministero degliEsteri sono state spesso sollecitate dame, che ho sempre partecipato di-rettamente o tramite i miei collabo-ratori alle riunioni. Esse hanno per-messo di affrontare su un tavolo al-largato problemi di interesse comu-ne anche ad altre amministrazioni.Per quanto riguarda la stupefacentee gratuita affermazione che final-mente, grazie alla collaborazione del-l’Ordine, l’Italia, contrariamente aquanto avveniva in passato, ha final-mente fatto una bella figura in ambi-to internazionale, credo di poter af-fermare che l’Ufficio, pur nei limitiimposti da un organico sottodimen-sionato, ha sempre rappresentato ilnostro Paese con dignità e prestigio.Contesto altresì che il coinvolgimen-to dell’Ordine avvenga solo per lenecessità dell’Ufficio: ho semprepensato che i rapporti reciproci fos-sero impostati a collaborazione nel-l’interesse del buon andamento delsistema brevettuale; a meno che Ellanon intendesse riferirsi esclusiva-mente - e l’allusione appare di raraeleganza - al contributo economicodall’Ordine generosamente elargitoin alcune occasioni.Se il fine ultimo della sua afferma-zione era quello di dissuadermi dalpresentare in futuro eventuali altrerichieste del genere, Le posso assi-

Rapporti con U.I.B.M.Il Direttore dell’Ufficio Italiano Brevettie Marchi, Dott.ssa Maria Grazia DelGallo Rossoni, ha scritto il 19 luglio 2000una lettera per contestare alcune affer-mazioni del Presidente del Consiglio del-l’Ordine all’Assemblea del 21 marzo2000. Doverosamente pubblichiamo talelettera insieme alla risposta del nostroPresidente, dispiaciuti per quello che ri-teniamo un malinteso e con la convin-zione che esso non debba incidere negati-vamente sulle relazioni e la comunica-zione tra l’utenza professionale e lo stes-so UIBM.

Roma, 19 Luglio 2000

Egregio Ingegner Muraca,ho letto con qualche ritardo, e nonsenza stupore, la Sua relazione al-l’assemblea degli iscritti del 21 mar-zo 2000, pubblicata nel Notiziariodell’Ordine dei Consulenti in Pro-prietà Industriale: Anno XV, n. 2.Lo stupore è stato determinato dallesue affermazioni sul mancato fun-zionamento del Comitato Consulti-vo permanente, costituito nel luglio1998, ma soprattutto dalla dichiara-zione che l’Ufficio Italiano Brevetti eMarchi in pratica si rivolge all’Ordi-ne “...in caso di sue necessità e percoinvolgerci, anche economicamen-te nei suoi progetti, ma trascura diinterpellarci e di tenerci informati suproblematiche anche di nostro diret-to interesse”.Ella ha in proposito esaltato il mi-gliore andamento dei rapporti con ilMinistero degli Esteri, la posizioneaperta e collaborativa del MinistroZamboni di Salerano, l’apporto delDr. De Benedetti, che ha consentitodi porre l’Italia “... contrariamente aquanto avveniva in passato, in unaposizione di prestigiosa presenza” inambito internazionale.Ho detto di aver provato stupore,ma non è esatto, perché in realtà hoprovato qualcosa di molto più forte:

la brevettazione di cellule animali, in-cluse quelle umane, ha riproposto unadomanda fondamentale sui rapporti trala ricerca biomedica e le sue applicazio-ne pratiche: può la vita umana essere og-getto di un brevetto e di un’attività com-merciale? L’Ufficio Europeo si è scusatoed ha parlato di errore, spiegando che ilbrevetto era stato concesso in riferimen-to alle cellule di animali, anche se restadifficile credere che una banale svista ab-bia potuto rendere plausibile anche la so-la ipotesi di una clonazione dell’uomocon una ricevuta fiscale. Le scuse non hanno valore legale e larettifica scoppiata in seguito alle pole-miche esplose in tutta Europa, non hamodificato di una virgola il testo, cheautorizza esplicitamente l’applicazionedel brevetto «a tutte le cellule animalispecialmente dei mammiferi incluse lecellule umane».” (le sottolineature so-no mie e rendono evidente comel’autore sia convinto che l’EPO con-cedendo il brevetto abbia permessola clonazione umana). La sua in-fluenza nelle decisioni riguardantila brevettazione delle biotecnologiesaranno determinanti.Un ultimo caso: un esponente di Le-gambiente notava in un’intervistasu Radio24 come in Italia si brevet-tasse molto ma che poi i brevetti nontrovassero applicazione industriale.Di seguito snocciolava i numeri pre-senti nelle statistiche dell’EuropeanPatent Office notando come i nu-meri dei brevetti fossero alti ma leapplicazioni fossero poche. Sorge il sospetto che l’ambientalistaavesse scambiato le cifre dei Brevet-ti Europei designanti il nostro Pae-se come numero di Brevetti Europeidepositati da italiani ed il numerodelle Applications come numerodelle applicazioni industriali dellestesse.Dopo la trasmissione mi sono chie-sto come mai un ambientalista fru-gasse negli archivi dell’EPO. Di lì apochi giorni è esplosa la questionedel brevetto sulla clonazione umanaed ho avuto la mia risposta. Mi fermo per brevità ma potrei con-tinuare all’infinito. Tornando allemie funzioni in seno all’Ordine nonnego che il telefono dell’Ufficiostampa è sempre più silente, in par-te per la mia “voglia” di interveniresu quanto da altri scritto, in parteperchè le informazioni oggi non sicercano più all’Ufficio Stampa masu Internet.Credo che questo “sfogo” sia il “te-stamento” dell’Addetto Stampa del-

l’Ordine. Mai parlar male di giorna-li e giornalisti (legittimo invece nelcaso dei Ministri).Ora credo che l’addetto stampa del-l’Ordine debba sparire e l’UfficioStampa debba “finire” su Internet,quindi divenire virtuale. Bisognerà

crearlo, io non mi tirerò indietro, masarà necessario un lavoro di squa-dra. Sono aperte le candidature.Se è vero che i giornalisti non infor-mano, ma fanno spettacolo, ..........allora lo spettacolo deve continuaresu Internet.

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Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 27

La ricerca biotecnologica procederapida, incurante dei confini deglistati, proponendo nuove tecniche diproduzione agricola, favorendo i ri-sultati della medicina in campo ge-netico, incidendo sulle premessestesse della farmacologia. I legisla-tori nazionali, ben lontani dal go-vernare il fenomeno ed i suoi effet-ti, ora tentano la rincorsa, ora abdi-cano, lasciando il campo agli inter-preti, alla autoregolamentazione, alsoft law.Un processo simile caratterizza l’av-vento di forme di riproduzione digi-tale, la trasformazione della rete e,con essa, l’estendersi della new eco-nomy. Nell’un caso come nell’altro, sono idiritti di proprietà intellettuale a for-nire le regole di fondo che assistonotali trasformazioni. Questa materia,che la nostra tradizione indicava co-me diritto industriale e che in passa-

to costituiva una provincia dopo tut-to abbastanza secondaria del dirittocommerciale, nell’ultimo decennioha conosciuto una vera e propria ri-voluzione. Essa si colloca oggi allefrontiere più avanzate delle nostresocietà, laddove si profilano le pro-messe più lusinghiere – e forse anchealcuni fra i rischi più azzardati – delnostro futuro.A ben vedere, però, la centralità deldiritto della proprietà intellettualenon si manifesta soltanto nelle suearee di punta. Infatti esso si intrecciain maniera sempre più profonda an-che con molte delle attività “classi-che” cui sono chiamate le professio-ni giuridiche nella nuova economia.Non si può neppure incominciare apensare a regolare un’acquisizione

societaria, se non si dedichi atten-zione specialistica ai beni immate-riali che trapassano con il patrimonioaziendale. Le reti di distribuzione infranchising di un prodotto fanno per-nio sui diritti immateriali congiun-tamente utilizzati dalle parti; ed il di-segno del prodotto, come anche laforma giuridica che questo assume,è divenuto un elemento cruciale delmarketing. D’altro canto, è un dato ormai ac-quisito che nessuno di questi dirittisu beni immateriali (o intellectual pro-perty rights, IPRs, per usare l’espres-sione anglosassone) è suscettibile diessere valorizzato in tutte le sue po-tenzialità restando all’interno di unasola economia. La globalizzazionedel processo concorrenziale ponequindi all’ordine del giorno l’esi-genza di una conoscenza delle rego-le che presiedono allo sfruttamentodei diritti di proprietà intellettuale

Le nuove prospettive del dirittodella proprietà intellettuale

A Torino da settembre un Master dell’OMPI e dell’Università di Torino

Gianmaria AjaniMarco Ricolfi

curare che Ella ha pienamente rag-giunto il suo intento.Spero vorrà pubblicare questa mialettera nel prossimo numero del Bol-lettino.

Distinti saluti.M. Grazia Del Gallo Rossoni

Milano, 28 luglio 2000

Gentile Dott.ssa Del Gallo,Ho letto la Sua lettera del 19 luglio2000 e devo subito confessarLe il miorincrescimento per il fatto che alcuneespressioni della mia relazione – pub-blicata al di fuori del contesto più va-sto in cui avevo esposto la mia ver-sione dei problemi relativi all’UIBMe ai rapporti con l’Ordine – abbianopotuto essere interpretate in modo ta-le da provocare il Suo risentimento.In realtà, ciò che ho provato a spie-gare è che la perdurante mancata tra-sformazione dell’Ufficio Italiano Bre-vetti e Marchi in un ente autonomo ela conseguente impossibilità di unasua profonda riorganizzazione, con-

tinuano a porre all’utenza molti pro-blemi di carattere generale e pratico,che rendono anche più difficile il la-voro professionale dei consulenti ita-liani in paragone a quello dei consu-lenti di altri paesi europei. E, inoltre,che tale situazione abbia di fatto im-pedito lo sviluppo di quell’iniziativapromessa dal Dott. Visconti un annoprima, in base alla quale – al di là del-le consultazioni più urgenti o di ar-gomento internazionale cui è statodelegato il Dott. de Benedetti – si sa-rebbero analizzati e discussi i pro-blemi di fondo dell’amministrazioneitaliana nel settore della proprietà in-dustriale, in un Comitato Consultivoallargato a più membri dell’Ufficio edell’Ordine e secondo un piano di in-contri stabilito in anticipo.Anche l’accenno alla posizione col-laborativa del Ministro Zamboni nonvoleva in nessun modo tralasciare odiminuire l’attività Sua e dell’Uffi-cio, ma solo mettere in risalto quelloche personalmente ho inteso comel’emergere di una posizione piùaperta, rispetto ai suoi predecessori,dell’attuale Delegato Italiano per gli

Accordi di Proprietà Intellettuale.Certamente ciò che in una relazioneorale ha modo di essere più ampia-mente spiegato, nella sintesi scrittapuò invece assumere toni e valenzedi altro tipo, per i quali mi dispiac-cio essendone responsabile, se nonaltro per l’inaccuratezza con cui horevisionato il testo.Mi auguro che, rispetto alle tanteproblematiche di fondo che – comeLei ben sa – ingiustamente compri-mono l’area della proprietà indu-striale in Italia e rendono l’attivitàdell’amministrazione e dei privaticosì stressante, ci sia in futuro unmodo appropriato per una rinnova-ta e produttiva collaborazione, chemi sembra anche la volontà espres-sa dal Ministro Letta in una sua in-tervista apparsa sul Corriere dellaSera all’inizio di giugno. A questo ri-guardo, la professione sa di potercontare, come in passato, sul Suopersonale impegno, per il quale Laringrazio anticipatamente.

Con i miei migliori saluti.Bruno Muraca

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Proseguiamo la pubblicazione dibrevi note riassuntive delle sentenzedella Commissione dei Ricorsi. Chifosse interessato a qualche sentenzain particolare però richiedere copiadel testo integrale alla Segreteria del-l’Ordine.

No. 1/2000di Repertorio del 21 maggio 1999 CCP (Certificati Complementaridi Protezione) e AIC (Autorizzazionedi Immissione in Commercio)Due domande CCP venivano richie-ste, per due formulazioni dello stes-so principio attivo, sulla base di unsolo brevetto europeo e si riportavain entrambe che la AIC era stata ri-lasciata come da Direttiva CEE42/93.L’Ufficio emetteva due ministerialichiedendo le copie del decreto diAIC e una scelta fra le due richiestedi CCP (essendo comune il brevettodi base). Nella successiva nutrita fa-se interlocutoria, la richiedente insi-steva sia che l’AIC svedese già otte-nuta fosse da considerarsi equiva-

lente ad una AIC italiana, sia che iprodotti de quo erano entrambi clas-sificati come “dispositivi medici” equindi regolamentati dalla Direttiva42/93 successiva al Reg. 1768/92 suiCCP.Inoltre, per quanto riguardava lascelta di un solo CCP, la richiedenterimandava sempre al regolamento1768/92 in cui “non si vieta la con-cessione di due CCP per due diver-si prodotti coperti dallo stesso bre-vetto”.

L’Ufficio peraltro manteneva la suaposizione e emetteva due provvedi-menti di rifiuto, sulla sola base dellaassenza dell’ AIC italiano.Interposti tempestivi ricorsi, la Com-missione li unifica e stabilisce che ledue specialità rientrano nella nozio-ne di “medicinale” di cui all’Art. 1del Reg. 1768/92 e per questo moti-vo avrebbero diritto all’ottenimentodi CCP, sulla base delle citate Diret-tive Comunitarie.Accogliendo i ricorsi, tuttavia, laCommissione rileva che ciò non pre-giudica l’esercizio di azioni circa lavalidità dei CCP.

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UIBM:DECISIONE SUI RICORSI

Ada Borella

in un numero sempre più vasto disistemi giuridici.Da qui nascono esigenze formativenuove, che devono trovare una ri-sposta articolata se si vuole che leprofessioni legali, non meno che glioperatori economici cui queste ri-volgono i loro servizi, possano ope-rare efficacemente.Sono queste le ragioni per le quali laFacoltà di Giurisprudenza e il Di-partimento di Scienze Giuridichedell’Università di Torino hanno av-vertito la necessità di contribuire al-la formazione post-laurea in una ma-teria, come il diritto della proprietàintellettuale, che presenta la caratte-ristica di essere avanzata come livel-lo ed allo stesso tempo globale comedimensione di riferimento. A questofine l’Università di Torino ha allesti-to, insieme all’agenzia dell’ONUspecializzata in materia, l’Organiz-zazione Mondiale della Proprietà In-tellettuale (OMPI o WIPO secondol’acronimo anglosassone) un MasterDegree in Intellectual Property.Il programma, avviato nel Settembrescorso, si svolgerà con una cadenzaannuale, nel periodo fra Settembre eNovembre di ciascun anno, pressola sede torinese del Centro Interna-zionale di formazione del BIT. Essoha vocazione transnazionale ed è,quindi, tenuto in inglese e ammetteuna quarantina di candidati, in par-te scelti dall’Università di Torino inparte dall’OMPI. I primi sono sele-zionati fra i laureati italiani e stra-nieri in giurisprudenza, i giovaniprofessionisti, i ricercatori nonché glioperatori del settore (ad es. agentibrevettuali accreditati agli Uffici deiBrevetti nazionali ed internazionali)e quindi nell’ambito di una platea dicandidati omogenea a quella che giàoggi accede all’International TradeLaw Post-Graduate Course, che si tie-ne da una decina di anni presso ilBIT di Torino per impulso dell’Isti-tuto Universitario di Studi Europei.I secondi vengono scelti fra giovanistudiosi e docenti universitari, speciedi Paesi in via di sviluppo o in tran-sizione, che insegnino proprietà in-tellettuale o materie affini o condu-cano attività di ricerca nel settore. I due protagonisti dell’iniziativa so-no, come si è detto, l’Ateneo Torine-se e l’OMPI. Questo si è dotato di unasua struttura, l’Accademia OMPI, di-retta dal professor Mpazi Sinjela, peraffiancare alle proprie attività ordi-narie un vero e proprio curriculumaccademico di insegnamento della

proprietà intellettuale. Un primo cor-so, francofono, è stato istituito pres-so l’università di Losanna; il secondocorso, anglofono, troverà collocazio-ne in modo continuativo a Torino,grazie all’impulso dell’Ateneo, inuna città che si è distinta negli ultimidecenni per la sua vocazione allacreazione di esperienze “di eccellen-za” nella formazione internazionale.Gli argomenti del corso riguardanotutti i temi del diritto industriale:marchi, brevetti, diritto d’autore,concorrenza sleale ed antitrust. L’in-segnamento è strutturato a partiredalla dimensione “globale” dellamateria e, quindi, si concentra suiprofili di diritto internazionale (con-venzioni e trattati) e di diritto com-parato, oltre che sul diritto interno ecomunitario.

I docenti sono in parte accademici, inparte professionisti di particolareesperienza e riconosciuto prestigio;essi hanno formazione giuridica, maanche tecnica (per materie come lebiotecnologie, la crittografia, l’e-com-merce) ed economica (ad es. per l’an-titrust nonché per la relazione fraanalisi economica e gli istituti dellaproprietà intellettuale). Essi proven-gono in parte dall’Italia, in parte dalresto del mondo ed in particolare da-gli Stati membri dell’Unione euro-pea.

Per informazioni ci si può rivolgereal Dipartimento di Scienze Giuridi-che. D.ssa Antonella Falcone, tel.011.670.2552, 670.2553; fax 670.2559,email: [email protected], ind. viaS.Ottavio 54, 10124 TORINO.

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No. 2/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIO.Una domanda di marchio mista for-mata dalla dicitura CANESTRELLI-NI e da elementi figurativi (uova,burro, mattarello) e verbali (scritteinneggianti alle ciambelle) per laclasse 30, veniva rifiutata dall’Ufficioperché giudicata ingannevole sullaqualità, non verificabile, dei prodot-ti (Art. 18/e RD 929/42).

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente denunciava la nullità delprovvedimento, poiché esso non re-cava la firma del Direttore dell’Uffi-cio.In subordine lamentava la mancan-za di una fase interlocutoria edescludeva ogni capacità decettiva delsegno misto, sottolineando come laparola “unici” abbia chiaramente ca-rattere iperbolico di vanteria.

La Commissione in via preliminareesamina il vizio di incompetenzache, rendendo il provvedimento im-pugnabile o annullabile (non nullo,come sostenuto dalla richiedente) as-sorbirebbe gli altri motivi di ricorso,e conferma che la competenza adadottare provvedimenti di diniegodelle registrazioni di marchi è attri-buita esclusivamente al Direttoredell’Ufficio (DPR 748/72; DDMM1/8/84 e 15/7/88; ordine di servi-zio 407/90).La Commissione, pertanto, accoglieil ricorso.

No. 3/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIOUna domanda di marchio per la di-citura LE CASCINE TOSCANE percontraddistinguere alimenti e be-vande (classi 29, 30, 32) veniva ri-fiutata dall’Ufficio ai sensi dell’Art.18/b RD 929/42, in quanto il segnoera privo di capacità distintiva, es-sendo un semplice riferimento geo-grafico indicante la provenienzadei prodotti, ed essendo esso inol-tre privo di ogni accorgimento gra-fico.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente faceva osservare che nonesiste alcuna località così denomina-ta e che erano stati registrati dall’Uf-ficio marchi analoghi (di cui fornivaelenco) anch’essi privi di caratteriz-zazioni stilistiche.

La Commissione accoglie il ricorso,affermando trattarsi di marchio de-bole e generico, ma riconoscendogliuna lieve nota di originalità nel rife-rimento ad un habitat agricolo accu-rato, da cui si presume provenganoi prodotti.

No. 4/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIOUna domanda di marchio per la di-citura PRIMO destinata a contrad-distinguere giocattoli (cl. 28) venivarifiutata dall’Ufficio in quanto taledicitura esprimeva inequivocabil-mente un riferimento alla qualitàdei prodotti, inducendo in errore iconsumatori circa la loro particola-re superiorità (Art. 18/e RD929/42).

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente sottolineava come nullafacesse ritenere che PRIMO si rife-risse alla “prima qualità” dei pro-dotti; avrebbe infatti potuto sottin-tendere “per la prima infanzia”, op-pure “prima nel tempo sul mercato”,etc..Inoltre la richiedente fornisce ampiaprova di un consistente uso trienna-le del marchio, sia in Italia che all’e-stero, ciò che aveva rafforzato la suafunzione distintiva (Art. 47 bis leggemarchi).Infine esibiva varie registrazioni in-ternazionali, su base italiana, permarchi analoghi.

La Commissione accoglie il ricorso,ritenendo la dicitura solo generica-mente elogiativa e tale da non in-durre in errore il consumatore e ri-conoscendo altresì la tesi del “se-condany meaning” avanzata dallarichiedente.

No. 5/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIOUna domanda di marchio per la di-citura PRIMO RACCOLTO per con-traddistinguere prodotti alimentari(classe 30) veniva rifiutata dall’Uffi-cio, che adduceva la mancanza di ca-pacità distintiva del marchio e il suocarattere elogiativo che poteva in-durre in inganno il consumatore sul-la qualità dei prodotti.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente preliminarmente sostene-

va la illegittimità del ricorso, sotto-scritto dal titolare della divisionemarchi e non dal direttore dell’Uffi-cio, citando la decisione 2/96 dellaCommissione e l’art. 33 LM. Inoltrela richiedente richiamava la legitti-mità, riconosciuta dalla giurispru-denza, dei marchi deboli, citando re-gistrazioni anteriori note, quali MIL-LE FRUTTI, FRESCOLATTE, etc..;quanto alla decettività, la richieden-te sosteneva che la parola PRIMOfosse una vanteria commerciale deltutto innocua ed evidenziava la re-gistrazione di marchi analoghi qua-li NUOVO RACCOLTO, BUONRACCOLTO, etc..

La Commissione accoglie il ricorsoper la illegittimità del provvedimen-to dell’Ufficio, che figura sottoscrit-to dal Direttore della Divisione e nondell’Ufficio.

No. 6/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIOUna domanda di marchio per la di-citura GRUPPO FINANZIARIOMERIDIONALE per servizi delleclassi 35, 36 e 42 veniva rifiutata dal-l’Ufficio ai sensi dell’Art. 18/b LM,in quanto espressione generica privadi una qualsiasi caratterizzazioneidonea a conferirgli una originalitàdistintiva.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente sottolineava come l’e-spressione andasse giudicata nel suoinsieme e non nelle singole compo-nenti e citava numerosi marchi regi-strati composti dalla parola FINAN-ZA o FINANZIARIO associate ad al-tre di uso comune.

La Commissione rigetta il ricorso, af-fermando che la dicitura in esame sipresenta del tutto generica, essendoapplicabile a qualsiasi raggruppa-mento che abbia la propria sede nelmeridione e che operi nell’ambito diattività finanziarie.

No. 7/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIOLa società inglese PRIMO FURNI-TURE PLC chiedeva la registrazio-ne del marchio PRIMO per arredi(classe 20), che veniva rifiutata dal-l’Ufficio ai sensi dell’Art. 18/e LM,in quanto la dicitura esprimeva un

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riferimento alla qualità dei prodottiche poteva indurre in inganno il con-sumatore.

Interposto tempestivo ricorso la ri-chiedente osservava che nel passatoaveva felicemente registrato un mar-chio identico e che la decisione dellaCorte di Appello di Bologna 6/4/82aveva stabilito che il principio dellaverità non era violato da una espres-sione palesemente iperbolica qualeUNICUM, MAXIMA, OPTIMUS,etc..

La Commissione accoglie il ricorso,confermando la registrabilità diespressioni costituenti slogans, ameno di un contrasto oggettivo e di-mostrabile con la natura del pro-dotto. Nel caso di specie poi, il ter-mine PRIMO, oltre ad essere perce-pito come innocua vanteria, nonpuò costituire inganno per il consu-matore, in quanto fa anche partedella ragione sociale della richie-dente.

No. 8/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999ANNUALITA’L’Ufficio chiedeva alla società statu-nitense titolare di un brevetto euro-peo nazionalizzato in Italia di docu-mentare il pagamento delle tasse re-lative alle annualità dalla 4a alla 6a.I mandatari della titolare provvede-vano al deposito delle ricevute rela-tive alle annualità dalla 6a alla 16a,facendo nel contempo presente chela documentazione relativa alla 4a e5a annualità doveva essere chiestaad altra società con sede nel RegnoUnito.L’Ufficio peraltro, non ricevendo ri-sposta alcuna dalla società inglese,dichiarava il brevetto decaduto dal-la fine del terzo anno.

Presentato tempestivo ricorso, la ti-tolare allegava al relativo memoria-le le copie autentiche delle ricevuteattestanti il pagamento della 4a e 5aannualità.

La Commissione accoglie il ricorso,affermando che il pagamento esclu-de di per sé la decadenza ed auspi-cando la urgente rimozione della la-cuna legislativa per cui, mentre letasse vanno corrisposte all’Ufficiodelle concessioni governative, ilcontrollo del versamento delle stes-se spetta all’UIBM, con le conse-

guenti possibilità di disguidi e im-precisioni.

No. 9/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIOUna società italiana presentava do-manda di marchio consistente in unaconchiglia con al centro una croce eun bastone e nelle diciture: “PE-RENGRINATIO AD ROMAN” –“ANNO DOMINI MM”, per con-traddistinguere prodotti rientranti inben 18 classi.L’Ufficio, previo parere negativo diregistrabilità del Ministero degli In-terni, rifiutava la domanda, ai sensidel combinato disposto degli Art. 30e 31 RD 929/42.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente faceva presente che ilsimbolo era stato realizzato in sin-tonia con le maggiori Autorità Ec-clesiastiche e che si era voluto se-guire le direttive del Santo Padresulla evidenziazione della triologiaPadre-Figlio-SpiritoSanto. Infatti laconchiglia rappresentava la casa, ilbastone il pellegrino e la croce la fe-de.

La Commissione rigetta il ricorso,dal momento che il pacifico valoresimbolico del segno non è contratta-bile e i pretesi accordi con le AutoritàEcclesiastiche sono irrilevanti.

No. 10/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999CONVERSIONEBREVETTO/MODELLOUna società svizzera depositavauna domanda di brevetto di inven-zione, per una recinzione protetti-va di macchinari e pochi giorni do-po avanzava richiesta di conversio-ne della domanda a modello di uti-lità.

L’Ufficio rifiutava la conversione, co-municando nel contempo che sareb-be stato concesso il brevetto d’in-venzione.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente rivendicava per il trovatole caratteristiche specifiche del mo-dello di utilità.

La Commissione accoglie il ricorsoed annulla il provvedimento impu-gnato, osservando che l’Ufficio

avrebbe dovuto limitarsi ad acco-gliere o a respingere la richiesta diconversione e solo successivamente,posto un giudizio positivo sulla ri-chiesta di conversione, farsi caricodella statuizione di merito, cioè pro-nunciarsi non più sulla domanda dibrevetto d’invenzione, bensì sullafondatezza/infondatezza della do-manda di modello.

No. 11/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIOL’Ufficio rifiutava una domanda dimarchio per la dicitura FRAGOLI-NO per contraddistinguere liquori(classe 33), in quanto descrittivo, seprodotto con uva fragola, e decetti-vo in caso contrario.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente informava che il prodottocontraddistinto era una bevandacomposta da vino frizzante, mostoconcentrato, aromi e succo di frago-la; si sottolineava inoltre che l’uvaIsabella (impropriamente detta uvafragola) era vietata per legge e quin-di il consumatore non poteva essereingannato, sapendo di non poterlotrovare sul mercato. Infine si facevarilevare che il marchio aveva acqui-sito il “secondary meaning” e si for-niva documentazione del suo usomassiccio.

La Commissione respinge il ricorsodichiarando precluso l’esame del-l’effettivo “secondary meaning” cheavrebbe dovuto essere stato fattonella pregressa fase amministrativa,e confermando la descrittività, te-nuto conto che nella percezione col-lettiva la parola FRAGOLINO con-nota proprio i prodotti che includo-no come componente il succo di fra-gola.

No. 12/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIO DI FORMAUna società inglese chiedeva la regi-strazione per prodotti farmaceuticidella classe 5 di un marchio formatoda due superfici convesse opposte,separate da una banda ellittica, eprecisava nella dichiarazione di pro-tezione che il marchio sarebbe statousato sia conformando in tal modo iprodotti stessi o i loro involucri, siariproducendolo in ogni modo a finipubblicitari.

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L’Ufficio rifiutava la registrazione aisensi dell’Art. 18/c LM, sostenendoche il pregio funzionale del manu-fatto, per la sua essenzialità rispettoall’uso, escludeva potesse farlo rien-trare nel settore dei marchi.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente affermava di aver volutoelaborare una compressa o pastigliadestinata a possedere la caratteristi-ca forma del marchio. Il suppostopregio funzionale era assente, tantoche in Benelux il marchio era statoregistrato.

La Commissione respinge il ricorso,ribadendo che la richiedente ha in-teso registrare un marchio di for-ma, avente l’aspetto tipico dellecompresse medicinali (ed anche ditalune caramelle) con conformazio-ne tale da favorirne la deglutizio-ne. Trattandosi quindi di forma im-posta dalla natura stessa del pro-dotto, non è registrabile come mar-chio.

No. 13/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999BREVETTOUna domanda di brevetto per in-venzione relativa ad un metodo dicontrollo di impianti di riscalda-mento mediante l’uso di una proce-dura informatica (software) venivarifiutata dall’Ufficio ai sensi del-l’Art. 12 RD 1127/39, in quanto iltrovato rientrava in un metodo ge-stionale basato su un software ap-plicativo, escluso dalla brevettabi-lità, e manteneva tale rifiuto nono-stante il richiedente avesse precisa-to nella fase interlocutoria che al me-todo non mancava affatto il requisi-to della industrialità poiché me-diante l’apparecchio realizzato sipoteva regolare costantemente latemperatura di ambienti, senza bi-sogno di riprogrammazioni setti-manali o in caso di assenze o eventiparticolari.

Interposto tempestivo ricorso, laCommissione lo ha respinto stabi-lendo che dalla descrizione e riven-dicazioni presentate si evince chia-ramente come il trovato consista inun metodo di controllo di impiantidi riscaldamento per mezzo di unprogramma di elaboratore e realiz-zato mediante quest’ultimo, pre-scindendo da qualsiasi altro disposi-tivo.

No. 14/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIO DI FORMAUna domanda di marchio tridimen-sionale, consistente in una bottigliacon tappo ottagonale e corpo a rilie-vi simulanti un recipiente ghiacciato,per contraddistinguere bevande al-cooliche (cl. 33) veniva rifiutata dal-l’Ufficio ai sensi dell’Art. 18/c LM, inquanto il notevole pregio estetico e laforma idonea ad attribuire valore so-stanziale al prodotto lo escludevanodal settore dei marchi.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente, oltre a fornire documen-tazione di numerosi marchi interna-zionali tridimensionali registrati, cheavevano per oggetto delle bottiglie,sosteneva la illegittimità del provve-dimento di rifiuto, perché non sotto-scritto dal Direttore dell’Ufficio.

La Commissione accoglie il ricorso eannulla il provvedimento impugna-to, poiché il vizio di legittimità as-sorbe ogni altro motivo.

No. 15/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999MARCHIOUna domanda di marchio mista perla dicitura LE PASTE FRESCHE DIMODENA, con disegni di fantasia,per contraddistinguere paste (cl. 30)veniva rifiutata dall’Ufficio ai sensidell’Art. 18/e LM, in quanto il mar-chio poteva indurre in errore il con-sumatore sulla provenienza dei pro-dotti, stante che la richiedente avevasede a Milano.

Interposto tempestivo ricorso la ri-chiedente, fra altri motivi, affermavache la dicitura non volesse necessa-riamente far riferimento alla sede diproduzione, ma che avrebbe potutoad esempio riferirsi ad una ricettamodenese. Rileva altresì che l’Uffi-cio aveva registrato numerosi altrimarchi della stessa richiedente, con-tenenti indicazioni geografiche noncorrispondenti alla sua sede.

La Commissione accoglie il ricorso,affermando che, al fine di conside-rare decettivo il segno, la provenien-za geografica debba essere elementorilevante per l’apprezzamento delprodotto. Nel caso di specie, essa ègenericamente evocativa di una zo-na che è nota per il suo buon livellodi confezione della pasta.

No. 16/2000di Repertorio del 9 Luglio 1999BREVETTOIl deposito della traduzione italianadi un brevetto europeo veniva effet-tuato oltre il termine di tre mesi pre-visto al terzo e quarto comma delDPR 32/79 e contemporaneamenteveniva presentata una istanza direintegrazione ai sensi dell’Art. 90RD 1127/39.

L’Ufficio, dopo nutrito scambio dinote con la richiedente, dichiarava lanon accoglibilità della istanza, con laconseguenza che il brevetto europeosuddetto veniva considerato, fin dal-l’origine, privo di effetti in Italia.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente con incisiva ed articolatamotivazione, tendeva a dimostrarecome il requisito ex Art. 90 della“massima diligenza esigibile” nonandasse assolutamente identificatocon il criterio della “causa di forzamaggiore” e citava varie decisionidella Commissione Europea dei Ri-corsi, in cui l’incidente isolato, deri-vato da lieve errore di un addettocon mansioni non dirigenziali, nonaveva impedito all’interessato di in-vocare e ottenere la reintegrazione.

La Commissione respinge il ricorso,richiamando il proprio precedenteindirizzo (sentenza 71/94) ed affer-mando che, secondo il diritto nazio-nale, si applica un criterio di giudi-zio più rigoroso di quello contenutonella Convenzione di Monaco. Infat-ti, mentre questa richiede “tutta lavigilanza richiesta dalle circostanze”il citato Art. 90 parla di “massima di-ligenza esigibile”. Nel caso di speciesi è trattato di un errore accidentalenon scusabile, ed il contegno delmandatario, per l’assenza di mezzidi controllo dell’errore, non è esenteda colpa.

No. 17/2000di Repertorio del 15 ottobre 1999BREVETTOUna domanda di brevetto per in-venzione relativa ad un procedi-mento per la separazione dei rifiutiurbani veniva respinta dall’Ufficioche riteneva il trovato carente di at-tività inventiva. Nella ministeriale dirifiuto veniva concesso un terminedi 60 giorni per le controdeduzioni.La richiedente, invece di rispondere,presentava immediatamente ricorso

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alla Commissione la quale, con sen-tenza No. 16/99, lo dichiarava inam-missibile perché intempestivo. Nelfrattempo l’Ufficio emetteva il prov-vedimento di rifiuto definitivo, ed an-che contro di questo la richiedentepresentava ricorso, ripetendo nellamotivazione le argomentazioni espo-ste nel precedente ricorso a sostegnodel carattere inventivo del trovato.

La Commissione rigetta anche il se-condo ricorso, perché la mancata ri-sposta nei 60 giorni alla prima mini-steriale preclude in ogni caso l’acco-glimento della domanda.

No. 18/2000di Repertorio del 23 novembre 1999MARCHIOUna domanda di marchio per la di-citura TELECONTROLLO DI GE-

STIONE, per contraddistinguereservizi nelle classi 36 e 38, veniva ri-fiutata dall’Ufficio ai sensi dell’Art.18 c1, lett. b LM, in quanto descritti-va e senza alcuna elaborazione gra-fica.

Interposto tempestivo ricorso, la ri-chiedente lamentava la carenza dimotivazione dell’Ufficio, spiegavanei dettagli il tipo di servizio tele-matico di controllo aziendale for-nito ed indicava altri marchi regi-strati dall’Ufficio quali TELELEA-SING, TELEFINANZA, TELE-BANKING.

La Commissione rigetta il ricorso,affermando che il provvedimentodell’Ufficio appare ictu oculi moti-vato e che la descrittività dellaespressione emerge più chiara chemai dalle spiegazioni offerte nella

motivazione del ricorso dal ricor-rente stesso.

No. 19/2000di Repertorio del 23 novembre 1999MARCHIOUna domanda di marchio, compostadalla dicitura CEASUD e da un cer-chio contenente l’immagine di untrullo a tre vani, per contraddistin-guere olio (cl.29), veniva depositataa Bolzano da una persona fisica colàresidente.

L’Ufficio, ai sensi dell’Art. 18/e LM,rifiutava la registrazione sostenen-do che il marchio proposto potevacreare nel consumatore una imme-diata associazione tra i prodotti el’origine meridionale, inducendoloin errore circa la loro provenienzageografica.

Interposto tempestivo ricorso, il ri-chiedente faceva presente di averdato vita da molti anni ad una so-cietà CEASUD, con sede a Bari, po-sta poi in liquidazione volontaria ericostituita successivamente, con al-tra ragione sociale, a Conversano(Bari).Si precisava inoltre di non avere aBolzano alcuna attrezzatura o di-sponibilità a produrre olio, e chel’intera attività commerciale si svol-geva a Conversano (Bari).

La Commissione, lamentando lamancata instaurazione da parte del-l’Ufficio di una fase interlocutoria,accoglie il ricorso.

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n. 2 del 5.1.1985

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L’attività inventivanei brevetti chimicie biotecnologici ................ Pag. 1Giuseppe BianchettiGiorgio Pifferi

Il risarcimento del danno dacontraffazione.Lost profit, price erosion,convoyed sales,bridgehead sales.............. » 5Mario Franzosi

Circolari dell’U.I.B.M......... » 5

I nuovi Regolamenti CE sugliAccordi di R&S, sullaCooperazione nellaProduzione - Acquisto -Distribuzione -Standardizzazione(e relative Guidelines).Impulso alla consulenzapreventiva......................... » 6Raimondo Galli

Protocollo di Madride Nuovi Marchi:(nuovi) depositi, accordidi coesistenza, nullitàrelativa e decadenzaper decettività................... » 13Raimondo Galli

Internet - Nuove regoledi Naming(4 agosto 2000) eprocedure di risoluzionedelle dispute dinnanzi allaNaming Autority Italiana... » 19Fabio Giambrocono

Dibattito su EPO e CTU .. » 20

L’EPO influisce sulle CTU?(replica) ............................ » 23Alfonso Giambrocono

La teoria degli equivalentie il caso Forel................... » 24Mario Franzosi

Applicazione del brevettoPatent/Application Busillische forse ha creato folliagiornalistica e politica....... » 25Fabio Giambrocono

Rapporti con U.I.B.M........ » 26

Le nuove prospettivedel diritto della proprietàintellettuale ....................... » 27Gianmaria AjaniMarco Ricolfi

UIBM:Decisione sui ricorsi ......... » 28Ada Borella

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