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News 10/SSL/2017 Lunedì, 6 marzo 2017 DPI e sicurezza: una check list per l’autovalutazione nelle aziende. Una lista di controllo per verificare la conformità delle aziende in relazione ai dispositivi di protezione individuali. Marcatura, documentazione, formazione, idoneità al rischio, limiti di protezione, ergonomia, conservazione e manutenzione. Treviso, 3 Mar – Uno degli aspetti importanti nella tutela effettiva della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro è l’utilizzo, laddove necessari, di dispositivi di protezione individuale (DPI) in buono stato, adeguati ai rischi e alle caratteristiche dei lavoratori. Ed infatti nella rubrica “Imparare dagli errori ”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, abbiamo spesso mostrato quali possano essere le conseguenze di DPI mancanti, non utilizzati o inadeguati. Per favorire l'autovalutazione da parte delle aziende della conformità alla normativa vigente in materia di DPI, anche con riferimento alle problematiche più frequenti riscontrate nelle attività di vigilanza e alle modalità con cui vengono usualmente effettuati i controlli da parte dello SPISAL dell’ Azienda ULSS 9 di Treviso , ci soffermiamo oggi su una specifica check list pubblicata nello spazio web dell’ULSS trevisana. La “Scheda valutazione: dispositivi di protezione individuali (DPI)”, aggiornata nel mese di gennaio 2016 e prevista per l’autovalutazione delle aziende, è divisa in varie sezioni. E se per ogni sezione sono proposte diverse domande per verificare la conformità alla normativa, nella parte con le “istruzioni per la compilazione” sono riportate ulteriori indicazioni sui riferimenti

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News 10/SSL/2017 Lunedì, 6 marzo 2017

DPI e sicurezza: una check list per l’autovalutazione nelle aziende.

Una lista di controllo per verificare la conformità delle aziende in relazione ai dispositivi di protezione individuali. Marcatura, documentazione, formazione, idoneità al rischio, limiti di protezione, ergonomia, conservazione e manutenzione.

Treviso, 3 Mar – Uno degli aspetti importanti nella tutela effettiva della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro è l’utilizzo, laddove necessari, di dispositivi di protezione individuale (DPI) in buono stato, adeguati ai rischi e alle caratteristiche dei lavoratori.Ed infatti nella rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, abbiamo spesso mostrato quali possano essere le conseguenze di DPI mancanti, non utilizzati o inadeguati. Per favorire l'autovalutazione da parte delle aziende della conformità alla normativa vigente in materia di DPI, anche con riferimento alle problematiche più frequenti riscontrate nelle attività di vigilanza e alle modalità con cui vengono usualmente effettuati i controlli da parte dello SPISAL dell’ Azienda ULSS 9 di Treviso, ci soffermiamo oggi su una specifica check list pubblicata nello spazio web dell’ULSS trevisana. La “Scheda valutazione: dispositivi di protezione individuali (DPI)”, aggiornata nel mese di gennaio 2016 e prevista per l’autovalutazione delle aziende, è divisa in varie sezioni. E se per ogni sezione sono proposte diverse domande per verificare la conformità alla normativa, nella parte con le “istruzioni per la compilazione” sono riportate ulteriori indicazioni sui riferimenti normativi e sulle istruzioni per l’azienda. È evidente - sottolinea comunque la presentazione dell’ULSS 9 della check list - che al di là di quanto riportato nella scheda non si esclude “l'obbligo di rispettare comunque tutte le indicazioni previste dalla normativa”. 

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Partiamo dalla prima sezione della scheda relativa alla marcatura e documentazione: istruzioni, informazione, formazione e addestramento. In questa prima sezione si chiede, ad esempio di verificare, la marcatura CE, la presenza della dichiarazione di conformità e della nota informativa.Nelle istruzioni per la compilazione si ricorda che:- “la dichiarazione di conformità deve essere disponibile in azienda;- la nota informativa del fabbricante deve essere redatta in modo preciso, comprensibile e in lingua italiana. Deve contenere, tra l’altro, le istruzioni di deposito, impiego, pulizia, manutenzione, revisione, disinfezione”.E riguardo alla formazione/informazione si indica che, come richiesto dal D. Lgs. 81/2008, il datore di lavoro “fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori e li informa preliminarmente per quali rischi il DPI li protegge”. Ed è “importantissimo” fornire informazioni anche sui limiti di protezione: “ad esempio un apparecchio di protezione delle vie respiratorie con filtro non protegge in caso di carenza di ossigeno. Su tutti i DPI deve essere fornita formazione specifica e, se ritenuto necessario, addestramento. L’addestramento è comunque obbligatorio per i DPI di III categoria e per la protezione da rumore (II categoria) e deve essere documentato”. Nella sezione relativa alla valutazione dei rischi sono riportate ulteriori domande su individuazione per fase lavorativa, idoneità per rischio, priorità protezioni collettive, ergonomia, interferenza, limiti di protezione.Ad esempio:- “i DPI vengono utilizzati per la protezione dai rischi che non possono essere evitati con misure tecniche ed organizzative di prevenzione o da mezzi di protezione collettiva?- nel DVR è stata valutata correttamente l’idoneità dei DPI rispetto al rischio da cui devono proteggere senza generare un rischio maggiore?- i DPI sono stati scelti tenendo conto delle esigenze ergonomiche e di salute del lavoratore (con il concorso del medico competente), garantendo comfort ed efficacia protettiva?- i DPI sono tra loro compatibili nel caso di rischi multipli che prevedano l’uso simultaneo di più DPI?- i DPI scelti sono stati individuati dichiarando il livello minimo di prestazione in funzione dei codici di marcatura CE?- sono stati individuati i limiti di protezione del DPI e, se necessario, la loro

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durata”? A questo proposito le istruzioni indicano che i DPI “possono essere utilizzati in alternativa ai mezzi collettivi solo nei casi in cui quest’ultimi non possano essere allestiti per necessità tecniche e operative (es.: DPI anticaduta anziché parapetti in lavori sui tetti di breve durata, APVR anziché aspirazione localizzata in lavori di cantiere e/o di breve durata)”.Inoltre riguardo alla scelta, l’idoneità del DPI rispetto al rischio è il “primo criterio di scelta da osservare; il DPI deve essere individuato nel modo più preciso possibile con riferimento ai criteri di marcatura. I DPI possono presentare rischi derivanti dal dispositivo in sé (progetto, qualità dei materiali, ecc.) e rischi derivanti dall’uso del dispositivo (limiti di uso e limiti di protezione, non osservanza delle istruzioni fornite, mancata manutenzione, ecc.)”.E, come riportato nelle domande, il medico competente (ove presente) deve poter “contribuire alla valutazione dei rischi e all’adozione delle misure preventive incluse le questioni che riguardano l'adeguatezza o il confort del dispositivo”. Rimandando alla lettura integrale della scheda, che riporta altre utili informazioni, veniamo alle sezioni relative alla fornitura, all’assegnazione individuale e all’uso corretto da parte dei lavoratori.A questo proposito, oltre alle domande di verifica della conformità normativa, nelle istruzioni si indica che i DPI “devono essere regolarmente forniti tenendo conto dell’usura, dei tempi di scadenza e invecchiamento in modo da garantire la continuità della protezione nel tempo”. Ed è opportuno che le “consegne siano documentate”.Si sottolinea poi che i lavoratori “sono obbligati a utilizzare i DPI messi a loro disposizione nei casi previsti dal datore di lavoro, a seguito della valutazione del rischio. Deve essere verificato che i lavoratori indossino correttamente in DPI (adattamento) nei casi in cui ciò è rilevante per la protezione (esempio: DPI protezione rumore)”. Infatti il datore di lavoro, dirigente e preposto “devono vigilare sull’uso dei DPI previsti per ciascuna operazione e sulle modalità con cui sono indossati. Esempio sull’uso non corretto: utilizzo di maschera filtrante per polveri per operazioni che espongono a solventi”. Una sezione della scheda è dedicata alla conservazione, manutenzione, sostituzione, pulizia, riconsegna, scadenza dei DPI con domande che, tra le

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altre cose, riguardano:- la definizione di misure necessarie per conservare adeguatamente i DPI: ad esempio “uno spazio chiudibile ben individuato e dedicato alla conservazione del DPI; anche in prossimità della postazione di lavoro”;- la presenza e attuazione di procedure per la pulizia: ad esempio è importante “mantenere la pulizia delle maschere, favorire la portabilità di inserti auricolari e cuffie per il rumore”;- la definizione delle modalità e tempi delle operazioni di manutenzione/controllo “in base a quanto riportato nella nota informativa del DPI, in riferimento al tipo di manutenzione e la frequenza di controllo previsti.Inoltre sono stati definiti, se necessari, i tempi massimi di utilizzo dei DPI o loro parti, e le procedure per la riconsegna? Ed esiste documentazione della periodicità di pulizia, verifica, manutenzione, sostituzione dei DPI? Segnaliamo, infine, che il 31 marzo 2016 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea il nuovo Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui dispositivi di protezione individuale.Regolamento di cui torneremo a parlare anche con una prossima intervista di PuntoSicuro, realizzata durante la manifestazione bolognese Ambiente Lavoro, a Virginio Galimberti, in rappresentanza dell’Ente italiano di normazione (UNI). Concludiamo riportando l’indice della check list: - Sezione 1 – Marcatura e documentazione: istruzioni, informazione formazione e addestramento- Sezione 2 – Valutazione dei rischi – individuazione per fase lavorativa, idoneità per rischio, priorità protezioni collettive, ergonomia, interferenza, limiti di protezione- Sezione 3 – Fornitura, assegnazione individuale- Sezione 4 – Uso corretto da parte dei lavoratori- Sezione 5 – Conservazione, manutenzione, sostituzione, pulizia, riconsegna, scadenza- Sezione 6 – Segnaletica- Sezione 7 – Idoneità sanitaria, valutazioni del medico competente, caratteristiche individuali

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(Articolo di Tiziano Menduto) ULSS 9 Treviso, ULSS 8 Veneto, ULSS 7 Veneto, “ Scheda valutazione: dispositivi di protezione individuali (DPI)”, versione V1.3 del 7 gennaio 2016 (formato PDF, 217 kB)

Fonte: puntosicuro.it

La valutazione dei rischi dell’operatore ASLTrasporti sanitari in ambulanza: la valutazione dei rischi per il personale delle aziende sanitarie locali. A cura di Massimo Ughi.

Il Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza Medica (SSUEM), noto anche come sistema di emergenza sanitaria territoriale, è stato istituito ai sensi del DPR 27/03/92 ed è il servizio di soccorso e allarme sanitario in sede extra ospedaliera attivo in Italia e che normalmente, tranne che in alcune realtà territoriali dove tutti i numeri di emergenza sono stati unificati sotto il numero di emergenza 112, risponde al numero telefonico 118. Le attività e le modalità di erogazione dei servizi del sistema 118 sono definite nelle norme di riferimento che, essendo il sistema sanitario non centralizzato, hanno carattere regionale; nel presente articolo, in particolare, vogliamo affrontare le questioni relative al coordinamento dei trasporti sanitari interospedalieri su mezzi gommati, sia di emergenza-urgenza che programmati, che alcune Regioni affidano, appunto, al 118. Perché riteniamo di interesse affrontare questo tipo di fattispecie? Perché molte Regioni prevedono che il trasporto sanitario interospedaliero su gomma non solo sia coordinato da una struttura, il 118, che fa capo all’Azienda Sanitaria Locale (ASL), ma anche che vi sia, durante il trasporto del paziente, la presenza di personale medico e/o infermieristico dell’Azienda Sanitaria stessa a bordo del mezzo ambulanza che, notoriamente, non è di proprietà dell’ASL.Da questo punto di vista i protocolli regionali normalmente caratterizzano l’attività sanitaria di bordo in termini di quantità e tipologia di personale di soccorso/assistenza presente in ambulanza in funzione della cosiddetta “classe” del paziente, ma non si pronunciano relativamente alla catena delle responsabilità prevenzionistiche; catena tutt’altro che immediata da identificare. 

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Guardando al D.Lgs. 81/08, infatti, il combinato disposto delle definizioni di datore di lavoro e lavoratore, escludono il luogo di lavoro o l’attrezzatura “ambulanza” dalla disponibilità giuridica dell’Azienda Sanitaria Locale. Seguendo questo percorso logico, per l’operatore sanitario ASL, si configura la fattispecie di un attività lavorativa da svolgersi presso terzi e, quindi, di una attività lavorativa da svolgersi o in regime di appalto o in regime di lavoro a distacco. Il Codice Civile definisce l’appalto come “il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro” e non sembra il caso di cui all’oggetto del presente articolo; secondo l’articolo 30 del D.Lgs. 276/03, invece, “l'ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una  determinata  attività lavorativa”.Nessuna delle due definizioni calza perfettamente al caso in oggetto anche se, a parere degli scriventi, l’ipotesi del distacco è apparsa come la più verosimile. Tuttavia anche seguendo questo principio, la gestione della salute e sicurezza del lavoratore da parte dell’Azienda Sanitaria Locale risulta tutt’altro che in discesa considerando che non appare possibile stipulare, per ogni singolo trasporto, un accordo di distacco. D’altro canto non si può prescindere dal fatto che sul territorio sono presenti svariate società di soccorso, di solito costituite in gran parte da volontariato, con un parco mezzi costituito da una molteplicità di modelli di ambulanza e, quando va bene, ognuna con un proprio documento di valutazione dei rischi. Tenuto conto del contesto descritto sopra nonché del fatto che vige un obbligo normativo, etico e morale circa il preservare la salute e sicurezza dei propri lavoratori, nel presente articolo è descritta la logica e l’operatività che abbiamo attuato nell’area livornese dell’Azienda Sanitaria Locale Nord Ovest per gestire gli aspetti appena ricordati affinché, anche attraverso lo spazio commenti in fondo all’articolo, si possa eventualmente aprire una discussione di merito. La valutazione dei rischi dell’operatore ASLFatto salvo l’avere considerato il distacco come ipotesi di lavoro più verosimile rispetto alla fattispecie in oggetto, il Decreto Legislativo 81/08 prevederebbe che

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gran parte degli obblighi di prevenzione e protezione siano a carico del distaccatario, ivi compresa la valutazione dei rischi. Tuttavia, data la numerosità delle società di soccorso normalmente presenti sul territorio, una gestione della prevenzione dogmatica come quella indicata al sesto comma dell’articolo 3 del Decreto stesso risulta particolarmente difficoltosa. Ammettendo questo tipo di difficoltà e tenendo conto della necessità di preservare la salute e sicurezza dei lavoratori, sembrerebbe in evitabile far nuovamente ricadere gli obblighi prevenzionistici sul datore di lavoro distaccante ovvero sul Direttore Generale dell’Azienda sanitaria. Ciò però entrerebbe in contrasto con il fatto che tali obblighi sono direttamente e strettamente legati alla disponibilità giuridica del luogo e delle attrezzature di lavoro di lavoro: è noto, infatti, che parte integrante dal documento di valutazione dei rischi è l’individuazione/attuazione di misure preventive/protettive che, in assenza di "potere dispositivo" del datore di lavoro o suo delegato all’interno della “propria filiera produttiva”, sono impossibili da "pretendere" di mettere in atto (es. ammodernamento di un ambulanza, definizione dei livelli di sanificazione, controlli della manutenzione ecc.). Tenuto conto di quanto sopra e che la fattispecie riguarda casi saltuari e programmati, la scelta adottata è stata quella di individuare una sorta di “terra di mezzo” redigendo un documento di valutazione dei rischi che andasse a gestire le aree di rischio per le quali il datore di lavoro ASL fosse in grado di influire (formazione, sorveglianza sanitaria, dispositivi di protezione individuale per il personale ASL ecc.) rimandando al “distaccatario” la gestione dei rischi per i quali non vi è possibilità di influenza (formazione e composizione del personale di bordo extra ASL, manutenzione, dotazioni e sanificazione dell’ambulanza ecc.) se non quella di un parziale e visivo controllo. In considerazione del fatto che il personale ASL chiamato ad effettuare trasporti sanitari su gomma è assegnato ad una delle diverse strutture organizzative funzionali dell’Azienda Sanitaria stessa, dal Pronto Soccorso alle strutture dall’Area Materno/Infantile, dalla Rianimazione alle strutture dalla Salute Mentale ecc., il DVR “Trasferimenti sanitari su mezzi gommati” è stato formalmente adottato quale integrazione dei documenti di valutazione dei rischi delle strutture organizzative di provenienza.

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 In questo modo, stante la estrema saltuarietà dell’attività, per diversi rischi tipici dell’attività sanitaria quali, per esempio, il rischio biologico e la movimentazione manuale di carichi e pazienti, abbiamo valutato ininfluenti le variazioni di rischio rispetto alle analoghe valutazioni indicate nei documenti di valutazione delle strutture di provenienza del personale sanitario. Così facendo abbiamo concentrato il DVR “Trasferimenti sanitari su mezzi gommati” sull’analisi dei seguenti rischi tipici dell’ambulanza: Rischi da utilizzo di veicoli e mezzi di trasporto delle persone Rischi da microclima per ambienti chiusi Rischi da esposizione ad agenti fisici. Rischi specifici per lo stato di gravidanza. Per motivi di brevità non riteniamo opportuno dettagliare l’analisi dei rischi citati sopra, tuttavia vogliamo evidenziare le peculiarità di due dei quattro rischi listati e della formazione specifica: 1.Rischi da microclima per ambienti chiusi L’operatore sanitario che svolge le attività di cui al presente articolo, di norma durante il trasporto staziona insieme al paziente nel vano sanitario dell’ambulanza; la meccanica dei veicoli utilizzati come mezzi di soccorso, però, è quella dei veicoli commerciali standard con poche modifiche, pertanto il  vano paziente risulta di ridotte dimensioni e dotato di poca superficie aeroilluminante e di poca visibilità.Va da se che uno degli argomenti più dibattuti legato a questo aspetto, anche in funzione della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 del D.Lgs. 81/08, abbia riguardato la “Cinetosi” ovvero il disturbo neurologico che alcuni individui provano in seguito a degli spostamenti ritmici o irregolari del corpo durante un moto.Generalmente questo tipo di disturbi cessa al termine del viaggio e non da luogo a particolari conseguenze, ma occorre non sottovalutare il problema nei soggetti a rischio, come i cardiopatici, nei quali potrebbero insorgere complicazioni, soprattutto per lo sforzo sul torace provocato dal vomito.Valutare questo tipo di rischio e, soprattutto, individuarne le misure preventive e protettive è tutt’atro che semplice; al termine del processo valutativo, che attraverso la classica combinazione di probabilità e danno ha esitato in un valore

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di rischio basso, l’unica misura preventiva individuata in collaborazione con il Medico Competente, riguarda la sorveglianza sanitaria al fine di escludere l’insorgere delle eventuali complicazioni citate sopra. 1. Rischi da agenti fisici I rischi fisici a cui è soggetto l’operatore sanitario che effettua trasporti sanitari in ambulanza sono, escluso il microclima trattato al punto precedente, sostanzialmente il rumore e le vibrazioni al corpo intero.Ma se per il rumore, considerando che le ambulanze hanno di norma un isolamento acustico garantito a sirena attiva, la valutazione del rischio risulta abbastanza immediata (peraltro a livello basso), per le vibrazioni occorrono maggiori ragionamenti: come accennato in premessa, le società di soccorso presenti sul territorio, normalmente sono molteplici e ognuna di esse ha un proprio parco mezzi. Per questo motivo, per redigere la valutazione dei rischi abbiamo consultato la banca dati del “ Portale degli Agenti Fisici” dove, però, abbiamo trovato valori di accelerazione, rapportati alle 8 ore, molto variabili a seconda del mezzo e delle condizioni di asfalto.La scelta successiva che abbiamo compiuto è stata quella di affidarci al principio di cautelatività ovvero di prendere a riferimento il valore massimo ricavato in banca dati (1,5 m/sec2) e di calcolare i massimi tempi di esposizione basandoci sul cosiddetto “principio di pari energia” (a2T=cost). In questo modo abbiamo potuto constatare che il tempo di esposizione massimo, pari a circa 3,5 ore, permette di rimanere  al di sotto del valore limite di esposizione. Visto che tale limite temporale è superiore alla durata del viaggio di andata e ritorno più lungo a cui può essere oggetto il personale sanitario dell’Azienda Sanitaria Locale di competenza dello scrivente, questo ci ha permesso una adeguata classificazione del livello di rischio a vibrazioni e, conseguentemente, di poter far stabilire il relativo protocollo sanitario al Medico Competente.  Formazione Tra le misure generali di tutela non poteva risultare assente la formazione specifica. In questo senso la Regione Toscana, regione di riferimento dell’Azienda sanitaria oggetto della valutazione di cui al presente articolo, attraverso la L.R. 25/2001 prevede due livelli formativi dei quali uno per volontari di livello base e l’altro per volontari di livello avanzato. Per ognuno di essi sono stabiliti durata, rispettivamente di 20 e 95 ore, e contenuti prestabiliti.Tuttavia tale impostazione formativa è rivolta a personale volontario “laico”  che

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senz'altro necessita di acquisire competenze che già il personale infermieristico e medico in organico nelle aziende sanitarie già possiede. Per questo motivo, fatta salva la formazione/informazione/addestramento dei rischi specifici (es. vibrazioni), nel DVR è stato previsto un percorso formativo strutturato in 6 ore in cui sono trattati i seguenti argomenti: conoscenza del mezzo ambulanza, attrezzature in dotazione al mezzo la normativa che regolamenta la materia. ConclusioniCome scritto in premessa, il documento trova il principale fondamento nel permettere di gestire la salute e sicurezza del lavoratore sanitario che saltuariamente partecipa al trasporto interospedaliero di un paziente mediante ambulanza, al meglio delle possibilità disponibili al datore di lavoro dell’Azienda Sanitaria Locale.Il modello gestionale che più si avvicina al tipo di attività in oggetto è, a parere dello scrivente, quello del lavoro a distacco; tuttavia, per i motivi citati in precedenza, il perseguire pedissequamente questo tipo di gestione risulta poco efficace.La scelta fatta nell’area livornese dell’Azienda Sanitaria Locale Toscana Nord Ovest è stata quella di provare a considerare l’attività come una “terra di mezzo” in cui individuare dei confini prevenzionistici all’interno dei quali fare la propria parte.Nel variegato contesto del Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza Medica contraddistinto da una molteplicità di società di soccorso a loro volta dotate di una molteplicità di modelli di ambulanza, abbiamo ritenuto che questo tipo di interpretazione sia un modello efficace per valutare e gestire i rischi del personale ASL.Come accennato in premessa, l’auspicio è quello di avere uno spazio commenti attivo affinché vi siano contributi atti a migliorare l’efficacia del modello descritto in questo articolo.  Massimo UghiRSPP Azienda USL Toscana Nord Ovest – Area Livornese Fonte: puntosicuro.it

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La valutazione dei rischi nel comparto autofficine. Un manuale dedicato al comparto autofficine si sofferma sulla tutela della salute e sicurezza e riporta alcuni esempi di valutazione dei rischi. I rischi rumore e vibrazioni, l’esposizione ad agenti chimici e la movimentazione manuale dei carichi.

Vicenza, 28 Feb – La valutazione dei rischi è un momento importante in ogni azienda non solo per la conformità a quanto richiesto dalla normativa, ma specialmente perché la valutazione è il punto di partenza per ogni strategia e attività di prevenzione dei rischi per la salute e la sicurezza presenti nell’attività lavorativa. E per migliorare le analisi dei rischi possono essere utili per le aziende alcuni documenti di guida, pubblicati dalle aziende sanitarie regionali, che riportano informazioni generali per operare un’efficace valutazione dei rischi e adottare idonee misure tecniche, procedurali ed organizzative. Oggi ci soffermiamo su un documento nato per favorire la sicurezza nel comparto delle autofficine.  Un documento che offre utili spunti non solo per la valutazione dei rischi, ma, come abbiamo visto anche in un precedente articolo, utili suggerimenti per la prevenzione in moltissime fasi di lavoro nelle attività di autoriparazione.

In “Salute e sicurezza nelle autofficine. Manuale per la prevenzione nelle attività di autoriparazione”, un documento elaborato da Celestino Piz, Roberto Bronzato, Renzo Segato, Flavio Vidale, Franco Zanin, Pierantonio Zanon (SPISAL dell’ ULSS 6 di Vicenza), sono riportati utili esempi di valutazione di alcuni rischi per la salute potenzialmente presenti nelle autofficine con i relativi risultati. Riguardo al rischio vibrazioni si ricorda che l'articolo 202 del D.Lgs. 81/2008 “prescrive l'obbligo di valutare il rischio da esposizione a vibrazioni dei lavoratori durante il lavoro: viene ammesso che tale valutazione possa essere effettuata senza misurazioni, sulla base di appropriate informazioni reperibili dal costruttore e/o da banche dati accreditate”.Queste informazioni permettono dunque di “effettuare la valutazione dei rischi e attuare immediatamente le azioni di tutela” prescritte dal D.Lgs. 81/2008, “senza dover ricorrere a misure spesso complesse”.

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 In particolare si segnala che nelle autofficine vengono adoperati “utensili che determinano vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio” (ad esempio avvitatore elettrico, avvitatore pneumatico a percussione, trapano, ecc.). Invece “meno probabile è l’esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero, quale si ha in genere nella conduzione di veicoli su superficie irregolare”. Qualora i livelli di vibrazione determinati dalle attrezzature manuali risultino ampiamente inferiori al Valore d’azione, la valutazione può basarsi su una dichiarazione, senza necessariamente ricorrere a misurazioni, che attesti i criteri di giudizio adottati per escludere il superamento del valore d’azione” e i conseguenti danni alla salute.Se sono presenti attrezzature o utensili che “superano il valore d’azione è necessario tener conto, oltre che dell’intensità della vibrazione, anche del tempo di utilizzo massimo quotidiano, osservando le fasi e i metodi di lavoro”. Viene riportato un esempio pratico.Si indica che nella maggior parte delle autofficine “è presente un solo utensile che può superare il valore d’azione: l’avvitatore pneumatico”, i cui livelli di vibrazione consentono i tempi di utilizzo compresi nell’intervallo indicato nel documento.Se l’uso dell’avvitatore pneumatico è inferiore al tempo indicato nell’esempio, si può indicare che non viene superato il valore d’azione e per l’azienda resta l’obbligo di:- “attuare misure tecniche e organizzative per ridurre al minimo l’esposizione a vibrazioni (scegliere gli avvitatori con i più bassi livelli di vibrazioni, applicare impugnature con caratteristiche antivibranti, turnare il personale);- assicurare l’informazione dei lavoratori sul rischio determinato dalle vibrazioni e sui mezzi per eliminarlo o ridurlo”.Nel documento, che vi invitiamo a visionare è riportata una tabella relativa alla variazione del tempo di esposizione in rapporto al livello di vibrazioni trasmesse dalla sorgente al sistema mano – braccio”. Parliamo ora di agenti chimici.Il documento segnala che per la valutazione del rischio chimico, il datore di lavoro deve determinare preliminarmente “l'eventuale presenza di agenti chimici pericolosi utilizzati (solventi, vernici, oli, ecc.) o generati (fumi e gas di combustione, polveri metalliche, ecc.) nell’attività lavorativa. Per i primi, le

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informazioni sulla pericolosità e sulle misure di prevenzione e protezione sono ricavabili dalla etichettatura e dalle relative Schede di sicurezza mentre per i secondi è necessario conoscere i prodotti che vengono generati con le operazioni lavorative (fumi, polveri, gas, aerosol, ecc.). La valutazione del rischio determinato dalle singole sostanze dovrà tener conto delle seguenti variabili:a) le loro proprietà pericolose;b) il livello, il modo e la durata della esposizione;d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro e le sostanze che si possono generare;e) i valori limite di esposizione professionale (VLEP) o i valori limite biologici (VLB);f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;g) i risultati, se disponibili, della sorveglianza sanitaria”.Si indica poi che il processo di valutazione può arrestarsi “qualora il DdL ravvisi l’assenza di sostanze pericolose o la loro presenza si concretizzi in quantità esigue (paragonabili a quelle presenti nell’ambiente domestico)”, conclusione che va “giustificata” nel documento di valutazione dei rischi.Si ricorda poi che per una valutazione approfondita del rischio chimico per la salute si può invece far ricorso alla “misurazione della concentrazione nell’aria delle sostanze pericolose e al successivo confronto di quest’ultima con il relativo VLEP oppure utilizzando algoritmi o modelli di calcolo che consentono la valutazione con criteri di giudizio senza misurazioni”. A livello pratico si sottolinea che i principali rischi chimici per la salute nella maggior parte delle autofficine di piccole dimensioni “sono rappresentati da:- l’inalazione dei vapori del solvente utilizzato per il lavaggio/sgrassaggio dei pezzi (ricordiamo che è vietato l’uso della benzina);- l’inalazione di fumi di combustione dei motori (ad es. durante la prova degli stessi);- il contatto con olii minerali lubrificanti”.Il documento si sofferma poi su esempi dell’applicazione di algoritmi di valutazione con riferimento a singole attività. Veniamo poi alla movimentazione manuale dei carichi (MMC).Il manuale indica che “quando un’attività lavorativa comporta azioni di sollevamento e trasporto manuale di pesi superiori a 3 kg, con una frequenza media maggiore di 1 volta/ora, il DdL deve valutare se queste possono

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determinare nel tempo danni alla salute, specialmente a carico della colonna vertebrale, dei propri dipendenti. Qualora i pesi trasportati superino i 25 kg (nel caso di lavoratori maschi di età inferiore a 50 anni) vanno prioritariamente adottati sistemi di aiuto meccanico - quali paranchi, cavallette o manipolatori – che permettano di eliminare o diminuire il carico”.E chiaramente “non si deve trascurare l’informazione la formazione e l’addestramento dei lavoratori per le corrette procedure di movimentazione. Anche le posizioni scomode di lavoro, quali ad esempio effettuare prolungate operazioni con tronco e braccia protesi in avanti (come può avvenire quando si lavora nel vano motore) contribuiscono alla comparsa di patologie osteoarticolari”.A livello pratico si indica che normalmente le attività che vengono effettuate in una autofficina “non necessitano di un calcolo degli indici di rischio (ad esempio la determinazione dell’indice di sollevamento secondo il metodo NIOSH) se sono messi in atto gli interventi di prevenzione sopra descritti”.Invece la valutazione del rischio specifico da MMC dovrà essere “compiutamente svolta laddove le azioni di sollevamento, trasporto, deposito di materiali costituiscano per uno o più lavoratori una significativa parte dell’impegno quotidiano, eccedente i riferimenti soprarichiamati (pesi superiori a 3 kg – che possono essere rappresentati da uno pneumatico, una batteria, una testata di motore - con una frequenza maggiore a una volta all’ora) ed in assenza di interventi preventivi di tipo tecnico, procedurale ed organizzativo. In questi casi, il riscontro di livelli di rischio non trascurabile” comporterà “l’obbligo di sorveglianza sanitaria da parte del Medico Competente”.     Concludiamo con qualche cenno al rischio rumore.Il D.Lgs. 81/2008 prevede infatti che tutte le aziende devono effettuare la valutazione del rumore e comunque ridurre al minimo il rischio. E se i valori superiori di azione sono superati, “saranno da attuare specifiche misure di prevenzione quali la sorveglianza sanitaria, l’elaborazione e l’attuazione di un programma di misure tecniche volte a ridurre l’esposizione a rumore. Si dovrà anche esigere che i lavoratori utilizzino i DPI per l’udito (tappi, cuffie)”. Nell’esempio pratico, che riporta anche utili informazione e tabelle sulla variazione del tempo di esposizione in rapporto al livello di rumore emesso dalla sorgente, si ricorda che “nella maggior parte delle autofficine (escluse le autocarrozzerie) sono presenti quattro fonti di rumore che possono superare 80 dBA”: avvitatore pneumatico, bilanciatura gomme, pistola ad aria compressa,

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prova motori per revisione automobili benzina. ULSS 6 di Vicenza, “Salute e sicurezza nelle autofficine. Manuale per la prevenzione nelle attività di autoriparazione”, documento elaborato dal Servizio di Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti di Lavoro dell’ULSS 6 di Vicenza e curato da Celestino Piz, Roberto Bronzato, Renzo Segato, Flavio Vidale, Franco Zanin, Pierantonio Zanon (formato PDF, 278 kB).Fonte: puntosicuro.it

Ispettorato Nazionale del Lavoro, il rapporto sull’attività di vigilanza nel 2016.

ROMA – Ispettorato Nazionale del Lavoro. È stato presentato dall’Ispettorato il Rapporto INL attività di vigilanza 2016, risultati dei controlli i materia lavoro e legislazione sociale effettuati nel 2016.Lo scorso anno sono state ispezionate 191.614 aziende, tasso di irregolarità del 63%, infrazioni riscontrate in 120.738 realtà. Per quanto riguarda gli organi di controllo questo il dettaglio: Ministero Lavoro 141.920 aziende, Inps 28.818, Inail 20.876. Questi i numeri delle infrazioni: 120.738 imprese irregolari, 186.027 i lavoratori irregolari (+2% rispetto al 2015), 62.106 i lavoratori in nero (-4%). Totale raccolta contributi e premi evasi 1.101.105.790 euro.In merito alla sicurezza sul lavoro riportiamo i dati sulla Vigilanza tecnica contenuti nell’area del rapporto Vigilanza del personale ispettivo degli uffici territoriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (oggi Ispettorati territoriali del lavoro dell’INL). Segnalando che nel documento sono riportati in dettaglio dati quantitativi e qualitativi per settori come agricoltura, industria, edilizia, terziario; quindi lavoro nero; indebita percezione dell’esonero triennale della contribuzione per l’assunzione di lavoratori subordinati; caporalato; corretto utilizzo dei voucher; autotrasporto; corretta qualificazione dei rapporti di lavoro; esternalizzazioni fittizie; cooperative di lavoro; Ccnl sottoscritti da OO.SS prive di rappresentatività; lavoratori svantaggiati; orario di lavoro; imponibile evaso e importi sanzionatori, sospensione dell’attività imprenditoriale; vigilanza straordinaria; conciliazioni; prevenzione e promozione; progetto qualità.Nel 2016 sono state 25.834 le aziende controllate per quanto riguarda la normativa sulla sicurezza sul lavoro, 30.252 le violazioni, 27.480 quelle prevenzionistiche, 2.771 quelle di carattere tecnico. In particolare: rischi caduta dall’alto 26,87%; altri rischi rilevati 21,43%; sorveglianza sanitaria 11,93%; rischi elettrici macchine Dpi Durc 9,85%; formazione e informazione 8,60%; 8,09%

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valutazione rischi Pos Psce Duvri; obblighi coordinatori e committenti 7,37%; tessera riconoscimenti edilizia 4,11%; rischi investimento e seppellimento 1,51%; videosorveglianza 0,11%.“In relazione alle sanzioni contestate in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, un’analisi particolare deve essere riservata all’insieme dei dati riferiti alle violazioni delle norme contenute nei titoli III “Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale” e IV “Cantieri temporanei o mobili” del D.Lgs. n. 81/2008 (c.d. T.U. Sicurezza) nel settore delle costruzioni. In tale ambito, in cui gli ispettori del lavoro esercitano una specifica competenza in materia prevenzionistica, sono state ispezionate n. 18.954 aziende delle quali n. 13.943 sono risultate irregolari (a fronte di n. 18.814 accertamenti definiti) con un tasso di irregolarità pari al 74%, che registra un aumento di +3 punti percentuali rispetto al 2015. Si precisa che in occasione dei citati accertamenti sono stati contestati n. 20.651 illeciti.Al riguardo si segnala il dato percentuale sostanzialmente stabile nel tempo, pari al 48,88%, delle violazioni riscontrate in edilizia connesse a rischio di caduta dall’alto rispetto alla totalità degli illeciti accertati in tale settore”. “Inoltre tra le violazioni di cui ai suddetti titoli III e IV più rilevanti in edilizia rispetto al quadro generale emergono quelle relative agli obblighi dei coordinatori e dei committenti che corrispondono al 13,19% degli illeciti accertati”.

7.020 le sospensioni di attività imprenditoriale ai sensi dell’articolo 14 del Testo Unico sicurezza lavoro, di queste 7.013 per lavoratori in nero in misura pari o superiore al 20% di quelli presenti sul lavoro e 7 per violazioni gravi o reiterate della normativa sulla sicurezza sul lavoro. (Articolo di Corrado De Paolis)

Info: Ministero Lavoro presentato rapporto Inail vigilanza 2016 Inl,   Rapporto annuale attività di vigilanza lavoro e legislazione sociale – anno 2016Fonte: quotidianosicurezza.it

Sicurezza sul lavoro, denuncia piccoli infortuni slitta a 12/10/2017.

Slitta ad ottobre 2017 l’obbligo per datori di lavoro e dirigenti di comunicare all’Inps gli infortuni sul lavoro che comportano l’assenza anche di un solo giorno. La novità è prevista dalla legge 27 febbraio 2017 n.19 di conversione del Dl 244/2016 (cd. “Milleproroghe”) che sposta in avanti la data iniziale dell’obbligo precedentemente coincidente con il 12 aprile 2017, portandola al 12 ottobre 2017.

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La proroga arriva con la novella del comma 1-bis dell’articolo 18, Dlgs. 81/2008, laddove la decorrenza dell’obbligo (previsto dal comma 1) di denunciare entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico gli infortuni sul lavoro che comportino l’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento, viene fatto slittare di ulteriori sei mesi dal termine di adozione del decreto istitutivo del nuovo sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (cd. “Sinp”), decreto coincidente con il Dm 25 maggio 2016 n.183 (in vigore dal 12 ottobre 2016, data base dei computi sopra esposti). (Articolo di Vincenzo Dragani)

Fonte: reteambiente.it

OT24 nuovo modello 2017, sezioni A e B, istruzioni operative Inail.

ROMA – OT24 2017. Sono state pubblicate da Inail con una nota del 24 febbraio 2017 alcune istruzioni operative in merito alla trattazione delle istanze e in particolare sulle sezioni A e B del modello. Si tratta di chiarimenti derivanti da richieste avanzate da intermediari e aziende.Le istruzioni, prima di trattare in dettaglio le sezioni A e B, ricordano che le aziende nel compilare il modello OT24 devono riferirsi: “a tutte le Pat, nel caso di selezione di Interventi generali, Sezioni A, B e D; a singole Pat nel caso degli interventi delle Sezioni C e E. L’istanza, quindi, può riguardare anche una sola Pat dell’azienda se gli interventi ricompresi nelle sezioni C e/o E sono stati attuati nell’anno 2016 su un’unica Pat”. Con casi in cui per C ed E i punteggi vengono differenziati per settore produttivo.Per quanto riguarda la sezione A, ovvero Sistemi di gestione della sicurezza e salute sul lavoro la nota Inail ricorda che a differenza del modello 2016, quello 2017, “in occasione della scelta di un intervento nella predetta sezione A, non consente la selezione delle Pat ma, in automatico, le considera nella loro totalità”. Ciò in quanto tale sezione interessa “interventi trasversali a carattere generale che, in quanto tali, in un’ottica di miglioramento continuo delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e in ragione dell’elevato punteggio attribuito, si riflettono sull’azienda nel suo complesso ed essere realizzate su tutte le Pat del cliente”.Sulla sezione B, le istruzioni riferiscono che le aziende dovranno selezionare soltanto gli interventi adottati, considerando che la sessione annovera 45

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interventi “attinenti ai più disparati campi della responsabilità sociale”.La nota riporta infine indicazioni per il punto A-1 in caso di fusione d’impresa per incorporazione al 31 dicembre 2016 e sul punto E-8, riconoscimento per noleggio di sistema “uomo a terra”. (Articolo di Corrado De Paolis)

Info: Inail OT24 istruzione operativa del 24 febbraio 2017Fonte: quotidianosicurezza.it