Non potendo avere un figlio, diede alla luce una visione ... · Gian Gastone mor-to da neppure due...

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Corriere Fiorentino Giovedì 10 Dicembre 2015 FI 13 All’Accademia delle arti del disegno la mostra di Wang Hongjian Un viaggio lungo trent’anni nella vita quotidiana Si apre oggi nella sala esposizioni dell’Accademia delle Arti del Disegno (via Ricasoli 68, Firenze) la mostra «Astrazione e realtà» del pittore cinese Wang Hongjian. L’esposizione, aperta fino al 30 dicembre, presenta un nucleo di lavori scelti degli ultimi trent’anni della sua produzione: calligrafie e dipinti a inchiostro su carta di riso, in piena tradizione cinese, ma anche disegni a matita e grandi opere di pittura a olio iperrealiste di stampo occidentale. I soggetti ritratti dal maestro sono soprattutto persone umili, spesso contadini ritratti in momenti di fatica, oppure uomini e donne sorpresi nella loro quotidianità. Alla mostra si lega il catalogo Polistampa con testi di Luigi Zangheri, Antonio Natali e Andrea Granchi. Culture Le Signore de’ Medici Anna Maria Luisa e il Patto che vincolò i tesori di famiglia, arazzi compresi Non potendo avere un figlio, diede alla luce una visione, regalando la città che splende nel mondo La madre degli Uffizi Se abbiamo la Venere di Botti- celli è grazie a lei. Se custodia- mo il Giorno e la Notte di Miche- langelo o il David di Donatello, lo dobbiamo al suo acume. Se ogni anno milioni di turisti af- follano gli Uffizi o Palazzo Pitti, è perché lei — Anna Maria Lui- sa, l’ultima dei Medici — non potendo partorire un figlio, dà alla luce una visione: che nulla dei tesori di famiglia «sia tra- sportato e levato fuori dalla ca- pitale». Che quadri e statue, bi- blioteche e gioielli di una dina- stia ormai esausta, rimangano in città per «conservare l’orna- mento dello Stato, l’utilità del pubblico e per attirare la curio- sità dei forastieri». È Maria Lui- sa a regalarci la città che abitia- mo e che splende nel mondo. È lei che — non potendo succede- re agli sciagurati fratelli alla gui- da del regno, e neppure restitui- re il ducato ad una Repubblica cittadina — contratta con i nuo- vi sovrani stranieri il Patto di Fa- miglia, singolare accordo giuri- dico destinato a (ri)mettere il te- soro mediceo nelle mani della città. L’accordo nasce nella voli- tiva testa di questa principessa degna erede degli avi: lo vuole fortissimamente, lo negozia e porta in fondo contro ogni diffi- coltà diplomatica. Quarant’anni prima di Pietro Leopoldo, è Ma- ria Luisa a mettere il bene co- mune al centro dell’azione poli- tica. Lei nasce bella e di animo for- te. È il 1667. La madre – la ca- pricciosa Margherita Luisa d’Or- leans – non avrebbe mai dovuto lasciare la Francia: detesta l’uo- mo che le hanno dato in sorte, i figli che le maturano in grembo, la «misera» città che la rinchiu- de. Così se ne torna in Francia. Sarà la nonna Vittoria della Ro- vere a crescere la nipotina, che «più avanza con l’età, più imbel- lisce». Maria Luisa — prediletta del padre, Cosimo III — è intel- ligente e vivace, cavalca come un uomo, va a caccia e spara. Ma ama anche la musica, conosce il latino; assorbe il bello in cui vi- ve. Lunghe le trattative per ma- ritarla: prima si parla del re del Portogallo, poi del Delfino di Luigi XIV. Ma i forzieri di fami- glia sono vuoti, la dote è scarsa. Il valzer delle alleanze si volge verso l’Austria. È l’imperatore in persona a fare il nome di Gio- vanni Guglielmo di Sassonia, Elettore palatino del Reno, fra- tello dell’imperatrice. Giovanni non è bello, ma è uomo di cultu- ra, e soprattutto sprizza una sor- ridente serenità capace di rega- lare a Maria Luisa la pace mai conosciuta. È il 1691. Nelle lette- re da Dusseldorf, lei si dichiara la «sposa più contenta del mon- do». È vero che ha nostalgia di casa: «Sono stata a Colonia – scrive — ma a voler che queste città paressero belle, bisogne- rebbe non essere nata a Firen- ze». Eppure nei palazzi tedeschi assediati dal ghiaccio, trova una liberazione dalle trame di corte, ra Gonzaga: il tanto atteso «cu- ginino» non nasce. La stirpe è condannata. Ed ecco Maria Luisa tornare a casa: è il 1716, l’Elettore palatino se ne va per un problema di cuo- re, lei decide di riprendere il po- sto accanto al padre, che ha già perso il figlio maggiore ed il fra- tello. La principessa riabbraccia così Firenze: per qualche anno tenta di legare il patriziato fio- rentino alla famiglia, e diviene regolatrice del Consiglio. Un ruolo politico, il suo, forse l’ulti- mo tentativo di legittimare nei fatti la propria candidatura alla guida del regno. Ma niente da fare, nessuno sovrano europeo ha mai preso seriamente l’ipote- si che a regnare possa essere la (sterile) figlia del Granduca: quando Cosimo muore, il de- pravato Gian Gastone sale al tro- no. E mentre Maria Luisa si ri- trova relegata a Villa La Quiete, sono le guerre — e le paci — in continente a decidere il destino della Toscana. Austriaci o Spa- gnoli? Il Granducato è promes- so a Don Carlos, ma alla fine è il vento austriaco a soffiare più forte, e i fiorentini tornano ad essere sudditi del Sacro Roma- no Impero. Gian Gastone è mor- to da neppure due settimane (è il luglio 1737) e le insegne medi- cee scendono dalla porta di Pa- lazzo Vecchio, per far salire quelle di Francesco Stefano di Lorena. Da ora in poi gli ordini vengono da Vienna. Rientrata a Pitti, la stanca e malata vecchia signora si strin- ge in un’ala del palazzo. E men- tre amici e consiglieri si prostra- no verso il nuovo signore di Fi- renze — rappresentato dal prin- cipe di Craon e dalla sua cricca — l’Elettrice trova la forza per inventarsi l’atto destinato a la- sciarla nella Storia: i Lorena sa- ranno solo conservatori, non potranno svuotare la città dei suoi tesori, dei quadri e delle statue, dei cammei, i libri, le an- tichità etrusche ed egiziane, le porcellane, gli arazzi (come Le Storie di Giuseppe, ora riunite a Palazzo Vecchio). Questo regalo fa l’ultima dei Medici alla città, continuando fino alla morte a riordinarne le collezioni d’arte. Con lei, il libro di famiglia si chiude: dopo 300 anni di potere, i Medici si estin- guono. «Datemi un popolano qualunque – aveva detto Cosi- mo il Vecchio – ed io con pochi metri di drappo rosso, ne faccio un gentiluomo». Stirpe di com- mercianti fatti banchieri e con- vertiti in principi, mecenati per proprio diletto più che per pub- blica utilità, questi mercanti ammantati in panno rosso han- no cambiato il corso della Sto- ria, accendendo commerci e in- trighi, stimolando prosperità e feroce dissenso. Hanno finan- ziato il Rinascimento, innalzato un Regno e scagliato la Toscana nel firmamento degli stati euro- pei. Ma l’antico ingegno dei più lungimiranti si è disciolto nel bigottismo vacuo delle ultime generazioni. Il guizzo di Maria Luisa – in qualche misura – ten- ta di pareggiare i conti. Stronca- ta da un tumore, l’Elettrice chiu- de gli occhi nel febbraio del 1743. È Carnevale, e i fiorentini l’accompagnano all’ultimo ripo- so brontolando, perché il corteo funebre ha cancellato il corso mascherato. Così, è Firenze. 12. Fine. Le precedenti punta- te: 28/6; 12-19-27/7; 14/8; 10/9; 3-17-24/10; 8-22/11 @danielacavini © RIPRODUZIONE RISERVATA di Daniela Cavini la follia della madre, la depres- sione del padre, i pianti della nonna, gli scandali dei fratelli, e la minaccia sempre presente dell’estinzione della dinastia… «Qui si sta con molta quiete e unione, e sempre cresce l’affetto dell’Elettore verso di me»: Maria Luisa e Giovanni sono una cop- pia affiatata, lei dà impulso al collezionismo familiare, lui si fa attento mecenate. Molti anni scorrono quieti a corte, fra mu- sica e gite in slitta, caccia e balli. Unica ombra: la sterilità. L’Elet- trice prova di tutto, inclusi i ba- gni termali ad Aquisgrana. Ma niente da fare, né la principessa né i fratelli Ferdinando e Gian Gastone, giù a Firenze, riescono a generare un erede. A nulla vale il disperato tentativo del gran- duca Cosimo di far gettare il cappello cardinalizio al fratello minore Francesco Maria, per coniugarlo alla giovane Eleono- D’Agostino: venite, vi racconto Orsanmichele La direttrice del Bargello ai fiorentini: vi aspetto lunedì, per raccontare le sue bellezze «Priorità alla didattica, inve- ce che alla mostre». Paola D’Agostino, neo direttrice dei musei del Bargello, Cappelle medicee, Orsanmichele, Pa- lazzo Davanzati e Casa Martel- li, pensa che per risollevare le sorti (turistiche soprattutto) dei cosiddetti «musei mino- ri», anche se lei detesta questa definizione, non sia aumenta- re l’offerta culturale ma mi- gliorare la conoscenza che fio- rentini e visitatori hanno di questi patrimoni «schiacciati dalla fama di totem come la Venere di Botticelli o il David». Per questo motivo come primo atto ufficiale da dirigente ap- pena nominata, intende vesti- re anche i panni dell’inse- gnante, tra virgolette, a inizia- re da Orsanmichele: «Faccio un appello ai fiorentini: venite lunedì mattina dalle 10 in Or- sanmichele, sarò lì a raccon- tarvi le sue bellezze». Una spe- cie di «lezione» gratuita, di esperimento di comunicazio- ne e promozione. Ha lavorato molti anni all’estero, anche al Metropolitan di New York, do- ve ha imparato «l’importanza fondamentale dell’aspetto di- dattico» che intende ripropor- re a Firenze «con percorsi e programmi ad hoc» e progetti in sinergia con Uffizi e Accade- mia per orientare i flussi turi- stici attraverso biglietti inte- grati e «strategie di comunica- zione condivise»: «Per gli Uffi- zi le code sono un problema? Vederle qui in via del Procon- solo mi farebbe molto piace- re», scherza. A proposito di flussi turistici: «Un’altra sfida importante sarà parlare con gli operatori del settore e far loro capire la centralità di un mu- seo come questo». Il secondo passo sarà «ridiscutere le con- venzioni con chi realizza spet- tacoli dal vivo» riferendosi al- l’Estate al Bargello con capofila il Florence Dance Festival e le attività musicali dell’Orchestra da Camera di Giuseppe Lan- zetta in Orsanmichele. «Mi piace che i musei siano anche luoghi di spettacolo ma biso- gna rivedere le condizioni». Paola D’Agostino, 43 anni, nata a Napoli, una vita tra Lon- dra, New York e Yale, non si considera «un cervello in fuga, né di ritorno». Perché: «Anche da lontano ho mantenuto sempre un piede in Italia, con- tinuando a lavorare e pubbli- care qui». Si autodefinisce «molto tenace», abbastanza da affrontare «la sfida assai dura di riportare il Bargello al centro dell’attenzione di chi viene a Firenze». Quando se n’è andata dall’università di Yale, dopo aver vinto il concor- so per il Bargello, i suoi stu- denti l’hanno salutata così: «Professoressa, ora lei avrà dal vivo il nostro manuale di storia dell’arte». Edoardo Semmola © RIPRODUZIONE RISERVATA Paola D’Agostino, direttrice del Bargello ma anche delle Cappelle Medicee, Orsanmichele, Palazzo Davanzati e Casa Martelli (foto: Sestini) Protagonista Anna Maria Luisa de’ Medici nel ritratto di Niccolò Cassana Sopra Anna Maria Luisa e Giovanni Guglielmo nel ritratto di Jan Frans van Douven; a destra la Venere agli Uffizi e sotto gli arazzi medicei Su Corriere Fiorentino.it Si può firmare la petizione promossa dalla Fondazione Angeli del Bello per trattenere per sempre a Firenze i 20 arazzi monumentali ospitati a Palazzo Vecchio fino al 15 febbraio 2016 Meno mostre, più didattica Da rivedere gli accordi sugli spettacoli

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Corriere Fiorentino Giovedì 10 Dicembre 2015 FI13

All’Accademia delle arti del disegno la mostra di Wang HongjianUn viaggio lungo trent’anni nella vita quotidianaSi apre oggi nella sala esposizioni dell’Accademia delle Arti del Disegno (via Ricasoli 68, Firenze) la mostra «Astrazione e realtà» del pittore cinese Wang Hongjian. L’esposizione, aperta fino al 30 dicembre, presenta un nucleo di lavori scelti degli ultimi

trent’anni della sua produzione: calligrafie e dipinti a inchiostro su carta di riso, in piena tradizione cinese, ma anche disegni a matita e grandi opere di pittura a olio iperrealiste di stampo occidentale. I soggetti ritratti dal maestro sono

soprattutto persone umili, spesso contadini ritratti in momenti di fatica, oppure uomini e donne sorpresi nella loro quotidianità. Alla mostra si lega il catalogo Polistampa con testi di Luigi Zangheri, Antonio Natali e Andrea Granchi.

Culture

Le Signore de’ Medici Anna Maria Luisa e il Patto che vincolò i tesori di famiglia, arazzi compresiNon potendo avere un figlio, diede alla luce una visione, regalando la città che splende nel mondo

La madre degli UffiziSe abbiamo la Venere di Botti-

celli è grazie a lei. Se custodia-mo il Giorno e la Notte di Miche-langelo o il David di Donatello,lo dobbiamo al suo acume. Seogni anno milioni di turisti af-follano gli Uffizi o Palazzo Pitti,è perché lei — Anna Maria Lui-sa, l’ultima dei Medici — nonpotendo partorire un figlio, dàalla luce una visione: che nulladei tesori di famiglia «sia tra-sportato e levato fuori dalla ca-pitale». Che quadri e statue, bi-blioteche e gioielli di una dina-stia ormai esausta, rimanganoin città per «conservare l’orna-mento dello Stato, l’utilità delpubblico e per attirare la curio-sità dei forastieri». È Maria Lui-sa a regalarci la città che abitia-mo e che splende nel mondo. Èlei che — non potendo succede-re agli sciagurati fratelli alla gui-da del regno, e neppure restitui-re il ducato ad una Repubblicacittadina — contratta con i nuo-vi sovrani stranieri il Patto di Fa-miglia, singolare accordo giuri-dico destinato a (ri)mettere il te-soro mediceo nelle mani dellacittà. L’accordo nasce nella voli-tiva testa di questa principessadegna erede degli avi: lo vuolefortissimamente, lo negozia eporta in fondo contro ogni diffi-coltà diplomatica. Quarant’anniprima di Pietro Leopoldo, è Ma-ria Luisa a mettere il bene co-mune al centro dell’azione poli-tica.

Lei nasce bella e di animo for-te. È il 1667. La madre – la ca-pricciosa Margherita Luisa d’Or-leans – non avrebbe mai dovutolasciare la Francia: detesta l’uo-mo che le hanno dato in sorte, ifigli che le maturano in grembo,la «misera» città che la rinchiu-de. Così se ne torna in Francia.Sarà la nonna Vittoria della Ro-vere a crescere la nipotina, che«più avanza con l’età, più imbel-lisce». Maria Luisa — predilettadel padre, Cosimo III — è intel-ligente e vivace, cavalca comeun uomo, va a caccia e spara. Maama anche la musica, conosce illatino; assorbe il bello in cui vi-

ve. Lunghe le trattative per ma-ritarla: prima si parla del re delPortogallo, poi del Delfino diLuigi XIV. Ma i forzieri di fami-glia sono vuoti, la dote è scarsa.Il valzer delle alleanze si volgeverso l’Austria. È l’imperatore inpersona a fare il nome di Gio-vanni Guglielmo di Sassonia,Elettore palatino del Reno, fra-tello dell’imperatrice. Giovanninon è bello, ma è uomo di cultu-ra, e soprattutto sprizza una sor-ridente serenità capace di rega-lare a Maria Luisa la pace maiconosciuta. È il 1691. Nelle lette-re da Dusseldorf, lei si dichiarala «sposa più contenta del mon-do». È vero che ha nostalgia dicasa: «Sono stata a Colonia –scrive — ma a voler che questecittà paressero belle, bisogne-rebbe non essere nata a Firen-ze». Eppure nei palazzi tedeschiassediati dal ghiaccio, trova unaliberazione dalle trame di corte,

ra Gonzaga: il tanto atteso «cu-ginino» non nasce. La stirpe ècondannata.

Ed ecco Maria Luisa tornare acasa: è il 1716, l’Elettore palatinose ne va per un problema di cuo-re, lei decide di riprendere il po-sto accanto al padre, che ha giàperso il figlio maggiore ed il fra-tello. La principessa riabbracciacosì Firenze: per qualche annotenta di legare il patriziato fio-rentino alla famiglia, e diviene regolatrice del Consiglio. Unruolo politico, il suo, forse l’ulti-mo tentativo di legittimare neifatti la propria candidatura allaguida del regno. Ma niente dafare, nessuno sovrano europeoha mai preso seriamente l’ipote-si che a regnare possa essere la(sterile) figlia del Granduca:quando Cosimo muore, il de-pravato Gian Gastone sale al tro-no. E mentre Maria Luisa si ri-trova relegata a Villa La Quiete,

sono le guerre — e le paci — incontinente a decidere il destinodella Toscana. Austriaci o Spa-gnoli? Il Granducato è promes-so a Don Carlos, ma alla fine è ilvento austriaco a soffiare piùforte, e i fiorentini tornano ad essere sudditi del Sacro Roma-no Impero. Gian Gastone è mor-to da neppure due settimane (èil luglio 1737) e le insegne medi-cee scendono dalla porta di Pa-lazzo Vecchio, per far salirequelle di Francesco Stefano diLorena. Da ora in poi gli ordinivengono da Vienna.

Rientrata a Pitti, la stanca emalata vecchia signora si strin-ge in un’ala del palazzo. E men-tre amici e consiglieri si prostra-no verso il nuovo signore di Fi-renze — rappresentato dal prin-cipe di Craon e dalla sua cricca— l’Elettrice trova la forza perinventarsi l’atto destinato a la-sciarla nella Storia: i Lorena sa-ranno solo conservatori, nonpotranno svuotare la città deisuoi tesori, dei quadri e delle statue, dei cammei, i libri, le an-tichità etrusche ed egiziane, leporcellane, gli arazzi (come Le Storie di Giuseppe, ora riunite aPalazzo Vecchio).

Questo regalo fa l’ultima deiMedici alla città, continuandofino alla morte a riordinarne lecollezioni d’arte. Con lei, il librodi famiglia si chiude: dopo 300anni di potere, i Medici si estin-guono. «Datemi un popolanoqualunque – aveva detto Cosi-mo il Vecchio – ed io con pochimetri di drappo rosso, ne faccioun gentiluomo». Stirpe di com-mercianti fatti banchieri e con-vertiti in principi, mecenati perproprio diletto più che per pub-blica utilità, questi mercantiammantati in panno rosso han-no cambiato il corso della Sto-ria, accendendo commerci e in-trighi, stimolando prosperità eferoce dissenso. Hanno finan-ziato il Rinascimento, innalzatoun Regno e scagliato la Toscananel firmamento degli stati euro-pei. Ma l’antico ingegno dei piùlungimiranti si è disciolto nelbigottismo vacuo delle ultime generazioni. Il guizzo di Maria Luisa – in qualche misura – ten-ta di pareggiare i conti. Stronca-ta da un tumore, l’Elettrice chiu-de gli occhi nel febbraio del1743. È Carnevale, e i fiorentinil’accompagnano all’ultimo ripo-so brontolando, perché il corteofunebre ha cancellato il corsomascherato. Così, è Firenze.

12. Fine. Le precedenti punta-te: 28/6; 12-19-27/7; 14/8; 10/9;3-17-24/10; 8-22/11

@danielacavini© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Daniela Cavini

la follia della madre, la depres-sione del padre, i pianti dellanonna, gli scandali dei fratelli, ela minaccia sempre presentedell’estinzione della dinastia…«Qui si sta con molta quiete eunione, e sempre cresce l’affettodell’Elettore verso di me»: MariaLuisa e Giovanni sono una cop-pia affiatata, lei dà impulso al collezionismo familiare, lui si faattento mecenate. Molti anniscorrono quieti a corte, fra mu-sica e gite in slitta, caccia e balli.Unica ombra: la sterilità. L’Elet-trice prova di tutto, inclusi i ba-gni termali ad Aquisgrana. Maniente da fare, né la principessané i fratelli Ferdinando e GianGastone, giù a Firenze, riesconoa generare un erede. A nulla valeil disperato tentativo del gran-duca Cosimo di far gettare ilcappello cardinalizio al fratellominore Francesco Maria, perconiugarlo alla giovane Eleono-

D’Agostino: venite, vi racconto OrsanmicheleLa direttrice del Bargello ai fiorentini: vi aspetto lunedì, per raccontare le sue bellezze

«Priorità alla didattica, inve-ce che alla mostre». PaolaD’Agostino, neo direttrice dei musei del Bargello, Cappellemedicee, Orsanmichele, Pa-lazzo Davanzati e Casa Martel-li, pensa che per risollevare lesorti (turistiche soprattutto)dei cosiddetti «musei mino-ri», anche se lei detesta questadefinizione, non sia aumenta-re l’offerta culturale ma mi-gliorare la conoscenza che fio-rentini e visitatori hanno diquesti patrimoni «schiacciatidalla fama di totem come laVenere di Botticelli o il David».Per questo motivo come primo

atto ufficiale da dirigente ap-pena nominata, intende vesti-re anche i panni dell’inse-gnante, tra virgolette, a inizia-re da Orsanmichele: «Faccioun appello ai fiorentini: venitelunedì mattina dalle 10 in Or-sanmichele, sarò lì a raccon-tarvi le sue bellezze». Una spe-cie di «lezione» gratuita, diesperimento di comunicazio-ne e promozione. Ha lavoratomolti anni all’estero, anche alMetropolitan di New York, do-ve ha imparato «l’importanzafondamentale dell’aspetto di-dattico» che intende ripropor-re a Firenze «con percorsi e

programmi ad hoc» e progettiin sinergia con Uffizi e Accade-mia per orientare i flussi turi-stici attraverso biglietti inte-grati e «strategie di comunica-zione condivise»: «Per gli Uffi-zi le code sono un problema?Vederle qui in via del Procon-solo mi farebbe molto piace-re», scherza. A proposito diflussi turistici: «Un’altra sfidaimportante sarà parlare con glioperatori del settore e far lorocapire la centralità di un mu-seo come questo». Il secondopasso sarà «ridiscutere le con-venzioni con chi realizza spet-tacoli dal vivo» riferendosi al-

l’Estate al Bargello con capofilail Florence Dance Festival e le attività musicali dell’Orchestrada Camera di Giuseppe Lan-zetta in Orsanmichele. «Mipiace che i musei siano ancheluoghi di spettacolo ma biso-gna rivedere le condizioni».

Paola D’Agostino, 43 anni,nata a Napoli, una vita tra Lon-dra, New York e Yale, non siconsidera «un cervello in fuga,né di ritorno». Perché: «Ancheda lontano ho mantenutosempre un piede in Italia, con-tinuando a lavorare e pubbli-care qui». Si autodefinisce«molto tenace», abbastanza

da affrontare «la sfida assai dura di riportare il Bargello alcentro dell’attenzione di chiviene a Firenze». Quando sen’è andata dall’università diYale, dopo aver vinto il concor-so per il Bargello, i suoi stu-denti l’hanno salutata così:«Professoressa, ora lei avrà dalvivo il nostro manuale di storiadell’arte».

Edoardo Semmola© RIPRODUZIONE RISERVATA

Paola D’Agostino, direttrice del Bargello ma anche delle Cappelle Medicee, Orsanmichele, Palazzo Davanzatie Casa Martelli(foto: Sestini)

ProtagonistaAnna Maria Luisa de’ Medici nel ritratto di Niccolò Cassana

Sopra Anna Maria Luisa e Giovanni Guglielmo nel ritratto di Jan Frans van Douven; a destra la Venere agli Uffizi e sotto gli arazzi medicei

Su CorriereFiorentino.itSi può firmare la petizione promossa dalla Fondazione Angeli del Bello per trattenere per sempre a Firenze i 20 arazzi monumentali ospitati a Palazzo Vecchio fino al 15 febbraio 2016

Meno mostre, più didatticaDa rivederegli accordisuglispettacoli