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NINO ROTA La Strada - volume 5 Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi - Giuseppe Grazioli Nuovo appuntamento con il progetto dedicato a Nino Rota che comprende una panoramica molto ampia delle composizioni per orchestra. Dopo la parentesi dedicata alla musica sacra si torna alle celebri composizioni per i film con le prime registrazioni mondiali del balletto completo de LA STRADA e della Suite sinfonica IL CASANOVA DI FEDERICO FELLINI. Le incisioni sono state realizzate in studio dall’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi sotto la direzione di Giuseppe Grazioli, autentico specialista di questo repertorio. CD 1 PRIMA REGISTRAZIONE MONDIALE La strada - Balletto completo (1966-1978) Musiche per il balletto in 1 atto e 12 quadri, soggetto di Federico Fellini e Tullio Pinelli, coreografia di Mario Pistoni Cinzia Guareschi, voce Nicolai Freiherr von Dellingshausen, violino CD 2 PRIMA REGISTRAZIONE MONDIALE Il Casanova di Federico Fellini - Suite sinfonica (1976) Orchestrazione di Bruno Moretti Sinfonia sopra una canzone d’amore (1972) Lo spiritismo nella vecchia casa 6 variazioni e 3 suggestioni per clarinetto solo (1950) Musiche di scena per il dramma di Ugo Betti Spiritismo nell’antica casa Raffaella Ciapponi, clarinetto Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Giuseppe Grazioli Street date: 31 marzo 2017 2 CD al prezzo di 1 Decca 4815200 / DIGITALE

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NINO ROTA La Strada - volume 5

Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi - Giuseppe Grazioli

Nuovo appuntamento con il progetto dedicato a Nino Rota che comprende una panoramica molto ampia delle composizioni per orchestra. Dopo la parentesi dedicata alla musica sacra si torna alle celebri composizioni per i film con le prime registrazioni mondiali del balletto completo de LA STRADA e della Suite sinfonica IL CASANOVA DI FEDERICO FELLINI. Le incisioni sono state realizzate in studio dall’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi sotto la direzione di Giuseppe Grazioli, autentico specialista di questo repertorio. CD 1 PRIMA REGISTRAZIONE MONDIALE La strada - Balletto completo (1966-1978) Musiche per il balletto in 1 atto e 12 quadri, soggetto di Federico Fellini e Tullio Pinelli, coreografia di Mario Pistoni Cinzia Guareschi, voce Nicolai Freiherr von Dellingshausen, violino CD 2 PRIMA REGISTRAZIONE MONDIALE Il Casanova di Federico Fellini - Suite sinfonica (1976) Orchestrazione di Bruno Moretti

Sinfonia sopra una canzone d’amore (1972)

Lo spiritismo nella vecchia casa 6 variazioni e 3 suggestioni per clarinetto solo (1950) Musiche di scena per il dramma di Ugo Betti Spiritismo nell’antica casa Raffaella Ciapponi, clarinetto Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Giuseppe Grazioli

Street date: 31 marzo 2017 2 CD al prezzo di 1

Decca 4815200 / DIGITALE

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THE ROTA PROJECT – I TITOLI GIA’ DISPONIBILI NINO ROTA - THE ROTA PROJECT VOL. 1 The Legend of the glass mountain (1949) Concerto per arpa e orchestra (1947-50) Sarabanda e Toccata per Arpa (1945) Ouverture da Il cappello di paglia di Firenze (1945-46) Satyricon / Roma suite (1971), Il padrino per arpa (Love Theme) (1972) Concerto n. 1 per violoncello e orchestra (1972) Concerto n. 2 per violoncello e orchestra (1974) PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI Variazioni sopra un tema gioviale (1953) Fuga per quartetto d’archi, organo e orchestra d’archi (1923) Concerto per violoncello e orchestra (1925), Allegro Concertante (1953) 2 CD al prezzo di 1 Decca 48102846 / DIGITALE NINO ROTA -THE ROTA PROJECT VOL. 2 Amarcord Suite dalla musica del film omonimo (1973) War and Peace (Guerra e Pace) Suite dalla musica del film (1956) Concerto per trombone e Orchestra (1966) Guardando il Fujiyama (1976), Concerto per fagotto e orchestra (1974-77) Castel del Monte ballata per corno e orchestra (1974) PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI Andante sostenuto per il Conc. per Corno K412 di Mozart (1958-59) La Fiera di Bari Ouverture per orchestra (1963) Le Notti di Cabiria Suite dalla musica del film omonimo (1957) La scuola di Guida Idillio di Mario Soldati, Musica di Rota (1959) 2 CD al prezzo di 1 Decca 0028948103942 / DIGITALE NINO ROTA - THE ROTA PROJECT VOL. 3 Prova d’orchestra – Suite (1978) Concerto in Mi per pianoforte e orchestra “Piccolo Mondo Antico” (1978) PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI Le Molière Imaginaire (1976) Musiche per il ballet-comedie di Maurice Bejart Rabelaisiana (1977) 2 CD al prezzo di 1 Decca 0028948106943 / DIGITALE NINO ROTA - THE ROTA PROJECT VOL. 4 Psallite Nato, Salmo 6 e 99, Il Presepio PRIMA INCISIONE MONDIALE DELLA VERSIONE INTEGRALE Mysterium (1962) Registrazione dal vivo, gennaio 2015 PRIME REGISTRAZIONI MONDIALI C'era una volta nella grotta, Ave Maria Tota Pulchreas, Il Natale degli innocenti 2 CD al prezzo di 1 – PPD 11,88 Decca 0028948147991 / DIGITALE

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Mai, in passato, i critici musicali hanno tanto abusato di aggettivazioni da sostantivi quali candore, facilità, ingenuità, leggerezza, semplicità e sentimentalismo per definire, a fronte della loro insospettata complessità, le musiche di Nino Rota e, non di rado, per stigmatizzarne la presunta falsa coscienza. Per Rota, invece, il termine “musica leggera” si riferiva solo «alla leggerezza di chi l’ascolta, non di chi l’ha scritta. […]. Se certi critici hanno la puzza sotto il naso, quando devono affrontare il discorso su Nino Rota autore di sinfonie e opere, appiccicandomi addosso l’etichetta di “cinematografaro”, questo», ribadì il compositore milanese nella sua ultima intervista (che solo la sua sopravvenuta morte impedì al rispettoso giornalista Guido Vergani di farla pubblicare nel mensile «Playboy»), «non mi imbarazza. Musica per film o altra musica, vi metto sempre lo stesso impegno. È diverso solo il territorio tecnico in cui mi muovo». Fedele d’Amico fu, forse, l’unico, tra i maggiori critici musicali italiani contemporanei di Rota (anzi, il maggiore), che, oltre a non amare gli aggettivi, prese le difese di Rota sotto il fuoco incrociato dei suoi colleghi (chi più chi meno engagés). Scrivendo della Visita meravigliosa (opera del 1970, come Opera di Luciano Berio), il musicologo romano approfittò, infatti, per far piazza pulita dei summenzionati, semplicistici riduzionismi e per tentare di dimostrare come l’inattualità della musica di Rota fosse, invero, complementare al linguaggio della musica colta contemporanea: la prima divergerebbe dalla seconda «non già, come troppi credono, per la fiducia nella tonalità univoca, nella simmetria o in altrettanti elementi comunemente ritenuti out, ma per il fatto di assumere questi elementi in proprio, in luogo di metterli tra virgolette come citazioni od “oggetti”», assimilando svariati, pregressi stilemi onde rigenerarli, in luogo di astrarli dalla storia come, per converso, fecero gli ‘altri’ compositori, nell’ottica di un’oggettivazione non partecipante o straniante. In quelle righe, poi, d’Amico identificò l’essenza stessa della poetica rotiana nella tromba suonata dall’angelo abbattuto dal reverendo Hilyer (ma, qui, si potrebbero menzionare anche quelle rispettivamente suonate da Gelsomina, ne La strada, e dall’anziano clown [Polidor] nella scena al tabarin de La dolce vita); essenza non riconosciuta né compresa dai curati della ‘musica d’oggi’ per evidenti e altrettanto inattuali limiti, come, per esempio, il non voler riconoscere all’uomo contemporaneo – della cui dilacerazione e palingenesi essi si fecero portavoce – quella «spontaneità» propria della musica di Rota. Ma della ‘tromba di Rota’ d’Amico non tardò pure a riconoscere i limiti, uno dei quali sarebbe il sintomatico successo della sua «allarmante attività nel mondo del cinema», dovuto, non tanto alla ‘orecchiabilità’ dei suoi bei temi, quanto alla sua formidabile capacità d’improvvisatore, tanto apprezzata e coccolata dalla committenza (ossia dai registi), in quanto facilmente piegabile alla propria volontà e a una psicologia delle masse ben conosciuta e adeguatamente manipolata dal sistema produttivo dell’industria dell’entertainment. Tuttavia, il pessimistico vaticinio di d’Amico, secondo il quale, «nella “storia”, egli [Rota] non troverà luogo, o al massimo sarà ricordato in parentesi, come un’amabile vacanza dalla storia medesima», sembra essere stato smentito – non da ultimo, da questa stessa collana discografica dedicata alle musiche di Rota, che non si limita alle sue celeberrime soundtracks – e l’allergia ai nuovi media trattenne d’Amico dal menzionare i flirts di Rota con la radio e la televisione, sebbene questa parte della sua eredità sia tuttora la più studiata, in quanto recepita – finalmente – come la più attuale e ‘moderna’ dai recenti studi musicologici a lui dedicati e da quelli sulla intermedialità. In questo senso, dopo la triplice declinazione – radiofonica, scenica e televisiva – dell’opera I due timidi (1950/’52/’54), il balletto La strada (1966), desunto dalla sceneggiatura di Federico Fellini e Tullio Pinelli dell’omonimo e pluripremiato film del 1954, si pose come un ulteriore e doppiamente emblematico caso di ‘rimediazione’. Da un lato, in un’epoca in cui ci si poneva la unanswered question se il cinema avrebbe potuto salvare, meglio, graziare il teatro, Rota prese tutti in contropiede, proponendo per primo un balletto tratto da un film di risonanza mondiale (e non viceversa). Dall’altro, prendendo atto del successo riscosso da quest’ultimo al Teatro alla Scala, sul cui cartellone permaneva ormai da tre stagioni consecutive, nel 1968 i dirigenti di Viale Mazzini fecero concorrere la RAI nella nuova categoria “Opere musicali televisive” del XX Prix Italia (concorso internazionale già vinto nel 1959 dall’azienda pubblica con La notte di un nevrastenico di Bacchelli-Rota), presentando un adattamento televisivo del balletto di Rota che venne girato negli studi televisivi di Torino. Anche se, alla fine, la spuntò Dies irae di Krzysztof Penderecki (prodotto dall’emittente tedesca ZDF), si trattò pur sempre del primo, riuscito esperimento italiano di “teleballetto”, che fece conoscere a un più ampio pubblico le intese gestualità di Carla Fracci (Gelsomina), Aldo Santambrogio (Zampanò) e Mario Pistoni (Il matto), anche coreografo de La strada. La presente registrazione è la prima a proporre nella sua interezza e nella versione d’ultima mano del suo autore questo balletto, creato per la prima volta alla Scala il 2 settembre 1966. Già in quell’occasione, Rota prescrisse in partitura una banda sul palco (sfilante durante la processione della scena 5), nonché un combo e una voce femminile collocati fuori scena: il sound del primo, nella finzione, proviene da un jukebox in bella vista nella scena 3; la seconda – vocalizzante il tema che Gelsomina apprese dal violino del “Matto” – è quella di una ragazza che, interpellata nella scena ultima da uno Zampanò mestamente presago, informerà lo strongman girovago della dipartita della sua ex compagna di strada. La versione approntata nel 1978 per la rappresentazione de La strada al Teatro di San Carlo di Napoli esorbita di una buona mezz’ora rispetto a quella precedente, in virtù sia di un pas de deux di Gelsomina con un acrobata – composto ex novo – e di un ulteriore intervento della banda sulle note dell’arcinota marcia circense di 81/2, entrambi inseriti nella scena 6, sia, soprattutto, dell’ampliamento, nella scena precedente, della festa all’aperto in onore del matrimonio di una giovane coppia di popolani, durante la quale Gelsomina e Zampanò si esibiscono nelle loro giocolerie, mentre gli astanti si slanciano in uno sfrenato bajon. I temi del “Viaggio a Donnafugata” e di “Tancredi e Angelica” della colonna sonora de Il gattopardo (1963) Rota li aveva riesumati dagli abbozzi, buttati giù intorno alla metà degli anni Quaranta, per una Sinfonia. Solo alcuni anni dopo l’uscita del film e dietro pressione di Francesco Siciliani, però, Rota si decise a portare a termine Sinfonia sopra una canzone d’amore, dirigendola di persona all’Auditorium RAI del Foro Italico di Roma (17 giugno 1972). La “canzone” alla quale Rota fece riferimento nel titolo e che è alla base dell’«Allegro» iniziale della Sinfonia fu composta nel 1943 per il film La donna della montagna di Renato Castellani

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(ripresa cinque anni dopo, sotto il titolo Take the sun, nel film The Glass Mountain di Henry Cass), mentre, nello ‘Scherzo’ e nel movimento lento successivi, Rota travasò, rispettivamente, le succitate musiche per il film di Luchino Visconti. Di fronte a tale, disinvolto riutilizzo di materiali di epoche e di provenienza diverse, alla protocollare costruzione in quattro movimenti della Sinfonia e alla foggia del suo primo tema – che diresti sfociato dalla Moldava di Smetana – non si può che constatare il coraggio di un Rota che non scese a compromessi né con lo Zeitgeist del tempo né con se stesso, ossia, in una prospettiva autoreferenziale, con l’“amore” per ciò che si è e che si è stato: «il cinema non ha cambiato per nulla la mia vita. Né, d’altra parte, lo considero una “seconda attività”: perché, di fatto, ne ha tratto vantaggio il mio stesso sviluppo psicologico e anche quello musicale», dichiarò Rota, nel rilasciare un’intervista a Leonardo Pinzauti, nel 1971. Con Gelsomina la protagonista del dramma Spiritismo nell’antica casa (1946) condivide un’alienazione che la condurrà alla follia. Quali musiche di scena per questa pièce di Ugo Betti, rappresentata per la prima volta e per la regia di Orazio Costa al Piccolo Teatro della Città di Roma (13 aprile 1950), Rota estroflesse l’ossessione dell’ipersensibile Laura (Rossella Falk), raggirata dal medium-lestofante Ruggero (Tino Buazzelli), affidando una serie di variazioni – paganiniana la sesta delle quali – a un clarinetto. Al netto della suo suicidario destino (affine a quello dell’altrettanto “candida” Minnie di Bontempelli), il personaggio di Laura prefigura quello della felliniana Giulietta degli spiriti (sempre la Masina) e strizza l’occhio (tragicamente) a Maria, protagonista della coeva commedia Questi fantasmi! di Eduardo. A sorreggere la maggior parte delle reminiscenze tematiche delle musiche per il film Il Casanova di Federico Fellini (1976) sono due ipnotici intervalli di 5a discendente che simboleggiano la nostalgia per una Venezia lontana (O Venezia, Venaga, Venusia), vagheggiata dall’esule libertino e che, in liaison a malinconici temi da carillon, avvolgono come un tulle le sequenze del film di Fellini. Alcune di queste sono richiamate nella Suite pianistica di Rota (recentemente pubblicata dalle edizioni Schott e, qui, orchestrata da Bruno Moretti), tratta dalla sua soundtrack, come, per esempio, quella della prima e fugace visione della “Grande Mouna”, compatriota del libertino, e quella ambientata nella corte del demente duca di Württemberg (Wunderkammer scenograficamente boschiana e sonorialmente stravinskijana), dove Casanova s’innamora della bambola-automa: il suo doppio o, se si preferisce, l’altra e meno famelica faccia dell’Amore, rispetto a quella cantata dall’effeminato marchese Dubois nell’Intermezzo e ai meccanici colpi d’ala dell’Uccello magico (metafora dei vigorosi colpi di reni di Casanova). Peraltro, va riconosciuto alle risorse mnestiche del ‘domatore’ Fellini l’aver imbrigliato la fantasia di Rota alla propria, durante la lavorazione del Casanova. Come il regista ricorderà ventiquattro anni dopo, si era nel 1957 quando, nel clima festaiolo di un party romano (mentre, probabilmente in un angolo, Fellini ripassava a mente la sequenza in cui la protagonista eponima de Le notti di Cabiria viene fatta cadere in trance da un illusionista), qualcuno azionò il giradischi e Fellini, insieme agli invitati ammutoliti, ascoltò attonito il primo dei Morceaux en form de poire di Erik Satie, che gli suggerì «una visione raggelata e scintillante di creature stregate, ridotte a burattini». Fu grazie al riaffiorare dalla sua mente del ricordo di quell’ascolto accidentale che, nella fase di post-produzione della sequenza del déjeuneur chez Madame Durfé del Casanova, Fellini aveva incalzato Rota a ricreare l’atmosfera di quella musica ‘satiana’ e l’«insostituibile Nino ha subito tratto dal pianoforte un motivo bellissimo, che incanta, che smemora, che sa di pace eterna, che ti strazia e ti conforta». Nel 1977 la colonna sonora de Il Casanova valse a Nino Rota il Premio David di Donatello come «Miglior musicista». Alessandro Turba