Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da...

8
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 171 (48.495) Città del Vaticano mercoledì 29 luglio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!/!?!}! la buona notizia Il Vangelo della XVIII Domenica del Tempo ordinario (Matteo 14, 13-21) Spezzare noi stessi Conversazione con Romano Prodi Africa è l’ora del coraggio di SILVIA CAMISASCA U na carriera istituzionale lunga, ai massimi livelli, nazionali ed internazionali, numerosi premi e riconoscimenti, tra cui 39 titoli accademici Honoris Causa, professore alla CEIBS (Chi- na Europe International Business School) di Shanghai, membro dell’Academy of Arts and Sciences (Cambridge, Massachusetts, Usa) e, dal 2008, presidente del Gruppo di lavoro Onu-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa: Romano Prodi è tra i mas- simi conoscitori del continente africano. Ha studiato le complesse dinamiche, i travagli, le promesse che rimbalzano dallo Zimbabwe al Gambia, dal Marocco alle Mauri- tius. Un continente dalle tante ani- me, dal cuore profondo, molto più eterogeneo, variegato e complesso dei 54 Paesi che lo compongono e dell'immagine, parziale e somma- ria, con cui viene frettolosamente raccontato. Un’area del mondo che dagli anni ‘70, secondo il Fondo monetario internazionale, non su- biva una caduta economica simile, e in cui già si concentravano — co- me indica la Banca Mondiale — 23 delle 29 Nazioni a più basso reddi- to. Un’area in cui 26 milioni di persone saranno spinte dalla pan- demia in condizione di estrema povertà, con il Pil pro capite reale ai livelli del 2010. Per non vanifica- re un intero decennio di sviluppo, occorre certamente una spesa ag- giuntiva di miliardi di dollari per gestire l’emergenza, ma occorre, soprattutto, agire, in modo com- patto, sul fronte della cooperazio- ne, con un approccio equilibrato e responsabile. In memoria di Andrew Mlangeni GIULIO ALBANESE A PAGINA 3 Soccorso da Malta il barcone alla deriva con 95 migranti Allerta sbarchi nel Mediterraneo PAGINA 2 «Idiot Prayer» di Nick Cave Un cuore pieno di desiderio MASSIMO GRANIERI A PAGINA 4 Il senso della natura nelle «Contemplazioni» di Silvia Venuti Ascoltando il Creato ELENA BUIA RUTT A PAGINA 5 Colloquio con l’arcivescovo di Lima Solidarietà e creatività GIORDANO CONTU A PAGINA 6 La prefazione del Papa al libro «Comunione e speranza» Testimoniare la fede al tempo del coronavirus PAGINA 8 ALLINTERNO Il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita rilancia l’appello del Papa affinché i giovani si prendano cura degli anziani specie nella pandemia Non lasciateli soli Nell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI di MAURIZIO FONTANA «N on lasciateli soli!». Pre- muroso e preoccupato, il Papa fa proprie le difficoltà dei più deboli in questo tempo segnato dalla pandemia, e pensa ai tanti anziani che, nelle ma- glie del distanziamento sociale, ri- schiano di precipitare nella solitudi- ne e nell’abbandono. In loro soc- corso il Pontefice ha chiamato a raccolta i giovani, che considera collaboratori privilegiati in questa opera, invitandoli «a compiere un gesto di tenerezza verso gli anziani, — ha detto all’Angelus di domenica 26 luglio — soprattutto i più soli, nelle case e nelle residenze, quelli che da tanti mesi non vedono i loro cari. Cari giovani, ciascuno di que- sti anziani è vostro nonno!». L’appello è stato immediatamente raccolto dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, che sul sito (www.laityfamilylife.va) ha avviato la campagna “Ogni anziano è tuo non- no”. Un’iniziativa che, per coinvol- gere maggiormente le nuove genera- zioni, si affida anche alla diffusione su tutti i canali social dell’hashtag #sendyourhug «manda il tuo abbrac- cio». Nel rispetto delle norme sani- tarie in vigore nei diversi Paesi, l’in- vito è quello, molto concreto, fatto dal vescovo di Roma: «Usate la fan- tasia dell’amore, fate telefonate, vi- deochiamate, inviate messaggi, ascol- tateli e, dove possibile nel rispetto delle norme sanitarie, andate anche a trovarli. Inviate loro un abbrac- cio». I post più significativi saranno poi rilanciati dal portale. Già, del re- sto, si legge in un comunicato del Dicastero, in questi mesi molte Con- ferenze episcopali, associazioni e sin- goli fedeli, proprio con «la fantasia dell’amore» hanno trovato il modo per far giungere agli anziani soli la vicinanza della comunità ecclesiale. Ora, si aggiunge, «laddove ciò sia possibile — o quando l’emergenza sanitaria lo permetterà — invitiamo i giovani a rendere ancora più concre- to l’abbraccio, andando a trovare gli anziani di persona». Quello di Francesco è stato un appello forte e al tempo stesso fidu- cioso da parte di chi sente e vive un profondo legame con le giovani ge- nerazioni. Egli stesso, in fondo, si sente un nonno al quale i nipotini possono rivolgersi in qualsiasi mo- mento: come quando durante il viaggio nelle Filippine nel gennaio 2015 la folla lo chiamava Lolo Kiko (“nonno Francesco”) e lui, più vol- te, si disse contento di tale familia- rità. Già, familiarità. Alla base di que- sta premura c’è, infatti, una realtà che, sin dall’inizio del pontificato, Bergoglio ha posto come centrale nel suo magistero, quella della fami- glia. In essa, in particolare, egli ha costantemente sottolineato l’impor- tanza di un ponte tra le generazio- ni, di un’alleanza di vita per la qua- le i giovani portano avanti i sogni degli anziani, i nipoti costruiscono il futuro sulle radici salde dei valori ereditati dai nonni. Di fronte a una società che giudica l’anziano un pe- so, un elemento improduttivo, uno scarto, il Papa è instancabile nel proporre la “ricchezza di anni” co- me un bene prezioso per l’intera co- munità. Gli anziani sono la saggezza della famiglia, non certo un peso inutile; e attraverso la loro esperienza e la loro memoria possono dare un con- tributo alla vita della società. Con- cetti ribaditi a più riprese, nelle omelie, nelle catechesi, durante i viaggi e le visite pastorali, o nel re- cente Sinodo dedicato ai giovani. Ma mai affidandosi a ragionamenti teorici. Quando Francesco parla di questo rapporto tocca sempre la carne della vita, ricorda aneddoti, visualizza con le parole ciò che emerge dalla quotidianità. E usa immagini concrete, come quella elo- quente dell’albero che se staccato dalle radici non cresce, non dà fiori né frutti. «Quello che l’albero ha di fiorito, viene da quello che ha di sotterrato», ha detto domenica scor- casione spiegò: «Le parole dei non- ni hanno qualcosa di speciale per i giovani. Anche la fede si trasmette così, attraverso la testimonianza de- gli anziani che ne hanno fatto il lie- vito della loro vita. Io lo so per esperienza personale. Ancora oggi porto sempre con me, nel breviario, le parole che mia nonna Rosa mi consegnò per iscritto il giorno della mia ordinazione sacerdotale; le leg- go spesso e mi fa bene». E quante volte, trasferendo queste immagini familiari a quella che è la famiglia della Chiesa, Francesco ha parlato di Benedetto XVI, il Papa emerito, come di un nonno affidabile e sa- piente? «È come avere — disse in un’intervista — il nonno saggio a casa». «Ogni anziano è tuo nonno»: l’appello del Papa, nella contingen- za di un periodo così difficile per l’intera società, fa riemergere questo tesoro e rilancia quel ponte fra le generazioni, quel prezioso nesso fra radici e futuro che dona speranza all’umanità. Perché — come disse il Pontefice lo scorso febbraio ai par- tecipanti al congresso «La ricchezza degli anni», organizzato proprio dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita — bisogna guardare gli anziani «con occhi nuovi», perché anche essi, come i giovani e accanto ai giovani, «sono il presente e il do- mani della Chiesa». Scambi di artiglieria tra militari dello Stato ebraico e miliziani di Hezbollah Scontri al confine tra Israele e Libano PAGINA 3 di FRANCESCO PESCE I l modo cristiano di vivere, è spezzare il pane e darlo alle folle, spezzare noi stessi e darsi alle folle, sentire compassione per chi ti segue a piedi, o sui barconi; bisogna proprio osare tra- sformare in sofferenza personale ciò che accade al mondo, altri- menti non ci è lecito pronunciare: “Osiamo dire Padre Nostro” come facciamo nella Santa Messa. L’eucaristia è un modo di vivere, non un rito. Ci chiede di saper vedere nella presenza dell’altro la strada per arrivare a Dio, e nei suoi bisogni, nelle sue fami, nelle sue grida, nei suoi silenzi bagnati dalle lacrime, dobbiamo saper scorgere la voce del Signore che ci chiama. Stiamo tutti molto attenti al rischio di ridurre l’eucaristia a una devozione privata, intimistica, nel rapporto esclusivo tra me e il Si- gnore, dove gli altri, il mondo non ci sono più, anzi sono tenuti ben fuori a distanza. Una cena in un prato con la folla seduta sull’erba. Io sento l’esi- genza di celebrare di più, nelle piazze, nella natura, nelle case, ne- gli ospedali, nelle carceri, fisicamente accanto alla bellezza del crea- to e al dolore dell’uomo. A volte le nostre meravigliose cattedrali, le nostre fastose liturgie rischiano di diventare un luogo per pochi, spazi per alcune élite. Il Signore va verso e rimane dove la fede è semplice e sincera; dove la speranza non è retorica, ma attesa fidu- ciosa di una promessa che si compirà; e dove la carità ascolta il gri- do del povero e tende la mano ad ogni fratello, senza giudizio, condizioni o preferenza di persone. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Queste dodici ceste sono uno straordinario monito per tutti noi, sono un appello urgente per quelli che non erano presenti al ban- chetto. Io vorrei come sacerdote chiedere perdono a quelli che sono ri- masti esclusi dalla cena. Penso ai cristiani ancora oggi perseguitati, che non possono cele- brare l’eucaristia; penso a quelli esclusi dai sacramenti, non poche volte vittime non solo della loro debolezza, ma della nostra durez- za di cuore, che alla misericordia preferisce il giudizio di condanna; penso alle Chiese sparse nel mondo dove il sacerdote arriva solo una volta ogni tanto. Specialmente penso a quelli che erano presenti al banchetto ma sono scappati via, scandalizzati dalle nostre contraddizioni. Queste dodici ceste avanzate sono anche una grande speranza che si fa preghiera: O Signore Gesù, fa che ci sia veramente un posto per tutti, alla Tua mensa e nessuno venga escluso, nessuno sia fuori o abbandonato. Forse allora quello sarà il giorno in cui Lui ritornerà. TEL AVIV, 28. Hezbollah «sta gio- cando con il fuoco». Questa l’accu- sa, durissima, del premier israelia- no, Benjamin Netanyahu, al movi- mento sciita libanese dopo le ten- sioni al confine. Netanyahu ha rife- rito che ieri pomeriggio «un’unità degli Hezbollah è entrata in Israele e che l’esercito ha sventato un at- tacco» dopo un violento scontro a fuoco. «Ogni attacco sarà respinto con forza: Hezbollah ha già fatto un errore nel 2006, gli consiglio di non ripeterlo» ha aggiunto il pre- mier riferendosi all’ultimo conflitto tra Israele e gli sciiti guidati da Hassan Nasrallah. Secondo la ricostruzione fornita dall’esercito israeliano, un gruppo di miliziani appartenenti a Hezbollah avrebbe violato il confine con Israe- le, entrando quindi in territorio israeliano. A quel punto — ha spie- gato il portavoce Hidai Zilberman i militari dello Stato ebraico avrebbero aperto il fuoco. Ne sareb- be scaturito un violento scontro che — stando sempre a Zilberman — non avrebbe provocato vittime né feriti. Secondo lo «Jerusalem Post», sareb- bero stati gli Hezbollah ad aprire il fuoco per primi attaccando una po- stazione militare nei pressi delle fat- torie di Shebaa. Inoltre, l’emittente israeliana Channel 12 ha riferito che alcuni miliziani di Hezbollah sareb- bero stati uccisi — notizia però non confermata da altre fonti. Da parte sua, Hezbollah ha smen- tito di aver violato il confine con Israele e di aver attaccato una posta- zione militare. In un comunicato del movimento sciita si afferma invece che sarebbero stati i militari israelia- ni ad attaccare sparando colpi con- tro abitazioni civili nella zona delle colline di Kfar Shuba e della cittadi- na di Hebbariye. Hezbollah ha inol- tre negato di aver subito vittime. L’Unifil, la missione Onu che monitora la situazione lungo la “li- nea blu” che demarca il confine tra Israele e Libano, ha invitato le parti alla massima moderazione. Il co- mandante dell’Unifil, generale Stefa- no Del Col, ha detto di essere in contatto con Israele e Hezbollah per cercare di placare ulteriori tensioni. Toni duri, invece, sono stati espressi dall’esecutivo libanese. «Difenderemo la nostra terra da ogni aggressione» ha dichiarato il ministro degli Esteri, Nassif Hitti, subito dopo la notizia degli scontri. Hitti ha sottolineato che il Libano «è impegnato a rispettare alla lette- ra la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu», approvata nel 2006 e che prevede il potenzia- mento dell’Unifil per monitorare la cessazione delle ostilità. «Il Libano — ha spiegato Hitti — aderisce alla presenza delle forze Unifil nel Li- bano meridionale senza alcuna mo- difica ai loro compiti e conta sulla comunità internazionale per preser- vare la sicurezza». Purtroppo, le tensioni al confine tra Israele e Li- bano si sono pericolosamente ina- sprite nelle ultime settimane. Pochi giorni fa un drone israeliano è pre- cipitato lungo la “linea blu”; non è ancora chiaro se sia stato abbattuto dagli Hezbollah o se abbia avuto un’avaria. Inoltre, a complicare le cose si sono state anche le recenti ostilità al confine tra Israele e Siria, sulle alture del Golan. Israele ha lanciato diversi raid aerei dopo che alcune esplosioni avevano colpito un’abitazioni civile e un veicolo mi- litare. sa citando i versi del poeta argenti- no Francisco Luis Bernárdez (1900- 1978). Quante volte il Pontefice ha ac- cennato, con discrezione e tenerez- za, al rapporto che lo legava alla cara nonna Rosa? A come lei rega- lasse perle di saggezza e di buon senso al nipotino; a come da lei egli abbia imparato a pregare? In un’oc-

Transcript of Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da...

Page 1: Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI di MAU

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 171 (48.495) Città del Vaticano mercoledì 29 luglio 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+"!"!/!?

!}!

la b

uona

not

izia Il Vangelo della XVIII Domenica del Tempo ordinario (Matteo 14, 13-21)

Spezzare noi stessi

Conversazione con Romano Prodi

Africaè l’ora del coraggio

di SI LV I A CAMISASCA

Una carriera istituzionalelunga, ai massimi livelli,nazionali ed internazionali,

numerosi premi e riconoscimenti,tra cui 39 titoli accademici HonorisCausa, professore alla CEIBS ( C h i-na Europe International BusinessSchool) di Shanghai, membrodell’Academy of Arts and Sciences(Cambridge, Massachusetts, Usa)e, dal 2008, presidente del Gruppodi lavoro Onu-Unione Africanasulle missioni di peacekeeping inAfrica: Romano Prodi è tra i mas-simi conoscitori del continenteafricano. Ha studiato le complessedinamiche, i travagli, le promesseche rimbalzano dallo Zimbabwe al

Gambia, dal Marocco alle Mauri-tius. Un continente dalle tante ani-me, dal cuore profondo, molto piùeterogeneo, variegato e complessodei 54 Paesi che lo compongono edell'immagine, parziale e somma-ria, con cui viene frettolosamenteraccontato. Un’area del mondo chedagli anni ‘70, secondo il Fondomonetario internazionale, non su-biva una caduta economica simile,e in cui già si concentravano — c o-me indica la Banca Mondiale — 23delle 29 Nazioni a più basso reddi-to. Un’area in cui 26 milioni dipersone saranno spinte dalla pan-demia in condizione di estremapovertà, con il Pil pro capite realeai livelli del 2010. Per non vanifica-re un intero decennio di sviluppo,occorre certamente una spesa ag-giuntiva di miliardi di dollari pergestire l’emergenza, ma occorre,soprattutto, agire, in modo com-patto, sul fronte della cooperazio-ne, con un approccio equilibrato eresp onsabile.

In memoriadi Andrew Mlangeni

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 3

Soccorso da Malta il barconealla deriva con 95 migranti

Allerta sbarchinel Mediterraneo

PAGINA 2

«Idiot Prayer» di Nick Cave

Un cuorepieno di desiderio

MASSIMO GRANIERI A PA G I N A 4

Il senso della natura nelle«Contemplazioni» di Silvia Venuti

Ascoltando il Creato

ELENA BUIA RUTT A PA G I N A 5

Colloquiocon l’arcivescovo di Lima

Solidarietà e creatività

GIORDANO CONTU A PA G I N A 6

La prefazione del Papaal libro «Comunione e speranza»

Testimoniare la fedeal tempodel coronavirus

PAGINA 8

ALL’INTERNO

Il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita rilancia l’appello del Papa affinché i giovani si prendano cura degli anziani specie nella pandemia

Non lasciateli soliNell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI

di MAU R I Z I O FO N TA N A

«N on lasciateli soli!». Pre-muroso e preoccupato,il Papa fa proprie le

difficoltà dei più deboli in questotempo segnato dalla pandemia, epensa ai tanti anziani che, nelle ma-glie del distanziamento sociale, ri-schiano di precipitare nella solitudi-ne e nell’abbandono. In loro soc-corso il Pontefice ha chiamato araccolta i giovani, che consideracollaboratori privilegiati in questaopera, invitandoli «a compiere ungesto di tenerezza verso gli anziani,— ha detto all’Angelus di domenica26 luglio — soprattutto i più soli,nelle case e nelle residenze, quelliche da tanti mesi non vedono i lorocari. Cari giovani, ciascuno di que-sti anziani è vostro nonno!».

L’appello è stato immediatamenteraccolto dal Dicastero per i laici, lafamiglia e la vita, che sul sito(www.laityfamilylife.va) ha avviato lacampagna “Ogni anziano è tuo non-no”. Un’iniziativa che, per coinvol-gere maggiormente le nuove genera-zioni, si affida anche alla diffusionesu tutti i canali social dell’hashtag#sendyourhug «manda il tuo abbrac-cio». Nel rispetto delle norme sani-tarie in vigore nei diversi Paesi, l’in-vito è quello, molto concreto, fattodal vescovo di Roma: «Usate la fan-tasia dell’amore, fate telefonate, vi-deochiamate, inviate messaggi, ascol-tateli e, dove possibile nel rispettodelle norme sanitarie, andate anchea trovarli. Inviate loro un abbrac-cio». I post più significativi sarannopoi rilanciati dal portale. Già, del re-sto, si legge in un comunicato delDicastero, in questi mesi molte Con-ferenze episcopali, associazioni e sin-goli fedeli, proprio con «la fantasiadell’amore» hanno trovato il modoper far giungere agli anziani soli lavicinanza della comunità ecclesiale.Ora, si aggiunge, «laddove ciò siapossibile — o quando l’e m e rg e n z asanitaria lo permetterà — invitiamo igiovani a rendere ancora più concre-to l’abbraccio, andando a trovare glianziani di persona».

Quello di Francesco è stato unappello forte e al tempo stesso fidu-cioso da parte di chi sente e vive unprofondo legame con le giovani ge-nerazioni. Egli stesso, in fondo, sisente un nonno al quale i nipotinipossono rivolgersi in qualsiasi mo-mento: come quando durante ilviaggio nelle Filippine nel gennaio2015 la folla lo chiamava Lolo Kiko(“nonno Francesco”) e lui, più vol-te, si disse contento di tale familia-rità.

Già, familiarità. Alla base di que-sta premura c’è, infatti, una realtàche, sin dall’inizio del pontificato,Bergoglio ha posto come centralenel suo magistero, quella della fami-glia. In essa, in particolare, egli hacostantemente sottolineato l’imp or-tanza di un ponte tra le generazio-ni, di un’alleanza di vita per la qua-le i giovani portano avanti i sognidegli anziani, i nipoti costruisconoil futuro sulle radici salde dei valoriereditati dai nonni. Di fronte a unasocietà che giudica l’anziano un pe-so, un elemento improduttivo, unoscarto, il Papa è instancabile nelproporre la “ricchezza di anni” c o-me un bene prezioso per l’intera co-munità.

Gli anziani sono la saggezza dellafamiglia, non certo un peso inutile;e attraverso la loro esperienza e laloro memoria possono dare un con-tributo alla vita della società. Con-cetti ribaditi a più riprese, nelleomelie, nelle catechesi, durante iviaggi e le visite pastorali, o nel re-cente Sinodo dedicato ai giovani.Ma mai affidandosi a ragionamentiteorici. Quando Francesco parla diquesto rapporto tocca sempre lacarne della vita, ricorda aneddoti,visualizza con le parole ciò cheemerge dalla quotidianità. E usaimmagini concrete, come quella elo-quente dell’albero che se staccatodalle radici non cresce, non dà fioriné frutti. «Quello che l’albero ha difiorito, viene da quello che ha disotterrato», ha detto domenica scor-

casione spiegò: «Le parole dei non-ni hanno qualcosa di speciale per igiovani. Anche la fede si trasmettecosì, attraverso la testimonianza de-gli anziani che ne hanno fatto il lie-vito della loro vita. Io lo so peresperienza personale. Ancora oggiporto sempre con me, nel breviario,le parole che mia nonna Rosa miconsegnò per iscritto il giorno dellamia ordinazione sacerdotale; le leg-go spesso e mi fa bene». E quantevolte, trasferendo queste immaginifamiliari a quella che è la famigliadella Chiesa, Francesco ha parlatodi Benedetto XVI, il Papa emerito,come di un nonno affidabile e sa-piente? «È come avere — disse inun’intervista — il nonno saggio acasa».

«Ogni anziano è tuo nonno»:l’appello del Papa, nella contingen-za di un periodo così difficile perl’intera società, fa riemergere questotesoro e rilancia quel ponte fra legenerazioni, quel prezioso nesso fraradici e futuro che dona speranzaall’umanità. Perché — come disse ilPontefice lo scorso febbraio ai par-tecipanti al congresso «La ricchezzadegli anni», organizzato proprio dalDicastero per i laici, la famiglia e lavita — bisogna guardare gli anziani«con occhi nuovi», perché ancheessi, come i giovani e accanto aigiovani, «sono il presente e il do-mani della Chiesa».

Scambi di artiglieria tra militari dello Stato ebraico e miliziani di Hezbollah

Scontri al confine tra Israele e LibanoPAGINA 3

di FRANCESCO PESCE

I l modo cristiano di vivere, è spezzare il pane e darlo alle folle,spezzare noi stessi e darsi alle folle, sentire compassione perchi ti segue a piedi, o sui barconi; bisogna proprio osare tra-

sformare in sofferenza personale ciò che accade al mondo, altri-menti non ci è lecito pronunciare: “Osiamo dire Padre Nostro” comefacciamo nella Santa Messa.

L’eucaristia è un modo di vivere, non un rito. Ci chiede di sapervedere nella presenza dell’altro la strada per arrivare a Dio, e neisuoi bisogni, nelle sue fami, nelle sue grida, nei suoi silenzi bagnatidalle lacrime, dobbiamo saper scorgere la voce del Signore che cichiama.

Stiamo tutti molto attenti al rischio di ridurre l’eucaristia a unadevozione privata, intimistica, nel rapporto esclusivo tra me e il Si-gnore, dove gli altri, il mondo non ci sono più, anzi sono tenutiben fuori a distanza.

Una cena in un prato con la folla seduta sull’erba. Io sento l’esi-genza di celebrare di più, nelle piazze, nella natura, nelle case, ne-gli ospedali, nelle carceri, fisicamente accanto alla bellezza del crea-to e al dolore dell’uomo. A volte le nostre meravigliose cattedrali,le nostre fastose liturgie rischiano di diventare un luogo per pochi,spazi per alcune élite. Il Signore va verso e rimane dove la fede è

semplice e sincera; dove la speranza non è retorica, ma attesa fidu-ciosa di una promessa che si compirà; e dove la carità ascolta il gri-do del povero e tende la mano ad ogni fratello, senza giudizio,condizioni o preferenza di persone.

Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodiciceste piene.

Queste dodici ceste sono uno straordinario monito per tutti noi,sono un appello urgente per quelli che non erano presenti al ban-chetto.

Io vorrei come sacerdote chiedere perdono a quelli che sono ri-masti esclusi dalla cena.

Penso ai cristiani ancora oggi perseguitati, che non possono cele-brare l’eucaristia; penso a quelli esclusi dai sacramenti, non pochevolte vittime non solo della loro debolezza, ma della nostra durez-za di cuore, che alla misericordia preferisce il giudizio di condanna;penso alle Chiese sparse nel mondo dove il sacerdote arriva solouna volta ogni tanto.

Specialmente penso a quelli che erano presenti al banchetto masono scappati via, scandalizzati dalle nostre contraddizioni.

Queste dodici ceste avanzate sono anche una grande speranzache si fa preghiera: O Signore Gesù, fa che ci sia veramente un postoper tutti, alla Tua mensa e nessuno venga escluso, nessuno sia fuori oabbandonato.

Forse allora quello sarà il giorno in cui Lui ritornerà.

TEL AV I V, 28. Hezbollah «sta gio-cando con il fuoco». Questa l’accu-sa, durissima, del premier israelia-no, Benjamin Netanyahu, al movi-mento sciita libanese dopo le ten-sioni al confine. Netanyahu ha rife-rito che ieri pomeriggio «un’unitàdegli Hezbollah è entrata in Israelee che l’esercito ha sventato un at-tacco» dopo un violento scontro afuoco. «Ogni attacco sarà respintocon forza: Hezbollah ha già fattoun errore nel 2006, gli consiglio dinon ripeterlo» ha aggiunto il pre-mier riferendosi all’ultimo conflittotra Israele e gli sciiti guidati daHassan Nasrallah.

Secondo la ricostruzione fornitadall’esercito israeliano, un gruppo dimiliziani appartenenti a Hezbollahavrebbe violato il confine con Israe-le, entrando quindi in territorioisraeliano. A quel punto — ha spie-

gato il portavoce Hidai Zilberman— i militari dello Stato ebraicoavrebbero aperto il fuoco. Ne sareb-be scaturito un violento scontro che— stando sempre a Zilberman — nonavrebbe provocato vittime né feriti.Secondo lo «Jerusalem Post», sareb-bero stati gli Hezbollah ad aprire ilfuoco per primi attaccando una po-stazione militare nei pressi delle fat-torie di Shebaa. Inoltre, l’emittenteisraeliana Channel 12 ha riferito chealcuni miliziani di Hezbollah sareb-bero stati uccisi — notizia però nonconfermata da altre fonti.

Da parte sua, Hezbollah ha smen-tito di aver violato il confine conIsraele e di aver attaccato una posta-zione militare. In un comunicato delmovimento sciita si afferma inveceche sarebbero stati i militari israelia-ni ad attaccare sparando colpi con-tro abitazioni civili nella zona delle

colline di Kfar Shuba e della cittadi-na di Hebbariye. Hezbollah ha inol-tre negato di aver subito vittime.

L’Unifil, la missione Onu chemonitora la situazione lungo la “li -nea blu” che demarca il confine traIsraele e Libano, ha invitato le partialla massima moderazione. Il co-mandante dell’Unifil, generale Stefa-no Del Col, ha detto di essere incontatto con Israele e Hezbollah percercare di placare ulteriori tensioni.

Toni duri, invece, sono statiespressi dall’esecutivo libanese.«Difenderemo la nostra terra daogni aggressione» ha dichiarato ilministro degli Esteri, Nassif Hitti,subito dopo la notizia degli scontri.Hitti ha sottolineato che il Libano«è impegnato a rispettare alla lette-ra la risoluzione 1701 del Consigliodi Sicurezza dell’Onu», approvatanel 2006 e che prevede il potenzia-

mento dell’Unifil per monitorare lacessazione delle ostilità. «Il Libano— ha spiegato Hitti — aderisce allapresenza delle forze Unifil nel Li-bano meridionale senza alcuna mo-difica ai loro compiti e conta sullacomunità internazionale per preser-vare la sicurezza». Purtroppo, letensioni al confine tra Israele e Li-bano si sono pericolosamente ina-sprite nelle ultime settimane. Pochigiorni fa un drone israeliano è pre-cipitato lungo la “linea blu”; non èancora chiaro se sia stato abbattutodagli Hezbollah o se abbia avutoun’avaria. Inoltre, a complicare lecose si sono state anche le recentiostilità al confine tra Israele e Siria,sulle alture del Golan. Israele halanciato diversi raid aerei dopo chealcune esplosioni avevano colpitoun’abitazioni civile e un veicolo mi-l i t a re .

sa citando i versi del poeta argenti-no Francisco Luis Bernárdez (1900-1978).

Quante volte il Pontefice ha ac-cennato, con discrezione e tenerez-

za, al rapporto che lo legava allacara nonna Rosa? A come lei rega-lasse perle di saggezza e di buonsenso al nipotino; a come da lei egliabbia imparato a pregare? In un’o c-

Page 2: Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI di MAU

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 29 luglio 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSONon praevalebunt

Città del Vaticano

o r n e t @ o s s ro m .v aw w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAdirettore responsabile

Giuseppe Fiorentinov i c e d i re t t o re

Piero Di Domenicantoniocap oredattore

Gaetano Vallinisegretario di redazione

Servizio vaticano: [email protected] internazionale: [email protected] culturale: [email protected] religioso: [email protected]

Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 [email protected] w w w. p h o t o .v a

Segreteria di redazionetelefono 06 698 83461, 06 698 84442

fax 06 698 83675segreteria.or@sp c.va

Tipografia VaticanaEditrice L’Osservatore Romano

Tariffe di abbonamentoVaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198Europa: € 410; $ 605Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665America Nord, Oceania: € 500; $ 740Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):telefono 06 698 99480, 06 698 99483fax 06 69885164, 06 698 82818,[email protected] diffusione.or@sp c.vaNecrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675

Concessionaria di pubblicità

Il Sole 24 Ore S.p.A.System Comunicazione Pubblicitaria

Sede legaleVia Monte Rosa 91, 20149 Milanotelefono 02 30221/3003fax 02 30223214

s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

Di fronte all’impennata di casi ad Anversa decretato il coprifuoco notturno

Non si fermano i contagi in Europae tornano le misure restrittive

Soccorso da Malta il barcone alla deriva con 95 migranti

Allerta sbarchinel Mediterraneo

BRUXELLES, 28. Ancora contagi dacovid-19 in Europa. Dinanzi all’im-pennata di casi, il Belgio torna a re-stringere le misure sanitarie. Il pre-mier, Sophie Wilmes, dopo la riu-nione del Consiglio nazionale di si-curezza, ha annunciato che il nume-ro di persone che è possibile fre-quentare ogni settimana, si restringeda 15 a 5, e viene ridotta la parteci-pazione ad eventi al chiuso (massi-mo cento persone) e all’aperto (mas-simo duecento).

Inoltre, è obbligatorio andare dasoli a fare la spesa nei supermercatio acquisti nei negozi, viene esteso iltracciamento a centri sportivi e salo-ni di benessere e viene raccomanda-to il telelavoro. «Queste misure ser-vono ad evitare un nuovo lockdo-wn», ha avvertito il premier.

Ad Anversa, però, le autorità loca-li hanno imposto un coprifuoco not-turno, tra le 23.30 e le 6 del mattino,durante il quale si dovrà restare acasa, tranne che per gli spostamentiessenziali come andare al lavoro oall’ospedale. Nella provincia di An-versa si concentra, infatti, il 47 percento dei nuovi contagi in Belgio.

In tutto il Paese i casi sono in au-mento del 71 per cento.

Situazione molto difficile anche inGermania. Il Governo di Berlino hadeciso che chi torna in Germania daPaesi a rischio coronavirus in futuroavrà l’obbligo di farsi fare il tampo-ne per verificare l’eventuale contagioda covid-19. Lo ha detto il ministrodella Salute, Jens Spahn, alla agen-zia Dpa. Il test sarà gratuito.

Sono più di ventimila i decessinell’Europa centro-orientale dall’ini-zio della pandemia. Lo si evince daidati ufficiali delle autorità nazionalidella regione, raccolti dall’O rganiz-zazione mondiale della sanità (Oms)e aggiornati a ieri, in base ai quali iltotale di morti per covid-19 nella re-gione è a quota 20.163. A registrareil numero più alto di decessinell’area è la Germania, che al 27 lu-glio ha toccato quota 9.118. Segue adistanza la Romania (2.187 vittimecollegate al virus), uno dei Paesi del-la regione più colpiti dall’epidemia,in particolare nelle ultime settimane.A ridosso Polonia (1671) e Ucraina

(1616). Il Paese che ne conta di me-no è la Slovacchia (solo 28 decessi),seguita da Lettonia (31) e Montene-gro (42), Paese, quest’ultimo, doveda alcune settimane si sta verifican-do una dura recrudescenza dell’epi-demia e un aumento delle vittime,dopo che Podgorica aveva inveceannunciato già a inizio giugno di es-sere riuscita a mettere sotto controllola diffusione del virus. In rapportoalla popolazione, è la Repubblica diMacedonia del Nord il Paesedell’Europa centro-orientale e deiBalcani ad aver registrato più decessiper ogni milione di abitanti (221).

Sono invece oltre 300.000, per laprecisione 300.111, i casi di covid-19registrati in Gran Bretagna dall’ini-zio dell’emergenza sanitaria. Lo hariferito il Dipartimento della Salutebritannico, dando notizia di 685nuove positività al virus individuatenelle ultime ore.

In Italia, il presidente del Consi-glio dei ministri, Giuseppe Conte,chiederà oggi al Parlamento la pro-roga dello stato d’emergenza che sa-rà votato prima in Senato e poi do-mani alla Camera. E stasera è previ-sta la riunione del Comitato intermi-nisteriale per gli Affari europei sulRecovery fund. Circa i contagi, inve-ce, questi risultano in netto calo: 170in un giorno.Personale addetto ai controlli anti-covid a Bruxelles (Reuters)

ROMA, 28. Non si allenta l’allertasbarchi nel Mediterraneo. Il barco-ne con 95 migranti alla deriva nelMediterraneo è stato soccorso ieridalle forze maltesi, 30 ore dopo laprima allerta lanciata dalle ong.Resta invece ancora senza assisten-za un’altra imbarcazione con 45migranti a bordo.

Intanto, la guardia costiera turcaha soccorso nel mar Egeo 43 mi-granti a bordo di un barcone indifficoltà. L’intervento è stato con-dotto al largo della costa di Madranel distretto di Dikili, nella provin-cia di Smirne, di fronte all’isola

greca di Lesbo, dove il barcone eradiretto. Ankara ha accusato i guar-dacoste di Atene di aver respinto imigranti in mare. Le autorità elle-niche hanno smentito. Le personesoccorse sono state trasferite incentri di detenzione temporanea.

In Italia, 43 migranti ieri sera so-no stati trasferiti dall’hotspot diLampedusa in una struttura d’acco-glienza a Palermo. La prefettura diAgrigento, provando ad alleggerirele presenze nella struttura di Lam-pedusa, ha pianificato questa mat-tina il trasferimento, sempre con lamotonave di linea, di altre 200 per-sone che in seguito, giunte a PortoEmpedocle, verranno caricate supullman con destinazione alcunicentri d’accoglienza in Molise.

Nel frattempo, il governo italia-no ha annunciato ieri l’inviodell’esercito per presidiare i centrid’accoglienza migranti, dopo le fu-ghe di massa avvenute a Pian delLago nel Nisseno e a Porto Empe-docle nell’Agrigentino. «È inconce-pibile che qualcuno pensi di andar-sene in giro senza rispettare la qua-rantena» ha detto il ministro degliesteri Luigi Di Maio.

«Dal punto di vista sanitario, lasituazione è sotto controllo: tutti itest sierologici sono risultati negati-vi e così i tamponi fin qui eseguitisui migranti, sia a Porto Empedo-cle sia a Lampedusa, grazie all’im-pegno profuso dalla Regione Sici-liana» ha dichiarato il Viminale.Inoltre sarà presto operativa unanuova nave di grandi dimensionida destinare allo svolgimento dellaquarantena obbligatoria per i mi-granti sbarcati.In Libano

il governo annunciail lockdown

per due settimane

BE I R U T, 28. Torna il lockdown in Li-bano. Il governo ha deciso di impor-re una chiusura semi-totale delle at-tività lavorative, economiche e cultu-rali in tutto il Paese nei prossimi duefine settimana a causa di una recru-descenza di casi positivi di coronavi-rus nell’ultimo mese.

Le attività dovranno chiudere dal30 luglio al 3 agosto prossimi, incorrispondenza con la Festa del sa-crificio (Id al Adha), una delle prin-cipali ricorrenze nel calendario isla-mico, che si tiene dal 6 al 10 agosto.

Durante il lockdown — in base aquanto definito dal governo — re s t e -ranno chiuse società del settore pri-vato, banche e molte attività com-merciali, oltre a locali e mercati pub-blici. Saranno vietati inoltre assem-bramenti per motivi religiosi, funera-li e matrimoni. Ristoranti e bar re-steranno aperti, ma al 50 per centodella loro capacità. Misure più preci-se sugli spostamenti tra regioni eall’estero saranno annunciate neiprossimi giorni.

Da febbraio a oggi si sono regi-strati in Libano circa 1.700 casi posi-tivi e 51 decessi attribuiti al covid-19.Nelle ultime settimane si sono regi-strati circa la metà dei casi contatida febbraio a giugno. L’aeroporto diBeirut, aperto dal 1 luglio ma chefunziona al 10 per cento della suacapacità tradizionale, rimarrà funzio-nante per far rientrare i numerosi li-banesi che vivono e lavoranoall’e s t e ro .

Per stemperare le tensioni al confine tra Armenia e Azerbaigian

Putin ed Erdoğan a colloquio sul Caucaso

Il cratere formato dall’esplosione di una bomba al confine tra Armenia e Azerbaigian (Afp)

Nei primi sei mesi dell’anno uccisi oltre 1.280 civili, tra cui 340 minori

Afghanistan: la violenza colpisce soprattutto i bambini

Più di 900 donnescomparse in Perú

nel lockdownLIMA, 28. Oltre 900 donne e ragaz-ze sono scomparse in Perú daquando è iniziato il confinamentoper il coronavirus, e si teme possa-no aver perso la vita in episodi diviolenza domestica. Lo ha riferitoieri Eliana Revollar che guida l’uf-ficio per i diritti delle donne delDifensore civico nazionale. «Du-rante la quarantena, dal 16 marzoal 30 giugno, 915 donne in Perú so-no state segnalate come disperse» esi teme che siano morte, ha spiega-to Revollar. Prima della pandemiadi coronavirus ogni giorno nel Pae-se sparivano in media 5 donne, di-ventate 8 al giorno dall’inizio dellaquarantena. Con 33 milioni di abi-tanti, il Perú ha registrato fino a ie-ri oltre 389.000 casi di coronaviruse 18.418 morti. È il terzo Paese conil maggior numero di infezioni edecessi in America Latina dopoBrasile e Messico.

L’Argentina ha superato nelle ul-time ore la soglia dei 3.000 decessiper il coronavirus. il ministro dellaSanità, Ginés González García, haammesso che il Paese «sta attraver-sando un momento difficile».

In Bolivia la presidente ad inte-rim, Jeanine Áñez, ha annunciatoieri di essersi ripresa da una formaasintomatica del virus e di essere ingrado di tornare al lavoro.

Trump spingealcuni Stati

alla riaperturaWASHINGTON, 28. Il presidentestatunitense, Donald Trump, ètornato a fare pressioni sui gover-natori di alcuni Stati perché que-sti adottino misure di allentamen-to delle restrizioni imposte perfar fronte alla diffusione del co-vid-19. «Credo davvero che moltigovernatori dovrebbero aprire gliStati che non stanno aprendo»,ha affermato Trump senza peròfare nomi. Il richiamo, fatto du-rante la visita a un centro biotechin Carolina del Nord, giunge no-nostante i contagi e i decessi ri-conducibili a complicazioni dovu-te al covid-19 siano in continuacrescita nel Paese. Sono stati57.039 i nuovi casi e 679 le vittimeregistrati dalla Johns HopkinsUniversity nelle 24 ore compresetra la sera di domenica e quelladi lunedì. Il messaggio dell’inqui-lino della Casa Bianca è, ancorauna volta, in netto contrasto conle indicazioni provenienti dalle fi-gure di spicco della task force na-zionale per il coronavirus. Esperticome il virologo Anthony Fauci,infatti, ritengono che gli Stati conun numero elevato di casi dovreb-bero pensare a nuove misure dilockdown. Il presidente Usa si èpoi soffermato sugli «enormi pro-gressi» compiuti nel Paese sulfronte vaccini, assicurando che«l’America svilupperà un vaccinomolto presto e sconfiggerà il vi-rus. Arriverà in tempi record».

MOSCA, 28. I presidenti della Rus-sia e della Turchia, Vladimir Putine Recep Tayyip Erdoğan, hannodiscusso ieri telefonicamente dellerecenti tensioni armate al confinetra Armenia e Azerbaigian, nellaregione del Caucaso. Lo hanno re-so noto fonti del Cremlino, preci-sando che i due capi di Stato«hanno espresso il loro interesse arisolvere la situazione di conflittoesclusivamente in modo pacifico,attraverso negoziati, e la loro di-sponibilità a coordinare gli sforziper l’obiettivo della stabilità regio-nale».

La notizia del colloquio tra Pu-tin ed Erdoğan arriva dopo la de-nuncia armena dell’uccisione di unsuo soldato al confine azero. Gliscontri tra le forze armate di Arme-nia e Azerbaigian si sono riaccesi ametà luglio, provocando 19 mortitra i due schieramenti. Combatti-menti che rappresentano una nuovaescalation di una decennale disputaterritoriale tra Erevan e Baku sullaregione del Nagorno-Karabakh. Irecenti scontri sono però avvenutiad alcune centinaia di chilometrida quella zona.

La Russia è in buoni rapporticon l’Azerbaigian, ma ancora dipiù con l’Armenia, che fa partedell’alleanza militare “Csto”, a tra-zione russa. La Turchia è invece al-leata dell’Azerbaigian, ma le sue re-lazioni con Mosca negli ultimi annisono nettamente migliorate.

Il conflitto tra armeni e azeri eb-be inizio nel 1988, con rivendica-zioni separatiste nel Nagorno-Kara-bakh, la cui popolazione era costi-tuita per tre quarti da armeni. Lasituazione sfociò nel 1991 in unasanguinosa guerra tra l’Azerbaigian

e l’Armenia che causò non meno di30.000 vittime. Il conflitto si con-cluse con gli accordi per il cessateil fuoco firmati a Bishkek (Kyrgyz-stan) nel 1994, e da quel momentoil territorio rimase sotto l’o ccupa-zione militare dell’Armenia.

KABUL, 28. Solo nei primi 6 mesidell’anno, in Afghanistan sono statiuccisi 1.282 civili e altri 2.176 sonorimasti feriti: Il drammatico dato ècontenuto in un rapporto della“Unama”, la missione delle NazioniUnite in Afghanistan. Tra le vittimesi contano anche 340 bambini ucci-si e altri 727 feriti.

«In un momento in cui il Gover-no afghano e i talebani hannoun’opportunità storica di sedersi altavolo dei negoziati per i colloquidi pace, la tragica realtà è che icombattimenti continuano a inflig-

gere ogni giorno terribili danni aicivili», ha affermato DeborahLyons, rappresentante speciale delPalazzo di Vetro per l’Afghanistan.

A causare il maggior numero divittime, come si legge nel rapporto,sono forze antigovernative, ovverotalebani e i miliziani del sedicentestato islamico (Is), responsabili del58 per cento delle vittime.

Le forze filogovernative sono in-vece ritenute responsabili del 23 percento dei civili uccisi o feriti. I datisegnalano comunque un calo del 13per cento di morti e feriti rispetto

allo stesso periodo del 2019. Inol-tre, il rapporto della “Unama” se-gnala un numero inferiore di com-battimenti da parte delle forze ar-mate internazionali e dell’Is.

La pubblicazione del rapportodella missione delle Nazioni Unitearriva mentre prosegue lo stallo ne-gli sforzi messi in atto per raggiun-gere la pace nel martoriato Afgha-nistan, a causa delle divergenze suun programma di rilascio di prigio-nieri che deve essere concordato trail governo di Kabul e i talebani.

Con l’obiettivo di spianare lastrada ai colloqui di pace interni inAfghanistan, lo scorso febbraio, gliStati Uniti hanno firmato un accor-do con i talebani a Doha, preve-dendo il ritiro delle truppe interna-zionali e uno scambio di prigionie-ri. Il Dipartimento di Stato ameri-cano ha dichiarato sabato che l’in -viato di Washington per la riconci-liazione afghana, Zalmay Khalilzad,è partito per visitare Doha e Kabul,dove farà pressioni sulle autoritàper uno «scambio finale di prigio-nieri e riduzione della violenza».

Page 3: Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI di MAU

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 29 luglio 2020 pagina 3

Figura storica della lotta all’apartheid in Sud Africa

In memoriadi Andrew Mlangeni

L’Africa ha da sempre i suoieroi di cui è importante fa-re memoria perché, come è

avvenuto nella storia degli altri con-tinenti, nel proprio passato vantanon pochi personaggi che hannolasciato il segno. L’ultimo a esserepassato a miglior vita è il celebreattivista anti-apartheid sudafricanoAndrew Mlangeni che si è spento lascorsa settimana alla veneranda etàdi 95 anni, nell’ospedale militare diPretoria, dove era ricoverato dal 14luglio scorso, a seguito di complica-zioni non meglio precisate.

Chi scrive ebbe modo di incon-trarlo negli anni ‘90, durante ilmandato presidenziale del premioNobel per la Pace Nelson Ro-lihlahla Mandela, detto anche Ma-diba. Quella di Mlangeni è statacertamente una vita rocambolescache lo scrittore sudafricano MandlaMathebula descrisse molto bene inuna biografia dal titolo «BackroomBoy» (Paperback, 2017).

La notizia della scomparsa diMlangeni ha suscitato sentimenti diprofondo cordoglio in tutto il Pae-se. Il presidente sudafricano CyrilRamaphosa in un tweet ha dichia-rato «di aver appreso con profondatristezza la notizia della sua scom-parsa nella notte» tra martedì emercoledì scorsi. La sua morte, allaprova dei fatti, «segna la fine diuna generazione e mette il nostrofuturo nelle nostre mani», ha com-mentato poi il presidente Rama-phosa. In effetti è stato un perso-naggio che ha lottato contro la se-gregazione razziale entrando a farparte nel 1963, appena rientrato daun corso di addestramento militarein Cina, dell’alto comando del mo-vimento armato Umkhonto we Sizwe(“Lancia della Nazione” nelle lin-gue Zulu e Xhosa), dell’AfricanNational Congress (Anc). Una mili-tanza che durò fin quando la poli-zia sudafricana organizzò una retatain una fattoria del sobborgo di Ri-vonia, non lontano da Johanne-sburg. Tredici leader, bianchi e neri,dell’Anc e della Umkhonto we Sizwe,vennero arrestati. Tra loro vi era an-che Mlangeni. Poco prima, avevasubito la stessa sorte il grande Ma-diba. Il regime di Pretoria era deci-so a condannare a morte questicombattenti per la libertà: non solocome monito ai loro sostenitori maanche per decapitare il movimentodi liberazione. Teniamo presenteche il contesto era quello di unPaese, il Sud Africa, in cui i gruppietnici autoctoni afro costituivanonel complesso l’80 per cento dellapopolazione e nel quale la discrimi-nazione aveva raggiunto livelli a dirpoco aberranti: dalla legge cheproibiva agli afro di utilizzare lemedesime strutture pubbliche deibianchi (le sale d’attesa, le fontane,i marciapiedi), a quella che consen-tiva loro di frequentare i quartieribianchi solo utilizzando speciali la-sciapassare; dal divieto dei matri-moni interraziali alla legge che con-siderava i rapporti sessuali tra bian-chi e afro un reato penalmente per-seguibile. Le vicende del celebreprocesso intentato nel 1963 e con-clusosi l’anno dopo, contro il leaderdel movimento anti-apartheid e isuoi seguaci passò alla storia comeil processo di Rivonia e gli imputativennero condannati all’e rg a s t o l o .Mlangeni finì a Robben Island eclassificato come detenuto con il

numero 467/64; la sua cella eraquella accanto al numero 466/64,ovvero Nelson Mandela. Vennerorilasciati, com’è noto, dopo avertrascorso 26 lunghi anni dietro lesbarre. Successivamente, Mlangeni,personalità sempre molto schiva —amava definirsi un “uomo dietro lequinte” — divenne membro del par-lamento sudafricano, presidentedella commissione per l’integritàdell’Anc e poi fondatore della fon-dazione “June e Andrew Mlange-ni”. Con la scomparsa di AhmedKathrada (marzo 2017) e DenisGoldberg (aprile 2020) Mlangeniera l’unico imputato del processo diRivonia ancora in vita. È stato«l’ultimo monumento di una gene-razione coraggiosa di sudafricaniche hanno rinunciato alla loro li-bertà, alle loro carriere, alla loro vi-ta familiare e alla loro salute affin-ché fossimo tutti liberi», ha com-mentato l’arcivescovo anglicano,Desmond Tutu, vincitore del pre-mio Nobel per la pace. «Ora spettaai giovani — ha aggiunto — r i p re n -dere il testimone che hanno tenutoe terminare il cammino».

Lungi da ogni retorica, Mlangeniha rappresentato, per chi ha avutoil dono di conoscerlo da vicino, unpersonaggio che ha condiviso pro-fondamente la visione di Mandela,quella del nuovo Sud Africa. Con-divise, in particolare, con Madibal’incomprensione profusa in più cir-costanze dai reazionari e dai pro-gressisti. I primi li accusarono diessere esponenti del terrorismo co-munista; mentre i secondi li giudi-carono troppo frettolosi e ingenuinel voler negoziare la pace con i so-stenitori dell’apartheid. Sta di fattoche per la loro moderazione e lascelta nonviolenta, maturata neilunghi anni di carcere, ottennero ilplauso internazionale. Mlangeni,come d’altronde Mandela, credeva-no fermamente nei diritti dei popoliafro, sostenendo al contempo la ne-cessità di affermare l’unità naziona-le, attraverso una piattaforma con-divisa sulla verità e la riconciliazio-ne. Ambedue non vollero che i lorocarcerieri soffrissero il loro stessodestino, quelle orribili nefandezzeche essi avevano subito. ComeMandela, Mlangeni era fermamenteconvinto che per garantire la libera-zione e il riscatto dei gruppi etniciafro, era necessario evitare che lavendetta prendesse il sopravvento.Mlangeni fece sue, davvero sue,queste memorabili parole di Man-dela, condividendole fino in fondo,con il cuore e con la mente: «Hocombattuto contro la dominazionebianca e ho combattuto contro ladominazione nera. Ho accarezzatol’ideale di una società democraticae libera in cui tutte le persone viva-no insieme in armonia e con pariopportunità. È un ideale per il qua-le spero di vivere e che spero diraggiungere. Ma, se sarà necessario,è un ideale per il quale sono prontoa morire».

Conversazione con Romano Prodi

Africa, è l’ora del coraggiodi SI LV I A CAMISASCA

Una carriera istituzionale lun-ga, ai massimi livelli, nazio-nali e internazionali, nume-

rosi premi e riconoscimenti, tra cui39 titoli accademici Honoris Causa,professore alla CEIBS (China EuropeInternational Business School) diShanghai, membro dell’Academy ofArts and Sciences (Cambridge, Mas-sachusetts, Usa) e, dal 2008, presi-dente del Gruppo di lavoro Onu-Unione Africana sulle missioni dipeacekeeping in Africa: Romano Pro-di è tra i massimi conoscitori delcontinente africano. Ha studiato lecomplesse dinamiche, i travagli, lepromesse che rimbalzano dallo Zim-babwe al Gambia, dal Marocco alleMauritius. Un continente dalle tanteanime, dal cuore profondo, moltopiù eterogeneo, variegato e comples-so dei 54 Paesi che lo compongonoe dell’immagine, parziale e somma-ria, con cui viene frettolosamenteraccontato. Un’area del mondo chedagli anni ‘70, secondo il Fondomonetario internazionale, non subi-va una caduta economica simile, ein cui già si concentravano — comeindica la Banca Mondiale — 23 delle29 Nazioni a più basso reddito.Un’area in cui 26 milioni di personesaranno spinte dalla pandemia incondizione di estrema povertà, conil Pil pro capite reale ai livelli del2010. Per non vanificare un intero

presentante dell’Unione africana peri partenariati con l’Europa — l’Africagarantisca oggi, su scala mondiale, ilmiglior ritorno di investimento.

Dopo la disgregazione del blocco sovie-tico, gli occhi dell’Europa hanno guar-dato a nord-est, trascurando che unastrategia, elaborata e articolata, per ilMediterraneo è una assoluta priorità,soprattutto, per l’Italia. Come rivolger-si, presidente, ora all’Africa, o meglio,alle Afriche?

Alle "Afriche", dice bene, perchédal Maghreb al Sahel, passando perle regioni sub-sahariane, i volti delcontinente presentano tratti di gran-de specificità. Tuttavia, in ogni caso,nel rivolgerci al continente e ai po-poli africani dobbiamo essere guida-ti da serietà e prudenza. Sono evi-denti, infatti, caratteristiche comuni,a cominciare dal basso livello di svi-luppo. Anche qui, occorre introdur-re dei distinguo: penso ai progressiin corso in Etiopia, a cui, però, fan-no da contrasto realtà di assolutastaticità, per le quali è difficile trac-ciare prospettive di crescita.

Soprattutto laddove l’instabilità politicacrea tensioni e conflitti.

Qui si arriva al secondo aspettoche contraddistingue il continente,ovvero la mancanza di democrazieveramente compiute. Con un’e s p re s -sione anglosassone, diciamo che esi-ste un problema di governance che si

tero continente, a seguito della guer-ra libica, che ha agito da detonatore,la loro diffusione ha raggiunto an-che Paesi finora estranei a questiestremismi. Un’excalation preo ccu-pante, sia in termini di intensità, chedi estensione geografica.

Un’excalation aggravata dall’urbaniz-zazione selvaggia di diverse megalopoli.

Questo è uno dei volti dell’Africache più mi preoccupa. La mancanzadi sevizi igienici dignitosi, l’assenzadi presidi sanitari, il riversamentodegli abitanti dei villaggi rurali nelle

barriere tra i singoli Paesi, a comin-ciare dall’abbassamento di quelledoganali? Come far circolare merci epersone senza infrastrutture tradizio-nali, ma anche digitali?

C’è poi il grande capitolo della produ-zione e distribuzione di energia.

Esatto. Infatti, reti energetiche edigitali sono strettamente intercon-nesse. Un seme, comunque, in annidi lavoro è stato gettato: certamenteè insufficiente, l’Europa può e devefare di più.

In cooperazione con la Cina, molto pre-sente nel continente africano?

Vede, sia l’Europa che la Cina so-no naturalmente spinte a guardareall’Africa: le loro attenzioni a quellaparte di mondo non sono straordi-narie e, tantomeno, sorprendenti. Ilterritorio cinese, estesissimo, è colti-vabile per il 7 per cento e povero dimaterie prime, come anche l’E u ro p a .Di contro, la popolazione mondialeproviene per il 20 per cento dal Pae-se asiatico. Questo contesto motival’interesse di questi anni. Il nodo,semmai, è un altro e, anche qui, Eu-ropa e Cina hanno lo stesso proble-ma di ingerenza: la prima per motivistorici, legati ai trascorsi coloniali, ela seconda, per quella che potrebbeessere interpretata come un’eccessivainvadenza.

In altri termini, la questione non è es-serci, ma come ci si pone.

Esatto. Occorre portare un mes-saggio inequivocabile, che non siastrumentalizzabile. I popoli europei,cinesi e africani devono cooperareper lo sviluppo del continente, met-tendo a sistema le rispettive eccel-lenze e risorse: ad esempio, perchénon progettare e attrezzare ospedalie centri di cura? La Cina potrebbemolto contribuire nella fornitura dimacchinari ospedalieri. A questo sidovrebbe affiancare un progetto eu-ropeo massiccio per dare vita a unarete capillare di energie rinnovabili,pensata per estendersi su tuttal’Africa, a cominciare dai Paesi dellacosta mediterranea. E, poi, bisogne-rebbe favorire le iniziative imprendi-toriali, in particolare in tre grandimacroaree: sanità, scolarizzazione edambiente, con il coinvolgimento at-tivo dei giovani africani. Si sta affac-ciando una nuova generazione, an-che imprenditoriale, che va sostenu-ta perché siano attori protagonistidel loro futuro. È un’occasione danon disperdere

Quale è il primo concreto passo?

Non possiamo pensare a interven-ti settoriali. Il primo processo da at-tuare è nella direzione di un avvici-namento tra i popoli: quale pacepossibile, se sull’altra sponda delMediterraneo c’è solo miseria. Finoa un secolo fa, centinaia di migliaiadi nostri connazionali popolavanoEgitto, Libia, Tunisia: marinai ecommercianti delle due coste comu-nicavano in un dialetto simil-ma-ghrebino. Intendo dire che gli inter-venti finanziari, i rapporti commer-ciali, la costituzione di una Bancacomune, sono tutti strumenti efficacialla cooperazione internazionale, mava ristabilito quel profondo legametra le genti che è nel dna dei popolimediterranei ed è estendibile a quel-li nord-europei e dell’Africa profon-da, perché i nostri ostacoli e limitinon sono solo comuni con Spagna,Cipro o Slovenia. I rapporti umanie culturali sono la premessa di qual-siasi possibile sviluppo.

Per questo, nel 2001, lei propose inCommissione europea la costituzione diuna rete di Università miste. La cosanon si concretizzò: non crede che, allaluce della tragedia libica, sia maturoribadire l’opportunità di dare un luogo,uno spazio, alla formazione, in cui cre-scere insieme?

È il mio sogno: un segnale con-creto e dal costo molto limitato.Un’università condivisa con ugualenumero di professori e studenti eu-ropei e africani, con obbligo di fre-quenza in entrambi le sedi per unostesso numero di anni. Attorno alnostro Mezzogiorno tornerebbe afiorire una civiltà florida e multicul-turale, in questa regione si concen-trerebbero dialogo, risorse, progetti.

A partire da una sorta di Erasmuse u ro - a f r i c a n o .

Esatto. Pensi a quale straordinariocorso avvierebbe. Quale rivoluzionepacifica sarebbe, quale patto di fidu-cia rinsalderebbe… Io penso sial’ora del coraggio.

decennio di sviluppo, occorre certa-mente una spesa aggiuntiva di mi-liardi di dollari per gestire l’emer-genza, ma occorre, soprattutto, agi-re, in modo compatto, sul frontedella cooperazione, con un approc-cio equilibrato e responsabile. È purvero, infatti, che il Pil africano negliultimi anni è più che raddoppiato,ma la disponibilità finanziaria, con-sentita dai prestiti erogati dagli or-ganismi sovranazionali, è cresciutasolo del 15 per cento, benché — co-me rimarca Carlos Lopes, Alto rap-

traduce in un contrasto istituzionale,per cui alcuni Paesi sono democra-zie su carta, ma regimi nei fatti, icui vertici sono occupati da leader-ship impreparate ad una transizioneveramente democratica.

Il che alimenta frammentazione e foco-lai di terrorismo.

A questo proposito, c’è stato, pur-troppo, un cambio di passo, perché,se fino a circa 15 anni fa, fanatismi eradicalismi non attanagliavano l’in-

bidonville delle grandi città, le sac-che incontrollabili di disperazione aimargini delle città, rendono esplosi-va la convivenza nelle periferie.

L’Ue ha caparbiamente inseguito il so-gno della grande Unione Africana.

È vero: si tratta di un processolungo e complesso, che implica trat-tative multilaterali e una visioned’insieme. Come creare un mercatocomune, ad esempio, se non attra-verso il superamento di una serie di

di GIULIO ALBANESE

Per uscire dalla crisi socio-economica che scuote il Paese da giugno

Il Mali puntaa un esecutivo di unità nazionale

Instabilità politicain Tunisia

BA M A KO, 28. Il presidente malia-no, Ibrahim Boubacar Keita, hadeciso di costituire un governocomposto da soli sei ministri cheavranno il compito di lavorare pernegoziare la formazione di un ese-cutivo di unità nazionale insiemecon l’opposizione politica e il mo-vimento di contestazione dell’a t-tuale amministrazione. Il ristrettoesecutivo sarà guidato dal primoministro Boubou Cissé e «sarà for-mato dai seguenti ministeri: Dife-sa, Giustizia, Sicurezza, Ammini-strazione territoriale, Affari Esteried Economia e Finanze» recitauna nota della segreteria generaledella presidenza.

L’annuncio del provvedimentopolitico preso dal presidente Keitaè arrivato dopo che ieri i 15 presi-denti della Comunità economicadegli Stati dell’Africa occidentale(Ecowas) si sono riuniti in video-conferenza per risolvere la crisi so-cio-politica che sta scuotendo ilMali da giugno. Nella dichiarazio-ne rilasciata dopo il summit, i lea-der dell’”Ecowas” hanno chiesto la

rapida istituzione di un governo diunità nazionale che dovrà portare ilMali al voto dopo le controverseelezioni degli scorsi mesi. Nella no-ta l’”Ecowas”, per il timore che la

situazione destabilizzi l’intera re-gione del Sahel, ha chiesto sanzioniper coloro «che agiscono in sensocontrario alla normalizzazione dellacrisi» nel Paese.

TUNISI, 28. La situazione politicatunisina sembrerebbe attraversareun periodo altamente instabile. Lasessione plenaria dedicata al votosulla mozione di sfiducia del pre-sidente del parlamento, e leaderdel partito islamico Ennhadha,Rached Ghannouchi, prevista peril 30 luglio, «si terrà a porte chiu-se e senza dibattito». Lo ha dettoil responsabile stampa dell’ufficiodi presidenza del parlamento,Nessrine Laameri, precisando chetali modalità sono state definite«per garantire l’equità delle proce-dure». Ghannouchi, venerdì scor-

so, aveva detto di accettare di sot-toporsi al voto della mozione disfiducia, presentata da 73 deputatiper cattiva gestione dell’istituzionelegislativa e violazione del regola-mento interno del parlamento.

E appena due giorni fa il presi-dente Kaïs Saïed, ignorando leopinioni dei partiti, ha incaricatoil ministro dell’Interno, HichemMechichi, di formare il governo,dopo le dimissioni del premierElyes Fakhfakh. Entro un mese èprevista la formazione del nuovoesecutivo.

Page 4: Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI di MAU

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 29 luglio 2020

di MASSIMO GRANIERI

«I diot Prayer» di NickCave è uno spetta-colo registrato unmese fa a Londrapresso l’Alexander

Palace e trasmesso in streaming intutto il mondo lo stesso giorno, il 23luglio, previo acquisto di un bigliet-to. La struttura in cui Nick Caveaveva già suonato appare come untransatlantico abbandonato, effettodel coronavirus, ormeggiato nel pol-mone verde della città inglese. Ri-corda alcune ambientazioni del filmLa leggenda del pianista sull’oceano diGiuseppe Tornatore. Nick è da solodavanti a un pianoforte costruito daartigiani italiani, il preferito da pia-nisti jazzisti come Angela Hewitt,Herbie Hancock e Stefano Bollani.

«Lo spettacolo è il climax più lu-minoso» dichiara lo stesso Cave, ilpunto più alto di un camminoascensionale iniziato con 20.000Day On Earth, docufilm pubblicatonel 2014 in cui racconta in modosurreale e sincero la sua carriera arti-stica. Il gradino successivo è OneMore Time With Feeling del 2016,spettacolo intimamente legato a IdiotP ra y e r. Il concerto in diretta websbalordisce lo spettatore per la scar-na scenografia e la regia. Le inqua-drature non indugiano troppo suiprimi piani, spesso partono dall’altoe si preferiscono campi lunghi. Po-

tentissima è la disposizione del pia-noforte, non su un palcoscenico maal centro d’un enorme spazio solita-mente occupato da migliaia di per-sone. Nick Cave è lì in mezzo da-vanti al suo pubblico che distante loguarda in rete. Come se volesse rag-giungerli e farsi toccare, senza disto-gliere l’attenzione dalle canzoni.

Ci sono brani dei “Grinderman”,band nata nel 2006 come progettoparallelo ai “Nick Cave and TheBad Seeds” e sciolta nel 2011. Ma nin the moon è il momento più toccan-

troppo presto. Man in the moon è untesto diviso in due parti. Nella pri-ma ancora piccolo crede che il padresia un’astronauta e sulla Luna, lonta-no. Nella seconda parte — quella piùadulta — accetta la sua assenza, ne èconsapevole. Le luci in scena cam-biano secondo le canzoni eseguite,come fossero vestiti cuciti su una vo-ce che assume varie sfumature e to-nalità, lo strumento musicale ag-giunto al pianoforte attraverso cuiNick canta le sue ferite e soprattutto

mondo: viene dal cielo e splende…dove? Nel cuore. In quel cuore pie-no di desiderio che Nick Cave pro-tegge da attacchi infernali. Unospettacolo unico che non si ripeteràné sarà riprodotto in dvd, tantome-no in un disco. Destinato dunque arimanere impresso nella memoria delpubblico a casa che ha saputo ascol-tare il suo dolore e cogliere i segnidi una presenza che lo consola.

«Idiot Prayer» di Nick Cave registrato a Londra e trasmesso in streaming in tutto il mondo

Un cuorepieno di desiderio

uscirono dai loro nascondigli e seguironol’uomo fuori città. Lui, davanti, camminavae suonava la sua musica magica, loro dietro,«incantati e fiduciosi», fino al fiume dove,trascinati dall’uomo, annegarono tutti.Quando rientrò ad Hamelin per ottenere lasua ricompensa, si trovò innanzi al diniegodel sindaco che ben interpretava l’avariziadei suoi concittadini. Infastidito da questoatteggiamento, l’omino estrasse il suo flautoe iniziò ad emettere «dolcissimi suoni». «Equesti non smise di suonare — continuano ifratelli Grimm — anzi, la sua musica diventòpiù dolce e persuasiva e nella mente deibambini faceva nascere visioni di città tuttebalocchi, di città tutte dolci, senza adultiche volevano comandare ad ogni ora delgiorno». La vendetta del pifferaio magico ètremenda. I genitori assistono impotenti aquesta processione di bimbi, li vedono av-venturarsi lungo la montagna cantando al

I bambini e la seduzione (pericolosa) della musicaCome ci ricorda la nota fiaba dei fratelli Grimm «Il pifferaio di Hamelin»

Potentissima è la disposizione del pianofortenon su un palcoscenico, ma al centro d’un enorme spaziosolitamente occupato da migliaia di personeL’artista è davanti al suo pubblicocome se volesse raggiungerli e farsi toccaresenza distogliere l’attenzione dalle canzoni

È dimostrato che i bimbi ascoltano con più piacereil canto della mamma che le sue paroleE che quando la mamma cantain loro si riduce l’«ormone dello stress»

mantiene un timbro di voce acuto e rendebislacca e spiritosa l’immagine del nonnoche si cimenta in questi vocalizzi timbricipur di farsi più vicino al neonato. Perchéscegliere questa via di comunicazione, piut-tosto che il parlato semplice? Gli studi svoltifinora ipotizzano che nel “mammese”, nellaforza della parola “a cantilena”, risieda unsurplus emotivo che permette al bambino dicomprendere meglio il messaggio che lamamma vuole trasmettergli. Il “mammese”riempie le parole di un carico emozionaleche esse da sole non possiedono, che fa arri-vare il messaggio al bambino in maniera piùcalda e diretta. La musica, in questo caso,diventa un veicolo capace di trasferire, comenessun altro, il contenuto emotivo delle pa-ro l e .

Non c’è da stupirsi dunque se i bambinidi Hamelin fossero totalmente in balia dellenote del pifferaio. In un paese pieno di ava-ri, come quello tedesco invaso dai topi, alsuono dolce e suadente del flauto, il loroorecchio ha intuito in quelle note un mes-saggio caldo e generoso, che forse non ave-vano mai sentito dai loro genitori. Un mes-saggio che li ha convinti ad uscire per stradae ad accodarsi al pifferaio verso il crinaledella montagna.Un’illustrazione della fiaba su una vetrata di una chiesa di Goslar in Germania

È morto Gianrico Tedeschi

di CRISTIAN CARRARA

In una nota fiaba tedesca, resa famosadai fratelli Grimm, si narra che, in-torno al 1300, Hamelin, cittadina te-desca della Bassa Sassonia, fosse in-vasa dai topi. Il sindaco non sapeva

che pesci pigliare, fino a che un giorno sipresentò in città un tipetto allegro che pro-mise di risolvere il problema in cambio dimille monete d’oro. Il sindaco accettò l’of-ferta e l’ometto si mise subito al lavoro: pre-se il suo flauto e iniziò a suonare. I topi

seguito della musica del pifferaio. Lungoquella montagna da cui non faranno più ri-torno.

Questa fiaba dai contorni cupi mette inluce il potere, quasi magico, della musica,ma, soprattutto, la grande sensibilità che ibambini avrebbero nei confronti di quest’ul-tima. Il pifferaio suona per vendicarsi e, conla sua musica, riesce a sedurli totalmente. Lastessa cosa non accade agli adulti che, alcontrario, per nulla colpiti dalle note cheescono dal suo flauto, li vedono sfilare festo-si al seguito del pifferaio senza poter farnulla per riportarli a casa.

È il tipo di musica che il pifferaio suona acolpirli nel profondo e nessun bambinoavrebbe potuto difendersi da quella melodiaseducente, nemmeno se, raccogliendo tuttele proprie forze, si fosse portato le mani alleorecchie nel tentativo di non sentir nulla.

Il fatto è che di fronte al fenomeno acusti-co siamo totalmente indifesi. L’udito è l’uni-co senso che è impossibile chiudere totalmen-te. Non è possibile decidere di non sentireuna musica o un rumore che viene prodotto.Se non voglio vedere una scena troppocruenta, non faccio altro che chiudere le pal-pebre e la mia vista sarà isolata dalle immagi-ni esterne. Se improvvisamente si diffonde unodore insopportabile, posso senz’altro chiu-dere le narici con le dita e isolare l’olfatto.Stessa cosa per il gusto: posso decidere dinon aprire la bocca, di non ingoiare quelboccone e, quindi, di non sentire quel saporeche immagino così sgradevole. Infine, se nonvoglio toccare un oggetto il cui contatto mirepelle, posso decidere di non farlo, di nonallungare la mano, di non posarvi il mio cor-po. Ma se il mio vicino continua ad ascoltaremusica ad alto volume di notte, posso certa-mente avvicinare le mani alle mie orecchietentando di attutire un po’ il fastidio perquella musica inattesa e non voluta, ma nonpotrò mai isolarmi totalmente dall’esterno.Questo aspetto unico dell’udito è alla basedegli effetti, enormi, e non sempre voluti, cheil sonoro ha su di noi.

I bambini di Hamelin, di fronte alla musi-ca seducente del pifferaio, non avevano stru-

menti per difendersi. Di fronte al potere del-la musica e, più in generale, dei fenomeniacustici, ci troviamo spesso impreparati e in-difesi. E, forse, aveva ragione Eduard Han-slick, grande musicologo tedesco dell’O tto-cento, a dire che «le altre arti ci persuadono.La musica ci coglie di sorpresa».

Resta il fatto che ad essere sorpresi e in-cantati dalla musica del pifferaio sono ibambini che con il fenomeno sonoro hannoun rapporto del tutto speciale.

La storia dell’uomo e del rapporto con ilfenomeno acustico inizia già nella panciadella mamma. È intorno alla ventesima setti-mana che si sviluppa l’udito ed è proprio at-traverso l’udito che il nascituro fa esperienzadel mondo esterno. Immerso nell’atmosferaovattata del liquido amniotico, sente il batti-to del cuore della madre. L’attesa del venirealla luce è scandita da questo sottofondopulsante che rappresenta sicurezza e tranquil-lità. E dopo lo scoppio di pianto che segnala nascita del respiro e della vita nel mondo,

proprio quel pianto si acquieta quando ilpiccolo viene posato sul petto materno e ilsuo orecchio riconosce quel battito familiare.Nella pancia della mamma il bimbo iniziaanche a scrutare il mondo esterno. Ascolta levoci e i rumori, inizia a memorizzare il tim-bro vocale della madre e del padre. Vari stu-

l’umore del bambino. E, a ben guardare, lemamme stesse, e i parenti prossimi del pic-colo, in maniera naturale quando si rivolgo-no al neonato, sostituiscono il linguaggioparlato con un linguaggio cantilenante cheviene definito “mammese”. È un parlare amo’ di filastrocca, quasi canticchiato, che

Studi hanno dimostratocome già nella vita ultrauterinail bimbo sviluppila propria memoria musicaleE in determinate condizioniè anche capace di ricordareciò che ascolta

il desiderio, il tema musicale sottesodello spettacolo.

La canzone (Are You) The OneThat I’ve Been Waiting For? è il cen-tro su cui gravita la speranza diNick Cave. Egli canta di una donnain grado di cambiare il corso dellasua vita. Nella narrazione musicaleCristo diventa un riferimento per ca-pire il desiderio di vita nonostante la

te insieme a Waiting for you in cuiNick fatica a staccarsi dal corpo delfiglio morto come recita un versodella canzone: «Un’àncora che nonchiede di esser levata». Perché un fi-glio è un’àncora che mai un padrevorrebbe levare dal mare della vita.

Nick torna ad essere bambino, iruoli s’invertono. Ridiventa quel fi-glio che perse molti anni fa il papà

Le luci in scena cambiano secondo le canzoni eseguitecome fossero vestiti cuciti su una voceche assume varie sfumature e tonalitàlo strumento musicale attraverso cuiNick canta le sue ferite e soprattutto il desiderio

certezza della morte e di un’eternitàin cui crediamo poco. Nella canzoneche presta il titolo al concerto, IdiotP ra y e r, il Paradiso è descritto comeun luogo in cui tutto viene perdona-to, lì dove ci si potrà incontrare dinuovo con la persona desiderata.L’eternità diventa estensione di qual-cosa di bello vissuto e che si vuoletrovare altrove, ciò che in terra è de-stinato a perire ma che non si vuolp erdere.

Cristo è più volte citato nelle can-zoni proposte, appare infatti come ilre di un regno che Nick Cave ha vi-sitato ma senza riceverne cittadinan-za. Into my Arms è resa più cupa daun’interpretazione per nulla consola-toria. La distanza da Gesù sembrainsopportabile, Nick dice di non cre-dere in un Dio interventista eppurevacilla di fronte alle sue stesse paro-le. La voce è tremula, dolente e pro-fonda, voce di uno che lotta controquell’incredulità che lo caratterizza.La canzone incisa al pianofortenell’album The Boatman’s Call suonacome un pezzo punk suonato su unachitarra distorta, una canzoned’amore ruvida e spigolosa. Al cen-tro del racconto non c’è più l’amatada tenere stretta tra le sue bracciama Dio cui vorrebbe affidarla.

Un’inquietudine lo attraversa, èun altro Nick Cave, consapevole del-la sua forza, più coraggioso nel mo-strare le sue debolezze perché ac-compagnato da una grazia che nonlo lascia mai solo. Ha raggiunto laperfetta letizia, abita stabilmente inmezzo a gioie e dolori di cui tutticonosciamo l’orrore e le consolazio-

ni. Al termine del concerto, Nick sialza e in silenzio esce da una portada cui passa un enorme fascio di lu-ce. Vedendolo uscire in quel vestitoelegante, mi sono chiesto che tipo diluce avrà scelto di seguire; se una lu-ce intermittente, che va e viene, ocome disse Papa Francesco nel 2017all’Angelus dell’Epifania, quella lucestabile, una luce gentile, che nontramonta, perché non è di questo

EFFETTI MUSICALI

Recitò per la prima volta in un campo di prigionia, a Sandbostel, inGermania. L’opera era l’Enrico IV di Pirandello. È morto all’età dicent’anni (li aveva compiuti il 20 aprile scorso) Gianrico Tedeschi,attore teatrale e televisivo tanto popolare quanto raffinato. Un volto, ilsuo, tra il buffo, l’arguto e l’istrionico, che divenne particolarmentecaro anche ai bambini, essendo assurto a protagonista d’eccellenzadella trasmissione pubblicitaria Carosello. Studente alla facoltà diMagistero dell’Università Cattolica di Milano, durante la secondaguerra mondiale fu chiamato alle armi come ufficiale e partecipò allacampagna di Grecia. Fatto prigioniero dopo l’armistizio, venneinternato nei campi di Beniaminovo, Wietzendorf e, appunto,Sandbostel. Proprio in quel contesto così drammatico Tedeschi trovòconferma della sua vocazione di attore, accarezzata e coltivata sin dagiovanissimo. Ha recitato in varie compagnie e in diversi teatri tra iquali lo Stabile di Roma. Di grande spessore è stato anche il ruolo dalui svolto in qualità di attore della prosa televisiva: I giocatori, Tredici atavola, La professione della signora Warren. Non furono certo di minorvalore le sue performances nello spettacolo leggero: affiancò, congrande maestria, Bice Valori e Lina Volonghi nel varietà Eva ed io. Atestimonianza di una versatilità articolata e fertile, interpretò ruolidrammatici negli sceneggiati della Rai: Marmeldov in Delitto e Castigo,Sorin ne Il gabbiano e Paolino in Demetrio Pianelli. (gabriele nicolò)

di, soprattutto quelli dellapsicologa Alexandra La-mont, hanno dimostrato co-me già nella vita intrauterinail bimbo sviluppi la propriamemoria musicale. Non soloinizia la propria vita diascolto, ma è capace, in de-terminate condizioni, di ri-cordare ciò che ascolta.

È dimostrato anche che ibimbi ascoltano con più piacere il canto del-la mamma che le sue parole, e che, quandola mamma canta, in loro avviene una dimi-nuzione significativa dell’ “ormone dellos t re s s ”. Il canto cioè serve a modificare

Page 5: Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI di MAU

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 29 luglio 2020 pagina 5

potrebbe obiettare che agli esseri umaniappartenga una consapevolezza mag-giore rispetto alle altre creature: è d’ac-cordo con questa affermazione?

In ogni pausa del nostro farecompiamo il rito dell’attesa con uncuore aperto alla speranza. Pensoche la speranza sia intrinsecaall’istinto di conservazione e nel me-desimo tempo sia una spinta evoluti-va per migliorare il mondo. Certo sivive anche lo sgomento per l’ignotocon la coscienza dei pericoli e dellamorte come destino ultimo. Quantaconsapevolezza di tutto questo ab-biano le altre creature non possiamodavvero saperlo.

«Una pace sacra, sconfinata / accom-pagna la resa del pensiero, l’abbandonodella volontà, ogni qualvolta l’anima

contempla / la disarmante innocenzadella Natura / nel suo inno alla liber-tà»: come si concilia l’innocenza dellanatura cantata in questi versi, con vio-lenza all’interno di questa?

Considero, come innocenza dellanatura, la sua armonia guidata daleggi funzionali all’Universo. All’in-terno di queste leggi ci sono i ruolidei predatori e delle prede, dei ciclivitali che si perpetuano con più omeno violenza e quindi dolore e sof-ferenza. Eppure anche gioia e felicitàtrovano spazio in complementarità.Tutta la creazione si muove tra op-posti con ragioni che conservanoquel mistero che alla mente umananon è dato conoscere.

Qual è la «Terra d’origine» a cuil’odore del prato richiama la mentedell’uomo abbandonato «nel vizio delv i v e re » ?

La Terra d’origine costituisce il Sée ne avvertiamo la presenza quandoil nostro sé individuale abbandona lacostrizione del proprio ego cioè lapaura che contempla anche un co-rollario di altre tensioni: il desideriodi potere e di ricchezza, l’invidia,l’ira e così via. L’odore del prato,cioè i sensi aperti nella natura apro-no anche il cuore e la mente a unadimensione spirituale che ricollegaalla nostra origine universale e divi-na. Essa si raggiunge attraverso uno“stato d’e s s e re ”, attraverso cioèun’esperienza vera e personaled’ascolto interiore: non può essereconosciuta per mezzo di parole ol e t t u re .

Il senso della natura nelle «Contemplazioni» di Silvia Venuti

Ascoltando il CreatoUno sguardo umile sulla bellezza

Giotto, «Storie di san Francesco.La predica agli uccelli» (1292-1296)

L’uomo che non capiva troppo e altri animali«Poesie in libertà» all’Arena Tiziano di Roma

di ELENA BUIA RUTT

La natura è la protagonistaindiscussa di Contempla-zioni (Bergamo, Moretti&Vitali, 2020, pagine 120,euro 20), silloge poetica

di Silvia Venuti, poetessa e pittricelombarda: una natura docile, silente,sapiente, in attesa di rivelare allosguardo umano significati ultimi, ve-rità fondamentali. La porta di acces-so alla relazione con l’altro da sé è lameraviglia, scintilla che permettel’avvio di un itinerario spirituale inversi. In questa intervista Silvia Ve-nuti riflette sull’inestricabile rappor-to che la sua poesia intesse con unsenso cosmico di partecipazione altutto.

Di quale tipo di equilibrio e saggezza èportatrice la natura contemplata?

La mia poesia si muove in una di-mensione di ascolto nel silenzio e siaccompagna contemporaneamente auno sguardo che interiorizza una vi-sione esterna, psichica e spirituale.Prende vita il simbolo, la trasposi-zione metafisica. La percezionedell’unità tra il presente contingentee l’eterno fa sì che l’anima colga co-me assoluto il qui e ora in consape-volezza del flusso cosmico e del suoincessante creare. Quindi l’equilibrioderiva dall’unità e la saggezza dallaconsap evolezza.

Questi versi indicano come anchel’oscurità possa trasformarsi in armo-nia, in canto: può lo smarrimento esi-stenziale dell’essere umano essere lenitodalla contemplazione dell’intrinseca ar-monia della natura?

Il silenzio notturno è lo spaziosimbolico dello smarrimento ma alcontempo in esso si coglie la radicedi una verità che supera i limiti dellaragione che vuole sempre interpreta-re e giudicare. Questa verità si pre-senta collegata all’esistenza cosmica,in una dimensione in cui siamo to-talmente immersi assieme a tutte lenature create: in questa vastità pos-siamo cogliere l’origine comune che

stato di libertà spirituale che puòpermettere di ricollegarsi alla naturacome terra d’origine, come vera Ma-dre. In questo intimo, segreto collo-quio si ritrova la propria radice esi-stenziale e la felicità originaria: si re-spira in armonia con l’universo.

Quale caratteristica, che l’essere umanonon ha, appartiene invece gli animali ele piante?

Ubbidiscono a leggi che non pos-sono trasgredire attraverso un’intelli-genza progettuale: si inseriscono do-cilmente entro un disegno cosmicosuperiore e partecipano della armo-nia Universale.

Quale azione esercita sull’uomo la bel-lezza della natura?

La bellezza della natura eleva lacoscienza a un livello superiore divalori. È la via per entrare in collo-quio con il divino che abita in cia-scuno. Ogni calcolo razionale si an-nulla di fronte allo stupore intensoche scuote l’anima trasportandola inuna dimensione ove spazio e tempoperdono le caratteristiche note e nonsono più misurabili. Attraverso labellezza si raggiungono certezze in-tuitive, visite dello Spirito. La bel-lezza aiuta a scoprire i legami d’ar-monia interni alla Creazione, svelal’interrelazione tra le creature in fun-zionale dialogo tra loro. La bellezzascioglie i nodi dolorosi che bloccanola libertà del cuore e dona un sentiresuperiore di pace e di amore. JohnKeats così scriveva: «La bellezza èverità, verità bellezza, — questo ètutto / ciò che sapete sulla Terra, edè tutto ciò che vi occorre sapere».(Ode on a Grecian Urn).

In che modo l’essere umano può aprirsialla natura, in che modo cioè può riu-scire ad ascoltarla, a riscoprirsi an-ch’egli creatura?

Innanzitutto facendo un atto diumiltà: deve evitare di porsi comedominatore vantando una pretestuo-sa superiorità. Ho ammirato dipintiindigeni in cui l’uomo appariva raffi-gurato in misura dell’erba, degli ar-

greta guida interiore, al nostro Mae-stro interiore che è voce dell’Infini-to, un Infinito che diventa “p ro -prio”.

«L’ombra delle foglie svela / una veri-tà infinita / io e tutte le creature impa-riamo / l’autunno per la prima volta /in questo assoluto»: quale verità puòimparare l’uomo dalla natura? L’at-tuale atteggiamento predatorio dell’esse-re umano nei confronti della naturapuò derivare da questo mancato ascol-to?

La natura ci insegna attraversometafore: è davvero un grande libro;ma ci insegna anche attraverso leleggi dell’equilibrio, attraverso imeccanismi di compensazione e diautoguarigione. Ci insegna attraver-so la bellezza dei cicli stagionali ecosmici, dei fenomeni di mimetizza-zione, di riproduzione, di conserva-zione e così via… L’uomo si è allon-tanato dalla natura perseguendo lo-giche di potere e d’interesse econo-mico: così condanna se stesso allainfelicità ponendo a rischio la pro-pria sopravvivenza. San Tommasoaffermava: «La Bellezza è lo splen-dore della Verità».

«Contemplare / la trasparenza / diuna foglia / o la luce della pioggia /che cade / è ritrovare il coraggio / divivere / e ancora d’amare»: la veracontemplazione può condurre a riscopri-re una profonda gratitudine verso il vi-vere stesso?

La natura è una continua scopertaperché non si ripropone mai conmodalità uguali: è continua fonte di

meraviglia e di stupore. L’i n c o n t roperennemente rinnovato con la suabellezza dà motivazione a vivere, faacquisire consapevolezza di quantodi miracoloso avviene attraverso lacomplessità dei regolamenti interniche interagiscono nella conservazio-ne del creato. Non si può quindinon essere “to ccati” dal sacro chenella natura, noi compresi, si mani-festa. La contemplazione è così giàringraziamento: nel nostro sguardosi specchia la bellezza e conoscenzadel divino. Kahlil Gibran scriveva:«Bellezza è eternità che si contemplain uno specchio. Ma voi siete l’eter-nità e siete lo specchio».

Il creato vive nell’attesa: nel mondonaturale quest’attesa è colma di speran-za, in quello umano di sgomento. Si

Particolare da una tavola del libro «agGREGazioni»

Silvia Venuti

di SI LV I A GUIDI

A sorpresa, in mezzo aquesta strana estate“p ericolante”, sospesatra due emergenze,quella passata del loc-

kdown e quella minacciata in au-tunno, spunta prepotente, inequi-vocabile, la voglia di ridere. Perfi-no nel posto dove meno ci siaspetterebbe di trovarla, un rea-ding di poesia. È successo il 24 lu-glio scorso a Roma durante «Poe-sie in libertà» in un’Arena Tizianopiena di pubblico diligentementein mascherina, grazie all’ospitalitàdi Renzo Casadei, il patron di Ca-pire Edizioni, una casa editrice in-dipendente che raggruppa sotto disé i marchi CartaCanta Editore,Risguardi Edizioni, Edizioni dellaMeridiana di Firenze, CoazinzolaPress e Mobydick.

Tanti poeti giovani e giovanissi-mi esordienti hanno fatto sentirela loro voce, accanto a big più no-ti nella repubblica delle lettere,con Nicola Bultrini e Davide Ron-doni nelle vesti di “p re s e n t a t o r i ”.E tanti versi in rima, o comunquein schemi metrici codificati, per ri-dere con grazia dei patemi post-quarantena grazie agli stornelli al-legramente folk di Maria GraziaCalandrone e la svagata ironia diDavid Riondino, che ha lettostralci di un poema in cui uno stu-dente innamorato della sua profsoffre per la didattica a distanza.

Special guest della serata, Clau-dio Gregori (del duo comico Lilloe Greg) che ha letto poesie e mi-croracconti tratti dal suo ultimo li-bro agGREGazioni (Forlì, Carta-Canta Editore, 2019, pagine 265,euro 14,90). Un’«affollata solitudi-ne» (come nella raccolta di etero-nimi di Pessoa) in cui accanto allavoce dei suoi alter ego più famosi(come il detective Mallory, o JoePatagonia) spiccano due parodiedella solenne sentenziosità biblicadavvero irresistibili, la saga di Lil-loth e Meliatte e la lunga serie delleLettere di San Drone da Tebe (aipavesini, ai platei, ai solfizi, ai le-gulei, ai dolicocefali, ai curiazi e aiprecipizi). «Disarmante, simpati-co, buono, in questo suo libroClaudio si nasconde e si mette anudo allo stesso tempo», scrive

Monica Zullo nella prefazione, se-guita da una personale hall of famein cui spiccano le caricature di Jer-ry Lewis, Robert Crumb, WoodyAllen, Buddy Holly.

Parlando dei fatti salienti dellasua adolescenza («nel frattempoavevo messo a punto una delle piùraffinate timidezze al mondo»scrive Gregori prendendo soave-mente in giro il suo «se stesso gio-vane») l’autore non può fare ameno di citare i suoi maestri piùamati, in quanto traghettatori dal-le secche dell’auto commiserazioneai tesori del mondo esterno, dellavita adulta. «Quando il film Am e -rican Graffiti mi iniziò ai misterisublimi del rock’n’roll non capito-lai sull’animalesca pelvicità di El-vis Presley, bensì sulla trasversalepoetica futuribile di Buddy Holly,timido e occhialuto cantante-chi-tarrista texano — scrive ClaudioGregori nel suo auto-identikit —.E occhialuti erano anche coloroche catalizzavano il mio umorismoin fieri, così intrigato dall’i ro n i aebraico-americana: Jerry Lewis eWoody Allen. A chiudere la rosadei miei mentori artistici c’era Ro-bert Crumb, un favoloso disegna-tore underground californiano,nonché superbo banjoista in unaband che ripercorreva lo sviluppomusicale delle prime tre decadidella musica americana. Dunqueniente Marlon Brando, niente Ja-mes Dean o Steve McQueen.Niente magliette attillate, nientesigarette pendule da labbra ghi-gnanti, ma camicette abbottonatefino al collo, occhiali e apparecchiper i denti. Però come spiegareagli altri che i propri idoli sonoquattro nerd in piena regola? Co-me evitare che ti prendano in gi-ro? Come evitare lo scherno e lepercosse? Beh, c’è voluto un po’di tempo. Ed è servito affrancarsidall’adolescenza e raggiungerequell’età in cui la diplomazia euno straccio di educazione civicati tolgono di torno i trogloditi piùviscerali. Entrare in quel contestospazio-temporale in cui se seiquello strano sei addirittura inte-ressante. Sempre un soggetto distudi, ma interessante. In pratica illiceo. Potevo iniziare a pensare dicucirmi un costume e fare il supe-

reroe. O comunque uscire alloscop erto».

Spesso — continua Monca Zullonella prefazione al libro — «dovegli altri ridono a crepapelle, chi loconosce si commuove, mentre luientra ed esce in un nascondinocontinuo fra le righe». L’arte mi-metica è tanto più comica quantopiù è precisa, fino a far nascere unsurreale “doppio” più vero dell’ori-ginale. «Si diverte a fare Queneau,Eco, Chandler, più una pletora discrittori moderni non meglio iden-tificati, oltre che, naturalmente, sestesso. Un po’ come i migliori se-rial killer ci lascia dei segnali chesembrano dire: “Dai, trovami, cat-turami se ci riesci, ma ti prego,fallo, ne ho bisogno”. Certo, il li-bro fa ridere, molto ridere; è comi-

co, mai noioso, sempre vario (…)Questo è il livello primario pergodervelo. Il livello secondario, vi-sionario, ci fa riflettere di più,pensare alla nostra vita. Poi, dinuovo, arrivano momenti gustosi,per esempio quello in cui il suoautore implicito finge di essere unsempliciotto – ovvero L’uomo chenon capiva troppo, per citare unodegli spettacoli più famosi del duoLillo&Greg — con battute — nonbattute tipo quella del detectiveMallory: «Avevo così sonno cheavrei potuto dormire ancora unp o’». O frasi apparentemente pre-vedibili e banali che contengonoperò un fulmen in clausola “È bellosvegliarsi al mattino, affacciarsi evedere il mare. Meno bello se nonc’era la sera prima”».

ci unisce: un vero salto oltre la men-te. Immanuel Kant scriveva nellaCritica della ragion pratica: «Due co-se riempiono l’animo di ammirazio-ne e venerazione sempre nuova ecrescente, quanto più spesso e accu-ratamente la riflessione si occupa diesse: il cielo stellato sopra di me, ela legge morale in me». Siamo, di-ventiamo creature alate nel cielo del-la vita, nell’unità corpo-spirito, liberida sovrastrutture intellettuali e sche-mi culturali.

Quando il pensiero e la parola devonocedere il passo alla semplicità e all’im-mediatezza della vita?

L’esperienza esistenziale, in rap-porto costante con la natura, defini-sce un ricollocamento dei valori in-teriori che trasmettono certezze. Av-viene così una forma di resa della ri-cerca intellettuale a favore di unostato semplice di “e s s e re ” nella vita.L’ego viene riassorbito nel sé.

In che modo l’essere umano “si ritro-va”, si ricentra al cospetto della natu-ra ?

Attraverso l’abbandono dell’ecces-so del mentale si può instaurare uno

busti, delle montagne, dei fiori e de-gli animali. Tutti gli elementi natura-li presentavano il medesimo valore.San Francesco continua a insegnare:nel suo Cantico delle creature esaltacon amore come fratelli e sorelle tut-te le nature create. La interdipen-denza che scopriamo porta a innal-zare un canto di ringraziamento egratitudine al Signore con il cuorecolmo di gioia.

«Il fascino di un giardino / vive delnon sapere / ove portino i sentieri / co-sì è per l’esistenza / se non si temesserogli eventi»: i versi di questa poesia sot-tolineano un affidamento radicale delcreato. Perché l’essere umano non sem-bra esserne capace? Eppure «nella nic-chia del cuore» potrebbe riposare unospazio di pace…

Non è semplice distaccarsi daiconflitti in una realtà che urge conpressanti esigenze a ogni istante. Ep-pure la pace si raggiunge solo facen-do spazio, silenzio in questo turbi-nio di pensieri, emozioni e sentimen-ti. E la natura si fa compagna inquesto riconquistato ascolto profon-do di sé. Nella natura scopriamo chesiamo noi stessi natura e possiamotranquillamente affidarci a una se-

Page 6: Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI di MAU

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 29 luglio 2020

Colloquio con l’arcivescovo di Lima sull’impegno della Chiesa in Perú contro la pandemia

Solidarietà e creativitàdi GIORDANO CONTU

In Perú una festa nazionale all’in -segna della vicinanza ai più sof-ferenti. La pandemia ha stravolto

il programma: alcune iniziative sonosospese, mentre le chiese sono chiusee quindi la messa del 28 luglio (festadell’Indipendenza), nella cattedraledi Lima viene trasmessa online e intv. Il numero dei contagi attivi da co-vid-19 è sceso sotto quota 100.000 eil bilancio dei nuovi casi cresce a unritmo sempre più lento, ma con se-

gnali contrastanti. Il Paese è il setti-mo al mondo per numero di infetti eil terzo in America Latina: 385.000persone hanno contratto il virus e ol-tre 18.000 sono decedute. La regionepiù colpita è quella della capitale Li-ma, ma preoccupa anche la situazio-ne nell’Amazzonia peruviana. «Gliindigeni non hanno protezioni con-tro il coronavirus, che potrebbe cau-sare una grave riduzione della popo-lazione», ha dichiarato a «L’O sserva-tore Romano» l’arcivescovo di Lima,Carlos Gustavo Castillo Mattasoglio.«Loro sono una garanzia di cono-scenze antiche per la cura della fore-sta che allo stesso tempo è fonda-mentale per l’umanità».

L’area amazzonica peruviana oc-cupa oltre la metà del territorio na-zionale. Il virus è arrivato fin qui at-traverso persone giunte nella forestaper offrire aiuto. «In tutta l’Amaz-zonia c’è questo grave problema»,afferma il presule che racconta condolore la storia di Santiago ManuinValera, capo della comunità indige-na awajun morto a 63 anni per coro-navirus nell’ospedale di Chiclayo,città dove era stato trasportato peressere curato. «Era un bravo diri-gente, awajun e cattolico. Di lui sipubblicheranno anche le meditazio-ni sui Vangeli», ha aggiunto. Insie-me ad altri vescovi ha ottenuto dalgoverno il permesso di far rientrarela salma per celebrare il funerale conla sua comunità.

La sua morte è emblematica diquanto il covid-19 costituisca un pe-ricolo per gli indios e dell’imp egnodella Chiesa locale nei loro confron-ti. A Iquitos, città di 380.000 abi-tanti e centro strategico situato nelcuore dell’Amazzonia, mancavanobombole d’ossigeno. Grazie a unacampagna di solidarietà avviata dalvicariato apostolico verrà costruitauna fabbrica per produrle. Intanto,gli Emirati Arabi Uniti a giugno nehanno inviato 40 tonnellate insiemea prodotti alimentari. «Questo sarà

molto d’aiuto per le popolazionidella foresta — continua CastilloMattasoglio — perché in genere lecomunità indigene che vivono lungoi fiumi non sono protette dal virus».

Il pericolo maggiore è che si ri-presenti la situazione affrontata nelXVI secolo durante la colonizzazionespagnola: nel giro di sessanta anniotto dei dieci milioni di nativi mori-rono a causa del vaiolo e del morbil-lo. «Quando san Turibio de Mogro-vejo arrivò in Perú dovette affronta-re le conseguenze dell’epidemia»,spiega l’arcivescovo. «Egli andò acercare i nativi dispersi, chiese qualierano i loro bisogni. Grazie al suointervento il re iberico riconobbe atante comunità la proprietà sulle lo-ro terre. Questo ci mostra come fareChiesa nel dopo pandemia, come ri-costruire la vita delle persone e dellaChiesa. Credo questa sia la nostrasfida più grande oggi».

La salute dei popoli indigeni èmonitorata, ma se qualcuno contraeil covid-19 deve essere trasportato incittà per le cure. L’auspicio di mon-signor Castillo Mattasoglio è quellodi creare “ospedali di campagna”.Per questo i presuli che operanonella foresta peruviana lavorano in-sieme a tutto l’episcopato per creareun sistema sanitario ospedale-fore-sta-chiesa che sia unitario. In tuttoil Paese gli ospedali pubblici sonoin difficoltà, nonostante l’aumentatonumero di posti letto in terapia in-tensiva e l’ampliamento dei locali indiverse strutture. Una situazione di

fronte alla quale i guadagni econo-mici impressionanti dei nosocomiprivati hanno fatto scandalo. «Lefamiglie, per curarsi, in un mesehanno consumato i risparmi accu-mulati in anni di lavoro», ha sottoli-neato l’arcivescovo durante un’o m e-lia, aggiungendo che «la medicinaorientata al guadagno doveva finireal più presto». Infatti, a fine giugnoil governo peruviano e le clinicheprivate hanno raggiunto un accordoche prevede una riduzione delle ta-riffe per malati di covid-19. Il presu-le, presente all’incontro, nel suo in-tervento ha invocato «la credibilitàdelle istituzioni che devono porsi aservizio prima che avere finalità eco-nomiche personali». Il sistema sani-tario nazionale è in difficoltà, spie-ga, a causa di «problemi pluride-cennali di tipo strutturale causati daun sistema economico totalmentedisuguale» che vede da una partepochi grandi ospedali pubblici edall’altra tante cliniche private concosti elevati.

Le disuguaglianze sono emersechiaramente anche quando il gover-no aveva imposto il lockdown e ilcoprifuoco notturno terminati il 30giugno. «All’inizio c’era una positi-va partecipazione di tutti — raccontail presule — ma col passare dei mesisono emersi gravi problemi che han-no aumentato il rischio di conta-gio». Infatti, la maggior parte dellapopolazione delle grandi città eracostretta a uscire di casa per lavoraree garantirsi il sostentamento familia-re, ma allo stesso tempo il disagioabitativo obbligava nuclei numerosia vivere per lungo tempo in appar-tamenti grandi quanto una stanza. Ilgoverno si è sforzato per superare iproblemi strutturali in poco tempo,aiutando più deboli, ma «alla radicedi questa situazione c’è uno svilup-po economico a gocce improntatosul guadagno affrettato», continual’arcivescovo di Lima. «Sono le bri-ciole che cadono dalla tavola del pa-drone e che vengono raccolte perpotersi sostenere, come quelle chemangia Lazzaro nel Vangelo».

Nelle settimane precedenti la ria-pertura è iniziato un esodo massic-cio di lavoratori immigrati dallegrandi città che la pandemia avevatrasformato in posti pericolosi. Do-po aver passato un periodo di qua-rantena, queste persone hanno fattorientro nei luoghi di origine. «Lecomunità erano allarmate e si sonoorganizzate costituendo dei gruppidi ro n d e ro s , una sorta di polizia po-polare che si occupa di presidiare lestrade, prevenire i furti e vigilare suicontagi», precisa Castillo Mattaso-glio. Ciò è accaduto in alcuni paesisituati nelle zone alte della sierra edella foresta amazzonica che sonostati isolati per sicurezza, con stradesbarrate in entrata e uscita. Oggi ilPerú è economicamente sfinito. Perquesto le attività economiche hannoquasi tutte riaperto. Molti utilizzanole mascherine, ma adesso che la po-polazione può muoversi liberamenteè più difficile far rispettare le regolesul distanziamento sociale e tenereuna contabilità del contagio affida-bile. «Sono pessimista per l’oggi,non vedo alternative immediate, manei prossimi mesi i cittadini potreb-bero organizzarsi meglio. A ciò vo-gliamo contribuire col progetto delleparrocchie missionarie e solidali»,osserva il presule. «Questa pande-mia ha insegnato tante cose: il prin-cipio della solidarietà e del bene co-mune, dei poveri come orizzontedell’economia, della società, dellacultura e della Chiesa. O ne uscia-mo remando insieme o affondiamo,come dice Papa Francesco.

Il Perú è un Paese cattolico emolto praticante, ma negli ultimianni anche «nella vita del povero èentrata la cultura individualisticache ha sminuito le relazioni che per-mettono l’esistenza stessa di una so-cietà», nota il primate peruviano.Questo ha determinato una mancan-za di organizzazione popolare cheha influito negativamente sulla ri-sposta sociale alla pandemia da co-vid-19. In quattro mesi di contagiole Caritas e l’esercito hanno portatoalimenti alle persone prive di risor-se. Il governo ha attivato un redditominimo universale e una campagnamediatica, sostenuta dall’episcopato,per educare al rispetto delle norme.La Chiesa locale ha garantito la vici-nanza virtuale e fisica ai malati e ne-gli ospedali, dove nei giorni più cu-pi ha celebrato messa e dato l’euca-ristia. I sacerdoti hanno organizzatoconferenze, celebrato messe e recita-to rosari su internet, creato cucinepopolari da cui i volontari partivanoper consegnare i pasti nelle case.«La Chiesa è diventata un centro dianimazione nei quartieri e nella cit-tà», conclude l’arcivescovo di Lima.«Non siamo una ong, ma testimo-nianza della presenza del Signore, ilcui Spirito suscita, in una situazionedi emergenza, la creatività e la soli-darietà umana e sociale». La Chiesacontinua a svolgere il uso ruoloevangelizzatore, ma lo fa in modoche il popolo sia più organizzato epiù solidale, superando il peccatodell’individualismo. Di fronte allamiseria e alla povertà che dilaganosulla terra, «i poveri del mondo e lanatura impoverita e saccheggiata cichiamano a concretizzare questasp eranza».

L’analisi dell’arcivescovo di Concepción

In Cile tre crisi intrecciate

Campagna dell’episcopato brasiliano a favore dell’Amazzonia

Per fermareviolenze e soprusi

BRASÍLIA, 28. L’attuale crisi socio-ambientale che sta attraversando laregione amazzonica è sulla soglia di«un punto di non ritorno». Una se-rie di pratiche predatorie basatesull’idea che le risorse siano inesau-ribili e che la foresta non abbia al-cun valore stanno conducendo len-tamente alla morte il più grandepolmone verde della terra. L’allar-me è stato lanciato, lunedì, durantela presentazione della campagna“Amazzoniza-te” (“Amazzonizza testesso”) promossa dalla Conferenzaepiscopale del Brasile (Cnbb).

Secondo l’esp ertaIma Vieira, ricercatricedel Museu ParaenseEmílio Goeldi e consu-lente di Repam Brasile(Rete ecclesiale pana-mazzonica), intervenu-ta nel corso dell’eventoin modalità webinar,«la deforestazione haraggiunto il 25 per cen-to con il conseguenterischio di impoveri-mento della biodiversi-tà che non potrà maiessere recuperato».

Saranno tre le gran-di questioni sulle qualisi articolerà la campa-gna, che vede tra gli altri, la colla-borazione di diversi organismi ec-clesiali e civili: «vulnerabilità dellepopolazioni indigene e delle comu-nità tradizionali al contagio da co-ronavirus, con particolare attenzio-ne alle carenze delle strutture sani-tarie pubbliche nella regione; acce-lerazione della distruzione del bio-ma amazzonico a causa dell’aumen-to incontrollato della deforestazio-ne, degli incendi, dell’invasione deiterritori indigeni e delle comunitàtradizionali da parte delle multina-zionali e degli effetti delle digheidroelettriche sulle popolazioni flu-viali; violazione sistematica della le-gislazione sulla protezione dell’am-biente e smantellamento delleagenzie governative per espandereillegalmente le attività minerarie, ladeforestazione e l’allevamento in-tensivo».

«La campagna vuole essere atten-ta al contesto attuale — spiega suorMaria Irene Lopes, segretaria ese-cutiva di Repam-Brasile — in cui laviolenza contro i popoli tradizionaliamazzonici è aggravata dalla pan-demia di covid-19» e in cui si regi-strano «la deforestazione, gli incen-di, l’intensificazione delle attivitàestrattive», che rappresentano «ul-teriori fattori di contagio del coro-navirus tra le comunità indigene».

I dati delle persone infette da co-vid-19 nel Paese sudamericano con-tinuano a preoccupare non solo il

governo nazionale, ma anche l’O r-ganizzazione mondiale della sanitàche ha lanciato numerosi appelliper mantenere alta l’attenzione. Se-condo i dati della John HopkinsUniversity, i contagiati sono pocomeno di 2.500.000, mentre i decessihanno superato gli 87.600.

«L’Amazzonia — ha affermato ilpresidente della Conferenza episco-pale brasiliana, monsignor WalmorOliveira de Azevedo, arcivescovo diBelo Horizonte, intervenuto al lan-cio della campagna — è molto im-portante per il suo popolo, la sua

storia, per la fede cristiana che vi èstata coltivata». Di qui, l’app ellodel presule ad «amazzonizzare sestessi» col cuore e con la testa.

Inoltre, l’intero episcopato, nelproporre la partecipazione attiva ditutti i popoli in difesa dell’Amazzo-nia, del suo bioma e dei suoi abi-tanti minacciati nei propri territori,ha ricordato «una realtà di tante vi-te offese, espulse dalle loro terre,torturate e uccise in conflitti agrarie socio-ambientali, vittime di unapolitica guidata dagli affari e dagrandi progetti di sviluppo econo-mico che non rispettano i limitidella natura e della sua salvaguar-dia».

Proseguendo il cammino intra-preso dal Sinodo speciale perl’Amazzonia, svoltosi in Vaticanonell’ottobre del 2019, dunque, lacampagna “Amazzoniza-te” vuoleporre al centro della riflessione laquestione di questa grande areaverde e i rischi che essa corre, in-cluso quello della «distruzionedell’identità culturale».

Da ricordare che il neologismo“amazzonizzarsi” è stato usato perla prima volta nel 1986, in una let-tera pastorale dell’allora vescovo diRio Branco, monsignor MoacyrGrechi che, in quell’occasione, invi-tò i fedeli ad abbracciare la causadell’Amazzonia e la difesa dei suoip op oli.

SANTIAGO DEL CILE, 28. Alle crisisanitaria e socioeconomica che ilCile sta vivendo, purtroppo se neaggiunge una terza, quella politica,le cui conseguenze imprevedibilidovrebbero allertare tutti gli attorisociali del Paese sudamericano: l’al-larme è lanciato dall’arcivescovo diConcepción, monsignor FernandoNatalio Chomalí Garib, nell’edito-riale dell’ultimo numero del perio-dico diocesano «Diálogo», da luifondato undici anni fa. «La crisi sa-nitaria sta lasciando migliaia dimorti, migliaia di malati, migliaia difamiglie in lutto, e molta tristezza edisperazione», denuncia il presule,evocando anche «la crisi socioeco-nomica, con migliaia di licenzia-menti, migliaia di persone e di fa-miglie senza futuro, almeno a brevetermine».

«Sebbene la società civile sia riu-scita a rispondere parzialmente,consentendo un po’ di respiro, leconseguenze si vedranno più a lun-go», avverte il presule, ribadendoche «non esiste una fonte di violen-za più grande della fame, della di-sperazione e della sensazione disentirsi a terra». Ecco perché «tuttociò che fanno lo Stato, il mondodegli affari e la società civile orga-nizzata è oggi un’emergenza prima-ria».

Invece, deplora, le coalizioni po-litiche mostrano pubblicamente leloro divisioni interne, generandouna grave instabilità politica che si

tradurrà in una profonda ingoverna-bilità, prosegue monsignor ChomalíGarib, sottolineando poi la disaffe-zione dei partiti per lo sviluppodella vera politica e la ricerca delbene comune. L’arcivescovo diConcepción critica in particolarel’atteggiamento di quelle numerosepersone «che sanno usare con abili-tà le parole che penetrano in pro-fondità in coloro che non hanno ilpane garantito domani». Il presulecileno si rammarica con dolore chedi fronte al dramma che stiamo vi-vendo, non c’è stata una tregua po-

litica e che la leadership è sempreintrappolata nei suoi litigi interni.Esorta dunque: «È l’unità che ci fa-rà uscire da questa situazione chedanneggia la vita dei cileni; è il ri-conoscimento che la verità è sinfo-nica e quindi ognuno ha qualcosada offrire per raggiungere l’obietti-vo finale: il bene comune». Le trecrisi che sta vivendo il Paese, assicu-ra, «non permettono di vedere unfuturo chiaro e porteranno (...) me-no pace». «Penso sia giunto il mo-mento — conclude monsignor Cho-malí Garib rivolgendosi ai leader ci-leni — di maggiore consenso, reci-proca simpatia e soprattutto solida-rietà. Vi chiedo di farlo guardandocoloro il cui futuro dipende in granparte dalle politiche pubbliche, de-rivanti da chi ha il mandato solennedi portarle avanti».

Il Cile è tra i Paesi con il numerodi più alti contagi e di morti inAmerica latina. Il presidente Seba-stián Piñera ha presentato all’opi-nione pubblica un nuovo piano incinque tappe, denominato «passodopo passo», con cui si propone diportare gradualmente il Paese fuoridalle restrizioni imposte dalla pan-demia da coronavirus. Il capo delloStato ha spiegato che questo nuovopiano sarà avviato non appena sa-ranno revocate le quarantene che almomento riguardano dieci milionidi persone, oltre la metà della po-p olazione.

L’arcivescovo di LimaCarlos Castillo Mattasoglio

Page 7: Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI di MAU

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 29 luglio 2020 pagina 7

Nelle Filippine comunità religiose e movimenti della società civile contestano la nuova legge sull’a n t i t e r ro r i s m o

La paceè l’unica via per la pace

di PAOLO AF FATAT O

C’è fermento e mobilitazionenella società delle Filippi-ne, l’arcipelago definito “il

polmone cattolico” d’Asia. Cittadini,comunità religiose, associazioni, mo-vimenti della società civile, gruppiper i diritti umani, accademici, avvo-cati, studenti continuano a indirecortei e manifestazioni per deplorarel’approvazione e l’entrata in vigoredella legge anti-terrorismo, avvenutail 18 luglio scorso, promossa e sban-dierata come “una conquista” dalpresidente Rodrigo Roa Duterte edal suo governo, che detiene salda-mente la maggioranza in Parlamen-to. Anche ieri le strade di Manilasono state teatro di manifestazioni.

In un clima sociale piuttosto sur-riscaldato, i vescovi filippini hannofatto sentire la loro voce, scrivendouna lettera pastorale che è stata lettain tutte le chiese del Paese: «Nelmezzo di questo panorama politicodesolato, troviamo consolazione neigruppi di avvocati e cittadini ordi-nari che hanno presentato petizionidinanzi alla Corte suprema, metten-do in discussione la costituzionalitàdella nuova legge firmata. Il massi-mo livello della nostra magistraturafarà valere la sua indipendenza, oanche loro cederanno alle pressionipolitiche?». Il documento — firmatodal vescovo di Kalookan, Pablo Vir-gilio S. David, presidente ad interimdella Conferenza episcopale delleFilippine (dopo l'indisposizione disalute che ha colto il presidente

Lo spirito della Chiesa è quellodella “collaborazione critica” con ilpotere: cita Karl Popper il teologo esacerdote lazzarista, Daniel FranklinPilario, mentre spiega a «L’O sserva-tore Romano» lo stato e le ragionidella mobilitazione: «La tirannide èsempre dietro l’angolo e l’unica ar-ma è non smettere mai di vigilare».Il religioso ricorda una stagione cheha portato le Filippine alla libera-zione della dittatura: «Ero qui, inqueste stesse strade, con una folla dipersone, il 24 e 25 febbraio 1986,quando ero ancora un giovane semi-narista. Oggi, rivivo nuovamenteciò che ho provato durante i giornidel “People Power”: l’emozione, ildisgusto, la rabbia, la dedizione,l’impegno dei giovani», racconta, ri-ferendosi alla cosiddetta “R i v o l u z i o-

ziali che vedo da vicino, per le ve-dove e gli orfani. Deploro tutte leazioni di questo governo che sonocontro la sensibilità e la dignitàumana che i miei genitori, i miei in-segnanti e le mie guide spirituali mihanno insegnato nella vita. È tempodi resistere».

La Chiesa, notano i leader cattoli-ci, è certamente contro il terrorismo,«tuttavia, non desideriamo affronta-re la violenza e la rabbia cieca conancora maggiore violenza o legitti-mando il terrore. Vorremmo piutto-sto impegnarci — nota padre Pilariofacendosi interprete del pensiero deicattolici filippini — nel difficile com-pito di costruire una cultura cheascolta, che non tralascia, che nonscarta o rifiuta nessuno, che accogliele differenze. Una cultura dell’ascol-to inclusivo spoglierà gli estremistidi ogni ragione. La pace è l’unicavia per la pace».

I cattolici filippini ritengono chela nuova legge non porterà pace, ar-monia, ed esortano la popolazione avigilare sulle azioni del governo, adenunciare qualsiasi forma di viola-zione dei diritti umani. «La legge —spiega padre Pilario — limita e com-prime alcune norme e pratiche cheproteggono i diritti umani fonda-mentali. Il dissenso legittimo o il di-ritto di critica, segni di una demo-crazia sana e funzionante, possonoessere interpretati erroneamente co-me un incitamento a commettere unatto terroristico. Usare questa leggeper mettere a tacere critici e detrat-tori darà a questo governo il via li-

Il Congresso delle Filippine haapprovato la legge antiterrorismo il3 giugno scorso, con 173 legislatoriche hanno dato voto favorevole, 31membri contrari e 29 astenuti. Lalegge, firmata il 3 luglio dal capodello Stato, ed entrata ufficialmentein vigore 15 giorni dopo, conferiscepoteri senza precedenti all’esecutivo.Un nuovo organo chiamato “Consi-glio antiterrorismo” — composto daalti funzionari politici e militari —ha il potere di ordinare l’arresto, ilcongelamento dei beni o la sorve-glianza di individui e organizzazionisospettati di essere terroristi. Il fattoche membri dell’esecutivo esercitinopoteri che dovrebbero essere appan-naggio della magistratura destapreoccupazione, minando il princi-pio della separazione di poteri. Il te-sto di legge, notano i gruppi per idiritti umani, spiana la strada all’au-toritarismo su vasta scala, permet-tendo al presidente e al governo diliberarsi dei rivali politici e dei dissi-denti. L’ampia definizione di “t e r ro -rismo” include, infatti, l’incitamentoa presunte "attività terroristiche" me-diante discorsi, scritti e striscioni.L’amministrazione Duterte ha spes-so etichettato i politici dell’opp osi-zione, attivisti, sindacalisti e avvoca-ti per i diritti umani come “t e r ro r i -sti” o “comunisti”, equiparando l’at-tivismo e il dissenso alla violenzapolitica volta a rovesciare il governo.La legge consente inoltre alle autori-tà di arrestare i “sospetti terroristi”senza mandato e di trattenerli per 14giorni, prorogabili a 24 giorni, senzaaccuse comprovate.

La Chiesa cattolica nelle Filippi-ne, nelle sue articolazioni istituzio-nali (vescovi, ordini religiosi) e co-munitarie (parrocchie, movimentiecclesiali, gruppi di fedeli) non è af-fatto estranea al fermento che attra-versa la politica, la società, i mass-media e condivide l’allarmismo perl’erosione del sistema democraticonella nazione. «Alla luce della fede— hanno ammonito i Superiori mag-giori degli ordini religiosi maschili efemminili — non possiamo in co-scienza aderire ad una legge chepuò danneggiare la dignità umana ei diritti umani. In un momento incui la nostra gente sta combattendogli effetti del covid-19, non troviamoalcun motivo plausibile per approva-re una legge che non serve ad alle-viare la loro misera situazione». I re-sponsabili delle congregazioni reli-giose cattoliche maschili e femminilihanno accolto con favore l’iniziativadi avvocati e di altri leader civili chehanno presentato vari ricorsi allaCorte suprema, definendo la legge«draconiana e incostituzionale».

monsignor Romulo G. Valles, arci-vescovo di Davao) — rileva le critici-tà del sistema democratico: le falseaccuse di “sedizione” portate controil clero; la lunga scia di omicidi rela-tivi alla “guerra alla droga”; la pro-lungata detenzione della senatricedell’opposizione Leila de Lima; e lachiusura dell'emittente Abs-Cbn —che aveva apertamente criticato ilpresidente Duterte — la cui conces-sione per le trasmissioni non è statarinnovata dal Parlamento. Deploran-do il modo in cui «le pressioni poli-tiche dall’alto» hanno influenzato ilegislatori, che non hanno ascoltato«le voci dal basso», i vescovi hannoinvitato tutto il popolo di Dio a unaspeciale preghiera per il bene comu-ne della nazione.

ne dei Rosari”, il vasto movimentopopolare che pose fine alla dittaturadi Ferdinand Emmanuel Edralin-Marcos. Facendosi interprete di tan-ti sacerdoti e religiosi filippini, ag-giunge: «Anche io protesto controquesta legge pericolosa e ingiusta.Piango per le uccisioni extragiudi-

bera per promuovere inefficienza,inettitudine e abusi». Il sacerdotevincenziano è firmatario di un ap-pello del clero di Manila che rileva«gravi preoccupazioni in base all’or-dine morale, ai diritti fondamentalidell’uomo e agli insegnamenti delVa n g e l o » .

Il ruolo della Chiesa nel processo di dialogo in Myanmar

Un’armonia che fa ben sperare

Appello del World Council of Churches contro il nucleare

Il futuronel cuore

GINEVRA, 28. Un rinnovato appelload abbandonare ogni forma di in-vestimento nel nucleare e del suoutilizzo nel triste ricordo della de-vastante esperienza di Hiroshima eNagasaki, il 6 e 9 agosto di settan-tacinque anni fa. È quello lanciatodal World Council of Churches(Wcc) che, attraverso dei post suipropri blog, ha presentato riflessio-ni ed esperienze di quanti hanno acuore il futuro del pianeta, liberodall’incubo dell’atomica. L’o rg a n i -smo ecumenico sottolinea come peranni i sopravvissuti alle radiazioniabbiano portato sul proprio corpo isegni dell’impatto presenti nell’at-mosfera e nelle risorse idriche, condecessi sopravvenuti dopo atrocis o f f e re n z e .

Il trattato sulla proibizione dellearmi nucleari (Tpnw), adottato dal-le Nazioni Unite nel 2017 e che ve-de la partecipazione di oltre 135Paesi, contiene nuovi standard nor-mativi di diritto internazionale con-tro il possesso, lo sviluppo e l’uti-lizzo di ordigni atomici. Un accor-do nel quale, sottolinea il Wcc, so-no stati gettati semi di speranza,dal momento che molte banche eistituzioni finanziarie hanno neltempo progressivamente disinvestitoda società coinvolte nella produzio-ne di armi nucleari. In vista dell’an-niversario è stato anche ricordatodalle Chiese cristiane il principioaffermato durante la prima assem-blea del Wcc, nel 1948, quando sidichiarò che la guerra con armi ato-miche è «un peccato contro Dio eun degrado dell’uomo». Daquell’anno l’organismo non ha maismesso di tenere alta l’attenzione suun tema fondamentale per i destinidel genere umano, avvertendo inol-tre che mai come in questo tempodi contagio globale da covid-19 si èpotuto intravedere come sarebbe la

vita sulla Terra dopo un attacco nu-cleare. La pandemia infatti, osservail Wcc, sta oggi incidendo pesante-mente su salute, ambiente ed eco-nomie legate tra loro, con effettiche si protrarranno per anni allostesso modo di un’esplosione ato-mica. Di qui pertanto la necessitàche sempre più Stati riconoscanol’importanza del Trattato, aiutati inquesto dal “pesante fardello” imp o-sto ai governi di tutto il mondo dalcoronavirus, con il plauso tributatodalle Chiese cristiane a Namibia,Lesotho, Botswana, Belize e IsoleFiji per essersi recentemente unitealla ratifica del documento.

In uno dei vari blog del Wcc sultema è raccolta la testimonianza delvescovo Heinrich Bedford-Strohm,presidente del Consiglio della Chie-sa evangelica in Germania (Ekd),che ha ricordato il suo pellegrinag-gio ecumenico in Giappone in oc-casione del settantesimo del lanciodell’ordigno. «Sono venuto a Hiro-shima — ha scritto il presule — p erascoltare i sopravvissuti al bombar-damento atomico. Le loro storie da-vano il volto all’enorme numero dimorti e alla sofferenza inimmagina-bile degli abitanti di Hiroshima eNagasaki che morirono o, come so-pravvissuti, subirono per tutta la vi-ta le conseguenze delle bombesganciate. Insieme abbiamo rinno-vato la lotta contro le armi nuclea-ri», su cui ancora molti Paesi conti-nuano a fare affidamento nelle pro-prie politiche di difesa. «“Beati glioperatori di pace” disse Gesù neldiscorso della montagna», ha riba-dito il vescovo. «Dobbiamo com-prendere questa frase come uncompito di vasta portata per noicristiani nel seguire il Signore. Sap-piamo tutti che nel mondo globa-lizzato “fare la pace” non è semprefacile e non sempre chiaro».

NAY P Y I D AW, 28. «La Chiesa cattoli-ca ha avuto e ha tuttora un ruoloimportante nel processo di pace inMyanmar. E possiamo dire con sod-disfazione che nello Stato Kayah ilcessate-il-fuoco regge ormai da annie senza nessun episodio di violenzanegli oltre cinque anni del mio ser-vizio come vescovo della diocesi»:parole di monsignor Stephen Tje-phe, vescovo di Loikaw, capitaledello Stato Kayah, uno dei luoghidel Myanmar dove la presenza cat-tolica è una realtà molto significati-va, tanto che lo Stato viene spessodefinito la “roccaforte del cattolice-simo”, con circa il 30 per cento dicattolici tra la popolazione, mentrela media nazionale del Myanmar ècirca l’1 per cento.

Il fatto che non si ricorra all’uti-lizzo delle armi, secondo monsignorTiephe, è dettato dal fatto che «inquesta regione del Paese — ha rac-contato all’agenzia Fides — le paroledi un sacerdote vengono ascoltateperché accade che, tra gli uomini inarmi, vi siano molti cattolici, chehanno quindi fiducia nella Chiesa».Gli uomini che detengono le armihanno aderito all’appello di nonusarle. «Del resto — aggiunge il ve-scovo — abbiamo rapporti anchecon l’esercito e nell’appello alla tre-gua, lanciato dal cardinale CharlesMaung Bo, arcivescovo di Yangon,tutti abbiamo firmato questa richie-sta di pace, rivolgendoci a tutti ibirmani, nessuno escluso».

Il vescovo di Loikaw con orgo-glio sottolinea come «nel nostroStato in ogni villaggio si trova unacappella e molti sacerdoti birmani sisono formati qui, nei nostri centrireligiosi». Colpisce, arrivando nelKayah, il numero di chiese che siincontrano. Maestose, come la nuo-va cattedrale di Loikaw, o piccole edisseminate lungo la strada o neivillaggi. Si alternano alle pagode,aggiunge il vescovo, «vi sono anchemoschee oltre ai luoghi di cultoprotestanti. La gente convive in pa-ce e tolleranza. E i nostri rapportisono ottimi con i buddisti, i prote-stanti, i musulmani».

La presenza cattolica in questa re-gione è iniziata alla fine del 1800con l’arrivo dei primi missionari delPime, sino a quando padre Anto-niuo Cazzuloni, nel 1893, si stabilì aSolyaku, a 30 chilometri da Loikaw.Oggi gli oltre 90.000 cattolici delKayah possono contare su 41 par-rocchie in quasi 300 villaggi, uncentinaio di sacerdoti, oltre 230 suo-re e oltre 220 catechisti. Ma la con-sistente presenza cattolica non èl’unica particolarità del Kayah, cheè l’unico Stato del Myanmar a nonavere un solo caso di covid-19. «Èanche vero – continua monsignorTjephe — che qui non si fanno mol-ti test ma le misure di precauzionesono state osservate con attenzionee rigore. La cattedrale, come le altrechiese e gli altri luoghi di ogni cul-to, è chiusa al pubblico e teniamo lamessa in diretta via Facebook. Pos-

siamo dare ai fedeli la santa Eucare-stia — aggiunge — è possibile masoltanto a gruppi di 4 persone». Itamponi per il covid-19, spiega an-cora il presule, vengono sommini-strati a coloro che rientranodall’estero. «Per oltre due mesi lacapitale Loikaw è stata in regime dilockdown. Anche nei villaggi le re-gole si rispettano, anche se forsecon meno attenzione. Quanto a noicattolici, ci siamo dati da fare, dan-do il nostro contributo distribuendomascherine e disinfettanti ma anchefacendo informazione».

Quella del Kayah resta una realtàsorprendente anche dal punto di vi-sta etnico con una mescolanza dilingue, dialetti, tradizioni in una re-gione dove il 75 per cento degli abi-tanti appartiene a minoranze etni-che. «In molti casi sopravvivonocredenze animistiche che fanno par-te di una tradizione secolare» sotto-linea il vescovo mostrando una salanella sua residenza. Alle pareti visono i ritratti dei missionari, padridella fede, in una sorta di lungagalleria di immagini di famiglia.Tutti italiani i primi e, tra questi,anche chi ha pagato la sua missionecon il martirio come padre MarioVergara, ucciso con il catechista lo-cale Isidoro, a Shadaw nel 1950. Daalcuni anni, però, i nomi dei preti edei vescovi nei quadri alle pareti so-no tutti birmani, segno della cresci-ta e dello sviluppo della Chiesa lo-cale, che ha fatto tesoro dell’e re d i t àdei missionari.

Page 8: Non lasciateli soli è l’ora del coraggio...Nell’alleanza tra le generazioni indicata da Francesco c’è il ricordo di nonna Rosa e, poi, il rapporto con Benedetto XVI di MAU

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 29 luglio 2020

A colloquio con padre Gianfranco Graziola, missionario nelle carceri del Brasile

La vera pandemiaè l’i n d i f f e re n z a

La prefazione del Papaal libro «Comunione e speranza»

Testimoniare la fedeal tempo

del coronavirus«Comunione e speranza» è il titolo scelto dalla Li-breria editrice vaticana - Dicastero per la comuni-cazione, per la versione italiana di una pubblicazio-ne a cura di Walter Kasper e George Augustin(Città del Vaticano, 2020, pagine 166, euro 13).Come recita il sottotitolo, il lavoro del cardinalepresidente emerito del Pontificio consiglio per lapromozione dell’unità dei cristiani e del sacerdotetedesco che ha fondato e dirige l’istituto intitolato alporporato suo connazionale, raccoglie contributi sucome «testimoniare la fede al tempo del coronavi-rus». Di seguito riportiamo la Prefazione scritta daPapa Francesco.

La crisi da coronavirus ha sorpreso tutti noicome una tempesta improvvisa, cambian-do tutt’a un tratto e ovunque nel mondo

la nostra vita familiare, lavorativa e pubblica.Tanti piangono la morte di parenti e amici cari.Molte persone sono in difficoltà dal punto divista economico o hanno perso il posto di lavo-ro. In vari Paesi proprio a Pasqua, la solennitàprincipale della cristianità, non si è più potutacelebrare in maniera comunitaria e pubblical’Eucaristia e attingere forza e consolazione daisacramenti.

Questa situazione drammatica ha reso eviden-te tutta la vulnerabilità, l’inconsistenza e il biso-gno di riscatto di noi uomini e ha messo in di-scussione molte certezze, sulle quali ci siamobasati nella nostra vita quotidiana per i nostripiani e i nostri progetti. La pandemia ci ponedegli interrogativi fondamentali sulla felicitànella nostra vita e sul tesoro della nostra fedecristiana.

Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui)Commissione vaticana COVID-19

Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza:ecco la forza della fedeche libera dalla paura e dà speranza

(Francesco, Momento straordinario di preghiera27 marzo 2020)

Online

UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

Linee guida per la crisi

______

Questa crisi rappresenta un segnale di allar-me che porta a riflettere su dove poggiano leradici più profonde che sostengono noi tuttinella tempesta. Ci ricorda che abbiamo dimenti-cato e trascurato alcune cose importanti dellavita e ci fa riflettere su cosa sia veramente im-portante e necessario e cosa invece sia meno im-portante o lo sia solo in apparenza. È un tempodi prova e di scelta affinché possiamo orientarela nostra vita in modo rinnovato a Dio, nostrosostegno e nostra meta. Questa crisi ci ha mo-strato che proprio nelle situazioni di emergenzadipendiamo dalla solidarietà degli altri e invitaa mettere la nostra vita al servizio degli altri inmodo nuovo. Ci deve scuotere dall’ingiustiziaglobale affinché possiamo svegliarci e sentire ilgrido dei poveri e del nostro pianeta così grave-mente malato.

Nel pieno della crisi da coronavirus abbiamocelebrato la Pasqua e ascoltato il messaggio pa-squale della vittoria della vita sulla morte. Que-sto messaggio sottolinea che in quanto cristianinon dobbiamo lasciarci paralizzare dalla pande-mia. La Pasqua ci dona speranza, fiducia e co-raggio, ci rafforza nella solidarietà. Ci dice disuperare le rivalità del passato e di riconoscercimembri di una grande famiglia che va al di làdi ogni confine e nella quale ognuno porta i pe-si dell’altro. Il pericolo del contagio da un virusdeve insegnarci un altro tipo di “contagio”,quello dell’amore, che si trasmette da cuore acuore. Sono grato per i tanti segni di disponibi-lità all’aiuto spontaneo e d’impegno eroico delpersonale della sanità, dei medici e dei sacerdo-ti. In queste settimane abbiamo sentito la forzache veniva dalla fede.

La prima fase della crisi da coronavirus, nellaquale non sono state possibili le celebrazionipubbliche dell’Eucaristia, ha rappresentato permolti cristiani un tempo di doloroso digiunoeucaristico. Molti hanno sperimentato che il Si-gnore è presente ovunque due o tre sono riunitinel suo nome. La trasmissione mediatica dellecelebrazioni eucaristiche è stata una soluzionedi emergenza per la quale molti sono stati rico-noscenti. Ma la trasmissione virtuale non puòsostituire la presenza reale del Signore nella ce-lebrazione eucaristica. Così mi rallegro perchéora ci è possibile tornare alla normale vita litur-gica. La presenza del Signore risorto nella suaParola e nella celebrazione eucaristica ci darà laforza che ci serve per affrontare i difficili pro-blemi che ci attendono dopo la crisi.

Il mio augurio e la mia speranza è che le ri-flessioni teologiche contenute in questo volu-metto spingano alla riflessione e suscitino inmolte persone una nuova speranza e una nuovasolidarietà. Come con i due discepoli sulla stra-da verso Emmaus, anche in futuro il Signore ciaccompagnerà lungo il cammino con la sua Pa-rola e spezzando il Pane eucaristico ci dirà:«Non abbiate paura! Io ho vinto la morte».

Per la Giornata dei lavoratori rurali

C o n d i v i d e rei prodottidella terra

«A nome di Papa Francesco e anche daparte mia, vogliamo esprimere la nostragioia per il bel gesto di distribuzione dicibo che le famiglie della Riforma agra-ria in Brasile stanno compiendo in que-sti tempi di Covid-19». Lo ha scritto ilcardinale Michael Czerny, sotto-segreta-rio della Sezione migranti e rifugiati delDssui, in un messaggio inviato in occa-sione della Giornata dei lavoratori rura-li, celebrata nel Paese latinoamericanosabato scorso, 25 luglio.

Ringraziando il “Movimento dei sen-za terra” (Mst) che ha distribuito allefamiglie povere più di 2.500 tonnellatedi cibo, il porporato sottolinea come«condividere i prodotti della terra peraiutare le famiglie bisognose nelle peri-ferie delle città è un segno del Regno diDio che genera solidarietà e comunionefraterna». Ricordando in propositol’episodio evangelico della moltiplicazio-ne dei pani e dei pesci, il cardinaleCzerny ha aggiunto che «la condivisio-ne produce vita, crea legami fraterni,trasforma la società», con la speranza«che questo gesto si moltiplichi e inco-raggi altre persone e gruppi a fare lostesso».

Infine ha concluso auspicando «chelo Spirito Santo vi protegga dal virus evi dia coraggio e speranza in questotempo di isolamento sociale!».

di FRANCESCO RICUPERO

«È un grosso sbaglio pensare cherinchiudendo in carcere un indi-viduo si possano risolvere i pro-

blemi della società. All’interno delle prigio-ni l’essere umano non è più padrone di sestesso; i penitenziari svuotano le personeriducendole a nullità, diventando solo luo-ghi di punizione e di controllo, soprattuttodei più poveri e dei giovani delle perife-rie»: ne è fermamente convinto padreGianfranco Graziola, missionario dellaConsolata da vent’anni in Brasile, direttore-presidente dell’Associação de Apoio e Acompa-nhamento (Asaac) in seno alla pastorale car-ceraria nazionale brasiliana che, all’«O sser-vatore Romano», racconta le difficili con-dizioni dei detenuti e delle detenute inquesto particolare momento di emergenzasanitaria caratterizzata dalla pandemia dacovid-19, la quale ha provocato oltre2.442.000 contagi e più di 87.600 morti.«Dobbiamo far fronte comune — spiega —per impedire che si crei malcontento tra lapopolazione che, oltre ad avere paura delcoronavirus, rischia di morire di fame. LaChiesa sta facendo tutto il possibile peraiutare, ma da sola non basta. Occorrecoinvolgere le istituzioni».

Qual è il vostro impegno per un carcere dalvolto umano?

La pastorale carceraria in Brasile è total-mente differente da altre esperienze nelmondo, in particolare rispetto a Europa,Stati Uniti d’America, Asia e Oceania e al-la stessa America latina dove opera il cap-pellano penitenziario, figura inesistente danoi. Qui, la pastorale carceraria è realizzatadal Popolo di Dio, laici e laiche, consacratie consacrate, religiosi e religiose, sacerdotie vescovi che settimanalmente, quindicinal-mente o mensilmente visitano i penitenzia-ri nei ventisette stati del Brasile e nel di-stretto federale dove si trova la capitaleBrasília. Esiste un coordinamento naziona-le che a sua volta si ramifica a livello stata-

le, regionale e diocesano. Il grande svilup-po della pastorale carceraria nella sua for-ma attuale è iniziato con la Campagna difraternità del 1997 il cui tema era: “Fr a t e r -nità e i carcerati” e lo slogan “Cristo liberada tutte le prigioni”. Ma c’è un altro even-to il “Massacro di Carandiru” nel quale, il2 ottobre 1992, 111 reclusi nell’allora istitutopenitenziario furono crudelmente uccisidalla polizia militare. Oggi, in questo luo-go, bagnato dal sangue di tanti fratelli,sorge il parco della gioventù intitolato alcompianto cardinale Paulo Evaristo Arns.La pastorale carceraria in Brasile ha comeprincipio di fondo e sua meta la costruzio-ne di un “Mondo senza carcere” rifacendo-si al discorso di Gesù nella sinagoga diNazareth (Luca 4, 18-19) e alla lettera diSan Paolo ai Galati 5, 1. La stessa enciclicaLaudato si’ viene a rafforzare ulteriormentequesta nostra convinzione quando affermala necessità di una conversione ecologicaintegrale.

Qual è il vostro rapporto com le famiglie deidetenuti?

La quotidianità della pastorale carcerariaè la visita ai nostri fratelli e sorelle in pri-gione mettendo in pratica il Vangelo: «Eroin carcere e siete venuti a visitarmi» (Ma t -teo 25, 36). Per questo gli agenti della pa-storale quando entrano in carcere vanno aincontrare Gesù e si mettono al suo ascoltoper cogliere la presenza misericordiosa diDio. La crescita a dismisura in questi ulti-mi decenni delle detenute (700 per cento)ha fatto nascere nell’ambito della pastoraleil dipartimento della “Donna incarcerata”che oggi ha una coordinatrice nazionale.La celebrazione nel 2017 dei 300 anni delritrovamento dell’immagine della Madonnanel fiume Paraiba, a nord dello stato diSan Paolo, da qui il nome di “A p a re c i d a ”,ci ha ispirati a celebrare questo giubileopensando a “Maria e alle Marie in carce-re ”, non solamente alle recluse, ma a tuttele madri, spose, figlie, sorelle che settima-nalmente si mettono in fila davanti alle

prigioni portando con loro lo stigma diuna società diseguale e selettiva. Ne è natauna nuova dimensione della pastorale car-ceraria che è una relazione con le famigliedei detenuti e delle detenute che contribui-sce alla loro organizzazione in associazioni,coinvolgendole e rendendole protagonistedel progetto “Mondo senza carcere”.

Cosa fate nello specifico?

Le pastorali che si ispirano alla Dottrinasociale della Chiesa, e che nel Brasile sonoraggruppate nella Commissione episcopalepastorale per l’azione socio-trasformatrice,devono contribuire, a partire dal Vangelo,a una trasformazione effettiva della societàcostruendo quella che san Paolo VI chiama-va “Civiltà dell’a m o re ”. Coscienti, come di-ceva Montini, che l’annuncio della Buonanovella va di pari passo con la promozioneumana, non possiamo non occuparci dipolitica, di bene comune, l’espressione piùalta della carità, combattendo le cause cheportano alla detenzione di massa come av-viene per gli spacciatori e i consumatori didroga. Per questa ragione dal 2013, assiemea organizzazioni della società civile, abbia-mo individuato alcuni punti, definiti “i die-ci comandamenti della pastorale carcera-ria”, che abbiamo inserito nella Agenda pelod e s e n c a ra m e n t o , “agenda per la scarcerazio-ne”.

Quali sono i punti centrali?

Il documento abbraccia i temi crucialidel sistema carcerario e avanza alcune ri-chieste come la sospensione di fondi desti-nati alla costruzione di nuove unità; la ri-duzione della popolazione carceraria e del-la violenza prodotta negli istituti di pena;modifiche alla legge per limitare il carcerepreventivo; il cambiamento della politicadi lotta alla droga; snellimento del sistemapenale; apertura a meccanismi di controllosociale; divieto di privatizzazione del siste-ma; prevenzione e lotta contro la tortura;smilitarizzazione.

Come viene percepita la vostra attività all’in-terno degli istituti di pena?

Oggi la pastorale carceraria gode dellafiducia sia dei detenuti sia delle loro fami-glie, e ha una credibilità che si è costruitanel tempo anche nel campo strettamentegiuridico e tecnico. Ciò fa sì che venga ri-spettata dalle istituzioni e dalle numeroseorganizzazioni civili e non governative cheseguono le questioni penali. Noi denuncia-mo costantemente il sovraffollamento, frut-to di un processo di carcerazione di massache vìola la costituzione e la burocrazia delsettore. Infatti, nelle prigioni brasiliane ab-biamo un buon 40 per cento di detenuti/e,e in alcuni stati come l’Amazonas addirit-tura il 60 per cento, che sono “p ro v v i s o r i ”,cioè non sono stati ancora ascoltati da ungiudice o sono in attesa di condanna defi-nitiva.

Di recente migliaia di detenuti sono stati libe-rati per paura che il coronavirus si diffondaulteriormente. Non pensa che in questo modopossa aumentare la violenza nel Paese?

La realtà carceraria in Brasile è pessima:mancano servizi basilari come l’assistenzamedica, il rispetto delle norme igieniche,un’alimentazione sana, la manutenzionedegli edifici. Per esempio, visitando un isti-tuto la cui capienza era di 140 persone, vierano 1400 detenuti, molti dei quali avreb-bero dovuto essere soltanto oggetto di po-litiche sociali.

Secondo lei, in epoca di pandemia è necessarioche intervenga la politica a determinare normead hoc, in linea con le attuali circostanzee m e rg e n z i a l i ?

Per sanare questa realtà e rispondere allegravi questioni sociali i Governi pensanodi risolvere i problemi affidando ai privatila gestione del sistema penale. Noi non vo-gliamo assistere ai massacri all’interno delleprigioni come è avvenuto a Manaus nel2017 e nel 2019. La pastorale e altre orga-nizzazioni continuano a denunciare losfruttamento e la commercializzazione diun sistema carcerario sempre più crudele einumano.

Il Brasile è il secondo Paese più colpito almondo da covid-19: c’è qualcuno che pensa aidetenuti e alle famiglie?

In realtà il sistema carcerario vive co-stantemente varie forme di pandemia. L’ul-timo esempio lo troviamo a Boa Vista, nel-lo stato di Roraima, dove nella Penitenzia-ria agricola di Monte Cristo dal 2019 si re-gistra un’epidemia di scabbia. Solo la de-nuncia dei familiari, sostenuti dalla pasto-rale carceraria, è riuscita ad evitare un nu-mero elevato di morti che purtroppo anchein questa occasione non sono mancati. Inquesti mesi, oltre alla preoccupazione perl’arrivo del covid-19 nelle carceri brasiliane

e l’elevato numero di contagi e di vittime,quello che preoccupa noi e le famiglie deidetenuti è l’ambiente insalubre, le condi-zioni alimentari e sanitarie e l’imp ossibilitàdi fare visita ai detenuti. Da mesi, migliaiadi famiglie non hanno notizie dei loro cari.Per questa ragione, il difensore civico, al-cune organizzazioni della società civile e lapastorale carceraria hanno chiesto l’instal-lazione di telefoni pubblici all’interno delleunità carcerarie.

Papa Francesco in diverse occasioni ha ribadi-to che quello del sovraffollamento è un proble-ma che riguarda varie parti del mondo. IlBrasile è sicuramente un Paese a rischio?.

La scarcerazione di alcune centinaia dicarcerati e carcerate avvenuta di recente èstata bollata dalla stampa come un seriopericolo. La realtà però è ben diversa. Ilvirus sta provocando migliaia di vittime.La violenza nella società non è provocatadalla scarcerazione dei detenuti, ma da al-tri fattori. Questo ci induce a pensare chela vera pandemia non è altro che l’indiffe-renza denunciata più volte dal Pontefice.

Di recente è stato inviato a tutti gli operatoricarcerari un sondaggio on- line anonimo sullasituazione delle donne e in particolare dellemamme detenute con i loro figli. Cosa pensaal riguardo?

Un capitolo importante della situazioneattuale è la realtà del mondo femminile incarcere che soffre doppiamente. Visito set-timanalmente il più grande penitenziariofemminile del Brasile con oltre 2.000 dete-nute, a San Paolo, e dai dialoghi edall’ascolto avverto sempre una grandepreoccupazione per i figli. A moltissimemadri, rinchiuse in cella, viene impedito diabbracciare il proprio bambino. Al mo-mento, le leggi permettono gli arresti do-miciliari solo alle gestanti e alle madri configli fino a 12 anni. Riteniamo che la scar-cerazione sia la strada giusta per creareuna nuova società perché, chi meglio diuna madre può educare i propri figli? For-se, più che giudicare e condannare siamochiamati a lavorare per creare politichepubbliche che diano alle donne l’opp ortu-nità di rifarsi una nuova vita.

Parlando di detenzione lei fa riferimento allaLaudato si’. Perché?

La questione carceraria è una pandemiaanteriore al covid-19 che la rende ancorapiù attuale e richiama la nostra attenzione.Occorrono politiche pubbliche serie perpoter superare e curare la pandemia che èrappresentata dal carcere. Dobbiamo lavo-rare per un “Mondo senza carcere”. Comericorda il Papa nella sua enciclica dobbia-mo impegnarci per un’ecologia integrale,custodendo la casa comune per il “buonv i v e re ” di tutti.

«Esprimere la sollecitudine e l’amore del-la Chiesa per l’intera famiglia umana difronte alla pandemia di Covid-19, soprat-tutto mediante l’analisi e la riflessionesulle sfide socio-economiche e culturalidel futuro e la proposta di linee guidaper affrontarle». La Commissione vatica-na COVID-19 è presente anche on line. Ilsito web, pubblicato all’interno del porta-le del Dicastero per il servizio dello svi-luppo umano integrale, raccoglie le attivi-tà dei cinque gruppi di lavoro (agireadesso per il futuro, guardare al futurocon creatività, comunicare la speranza,cercare dialogo e riflessioni comuni, so-stenere per custodire) e dedica uno spa-zio di riflessioni spirituali «che servonoall’anima per trovare forza e motivazioneper andare lieta incontro al futuro». Èpossibile inoltre iscriversi alla newsletter

per ricevere ogni settimana i risultati dellavoro di ricerca e riflessione scientificadella Commissione sui temi di sicurezza,economia, ecologie e salute. Tra i mediavaticani, imponente lo sforzo di Vaticannews che, all’indirizzo internet www.vati-cannews.va/it/events/covid-19.html, pub-blica una raccolta quotidiana e sempreaggiornata di notizie: “Speciale Covid-19oltre la crisi”.

www.humandevelopment.va/it/vatican-co -vid-19.html