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San Bonaventura Newsletter della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum Editoriale Il metodo del dialogo In questa città capitale s’innalzano verso il cielo la cattedrale cattolica, la cattedrale ortodossa, la moschea musulmana e la sinagoga ebraica. Questi quattro edifici non sono soltanto il luogo in cui i credenti nel Dio unico confessano la loro fede; essi costituiscono anche un visibile monito per il tipo di società civile che gli uomini di questa regione vogliono edificare: una società di pace, i cui membri riconoscono Dio quale unico Signore e Padre di tutti. [...] Le tensioni, che possono crearsi fra gli individui e le etnie come eredità del passato e come conse- guenza della vicinanza e della diversità, devono trovare nei valori della religione motivi di mode- razione e di freno, anzi di intesa in vista di una costruttiva cooperazione. [...] Il metodo a cui occorre attenersi rigorosamente nella soluzione dei problemi che insorgono lungo l’arduo cammino è quello del dialogo, ispirato all’ascolto dell’altro e al mutuo rispetto. Il metodo del dialogo che, nonostante le resistenze, si va sempre più affermando, richiede infatti, in quan- ti vi prendono parte, lealtà, coraggio, pazienza, perseveranza. La fatica del confronto sarà ampiamente ripagata. Si potranno lentamente guarire le ferite causate dalla trascorsa terribile guerra, e si farà spazio alla concreta speranza di un futuro più degno per tutte le popolazioni che insieme vivono in questo territorio. Il dialogo dovrà svilupparsi nel rispetto della parità dei diritti, garantita ai singoli cittadini mediante adeguati strumenti legali, senza preferenze o discri- minazioni. Giovanni Paolo II (Dal Discorso ai membri della presidenza della Bosnia ed Erzegovina - Sarajevo, 13.4.1997) MAGGIO 2015 Focus del mese: il significato del viaggio di papa francesco a sarajevo pag. 2 sui passi della fede: il triangolo polacco della santità pag. 4 teologia: il dibattito sul sacramento della riconciliazione pag. 7 morale e società: il servizio civile oggi pag. 9 testimoni del vangelo: i giovani confratelli di kolbe ridanno vita al circolo mi pag. 10 tra le righe: nuovo studio di cristologia pag. 12 cineforum: la storia di un moderno giobbe pag. 14 appuntamenti: il programma di giugno e le novità editoriali pag. 16 Francescanamente parlando: attività della facoltà e festival francescano pag. 18 ANNO III - Nº 28 informa 1 In questo numero:

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San BonaventuraNewsletter della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum

Editoriale

Il metodo del dialogo

In questa città capitale s’innalzano verso il cielo la cattedrale cattolica, la cattedrale ortodossa, la moschea musulmana e la sinagoga ebraica. Questi quattro edifici non sono soltanto il luogo in cui i credenti nel Dio unico confessano la loro fede; essi costituiscono anche un visibile monito per il tipo di società civile che gli uomini di questa regione vogliono edificare: una società di pace, i cui membri riconoscono Dio quale unico Signore e Padre di tutti. [...]Le tensioni, che possono crearsi fra gli individui e le etnie come eredità del passato e come conse-guenza della vicinanza e della diversità, devono trovare nei valori della religione motivi di mode-razione e di freno, anzi di intesa in vista di una costruttiva cooperazione. [...]Il metodo a cui occorre attenersi rigorosamente nella soluzione dei problemi che insorgono lungo l’arduo cammino è quello del dialogo, ispirato all’ascolto dell’altro e al mutuo rispetto. Il metodo del dialogo che, nonostante le resistenze, si va sempre più affermando, richiede infatti, in quan-ti vi prendono parte, lealtà, coraggio, pazienza, perseveranza. La fatica del confronto sarà ampiamente ripagata. Si potranno lentamente guarire le ferite causate dalla trascorsa terribile guerra, e si farà spazio alla concreta speranza di un futuro più degno per tutte le popolazioni che insieme vivono in questo territorio.Il dialogo dovrà svilupparsi nel rispetto della parità dei diritti, garantita ai singoli cittadini mediante adeguati strumenti legali, senza preferenze o discri-minazioni.

Giovanni Paolo II(Dal Discorso ai membri della presidenza della

Bosnia ed Erzegovina - Sarajevo, 13.4.1997)

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Focus del mese: il significato del viaggio di papa francesco a sarajevopag. 2

sui passi della fede: il triangolo polacco della santitàpag. 4

teologia: il dibattito sul sacramento della riconciliazionepag. 7

morale e società: il servizio civile oggipag. 9

testimoni del vangelo: i giovani confratelli di kolbe ridanno vita al circolo mipag. 10

tra le righe: nuovo studio di cristologia pag. 12

cineforum: la storia di un moderno giobbe pag. 14

appuntamenti: il programma di giugno e le novità editorialipag. 16

Francescanamente parlando: attività della facoltà e festival francescano pag. 18

aNNo iii - Nº 28 informa

1

in questo numero:

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PaPa francesco e la chIesa che soffre:Il sIGnIfIcaTo Del ProssIMo VIaGGIo a saraJeVo

di Tomislav Mrkonjić*

“È vero che il tuo popolo ha sofferto molto?” papa Francesco si è rivolto con questa domanda al nostro confratello fra Stjepan Brčina baciandogli le mani appena consacrate.

È stata quindi la sofferenza di un popolo il primo pensiero del papa mentre salutava il giovane sacerdote nativo di Drijenča in Bosnia (nella foto), da lui appena ordinato il 26 aprile scorso, domenica del Buon Pastore, nella Basilica di San Pietro.Tuttavia, non è la prima volta che il Papa pensa alla Bosnia sofferente. Lo stesso pensiero gli è affiorato alla mente nel giorno della sua elezione a successore di San Pietro. L’arcivescovo di Sarajevo il cardinale Vinko Puljić, rispondendo alla domanda di un giornalista durante la prima conferenza stampa il 2 febbraio scorso a Sarajevo circa i sentimenti del papa argentino verso la Chiesa in Bosnia ed Erzegovina, svelò che durante il loro primo incontro subito dopo il conclave il neoeletto papa gli confidò di sapere che il

cardinale viene dalla “Chiesa che soffre”. E continuava il card. Puljić: il papa sa “che il popolo qui ha sofferto molto e che soffre ancora” e che papa Bergoglio “conosce molto bene la nostra situazione”.Una situazione che forse conosceva bene ancor prima, quando a Buenos Aires aveva come confessori un francescano appartenente proprio alla Provincia francescana di Erzegovina e un suo confratello gesuita proveniente dalla Croazia.Papa Francesco rimane quindi fedele alla sua primaria missione annunciata da lui stesso dalla loggia di San Pietro subito dopo l’elezione. Vale a dire: conoscere di persona le sofferenze dei fedeli “nelle periferie”, essere vicino, incoraggiare e aiutare quelli che si trovano in varie difficoltà, quelli che sono poveri non solo materialmente, ma piuttosto poveri perché schiacciati dal dominio dei potenti, della politica ingiusta, del male che dilaga sempre di più e che sembra dominare tutti i popoli.Ed è questa la ragione della “visita lampo” a Sarajevo, come aveva annunciato lui stesso dopo l’Angelus del 1 febbraio di quest’anno: «Desidero annunciare che sabato 6 giugno, a Dio piacendo, mi recherò a Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina. Vi chiedo fin d’ora di pregare affinché la mia visita a quelle care popolazioni sia di incoraggiamento per i fedeli cattolici, susciti fermenti di bene e contribuisca al consolidamento della fraternità, della pace, del dialogo interreligioso e dell’amicizia».Le popolazioni di Bosnia ed Erzegovina, specialmente i cattolici hanno veramente bisogno di incoraggiamento e di speranza. Perché dalla caduta della Bosnia sotto il dominio ottomano nel 1463

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FOCUS DEL MESE

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fino all’occupazione austro-ungarica nel 1878 la percentuale della loro presenza è scesa dall’85% al 18%; durante il domino austriaco, fino al 1918 e nella prima Jugoslavia, fino al 1931, la percentuale è salita al 24%. Da quell’anno si nota la continua discesa: nella seconda Jugoslavia, nel 1981 i cattolici erano 18,40% e nel 1991 il 17,40%. L’ultima guerra (1991-1995) ha segnato un’ulteriore diminuzione sino al 13%. Nel 1991 il numero dei cattolici era 812.256, mentre alla fine del 2014 solo 420.294, vale a dire 48,25% di meno.Non solo durante il dominio ottomano, ma anche nel corso della seconda guerra mondiale e durante l’ultima guerra dal 1991 al 1995 molti fedeli cattolici, sacerdoti, religiosi e religiose sono stati perseguitati, seviziati e diversi uccisi solo perché cattolici. Sono in corso vari processi di beatificazione, mentre le cinque suore Figlie della Divina Carità (due croate, due slovene e una austriaca) uccise dai cetnici a Goražde nel dicembre 1941, sono state proclamate beate il 24 settembre 2011 a Sarajevo dal Cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei santi.Attualmente nella Bosnia ed Erzegovina divisa in due entità politiche, la Federazione croato-musulmana e la Repubblica serba, i cattolici sono organizzati ecclesiasticamente nelle tre diocesi: Sarajevo, Banja Luka e Mostar-Trebinje. Mentre nella diocesi di Mostar, dove si trova il santuario della Madonna di Međugorje, i cattolici sono bene organizzati e danno segni di una certa ripresa, nelle altre due, specialmente nella diocesi di Banja Luka la situazione peggiora continuamente così che il vescovo suole paragonare la propria diocesi a “un ospizio per gli anziani” destinati a scomparire presto. Anche nell’arcidiocesi di Vrhbosna – Sarajevo la ripresa è quasi inesistente e in tutte e due le diocesi molte delle iniziative, attività parrocchiali e in genere cattoliche, vengono ostacolate e spesso semplicemente soppresse.La situazione tuttavia a livello locale, specialmente in alcuni paesi della campagna non è così negativa. Si notano dei casi di aiuto e di comune iniziativa tra tutte e tre le confessioni, cattolici, ortodossi e musulmani.Anche la visita del Papa è stata accolta bene dal governo federale che si è dimostrato molto favorevole in quanto è vista come un ulteriore gesto del Vaticano e della Chiesa cattolica in generale a sostenere e aiutare il processo di pace, del dialogo interreligioso, e inoltre viene intesa come un forte segnale e sostegno anche politico per far entrare quanto prima lo stato della Bosnia ed Erzegovina nella Comunità europea.Papa Francesco intende quindi continuare sulla strada di Giovanni Paolo II recatosi a Sarajevo due volte (12-13 aprile 1997 e 22 giugno 2003) per cui andrà come messaggero della pace e come portatore della speranza in un futuro migliore e prospero per tutte le popolazione della Bosnia ed Erzegovina, non solo a livello religioso, ma anche a livello sociale, politico e piuttosto a livello umano. Perché Francesco è come quel padre che non dimentica e non lascia soffrire i propri figli, i poveri della “periferia” che vuole conoscere e che gli stanno sempre a cuore.

* OFMConv, docente di Storia della Chiesa e Latino, responsabile della Academia Cardinalis Bessarionis

Giovanni Paolo II in visita a Sarajevo (foto:www.papa.ba)

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sui passi della fedecracoVIa - czesTochowa - waDowIce:

Il TrIanGolo Della sanTITà

di Luca Marcolivio*

C’è una nazione in Europa che, più di altre, sembra essere il simbolo della resistenza al Male, che striscia lungo i sentieri della Storia. Quel paese è la Polonia e la città-simbolo per eccellenza di questa titanica battaglia è Cracovia.Nella seconda più grande città polacca, nonché capitale fino al 1596, si concentra l’essenza dell’identità del grande paese slavo, nelle sue declinazioni culturali, storiche, artistiche, politiche e soprattutto religiose. Già nella leggenda che dà il nome e il simbolo alla città è rintracciabile una dimensione agonistica e quasi apocalittica. In una grotta lungo le sponde della Vistola, si annidava il drago di Wavel, che seminava il terrore tra la popolazione, prima di essere ucciso con uno stratagemma escogitato dal principe Krak, che gli fece divorare una pelle di montone farcita di zolfo, cosicché il mostro esplose per le fiamme che gli divamparono nel ventre.Cracovia, come si accennava, è stata per circa tre secoli, la capitale di un regno in cui il legame tra trono e altare è sempre stato strettissimo, come testimonia la canonizzazione della Regina Edvige (1374-1399), sepolta nella cattedrale di Wawel, al pari di molti altri sovrani, compreso Giovanni III Sobiewski (1629-1696), eroe della battaglia di Vienna (1683), che allontanò definitivamente i turchi dall’Europa centrale. La vicenda dell’arcivescovo San Stanislao (1030-1079), patrono di Cracovia e di tutto il paese, è quasi un preludio alla dimensione del martirio che sembra segnare indelebilmente l’intera nazione polacca. Come un novello Giovanni Battista, Stanislao aveva avuto il coraggio di denunciare pubblicamente la vita dissoluta del re Boleslao II; venne perciò fatto assassinare da quest’ultimo, mentre celebrava la messa. Un “privilegio” capitato soltanto ad altri due vescovi: in epoca medioevale San Tommaso Beckett e in epoca moderna Oscar Romero, beatificato pochi giorni fa.

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L’aggressione del Male che si fa Storia si materializza tragicamente nel paese con l’Olocausto nazista. È significativo però che Auschwitz (Oświęcim) e Birkenau siano collocate proprio a ridosso delle tre grandi “roccaforti della santità” che risaltano nel territorio polacco: Cracovia, Czestochowa e Wadowice.Il culto della Madonna Nera di Czestochowa non è legato ad alcuna apparizione ma ad una

icona in stile bizantino, che la leggenda attribuisce a San Luca, che, essendo contemporaneo della Vergine Maria, ne avrebbe dipinto il vero volto. La Madonna di Czestochowa è diventata quindi il sigillo di una protezione mariana su un intero paese, che è stata in grado di rovesciare ogni insidia. Stretto a Ovest e a Est dai Prussiani, a Sud dagli Austriaci, a Nord dagli Svedesi e a Est dai Russi, il territorio nazionale polacco è stato per secoli minacciato da eserciti assai più agguerriti e organizzati e ha subito continui mutamenti nei confini e nella forma, fino a sparire completamente per qualche tempo alla fine del XVIII secolo.Eppure la Polonia è rimasta cattolica, pur circondata da protestanti e ortodossi, con una componente ebraica piuttosto integrata e

particolarmente numerosa, fino a poco prima dell’Olocausto. I polacchi resistono al nazismo più con i rosari che con le barricate. Ai sei anni di invasione tedesca, seguono i 40 anni di regime filosovietico. Solo un popolo come quello polacco poteva sopportare consecutivamente due dittature così feroci senza imbracciare quasi mai le armi.Simboli di questa resistenza sono eroici uomini di Chiesa come Massimiliano Kolbe, Stefan Wyszyński, Jerzy Popieluszko, Karol Wojtyla. Ad essi si affiancano tanti santi sconosciuti che in un cinquantennio hanno lottato per la libertà del loro paese e della loro Chiesa nazionale.Wojtyla in particolare riunisce in se stesso le connotazioni del martirio, della profezia e del riscatto nazionale di un popolo, che divengono patrimonio universale, con la sua elezione a Pontefice. Chi visita la sua casa-museo a Wadowice, può toccare con mano tutta l’umanità e la familiarità di un personaggio che cambia la storia, rimanendo però profondamente legato all’esistenza comune. Un giovane il cui sogno è diventare attore, che ama stare tra gli amici, andare in montagna e praticare sport. Osservando i cimeli di casa Wojtyla, le pagelle scolastiche del futuro papa, i suoi scarponi da sci, la cucina in cui cenava con papà Karol senior, con mamma Emilia e con il fratello Edmund, si percepisce quella normalità quotidiana che può diventare qualcosa di meraviglioso, varcare i confini dell’umano, incamminandosi verso un destino voluto da un Altro e mai immaginato da nessun cuore umano.

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Madonna di Czestochowa (foto L.Marcolivio)

(foto L.Marcolivio)

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Una serenità domestica, spezzata prima dalla prematura scomparsa della madre e del fratello di Lolek, poi dalla crudeltà della guerra e delle dittature.L’uomo costantemente spiato dai servizi segreti polacchi, marcato stretto dai sovietici, l’uomo che rischia di morire per mano di un turco nella “sua” piazza San Pietro, contribuisce in modo determinante alla vittoria finale della libertà per il suo popolo e per quelli limitrofi. Arriva poi il trionfo del suo Giubileo e del più grande raduno giovanile della storia (Roma,

19-20 agosto 2000), che riscatta tutte quelle dittature dove proprio i giovani sono i principali strumenti e vittime. In quello stesso Anno Santo, il Papa canonizza la sua conterranea Faustina Kowalska, la veggente della Divina Misericordia, in nome della quale Giovanni Paolo II, consacra l’omonimo santuario nei pressi di Cracovia.

L’esperienza mistica di Santa Faustina sembra preludere ai tempi che viviamo oggi. Tempi segnati da nuovi terribili venti di guerra, di distruzione dell’umano e di eclissi della speranza, per i quali la “medicina” più potente rimane proprio quella Misericordia, in nome della quale l’attuale Pontefice, Francesco, ha convocato un Giubileo. E sarà proprio durante l’Anno Santo straordinario che la Giornata Mondiale della Gioventù si terrà a Cracovia, con relativa visita del Papa in Polonia. Difficile pensare a delle coincidenze…

* Coordinatore dell’edizione italiana di Zenit

Luca Marcolivio

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Il sacraMenTo Della rIconcIlIazIone:cosa eMerGe Dal DIBaTTITo Tra TeoloGI

di Domenico Paoletti*

Più di un anno prima che papa Francesco annunciasse l’indizione di un Giubileo della misericordia (che inizierà l’8 dicembre 2015 e terminerà il 20 novembre 2016) l’Associazione Teologica Italiana aveva già programmato il XV corso di aggiornamento per docenti di teologia su “La Riconciliazione e il suo Sacramento”, tenuto a Roma nei giorni 29-31 dicembre 2014. Rileggendo le relazioni e il dibattito del corso dell’ATI si può cogliere uno dei tanti segni che ci vengono dati nella storia per riconoscervi l’azione dello Spirito che anima la Chiesa nella varietà dei ministeri e dei carismi.I due anni di pontificato di papa Francesco sono già sufficienti per cogliere nella misericordia la cifra del suo ministero. La misericordia che appare nello stemma (episcopale prima, pontificio poi) sta al cuore del messaggio dell’attuale papa, come si espresse chiaramente già nel suo primo Angelus: «sentire misericordia, questa parola cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza». In questa prospettiva possiamo rileggere i lavori del corso di aggiornamento dell’ATI al quale ho avuto la grazia di partecipare insieme a una sessantina di colleghi provenienti da vari centri accademici italiani ed esteri. Delle varie relazioni (presto consultabili sul sito dell’ATI) e del vivace dibattito seguito ho elaborato una sintesi pubblicata nella rubrica “Forum ATI” della Rivista Rassegna di Teologia 56 (2015) 151-157, rilanciando alcune questioni aperte che vanno riprese ai vari livelli di approfondimento teologico, dottrinale e pastorale. Per gli amici di San Bonaventura informa richiamo brevemente alcuni aspetti del corso.Innanzitutto va tenuto presente che i corsi di aggiornamento e i convegni dell’ATI sono momenti particolarmente significativi di fare teologia insieme, in un clima di amicizia e confronto su tematiche dibattute nella complessità e pluralità contemporanea del sapere.

teologia

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L’amicizia tra i teologi è la nota evangelica richiesta dal metodo e dallo stile del pensare teologico che vige tra i membri dell’ATI.Il Sacramento della Riconciliazione va compreso, celebrato e vissuto sempre all’interno del cuore della fede cristiana dove risplende «la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (EG 36).Il Sacramento della Riconciliazione va compreso, celebrato e vissuto sempre all’interno del legame costitutivo tra Sacramento della Riconciliazione e la fede nel Dio Dives in misericordia.Il Sacramento della Riconciliazione va compreso, celebrato e vissuto sempre all’interno di una viva coscienza di vita ecclesiale.La misericordia del Padre, manifestata e donata nel Figlio Gesù Cristo, è resa presente nella celebrazione del Sacramento della Riconciliazione che (ripresentando la Pasqua come evento riconciliante con Dio) rinnova la Chiesa come comunità riconciliata e riconciliante.Nel corso, in profonda sintonia con l’insistenza di papa Francesco, è emerso quanto sia importante la cura dell’accoglienza da parte sia della comunità cristiana che del ministro ordinato (il confessore) perché il penitente, come figlio prodigo, sia considerato come già raggiunto e abbracciato dalla misericordia del Padre che lo attende, lo cerca, gli va incontro e lo riveste di grazia attraverso la Chiesa, riammettendolo alla comunione festosa dei fratelli.Il sacramento della Riconciliazione non è mai un rito privato ed estrinseco alla fede, ma è il sacramento che permette alla fede di essere se stessa come comunione con Dio e con i fratelli e le sorelle nell’unica famiglia. La dimensione trinitaria, pasquale ed ecclesiale del quarto sacramento, pur nella varietà delle forme storiche celebrative, ha come unico obiettivo quello di rinnovare e accrescere la comunione attraverso una conversione progressiva a Dio e ai fratelli.Durante il corso è stato rilevato il fatto che il sacramento della Riconciliazione è una cosa, le forme storicamente assunte dal sacramento un’altra. Da tale constatazione ha preso avvio un dibattito su come ridare una nuova vita a un sacramento in crisi. L’invito di papa Francesco a riconsiderare la misericordia di Dio come paradigma di riforma della confessione implica il coraggio di non considerare unica e inamovibile in tutti i casi la forma privata e auricolare del quarto sacramento.Le diverse forme del sacramento della Riconciliazione, date dallo sviluppo della tradizione all’interno della storia, provocano un ripensamento teologico e pastorale perché il sacramento “esprima più chiaramente” la gioia del perdono e della comunione ritrovata.I vari tentativi di ripensare il sacramento della Penitenza non possono non partire dalla ineliminabile questione del modo in cui gli esseri umani possono venire a capo dell’esperienza del male e della colpa, e dalla necessità che la Chiesa sia in grado di offrire luoghi in cui questo possa avvenire mostrando misericordiae vultus.

* OFMConv, Preside della Facoltà e docente di Teologia fondamentale

@fraterdominicus

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MORALE E SOCIETÁ

Il serVIzIo cIVIle e I sUoI nUoVI orIzzonTI,Tra rIschI e oPPorTUnITà

di Giuseppe Giunti*

Tre mattinate di formazione per giovani che svolgono il Servizio Civile, presso il Comune di Alessandria, tra aprile e maggio.Fino a qualche anno fa il servizio civile era in penombra, aveva ancora poco appeal nella cultura giovanile; da qualche tempo si è riaccesa la luce e non solo per quattrocento euro mensili e poco più che vengono erogati a ciascun giovane.Così ho potuto trascorrere tre mattinate prima di tutto ad ascoltare, poi a fornire informazioni, a facilitare la visione complessiva del servizio civile in Alessandria, ad allargare lo sguardo. Bella esperienza. I temi sono stati: il dono e la gratuità come orizzonte del servizio civile: la Costituzione della Repubblica Italiana come riferimento fondativo per la legalità nei rapporti sociali; la cittadinanza attiva in tutte le sue concrete declinazioni, sempre in divenire.In passato il servizio civile intercettava giovani che non volevano svolgere il servizio militare di leva, mentre oggi la scelta matura per motivi svariati: il desiderio di realizzare qualcosa di bello mentre non si trova ancora lavoro, la speranza di intercettare persone interessanti, il contagio che arriva da qualche amico che ha appena fatto questa esperienza e ne parla con soddisfazione.Come sempre ci sono rischi e ci sono opportunità. Il rischio, tutto italiano, è che qualche amministrazione pubblica usi i ragazzi/le ragazze del servizio civile per svolgere compiti che scarsità di mezzi e di personale rendono lenti e carenti. Ma le opportunità sono davvero tante. Entrare nel mondo delle associazioni e delle cooperative, collaborare dal di dentro con le amministrazioni periferiche, affiancare il lavoro quotidiano della Caritas, facilitare il raggiungimento delle finalità di musei o luoghi d’arte, e così via.

*OFMConv, docente di Teologia pastorale e Catechetica Giuseppe Giunti

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a 98 annI Dalla cosTITUzIone Della MIlIzIa Dell’IMMacolaTaI confraTellI DI KolBe rIDanno VITa al cIrcolo MI Del seraPhIcUM

di Elisabetta Lo Iacono*

La Milizia dell’Immacolata torna pienamente a far parte della vita del Seraphicum. Fondata nel 1917 da fra Massimiliano Kolbe, assieme a sei suoi confratelli, nel Collegio “San Bonaventura” di via san Teodoro a Roma, alcuni frati e studenti della Facoltà hanno deciso di ricostituire ufficialmente un circolo della Milizia dell’Immacolata che vada a integrare le numerose attività culturali e pastorali del Seraphicum.Dopo un periodo ad experimentum, dal 2010 al 2014, la nuova fondazione del Circolo MI è stata approvata dal rettore fra Adrian Sorin Giurgi e sostenuta da fra Raffaele Di Muro, assistente internazionale della

Milizia dell’Immacolata.“L’esigenza e l’opportunità della presenza di un gruppo MI al Seraphicum - spiega il coordinatore fra Paolo Carola - emerge dalla presenza di molti frati già appartenenti alla Milizia dell’Immacolata nelle rispettive Province, nonché di frati o studenti che vorrebbero approfondire questo cammino proprio qui a Roma, dove la milizia è nata”. Il Collegio di San Bonaventura, trasferitosi all’Eur cinquant’anni fa, dalla sede di via San Teodoro, è la medesima istituzione all’interno della quale nel 1917 è stata fondata la Milizia di Maria Immacolata, approvata canonicamente il 2 gennaio 1922 come Pia Unione legata alla Cappella del Collegio. Questo provvedimento, ritrovato nella cronaca del Collegio, è stato allegato al verbale di costituzione in quanto viene considerato altamente significativo per la continuità con la sede primaria fondata da san Massimiliano, unitamente agli altri provvedimenti canonici, in particolare i primi statuti della Pia Unione, il breve di papa Pio XI con il quale si arricchisce la sede di Roma di privilegi e indulgenze, fino ai recenti statuti approvati dalla Santa Sede.“Il Collegio di San Bonaventura - aggiunge fra Carola - non intende in alcun modo perdere il legame carismatico e giuridico con la sede primaria della Milizia dell’Immacolata, perché esso stesso, storicamente, istituzionalmente e in via carismatica ne è la sede primaria, unitamente alla sede storica di via San Teodoro, dove tuttora hanno sede gli uffici della MI Internazionale”.

testimoni del vangelo

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Il nuovo circolo MI del Seraphicum punta quindi a rinsaldare i vincoli storici e carismatici con la sede primaria, offrendo anzitutto ai frati militi, sia professori che studenti, ma più in generale a tutti coloro che lo desiderano, un cammino di preghiera e formazione mariano-kolbiana a carattere pratico e carismatico, con una particolare attenzione all’aspetto

dell’evangelizzazione dei più lontani, tipico del carisma della MI. Il primo incontro, significativamente introdotto dalla recita della solenne consacrazione all’Immacolata composta da san Massimiliano, ha permesso di focalizzare alcune proposte concrete sulle quali intende operare il Circolo MI del Seraphicum in questo anno. Cinque le direttrici individuate, lungo le quali si potranno sviluppare numerosi progetti. A cominciare dall’apostolato per la festa dell’Immacolata, con una rinnovata metodologia per la celebrazione dell’8 dicembre in piazza di Spagna che vede, per tradizione, la diretta partecipazione dei frati minori conventuali, attraverso catechesi e accoglienza dei pellegrini. C’è poi l’apostolato “comunitario” che mira a diffondere capillarmente nella comunità francescana del Seraphicum, l’operato della MI, anche attraverso la disponibilità di letture e materiale informativo utile a un approfondimento sulla vita spirituale, francescana, mariana e sull’eredità kolbiana.L’apostolato intellettuale rappresenterà lo strumento per una maggiore consapevolezza e divulgazione delle tematiche proposte annualmente dalla Cattedra Kolbiana della Facoltà, attraverso il convegno kolbiano in programma ogni anno nel mese di maggio. L’attività del Circolo della MI punta, ovviamente, all’evangelizzazione e così sono state previste giornate di apostolato nelle parrocchie, attraverso la presenza attiva dei membri del Circolo, attraverso l’animazione della messa con servizio liturgico completo e presentando il carisma della MI.Infine l’apostolato spirituale che coinvolgerà la sfera più personale, attraverso l’individuazione di intenzioni di preghiera sulle quali saranno chiamati a pregare tutti i frati aderenti al gruppo.

* Giornalista e docente di Mass media @eliloiacono

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P. Kolbe con i confratelli fondatori della MI

Le medaglie miracolose

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DoManDe sU Gesù: nUoVo sTUDIo DI crIsToloGIa

enzo GallI, Il mistero del Figlio nei Suoi misteri. Un confronto con la cristologia italianaMiscellanea Francescana, Roma 2015, pp. 223 (Cristologia. Nuova serie, 2)

recensione a cura di francesco scialpi*

Il testo di fra Enzo Galli risponde a due domande fondamentali per la nostra fede: Chi è Gesù di Nazaret? Che cosa significa Gesù per noi? In questo modo il testo diventa un vero e proprio studio di cristologia sistematica, in cui l’autore affronta il mistero di Cristo nelle sue implicazioni ontologiche e soteriologiche. Nella parte introduttiva si cerca di definire meglio l’oggetto dello studio (il mistero di Cristo), attraverso una panoramica storica sintetica nella quale si cerca di rilevare nella storia della teologia l’importanza del tema in questione. Tale sintesi storica ha come punto d’approdo il Concilio Vaticano II, che dà al mistero di Cristo la sua definitiva e giusta collocazione nell’insegnamento teologico della Chiesa. In seguito il saggio si divide in due parti. Nella prima parte l’autore prende in esame alcuni dei principali trattati e manuali cristologici di teologi italiani, redatti dopo il Concilio Vaticano II fino ai nostri giorni, per vedere se e come questi autori hanno fatto propri gli input offerti dal Concilio e dalla teologia preconciliare in merito ai misteri della vita di Gesù Cristo. Da questa prima analisi risulta che la cristologia italiana, di fatto, si è interessata dei misteri della vita di Cristo soprattutto e in maniera più evidente nella prima fase post conciliare, quando ci si è preoccupati di recuperare il valore, anche soteriologico, di tutta la vicenda storica di Gesù di Nazaret. Non a caso, questa fase ‒ che pone al centro la singolarità di Gesù ‒ ha il suo epilogo in una vera e propria cristologia dei misteri, quella di Mario Serenthà (Gesù Cristo ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologia).

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TRA LE RIGHE

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Quando, poi, in un secondo momento, la riflessione cristologica si è aperta a nuovi orizzonti ‒ trinitario, escatologico, pneumatologico, ecc. ‒, l’attenzione si è andata sempre più spostando dai misteri della vita di Cristo al mistero personale del Figlio di Dio, in essi incarnato, rivelato ed operante nello Spirito. Nella seconda parte, attraverso la ripresa biblico-teologica dei diversi misteri della Sua esistenza, si stabilisce una diretta relazione tra la figliolanza divina di Gesù di Nazaret e la filiazione divina nell’uomo

mediante il mistero pasquale del Figlio. In tale sede, cioè, l’autore mostra come tutta la vita del Verbo incarnato, di fatto, scorra dentro gli argini delle rivelazioni della Sua figliolanza divina che, dall’inizio alla fine, orientano e illuminano il mistero della Sua persona e della Sua missione. Il Suo essere ed agire filiali si esprimono, in concreto, in una totale e radicale obbedienza al Padre per adempiere, fino in fondo, la missione in nostro favore. Tale obbedienza filiale, quindi, è caratterizzata da una costante e continua pro-esistenza verso il Padre e verso gli uomini che giunge al Suo culmine nel mistero pasquale, dal quale, finalmente, scaturisce per noi, come acqua zampillante da una sorgente, la vita filiale divina, ovvero la nostra adozione a figli di Dio per opera dello Spirito. Da qui, dunque, l’autore conclude che quanto Gesù Cristo ha vissuto nella carne presa dalla Vergine Maria, continua a viverlo, per mezzo del Suo Spirito, nel Suo corpo mistico (la Chiesa) e negli uomini. Egli, cioè, continua a vivere i suoi misteri in noi (cf. CCC 521). Tale aspetto, sottolinea Galli, ha delle implicazioni rilevanti anche sul piano antropologico, pastorale e formativo: accostarsi al mistero di Cristo non significa prima di tutto sforzarsi di imitare quanto Gesù ha detto e fatto nella Sua vita; ma anzitutto lasciare che il Suo Spirito abiti per la fede nel nostro cuore (cf. Ef 3,17), affinché sia Lui stesso a vivere i Suoi misteri in noi. Al riguardo, Papa Francesco nella Lumen Fidei afferma: «Il cristiano può avere gli occhi di Gesù, i suoi sentimenti, la sua disposizione filiale, perché viene reso partecipe del suo Amore, che è lo Spirito» (Lumen fidei, 21).

* OFMConv, docente di Liturgia

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leVIaThansTorIa DI Un MoDerno GIoBBe

di Emanuele Rimoli*

Trama. Kolia (Alexey Serebryakov) vive a Teriberka, un villaggio sulla costa del mare di Barents, nel nord della Russia, dove possiede un’officina meccanica e vive con la giovane moglie Lilya (Elena Lya-dova) e il figlio Roman (Sergey Pochodaev), avuto da un precedente matrimonio. L’appetente equilibrio della famiglia viene ad un tratto turbato dal sindaco del paese, Vadim Shelevyat (Roman Madyanov), determinato ad espropriare la casa e i terreni di Kolia in nome del suo potere politico e forte dell’appog-gio della Chiesa, sorgente di motivazione e luogo di estinzione dei ogni colpa. Ad appoggiare l’onesto lavoratore solo l’amico avvocato Dmitri (Vladimir Vdovitchenkov), al quale Kolia, orfano della prote-zione dello Stato, affiderà la propria sorte.

Recensione. Zvjagincev - già Leone d’oro a Venezia con “Il ritorno” (2003) - ritorna sul grande scher-mo con un film maestoso e stratificato, pieno di allusioni bibliche e filosofi-che come un classico romanzo russo.Kolia, il protagonista, è un Giobbe moderno - il regista si è in qualche modo ispirato alla storia vera del saldatore statunitense Marvin J. Heemayer (Co-lorado, 2004). E come Giobbe, cui è paragonato dal vecchio prete della sua cittadina, Kolia ingaggia una sfida impossibile con un potere che lo sovrasta e lo supera enormemente: stavolta non Dio, bensì lo Stato, il leviatano di Hobbes cui il titolo rimanda. E in poco tempo perde tutto. Affarismo, cor-ruzione, ipocrisia e violenza sono le spire del mostro biblico che stritolano il protagonista: la politica e la sua viscosa e glaciale burocrazia, e perfino la stessa Chiesa ortodossa, si fanno complici per schiacciare i legittimi diritti di Kolia-Giobbe quando intralciano i loro interessi. Un’alleanza diabolica e nefasta resa bene nei incontri tra il sindaco e il ve-scovo, entrambi corrotti.Kolia rischia tutto e perde tutto, ma non è un eroe luminoso, non appartiene alla schiera dei simpatici hobbit né a quella fiera dei cavalieri con armature lucide o hi-tech. No. Kolia, profondamente russo e incredibilmente universale, è contraddittorio e semplice, sempre corrucciato eppure a tratti buffo, vio-lento e allo stesso tempo dolce con il figlio. È un qualunque “povero Cristo”.

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Cineforum

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Perciò il valore simbolico della storia si manifesta potente e ci tocca (riguarda) profondamente: ciò che questo “povero Cristo” difende è la vita rappresentata da un bene ereditato dai padri, e custodito e sviluppato con le proprie mani - espressione ricorrente nel film. Il paesaggio-scenario - co-protagonista del film e simbolo perfetto del mostro biblico e hobbesiano -

dà il tono agli avvenimenti e il carattere alla nar-razione: il mare livido e inquieto si abbatte sulle rocce e le scava; la natura è triste e grigia, la luce pallida e ambigua come un immobile imbrunire che perfino soffoca l’invocazione dell’alba. Sulla spiaggia relitti arrugginiti e uno scheletro di balena, sullo sfondo una chiesa che mostra il cielo

attraverso il suo ventre squarciato e un buco nero nel soffitto… Solo la casa di legno è l’ultimo baluardo contro questa desolazione, un rifugio che sarà comunque espu-gnato - a differenza dell’onnipresente vodka (quasi un simbolo di speranza), in cui tutti i personaggi, tranne il bambino, cercano una via di fuga. Come se lo stordimento fosse il luogo sicuro ove far riposare la propria impotenza, senza timore di essere raggiunti dal mostro.La speranza non ha molto spazio nel film di Zvjagincev. È piccola, tenue e nascosta. E proprio quando ci aspetteremmo (e lo si desidera tanto) un finale “biblico”, in cui il torturato Giobbe in vecchiaia ha finalmente un po’ di consolazione, il leviatano sferra il suo attacco frontale: nel mondo decaduto in cui viviamo la lotta con il potere è impari, e vige la legge del più forte - Moby Dick sfonda il Pequod.

Scheda tecnicaTitolo: Leviathan (Russia, 2014)Regia: Andrej ZvjagincevGenere: DrammaticoDurata: 140’Premi: Golden Globe 2015 - Miglior film straniero (Russia) Festival di Cannes 2014 - Miglior sceneggiatura (Oleg Negin, Andrej Zvjagincev)

*OFMConv, Docente di Antropologia teologica e Direttore del Cineforum Seraphicum @fratemanu

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appuntamenti

conVeGno BonaVenTUrIano

“Storia e salvezza. Percorsi bonaventuriani” è il tema del 63° convegno di studi in programma a Viterbo e Bagnoregio dal 29 al 31 maggio. L’appuntamento, che è promosso dal Centro di studi bonaventuriani con il patrocinio, tra altri enti, anche della Facoltà “San Bonaventura”, vedrà la partecipazione del professor Pietro Maranesi (OFMCap) dell’Istituto Superiore di Scienze religiose di Assisi, docente di Francescanesimo al Seraphicum.

L’intervento del prof. Maranesi è in programma nel pomeriggio di sabato presso l’auditorium “Taborra” di Bagnoregio e verterà sul tema “La storia dell’Ordine e la teologia della storia secondo Bonaventura: processi evolutivi dell’Ordine a favore dell’evoluzione della Chiesa”.

accaDeMIa BessarIone: PresenTazIone con Il carDInale farIna

Appuntamento, giovedì 11 giugno alle ore 17.30 nella biblioteca della Facoltà, con l’Accademia “Cardinalis Bessarionis - Cultus et lectura Patrum” per la presentazione del volume Il Palazzo della Rovere ai Santi Apostoli di Roma. Uomini, pietre, vicende. Il Quattrocento. Parte Prima. I cardinali Bessarione e Riario di p. Isidoro Liberale Gatti. Interverranno alla presentazione, moderati dal prof. Tomislav Mrkonjić, responsabile dell’Accademia, il cardinale Raffaele Farina, Presidente onorario dell’Accademia, il Presidente Francesco Sisinni, il Preside della Facoltà Domenico Paoletti, la professoressa Concetta Bianca dell’Università degli Studi di Firenze e l’autore del libro.

fesTa DI fIne anno accaDeMIco

Si terrà mercoledì 24 giugno la tradizionale festa di ringraziamento di fine anno accademico. Il programma prevede alle ore 18.30 la celebrazione della santa messa, presieduta da monsignor Augusto Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma per il settore sud. A seguire la consegna dei riconoscimenti agli studenti che, in questo anno, hanno conseguito i vari gradi accademici e al termine, attorno alle ore 20, il momento di convivialità e dei saluti con la cena nel parco del Seraphicum.

Paolo, Il VanGelo e la coMUnITà crIsTIana DI roMa

“Paolo e il Vangelo a Roma” è il tema del nuovo incontro biblico, in programma sabato 27 giugno alle ore 16 al Seraphicum, promosso dal prof. Germano Scaglioni. Il nuovo appuntamento è finalizzato ad approfondire, in vista della festività dei Santi Pietro e Paolo del 29 giugno, la figura dell’“apostolo delle genti” così come a gettare uno sguardo sulla comunità cristiana di Roma, destinata a diventare punto di riferimento e guida della Chiesa universale.

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noVITà eDITorIalI

al DI là DI oGnI PreGIUDIzIo

È uscito il libro di fra Igor Salmič, docente di Storia della Chiesa contemporanea al Seraphicum. Il testo, con il quale l’autore ha vinto l’anno scorso il prestigioso Premio “Bellarmino” della Pontificia Università Gregoriana, propone documenti inediti dell’accordo tra Regno jugoslavo e Santa Sede. “Nel 1920 si stabiliscono rapporti diplomatici tra il Regno jugoslavo e la Santa Sede, che portarono, due anni più tardi - si legge nella presentazione -, all’avvio ufficiale delle trattative concordatarie. Dopo lunghi negoziati si arrivò, nel 1935, alla firma dell’accordo, resa possibile dall’inconsueta investitura, da parte jugoslava, di un negoziatore segreto, mons. Moscariello. Quando giunse il momento di votare per la ratifica (1937), nel parlamento belgradese si

sollevarono forti proteste. Il governo, dunque, si vide costretto a ritirare il concordato dall’ordine del giorno. Il presente volume mette in particolare rilievo la posizione della Santa Sede nella questione concordataria, avvalendosi sia delle ‘nuove’ fonti degli archivi vaticani relative al pontificato di Pio XI (accessibile dal 2006) sia di fonti inedite statali, ecclesiastiche e private. Vengono così individuati alcuni elementi importanti, e finora sconosciuti, relativi al periodo ‘segreto’ delle trattative (1933-1935), e alla reazione della Segreteria di Stato in occasione della mancata ratifica del concordato (1937-1938). Il contributo innovativo offerto da questo studio, rispetto alla storiografia esistente, è nell’aver portato alla luce la genesi degli articoli principali del concordato firmato e dimostrato la peculiare rilevanza nel nunzio in Jugoslavia, Ermenegildo Pellegrinetti, nei negoziati bilaterali”.

nUoVo nUMero DI creDere oGGI

Affronta il tema de “Il tempo e l’attesa” l’ultimo numero di Credere oggi, il dossier bimestrale di orientamento e di aggiornamento teologico diretto dal biblista Germano Scaglioni (OFMConv), docente di Sacra Scrittura al Seraphicum.“... tutti possiamo cadere nella tentazione che Gesù ha vinto, quella di pensare la venuta del Messia come di un personaggio che con la bacchetta magica cambia il mondo. Gesù ha scelto la strada della croce e del servizio, non quella della potenza, della spettacolarità, dei grandi gesti che incantano le folle” (dall’editoriale).

In questo numero: il sommario.

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conVeGno “Da KolBe a PaPa francesco: Una PoVerTà Per l’UoMo”

“Da Kolbe a papa Francesco: una povertà per l’uomo” è stato l’argomento del sesto convegno annuale promosso dalla Cattedra kolbiana della Facoltà, svoltosi il 9 maggio. Al convegno hanno partecipato fra Raffaele Di Muro, direttore della Cattedra Kolbiana, p. Jesus Manuel Garcia, direttore dell’Istituto di Spiritualità della Pontificia Università Salesiana, p. Massimo Vedova, docente di spiritualità al Seraphicum e all’Antonianum, monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno (nella foto) e il Preside fra Domenico Paoletti, moderati da Anna Maria Calzolaro.

VIsITa In VaTIcano Per GlI sTUDenTI Del seraPhIcUM

Gli studenti del corso di Liturgia, tenuto dal professor Francesco Scialpi, hanno visitato la Cappella Redemptoris Mater, la Cappella Paolina e la Sacrestia pontificia nel Palazzo Apostolico. Ad accompagnare il gruppo di studenti, alla presenza anche del Padre guardiano del Seraphicum fra Felice Fiasconaro, una guida d’eccezione: mons. Piero Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie di papa Giovanni Paolo II e, sino al 2007, di papa Benedetto XVI, oggi Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali.

InconTro sU relIGIone e VIolenza

“Religione e violenza” è stato il tema affrontato, il 15 maggio, nell’incontro promosso dalla Facoltà assieme al bimestrale di aggiornamento teologico Credere Oggi, muovendo proprio dai contenuti di un recente numero monografico. L’iniziativa, voluta e moderata dal prof. Germano Scaglioni, docente al Seraphicum e direttore della rivista Credere Oggi, ha visto l’intervento di Stefania Falasca, editorialista di Avvenire e di Emanuele Rimoli (OFMConv), docente al Seraphicum.

la VIsITa a TIVolI DeI fraTI-DocenTI Villa Adriana, Villa d’Este e la città di Tivoli sono state meta della visita dei frati del Seraphicum. Un’uscita dei docenti della Facoltà che fa parte della tradizione della comunità, quest’anno organizzata dal vice preside fra Dinh Anh Nhue Nguyen. Un appuntamento importante anche alla luce del Progetto “San Bonaventura”, finalizzato allo sviluppo di un nuovo metodo di fare teologia, e che trae spunti - oltre che dall’approfondimento accademico - anche dalla vita di comunità nel suo svolgimento quotidiano così come da momenti di condivisione e di svago. All’iniziativa ha partecipato anche il prof. Vincenzo Battaglia (OFM) , docente dell’Antonianum e al Seraphicum, in uno spirito di approfondimento delle relazioni e della fraternità che va ben oltre le distinzioni tra le singole famiglie francescane.

francescanamente parlando

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Il seraPhIcUM osPITe a raDIo MaTer e alla raI

È stata una puntata completamente dedicata al Seraphicum, nella sua duplice veste di Facoltà teologica e di comunità francescana, quella del programma “Vivere oggi la nostra Fede” di Radio Mater. Il giornalista Francesco Vitale ha condotto, il 15 maggio, la trasmissione dalla sede del Seraphicum, ospitando ai microfoni il preside Domenico Paoletti, il vice preside Dinh Anh Nhue Nguyen, i docenti Raffaele Di Muro, Emanuele Rimoli, Germano Scaglioni, Roberto Tamanti, il Padre Guardiano Felice Fiasconaro, il Rettore del Collegio internazionale Sorin Adrian Giurgi, la dott.ssa Enrica Lo Coco, fondatrice e presidente di Bimbi&Co., i frati della Sveglia francescana, gruppo di evangelizzazione di strada. Domenica 17 maggio, poi, è stata la volta della Rai con la partecipazione del Preside alla trasmissione “Cristianità”.

sorella Terra al cenTro Del fesTIVal francescano

Il Seraphicum, per il terzo anno consecutivo, parteciperà al Festival Francescano che quest’anno si terrà in piazza Maggiore a Bologna dal 25 al 27 settembre. Dopo le due edizioni a Rimini, che hanno visto una crescente partecipazione della Facoltà, è la volta del capoluogo emiliano che ospiterà tre

giorni di conferenze, spettacoli, attività didattiche e per bambini, workshop, attività di piazza, incontri con autori, momenti di spiritualità, per portare al centro dell’attenzione il messaggio universale di Francesco d’Assisi. “Sorella terra” è il tema scelto per questa settima edizione che sarà presentata ufficialmente il prossimo 25 giugno a Roma.

In Parole francescane

«In questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se farai questo, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato quanto poteva peccare, il quale, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono misericordioso, se egli lo chiede; e se non chiedesse misericordia, chiedi tu a lui se vuole misericordia. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia di tali fratelli».

SAN FRANCESCO, Lettera a un ministro: FF 235

PonTIfIcIa facolTÁ TeoloGIca “san BonaVenTUra” seraPhIcUMVia del Serafico, 1 - 00142 RomaSan Bonaventura informa è a cura dell’Ufficio Stampa del Seraphicum Responsabile: Elisabetta Lo Iacono ([email protected])

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