Notizario 01 2020

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Numero 1 2020/2021 Etsate 2020 Il Notiziario Conviviali estive Passaggio di Consegne Parlano di Noi Interact Club Siena Il Programma del mese di Settembre

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Numero 1 2 0 2 0 / 2 0 2 1 Etsate 2020

Il Notiziario

• Conviviali estive • Passaggio di Consegne • Parlano di Noi • Interact Club Siena • Il Programma del mese di Settembre

ESTATE 2020 ANNATA 2020/2021 NUMERO 01

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Dibuoncompleannoa:

3PaolaSalvadori6NicolaVenturi7MarioLorenzoni9Vi:oriaVerre11MarcoBrogi12CeciliaDeMunari14PietroRubegni15Simone:aBianchi14CarloSalvadori18ClaudioGiomini,GianmarcoBonsanJ19ElenaSecchiTarugi22MonaldaPesi23GiorgioFrezzoN21GuidoZani

Per l'anniversario di matrimonioa:8PaoloeBernade:aVagaggini10CurzioePierangelaMazzi,AndreaedElenaSanJni;ClaudioeTizianaMagagnoli;16 Fabrizio e Patrizia Rossi, Egidio eSimone:aBianchi18RanuccioeAlbaNuJ20MarcoeCaterinaAndreassi;22E:oreeMonicaPellegrini26GuglielmoeMariaGraziaCenJni28LorenzoeGiuseppinaMariani

Governatore 2020/2021 Distretto 2071: Letizia Cardinale Presidente: Carlo Salvadori

Vice Presidente: Steven Verhelst Presidente Incoming: Lorenzo Gaeta

Past President: Mario Lorenzoni Segretario: Alessandro Gabbiai

Prefetto: Carlo Peruzzi Tesoriere: Marco Fabbri

Consiglieri: Massimo Brogi, Claudio Giomini, Alessandro Piccolomini, Fabrizio Rossi, Silvia Trapassi, Luigi Verre

Commissioni: Pubbliche Relazioni: Antonio Cinotti, Andrea Santini, Rodolfo

Donzelli Sviluppo Effettivo: Claudio Giomini, Andrea Santini, Stefano

Burroni, Sara Galgani. Progetti: Antonio Cottini, Lorenzo Gatea, Vincenzo Pagano

Fondazione Rotary: Paolo Almi, Massimo Mazzini, Marco Andreassi, Elisabetta Guasconi.

Delegato Interact: Alessandro Cinughi de’Pazzi

Settembre auguri:

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2 Organigramma e Ricorrenze4-5 Lettere del Governatore6-15/19-30 Conviviali estive16-18 Passaggio di consegne31-32 Interact Club33 Il Mio Rotary34-37 Parlano di Noi38 Programma mese di Ottobre

Indice:

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Caminetto Telematico 10 Giugno, Rev. Mons. Benedetto Rossi

Il Rev. Mons. Benedetto Rossi, forte di una grande conoscenza delle scritture sacre per aver svolto incarichi specifici in diverse parti del mondo, ha affrontato un tema molto complesso e solo superficialmente noto a tanti soci presenti, che molto spesso fuggevolmente si sono avvicinati alla Bibbia. Prima di affrontare la natura della sacralità dei testi, il relatore ha snocciolato numeri impressionanti delle copie vendute (oltre 80 milioni l’anno) e degli accessi in internet, che sono la lampante testimonianza dell’interesse richiamato in larga parte del mondo e fanno addirittura impallidire la tiratura di altri testi più volte evocati, quali il Codice da Vinci o addirittura il Corano.

La Bibbia, secondo il significato greco, è un insieme di libri che hanno la pretesa di una verità rivelata dall’essere supremo agli uomini tramite profeti, nel millennio precedente la cristianità, e successivamente tramite suo figlio, Gesù, costituendo così testi ispirati e divini che sono la guida per molte persone e, indipendentemente dalla fede, possono essere lo strumento per una efficace introspezione umana per cercare di dare un senso alla vita e capire il legame tra il proprio essere e la divinità.

Due sono le sezioni che compongono la Bibbia, l’Antico ed il Nuovo Testamento. Nel primo, costituito da 46 testi si parla del popolo ebraico, dei suoi re e profeti ed è scritto in tre lingue (alcuni testi in ebraico, altri in greco o aramaico), mentre nel secondo, costituito da 26 libri, si parla della vita di Gesù. La natura ispirata dei testi ha formato oggetto di innumerevoli dibattiti nella storia che hanno coinvolto gli ebrei per il vecchio Testamento e la cristianità per il Nuovo. Finalmente nel 180 dopo Cristo, con il Canone Muratoriano, i rappresentanti delle tre chiese allora influenti, di Roma, Antiochia ed Alessandria hanno posto fine alle discussioni ed hanno convenuto sulla canonicità dei testi facenti parte del Nuovo Testamento Non tutte le confessioni cristiane peraltro ed in particolare i protestanti riconoscono l’ispirazione divina di tutti i libri, alcuni dei quali cosiddetti “deuterocanonici” non ritengono facenti parte delle sacre scritture.

La veridicità del contenuto nei libri della Bibbia, secondo il relatore, ha trovato ampio riscontro dagli studi storici ed archeologici in quanto, specie negli scavi eseguiti nei siti d’interesse, si è sempre avuto puntuale conferma di quanto riportato nelle Sacre Scritture.

Il tema discusso è stato trattato senza eccessive implicazioni fideistiche ed ha richiamato l’attenzione di diversi soci che hanno chiesto spiegazioni sull’eventuale diversità del contenuto del vecchio testamento per gli ebrei ed i cattolici, sul ruolo dell’archeologia nella comprensione dei testi sacri, sulla capacità di persone apparentemente “semplici” di poter scrivere testi quali “l’Apocalisse” ecc.(R.D.)

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Perché la Bibbia è il libro più importante del mondo?

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Caminetto Telematico 16 Giugno, Rel. Pino di Blasio, Direttore La Nazione Siena

Le due ore passate via internet con Pino di Blasio, interrogato sulle più o meno recenti vicissitudini di Siena sono volate in fretta per il grande interesse sollevato dagli argomenti trattati e, ovviamente, per l’autorevolezza di chi commenta la vita senese inquadrandola da un osservatorio speciale come la redazione di un giornale importante.

Gran parte delle domande hanno riguardato gli aspetti economici e la dolorosa vicenda del Monte dei Paschi: una crisi che è apparsa irreversibile già molto tempo prima di quella mondiale causata dal Corona Virus e subito dopo un periodo di grandi successi per Siena, quando la Mens Sana Baket vinceva scudetti in serie e la Banca, oltre a piogge di contributi, riversava autorevolezza e fama positiva sulla città. Basti pensare all’allestimento architettonico delle sue sedi di Londra, Parigi e New York, che offrivano al mondo un’immagine di grande splendore e anche di alta imprenditorialità, capace di esaltare il nome di Siena in una ribalta internazionale di grande prestigio. Fu in quegli anni che si iniziò a parlare dell’eccellenze senesi come causa e nello stesso tempo effetto di uno stile di vita che molti invidiavano.

Ma questa notevole rilevanza di Siena in Europa e nel mondo non era dovuta solo alle fortunate vicende della Banca cittadina, perché era sorretta pure da una seconda solida colonna, forse meno appariscente e forse non percepibile da tutti, ma sicuramente non meno importante e non meno efficace nel consolidare la fama internazionale della città. Questa seconda colonna, che come il Monte dei Paschi aveva radici lontane, risalendo al tempo dell’antica Repubblica e ai decenni immediatamente successivi, si riconosce nel contributo offerto alla cultura europea da personaggi, iniziative e istituzioni senesi che occupano un posto non secondario nella storia, anche se oggi si tende colpevolmente a dimenticarne la ragione.

Sia ben chiaro che non mi riferisco solo alla grandezza di pittori e di scultori nati, o formatisi a Siena, conclamata dal rilievo dedicato loro nei più celebri musei del mondo, ma penso pure alla tradizione senese in vari campi del sapere umano. Come l’ ingegneria: fonte di apprendimento per i grandi architetti del Rinascimento e motore di sviluppo per la moderna industria metallurgica – non deve meravigliare che questa città nel XV secolo fossa una della prime in Italia per la produzione di artiglierie pesanti. Come il campo delle scienze, nel quale Pier Andrea Mattioli dettava i principi classificatori della botanica, mentre i papi si circondavano di archiatri senesi. Come la drammaturgia, per il successo che ottenevano anche fuori d’Italia le commedie degli Intronati o dei Rozzi – ispiratrici, alcune, perfino di eccelsi talenti come William Shakespeare. Come la storia della Chiesa, se, per es. nel conclave del 9 maggio 1555 che elesse il pontefice senese Marcello II Cervini, ben 5 cardinali sui trentacinque presenti erano suoi concittadini di nascita o di formazione. Ma si potrebbe continuare a lungo, per esempio sottolineando figure di assoluto livello internazionale: da Pio II, illuminato pontefice umanista e pure accorto politico precursore dell’ideale europeista, a Mariano di Jacopo detto il Taccola, lungimirante autore di trattati di meccanica 50 anni prima di Leonardo; a Alessandro Piccolomini, proto astrofisico, del quale porta ancora il nome un cratere lunare da lui scoperto.

Tutto questo per ricordare come le molte eccellenze senesi non siano solo servite a riempire la bocca a politici - che le ostentavano senza conoscere le reali motivazioni del loro valore - ma abbiano veramente contribuito alla formazione della cultura in Italia e in Europa, creando un patrimonio di conoscenze e di attitudini sulle quali, pur conducendo un’esistenza sonnacchiosa e pigra, Siena avrebbe conquistato nuovi successi. In verità prevalentemente frutto di iniziative private, capaci, però, di compensare l’inerzia degli organi istituzionalmente preposti alla

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diffusione della cultura, che, negli ultimi anni, hanno brillato per latitanza operativa o vacuità dei progetti ed hanno pure trionfato nella gara delle occasioni perdute.

Non mi soffermo sulla dura, immeritata e inutilmente costosa sconfitta nel concorso per Capitale Europea della Cultura: evento recente e anche doloroso se, come sembra, il vincitore era già stato determinato a tavolino dalla politica - tipico caso del danno aggiunto alla beffa. Ritengo invece che valga la pena parlare più dettagliatamente della seconda incompiuta: la ristrutturazione e il riuso del Santa Maria della Scala.

E’ doveroso premettere, al riguardo, che un grande patrimonio culturale come quello senese, specialmente nel contesto artistico, ha bisogno di cure specialistiche e di una costante opera di valorizzazione dirette da persone competenti e preparate in materia. Studi, convegni, esposizioni, rassegne che richiedono strutture adeguate, delle quali per altro Siena dispone, come musei, biblioteche, spazi espositivi, ben due università, e che soprattutto devono basarsi su un progetto moderno, lungimirante e di caratura imprenditoriale; ovvero refrattario alle ingerenze della politica. Un progetto, quindi, che inizi da adeguate ricerche di marketing; si basi su una conoscenza approfondita e non partigiana delle risorse esistenti; si avvalga delle personalità giuste per operare con successo – se la città non riesce più a formare una classe dirigente capace, si coinvolgano personalità forestiere, cercando però di evitare gli errori di un recente passato.

Tutti sanno che oggi non ci sono più le risorse montepaschine e tutti si rendono conto di ostacoli duri da superare, come le carenze nel settore alberghiero/congressuale, o nei collegamenti tra la città e il mondo che corre veloce. Qualcuno si è anche accorto che la prima occasione persa è stata quella di non aver saputo indirizzare i programmi di sviluppo verso questo obiettivo, quando nel secolo scorso sarebbe stato ancora possibile reperire le risorse necessarie per fare di Siena la Oxford o la Heidelberg italiana: una visione allora incomprensibile per molti e inevitabilmente accantonata in favore di settori produttivi capaci di dare una maggiore visibilità politica.

Tuttavia, quando alla fine degli anni Sessanta Cesare Brandi propose sulle pagine del Corriere della Sera (23/9/1968) di trasformare l’ospedale di Santa Maria della Scala in uno straordinario contenitore di opere d’arte “per dare vita al più grande e prestigioso museo dell’arte senese” (Forlani Conti, 1995) l’idea fu abbracciata da unanimi consensi. Si prospettava, infatti, la creazione non solo di grandi e suggestivi spazi per esposizioni, ma anche di biblioteche, sale per conferenze, aule di studio, centri di formazione per il restauro: un Beaubourg italiano, che, nel diffondere e valorizzare la cultura storico artistica, avrebbe pure creato numerosi posti di lavoro e dato impulso a quella forma di turismo colto di cui la città aveva allora bisogno ed ancor più ne ha oggi.

Si aprì lentamente un dibattito interdisciplinare cui parteciparono storici dell’arte, architetti, restauratori, archeologi, cenacoli di cultura urbanistica come l’ILAUD, gli enti senesi coinvolti (Comune, Università, Soprintendenze). Furono pubblicati libri importanti sulla storia dell’antica istituzione ospedaliera e organizzati convegni attorno ai temi del restauro architettonico, nonché alle ulteriori prospettive programmatiche concepite da Cesare Brandi, che vedeva nel nuova Santa Maria la possibilità “di concentrare tutte le collezioni presenti a Siena, o rastrellabili nel suo territorio” (Forlani Conti, 1995). Ma si dovette attendere il 1984 per leggere, con il necessario piano programmatico, le linee guida e gli obiettivi che avrebbero disciplinato il concorso per selezionare il progetto finale della ristrutturazione e del successivo reimpiego dello storico edificio; concorso vinto dall’equipe guidata dall’arch. parmense Guido Canali, che riuscì a prevalere su quelle di altri sette tecnici di valore internazionale, tutte meritevoli di menzione per la qualità del lavoro svolto.

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Finalmente si aprirono i cantieri e Canali dette inizio alla ristrutturazione, che si sarebbe sviluppata per trance successive. Nel 1995 fu inaugurato il primo percorso museale nelle sale simbolo dell’antica istituzione: museo di sé stesso destinato ad offrire una stupenda immagine della pittura senese del XV secolo. Via via, mentre procedevano i lavori di restauro, furono aperte altre sale con collezioni permanenti di settori artistici o storici specifici; fu allestito il Museo Archeologico: favorito da una quanto mai adatta sistemazione ambientale; furono organizzate importanti mostre di storia dell’arte senese. Il tutto in linea con gli indirizzi originali proposti da Brandi e generalmente accolti da tutti, addetti ai lavori e semplici cittadini, con grande soddisfazione, ma senza dimenticare l’obbiettivo primario del trasferimento della Pinacoteca.

Inizialmente, il Comune di Siena con i sindaci Mazzoni della Stella e Piccini, aveva acquisito il non modesto merito di essere riuscito a varare una progettazione quanto mai complessa e di averla affidata ad un tecnico altamente qualificato, trovando le necessarie risorse finanziarie; tuttavia, con l’avvento del nuovo millennio si aprì una fase di progressivo, deplorevole disinteresse. Furono nominati nuovi dirigenti, insediate commissioni su commissioni, effettuate vane ostentazioni di muscolatura; intanto, malauguratamente, Canali era costretto a lasciare la direzione dei lavori e le mostre organizzate erano sempre meno significative. Iniziava a prender corpo il concetto del Santa Maria come un contenitore museale tanto straordinario, quanto desolatamente vuoto e, peggio ancora, talvolta impiegato per attività stridenti con il senso della storia e con l’alto linguaggio intellettuale che era ed è in grado di esprimere.

Ma leggiamo cosa scriveva su “Il Fatto Quotidiano” (1.9.2012) l’illustre storico dell’arte ed apprezzato commentatore delle vicende culturali italiane, Tomaso Montanari: L’idea di Brandi – poi abbracciata con straordinaria forza da un altro grande storico dell’arte, Giovanni Previtali – era quella di trasformare l’ospedale della Scala nel Museo di Siena per eccellenza. Il progetto prevedeva di portarci la  Pinacoteca Nazionale  …. e il dipartimento di storia dell’arte dell’Università: mostrando così visibilmente cos’è un museo, e cioè in primo luogo un centro di produzione di conoscenza. È per questo che il Comune di Siena comprò e sistemò al Santa Maria la biblioteca di uno dei più importanti storici dell’arte italiani, Giuliano Briganti. Ed è sempre per questo che lì hanno luogo anche il Museo Archeologico e un Centro d’arte contemporanea. Ma tutti questi frammenti non sono stati mai connessi tra loro, e il grande progetto di Brandi e Previtali non si è realizzato. Perché? Perché, ad un certo punto, il virtuoso ‘sistema-Siena’ si è involuto in un gorgo di clientelismo provinciale che ha inghiottito anche il Santa Maria. L’enorme quantità di quattrini che il Monte dei Paschi faceva piovere sui buoni e sui cattivi ha portato ad una degenerazione in cui non contavano più la qualità del progetto, o la qualità delle persone, ma l’affiliazione e la spartizione. È così che il Santa Maria della Scala è divenuto uno scatolone per mostre (alcune – come quelle su Duccio o sul primo Rinascimento a Siena – belle e importanti, altre pessime) ed eventi, finendo per trasformarsi in una fondazione controllata dal Comune, e non (come invece avrebbe dovuto) in un istituto di ricerca finanz ia r i amen te au tosu f fic i en te , e sop ra t t u t t o  separa to da l l a po l i t i ca . E’ interessante notare che le parti essenziali delle proposte di Brandi venivano riaffermate in un dibattito televisivo avvenuto due anni dopo, nel marzo 2014, sulle frequenze di Canale Tre Toscana da parte di Roberto Barzanti, Archintronato e già Sindaco di Siena, ed Enrico Tucci, vicepresidente della Commissione per il Recupero del Santa Maria predisposta dal Comune, che è tornato ad interessarsi di questo grande contenitore museale dopo essersi reso conto come la tanto auspicata rivitalizzazione di Siena debba procedere lungo un percorso di carattere culturale … [verso] due mete precise: il titolo di capitale europea della Cultura per il 2019 e, appunto, il completo riassetto del Santa Maria. Così si leggeva su La Voce del Campo del 27.3.2014, in un articolo che riportava quanto sostenuto da Barzanti in merito a un programma che prevedesse come primo passaggio fondamentale la riorganizzazione della Pinacoteca nelle sale dell’antico ospedale, dove accogliere l’espressioni massime del patrimonio artistico senese, che dovranno rappresentare il fulcro stabile dell’istituzione, poi

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definito da Tucci come “il cuore del Santa Maria”. E solo come secondo passaggio la valorizzazione dei tesori artistici presenti in loco (Pellegrinaio, Cappella del manto, quadreria delle Pie Disposizioni, S. Caterina della Notte), integrati da istituzioni in essere - come il Museo Archeologico - o in preparazione - come “il Museo della città” - al fine di offrire una illustrazione esauriente e qualificata del percorso storico di Siena. Lasciando al terzo posto l’allestimento delle strutture per i servizi culturali e per quelli logistici, e infine affermando che il compito di dare applicazione al programma dovrà essere assegnato ad una “fondazione di gestione pubblico/privata” (più adatta di forme consortili, o societarie), su basi operative di concretezza, efficienza ed indipendenza dal Comune, per intervenire con la necessaria autorevolezza in qualsiasi contesto ed evitare le incertezze e le pause del passato.

In quella trasmissione televisiva era pure stata presentata un’intervista al sindaco Valentini, sempre riportata su La Voce del Campo, nel corso della quale il primo cittadino aveva concentrato la sua attenzione sugli aspetti strettamente commerciali in funzione dell’esigenza di vivacizzare l’ambiente del Santa Maria, sostenendo l’inutilità di un ente “imbalsamato” e ricordando gli alti costi che comporta la sua apertura… [a fronte invece] del successo di “Siena sport week”, annunciandone la programmazione anche per il futuro… [ma tacendo circa] i progetti di completamento e di sviluppo dell’antico ente ospedaliero … e l’obbligo di riuscirci con iniziative coerenti, opportune e pure capaci di fare rinascere il Santa Maria con un “cuore nuovo”. L’articolo finiva ricordando come entrambi gli interlocutori della trasmissione, Barzanti e Tucci, concordassero nell’esprimere preoccupazioni per la mancanza di chiarezza specialmente in merito alle modalità organizzative della progettazione che sta prendendo corpo [dubitando] dell’organicità programmatica necessaria per non perdere di vista sia l’idea base di una rivitalizzazione dell’ente con un fulcro espositivo prestigioso e stabile – ovviamente legato al trasferimento della Pinacoteca, n.d.r.- sia quella potenziale della sua evoluzione in un centro di altissimo livello disciplinare per lo studio e la diffusione della cultura artistica senese. Questo è l’obiettivo principale: con questo dovranno essere intellettualmente coerenti sia le iniziative espositive estemporanee (quindi, no a mostre fotografiche o di fumetti, no alle novità che piacciono al pubblico ma sono avulse dalla mission dell’ente e possono essere allestite in luoghi più adatti ….

Fino a pochi anni fa, pertanto, il progetto Brandi e la volontà di trasferire la Pinacoteca nelle sale del Santa Maria erano ancora vitali e largamente condivisi, anche se si temeva che la crisi economica generale e, non ultimo, il crollo del Monte dei Paschi avrebbero inciso sempre più pesantemente sul fund raising per la ristrutturazione e quindi sul completamente del programma iniziale. Intanto le considerazioni e le critiche espresse da Montanari – nonché da buona parte del mondo accademico – circa il peso negativo di certa politica e la latitanza del Comune avevano sempre più ragion d’essere, ma sarebbe stato sufficiente che un sindaco illuminato e veramente attento ai reali interessi della città prendesse a cuore l’iniziativa per cambiare l’andamento delle cose. Come non ricordare l’esempio di primi cittadini del livello culturale di un Luciano Banchi o di un Fabio Bargagli Petrucci !?! Purtroppo altre problematiche venivano ad aggiungersi a quelle annotate da Montanari, su tutte l’applicazione della legge Franceschini sul riordino dei beni culturali, che prevedeva la creazione di poli museali destinatari di lauti fondi per la promozione/valorizzazione delle opere d’arte possedute e che, subìta bovinamente da chi doveva curare gli interessi di Siena, è risultata quanto mai iniqua, ingiusta e dannosa per la nostra città, che, non essendo stata riconosciuta in un polo autonomo, ha dovuto sopportare il declassamento del proprio patrimonio culturale: dai musei all’Archivio di Stato – nonostante che questo per qualità e quantità dei documenti conservati sia considerato tra i maggiori del continente, anche in funzione degli studi storici relativi a paesi stranieri come Francia, Germania e Spagna. E’ lecito domandarsi cosa facessero i rappresentanti di Siena in Parlamento e in Senato quando si preparavano queste leggi ed è facile pensare che questi nulla sapessero circa il ruolo dell’antico patrimonio artistico senese nella storia dell’arte europea, o che nulla importasse loro

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del contributo dato dalla cultura senese al processo di civilizzazione del Continente tra Medio Evo e Rinascimento. E’ pure facile osservare che in Comune avrebbe dovuto esserci un Assessore alla Cultura per evitare che tutto ciò accadesse, ma questo ruolo – a Siena di primaria importanza - è ormai carente da oltre 20 anni, emarginato e mal’interpretato per evidenti interessi di parte.Si giungeva così al 20 dicembre 2018, quando “La Nazione” annunciava a caratteri cubitali e a firma di Roberto Barzanti: La Pinacoteca non va al Santa Maria. Svanisce così il sogno di Cesare Brandi. Una dura sentenza emanata da Stefano Casciu, che, quale direttore del polo museale della Toscana, era dotato di potere decisionale anche sui musei senesi, ma favorita dall’indifferenza degli interlocutori locali del Ministero, che non si rendevano conto di come la nostra Pinacoteca ne venisse danneggiata, equiparata a un qualsiasi museino poco più che parrocchiale. In fondo al Comune cosa importava di questo ente di proprietà dello Stato? Ma del Santa Maria gli doveva importare, se non per le potenzialità almeno per i lavori già fatti in molti ambienti della struttura – circa al 50% del cubaggio totale.Giova ricordare che la Pinacoteca conserva la collezione di fondi oro dipinti tra il XIII e il XV secolo più rilevante al mondo, ma accoglie solo intorno a 15.000 visitatori all’anno: una nullità a fronte di oltre 3 milioni di turisti che annualmente transitano per Piazza del Duomo, una buona percentuale dei quali avrebbe potuto godere dei capolavori della Pinacoteca se trasferiti al Santa Maria, dove certo non sarebbe mancato lo spazio espositivo – ovviamente da adattare alle moderne esigenze conservative di dipinti così antichi e preziosi – e dove l’istituzione avrebbe assunto a pieno titolo l’auspicata dimensione museale che ancora non ha. Una dimensione che certamente non può esserle conferita da mostre e mostriciattole estemporanee, o peggio ancora da esibizioni di zumba e bicchierate di prosecco, se non viene realizzato quello che Tucci aveva definito “cuore pulsante” del Santa Maria, magari arricchito con la grande biblioteca specialistica in storia dell’arte che potrebbe nascere dall’aggregazione alla Briganti dei fondi lasciati alla città da Enzo Carli, Gabriele Borghini e dallo stesso Brandi, fino ad oggi dispersi presso vari enti e congelati in una dimensione di scarsissimo utilizzo. E’ vero che purtroppo la Pinacoteca non ha beneficiato di una benché minima programmazione e non si è avvalsa di valide operazioni di marketing per incrementare il numero delle presenze e conseguentemente gli incassi alla biglietteria. Di questo non ha responsabilità il Comune, ma, in definitiva, bastava seguire l’esempio dell’Opera del Duomo, che sotto la guida di Mario Lorenzoni incrementava in modo esponenziale l’affluenza alla Cattedrale e al Museo, semplicemente sviluppando programmi di tipo imprenditoriale e non imbrigliati dalle maglie della politica cittadina.

La stessa politica che ancora non ha capito che i tre soggetti fondamentali per una gestione del patrimonio culturale senese moderna e realmente adeguata agli interessi della città: lo Stato (Pinacoteca e ‘Soprintendenza), la Chiesa (Cattedrale e Opera del Duomo) e il Comune (Santa Maria della Scala) non possono continuare a camminare per strade diverse, ma devono integrarsi in un’azione concordata e seria verso obiettivi comuni. Dovrebbe essere un diritto dovere del Sindaco assumere la cabina di regia di questa operazione, come spetterebbe a lui adire il Ministero competente per chiedere con forza la restituzione a Siena della dignità di polo museale autonomo e i relativi benefici finanziari - come ad es. hanno Perugia e Urbino – e l’annullamento del protocollo stipulato tra Comune e Ministero nel giugno 2017: una debacle allora furbescamente contrabbandata come un successo, ma assai punitiva e nociva per gl’interessi, anche economici, della città. Il non farlo significa semplicemente continuare a coprire la palude di egoismi, rinvii, colpevoli disattenzioni e sottovalutazioni che, nei primi anni del secondo millennio, hanno causato l’incompiuta del Santa Maria della Scala e, più in generale, l’insoddisfacente gestione pubblica della cultura; nonché rinunciare vilmente a mantenere in vita un progetto suffragato da oltre venti anni di unanimi consensi ed il cui insabbiamento la città dovrà pagare a caro prezzo.

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In conclusione non c’è dubbio che il mancato arrivo nei palazzi del Santa Maria delle collezioni oggi in Pinacoteca vada considerato come un grave danno all’immagine e al bene della città, che non può perdere l’occasione di evolvere la Piazza del Duomo nel tempio più sacro della cultura artistica senese: prova inconfutabile della sua legittima appartenenza all’Arte universale. Proprio per questo concetto di universalità, che va ben oltre la dimensione cittadina, tutti dovremmo sentirci obbligati a cercare di correggere gli errori del passato e a non sottovalutare la possibilità di beneficiare dei fondi europei destinati a risollevare il paese dissestato dall’attuale pandemia: sarebbe l’ennesima occasione persa colpevolmente. (E.P.)

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Caminetto Telematico 23 Giugno, Rel. S.E. Paolo Augusto Lojudice, Arcivescovo di

Siena, Colle Val d' Elsa e Montalcino.

Curiosità e malcelato interesse aleggiavano tra i soci intervenuti all’ennesimo caminetto virtuale per ascoltare le impressioni ricavate dall’Arcivescovo Monsignor Augusto Paolo Lojudice in questo primo periodo di permanenza nella nostra città.

Il prelato non si è sottratto all’incombenza e ha cercato di stabilire un colloquio aperto con i soci indicando le proprie aspettative ed i primi riscontri dopo i numerosi contatti avuti a tutti i livelli con la popolazione della diocesi. Chiarito subito di essere stato non poco sorpreso dell’incarico avuto dal Sommo Pontefice, essendo la realtà senese completamente diversa da quella precedentemente sperimentata in qualità di vescovo ausiliare di Roma, si è dedicato con il massimo entusiasmo per cercare di comprendere le necessità della nuova e composita diocesi, così peculiare per tanti aspetti. Necessità che si riescono a cogliere nel loro intimo significato solo con un’attenta osservazione ed ascolto di tutti i protagonisti, siano o meno legati alla fede.

E’ stato subito colpito dalla buona accoglienza , dall’affetto e dalle caratteristiche di questa città, così ricca di arte, di storia e cultura, del palio e delle contrade. Inoltre il Duomo nella sua straordinaria bellezza e la Madonna ovunque rappresentata perché a Lei Siena si richiama, i santi venerati dalla cristianità, gli hanno suggerito che la nostra città abbia tanto in svariati campi , che nel tempo, unitamente all’azione della grande banca locale, possa aver rafforzato il sentimento identitario, ma forse non ha stimolato l’apertura al mondo esterno e possa costituire quindi un rischio alla chiusura. Egli, peraltro, si è reso conto che i senesi sono riusciti ad evitare in grande misura tale pericolo ed hanno largamente dimostrato desiderio di conoscenza di nuove esperienze e di esigenza di attivare sempre nuovi rapporti, per arricchire le prospettive economiche, culturali e sociali locali.

La spiritualità sempre aleggiante, ma spesso poco praticata, gli ha confermato la necessità di una rinnovata partecipazione dei principi e degli obiettivi della Chiesa sulle orme degli indirizzi conciliari e le tracce del Papa Francesco ed ha notato che in tutti gli ambienti da lui frequentati, dalle contrade alle svariate associazioni, indipendentemente dalla condivisione, la parola del Vescovo è ascoltata e mai rifuggita.

A suo dire l’esistenza della Chiesa dopo 2000 anni, con periodi di luci alternati ad altrettante ombre, è significativa della presenza di una Entità superiore che ne preserva la continuità. L’indirizzo del Pontefice si rivolge alla riscoperta del vero significato del vangelo, della tutela dei poveri e nel promuovere, pur con gradualità, una più significativa presenza del mondo femminile.

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" Il mio primo anno a Siena “

Vari gli interventi che hanno riguardato la Curia di Siena e lo scarso rilievo dato alla figura di Santa Caterina rispetto a quello di San Francesco in altra realtà, la partecipazione concreta dei fedeli alle pratiche religiose, la necessità di qualche riforma organizzativa nella struttura ecclesiale.

(R.D.)

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30 Giugno, Passaggio delle Consegne

Con una cerimonia presso l’Accademia Musicale Chigiana, che ha voluto partecipare con l’organizzazione di un bel concerto del Maestro Leonardo Ricci, alla presenza dei soli consiglieri delle due annate per rispettare le norme di distanziamento sociale, è avvenuto il tradizionale annuale ”passaggio della campana” tra Mario Lorenzoni, presidente uscente e Carlo Salvadori. Il nuovo Presidente è ben noto in città per aver ricoperto vari incarichi in aziende, consorzi ed istituzioni cittadine. L’evento è stato seguito online dai soci del Club, per precise disposizioni del Distretto. Il discorso a consuntivo di Lorenzoni, non ha potuto che essere caratterizzato dall’impatto avuto dal lock down sulle attività del Club e di come, però, si sia potuto portre avanti l’attività di service con grande successo e cospicua elargizione di fondi, anche mirati sull’emergenza causata dal Corona virus. Resta il fatto che l’altra attività, quella sociale, ha subito il “danno” più grosso che, solo in parte, è stato aggirato attraverso l’utilizzo delle riunioni virtuali che hanno riscontrato una grande condivisione, anche per la partecipazione di numerosi ed importanti relatori. Carlo Salvadori, nel ricevere con entusiasmo il testimone, ha ribadito come Lorenzoni abbia saputo gestire questa emergenza, sperando di avere un compito più facile per la sua annata , che sarà dedicata alla continuazione dei service pluriennali, ma anche con la partecipazione a nuove iniziative a sostegno del sociale e della cultura. Nelle riunioni si parlerà di molti argomenti, anche se particolare attenzione verrà riservata al mondo delle cooperative, che Salvadori conosce bene per essere stato al centro di buona parte della sua vita professionale. (A.S.)

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Carlo Salvadori è il nuovo Presidente del Rotary Club Siena Est

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Conviviale senza campana, 7 Luglio

Non poteva che tenersi in piazza del Campo, luogo simbolo per tutti i senesi, la prima conviviale della presidenza di Carlo Salvadori, da qualche giorno subentrato a Mario Lorenzoni per condurre l'annata 2020-2021 del nostro club.

Un'atmosfera magica ha fatto da sfondo al primo incontro “fisico" dopo quattro mesi in cui i soci si erano “visti” in modo virtuale sulla piattaforma di call conference, messa a disposizione dall’amico Curzio Mazzi e che ha molto aiutato l'interagire tra i soci durante il periodo dell’isolamento da Covid 19.

Martedì 7 luglio c'era quindi molta voglia di rivedersi di persona e stare insieme, seppur rispettando le ben conosciute regole della “distanza di sicurezza”: ben 60 i presenti, tra soci e familiari. L'augurio è quello di poter riprendere con continuità le riunioni e conviviali in presenza, come ha detto il neoPresidente nel suo intervento, non tralasciando anche le forme di organizzazione e lavoro digitale per il club, con la speranza che possano ulteriormente allentarsi presto le limitazioni dovute alla pandemia.

Una bella serata, voluta e desiderata, che neanche il vento frescolino, inaspettato per una serata di inizio luglio, è riuscito ad ostacolare.

(C.G.)

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Ristorante “Fonte Gaia”, Piazza del Campo

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Conviviale senza campana, 21 Luglio, Castello di Brolio

Perché una Conviviale al Castello di Brolio?Vedi Gigi, mi risponde con la sua consueta calma il nostro presidente Carlo Salvadori: il Rotary Club Siena Est, come d’altra parte molti club, da qualche mese ha sostituito i propri momenti conviviali con video-riunioni online su piattaforme web. Questo cambiamento socio-culturale ci dice quanto il mondo sia cambiato, tanto che difficilmente ritroveremo quello che abbiamo conosciuto sino a tutto il 2019. In questo momento di trasformazione, pur se le situazioni e gli stati d’animo restano immutati, ci sono occasioni che assolutamente non vanno lasciate cadere, come ad esempio quella di ritrovarsi in una location meravigliosa cha da una parte consente di percorrere un momento culturale e dall’altra di ritrovare in assoluta tranquillità quella gioia di una cena conviviale all’aperto con le sicurezze che il periodo del coronavirus impone.Ma perché Brolio...…? Insisto!Perché il castello, con i suoi alti bastioni, nasconde un fascino “antico”, e la sua storia, compreso il mistero del fantasma, mi ha intrigato da sempre! Questo affascinante pentagono di mura longobarde, più volte ricostruito e modificato, porta ancora oggi i segni delle più diverse epoche: dai bastioni fortificati di stampo Medievale, agli inserimenti del Romanico e del Neogotico, sino alle specificità dell’Ottocento toscano, in una successione continua di colori e di sfumature, tra morbide colline, valli vellutate e fitti boschi di castagni e di querce. Esso ha subito assalti e distruzioni in numerose battaglie storiche: i quattrocenteschi attacchi aragonesi, quelli spagnoli, le dispute seicentesche fino ai bombardamenti aerei e d’artiglieria, da parte degli alleati inglesi e sud-africani della Seconda Guerra Mondiale del luglio del 1944, durante la ritirata delle armate tedesche verso nord edi cui ancora oggi sono visibili i danni subiti.Così, il pomeriggio di martedì 21 luglio alle ore 18, ci siamo ritrovati in gran numero, tanto da formare due gruppi, all’ingresso del castello. Lì abbiamo incontrato Vera e Camelia, le nostre guide, bielorussa e rumena rispettivamente, che parlano perfettamente italiano, che ci hanno raccontato la storia di Brolio, ricordandoci che le prime notizie del castello risalgono all’XI secolo, quando, nel 1009, Bonifacio, marchesedi Toscana e padre della contessa Matilde, lo cedette ai monaci della Badia Fiorentina insieme alla sottostante chiesa di San Regolo. Nel 1141 i Ricasoli entrarono in possesso del castello in cambio della cessione di alcuni terreni ai monaci di Badia a Coltibuono. Nel 1176, dopo la sconfitta di Legnano, la Repubblica Fiorentina, approfittando del declino del Barbarossa, alleato di Siena, strappò ai senesi una parte del Chianti comprendente anche il castello di Brolio e le sue terre fino al fiume Arbia. Da questo momento in poi Brolio divenne la roccaforte fiorentina più vicina alla nemica Siena. Nel 1434 l’avventuriero senese Antonio di Checco Rosso Petrucci riuscì a impadronirsi di Brolio con l’inganno, rinchiudendo nei sotterranei, Galeotto Ricasoli e la sua famiglia. La Repubblica Fiorentina, visto l’esito negativo delle trattative, inviò al castello Neri Capponi con un manipolo di soldati, i quali costrinsero Antonio di Checco alla resa, dopo quaranta giorni di assedio e la conseguente distruzione di parte della roccaforte. Nel 1478 fu la volta degli eserciti di Ferdinando d’Aragona, re di Napoli, di papa Sisto IV e dei senesi che attaccarono il castello e lo assediarono per quasi due mesi. I nemici di Firenze riuscirono quindi a occuparlo, prima saccheggiandolo e poi distruggendolo quasi completamente. Terminata la guerra, il Consiglio Generale del Popolo Fiorentino, nella seduta del 23 aprile del 1484, decise di ricostruire il castello e

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le mura di difesa (le mura e i baluardi che ancora oggi circondano Brolio sono proprio quelli voluti dai fiorentini alla fine del XV secolo). Nel 1529, nel corso del celebre assedio di Firenze da parte dell’esercito spagnolo dell’imperatore Carlo V, il castello di Brolio fu assalito ancora una volta dai senesi. I Ricasoli furono cacciati e il castello dato alle fiamme. Sopravvissero soltanto le mura di cinta. Nel 1555 Siena fu definitivamente conquistata dai fiorentini e Brolio, come le altre fortezze del Chianti, perse il proprio ruolo difensivo. La pace portò con sé la fine delle distruzioni e l’inizio di un periodo di prosperità per tutti gli abitanti. Nei primi anni del XIX secolo, sotto il governo napoleonico, il castello entrò a far parte del Dipartimento dell’Ombrone e quindi passò nella Provincia di Siena, insieme ai Comuni del Chianti, riconsegnando il maniero ai Ricasoli.Bettino Ricasoli, nel 1860, su progetto dell’architetto Marchetti, lo ricostruì e lo modificò secondo il gusto medievale dell'epocama con le specificità dell’Ottocento toscano inserendo alcune influenze anglosassoni, come l’apertura di finestre in stile Tudor,e costruendo torrette merlate estranee all'architettura locale, lasciando tuttavia i segni delle più diverse epoche: dai bastioni fortificati di stampo Medievale, agli inserimenti del Romanico e del Neogotico.Bettino, detto il Baronedi Ferro per la fermezza e convinzione nei suoi ideali, sicuramente protagonista del Risorgimento italiano a fianco di Cavour, fu tra i più importanti politici italiani dell'Ottocento oltre che tra i fautori dell'Unità d’Italia. Il suo carattere estremamente duro, iracondo e determinato, grazie alla sua forza d’animo, sembra aver vinto addirittura la morte. Il suo è infatti uno dei più celebri e longevi fantasmi italiani, con apparizioni che fin da subito dopo la morte si sono succedute frequentemente (sic!). Infatti sembra che apparisse sparecchiando la tavola quand’era di cattivo umore o tornando a dormire nel suo letto, che spesso veniva trovato disfatto, con un mozzicone di sigaro accanto.Ma le sue apparizioni più celebri lo vedono a cavallo, avvolto da un mantello nero, che corre con una muta di cani da caccia al seguito nelle notti di luna piena, passando attraverso le mura del maniero. C’è infine chi giura di aver sentito il trottare del cavallo del Barone risuonare nei corridoi di pietra, o di udire talvolta un misterioso suono di flauto. Molte altre sono le storie o le leggende che si raccontano sul mitico Bettino sia da vivo cha da morto. Con questo spirito di mistero e curiosità è cominciata la nostra visita a Brolio partendo dalla cappella di San Jacopo ancora utilizzata dai proprietari per funzioni religiose. La facciata, a capanna, è preceduta da una doppia scala in pietra e la lunetta del portale è ornata da un mosaico raffigurante il santo titolare, protettore dei pellegrini, dei guerrieri e dei soldati. A destra in alto, è visibile l’iscrizione che ricorda la fondazione del 1348 poi rinnovata nel 1869. Sotto la scala è presente una piccola finestra che si affaccia sotto, dove c’è la cripta ed in cui sono sepolti i membri della famiglia Ricasoli. L’interno ha le pareti dipinte con i colori che ricordano il duomo di Siena e la zona dell’altare è ornata di mosaici molto preziosi, eseguiti nel 1874 dalla Compagnia Venezia Murano, e rappresentano un’adultera a destra, l’Annunciazione al centro ed il sermone di Gesù a sinistra. Uscendo dalla cappella, subito dietro, s’innalza l’antico cassero, con le torri merlate, che risale all’anno mille e ospita il museo dove c’è l’esposizione permanente della Collezione Ricasoli. Questa offre al suo interno quattro sale tematiche: l'armeria di famiglia, unico caso di armeria originaria di una dinastia italiana (a parte le famiglie regnanti), la stanza delle onorificenze e delle memorie di Bettino Ricasoli con documenti e oggetti appartenuti al barone di ferro, la stanza del Re che raccoglie gli

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arredi preparati appositamente per la visita del Re Vittorio Emanuele II a Brolio nel 1863, anche se il letto preparato per la visita non fu mai utilizzato perché il Re rimase a Brolio solo poche ore, e, infine, la sala della Ricerca e Sperimentazione dedicata alle scoperte nel settore vitivinicolo insieme ad una parte della collezione di fossili e minerali con pezzi unici e rari, appartenuti ai membri della nobile casata.Di fronte al cassero ed a fianco della cappella di San Jacopo si erge la residenza della famiglia Ricasoli. Il palazzo padronale ha circa 140 stanze, ma ne sono aperte al pubblico solo alcune, come la foresteria e la sala grande dove ci sono cimeli, cose personali della famiglia, salotti, cassapanche e mobili del ‘600 ancora perfettamente conservati e un ritratto della moglie del barone Anna, ultima delle quattro figlie di Filippo Bonaccorsi da Tredozio con Rosa Ragazzini (la famiglia “plus riche de toute la Romagne”),con in braccio l’unica figlia Elisabetta. Il Barone si servì della liquidità portata in dote dalla cugina Bonaccorsi Dolcini per pagare i debiti accumulati dai propri avi ed avviare la modernizzazione delle proprie fattorie.Passando poi per la stanza della posta, dove veniva smistata tutta la corrispondenza che arrivava al castello ele cui pareti sono in perfetto stile neogotico senesee dove sono appena visibili delle porte mimetizzate che a loro volta si aprono in stanze segrete, si arriva al salone delle armi, ambiente di grande suggestione con i suoi arazzi e armature medievali (quest’ultime non originali) che adornano le pareti. Qui al centro della sala, oggi sala da pranzo, c’è un grandissimo tavolo sormontato da un bellissimo lampadario in ferro battuto con appesele insegne delle casate delle famiglie che entrarono nella casata Ricasoli. Sulla parete nord, in alto, la balconata con gli stemmi dei rami di famiglia, dove sono appese quattro bandiere che furono usate nell’800 all’inaugurazione della facciata del duomo di Firenze dalle famiglie nobili che avevano contribuito al restauro. Al di sotto della balconata ci sono figure di guerrieri antichi dipinti dall’artista senese Pietro Aldi, e rappresentano alcuni antenati della famiglia Ricasoli: Ugo Ricasoli, già abate del monastero di San Lorenzo a Coltibuono ed elevato al cardinalato nel 1163 (con il titolo di Sant’Eustachio), da papa Alessandro III, il capitano Bindaccio, signore del castello di Brolio, che nel 1335 fu capitano generale del papa nella guerra contro Francesco Ordelaffi, il capitano Roba che impedì il saccheggio del castello da parte dei fiorentini nel 1353 risparmiando molte vite umane, ed, infine, il capitano del popolo Bettino che fece parte dei Sedici, nel gennaio 1368. Sul lato ovest è esposto un polittico  trecentesco attribuito a Ugolino di Nerio raffigurante una Madonna col Bambino tra i santi Pietro, Paolo, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista. La sala delle armi, espressione del gusto romantico ottocentesco e che riprende da una parte il gusto medievale e dall’altra ricorda il passato glorioso dei Ricasoli, si apre sul terrazzo principale dal quale si gode un panorama mozzafiato sulla campagna senese e soprattutto sui vigneti dell’azienda di famiglia e sul bellissimo giardino all’italiana di stile ottocentesco. Questa parte moderna, esposta a sud, con l’edificio residenziale in mattoni rossi, contrasta con la pietra grigia delle mura che lo racchiudono e con il verde dei boschi e dei vigneti circostanti. Passeggiare per le stradine del Castello è davvero affascinante, sembra di fare un passo indietro nel tempo: è come camminare in un villaggio medievale tra mura, bastioni di pietra, feritoie, parapetti in un silenzio quasi surreale. Oggi Brolio è sede di un’impresa moderna con le cantine all’avanguardia ed i suoi vini pregiati sono venduti in tutto il mondo. Bettino Ricasoli fu il primo a creare la formula idealeper la produzione del Chianti Classico d.o.c.g, mescolando tre uve diverse: il

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Sangiovese (70%), il Canaiolo (15%) e la MalvasiaBianca Lunga del Chianti (15%),le cui quantità determinate sono rimaste in vigore fino al 1967, contribuendo così al “Risorgimento” della vinicoltura italiana. Tra le note di colore ricordiamo che proprio qui è stato girato il film di Bertolucci “Io ballo da sola”.Ciò che stupisce di Brolio è la sua bellezza e magnificenza. L’atmosfera che si respira è davvero unica soprattutto quando, sullo sfondo di vigneti sterminati e nel momento che precede il tramonto, subito prima cioè che il sole vada a nascondersi dietro i crinali delle magiche colline del Chianti, quella luce che al crepuscolo assume un caldo colore arancione ti avvolge e rende il paesaggio più morbido e suggestivo.Con questi sentimenti ci siamo diretti così verso il ristorante Osteria di Brolio, dove è stata servita la cena conviviale “senza campana” con una grande partecipazione di Soci, accompagnati da consorti e amici.Dopo l’aperitivo fatto con uno splendido Albia Rosé del 2019 insieme al benvenuto dello chef a base di panzanella e fritti della casa, siamo passati alla sfida dell’antipasto: Tartare di manzo con maionese agli agrumi innaffiato da un Brolio Chianti Classico del 2018 (e non poteva essere altrimenti). Naturalmente, la sfida è stata ampiamente vinta dallo chef.Un raffinato risotto al cavolo nero con crema di pecorino ha preceduto poi il filetto di maiale arrosto su salsa di pesche, soia e caffè, ottimo anche il Granello, un passito servito freddo con il dessert.E’ inutile dire che la serata è stata indovinata e molto apprezzata. In quella suggestiva cornice e con quel clima di serenità ed amicizia nessun ostacolo può esserci alla sola voglia di sorridere e godere pienamente certi momenti, perché il buonumore, quando arriva, va condiviso e soprattutto vissuto con le persone giuste.(L.V.)

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Conviviale senza campana, 21 Luglio, Castello di Brolio

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Conviviale senza campana, 21 Luglio, Castello di Brolio

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Conviviale senza campana, 11 Agosto

La terza conviviale estiva senza campana dell’annata rotariana da poco cominciata si è svolta presso il ristorante “Il Grillo Moro" nel comune di Sovicille.

Una bella serata con l'aperitivo e la cena che si sono svolti a bordo piscina, in una piacevole atmosfera caratterizzata dalla voglia di stare insieme dei soci e consorti intervenuti, in un periodo ancora influenzato dalle attenzioni sanitarie: complimenti quindi al nostro prefetto Carlo per l'organizzazione.

Tutto si è svolto all'insegna della profonda amicizia che ci lega e qualcuno, vista la data, non ha potuto fare a meno di volgere lo sguardo in alto per cercare di individuare qualche stella cadente in cielo: chissà se l'avrà individuata?

Tornando sulla terra, continuano quindi bene gli appuntamenti estivi voluti dal presidente Carlo Salvadori in attesa della ripresa “ufficiale" dei lavori a Settembre.(R.D.)

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Ristorante Il Grillo Moro, Sovicille

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Conviviale senza campana, 25 Agosto

Una splendida serata di fine estate ha contrassegnato il compimento del ciclo degli incontri estivi che, nonostante i timori e le titubanze d’inizio stagione per il Covid-19, si sono svolti con piena soddisfazione e larga partecipazione dei soci, che nei ravvicinati rapporti delle conviviali hanno potuto trovare momenti di leggerezza e rinnovare i sentimenti di amicizia, estremamente utili per rinsaldare il senso di appartenenza alla nostra comunità.

In particolare il ristorante “il Convito” di villa Curina ha pienamente corrisposto alle attese, offrendoci in un panorama di rara bellezza ed un tramonto da favola, cibi appetitosi in perfetta linea con le indicazioni del nostro prefetto, che non ha mancato, anche durante il convivio, di seguire costantemente il “Maitre”, curando che le pietanze ed il servizio fossero sempre adeguati.

Una foto a tutti i commensali, un brindisi di saluto accompagnato curiosamente e simpaticamente da un ticchettio di posate che cercavano di “aggredire” un dessert, servito ancora eccessivamente freddo, hanno segnato la fine della serata, alla luce di una luna crescente che rischiarava con delicatezza i filari delle vigne in attesa della prossima vendemmia.(C.G.)

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Ristorante “Il Convito di Curina”

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Interact Club Siena l’Interact Club di Siena si è ritrovato dopo la lunga interruzione causata dal Covid-19, il 13 Agosto al ristorante Granaio di Val Di Pugna, che ha accolto uno degli eventi più importanti dell’annata interactiana, il passaggio delle consegne tra Matilde Cinughi de Pazzi e Ginevra Nicosia. Alla cena abbiamo avuto come nostri ospiti il nuovo R.D. Interact 2071 Vittoria Banchieri, il presidente del Rotary Siena Est, il dottor Carlo Salvadori, e Gentile signora, l'assistente del governatore Rotary 2071 a.r. 2019/2020, l’avvocato Pietro Burroni, il past president del Rotary Club Montaperti, il dottor Gianni Baldini, il vice presidente del Rotary Valdelsa, il dottor Claudio De Felice, il presidente incoming del

Rotary Club Siena Est, il professor Lorenzo Gaeta, ed il Rotaract Club Siena. La cerimonia è stata occasione di colloquio tra i membri del Club e tra gli aspiranti interactiani, ha dato anche modo di riunire il nuovo consiglio direttivo, che è stato subito propenso a dirigere la serata nella maniera migliore possibile, affiancando il Past-president e il Presidente incoming in questa meravigliosa avventura. I soci hanno fin da subito riposto la fiducia nella nuova presidente che si è già predisposta a fare del bene verso la nostra città!

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Interact Club Siena

Ma l’Interact, nonostante il Covid-19, non ha mai smesso di lavorare per fare del bene al prossimo!! Venerdì 19 giugno, Matilde Cinughi de Pazzi, Ginevra Nicosia ed il vecchio delegato, il dottor Ettore Pellegrini, hanno incontrato il Sindaco della città di Siena, l’avvocato Luigi De Mossi. Grazie a questo incontro abbiamo potuto donare, tramite il comune ed il sindaco, una significativa somma di denaro, raccolta dai soci, per le famiglie in difficoltà. I soldi sono stati dunque versati sul conto corrente aperto dal Comune di Siena, sin dall'inizio della pandemia, a sostegno delle famiglie più bisognose e per gli interventi urgenti legati all’emergenza. “Questi sono gesti importanti – ha detto il sindaco De Mossi – e ringrazio davvero di cuore il club Interact. Non sono affatto gesti scontati, i giovani di oggi, il nostro futuro, anche in questa occasione hanno dimostrato di avere a cuore la propria città e chi ha più bisogno”. Nel corso dell’incontro sono stati illustrati al sindaco alcuni progetti molto interessanti e non mancheranno quindi future iniziative tra il Comune di Siena e l’Interact.

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IL MIO ROTARY

Il mio Rotary ha una versione aggiornata! È più facile completare le attività amministrative del club. È più veloce, più facile da navigare. Ha funzionalità di ricerca migliorate e operazioni più fluide. Inoltre, è accessibile anche dai dispositivi mobili.Se ancora non avete visitato Il mio Rotary ecco le istruzioni. Per cominciare:

• Crea un account (se non ne hai già creato uno). Per accedere al sito rinnovato, basta accedere al tuo account de Il mio Rotary.

• Aggiorna il tuo profilo di club. Adesso potrai aggiungere l'orario in cui si riunisce il tuo club, con quale frequenza, dove e se la riunione è di persona o virtuale. Potrai anche aggiungere i dirigenti del club, le informazioni di contatto e la lingua in cui si svolgono gli incontri.

• Crea il tuo profilo personale (e incoraggia i soci a fare altrettanto). Aggiungi le tue personali, quelle del club e relative informazioni di contatto, e poi stabilisci le tue impostazioni sulla privacy per indicare cosa condividere e con chi.

• Fai il download delle risorse. Vai al corso Il mio Rotary: Amministrazione del club cnel Centro di apprendimento del Rotary che contiene le guide rapide che possono aiutarti nell’uso della nuova versione de Il mio Rotary.

• Prova la nuova funzione di ricerca. Usa la ricerca migliorata per trovare un club da visitare o altri soci con cui connettere o riconnettere dopo averli conosciuti ad una Convention del Rotary International o Assemblea distrettuale.

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Programma del mese di Settembre

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Siena International Photo Awards 2020 Il Siena International Photography Awards è oggi uno dei contest di fotografia con la più a l ta pa r tec ipaz ione in te rnaz iona le . All’edizione 2019  hanno concorso circa  48 mila immagini , inv iate da fotografi professionisti, dilettanti e amatori provenienti da 156 Paesi del mondo.

Il Festival del "Siena Awards" rappresenta un’imperdibile occasione per gli appassionati di fotografia che a fine ottobre e a novembre raggiungono Siena da tutto il mondo ogni anno. Quest ’anno non s i terrà una premiazione con presenza fisica ma solo virtuale per i noti problemi legati ala s i tuazione sani tar ia mondia le. Sarà comunque un vero e proprio mese di festa durante il quale saranno organizzate tantissime iniziative fotografiche.

L’obiettivo del Festival è quello di unire ad un’iniziativa di carattere culturale di respiro internazionale il nome di Siena, città di straordinaria ispirazione per la ricerca fotografica, a partire dalla Festa che la rende unica al mondo e ne è piena e più intima rappresentazione: il Palio.internazionale il nome di Siena, città di straordinaria ispirazione per la ricerca fotografica, a partire dalla Festa che la rende unica al mondo e ne è piena e più intima rappresentazione: il Palio.

Siamo particolarmente orgogliosi di essere di supporto fin dalla prima edizione a questa splendida iniziativa ideata e realizzata dal nostro socio Luca Venturi; ricordiamo questa collaborazione pubblicando alcune delle foto che hanno partecipato nelle precedenti edizioni del premio

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Redazione: Andrea Santini - Antonio Cinotti

- Rodolfo Donzelli - Claudio Giomini - Ettore Pellegrini.

Il Notiziario Ha collaborato a questo numero:

Luigi Verre

Fotografie: Alessandro Gabbiai,

Claudio Giomini,Antonio Cinotti

Realizzazione:Antonio Cinotti

Supervisione: Andrea Santini

Progettazione grafica:

Marco Cheli