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PRESENTAZIONE Il Pontillo da alcuni anni sta attuando un prezioso lavoro di ricerca e di catalogazione di documenti utili per una più organica ricostruzione storica, finora lacunosa, del nostro paese. Negli archivi consulta vecchi libri, a volte ancora intonsi, e manoscritti inediti, coperti di spessa polvere. Perchè? Perchè predilige l'acqua chiara della verità, che soltanto dalle fonti originarie, scaturisce incontaminata. Nei ritagli di tempo cerca di dedicarsi alla suddetta attività con la passione e con la prudenza dell'istor ellenico, che ricercava, scopriva, narrava a voce o per iscritto. Esulta per il ritrovamento casuale di un documento inedito e partecipa agli altri la sua sorpresa. Egli, che dice di essere soltanto un "curatore", nel rinvenimento del manoscritto del Gattini, avrà certo avvertito un barlume di quello stupore, che inebriò per tutta la vita il grande Chateaubriand, impegnato ad esumare "in loco" testimonianze del mondo greco-romano per rivivere e far rivivere agli altri la storia, da lui concepita come evocazione e resurrezione di un passato sepolto nell'oblio. Consapevole dell'avvertimento del compianto Giovanni Bronzino, che sconsigliava di "fidarsi della memoria, la grande traditrice di sempre",

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PRESENTAZIONE

Il Pontillo da alcuni anni sta attuando un prezioso lavoro di ricerca e di catalogazione di documenti utili per una più organica ricostruzione storica, finora lacunosa, del nostro paese. Negli archivi consulta vecchi libri, a volte ancora intonsi, e manoscritti inediti, coperti di spessa polvere. Perchè? Perchè predilige l'acqua chiara della verità, che soltanto dalle fonti originarie, scaturisce incontaminata. Nei ritagli di tempo cerca di dedicarsi alla suddetta attività con la passione e con la prudenza dell'istor ellenico, che ricercava, scopriva, narrava a voce o per iscritto. Esulta per il ritrovamento casuale di un documento inedito e partecipa agli altri la sua sorpresa. Egli, che dice di essere soltanto un "curatore", nel rinvenimento del manoscritto del Gattini, avrà certo avvertito un barlume di quello stupore, che inebriò per tutta la vita il grande Chateaubriand, impegnato ad esumare "in loco" testimonianze del mondo greco-romano per rivivere e far rivivere agli altri la storia, da lui concepita come evocazione e resurrezione di un passato sepolto nell'oblio. Consapevole dell'avvertimento del compianto Giovanni Bronzino, che sconsigliava di "fidarsi della memoria, la grande traditrice di sempre",

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il Pontillo compulsa e collaziona i manoscritti e i libri per accertarsi della loro attendibilità e per evitare l'insidia, sempre in agguato, di interpretazioni arbitrarie. Oggi si nota una maggiore reperibilità di materiale documentario, dovuta ad una ricerca più sistematica, ad una risposta più qualificata da parte dei responsabili degli archivi e delle biblioteche e ad una disponibilità più fiduciosa, ad esibire atti di comune interesse, da parte dei discendenti e degli eredi di quelle famiglie che nel passato hanno caratterizzato le vicende della nostra Comunità. Affiorano, pertanto, numerose e significative testimonianze, che irradiano luce sui periodi poco conosciuti della storia regionale e locale: manoscritti, Bolle, Cabrei di amministrazioni ecclesiastiche e signorili, libri di argomenti prevalentemente storici, poetici, saggistici di autori grassanesi e lucani; tesi di laurea, pregevoli dissertazioni scritte, che hanno attinenza con la demografia, la mobilità, l'economia, il territorio, l'abitabilità e le frane di Grassano; l'autorevole studio sulle "Fonti documentarie e bibliografiche per la storia di Tricarico e di altri centri viciniori" di Giovanni Bronzino ed infine l'utilissimo "Catalogo bibliografico su Grassano e degli autori grassanesi". Oggi anche la storia locale della nostra Comunità è calamitata da quel "positivo polo aggregante con legami extraregionali ed extranazionali" che evidenziò già nel 1991 la Prof.ssa Carmela Biscaglia, quando ci lesse le sue interessanti "note" sul libro di Domenico Bolettieri "Grassano, storia di un casale". Il contenuto del manoscritto "Cryptulae et Grassianum" analizzato dal "curatore" nella sua presentazione e da lui corredato di opportune chiose esplicative ed integrative, costituisce da solo un repertorio quasi unico di notizie che solleciterà certamente l'interesse e l'impegno dei giovani studiosi a proseguire, a sviluppare ed a completare la narrazione storica di Grassano intrapresa ed ampliata, in parte, nell'arco dell'ultimo trentennio. Il merito dell'affluenza documentaria e libraria alla biblioteca locale va riconosciuto a molti ricercatori, in particolare al Pontillo, che ci offre ora uno studio sul manoscritto Gattini, condotto con rigore d'indagini e con intensità di affetto per la terra natia.

A lui le nostre congratulazioni e la nostra riconoscenza con gli auguri che possa sempre proseguire nell'esaltante avventura della ricerca per riscoprire, nei documenti che troverà, la voce, il volto e l'animo di quelli, che ci hanno preceduto nel tempo e farli rivivere tra noi. Possa anch'egli, con la ricerca introspettiva di sé, scoprire e conoscere a fondo le positive qualità, di cui è dotato ed utilizzarle a vantaggio della Comunità e per la piena realizzazione dei suoi progetti di vita. Grassano, 10 luglio 1997

Giovanni Abbate

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UN MANOSCRITTO RITROVATO

A cura di Innocenzo Pontillo

A Giuseppe Gattini1, vissuto tra l’800’ e i primi del 900’, dobbiamo alcuni lavori storici che per ricchezza di notizie e di documentazione risultano fondamentali per ricostruire la storia di alcuni centri della Basilicata. Uno dei suoi lavori più interessanti, per la vastità delle ricerche e la mole dei dati raccolti, è il saggio intitolato “Delle armi de’ Comuni della provincia di Basilicata”2, dove traccia un breve quadro storico, economico e demografico dei comuni lucani. Proprio in questo lavoro l’A., scrivendo della comunità di Grassano e di Grottole, 1Giuseppe Gattini nacque a Matera nel 1843 da una delle più illustri famiglie materane, partecipò attivamente alla vita politica locale come sindaco di Matera e consigliere Provinciale dal 1877 al 1880, collaborò all'importante inchiesta parlamentare di Jacini sull'agricoltura italiana del 1884 e nel 1890 fu creato senatore. Esordì nel campo delle lettere nel 1871 con alcune pubblicazioni di versi e scherzi, ma ben più interessante fu la sua successiva produzione storica, frutto di un instancabile attività di ricerca e di approfondimento del sapere. Nel 1882 pubblicò la sua opera più impegnativa, ovvero una “Storia di Matera”, a cui seguirono altri studi particolari tra cui uno dedicato al poeta Tommaso Stigliani ed un altro, non privo di annotazioni interessanti, sulla famiglia Malvezzi ed alcune ricerche sull'economia e l'agricoltura dell'agro di Matera e sulla zootecnia. Importantissimo è un suo “Saggio di biblioteca Basilicatese” stampato nel 1908 che costituisce un primo abbozzo di storiografia regionale, ed il suo lavoro sulle “Armi de' Comuni della Provincia di Basilicata” stampato nel 1910. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò alla raccolta di notizie sulla città e la cattedrale di Matera e alla stesura di una vita di S. Eustachio. Morì nel 1917. Cfr. PADULA M., Antologia Materana, Montemurro, Matera, 1965, pp.47, nota 17; GIURA LONGO Raffaele, Giuseppe Gattini. La sua opera e i suoi tempi, Ed. F.lli Montemurro, Matera, 1968; AA.VV., Gentium memoria archivia. Il tesoro degli archivi, ed. De Luca, Roma, 1996, pp.294. 2GATTINI Giuseppe, Delle armi de’ Comuni della provincia di Basilicata, Tip. Conti, Matera, 1910, pp.30-31

parla di una sua “monografia inedita” su questi due centri intitolata “Cryptulae et Grassianum”, della quale si perse ogni traccia dopo la morte dell’A.. Recentemente, al fine di appurare se vi fosse qualche copia di questo lavoro, ho iniziato una serie di ricerche nell’Archivio della famiglia Gattini, custodito presso l’Archivio di Stato di Matera, dove dopo un lungo cercare e varie fortuite coincidenze ho reperito due manoscritti, che seppur incompleti, mi hanno permesso di ricostruire, quasi per intero, il contenuto di questa sconosciuta monografia. Infatti se il primo manoscritto3, costituito da un quaderno di 96 pagine sulla cui copertina leggiamo: "C. G. Gattini, Cryptulae et Grassianum, aspergere verum scriptis4", può essere considerato come una prima stesura, visto il gran numero di correzioni, note e rifacimenti in esso contenute5. Il secondo6, composto da 23 pagine, contiene trascritte e riordinate tutte quelle notizie che l’A. aveva annotato disordinatamente nel precedente quaderno, cosa che mi a permesso di poter ricostruire agilmente e in maniera completa la disposizione del testo. Infatti era intenzione dell’A., dopo una prima introduzione7 generale, tracciare nella prima parte della monografia una dotta disquisizione sull’etimologia, l’economia e l’origine di Grassano ed una storia della sua Commenda Gerosolomitana. A questa sarebbe seguita una seconda parte in cui l’A. ricostruiva la storia feudale della comunità di Grottole. 3Archivio di Stato di Matera, Fondo Gattini, Busta 43, Fascicolo A. 4La frase dedicatoria latina usata dal Gattini, “aspergere verum scriptis”, può avere due significati, come mi ha fatto notare il prof. Giovanni Abbate, infatti può tradursi come “diffondere la verità mediante gli scritti” oppure con “macchiare la verità con gli scritti”, racchiudendo così in se il dilemma di ogni storico che non sa fino a che punto il proprio lavoro ricostruirà la realtà storica e dove finirà per piegarla alle sue verità. 5In questo manoscritto troviamo la prima stesura di due capitoli che non sono riportati nel successivo lavoro. Nel primo, intitolato “Introduzione” o “Grottole e Grassano”, il Gattini descrive quali difficoltà si affrontavano per giungere in questi due centri (fogli 1-5); invece nel secondo, intitolato “I signori di Grassano”, l’A. realizza una cronistoria della famiglia De Novellis che possedette per breve tempo questo feudo (fogli 41-49). 6Archivio di Stato di Matera, Fondo Gattini, Busta D, Fascicolo 8b. 7 Di questa “Introduzione”, che compare solo nel primo manoscritto non vi è traccia nella successiva riscrittura dove invece troviamo il seguente appunto scritto a matita: “Deve precedere l’introduzione a Grottole e Grassano da rifare”. Cfr. Archivio di Stato di Matera, Fondo Gattini, Busta 43, Fascicolo A, foglio 10.

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Ma questo progetto non venne mai portato a termine essendo rimasta la seconda parte del manoscritto allo stato di semplice abbozzo, priva di note e mancante della parte finale del testo. Come si vede il lavoro giunto a noi è tutt'altro che definitivo ma, nonostante sia scritto in un italiano ormai obsoleto, risulta ancor oggi estremamente valido. Curare la pubblicazione della prima parte di questo manoscritto era perciò un compito doveroso, anche se non facile. Da parte mia ho cercato di procedere basandomi principalmente sul testo custodito nel Fondo Gattini dell’Archivio di Stato di Matera, Busta D, Fascicolo 8b, da cui ho recuperato anche le annotazioni apposte dall’A. a margine del suo lavoro8, vista la loro importanza ai fini di una valutazione critica delle fonti. Inoltre, al fine di integrare le affermazioni dell’A. con conoscenze storiografiche più recenti o di spiegare compiutamente gli eventi, le strutture sociali, economiche e feudali citate nel manoscritto ho realizzato delle brevi note che offrono varie indicazioni bibliografiche e documentali. Infatti è mio auspicio che questo lavoro possa stimolare un riesame dell’evoluzione storica di questa comunità e fornire delle nuove indicazioni di ricerca a quanti tentano di far luce sulla sua storia millenaria, mossi da quel “historia magistra vitae”9 di antica memoria.

8 Le annotazioni del Gattini sono state trascritte in grassetto nelle note a piè di pagina di questo volume, il numero romano riportato tra parentesi si riferisce alla numerazione usata dall’A., quando esistente. 9“La storia è maestra di vita”, è una frase latina tratta da un passo di Cicerone (De oratore, 2, 9, 36) che riassume in se la concezione storiografica di alcuni storici greci quali Tucidide e Polibio, che vedevano nello studio del passato un mezzo capace di fornire un aiuto nelle scelte e nei comportamenti del presente, affinché “gli errori del passato non abbiano più a ripetersi”.

NOTE STORICHE SULLA COMUNITÀ

DI GRASSANO

Estratto da “Cryptulae et Grassianum”

Manoscritto inedito del Conte Giuseppe Gattini

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Capitolo I Grassano, giusta10 il Flechia11 seguito dal citato Racioppi12, è “Grassianum” dal gentilizio Grassus delle iscrizioni, dal che potrebbesi arguire che fosse sorta al luogo di una villa patrizia romana, mentre, se scoperte di sepolcri, di vasi, di monete od altro vi furono, queste si appartengono più propriamente ad Irso13. Il Lombardi14 che scrive: “copiosi oggetti di antichità si sono ritrovati nel suolo Irsino, non che nelle vicine contrade di Grottole...e nel territorio di Tricarico...”, si erra15 poi quando accenna ad “una lapide con Greca iscrizione che fu rinvenuta nel 1753 presso Grassano”, giacché anch’essa fu scoperta sul monte Irso16, ed il Lupoli17 che la illustrò18, afferma: “ora si conserva nel vicino villaggio di Grassano, 10“Giusta il Flechia” leggasi come “secondo il Flechia”. 11FLECHIA G., Nomi locali del Napoletano derivati da gentilizi italici, Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, Torino, Stamperia Reale di G. B. Paravia & C., 1874, vol.X, pp.79 e seguenti. 12RACIOPPI G., Origini storiche basilicatesi investigate nei nomi geografici, Napoli, Stab. Tip. Francesco Giannini, 1876, pp.27. 13Antico feudo del Vescovo di Montepeloso (Irsina) alla fine del sec. XII. Scompare come centro abitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, Venosa, Ed. Osanna, 1990, pp.62. 14 LOMBARDI A., Discorsi ed opuscoli, Cosenza, 1896, pp.195. (I) 15”Si erra” leggasi come “si sbaglia”. 16Come leggiamo anche in GIUSTINIANI L., Dizionario geografico-ragionato del regno di Napoli, Tomo V, Napoli, 1797-1805, pp.117-118, che scrive: “Irsi fu un paese abitato non molto lungi da Montepeloso, e nel luogo tra Grassano e detta città, appellato Santangelo, vi si trovò un’antica iscrizione contenente un voto che facea il popolo Irsino a Giove”. 17 Michele Arcangelo Lupoli, sacerdote di Frattamaggiore (NA), oratore, teologo, archeologo e letterato, fu uno dei più illustri vescovi della Diocesi di Irsina che tenne dal 1797 al 1818 quando nominato Arcivescovo fu trasferito prima a Conza (AV) e poi a Salerno dove morì nel 1834. Una esauriente bibliografia su questo dotto Vescovo può leggersi nell’ottimo lavoro di DI PASQUALE Nicola, Mille anni di memorie storiche della diocesi di Montepeloso (ora Irsina): 988-1988, Amministrazione Provinciale, Matera, 1990, pp.297-383. 18LUPOLI, In mutilam veterem Corfiniensem inscriptionem Commentarius, Napoli, 1786, pp.17, nota 6; Cfr. CORCIA N., Storia delle Due Sicilie dall’antichità più remota al

dove fu trasportata dal Vescovo di Montepeloso19, Bartolomeo Coccoli20”. Ma ritornando sul cognome Grassus questo non si trova che nelle monete consolari di due famiglie plebee, sulla fede21 dello Scotti22, come la Canidia e la Licinia, le quali non s’ebbero neppure una grande importanza. Pertanto è indubitato che l’origine di Grassano non va tant’oltre e che l’etimologia del suo nome vuolsi vedere in tutt’altra radicale23, forse di natura nostrana. Infatti il ripetuto Racioppi24 si appresta a soggiungere alla prima una seconda opinione: “I luoghi naturalmente grassi, in dialetto, sono detti grassili” e tutti ricordano che nel nostro ex-Reame ab antico Grassia, poscia in mo’ volgare25 Grascia, venne appellata l’Annona26. 1789, Napoli, 1843-52, vol.III, pp.574. (II). Scrive LOMBARDI Andrea in La Corona di Critorio, ed. Osanna, Venosa, 1986, pp.53, che ”l’epigrafe venne comunicata da Monsignor Zavarroni, Vescovo di Tricarico, al Ch. (Giacomo) Martorelli, il quale la pubblicò con relativa interpretazione. E’ stata posteriormente pubblicata ed illustrata (anche) dall’eruditissimo Monsignor (Arcangelo) Lupoli, che ne ha dato una lezione diversa da quella del Martorelli”. La versione latina di questa iscrizione, data dal LUPOLI, è la seguente: “Incolumi Kallimaco Aurelia coniux ejus votum solvit Jovi Comnaro et Jovi Servatori pro ipsius et civium hirtinorum salute, horum omnium auctori” che ci è stata tradotta dal prof. Abbate Giovanni come: “Aurelia coniugata a Callimaco (uscito) illeso (dalla peste) adempì il suo voto a Giove, che è fuoco ardente e (che è stato) salvatore della sanità dello stesso e dei cittadini Irtini, a Giove patrono di tutti loro”. Inoltre apprendiamo da ABBATE Giovanni, La Basilicata e Grassano. Due nomi un solo destino, Tip. Liantonio, Matera, 1972, pp.23-24, che nel secolo scorso “lo storico Racioppi incaricò il cavaliere Francesco Paolo Materi, (...), per il rinvenimento della lapide; ma tutte le ricerche del dotto grassanese riuscirono inutili”. 19Montepeloso, dal 1895, ha mutato il nome in Irsina. Cfr. LUISI Guido, Territorio e popolazione della Basilicata nel medioevo, in Popolazione e società della Basilicata, a cura di A. Giganti e R. Maino, Puglia Grafica Sud, Bari, 1989, pp.71. 20Il Vescovo Bartolomeo Coccoli, originario di Arpino (FR), fu nominato Vescovo di Irsina nel 1750 e governò la diocesi per un decennio. Cfr. DI PASQUALE N., op. cit., pp.236-244. 21”Sulla fede dello Scotti” leggasi come “secondo lo Scotti”. 22SCOTTI, Della rarità delle monete antiche, Livorno, 1821. (III) 23”Tutt’altra radicale” leggasi come “ tutt’altra radice” 24RACIOPPI G., op. cit., pp.27. 25Leggasi ”Poscia in mo’ volgare” come “poi in modo volgare”. 26In una pergamena riguardante Bitonto in Terra Bari del 1271 si loca (legge): “la Cabellam Tributi et Crassipolei”. Vedasi SCOTTO A., Mem., Napoli, 1826, pp.75. Nel Regno di Napoli si indicava con la parola annona l’insieme dei cereali necessari al vitto di un

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Dunque dalla fertilità del suolo tolse il nome (Grassano), scrivendo il Giustiniani27: “Ella è situata in luogo montuoso e dal territorio si raccoglie frumento, vino, olio e bambagia28; gli abitanti ascendono a circa 3000, addetti per la maggior parte all’agricoltura ed alla negoziazione delle loro sovrabbondanti derrate29“. Parimenti il citato Abate Sacco30 affermava: “Le produzioni poi del suo territorio sono vettovaglie d’ogni genere, frutta, vini, oli, lini e bambagia. La sua popolazione finalmente ascende a 3370”. E poiché siamo sul discorso della popolazione soggiungerò la tassa dei fuochi31 che nel 1532 fu di 69, nel 1545 di 114, nel 1561 di 124, nel 1585 di 178, nel 1648 di 310 e Comune o di uno Stato, il magazzino pubblico destinato alla loro conservazione e l’ufficio predisposto alla loro raccolta e distribuzione. Tale parola inoltre era usata come sinonimo di abbondanza in questi stessi significati. Cfr. Dizionario Enciclopedico Italiano, ed. Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1955, pp.474. 27GIUSTINIANI L., op. cit., pp.107. (V) 28Alcune piante hanno semi circondati da fili sottili, suscettibili di essere filati con il fuso a mano. L’insieme di questi fili è chiamato bambagia. Con il cotone ottenuto dalla filatura della bambagia si fabbricavano i tessuti per gli indumenti. In Basilicata la bambagia si coltivava in grandi quantità specie nelle zone ische; nome, derivato dal tedesco “lisk”, con cui nel passato si indicavano i luoghi e le contrade ricche d’acqua od irrigabili. Cfr. ZINGARELLI Nicola, Vocabolario della lingua italiana, ed. Zanichelli, Bologna, 1962, pp.119; BIGALKE Rainer, Dizionario dialettale della Basilicata, Carl Winter Universitatsverlag, Heidelberg, 1980, n.7728, pp.469; MOLFESE A., op. cit., pp.119. 29Ma come tutte le umane cose che descrivono la loro parabola, così la produzione granaria andò sempre più scarseggiando sino a rendere appena la media delle cinque sementi; e se ora l’agricoltura e la pastorizia accennano ad un vero miglioramento lo si deve all’opera illuminata e costante dell’On., mio amico, Comm. Francesco Paolo Materi, Deputato al Parlamento. Vedasi sua monografia sul Podere Piani Soprani e Pantana, Napoli, 1884. (VI) Il Gattini non fu solo amico ma anche socio del Materi nel “Credito Agrario Meridionale”, un istituto di credito cooperativo sorto a Napoli nel 1885. Cfr. SINISI Agnese, Economia, istituzioni agrarie e gruppi sociali in Basilicata (1861-1914), Giannini Ed., Napoli, 1989., pp.275. 30SACCO Francesco, Dizionario Geografico-Istorico-Fisico del Regno di Napoli, Napoli, presso Vincenzo Flauto, 1796, vol.II, pp.100. 31La parola “fuochi“ sta per famiglia. Tale numerazione, nata ad un fine specificatamente fiscale e non statistico, ci consente di conoscere in modo approssimativo lo sviluppo demografico di una comunità, sia perché i dati non sono sempre attendibili, sia perché l’entità numerica delle famiglie è difficilmente quantizzabile. Di solito un fuoco si fa corrispondere ad una famiglia formata da 5 persone. Cfr. LUISI G., op. cit., pp.19.

nel 1669 di 266. Nel censimento poi del 1861 contava ab. 5336 e nell’ultimo del 1881 ...32. A ragion quindi della cresciuta popolazione, che mista a quella di Grottole33 superava le 9 mila anime, furono intraprese delle pratiche pel distacco dal Mandamento di Tricarico e per una nuova sede di Pretura in Grassano, ma vi si opposero per invidia i Grottolesi, ed ora malgrado la popolazione raggiunga le ... anime, non è più da parlarne per la legge restrittiva delle Preture34. Circa il suo territorio poi, questo su per giù confronta35 con la misura fattane il 1737 dal mag. Perrucci di Gravina, Reg. Compassatore36: “Si è trovato ascendere il tutto a tomola 9188, che alla Napolitana sono tomo(li) 12250,5 e 2/3 misurato a quadratura dà miglia 14 e passi 88237. 32Grassano nel censimento del 31-12-1881 contava 6.145 abitanti. Cfr. SEBASTIANI Giuseppe e Vittorio, Dati e note sul movimento demografico del materano nell’ambito generale della Basilicata, Bari, 1987, pp.62. 33Grottole nel censimento del 31-12-1881 contava 2.991. Cfr. SEBASTIANI G. e V., idem, pp.76. 34Solo nel 1926 Grassano riuscirà ad avere una sezione della Pretura. Cfr. LA BASILICATA NEL MONDO, rivista mensile illustrata, anno III, n.1, Gennaio 1926, pp.76. 35”Confronta” leggasi come “coincide”. 36Nel regno di Napoli i Regi compassatori avevano il compito di misurare l’estensione dei terreni, descrivendone i confini, l’orografia e le colture in essi esistenti, era l’attuale agrimensore. Ogni misura eseguita dal compassatore si concludeva con una relazione scritta, cui spesso, faceva da corredo illustrativo una mappa dei territori misurati. Cfr. DI CICCO P., I compassatori della Regia Dogana delle pecore, in Bollettino Storico della Basilicata, Roma, 1990, pp.273-295; ANGELINI Gregorio, Il Disegno del Territorio in Basilicata in età moderna, in Il disegno del Territorio. Istruzioni e cartografia in Basilicata. 1500-1800, a cura di Gregorio Angelini, ed. Laterza, Bari, 1988, 37Fin dal XVI secolo in Basilicata la terra veniva misurata in tomoli, ma tale misura, che persiste tuttora nella consuetudine agraria, variava da comune a comune. Tuttavia già dal 500’ si affermò il sistema di misurazione agraria della Regia Corte usato della Dogana delle pecore di Foggia, che fece cadere in disuso molte misure locali. Tale sistema di misurazione della superficie era basato sul Carro (corrispondente ad ha 24,69 c.a.), che era diviso in venti Versure ciascuna di tre Tomoli. Il Tomolo a sua volta si di divideva ancora in otto Stoppelli. Altri sottomultipli erano il Mezzetto (1/2 Tomolo), il Quarto (1/4 Tomolo), la Misura (1/24 di Tomolo) che erano usati prevalentemente come misure locali. Inoltre il Tomolo della Regia Corte equivaleva ancora a 1200 passi quadrati con misura del passo di palmi 7, detto passo legale. Tale sistema venne poi sostituito col sistema metrico legale, basato sul Moggio (corrispondente a mq 699,8 c.a.), che entrò in vigore nel Regno delle Due Sicilie il 6 aprile del 1840. Dopo questa data, nei documenti ufficiali, le superfici vennero indicate

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Dentro il qual territorio e sopra la cima del monte vi sta situata la suddetta Terra38 di Grassano e vi è un convento de’ P. P. Riformati sotto il titolo della Madonna del Carmine edificato da 40 anni orsono (cioè nello scorcio del XVII sec.)39, come pure vi è una gran quantità di vigne, masserie di campo e di pecore, giardini ed altro... con molte fonti, seu fontane d’acque sorgive, fra quali in poca distanza da questa Terra ve ne sono tre delle principali40, con la difesa41 della Macchia42 ove vi è il comunemente sia con la misura legale che con quella “locale”. Cfr. ANGELINI G., Idem, pp.1-9, pp.20. 38Il termine “Terra” sta per paese, la “Terra di Grassano” significa “il paese di Grassano”. 39Le prime notizie certe riguardo alla fondazione del Convento Carmelitano di S. Maria del Carmine di Grassano risalgono al Capitolo Provinciale Carmelitano di Aversa del 19 agosto 1612, che assegnò il primo priore a questo convento. Ma già nel 1624 il Capitolo Provinciale ne preannunciava la chiusura, anche se nel 1632 è ancora testimoniata l’esistenza di questo Carmelo con il suo priore. La chiusura giunse invece nel 1653, a causa della Costituzione di Innocenzo X che soppresse tutti i piccoli conventi. Questo insediamento monastico, dopo un lungo periodo di abbandono, fu riaperto nel 1704 dai Frati Minori Riformati che riedificarono e ingrandirono le preesistenti strutture costruite dai Carmelitani. Ed è a questo nuovo insediamento che si riferisce il Perrucci nella sua Relazione. Ma anche questo convento venne chiuso, nel 1866, in seguito al decreto di soppressione degli ordini religiosi del 17 febbraio 1861. Cfr. FORTUNATO Gennaro, Statistica dei monasteri d’ambo i sessi esistenti nelle Provincie Napoletane all’epoca del decreto di soppressione de’ 17 febbraio 1861, Stab. Tip. Gaetano Nobile, Napoli, 1861, pp.40-41; COCO Primaldo, La Riforma Francescana in Basilicata, Vallecchi Editori, Firenze, 1932, pp.361; ABBATE G., op. cit. , pp.24-25; MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, Insediamenti francescani in Basilicata, vol. II, Matera, 1988, pp.77-78; BISCAGLIA Carmela, Il monastero di S. Maria del Monte Carmelo di Tricarico e la Provincia Napoletana dei Carmelitani, in Rassegna Storica Lucana, a.XV, n.22, 1995, pp.45. 40Le fontane, a cui si accenna in questo manoscritto, potrebbero essere identificate nelle antiche fontane che anticamente rifornivano d’acqua il paese di Grassano. Queste, ancora esistenti e funzionati, sono ubicate presso la contrada Tilea, la contrada Pozzo e sopra l’attuale cimitero di Grassano. 41 Nelle Province Napoletane dell’Antico Regime con la parola Difesa si indicava un fondo recintato, specie se boscoso, a cui si accedeva per pascolo o per far legna dietro consenso del proprietario e dopo il pagamento di un canone, detto fida. Cfr. BISCAGLIA Carmela, L’archivio privato dei Putignani e degli Armento di Tricarico (sec.XVI-XIX), ed. Osanna, Venosa, 1994, pp.121-122. 42Tale territorio può essere identificato con l’attuale difesa delle Macchitelle. Afferma GATTINI Giuseppe nel suo manoscritto inedito intitolato “Dell’Ordine Gerosolomitano in Matera e contorno”, attualmente custodito nel Fondo Gattini dell’Archivio di Stato di Matera, Busta D, Foglio 8b, che: “la suddetta difesa è precisamente quella tenuta donata nel

Mulino43 colla Balchiera44; e detto circuito misurato a cavalletto circum circa è di miglia45 diecisette e passi duecento, in maggior parte coltivabile. Confina: 1’. con la difesa de’ Cacciatori di Grottole (già del Principe di Bisignano, ora della famiglia Materi46 di Grassano istesso); 2’. con li demanii di Grottole; 3’. con l’Isca di Cristo; 4’. con il fiume Basento e (il) territorio della Salandra; 5’. con lo stesso fiume e (il) territorio di Calciano; 6’. con la difesa di Chianella; 7’. con la difesa, detta foresta, delle monache di S. Chiara di Tricarico; 8’. con il Cugno del Precettore; 9’. con Pietra Colletta; 10’. con terrritorii del Signor Duca della Salandra47; 11’. con le Monache di S. Chiara; 12’. col Signor Vincenzo Santoro48; 1119 dalla Contessa Emma, il cui privilegio commentando il Tansi la dice: ex praediis Basentum inter ac Salandram positis, quae modo dicuntur la Macchia”, cit. tratta dal foglio 24. Cfr. TANSI, Historia cronologica Monasterii Sancti Michaelis Arcangeli Montis Caveosi, Napoli, Tip. Abbatiana, 1746, pp.47, mentre a pp.153 è riportato per intero il 2° dei menzionati documenti. 43Di questo mulino, posseduto prima dalla Commenda di Malta e poi dalla famiglia Materi di Grassano, oggi non rimangono che pochi ruderi. 44Vedasi la nota n.138. 45Un miglio corrispondeva, sia secondo la Misura della Regia Corte usata dalla Dogana delle Pecore che secondo la Misura Legale entrata in vigore con il Regio Decreto del 6 aprile 1840, a 1000 passi o a 700 canne, a 700 palmi o a 1852 m c.a.. Cfr. ANGELINI G., Il Disegno del Territorio in Basilicata in età moderna, op. cit., pp.20. 46La famiglia Materi era una delle famiglie più ricche e influenti di Grassano, dove si era stabilita in seguito al matrimonio di Don Giuseppe Francesco Paolo Matera, Patrizio di Cosenza, con la vedova Nunzia Pace, gentildonna grassanese, avvenuto a Grassano il 28 maggio 1770. Cfr. Documenti diversi riguardanti i Beni e l’antichità della famiglia Materi di Grassano, manoscritto, s.d. (1871 c.a.), Archivio di Stato di Matera, Fondo Materi, Busta 7, Fascicolo 1. 47Dalla prima metà del secolo XVIII fino ai primi decenni del XIX Grassano fu feudo del Duca della Salandra, appartenente alla famiglia dei Revertera, d’origine spagnola e ramo cadetto della famiglia Orsini. Cfr. BOLETTIERI Domenico, Grassano storia di un casale, grafiche Paternoster, Matera, 1991, pp.17-18 .

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13’. con la Procesa; 14’. con Monte Falcone.” Nella pianta topografica annessavi finalmente veggonsi tracciate le seguente strade: 1’. mulattiera di Matera; 2’. carreggiabile di Grottole; 3’. mulattiera di Ferrandina; 4’. mulattiera della Salandra; 5’. mulattiera di Garaguso; 6’. mulattiera di S. Giorgio; 7’. mulattiera di Calciano; 8’. carreggiabile di Tricarico; 9’. mulattiera di Taverna Arsa; 10’. mulattiera di Sigiano; 11’. mulattiera di Montepeloso; 12’. mulattiera di Gravina; le quali ultime quattro, com’anche la prima, s’incrociano con il Tratturo che, rasentando il Bilioso, da Matera mena a Tricarico. Ma circa la sua storia antica poco o nulla è noto, per nullameno che da principio non devess’esser49 altro che un casaletto o feudo rustico o suffeudo della città di Tricarico. La prima memoria infatti che io trovo di esso è la Bolla di Godano, Arcivescovo di Acerenza del 1060, mese di giugno, ind. 13a, pubblicata da Mons. Zavarrone, Vescovo di Tricarico50, quantunque un tal documento dall’Ab. Troyli51 e dal Coleti, nonché dai Capitoli di Matera 48A lui si deve l’istituzione, verso il 1740, del Monte dei Maritaggi che aveva il compito di fornire la dote alle donne povere del paese, inoltre contribuì all’ampliamento del Convento di S. Maria del Carmine di Grassano. Cfr. Cenno storico (sulle Opere Pie di Grassano), manoscritto, 1908, Archivio dell’E.C.A. di Grassano, fol.1, non inventariato; COCO P., op. cit., pp.361; ABBATE G., op. cit., pp.24-25. 49Leggasi “devess’esser” come “doveva essere”. 50ZAVARRONE ANTONIO, Note sopra la Bolla di Godano, arcivescovo di Acerenza, spedita l’anno 1060 a favore di Arnaldo, Vescovo di Tricarico, Napoli, Stamp. G. Riccio, 1755, 2a ediz.. (VII) 51TROYLI Placido, Risposta apologetica a Monsignor Antonio Zavarroni, Napoli, 1750.

e Montepeloso, venga sospettato di falso52. In esso va designato col nome “Castellum, quod vacatur Grassanum”53; e così parimenti nel privilegio di Roberto54, Conte di Montescaglioso e Governatore di Tricarico, dato quivi l’anno 1070, ind. 8a, mese di aprile, con cui si danno al Vescovo suddetto “omnes Ecclesias Parochiales et rurales sitas 52Vale appena la pena accennare che la falsa Bolla dell’Arcivescovo Godano (mai esistito o confuso con un altro posteriore) del giugno 1060 fu probabilmente costruita dal Vescovo di Tricarico Mons. Zavarroni. Prima l’Abate Troyli, poi l’avvocato Giuseppe Palmieri e soprattutto l’annalista e critico storico Alessandro Di Meo dimostrarono con stringenti argomenti come la Bolla di Godano fosse spuria, contraddittoria ed interessata. Cfr. TROYLI P., idem; PALMIERI G., Dissertazione intorno alla esistenza e validità dei privilegi dei principi normanni alla chiesa di Tricarico, Napoli, 1751; DI MEO A., Annali critico diplomatici del Regno di Napoli, Napoli, Simoniana, 1795-1805. 53Che traduco come “Castello, ora vacante, di Grassano”. Certo non possiamo affermare che a Grassano vi fosse un castello, vista la lacunosità delle fonti su questo aspetto. Inoltre bisogna tener da conto che anticamente il termine Castello veniva usato anche per indicare quei “borghi circondati di mura che erano situati su un’altura” cosa di cui troviamo riscontro nel Vocabolario della lingua italiana, op. cit., vol. II pp.665; anche se Francesco Crispi nel 1874 scriveva che Grassano “fu feudo dei cavalieri di Malta. Un commendatore di quell’Ordine abitava nel comune in un turrito castello, abbattuto con la soppressione del feudalesimo. Sulle sue rovine fu edificata la chiesa parrocchiale”, cit. tratta da CRISPI Francesco, Memorie di un candidato. Il collegio elettorale di Tricarico in Basilicata, ed. Osanna, Venosa, 1994, pp.40. Dunque proprio nel palazzo Commendale potremmo identificare il “castello” o in una struttura ad esso precedente e da questo successivamente inglobata, infatti in un “Cabreo, Platea seu inventarium omnium bonorum Venerandae Commendae Grassani ...” datato 1763-1764 vediamo indicata la sede del commendatore come “Castello seu Palazzo Commendale” o anche con il termine latino di “castrum”. Resta il fatto che fino ad una trentina di anni fa era in uso chiamare lo spiazzo posto alle spalle della chiesa madre “dret u castid” ovvero “dietro il Castello”. Una soluzione definitiva a questo quesito potrà darcela solo la consultazione di un altro Cabreo della Commenda di Grassano datato 1737-38, segnalatomi dal prof. Gregorio Angelini, ed attualmente custodito presso la The National Library di La Valletta (Malta) al quale si trovano allegate 41 tavole acquerellate in cui sono raffigurati i territori, le chiese e i palazzi appartenenti alla Commenda di Grassano ed il prospetto del “castello” di Grassano. 54Sull’autenticità di quest’ultimo documento concordo con quanto afferma PENNETTI Giuseppe, in Stigliano. Notizie storiche con 14 documenti inediti ed un’appendice su Aliano, Cirigliano, Gorgoglione, Roccanova, Sant’Angelo, San Chirico Raparo, Napoli/Matera, Tip. Michele d’Auria/BMG, 1899/1978, pp.9, che dice: “Vuolsi dal Di Meo e da altri storici che le Bolle fossero false. Io non entro in merito. Dico solo che anche false le bolle, per lo meno dovettero essere forgiate con la parvenza della verità e non potettero essere inventati i nomi”.

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in Casalibus et Territorio Tricarici et omnia Casalia et Villas ipsius Parochiae”. Nella Bolla, inoltre, di Callisto II55, data in Benevento il 1123, ind. 2a, in fra “omnia loca et Ecclesias” leggesi “Crassanum”; ma nella Bolla di Lucio III del 1183, novembre, ind. Ia, non si fa parola di esso. Però tutte queste carte non sono stimate altrimenti dalla prima, comeachè56 di fonte Zavarroniana, onde importa rilevare quel tanto che è dato apprendere dall’Archivio di Stato (di Napoli) intorno alla Provincia di Basilicata in epoca più o meno remota. Or dal Registro Angioino di Basilicata57 n.8, fol.104 at 1280, Aprile 12, ind. 8, Car. I, an. XV, appare che il detto Re dalla Torre di Erasmo presso Capua, a riguardo della particolar sovvenzione tassata per un solo anno per la paga delle milizie, fa quientanza al giustiziere di Basilicata nel quaderno delle terre di questa Provincia che sono: Melfi, Rapolla, Venosa, Pietrapagana58, Oliveto, Salandra, Pietraperciata59, Rapone, Tofara60, Albano, Lauria, Trecchiara, Rivello, Lagonero61, Moliterno, Maratea, Saponara, Biano62, Tramutolo, S. Giuliano63, 55Nel privilegio semplice di Callisto II, ritenuto genuino dalla critica diplomatica, spedito il 7 ottobre del 1123 il Pontefice conferma i possedimenti della chiesa di Tricarico, che pone sotto la sua protezione e reca i nomi di tutti i centri facenti parte della diocesi tricanicese. In esso viene riportata anche la comunità di Crassanum (Grassano), cosa che ci permette di affermare che non già nel 1200, come sostengono alcuni storici, ma che ben due secoli prima Grassano era già esistente. Cfr. BRONZINO G., Fonti documentarie e bibliografiche per la storia di Tricarico e di altri centri viciniori (sec.IX-XX), a.III, n.3, in Bollettino Storico della Basilicata, Roma, 1987, pp.21-22.; BRONZINO G., Codex diplomaticus Tricanicensis (1055-1342), parte II, in Bollettino Storico della Basilicata, a.VIII, n.8, Roma, 1992, pp.72-75. 56Leggasi “comeachè” come “anche se”. 57Il Gattini prese visione dei Registri della Cancelleria Angioina in epoca precedente alla loro distruzione, avvenuta il 30 novembre 1943 a causa degli eventi bellici della seconda Guerra Mondiale. Cfr. BRONZINO G., Fonti documentarie e bibliografiche ..., op. cit., pp.25-26. 58E’ l’odierna Pescopagano (PZ). Cfr. LUISI G., op. cit., pp.34. 59Nome con cui nel medioevo era nota Pietrapertosa. Cfr. BRONZINO G., Codex diplomaticus Tricaricensis (849-1023), parte I, in Bollettino storico della Basilicata, anno V, n.5, Roma, 1989, pp.39. 60A nord di Pescopagano e a destra del torrente Guana doveva trovarsi il Casale distrutto di Tufaria (Tofara), ove ora sussiste il convento di S. Lorenzo. Cfr. LUISI G., op. cit., pp.34. 61E’ l’attuale Lagonegro (PZ). Cfr. LUISI G., idem, pp.59. 62E’ l’attuale Viggiano (PZ). Cfr. LUISI G., idem, pp.49.

Marsiconuovo, Marsicovecchio, S. Martino64, Castelsaraceno, S. Arcangelo, Missanello, Galluccio65, Roccanova, Aliano inferiore66, Aliano superiore67, Guardia, Corneto68, Castelmezzano, Lauriosello, Trifogio69, Accettura, Cirigliano, Gallipolo70, Stigliano, Gorgoglione, Pietra d’Acino71, Campomaggiore, Brindisi Montano, Latriano, Armento, Anzi, Laurenzana, Calvello, Abriola, Trivigno, Vignola72, Gloriosa73, Pietrafissa74, Pietracastalda75, Baragiano, Plancano, Picerno, Muro, S. Sofia76, Labella77, Roto78, Agromonte79, Tigano, Curchisino, Baranello, Episcopia, Battiborano80, Chiaromonte, Senise, Noia81, 63Antico centro abitato nella valle dell’Agri. Nell’età aragonese scompare come centro abitato. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, ed. Osanna, Venosa, 1990, pp.78. 64Casale sito in Val d’agri. Cfr. PEDIO T., idem, pp.79. 65E’ l’odierna Gallicchio (PZ). Cfr. LUISI G., op. cit., pp.37. 66E’ l’odierna Alianello (MT). Cfr. LUISI G., idem, pp.66. 67E’ l’odierna Aliano (MT). Cfr. LUISI G., idem, pp.66. 68E’ l’odierna Corleto Perticara (PZ). Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.56. 69Antico centro abitato presso Pietrapertosa. Risulta disabitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., idem, pp.90. 70Centro abitato sito tra Castelmezzano ed Oliveto Lucano. Risulta disabitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., idem, pp. 60. 71Antico casale sul Sauro tra Turri e Corneto. Scompare come centro abitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., idem, pp.70. 72Antico casale sull’Ofanto, feudo disabitato nel 1275 della Trinità di Venosa. Cfr. PEDIO T., idem, pp.92 73Antico centro romano nella tenuta che Augusto possedeva nell’ager potentinus in località Arioso, presso le sorgenti del Basento. Scompare come centro abitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., idem, pp.45. 74E’ l’odierna Satriano di Lucania (PZ). Cfr. LUISI G., op. cit., pp.35. 75E’ l’odierna Sasso di Castalda (PZ). Cfr. LUISI G., idem , pp.36. 76Antico centro fortificato, distrutto e ricostruito più volte. Sulle sue rovine sorse il borgo di Sant’Antonio Casalini. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.86 77E’ l’odierna Bella (PZ). Cfr. LUISI G., op. cit., pp.38. 78E’ l’odierna Ruoti (PZ). Cfr. LUISI G., idem, pp.39. 79Questo casale doveva trovarsi probabilmente a sud-est di Episcopia. Scompare nel 1400 c.a. Cfr. LUISI G., idem, pp.51-52. 80Casale fortificato nella bassa valle del Sinni, risulta disabitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit. , pp.47. 81E’ l’attuale Noepoli. Cfr. LUISI G., op. cit., pp.55.

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Colobrano, Tursi, Appia82, Nucara cò Casali83, Anglona84, Rotonda85, S. Mauro, Montemurro, Casale S. Andrea86, Monticchio87, Castronuovo88, Castelluccio, Strato, S. Chirico, Avena89, Pappasidero, Belmonte90, S. Felice91, Rocca Imperiale, Monte Marcone, Forenza, Ripacandida, Rivonero92, Lavello, Borreano93, Gaudiano94, Spinazzola, Bancia95, Crevancore, Montefelice, Genzano, Oppido, Acerenza, Casalaspro96, Balio97, Cancellara, San Chirico de Tulbis, Tulbio98, Tricarico con Craciano99, Montepeloso100, Irsio101, Pietragalla, Grottola, Miglionico, 82 Era posto tra il Bradano e il Basento a 11 km dalla costa ionica. Risulta disabitato nel 1447. Cfr. LUISI G., idem, pp.61. 83A sud-ovest di Rocca Imperiale è posta Nucara. Appartenne al Giustizierato di Basilicata, successivamente venne aggregata al Giustizierato di Val di Crati. Cfr. LUISI G., idem, pp.65. 84Antico centro abitato e sede vescovile, risulta disabitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.44. 85Da intendersi la piccola, cioè Rotondella. 86Questo Casale era collocato probabilmente a nord-est di Atella. Tassato per 41 fuochi nel 1277 successivamente scompare come centro abitato. Cfr. LUISI G., op. cit., pp.33. 87Scompare come centro abitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.67. 88Oggi Castronuovo di Sant’Andrea. Cfr. LUISI G., op. cit., pp.54. 89Casale fortificato situato nella pianura ionica. Risulta disabitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.46. 90Casale sul Basentello tra Montepeloso e Gravina. Risulta disabitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T, idem , pp.48. 91Oggi San Fele (PZ). Cfr. LUISI G., op. cit., pp.38. 92L’attuale Rionero in Vulture (PZ). Cfr. LUISI G., idem, pp.28. 93Casale sito in agro di Venosa. Scompare come centro abitato in età aragonese. Cfr. LUISI G., idem, pp.31. 94Casale fortificato nella valle dell’Ofanto. Risulta disabitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.60. 95E’ l’attuale Banzi (PZ). Cfr. LUISI G., op. cit., pp.44. 96Antico casale tra Montemancone e Pietragalla scomparso dopo il terremoto del 1456. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.51. 97 E’ l’attuale Vaglio di Basilicata (PZ). Cfr. LUISI G., op. cit., pp.45. 98E’ l’attuale Tolve (PZ). Cfr. LUISI G., idem, pp.45. 99Grassano è riportato anche nei registri Angioini del 1270-71 come “Casale Graczani”. Mentre nel Cedolario del 1320 viene riportato come “Grassanum”. Cfr. BRONZINI G., Fonti documentarie e bibliografiche ..., op. cit., pp.23; LUISI G., op. cit., pp.26; MINIERI Riccio, Notizie storiche tratte da 62 Registri Angioini dell’Archivio di Napoli, Tip. Rinaldi e Sellito, Napoli, 1877, pp.177. 100Vedasi la nota n.17.

Pomarico, Montescaglioso, Camarda102, Pisticci, Andriaccio103, Montalbano, Trisacia104, Prisinarico, Favale105, Casale Pistichio106, Avigliano, Potenza, Ogeano107, Sarcone, Castel de Grandis108, S. Biagio109, (detto pure S. Basilio in altri documenti), Rotonda, Valle, Laino, Casale S. Nicola de Silva110, Casal Rosso, Casale S. Maria di Corno111 e Casal S. Martino de’ poveri112. Dal riferito quaderno dunque chiaramente risulta che Grassano non avea tenimento proprio, ma era situata nel territorio tricanicese e quindi con l’esposta qualità di suffeudo fu dà medesimi Sanseverino113, a loro familiari, ceduto. Questi però non ne ebbero la piena giuristizione, 101Antica sede Vescovile. Risulta disabitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.62. 102Antico centro abitato in località San Donato nei pressi dell’odierna Bernalda, di esso attualmente non rimangono che ruderi. Cfr. D’ANGELLA Dino, Storia di Camarda e di Bernalda, Centro Studi Gynnasium, Pisticci, 1983, pp.59. 103Antico Casale nella pianura ionica, risulta disabitato nel 1575. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.43. 104Antico centro abitato sul versante ionico, scompare come centro abitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., idem, pp.91. 105Nel 1874 assunse il nome di Valsinni (PZ). Cfr. LUISI G., op. cit., pp.64. 106Non molto distante da Pisticci doveva esserci la Badia di Santa Maria del Casale, sul Basento, che fu tassata come Casale Pesticii nel 1277 e nel 1320. Scompare successivamente come centro abitato. Cfr. LUISI G., idem, pp.62. 107Antico centro abitato distrutto dal terremoto del 1456. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.68. 108E’ l’attuale Castelgrande (PZ). Cfr. LUISI G., op. cit., pp.34-35. 109Centro abitato presso Policoro, risulta disabitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., Centri scomparsi in Basilicata, op. cit., pp.76. 110Casale sito sul versante ionico, scompare come centro abitato nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., idem, pp.80. 111Casale nella bassa valle del Basento, scompare nell’età aragonese. Cfr. PEDIO T., idem, pp.84 112A nord di Stigliano doveva trovarsi l’antico “Casale Sancti Martini de Pauperibus” che fu tassato solo nel 1320. Cfr. LUISI G., op. cit., pp.67. 113La famiglia Sanseverino, Conti di Tricarico e poi Principi di Bisignano, era tra le più ricche e potenti del Regno di Napoli ad essa appartenne, con qualche parentesi, il Casale di Grassano fino al 1578 anno in cui “Grassano veniva ceduto dal Principe di Bisignano Nicolò Berardino ad Antonio de Novellis, in cambio di alcune entrate e beni siti in Miglionico e Matera”. Cfr. GENTILE Jolanda Donsì (a cura di), Archivio Sanseverino di Bisignano, in Archivi Privati. Inventario Sommario, vol.I, Archivio di Stato di Napoli, Roma, 1967, pp.59.

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leggendosi invero nel Giustiniani114: “Ritrovo memoria di avervi posseduta la giuristizione criminale il Principe di Bisignano e la civile la Sacra Religione di S. Giovanni Gerosolomitano115”, ma come e quando ciò seguisse non e’ detto116.

114GIUSTINIANI L., op. cit., pp.118. 115Ordine militare e religioso istituito nel secolo XI, denominato in seguito Ordine dei Cavalieri di Rodi e attualmente dei Cavalieri di Malta. Tra la fine del XIII e del XIV secolo quest’Ordine incrementò notevolmente il proprio patrimonio entrando in possesso di una grande quantità di beni fondiari le cui rendite servirono per finanziare le attività di assistenza e militari dell’Ordine Cfr. BATTAGLIA Salvatore, Grande Dizionario della lingua Italiana, U.T.E.T., Torino, 1972, vol.VI, pp.706; CUOMO Franco, Storia ed epopea della cavalleria, Newton Compton editori, Roma, 1995, pp.20-26. 116Sulla data di acquisizione, da parte dei Gerosolomitani, della giurisdizione civile sul casale di Grassano ci fornisce utili notizie il Manoscritto Corsuto, attualmente custodito presso l’Archivio Vescovile di Tricarico, dove troviamo trascritto il Processo di San Mauro detto anche “Sentenza della Candela”, celebrato a San Mauro dall'agosto del 1414 al gennaio 1415 su richiesta di re Ladislao Sforza al fine di definire se nelle pertinenze di Tricarico rientrava il Casale di Grassano. Al processo padre Nicola da Grassano rappresentante di padre Rinaldo di Aquaviva, percettore delle rendite e Gerosolomitano, non solleva contestazioni intorno alla legittimità della giuristizione degli eccellentissimi Signori di Tricarico su Grassano ed afferma che “se da venti anni circa padre Aquaviva, per ordine dei Gerosolomitani, teneva giurisdizione civile sul casale, ciò era dovuto a graziosa donazione degli eccellentissimi”. Perciò, se dobbiamo dar fede a quanto affermato nel manoscritto del Corsuto, questa giuristizione è stata conseguita non prima del 1300. Naturalmente l'effimera e transitoria apparizione dello Sforza a Tricarico consentì ai Gerosolomitani di continuare nell'esercizio della giuristizione civile, continuando quella criminale ad essere esercitata dal capitano di Tricarico". Cfr. AMBRICO Gaetano, Povertà e storia nella comunità di Grassano, in Atti della commissione parlamentare di inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla, Vol.XIV, Arti Grafiche, Roma, 1954, pp.10.

Capitolo II Dà notiziari di Carte del passato secolo nella nota delle Commende117 del Priorato di Barletta va riportato Grassano118 e dà Ruoli generali dell’Ordine Gerosolomitano119 ne risulta l’esistenza al sec. XIV120, elencandosene i Commendatori fino al 1476. Ma da un “Cabreum121, 117Le Commende erano feudi affidati in “godimento pro-tempore” agli ecclesiastici o ai cavalieri degli ordini cavallereschi (gerosolomitano, teutonico, mauriziano) che assumevano così il titolo di “Commendatore”. Nell’ordine Gerosolomitano tutte le commende facevano capo ad un Priorato ed erano date in “godimento” ai dignitari dell’Ordine che si obbligavano a contribuire al Tesoro dell’Ordine mediante due tasse dette di “responsione e dei vascelli”, nonché a reimpiegare parte delle rendite nei miglioramenti, inoltre avevano il divieto di alienare o di dare in fitto in perpetuo o per periodi superiori a 29 anni i beni a loro affidati. Cfr. ANGELINI Gregorio, Note sull’Archivio dell’Ordine Gerosolomitano conservato nella Malta National Library, in Rassegna Storica Lucana, a.X, n.12, 1990, pp.155-166. 118Le alte Commende erano: Priorato di Barletta, Baliaggio di S. Stefano, Baliaggio di Venosa, Commende di Putignana Maggiore e Minore, di Ruvo, Bitonto e Bari, di S. Sepolcro di Brindisi, Di Monopoli, di S. Maria di Picciano di Matera, di Melfi, di Marruggio, di S. Barbara di Rodi, di Troia di S. Severino, di Nardò, di Foggia, di Molfetta e Terlizzi; di Casamassimi, jus padronato della famiglia omonima e di Lizzano, jus padronato di questa famiglia. (VIII) Alla luce delle ultime ricerche sul Priorato del S. Sepolcro di Barletta risultano sue dipendenze il Baliaggio di S. Stefano di Monopoli e della SS.ma Trinità di Venosa e le Commende di S. Giovanni di Maruggio, di S. Giovanni di Troia, dei SS. Giovanni e Stefano di Melfi, di S. Giovanni Battista di Grassano, di S. Maria di Picciano (già S. Spirito) di Matera, di S. Maria di Sovereto di Terlizzi, di S. Primiano di Larino, di S. Giovanni Battista di Monopoli, di S. Caterina di Bari, di S. Giovanni di Bitonto e SS. Filippo e Giacomo di Ruvo, di S. Giovanni di Nardò, di S. Giovanni di Foggia, di S. Giovanni e S. Sepolcro di Brindisi, di S. Barbara di Rodi. Cfr. ANGELINI G., Note sull’Archivio dell’Ordine Gerosolomitano ..., op. cit., pp.102-103. 119Vedasi Del Pozzo Bartolomeo, Ruolo Generale dei Cavalieri Gerosolomitani, Messina, 1689, ristampata ed accresciuta, Torino, 1714. (IX) 120Cosa che ci viene confermata anche da una lettera di mandato spedita nel giugno 1368 da papa Urbano V indirizzata al soldato di Tricarico Tommaso Sanseverino, con cui il pontefice sollecitava la restituzione della precettoria dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni Gerosolomitano di Grassano al priore di Barletta. Cfr. RUSSO Francesco, Regesto Vaticano per la Calabria, vol.III, ed. Gesualdi, Roma, 1974, n.7830, pp.23; BRONZINO G., Fonti documentarie e bibliografiche per la storia di Tricarico..., op. cit., pp.25. 121I Cabrei, denominati nell’Italia meridionale anche Platee, erano registri contenenti l’inventario dei beni appartenenti alle grandi amministrazioni ecclesiastiche o signorili. Sin

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Inventarium sive Platea Commendae Terrae Grassani122”, fatto dal notaio Giuseppe Strigoli d’Altamura “de ordine Illustrissimi Fratris D. Dominici Antonij Chyurlia123 ex Marchionibus Litiani uti Commentatorij dicta terrae Grassani”, addi’ 13 maggio 1737124, oltre ai nomi di alcuni altri titolari se ne rileva altresì l’importanza. dal 1319 l’Ordine Gerosolomitano emanò le prime disposizioni riguardo alla stesura dei Cabrei che ebbero la funzione di censire i beni, le rendite e le giurisdizioni al fine di impedire dispersioni ed usurpazioni. Questo problema fu avvertito particolarmente dall’Ordine che oltre a condividere i rischi comuni a tutte le istituzioni ecclesiastiche, che in quell’epoca vedevano erodere continuamente il loro patrimonio da parte dei Signori feudali e dalle comunità, era esposto ad un pericolo “interno” per l’appartenenza di tutti i suoi membri a famiglie della nobiltà feudale o cittadina. Nel Regno di Napoli la redazione dei Cabrei avveniva in forma pubblica e veniva autorizzata dal delegato dell’Ordine che sedeva nel Sacro Regio Consiglio. Alla sua stesura era delegato un notaio che generalmente si avvaleva di uno o più agrimensori o periti di campagna per la misurazione dei terreni. I Cabrei erano spesso corredati da mappe che non raffiguravano solo i fondi rustici ma anche, in alcuni casi, il patrimonio edilizio ed in particolare i luoghi dove l’Ordine esercitava la giuristizione feudale. La stesura di ogni Cabreo era realizzata secondo uno schema molto preciso, iniziava con la trascrizione del carteggio tra il titolare del beneficio, o il suo procuratore, ed il delegato dell’Ordine, seguivano l’atto di nomina del notaio, gli atti preliminari rogati dal notaio (emanazione e notifica dei bandi alle università interessate, ai possessori dei beni dell’ordine e ai proprietari confinanti, ecc...), quindi l’inventario e la descrizione dei beni, delle giurisdizioni, degli obblighi ecc...Una volta realizzato, due copie del Cabreo venivano inviate al Priorato dove, dopo un’accurato esame, veniva approvato in assemblea. Successivamente una copia veniva conservata nell’archivio Priorale, mentre l’altra veniva inviata al Convento di Malta. Gli statuti Gerosolomitani prevedevano che i Cabrei fossero rinnovati ogni 25 anni a spese del commendatario. Cfr. Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, I.P.Z.S., Roma, 1949, vol.VIII, pp.203; ANGELINI G., Note sull’Archivio dell’Ordine Gerosolomitano..., op. cit., pp.101-102, . 122 Che traduco come “Cabreo, Inventario o Platea della Commenda della Terra di Grassano”. 123Leggiamo nel DEL POZZO, op. cit., pp.276, che “Frate Domenico Antonio Chiurlia di Giovenazzo, (fu) eletto il 16 Agosto 1703”. Inoltre nel manoscritto di Giuseppe GATTINI intitolato “Dell’Ordine Gerosolomitano in Matera e contorno”, op. cit., al foglio 26 leggiamo che: ”Fr. Domenicantonio Chyurlia, passato il 1704 nel Priorato di Barletta, conseguì la Commenda di Grassano il 1728...” e che il suo stemma era “d’azzurro alla banda d’oro, accostata da due leoni contro rampanti”. Stemma che vediamo disegnato a penna sulla prima carta del “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., foglio 1. 124Vedasi Manoscritto XXI, busta 22 presso la Società di Storia Patria di Napoli. (XX) Non ci è stato possibile appurare se questo Cabreo è ancora esistente presso la Biblioteca della Società di Storia Patria di Napoli, comunque una sua copia è custodita presso la

In esso si soggiunge comprendersi “tutto il territorio circum circa di questa Terra di Grassano, limitato e situato secondo la misura fatta dal mag. Arcangelo Perrucci, Regio Compassatore, riportata innanzi”; “qual territorio si e’ di terre colte ed incolte e vi sono colline, valloni, piani e fiumi, che confina” come parimenti si e’ riferito; con “la giuristizione civile... avanzandosi ancora pretendere la mista ..., intorno alle quali giuristizioni cosi’ civili125, privative come (le) altre non appartenendo a questa Università126 (il Commendatore) se la deve vedere coll’Eccellentissimo Duca della Salandra; con tenervi esso Signor Commendatore in essa Terra il Capitano127, assessore ed ogni altro ufficiale per esercizio della giuristizione, com’altresi’ della Mastrodattia128, che si fitta a chiunque li pare e piace”. Aveva anche “la giuristizione spirituale ed il jus di spedire le dimissioni a Preti, quale giuristizione sta usurpata da(i) Vescovi antipassati di Tricarico e ne sta il processo in Roma”. Dà cittadini tutti, o abitanti, sieno secolari che ecclesiastici, esigeva il terraggio129 per la semina che si faceva in grano, orzo, avena, ed ogni specie di legumi, a tutta semenza130, cioè almeno pel terzo del territorio conceduto, com’anche nella decima131 delle bambace, lino ed altro. - Percepiva il censo delle vigne, orti e vignali. - E stava in possesso di riscuotere li tre carlini dà fuochi e sottofuochi. National Library di La Valletta (Malta). Cfr. ANGELINI G., Note sull’Archivio dell’Ordine Gerosolomitano..., op. cit., pp.103. 125Vedasi la nota n. 114. 126Così veniva chiamata l’Amministrazione Comunale nel Regno di Napoli. 127 Il Capitano aveva la sorveglianza delle porte di accesso al centro abitato, ne custodiva le chiavi e garantiva la pubblica sicurezza nel territorio comunale. Cfr. MOLFESE Antonio, I proventi fiscali del Principe di Stigliano in un manoscritto del sec. XVI, BMG, Matera, 1992, pp.120 128Nel regno di Napoli il Mastrodatti era il funzionario addetto alla ricezione, registrazione e custodia degli atti pubblici e privati. Cfr. MOLFESE A., idem, pp.126. 129Il Terraggio o Terratico era una forma socialmente arretrata di compartecipazione agraria in cui il compenso al lavoratore del fondo era dato dalla rimanenza del prodotto tolta la quantità fissa da corrispondere al proprietario del terreno. Cfr. MOLFESE A., idem, pp.130-131. 130Leggasi “a tutta semenza” come “da tutta la semenza”. 131La decima era la decima parte del prodotto raccolto dai terreni e doveva essere versata al feudatario o al Signore del luogo. Cfr. MOLFESE A., idem, pp.122.

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- Teneva il jus della Piazza132; dello Scannaggio133 e della Fornatica134 col “jus prohibendi di non potersi cocere pani in altri forni”. - Aveva “la facoltà anche di proibire, siccome proibiscono, che niuna persona di questa terra, o abitanti in essa, possa far case, vigne, forni, grotte, fosse, senza ottenere concessione in scriptis... sotto pena... o prestazione; - e per tutte queste concessioni riscuotere la solita gallina”. L’Università poi era tenuta assegnare a Commendatori pro tempore il Camerlengo135 per esigere tutte l’entrate della Commenda istessa. Questa vi avea stanza in un Castello (di cui diamo il prospetto rilevato dal medesimo, giacche’ diruto e non più in essere), sito sull’alto ed attaccato verso tramontana colla maggiore Chiesa, la quale oltre la porta maggiore verso levante, una (porta) particolare n’avea interposta a solo comodo de’ Commendatori e loro servitù. Sul portone d’ingresso vedevasi al di fuori una iscrizione con l’arma scolpita in pietra del Commendatore Fra Giovanni Quarto; come pure sulla porta della sala grande d’entrata, alla quale si saliva dal cortile per una gradinata scoperta, eranvi gli stemmi parimenti in pietra della sacra Religione (Gerosolomitana) e del Commendatore Fra Giulio Malvicino. Da detta 132Il Diritto della Piazza veniva corrisposto al feudatario del luogo da tutti coloro che vendevano beni o vettovaglie nel territorio comunale. A tal proposito leggiamo in un “Cabreo. Platea seu Inventarium omnium bonum Venerandae Commendae Grassani” del 1763-’64 realizzato dal notaio Antonio Petraccone della Terra di Vaglio su commissione del Commendatore di Grassano Fr. Domenico Antonio Chyurlia, che successivamente per brevità indicherò con la dicitura di “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, che il 22 settembre di ciascun anno in occasione della festa dei S. Innocenzo, protettore di Grassano, “non vi è peso di piazza durante questa festività dalle prime vespri per tutte le seconde vesperi; ciò è dal suono delle campane di essa, e vi concorrono a vendere e comprar merci ed altre cose, essendosi sempre così praticato ab immemorabilis...”, cit. tratta dal foglio 13. 133Trattasi del dazio sulla macellazione dei suini e degli altri animali. Cfr. MOLFESE A., op. cit., pp.122. 134Anche i forni rappresentavano una rilevante rendita, infatti la popolazione era costretta a cuocere il pane nei forni del feudatario a cui lasciava la 24° parte del pane che aveva cotto e 12 pezzi di legna. Cfr. MOLFESE A., idem, pp.124. 135Nella costituzione comunale si chiamava Camerlengo o Camerario colui che aveva in custodia il denaro pubblico, era praticamente il tesoriere del Comune. ZINGARELLI N., op. cit., pp.177; MOLFESE A., op. cit. , pp.120.

sala si accedeva a due appartamenti di più camere, una delle quali il Commendatore Chyurlia avea fatta sontuosamente dipingere con l’armi, oltre della propria e quella della Religione (Gerosolomitana), de’ passati Commendatori, del Gran Maestro del tempo Raimondo De Sping136 e de’ furono Manoel de Vilhena137, Marcant.o Zondodari138, Perrellos y Roccaful139 ed altri più antichi. La cucina, il riposto e la dispensa poi erano erano sottostanti e vi si scendeva per una scaletta di pietra della medesima sala, mentre al di fuori di essa con la salita di altri due gradini si andava in un’altro quarto corrispondente dietro la chiesa. E da questo, tra l’altro, mercè alcune buche nell’ammattonato, in tempo di ricolto si facevano calare i grani ed altre vettovaglie provenienti dà terraggi e da conservare in cassoni ed in fosse della capacità complessiva di 2500 tom. dentro i sottoposti magazzini, ch’vevano altresi le porte ed uscita nel giardino. Nell’anzidetto cortile finalmente vi avea una stalla grande capace per dieci cavalli, un’altra stalluccia, una pagliera, una grotta ad uso di abitazione e magazzino, una camera pe’ guardiani, un’altra ad uso di carcere, un lavatoio, un pozzo d’acqua piovana ed un’alta grotta “seu cellaro” con niviera, che soleva darsi in fitto. Teneva altra casa attaccata all’anzidetto giardino; un’altra verso la piazza; una terza nel mezzo del paese, con due forni, uno de’ quali cuoceva il pane di detta terra; tre fosse da riporvi vettovaglie; una dispensa; una Difesa, detta come innanzi la Macchia, confinante col 136Raimondo Despuig, del priorato di Catalogna (Portoghese), fu eletto Gran Maestro dell’ordine Gerosolomitano il 16 dicembre 1736 in seguito alla morte del Gran Maestro Manoel De Vilhera, governò l’Ordine fino al 12 dicembre del 1741. Cfr. GATTINI Michele, Sunto Storico del Sov. Mil. Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme ovvero di Malta, Stab. Tip. Di Gennaro M. Priore, Napoli, 1899, pp.187-188. 137Antonio Manoel de Vilhena, della lingua di Castiglia (Spagna), fu eletto Gran Maestro dell’Ordine Gerosolomitano il 19 giugno 1722 in seguito alla morte del Gran Maestro Marcantonio Zondodari, governò l’Ordine fino al 12 dicembre del 1736. Cfr. GATTINI M., idem, pp.185-187. 138Marcantonio Zondodari della lingua d’Italia, fu eletto Gran Maestro dell’Ordine Gerosolomitano il 13 gennaio 1720, a seguito della morte del Perellos, governò l’Ordine per soli due anni, infatti morì il 16 giugno del 1722. Cfr. GATTINI M., idem., pp.184-185. 139Raimondo Perellos de Roccafoul della lingua d’Aragogna (Spagna), fu eletto Gran Maestro dell’Ordine Gerosolomitano il 7 febbraio 1697, governò l’Ordine fino al 10 gennaio 1720. Cfr. GATTINI M., idem, pp.181-184.

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Basento “quale difesa dalli 14 settembre a tutto li 25 Dicembre è chiusa” ed in essa (vi è) il menzionato molino ad acqua, cui fa girare la corrente del fiume predetto, che passa per dentro; nonché “una Balchiera140 da imbalcar141 panni, con tutti li suoi stigli142, qual riceve l’acqua che va all’istesso molino e vi è una torretta soprana abitabile” e tutto parimenti s’affittava. Pertanto Grassano era “Capo della Commenda predetta della Sacra Religione Gerosolomitana, sotto il titolo di S. Giovanni Battista e S. Marco...e teneva sotto di se 19 Grancie in diversi luoghi della Provincia di Basilicata e di quella di Bari” che la rendevano abbastanza cospicua. - A Gravina infatti aveva la chiesa di S. Giorgio143 col feudo grande omonimo alla Contrada delli Limelli di circa tomoli 1973 e l’altro piccolo in due appezzamenti di circa tomoli 220. - In Montepeloso la chiesa di S. Giovanni144 con circa tomoli 552 in 9 appezzamenti in contrade diverse. 140Possiamo considerare questa parola come una forma corrotta del termine “Gualchiera” con cui si indicava anticamente, nell’industria tessile e conciaria, la macchina usata per lavare, digrassare e sodare le stoffe. Questa era composta da grosse mazze che, messe in movimento dalla ruota d’un mulino ad acqua, cadevano continuamente sulle stoffe trattate con acqua, sapone ed argilla al fine di purgarle da ogni impurità e per dar loro la consistenza del feltro. Cfr. MELZI G. B., Dizionario Italiano, ed. A. Vallardi, Milano, 1953, pp.550; ZINGARELLI N., op. cit., pp.685; DEVOTO Giacomo, Dizionario etimologico, ed. Le Monnier, Firenze, 1968, pp.197; Vocabolario della lingua Italiana, Istituto Enciclopedia Italiana, vol. II, Roma, 1987, pp.703. 141Probabilmente è la forma corrotta del termine “Gualcare” con cui si indicava anticamente la sodatura delle stoffe fatta colla Gualchiera, affinché queste acquistassero una maggiore consistenza e resistenza. Cfr. PALAZZI Fernando, Novissimo Dizionario della lingua Italiana, ed. Ceschina, Milano, 1970, pp.543. 142Lo stiglio era uno strumento usato per liberare dagli steli le fibre della canapa, del lino e della iuta. Cfr. ZINGARELLI N., op. cit., pp.1588. 143Ricaviamo maggiori notizie sulla consistenza dei beni e lo stato delle chiese possedute dalla Commenda di Grassano da un “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit.. Da questo ricaviamo una precisa descrizione della cappella di S. Giorgio di Gravina che era situata “fuor la città, distante in circa un quarto di miglio vicino la strada pubblica che ti conduce nella città di Altamura, non molto lontano dal convento dei PP. Domenicani sotto il titolo di S. Tommaso d’Aquino...”, cit. tratta dal foglio 122. 144Era una cappella dedicata a S. Giovanni Battista posta nel rione “Croci” che, nel passato, era situato fuori dall’abitato. La sua manutenzione spettava esclusivamente alla Commenda di Grassano, ma evidentemente nessuna cura veniva prestata poiché dalla SS. Visita del

- In Tricarico dappiù di 1009 tomoli in 12 appezzamenti, specie nella contrada della S.S. Trinità con la distrutta chiesa omonima145. - In Salandra circa tomoli 517 in 7 appezzamenti146. - In S. Mauro la chiesa di S. Giovanni147 con circa tomoli 388 in 14 appezzamenti. - In Pietrapertosa circa tomoli 185 in due appezzamenti ed un orto148. Vescovo Filippo Cesarini (1655-’74) fatta il 12 febbraio del 1659 la cappella, pur avendo un reddito di 45 ducati annui, risultava diroccata tanto che il Vescovo ordinò che fosse restaurata e fornita dei paramenti necessari per la celebrazione della messa. Ma lo stato di abbandono dovette continuare se, nonostante la rendita della cappella nel 1736 fosse salita a 70 ducati annui, al tempo del Vescovo Agostino De Simone (1763-’92) la cappella risultava interdetta al culto, come si legge nella SS. Visita fatta dal Vescovo montepelosino il 13 aprile del 1764. Cfr. DI PASQUALE N., op. cit., pp.79, 155, 257; PEDIO Tommaso, La relazione Gaudioso sulla Basilicata, in La Basilicata borbonica, ed. Osanna, Venosa, 1986, pp.77. 145La Grancia della SS.ma Trinità di Tricarico pervenne all’Ordine Gerosolomitano in seguito alla soppressione dell’Ordine dei Templari, avvenuta su decisione di Clemente V nel 1312, a cui apparteneva. In essa vi erano anticamente un convento e un chiesa dedicata alla SS. Trinità ma dalla Santa Visita fatta nel novembre del 1585 dal Vescovo Tricanicese Santantonio apprendiamo che il convento era diruto e la chiesa fatiscente. Ma le continue guerre e i movimenti tellurici distrussero anche la cappella, in modo che dell'importante chiesa rimasero solamente i ruderi che vediamo tutt’oggi. Cfr. DARIO Giovanni, Per la storia di civita di Tricarico e di Calle, vol.III, ed. Liantonio, Matera, 1954, pp.101-102. 146Nel “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-1764, op. cit., al foglio 51 si legge che “la Commenda di Grassano ha la sua Grancia, in questa Terra della Salandra, sotto il titolo di S. Margarita; non vi è cappella perché da più tempo diruta ed era vicino la strada che ti porta in Ferrandina che è dirimpetto al giardino de PP. Riformati e poco si conosce dove era l’edificio per esservi nati in essa molte spine ed altre case situate a poppiede l’infratti beni...”. 147Dalla Relazione Gaudioso sulla Basilicata, compilata nel 1736 da Rodrigo Maria Gaudioso per ordine di Re Carlo III, traiamo varie notizie sui beni posseduti dalla Commenda di Grassano in vari centri della nostra regione. Per la Terra di S. Mauro si afferma: “vi è l’Abbadia sotto il titolo di S. Giovanni che vien posseduta dalla Commenda di Malta colla rendita di docati 30 circa”. Inoltre leggiamo in un “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., che questa “Grancia di S. Giovanni, di questa città di S. Mauro, soggetta alla Commenda di Grassano tiene la sua chiesa sotto il titolo di S. Giovanni; è situata sotto le mura della città (di S. Mauro) verso Oriente, in distanza dalla medesima di un ottavo di miglio, ha ingresso per una porta grande dalla parte orientale...”, cit. tratta dal foglio 37. Cfr. Descrizione della Provincia di Basilicata fatta per ordine di Sua Maestà da Rodrigo Maria Gaudioso, avvocato fiscale della Regia Udienza di Matera, manoscritto, 1736, Biblioteca Nazionale di Napoli, XIV, D.39; PEDIO T., La Basilicata Borbonica, op. cit., pp.59.

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- In Calvello circa tomoli 87 in 8 appezzamenti149. - In Laurenzana la chiesa di S. Maria dal ciel calata150 con tomoli 207 in sei appezzamenti. - In Tolve circa tomoli 731 in due appezzamenti151. - In Viggiano la chiesa di S. Giacomo con circa tomoli 54 in sei appezzamenti152. - In Roccanova circa tomoli 12 in due appezzamenti153. 148”La Grancia di questa città di Pietrapertosa, sotto il titolo di S.ta Maria Archimandrita rende alla unita Commenda di Grassano o sia di S. Giovanni; la sua chiesa è circa tre miglia distante dall’abitato, il tetto ha molto tempo che cascò, solamente è coperta sopra l’altare ed è impossibile il rifarsi perché vi vuole più centinaia di ducati di spesa per essere le mura in buona parte cascati; è lunga palmi quarantacinque e larga diecisette e vi è la campanella di bronzo consegnata a Rocco Ambrigi; tiene l’infratti beni che si possono affittare a chi piace alli Eccellentissimi Signori Commendatori se ne esige Stoppelli quattro per Tomola di territorio”, cit. tratta dal “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., foglio 116. 149Nella Relazione Gaudioso per la terra di Calvello si afferma: “vi sono due Abbadie, (...) e la seconda detta di S. Giacomo rende alla Commenda di Grassano da docati 15 incirca”. Cfr. PEDIO T., La Basilicata Borbonica, op. cit., pp.74. 150”La Grancia della unita Commenda di Grassano sotto il titolo della Beatissima Vergine dal Ciel Calata, di questa città di Laurenzana, tiene la sua chiesa sotto il suddetto titolo, la quale è distante dall’abitato da circa tre miglia; è di buona fabbrica, coperta a soffitto con tavole d’abete ed ermici; vi sono due porte una riguarda ponente e l’altra mezzogiorno, il suolo (pavimento) è fatto di pietre grandi, in mezzo evvi la sepoltura con una grande lapide; la chiesa è lunga palmi trenta, larga palmi ventiquattro e sopra la porta grande o sia quella verso ponente vi è un campanile con campana di bronzo...”, cit. tratta dal “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., fogli 108-109. 151” La Grancia della unita Commenda di Grassano sotto il titolo di S. Giovanni è in questa città di Tolve, si dice vi fosse stata la chiesa, ma non si sa in che luogo...”, cit. tratta dal “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., foglio 119. 152Leggiamo nel “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., al foglio 91 che questa Commenda aveva “in questa Terra di Viggiano, la Grancia sotto il titolo di S. Giovanni; la chiesa è diruta e dove era vi scaturisce una copiosa e bell’acqua che per l’abbondanza si irrigano molti giardini e questa acqua è murata, d’intorno possedendosi dalla “Principal Camera”, la quale avevano dato in enfiteusi a più persone un territorio tutto sassoso di questa Commenda per fabbricarne case, non potendo servire per altro uso se non per orti, e poiché è della Commenda suddetta si è dovuto chiarire che sia tale e dopo vari contrasti colli ministri di questa Ecc.ma Casa conoscendosi la verità si è recuperato dalla Commenda e se ne è fatto istrumento in beneficio della medesima; qual territorio è nella contrada di S. Leonardo...”.

- In Tursi circa tomoli 161 in due appezzamenti154. - In Pisticci circa tomoli 123 in 13 appezzamenti.155. - In Pomarico la chiesa di S. Giovanni Battista con circa tomoli 107 in sei appezzamenti156. - In Miglionico “alcuni censi e terre e vigne che rendono la copertura sotto il titolo di S. Maria Canasino”. - In Grottole censi più vigne e case. - In Calciano e S. Arcangelo157, altri censi. - ed in Ferrandina, la chiesa dello Spirito Santo o Madonna di Civita Troyla158. 153”La Commenda di Grassano possiede in questa Terra di Roccanova la sua Grancia sotto il titolo di S. Cristoforo, non vi è Cappella essendo che non stà, nè è memoria dove sia stata...” cit. tratta dal “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., foglio 90. 154Nel “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., al foglio 71 si legge che “in questa città di Tursi la Commenda non vi ha chiesa appena vedendosi l’effigie o siano vestigia di quella (che) vi era sotto il titolo di S. Giovanni alli Pantani...”. 155Nel “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., al foglio 67 leggiamo che questa Commenda aveva “in questa Città di Pisticci la sua Grancia sotto il titolo di S. Maria la Strada; vi era la sua cappella distante da essa Città circa tre miglia vicino la pubblica strada che, da questa città, sporge in Pomarico ed altri luoghi prima di giungere al fiume Basento, ossia fiume di Ferrandina, si vede che da più secoli sia diruta come si conosce da cespoli (che) sono dentro le mura dirute di questa cappella, avanti di essa vi è un pozzo vecchio benché vi sia un poco acqua, e possiede l’anfratti beni...”. 156”La Commenda di Grassano ha in questa Terra di Pomarico la sua Grancia colla cappella sotto il titolo di S. Giovan Battista, la quale sta ben riparata ed è a lamia, situata nel Casale, ed è di lunghezza palmi quarantuno, larga dieciotto; si entra per una porta grande che riguarda a Ponente...”, cit. tratta dal “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., foglio 58. 157”La Commenda di Grassano tiene in questa Terra di S. Arcangelo la Grancia sotto il titolo di S. Giovanni, non vi è chiesa, ma solamente si sa che vi fosse stata e dove era l’Ecc.mo Signor Bali Chyurlia Commendatore vi ha fatto piantare un legno di cinque palmi alto a terra e nella sommità vi ha fatto porre un bella croce di ferro di palmi due e mezzo, aciò vi sia memoria; non vi ha territori, ma solo li sottoscritti canoni e censi...”, cit. tratta dal “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., foglio 73. 158Nella Relazione Gaudioso per la Città di Ferrandina si afferma: “vi è finalmente una Grancia di S. Giovanni Gerosolomitano di Malta soggetta alla Commenda di Grassano che riceve ogni anno dall’Università (di Ferrandina) picciole somme di denaro per comprar oglio a fin di mantener la lampada accesa nella Cappella detta di S. Maria Civita”. Invece nel “Cabreo della Commenda di Grassano” del 1763-’64, op. cit., leggiamo che questa Commenda “tiene in questa Città di Ferrandina una Grancia sotto il titolo dello Spirito Santo

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Non privo d’interesse da ultimo sarebbe un completo elenco de’ titolari di questa Commenda, la quale venne sul principio di questo secolo indemaniata159; ma non avendo altre notizie che quelle precisate, non mi e’ dato d’addurre che i seguenti nomi160: 1365. Fra Troilo Sansoni di ... 161. 1435. Fra Taddeo Pietravina del Priorato di Barletta162. 1438. Fra Francesco della Castellana di... 1441. Fra Galeazzo o Guerao d’Alemagna del Priorato di Messina. 1450. Fra Giorgio Pignatelli di Napoli. o sia Santa Maria di Civita Troyla che tiene la chiesa nella parte eminente dentro questa Città coll’ingresso dalla porta grande verso ponente; la chiesa è a lamia con quattro sottarchi in faccia le mura e viene sostenuta da quattro angoli, o siano colonne, ed è di lunghezza quadrata palmi ventuno...”, cit. tratta dal foglio 54. Cfr. PEDIO T., La Basilicata Borbonica, op. cit., pp.57. 159Tutti i beni dell’Ordine di Malta e relative rendite furono incamerati dallo Stato a seguito del Decreto del 18 Giugno 1807 con cui furono abolite le Prelature, le Commende, i Legati, le Cappellanie e i Benefici ecclesiastici. In seguito al decreto del Murat, datato 5 Nov. 1808, tali beni furono così destinati: ”Art.1. I beni dell’Ordine di Malta e quelli del Ordine Costantiniano situati nel Regno formeranno la dotazione dell’Ordine delle Due Sicilie; Art.2. L’eccedente de’ beni mentovati nell’art. precedente, dopo formata la dotazione dell’Ordine R. delle Due Sicilie, sarà riunito a’ Demani dello Stato per essere impiegato all’estinzione del debito pubblico o a dare delle pensioni a quei Cavalieri del soppresso Ordine di Malta che giudicheremo degni della nostra munificenza...”. 160Un elenco dei Commendatori della Commenda di Grassano è riportato anche da GATTINI Michele, in I Priorati, i Baliaggi e le Commende del Sovrano Militare Ordine di San Giovanni di Gerusalemme nelle province meridionali d’Italia prima della caduta di Malta, ed. I.T.E.A., Napoli, 1928, pp.29, da cui risultano essere stati titolari di questa Commenda: ”Troilo Sansoni di Troia (1365), Taddeo Pietravina del Priorato di Barletta (1435), Francesco della Castellana (1438), Galeazzo o Guerao d’Alemagna del Priorato di Messina (1441), Giorgio Pignatelli di Napoli (1450), Biondo Pignatelli di Napoli (1450), Brondo Dammatelli (1452), Antonio Signorio (1463), Tommaso Castagna del Priorato di Barletta (1468), Domenico Alemagna del Priorato di Messina (1471), Domenico Alemagna di Napoli (1476), Giulio Cesare Malvicino di Napoli (1552), Giorgio Vitelli di Roma (1578), Giorgio Cavaretta di Trapani (1634), Alessandro Mastrilli di Nola (1649), Giovanni Quarti di Andria (1662), Fabrizio Ruffo di Napoli (1643), Domenico Antonio Chyurlia di Bari, (1703), Francesco Marulli (1740)”. 161Di Sansoni o Sassoni ve ne furono a Napoli al Sedile di Porto ed a Troia, ond’ è dubbio se al Priorato di Capua appartenne o a quello di Barletta. (XXI) 162Evidentemente tra questi due Commendatori evvi una lacuna di più di un nome. (XXII)

1452. Fra Brondo Dammatelli di ...163. 1463. Fra Antonio Signorio di ... 1468. Fra Tommaso Castagna del Priorato di Barletta. 1471. Fra Domenico d’Alemagna del Priorato di Messina 164. ? .Fra Giulio Malvicino, la cui arma era scolpita in pietra, come si e’ detto, nel Palazzo Commendale; che fu apparentato cò de Novellis, Baroni di Grassano165, e che probabilmente sarà lo stesso che prima o dopo o contemporaneamente fu Commendatore di Santa Maria di Picciano166 1608. Fra Gerio Vitelli di Roma167 che in detto anno compilò l’inventario della Commenda “manu qm. Notais Ioannis Angeli Mele Terrae Terlitis”. 1653. Fra Alessandro Mastrilli di Nola168, il quale in questo anno formò altresi’ la Platea “manu qm. Notais Dominici Grippa Terrae Laurenzanae”. 1676. Fra Giacomo Cavarretta169 che nell’anno indicato confezionò pure il Cabreo “manu qm. Notais F. B. Ricci Civitatis Monopoli”. 1704. Fra Giovanni Quarto170 che in questo anno rifece l’inventario “manu qm. Notais Marcantonis Campanella Civitatis Baruli”. ? Fra Fabrizio Ruffo171. 163Tra i due ultimi il Del Pozzo frammette anche con la data 1634 (XVIII). 164Lo stesso, ma con la qualifica “di Napoli”, è ripetuto sotto la data del 1476. (XIV) 165Vedasi nota n.111. 166Vedasi le mie “Note storiche sulla città di Matera”, Napoli, 1882, pag.212. Dove lo troviamo riportato tra i Commendatori della Commenda Gerosolomitana di Picciano con la seguente annotazione: “Ammiraglio Ambasciatore della Religione di Roma Fr. Giulio Cesare Malvicino di Napoli li Gen. 1552 è nel Del Pozzo, pp.92; ed in Not. Nic. Gio. Giocolano al 1 Giugno 1583, fol.40 si fa parola dell’Ill. et Rev. Fratris Julij Malvicini Commendatoris Comm. S. M. de Picciano de dic. Civ. Matere”. 167Riportato dal Del Pozzo sotto il 24 Dicembre 1578 (XVI). 168Segnato dal suddetto Del Pozzo sotto il 10 ottobre 1616, è ricordato dal Bonazzi, Elenchi delle famiglie ricevute nell’Ordine Gerosolomitano Priorato di Capua e di Barletta, Napoli, 1879, in nota a pp.34 (XVII). 169Vedasi annoverato dal ripetuto Dal Pozzo, con le qualifiche di Trapani e di Balio di S. Stefano, fatte il 18 Dic. 1634 (XVIII). 170Non saprei per vero se questi fosse di Andria e del Priorato di Barletta secondo il medesimo Del Pozzo o di Belgioioso e del Priorato di Capua conforme il Bonazzi, quantunque da entrambi segnato sotto il 20 Dic. 1662 (XIX).

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1728. Fra Domenico Antonio Chyurlia172 che fece fare un altro Cabreo173, del quale si e’ tenuto parola innanzi. 1771. Fra Francesco Marulli174. 171E’ riferito ne’ Ruoli il 1680 a 29 Febbraio (XX). 172Passato il 1704 nel Priorato di Barletta (XXI). 173Al Commendatore Domenico Antonio Chyurlia dobbiamo oltre al “Cabreum, Inventarium sive Platea Commendae Terrae Grassani” fatto dal notaio Giuseppe Strigoli d’Altamura nel 1737, segnalatoci dal Gattini, anche un “Cabreo, Platea seu Inventario omnium bonorum Venerandae Commendae Grassani” fatto dal notaio Antonio Petraccone della Terra di Vaglio nel 1763-’64, precedentemente citato. 174Di Barletta e colà passato in Priorato il 1740, ma dal Ruolo del 1789 va riportato sotto la data del 1 maggio 1771. Fu anche “Colonnello degli eserciti di Sua Maestà, Reg. Delegato ed Ispettore Generale de’ Ponti e Marine dell’Adriatico, Preside e Governatore delle armi e Delegato delle Reg. Scuole nella Provincia di Lecce”, tali titoli e con l’enunciativa di “Utile signore della Terra di Grassano” il signor Berardino Maselli, nobile Patrizio e professore di matematica nelle scuole dedica le sue “Lezioni elementari di Geometria e trigonometria ecc...”; presso Marino e fratelli, Lecce, 1796. Lo stesso Marulli con atto del 23 luglio dicembre 1797 riaffittava a Francesco Paolo e Pasquale Matera di Grassano, per 2300 ducati annui, la “Commenda di Grassano con tutte le Grancie attinenti alla medesima che sono Gravina, Tricarico, Salandra, Laurenzana, Tolve, Roccanova, Ferrandina, S. Arcangelo, Pisticci, Calciano, e tutte le altre spettanti alla questa Commenda, eccettuate quelle di S. Mauro, Pomarico, Pietrapertosa e Montepeloso (attuale Irsina), quali si trovano alienate da questo Signor Commendatore con decreto del Consiglio di Malta..." cit. tratta dalla “Convenzione tra il Commendatore della Commenda di Grassano e Francesco Paolo e Pasquale Matera di Grassano”, manoscritto, 1797, Archivio di Stato di Matera, Fondo Materi, Busta 36, fascicolo 9, foglio 2.

INDICE - Presentazione. - Un manoscritto ritrovato. - Capitolo I - Capitolo II. - Indice dei nomi - Indice dei luoghi - Indice delle illustrazioni - Indice - Ringraziamenti Ringraziamenti a: Ringrazio il prof. Abbate Giovanni e il prof. Bolettieri Domenico, per il costante incoraggiamento e per gli utili consigli che mi hanno fornito nel corso delle mie lunghe ricerche, ed anche il Signor Incampo Salvatore, la Dott. Biscaglia Carmela, il prof. Stuart Oliver, la Direttrice dell’Archivio di Stato di Matera Manupelli Antonella e i suoi collaboratori, il Direttore dell’Archivio di Stato di Potenza Angelini Gregorio e i suoi collaboratori, il Direttore del C.S.E.C. di Tricarico Dell’Aquila Pietro e i suoi collaboratori, il Direttore della Biblioteca Provinciale di Matera e i suoi collaboratori, il personale della Biblioteca Nazionale di Potenza ed i Responsabili della Biblioteca Comunale di Grassano e di Tricarico.

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QUADERNI GRASSANESI - VOLUME 10 Collana di pubblicazioni di vita locale realizzata dagli Amici della Poesia

di Grassano in collaborazione con il C.S.E.C. di Tricarico con il Patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Grassano

Coordinatori Editoriali: Ortensio Ruggiero e Innocenzo Pontillo

In copertina: Panorama di Grassano (1954)

Stampato in proprio: Giugno 2000

Monografie già pubblicate 1. Ortensio Ruggiero (a cura di), Favole Grassanesi, Novembre '95;

2. Francesco Paolo Materi, L’Agricoltura Meridionale ed il suo avvenire, Ristampa dell’edizione del 1899, Agosto '96; 3. Francesco Paolo Materi, Ancora

dell’Agricoltura Meridionale ed il suo avvenire, Ristampa dell’edizione del 1900, Agosto '96; 4. Innocenzo Pontillo, Catalogo Bibliografico su Grassano e

degli autori grassanesi, Ottobre '96; 5. Scuola Media “A. De Gasperi”, Immagini e memorie del tempo passato: la famiglia a Grottole, Maggio '97; 6.

Scuola Media “A. De Gasperi”, Immagini e memorie del tempo passato: il Matrimonio a Grottole, Maggio '97; 7. Scuola Media “A. De Gasperi”,

Immagini e memorie del tempo passato: la guerra, Maggio '97; 8. Scuola Media “A. De Gasperi”, Grottole e il feudalesimo, Maggio '97; 9. Giuseppina Pontillo,

Anima, raccolta poetica, Giugno '97; 10. Giuseppe Gattini, Note storiche sulla comunità di Grassano, a cura di

Innocenzo Pontillo, Luglio '97; 11. Oliver Stuart, Il dissesto idrogeologico della Basilicata e le frane di Grassano, traduzione di Leonardo Pontillo, Novembre '97; 12. Giovanni Abbate, Sant’Innocenzo e Grassano. Nella trasfigurazione di un tramonto d’estate, a cura di Innocenzo Pontillo, Gennaio '98; 13. Giovanni Dilenge, Emozioni,

raccolta poetica, Febbraio '98; 14. Francesco Paolo Materi, Il podere piani soprani e pantana in Basilicata, Ristampa dell'edizione del 1884,

Agosto '98; 15. Luigi Materi, Baudelaire, Ristampa dell'edizione del 1920, Settembre '98; 16. Vincenzo Perretti, Una piccola storia di galantuomini, contadini, soldati e briganti alla metà del secolo scorso, Marzo '99;17.ScuolaelementareStataledi

Grassano,Grassanoneltempopassato(1900-1950),Giugno1999,28pagine;18.AA.VV.,ParoleperComunicaremillenovecentonovantotto,Settembre1999;19.LeonardoPontillo,L’agricolturameridionale,ottobre1999;20.Domenico

Bolettieri–GiovanniAbbate–InnocenzoPontillo,LaComunitàdiGrassanonelricordoenellastoria,Giugno2000;21.AA.VV.ParoleperComunicareduemiladue,

Agosto2003;22.BeatriceCatozzella–InnocenzoPontillo,LaPresenzaFrancescanaaGrassano,Giugno2004;23.AA.VV.,ParoleperComunicare

duemilatre,Agosto2004.