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IO E LA MATEMATICA

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IO E LA MATEMATICA

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CARTA DI IDENTITA’

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INFANZIA

I ricordi infantili del mio rapporto con la matematica sono molto piacevoli.

Mi ha introdotta a questa disciplina mio padre iniziando a farmi conoscere i numi prima della scuola e poi rafforzandone gli apprendimenti, con giochi di numeri.

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Mi ricordo che da piccolissima, mi faceva contare

il numero dei gradini quando salivamo oppure mi faceva fare i salti “prima da un gradino, e 1, ora 2, e poi 3”, aiutandomi con la mano. Così imparai a contare!

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Con mio padre si giocava anche, mentre si passeggiava per la strada, a fare la somma con i numeri delle targhe delle automobili. Durante le salite delle nostre gite tra i monti della Garfagnana, mi faceva anche ripetere le numerazioni delle tabelline mentre camminavamo, un passo un numero, il secondo il suo multiplo così via (probabilmente si era accorto che memorizzarle sul quaderno non era per me una cosa piacevole).

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La matematica, soprattutto la geometria mi piaceva molto, tanto che dopo le scuole Medie decisi di iscrivermi al Liceo Scientifico.

I primi due anni furono piacevoli, poi in terza superiore, la frattura!!

L’incontro con un Professore di matematica e fisica freddo, insensibile e sadico rovinò ogni cosa. Non c’era mai una seconda spiegazione della sua lezione, andava colta la sua arte al primo assaggio “Paganini non ripete” rispondeva a chi richiedeva le cose fatte perché le aveva poco chiare.

La trigonometria e la fisica diventarono i miei incubi peggiori fino a quando non decisi di smettere di andare a scuola.

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Fui convinta dai miei genitori a non mollare e a tornare a scuola, magari cambiando indirizzo, così arrivai alla Scuola Magistrale.

Da subito alla nuova scuola arrivarono subito grandi i successi, soprattutto a matematica, ma a me quella materia non interessava più, convinta che esistesse solo per rovinare la vita agli studenti.

Non la studiavo e non ci mettevo più passione, quello che sapevo erano i ricordi degli anni di liceo; vivevo di rendita e vivevo molto bene.

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Dopo il diploma, avrei voluto fare Medicina, ma

consultando il piano di studi, scorsi l’esame di Fisica e di Matematica, per cui accantonai l’idea e m’iscrissi a Filosofia.

Studiando Logica e Filosofia della scienza, capì che la matematica non è così lontana dalla nostra realtà, anzi:

essa serve a interpretare il mondo dei fenomeni della natura .

è un linguaggio, che permette di semplificare ciò che ci sta attorno, tutto il mondo reale, che può essere ordinato attraverso segni matematici.

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Dopo la Laurea cominciai a lavorare e alla matematica non pensai più fino a quando non contenta della mia precedete attività lavorativa non iniziai a fare la maestra alla Scuola Primarie.

Inizialmente mi feci dare l’incarico di Lingua, Inglese o Ricerca, cercando di evitare di fare il resto delle materie. Sapevo che per insegnare matematica occorreva essere in grado di appassionare i bambini, fargliela amare e questo era un po’ un problema per me, visto il mio rapporto ambivalente con la disciplina.

Poi un corso di aggiornamento per insegnanti di matematica con il prof. Pea e l’entusiasmo per la matematica mi è tornato: infatti ripercorrendo la disciplina insieme a lui e osservando le tappe di acquisizione dei concetti nei bambini, ho capito che la matematica può diventare ad essere un gioco piacevole per i miei bambini; sì come quelli che io facevo con mio papà.

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Quest’anno sono sul sostegno ho due bambini con ritardo, appena arrivata il bambino uno non aveva ancora acquisito in seconda il concetto di numero: così siamo andati sulla nostra scala numerata. Prima per acquisire i numeri poi per operarci sopra.

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L’altra bambina, in terza, all’inizio dell’anno non conosceva la differenza tra unità e decine: insieme abbiamo fatto tutto un lavoro con i ceci (unità), poi abbiamo costruito dei sacchettini da 10 ceci (decine), quando l’alunna ha imparato ad operarci con sottrazione e addizioni, abbiamo fatto i sacchettini da 100 con 10 decine.

Utilizzando i singoli ceci abbiamo fatto anche gli schieramenti ed ha appreso la moltiplicazione. Successivamente facendo la loro distribuzione , la divisione.

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Ho inventato pure una favoletta dei nove bambini (unità) che quando arrivano a dieci fanno tanto chiasso che il lupo li sente e arriva per mangiarli, ma per difendersi i piccoli si stringono insieme e fanno una decina-fortezza che il lupo non può espugnare, così se ne va amareggiato. Da allora i bambini-unità tutte le volte che diventano dieci, hanno imparato a diventare una fortezza- decina per giocare più sicuri.

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Questa è la mia vita: l’insegnamento e i bambini. La matematica, la lingua, la storia, le scienze … alla

fine sono tutti modi di parlare in modo più preciso e competente della realtà che ci circonda: un minuto usiamo un linguaggio, il minuto dopo un altro.

Il mio fine insegnare agli alunni ad amare queste diverse modalità di descrivere il mondo, in modo dà dar loro le chiavi per entrare in questo complesso nostro sapere; in modo tale che quando non sarò più con loro, possano continuare questo processo di apprendimento da soli, e se avrò lavorato bene li accompagnerà per tutta la vita.