«No» di geriatri, psichiatri e neurologi al cut-off automatico ......L’autonomia decisionale...

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Q uesto documento nasce dal confronto tra i clinici che si prendono cura delle persone con demenza sull’ampia (e di- scussa) problematica del rispetto e della pro- mozione della libertà decisionale che, solita- mente, viene ricondotta, nel rapporto di cura, al cosiddetto “consenso informato”. La redazione del testo era stata conclusa quando si sono rese evidenti, nel nostro Pae- se, profonde diversità di pen- siero e differenti modi di inter- pretare il senso della vita, l’idea di dignità della persona, gli eventuali limiti imposti alla sua libertà decisionale e, non da ultimo, gli eventuali limiti e confini della posizione di garan- zia del medico. La passione che ha accompagnato il dibatti- to bio-etico, bio-giuridico e politico su questi temi ha però generato grande confusione e semplificazioni che costituiscono una violenza nei confronti della complessità dei temi in discussione e del rispetto del pluralismo etico presente nella nostra società democratica. È bene dunque avviare un confronto, serio, costruttivo e senza pregiudizi, che definisca idee e sentimenti condivisi. Questo documento è un manifesto che contiene le posizioni oggi condivise dalla co- munità dei neurologi, psichiatri e geriatri cir- ca il rispetto e la promozione della volontà decisionale della persona con demenza. Negli ultimi tempi, in tutto il mondo e nel nostro Paese, si è concretizzata una sempre maggiore attenzione al proble- ma della competenza decisio- nale quando il paziente presen- ta una compromissione cogni- tiva; questa attenzione è meri- toria perché si rivolge a un pro- blema concreto e, purtroppo, sempre più frequente nella pratica clinica a cui è difficile, se non impossibile, dare risposte in assenza di regole e comportamenti discussi e condivisi. Al problema si è tentato di offrire una solu- zione che si basa sostanzialmente su un’unica metodologia; sono stati, al riguardo, proposti «No» di geriatri, psichiatri e neurologi al cut-off automatico - Primo «Un algoritmo non può negare L’autonomia decisionale della persona è ciò che fonda la liceità, sul piano etico, deontologico e giu- ridico (artt. 13 e 32 Cost.), di ogni trattamen- to sanitario e di ogni in- tervento nel campo della salute: ogni persona ha il diritto, in questo campo, di ricevere un’informazio- ne completa (art. 10 della Convenzione di Oviedo e art. 33 del Codice di deon- tologia medica) fermo re- stando il suo diritto di non sapere e di scegliere liberamente in base alle sue preferenze, ai suoi va- lori di riferimento (religio- si, filosofici, politici ecc.), alle sue aspettative, alle specifiche circostanze di vita e alla sua idea di digni- tà (vita biografica). Il rispetto e la promozio- ne dell’autonomia decisio- nale della persona non possono essere ricondot- ti a ciò che, nella pratica clinica, è spesso la sotto- scrizione del modulo di “consenso informato”: l’informazione (più op- portunamente, la comu- nicazione=condividere, mettere insieme) e la ma- nifestazione della volontà decisionale della persona sono, infatti, due processi distinti (art. 35 del Codi- ce di deontologia medi- ca) che richiedono tempi dedicati e una grande ca- pacità del medico nel- l’ascolto, nel sostegno, nella solidarietà e nell’au- tentica presa in carico del- la persona. È l’autonomia della persona (e non più il paternalismo del medico) il modello antropologi- co-culturale cui deve tendere la medicina moderna e, con essa, tutti i professionisti della salute sfuggendo la deriva, spesso pre- sente in ambito clinico, dell’apo- fantismo informativo finalizzato a garantire, nell’immaginario, il professionista dai possibili rilie- vi mossi in sede giudiziaria che stride con l’impegno a rispettare e promuovere i diritti fondamen- tali della persona garantiti dalla Carta costituzionale, dalla Con- venzione di Oviedo e dalla Car- ta europea dei diritti della perso- na. La persona in quanto tale rea- lizza la sua autonomia quando, senza costrizioni e a fronte di una completa informazione, è li- bera di decidere se accettare o meno un qualunque intervento medico. Lo strumento dai più conside- rato indispensabile a testimonia- re tale libertà è pertanto divenu- to il cosiddetto “consenso infor- mato” che è un principio di civil- tà giuridica da difendere e salva- guardare. La larga diffusione di questa procedura nella routine clinica e nella sperimentazione ha però evidenziato numerose problematiche e pareri spesso di- scordanti tra gli esperti di bioeti- ca. Vi sono, a esempio, posizio- ni che sostengono che in ambito di ricerca il “consenso informa- to” dei partecipanti non è sem- pre indispensabile (Couture P. Informed consent in social scien- ce. Science. 2008;322:67; Rese- arch on medical records without informed consent. Miller Fg. J Law Med Ethics. 2008; 36:560-6). Non sono poi chiare le condizioni che garantiscono un’appropriata (completa) infor- mazione della persona cui il con- senso è richiesto (O’Neill O. So- me limits of informed consent. J Med Ethics 2003;29:4-7; Elwyn G. Patient consent-decision or assumption? New guidance from the General Medical Coun- cil urges a change in approach. Bmj 2008;336:1259-60) e non si può non ricordare il continuo dibattito, nel nostro Paese, sul- l’eticità di rispettare decisioni che possono incidere, nel fine vita, sulla durata della vita biolo- gica della persona medesima. Peraltro, in condizioni di totale e palese incapacità e quando si concreti un’imminente situazio- ne di pericolo per la vita o la salute della persona, il medico è tenuto ad agire nell’esclusivo in- teresse della persona medesima; e ciò non solo a fronte della scriminante di cui all’art. 54 del codice penale ma anche - e so- prattutto - alle inequivoche indi- cazioni del codice di deontolo- gia medica (art. 36). Parimenti (art. 37 del codice di deontolo- gia medica, in caso di opposizio- ne da parte del rappresentante legale al trattamento necessario e indifferibile a favore di minori o di incapaci, il medico è tenuto a informare l’autorità giudizia- ria; se vi è pericolo per la vita o grave rischio per la salute del minore e dell’incapace, il medi- co deve comunque procedere senza ritardo e secondo necessi- tà alle cure indispensabili; ciò anche in forza di un presupposto etico generale che, sulla base del principio di prudenza, impone al medico una particolare attenzio- ne nei confronti delle persone in situazione di fragilità. La volontà della persona di aderire a un determina- to trattamento nel cam- po della salute non solle- va, sempre e comunque, la responsabilità giuridica del medico in caso di dan- ni derivati dalla procedu- ra stessa. Le problematiche etiche si in- trecciano, in questo campo, con quelle giuridiche ed è pertanto inevitabile considerare anche quest’ultimo aspetto. La responsabilità giuridica del medico non viene ridotta dal- l’autentica manifestazione di vo- lontà della persona nel caso, a esempio, di terapie sbagliate, inappropriate e/o controindicate; parimenti, la responsabilità giuri- dica del medico non viene elimi- nata per il solo fatto che la perso- na abbia liberamente acconsenti- to a un determinato trattamento sanitario quando a esempio il processo di formazione della vo- lontà non sia avvenuto in presen- za di tutte le informazioni neces- sarie che vanno comunque ga- rantite all’interno del principio della “lealtà” informativa. Risulta pertanto inappropria- to (e non corretto) l’uso del “consenso informato” come mezzo di riduzione del conten- zioso medico e di cautela legale. Il qualificatore che desi- gna l’autonomia decisio- nale della persona non è rappresentato dalla capa- cità di intendere e di vole- re. È, questo, un parametro che esprime la capacità della perso- na di discernere il significato e il valore dei propri atti e di quelli altrui con la consapevolezza del- le conseguenze (giuridiche e so- ciali) che da essi ne derivano nonché la capacità, contestuale, di auto-determinarsi in vista di uno specifico scopo senza, tutta- via, considerare la capacità della persona di valutare le proprie azioni in relazione al suo perso- nale stile di vita, alle sue prefe- renze, ai suoi valori di riferimen- to (morali, filosofici, politici, ecc.), alle sue aspettative, all’im- magine che ciascuno di noi ha il diritto di lasciare di sé e a quan- to, con una parola spesso abusa- ta, definisce la dignità (e il signi- ficato biografico) di ogni essere umano. L’autonomia decisionale del- la persona non può essere identi- ficata, nell’ambito del rapporto e delle scelte di cura, con la capacità di intendere e di volere richiedendo, invece, una più am- pia valutazione multi-assiale che la esplori in relazione alla capacità cognitiva di: esprimere una scelta (expressing a choice: è, questo, un criterio-soglia per- ché la persona non in grado di esprimere la sua scelta non è certo in grado di partecipare co- struttivamente al processo che fonda la scelta decisionale); comprendere le informazioni fornite (understading); dare un giusto peso alla situazione e alle sue possibili conseguenze (ap- preciation); utilizzare razional- mente le informazioni, ponde- rando le alternative terapeutiche in relazione al loro effettivo im- patto sulla qualità della vita (rea- soning). La compromissione della consapevolezza di malat- tia, difficilmente misurabi- le, non coincide di necessi- tà con l’incapacità di deci- dere autonomamente. In letteratura si ritrova quasi costantemente l’affermazione che l’autonomia decisionale del- la persona presuppone, necessa- riamente, la conservazione delle capacità cognitive e, soprattutto, la consapevolezza di malattia. Nella persona con demenza que- ste capacità sono spesso compro- messe: il malato non riconosce pienamente il suo stato di malat- tia e ha perso definitivamente alcune capacità cognitive; la con- sapevolezza di malattia anche se diversamente definita come gno- sognosia, awareness e insight si riferisce comunque a un model- lo che prevede il riconoscimen- to del proprio stato di malattia (Karlawish Jht, Casarett James Bd et al. The ability of persons with Alzheimer disease (Ad) to make a decision about taking an Ad treatment Neurology 2005;64:1514-19; Defanti Ca, Tiezzi Dg, Gasparini M et al. Ethical questions in the treat- ment of subjects with dementia. Part I. Respecting autonomy: awareness, competence and behavioural disorders Neurol Sci (2007) 28:216-31). Persone non in grado di riconoscere il proprio stato di malattia non sa- rebbero quindi neppure in grado di prendere decisioni autonome di accettazione o rifiuto di parti- colari interventi medici rivolti al- la malattia stessa. L’assunto di questo ragionamento è che la persona non in grado di ricono- scersi portatore delle condizioni determinate dalla malattia non è in grado di prendere decisioni riguardanti la malattia stessa. Questa affermazione, però, CONSENSO INFORMATO/ Documento dell’Associazione italiana di Psicogeriatria sulla Hieronymus Bosch, Estrazione della pietra della follia (1480) Errato affrontare il problema con metodologie standardizzate «N on esistono criteri pre- definiti in base ai quali determinare la capacità di deci- sione autonoma della persona con demenza... Per questo nei casi delicati (es. i trials clinici) meglio ricorrere all’amministrato- re di sostegno che ottenere il consenso da terzi...». È una delle riflessioni del do- cumento in cui geriatri, neurologi e psichiatri dell’associazione ita- liana di psicogeriatria affrontano - senza peli sulla lingua e con l’oggettività dei clinici - il tema “spinoso” della libertà di scelta delle persone con demenza. Lo proponiamo ai lettori in versione integrale, nella convin- zione che l’idea di dignità della persona sottesa a queste rifles- sioni meriti di essere apprezzata e condivisa da tutti i protagonisti del mondo sanitario. (Red.San.) 12 14-20 luglio 2009 F OCUS

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Questo documento nasce dal confrontotra i clinici che si prendono cura dellepersone con demenza sull’ampia (e di-

scussa) problematica del rispetto e della pro-mozione della libertà decisionale che, solita-mente, viene ricondotta, nel rapporto di cura,al cosiddetto “consenso informato”.

La redazione del testo erastata conclusa quando si sonorese evidenti, nel nostro Pae-se, profonde diversità di pen-siero e differenti modi di inter-pretare il senso della vita,l’idea di dignità della persona,gli eventuali limiti imposti allasua libertà decisionale e, nonda ultimo, gli eventuali limiti econfini della posizione di garan-zia del medico.

La passione che ha accompagnato il dibatti-to bio-etico, bio-giuridico e politico su questitemi ha però generato grande confusione esemplificazioni che costituiscono una violenzanei confronti della complessità dei temi indiscussione e del rispetto del pluralismo eticopresente nella nostra società democratica.

È bene dunque avviare un confronto, serio,costruttivo e senza pregiudizi, che definiscaidee e sentimenti condivisi.

Questo documento è un manifesto checontiene le posizioni oggi condivise dalla co-munità dei neurologi, psichiatri e geriatri cir-ca il rispetto e la promozione della volontà

decisionale della persona condemenza.

Negli ultimi tempi, in tuttoil mondo e nel nostro Paese, siè concretizzata una sempremaggiore attenzione al proble-ma della competenza decisio-nale quando il paziente presen-ta una compromissione cogni-tiva; questa attenzione è meri-toria perché si rivolge a un pro-blema concreto e, purtroppo,

sempre più frequente nella pratica clinica acui è difficile, se non impossibile, dare rispostein assenza di regole e comportamenti discussie condivisi.

Al problema si è tentato di offrire una solu-zione che si basa sostanzialmente su un’unicametodologia; sono stati, al riguardo, proposti

«No» di geriatri, psichiatri e neurologi al cut-off automatico - Primo

«Un algoritmo non può negare

● L’autonomia decisionaledella persona è ciò chefonda la liceità, sul pianoetico, deontologico e giu-ridico (artt. 13 e 32Cost.), di ogni trattamen-to sanitario e di ogni in-tervento nel campo dellasalute: ogni persona ha ildiritto, in questo campo,di ricevere un’informazio-ne completa (art. 10 dellaConvenzione di Oviedo eart. 33 del Codice di deon-tologia medica) fermo re-stando il suo diritto dinon sapere e di scegliereliberamente in base allesue preferenze, ai suoi va-lori di riferimento (religio-si, filosofici, politici ecc.),alle sue aspettative, allespecifiche circostanze divita e alla sua idea di digni-tà (vita biografica).

● Il rispetto e la promozio-ne dell’autonomia decisio-nale della persona nonpossono essere ricondot-ti a ciò che, nella praticaclinica, è spesso la sotto-scrizione del modulo di“consenso informato”:l’informazione (più op-portunamente, la comu-nicazione=condividere,mettere insieme) e la ma-nifestazione della volontàdecisionale della personasono, infatti, due processidistinti (art. 35 del Codi-ce di deontologia medi-ca) che richiedono tempidedicati e una grande ca-pacità del medico nel-l’ascolto, nel sostegno,nella solidarietà e nell’au-tentica presa in carico del-la persona.

È l’autonomia della persona(e non più il paternalismo delmedico) il modello antropologi-co-culturale cui deve tendere lamedicina moderna e, con essa,tutti i professionisti della salutesfuggendo la deriva, spesso pre-sente in ambito clinico, dell’apo-fantismo informativo finalizzato

a garantire, nell’immaginario, ilprofessionista dai possibili rilie-vi mossi in sede giudiziaria chestride con l’impegno a rispettaree promuovere i diritti fondamen-tali della persona garantiti dallaCarta costituzionale, dalla Con-venzione di Oviedo e dalla Car-ta europea dei diritti della perso-na.

La persona in quanto tale rea-lizza la sua autonomia quando,senza costrizioni e a fronte diuna completa informazione, è li-bera di decidere se accettare omeno un qualunque interventomedico.

Lo strumento dai più conside-rato indispensabile a testimonia-re tale libertà è pertanto divenu-to il cosiddetto “consenso infor-mato” che è un principio di civil-tà giuridica da difendere e salva-guardare. La larga diffusione diquesta procedura nella routineclinica e nella sperimentazioneha però evidenziato numeroseproblematiche e pareri spesso di-scordanti tra gli esperti di bioeti-ca. Vi sono, a esempio, posizio-ni che sostengono che in ambitodi ricerca il “consenso informa-to” dei partecipanti non è sem-pre indispensabile (Couture P.Informed consent in social scien-ce. Science. 2008;322:67; Rese-arch on medical records withoutinformed consent. Miller Fg. JLaw Med Ethics. 2008;36:560-6). Non sono poi chiarele condizioni che garantisconoun’appropriata (completa) infor-mazione della persona cui il con-senso è richiesto (O’Neill O. So-me limits of informed consent. JMed Ethics 2003;29:4-7; ElwynG. Patient consent-decision orassumption? New guidancefrom the General Medical Coun-cil urges a change in approach.Bmj 2008;336:1259-60) e nonsi può non ricordare il continuodibattito, nel nostro Paese, sul-l’eticità di rispettare decisioniche possono incidere, nel finevita, sulla durata della vita biolo-gica della persona medesima.Peraltro, in condizioni di totale epalese incapacità e quando siconcreti un’imminente situazio-

ne di pericolo per la vita o lasalute della persona, il medico ètenuto ad agire nell’esclusivo in-teresse della persona medesima;e ciò non solo a fronte dellascriminante di cui all’art. 54 delcodice penale ma anche - e so-prattutto - alle inequivoche indi-cazioni del codice di deontolo-gia medica (art. 36). Parimenti(art. 37 del codice di deontolo-gia medica, in caso di opposizio-ne da parte del rappresentantelegale al trattamento necessarioe indifferibile a favore di minorio di incapaci, il medico è tenutoa informare l’autorità giudizia-ria; se vi è pericolo per la vita ograve rischio per la salute delminore e dell’incapace, il medi-co deve comunque procederesenza ritardo e secondo necessi-tà alle cure indispensabili; ciòanche in forza di un presuppostoetico generale che, sulla base delprincipio di prudenza, impone almedico una particolare attenzio-ne nei confronti delle persone insituazione di fragilità.

● La volontà della personadi aderire a un determina-to trattamento nel cam-po della salute non solle-va, sempre e comunque,la responsabilità giuridicadel medico in caso di dan-ni derivati dalla procedu-ra stessa.Le problematiche etiche si in-

trecciano, in questo campo, conquelle giuridiche ed è pertantoinevitabile considerare anchequest’ultimo aspetto.

La responsabilità giuridicadel medico non viene ridotta dal-l’autentica manifestazione di vo-lontà della persona nel caso, aesempio, di terapie sbagliate,inappropriate e/o controindicate;parimenti, la responsabilità giuri-dica del medico non viene elimi-nata per il solo fatto che la perso-na abbia liberamente acconsenti-to a un determinato trattamentosanitario quando a esempio ilprocesso di formazione della vo-lontà non sia avvenuto in presen-za di tutte le informazioni neces-sarie che vanno comunque ga-

rantite all’interno del principiodella “lealtà” informativa.

Risulta pertanto inappropria-to (e non corretto) l’uso del“consenso informato” comemezzo di riduzione del conten-zioso medico e di cautela legale.

● Il qualificatore che desi-gna l’autonomia decisio-nale della persona non èrappresentato dalla capa-cità di intendere e di vole-re.È, questo, un parametro che

esprime la capacità della perso-na di discernere il significato e ilvalore dei propri atti e di quellialtrui con la consapevolezza del-le conseguenze (giuridiche e so-ciali) che da essi ne derivanononché la capacità, contestuale,di auto-determinarsi in vista diuno specifico scopo senza, tutta-via, considerare la capacità dellapersona di valutare le proprieazioni in relazione al suo perso-nale stile di vita, alle sue prefe-renze, ai suoi valori di riferimen-to (morali, filosofici, politici,ecc.), alle sue aspettative, all’im-magine che ciascuno di noi ha ildiritto di lasciare di sé e a quan-to, con una parola spesso abusa-ta, definisce la dignità (e il signi-ficato biografico) di ogni essereumano.

L’autonomia decisionale del-la persona non può essere identi-ficata, nell’ambito del rapportoe delle scelte di cura, con lacapacità di intendere e di volererichiedendo, invece, una più am-pia valutazione multi-assialeche la esplori in relazione allacapacità cognitiva di: esprimereuna scelta (expressing a choice:è, questo, un criterio-soglia per-ché la persona non in grado diesprimere la sua scelta non ècerto in grado di partecipare co-struttivamente al processo chefonda la scelta decisionale);comprendere le informazionifornite (understading); dare ungiusto peso alla situazione e allesue possibili conseguenze (ap-preciation); utilizzare razional-mente le informazioni, ponde-rando le alternative terapeutiche

in relazione al loro effettivo im-patto sulla qualità della vita (rea-soning).

● La compromissione dellaconsapevolezza di malat-tia, difficilmente misurabi-le, non coincide di necessi-tà con l’incapacità di deci-dere autonomamente.In letteratura si ritrova quasi

costantemente l’affermazioneche l’autonomia decisionale del-la persona presuppone, necessa-riamente, la conservazione dellecapacità cognitive e, soprattutto,la consapevolezza di malattia.Nella persona con demenza que-ste capacità sono spesso compro-messe: il malato non riconoscepienamente il suo stato di malat-tia e ha perso definitivamentealcune capacità cognitive; la con-sapevolezza di malattia anche sediversamente definita come gno-sognosia, awareness e insight siriferisce comunque a un model-lo che prevede il riconoscimen-

to del proprio stato di malattia(Karlawish Jht, Casarett JamesBd et al. The ability of personswith Alzheimer disease (Ad) tomake a decision about taking anAd treatment Neurology2005;64:1514-19; Defanti Ca,Tiezzi Dg, Gasparini M et al.Ethical questions in the treat-ment of subjects with dementia.Part I. Respecting autonomy:awareness, competence andbehavioural disorders NeurolSci (2007) 28:216-31). Personenon in grado di riconoscere ilproprio stato di malattia non sa-rebbero quindi neppure in gradodi prendere decisioni autonomedi accettazione o rifiuto di parti-colari interventi medici rivolti al-la malattia stessa. L’assunto diquesto ragionamento è che lapersona non in grado di ricono-scersi portatore delle condizionideterminate dalla malattia non èin grado di prendere decisioniriguardanti la malattia stessa.

Questa affermazione, però,

CONSENSO INFORMATO/ Documento dell’Associazione italiana di Psicogeriatria sulla

Hieronymus Bosch, Estrazione della pietra della follia (1480)

Errato affrontareil problemacon metodologiestandardizzate

«Non esistono criteri pre-definiti in base ai quali

determinare la capacità di deci-sione autonoma della personacon demenza... Per questo neicasi delicati (es. i trials clinici)meglio ricorrere all’amministrato-re di sostegno che ottenere ilconsenso da terzi...».

È una delle riflessioni del do-cumento in cui geriatri, neurologie psichiatri dell’associazione ita-liana di psicogeriatria affrontano- senza peli sulla lingua e conl’oggettività dei clinici - il tema“spinoso” della libertà di sceltadelle persone con demenza.

Lo proponiamo ai lettori inversione integrale, nella convin-zione che l’idea di dignità dellapersona sottesa a queste rifles-sioni meriti di essere apprezzatae condivisa da tutti i protagonistidel mondo sanitario. (Red.San.)

12 14-20 luglio 2009FOCUS

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algoritmi, modi di procedere e cut-off tramitecui si tenta di individuare, in modo standardiz-zato e riproducibile, le caratteristiche dellapersona non competente a decidere. L’auto-maticità insita in queste procedure desta pe-rò più di una perplessità; in esse si intravede,infatti, il rischio che alla persona con demenzasia facilmente negata la possi-bilità di essere informata e diesprimere una scelta e/o unapreferenza di cui tener contosia sul piano etico-morale chegiuridico. (Defanti Ca, TiezziDg, Gasparini M et al. Ethicalquestions in the treatment ofsubjects with dementia. PartI. Respecting autonomy: awa-reness, competence and beha-vioural disorders Neurol Sci(2007) 28:216-31; Petrini C. Il consenso infor-mato al trattamento dei soggetti affetti dademenza: aspetti etici, deontologici e giuridi-ci. 2008, iii, 45 p. Rapporti Istisan 08/3; Appel-baum PS. Assessment of Patients’ Competen-ce to Consent to Treatment Nejm. 2007. 357,1834-40). Di contro è esperienza clinica comu-

ne che, anche se incapace di comprendere icontenuti di un modulo standard di“consenso informato” (spesso centrati, in ter-mini difensivi, sui rischi connessi con le specifi-che scelte terapeutiche), la persona con de-menza è spesso in grado di esprimere le suescelte in maniera coerente con il suo persona-

le stile di vita, con le sue prefe-renze, con i suoi valori di riferi-mento (morali, filosofici, politi-ci ecc.), le sue aspettative, conl’immagine che ciascuno di noiha il diritto di lasciare di sé e aquanto, con una parola spessoabusata, definisce la dignità (eil significato biografico) di ogniessere umano.

Questo documento si com-pone di singole affermazioni

motivate e argomentate.Le affermazioni riportate, non necessaria-

mente in conseguenza della cogenza dellesuccessive argomentazioni, rappresentano ilparere delle Società e delle persone che sisono fattivamente impegnate nella stesuradel documento.

obiettivo promuovere la volontà della persona con demenza

la capacità di scegliere»

confligge con la situazione do-ve la volontà della persona èstata espressa prima che una par-ticolare condizione di salute sisia manifestata nella medesimae con la situazione in cui allapersona sia realmente prospetta-ta una situazione in tutto similea quella che sta effettivamentesperimentando.

In relazione all’autonomia de-cisionale nel campo delle cure laconsapevolezza di malattia ne-cessaria si riferisce a un qualchecosa di più complesso rispettoalla capacità di riconoscere i pro-pri sintomi e segni (anosogno-sia). Provando a dare una defini-zione che risulta di necessità dif-ficile e complessa si potrebbeaffermare che la consapevolez-za di malattia riguarda la capaci-tà di confrontare le condizioniche la malattia determina con ipropri valori, scelte e circostan-ze di vita.

Ci si riferisce qui a una capa-cità di evocare immagini o rap-

presentazioni mentali della ma-lattia e a un’analoga capacità dievocare immagini dei valori delpaziente e delle sue circostanzedi vita.

La neurobiologia, anche conl’ausilio delle tecniche di neuroi-maging funzionale, ha dimostra-to che le immagini mentali sonoun fenomeno biologico docu-mentabile. Il substrato biologicodelle immagini mentali consiste,infatti, nell’attivazione funziona-le di specifici gruppi di neuroniin risposta all’evocazione di spe-cifiche immagini mentali.

L’evocazione di immaginimentali è stata documentata an-che nel processo decisionale esoprattutto si è evidenziato co-me l’immagine mentale si asso-cia all’attivazione di aree cere-brali direttamente o indiretta-mente legate alla percezione diemozioni. (Rilling Jk, King-Ca-sas B, Sanfey Ag. The neurobio-logy of social decision-making.Curr Opin Neurobiol. 2008Apr;18(2):159-65; Seymour B,Dolan R. Emotion, decisionmaking, and the amygdala. Neu-ron. 2008;58(5):662-71).

Vi sono pertanto buone ragio-ni per affermare che la capacitàdecisionale dipende fortementeda processi emozionali.

La consapevolezza di malat-tia necessaria per l’autonomiadecisionale appare allora difficil-mente riducibile all’integrità dispecifici domini cognitivi valuta-bili con i comuni test neuropsi-cologici o con scale di “insight”.

Il medico deve allora comun-que innanzitutto informare lapersona con demenza, adeguan-do l’informazione alle capacitàcognitive della stessa, facendoogni sforzo perché il pazientecomunichi direttamente o indi-rettamente le sue preferenze. Inquest’ottica il parere a esempiodei familiari deve essere sicura-mente richiesto, ma consideratosecondario a quello del pazien-te.

Di questo difficile processo èresponsabile il medico in quantofigura non solo eticamente, maanche giuridicamente tenuta al

principio di operare per il benedell’ammalato.

● Si deve sempre dare e ri-cercare la possibilità di de-cidere da parte della per-sona con demenza e, indi-pendentemente dalle suecondizioni cognitive, si do-vrà tenere conto dellesue scelte, anche seespresse in maniera anti-cipata.Sulla base delle considerazio-

ni sin qui avanzate è logico affer-mare che, al momento attuale,non è possibile stabilire criteripredefiniti (o predefinibili) in ba-se ai quali determinare la capaci-tà di decisione autonoma dellapersona con demenza. Nel casodella sperimentazione clinica inuna persona con demenza è logi-co fare ogni sforzo per aiutarla araggiungere il livello di com-prensione necessario a esprime-re la sua volontà decisionalecoinvolgendola nel processo de-cisionale.

Un diverso atteggiamentoche privilegi il giudizio di in-competenza porta a far sì chevengano a trovarsi a dare il con-senso persone terze che non rap-presentano giuridicamente lapersona senza avere la reale ga-ranzia che questi agiscano auten-ticamente nel reale interesse delpaziente.

Qualora ci si trovi nella condi-zione di assoluta impossibilità didare un giudizio sulle preferen-ze della persona con demenzeappare giustificato (e assoluta-mente doveroso - legge n.6/2004) il ricorso al Giudice tute-lare perché la persona sia postain amministrazione di sostegno.

● Le problematiche relati-ve all’autonomia decisio-nale della persona non silimitano specificamentealla sperimentazione clini-ca ma coinvolgono tuttal’attività medica.Se una volta il consenso della

persona veniva generalmentechiesto per la partecipazione astudi e sperimentazioni cliniche,

attualmente questa pratica vieneutilizzata anche per procedurediagnostiche e terapeutiche diroutine nella pratica clinica. Delresto la sperimentazione clinica,a sua volta, sta divenendo sem-pre più parte integrante della rou-tine clinica negli ospedali e nel-l’attività degli specialisti e deimedici di famiglia.

● Nessuna persona con de-menza deve essere esclu-sa dalla possibilità di esse-re arruolata in ricerchecliniche.La distinzione fra ricerca me-

dica e pratica clinica, innovativao di routine, consiste nella diver-sa rilevanza degli intenti; la ricer-ca medica è principalmente inte-sa a produrre conoscenze chesiano utili ai pazienti in genera-le, mentre la pratica clinica èfinalizzata a produrre benefìciper quel singolo paziente.

La partecipazione a sperimen-tazioni cliniche rappresenta pe-rò, in generale, un vantaggio an-che per il singolo paziente; lasperimentazione offre la possibi-lità, in questi casi, di sperimenta-re precocemente trattamenti chesono attesi a priori essere effica-ci.

Per questi motivi non è accet-tabile che gruppi di malati, invirtù dell’essere membri di quelparticolare gruppo, venganoesclusi dalla possibilità di acce-dere a sperimentazioni; non èquindi eticamente accettabileche tale esclusione riguardi i ma-lati che presentano problemi co-gnitivi che non consentano lorodi esprimere la loro volontà inmaniera libera e partecipata.

● È eticamente accettabileincludere nelle sperimen-tazioni anche personeche non siano in grado difornire una manifestazio-ne di volontà libera e au-tentica.Se la partecipazione a ricer-

che cliniche rappresenta un dirit-to e un potenziale vantaggio pertutti gli ammalati ne consegueche non vi sono ostacoli etici

alla partecipazione a sperimenta-zioni mediche di persone chenon sono in grado di fornire per-sonalmente il loro “consenso in-formato” pur nel rispetto delleindicazioni, inequivoche e restrit-tive, della Convenzione di Ovie-do (art. 6), della Convenzioneinternazionale sui diritti dellepersone con disabilità recente-mente approvata dal nostro Pae-se e della normativa di settore(direttiva 2001/20/Ce recepitanel nostro Paese dal Dlgs n.211/2003).

Nello specifico: il consensoscritto del rappresentante legaledella persona e del medico cu-rante della stessa che deve rap-presentare la presunta volontàdella persona stessa; il dimostra-to reale beneficio diretto dellepersone arruolate che deve esse-re, necessariamente, superiore ri-spetto ai rischi prevedibili; l’es-senzialità della ricerca per conva-lidare dati ottenuti in sperimenta-zioni cliniche su persone in gra-do di dare un consenso od otte-nuti con altri metodi di ricerca ela circostanza che questa riguar-di direttamente uno stato clinicoche ponga a rischio la vita odetermini una condizione clini-ca debilitante di cui il soggettosoffre.

● Nel caso di sperimenta-zioni su persone dallequali non ci si attenda unpotenziale beneficio diret-to per la medesima, chenon siano necessarie perle persone arruolate, i cuirischi non siano propor-zionati rispetto ai bene-fìci attesi e per le qualisono possibili alternativemeno rischiose il proble-ma non è il “consenso in-formato” ma la speri-mentazione stessa.In letteratura si ritrova che le

sperimentazioni con soggettiche non hanno possibilità diesprimere il consenso richiedo-no condizioni particolari. Ci sideve attendere un beneficio di-retto per il soggetto; la ricerca èrealmente necessaria per i sog-

getti che vi partecipano; i rischisono proporzionati rispetto ai be-nefìci attesi; non vi sono alterna-tive meno rischiose; non è possi-bile raggiungere i medesimi ri-sultati coinvolgendo soggetti ca-paci di esprimere il consenso; illegale rappresentante ha espres-so un valido consenso. A partele due ultime due, tutte le altrecondizioni potrebbero essereconsiderate non specifiche dellepersone non in grado di esprime-re un consenso e sembrano so-stanzialmente inerenti all’eticitàe adeguatezza logica e metodolo-gica delle sperimentazioni sul-l’ammalato. In generale possia-mo, infatti, considerare che l’am-malato, a differenza della perso-na sana, sia un soggetto deboleper il quale vanno messi in attoatteggiamenti di particolare cau-tela.

Considerazionidi fine documento

Le posizioni espresse non de-vono essere considerate conclu-sive o immutabili, ma piuttostocome il primo risultato dell’av-vio di un processo che si prolun-gherà nel tempo.

L’argomento trattato, per lasua complessità, mal si concilia,infatti, con l’ambizione di essereesaustivi e definitivi. Inoltre ci siattendono nuove conoscenzescientifiche a proposito del pro-cesso decisionale nella personaumana che potrebbero influiresignificativamente sui punti divista attuali.

È poi largamente atteso chela realtà che si realizza nella co-munità degli uomini andrà oltrela nostra attuale capacità di im-maginazione proponendo nonsolo nuovi argomenti di riflessio-ne, ma nuovi problemi e, si spe-ra, anche nuove soluzioni. Ci siaugura che questo documentopossa aiutare i medici e tutte lepersone coinvolte a essere mag-giormente protagonisti nel dibat-tito e nelle scelte relative al ri-spetto e alla promozione dellalibertà decisionale delle personecon demenza. ●

competenza decisionale del paziente con compromissione cognitiva

Hieronymus Bosch, La nave dei folli (1490-1500)

La dignitàdell’essere umanova oltre i moduliprestampati

14-20 luglio 2009 13FOCUS