non chiamateci bambole

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| 003 | GIUGNO 09 16 SONO RAGAZZE NORMALISSIME. CHE A DANZA E TIVù PREFERISCONO LA MISCHIA E UNA PALLA OVALE. Polifemo è un’associazione di fotografi professionisti con base a Milano, che si propone di diffondere la cultura dell’immagine e della comunicazione visiva. P artiamo da un presupposto: non amo lo sport, o quantomeno, non l’ho mai ama- to prima d’ora. Sarà perché mi hanno cresciuta con il calcio anche a colazione (mio padre giocava nel Novara) o forse, più sempli- cemente, perché sono troppo pigra per pensare di abbandonare l’auto per giungere alla meta. E allora perché dedicare un servizio al rugby? “E perché no?”. Questa domanda mi fa anco- ra sorridere: è la stessa che mi ha spinto a scen- dere a in campo, all’Adriano Chiolo di Monza. Ma se vi immaginate di incontrare nelle mie foto uomini grandi, grossi e duri, rimarrete delusi. | FOTOGRAFIE E TESTO | ALESSIA GATTA | A CURA DI | POLIFEMO | www.polifemo.org non chiamateci bambole fotoreportage urbano Perché quello scotch alle dita? “Vorrai mica che mi rompano le unghie?!?”. Eleonora Suardi, 17 anni seconda linea Il rugby è come un uragano, ti attrae e ti strappa via dal quotidiano. È una grande famiglia. Non ci si abbandona mai. Né dentro né fuori dal campo. Saresti capace di rinunciare alla tua famiglia? Io no. Debora D’Avola, 20 anni capitano senior

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Terre di Mezzo | fotoreportage urbano | a cura di Polifemo | "non chiamateci bambole" fotografie di Alessia Gatta

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| 003 | giugno 0916

Sono ragazze norMaliSSiMe. CHe a danza e tiVù PreFeriSCono la MiSCHia e una Palla oVale.

≈ polifemo è un’associazione di fotografi professionisti con base a milano, che si propone di diffondere la cultura dell’immagine e della comunicazione visiva.

p artiamo da un presupposto: non amo lo sport, o quantomeno, non l’ho mai ama-to prima d’ora. Sarà perché mi hanno

cresciuta con il calcio anche a colazione (mio padre giocava nel Novara) o forse, più sempli-cemente, perché sono troppo pigra per pensare di abbandonare l’auto per giungere alla meta. E allora perché dedicare un servizio al rugby?

“E perché no?”. Questa domanda mi fa anco-ra sorridere: è la stessa che mi ha spinto a scen-dere a in campo, all’Adriano Chiolo di Monza. Ma se vi immaginate di incontrare nelle mie foto uomini grandi, grossi e duri, rimarrete delusi.

| FotograFie e teSto | alessia gatta

| a Cura di | pOliFemO | www.polifemo.org

non chiamatecibambole

fotoreportage urbano

Perché quello scotch alle dita?“Vorrai mica che mi rompano le unghie?!?”.

eleonora Suardi, 17 anniseconda lineaIl rugby è come un

uragano, ti attrae e ti strappa via dal quotidiano. È una grande famiglia. Non ci si abbandona mai. Né dentro né fuori dal campo. Saresti capace di rinunciare alla tua famiglia? Io no.

debora d’avola, 20 annicapitano senior

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Durante una partita stavo per sferrare un pugno a una ragazza dell’altra squadra perché dopo il fischio dell’arbitro continuava a tenermi al collo. Sam venne da me e mi tirò uno schiaffo.“Non ci provare mai più: questo non è il modo giusto per regolare i conti. Vai e fai meta. Vedrai quanto le rode!”.Dopo 10 minuti ho fatto meta, e senza una scarpa. Piangevo dalla felicità e dall’orgoglio. È stata una gratificazione immensa.E ho guadagnato il rispetto.

debora d’avola, 20 annicapitano senior

Fammi la faccia da cattiva...“Ma io non sono cattiva! Arghhh!”

Gemma Singer, mediano, 15 anni

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| 003 | giugno 0918 | FOtOrepOrtage UrBanO

Le protagoniste di questo servizio nella vita vestono di “rosa”. Sono le giocatrici della squadra di Rugby di Monza, le Rin-ghio, che ho frequentate per due mesi. La prima volta che le ho incontrate, nevicava e il campo era fanghiglia. Eppure loro ci sguazzavano.

Il primo pensiero è andato a me, anzi alle mie mani congelate che sorreggevano l’om-brello, il secondo a loro: perché delle ragazze tra i 13 e i 20 anni scelgono di “farsi spaccare le ossa” in campo, invece che guardare Maria De Filippi in tivù?

In Italia le tesserate alla Federazione ita-liana Rugby sono 4mila, 60 le squadre fem-minili nelle categorie juniores e seniores. Ho provato a raccontare queste teenager e il loro universo fatto di “smalto e mischie”.

Un ringraziamento particolare va alla squadra che mi ha fatto capire non solo i va-lori dello sport, ma anche quelli che entra-no in gioco nella quotidianità. Per questo un grosso “cccp” (“con il c*** che perdiamo!”) a tutte e in particolare a Debora D’Avola, il “mio” capitano senior.

Alla domanda perché il Rugby , mi verrebbe da dire: ma perché no?! Mi chiedo continuamente quale sia il pregiudizio sociale per cui le donne debbano giocare a pallavolo o fare danza.Non perché si pratica uno sport diverso si è ibridi.Come ogni cosa gli uomini l’affrontano in un modo e le donne in un altro.

debora d’avola, 20 annicapitano senior

Le regole del rugby sono due: avanzare e sostenere. Ti servono anche fuori dal campo. Avanzare: metti sempre sotto pressione l’avversario, lo stesso spirito con cui devi affrontare le situazioni negative, senza scoraggiarti.Sostenere: il compagno quando attacca o difende, come faresti con un amico. eleonora Suardi, 17 anniseconda linea

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alessia gattaClasse 1980, originaria della provincia di Varese, oggi vive a Novara.La passione per la fotografia l’accompagna fin da bambina quando, usando la macchina del nonno, si ostinava a immortalare “dettagli” che la madre puntualmente cestinava.Diplomatasi alla Scuola di teatro “Arsenale” di Milano, dopo aver frequentato i corsi di fotografia della Riccardo Bauer ha iniziato a lavorare nel settore esponendo a Milano, Monza e Novara. Il fotoreportage che qui presentiamo fa parte di un lavoro più ampio sulle donne nello sport, nato durante il corso di fotogiornalismo sociale organizzato da Polifemo. Per vedere alcuni dei suoi lavori, si può cliccare flickr.com/gattaccia.

Siamo ragazze normalissime. Magari con qualche livido di troppo.