New Sentenza n. 605/2019 pubbl. il 17/07/2019 RG n. 500/2013 … · 2019. 7. 23. · 5 trovando...
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N. 500/2013 R. G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Reggio Calabria, sezione civile, riunita in camera di consiglio e
composta dai signori:
1) dr.ssa Marina MOLETI Presidente
2) dr. Augusto SABATINI Consigliere
3) dr.ssa Anna ADAMO Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 500/2013 R. G., vertente
tra
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE di REGGIO CALABRIA, c. f.: 80000100802, in
persona del Presidente e legale rappresentante p. t., rappresentata e difesa dall’avv. Domenico
Arena (con PEC indicata) per procura in calce alla copia della sentenza notificata alla parte
personalmente (in forma esecutiva) ed in forza della determinazione n. 356/2013,
elettivamente domiciliata in Reggio Calabria, via Del Gelsomino n. 48, presso lo studio del
predetto Difensore,
APPELLANTE – APPELLATA INCIDENTALE
e
FORTUGNO Domenico, nato a Scilla il 13 gennaio 1977, c. f.: FRT DNC 77A13 I537N, e
FORTUGNO Vincenzo, nato a Scilla il 6 settembre 1971, c. f.: FRT VCN 71P06 I537E,
rappresentati e difesi dall’avv. Angela Patafio (con PEC indicata) per procura in calce alla
comparsa di costituzione in appello, elettivamente domiciliati presso lo studio del predetto
Difensore, in Scilla, via Serro n. 6,
APPELLATI – APPELLANTI INCIDENTALI
e
COMUNE di SCILLA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.
Grazia Briganti (con PEC indicata) per procura in foglio separato allegato alla comparsa di
costituzione e giusta deliberazione di Giunta n. 160 del 2 dicembre 2013 (allegata),
APPELLATO
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Sentenza n. 605/2019 pubbl. il 17/07/2019RG n. 500/2013
Repert. n. 953/2019 del 17/07/2019
2
PORPIGLIA Vincenzo, nella qualità di titolare del complesso turistico “Villaggio del Pino”,
elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, via Fra’ Gesualdo Melacrinò n. 24, presso e
nello studio dell’avv. Gaetano Vizzari (con PEC indicata), che lo rappresenta e difende per
procura a margine della comparsa di costituzione in appello,
APPELLATO
**********************
Oggetto: Appelli – principale e incidentale - avverso la sentenza del Tribunale di Reggio
Calabria – Seconda Sezione Civile n. 1659/12 del 22 ottobre 2012, avente ad
oggetto: risarcimento danni da responsabilità extracontrattuale.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
All’udienza del 15 novembre 2018 erano presenti i procuratori delle parti (quelli
dell’appellante principale e degli appellati COMUNE di Scilla e PORPIGLIA Vincenzo a
mezzo rispettivi delegati), i quali hanno precisato le conclusioni riportandosi ai rispettivi atti
difensivi ed hanno chiesto che la causa fosse decisa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in date 17 e 18 settembre 2013 l’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE
di REGGIO CALABRIA, in persona del Presidente legale rappresentante p. t., ha impugnato
davanti a questa Corte, nei confronti di FORTUGNO Domenico e FORTUGNO Vincenzo,
del COMUNE di SCILLA, in persona del Sindaco p. t., e di PORPIGLIA Vincenzo, quale
titolare del complesso turistico alberghiero “Villaggio del Pino”, la sentenza indicata in
oggetto con cui il Tribunale di Reggio Calabria ha accolto parzialmente la domanda proposta
da FORTUGNO Domenico e FORTUGNO Vincenzo – volta ad ottenere il risarcimento dei
danni subiti dai terreni di loro proprietà siti nel Comune di Scilla, località “Boccata” e
“Intracicco” (in catasto terreni al foglio 10, partite nn. 8051, 6907 e 6908, particelle nn. 196,
366, 488, 497, 498 e al foglio 22, particelle nn. 8 e 9) a causa dello scarico abusivo delle
acque derivanti dalla strada provinciale Scilla-Melia -, dichiarando la responsabilità della
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE di REGGIO CALABRIA, che ha condannato, per
l’effetto, al pagamento della somma che di € 91.344,42 (all’attualità) in favore di entrambi gli
attori (in solido) oltre interessi; ha rigettato la domanda nei confronti dei (chiamati in causa)
COMUNE di SCILLA e di PORPIGLIA Vincenzo, nella qualità anzidetta, ed ha condannato
l’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE di Reggio Calabria al rimborso delle spese
processuali nei confronti di ciascuna delle controparti, ponendo definitivamente a suo carico
anche il pagamento delle spese di c. t. u..
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Sentenza n. 605/2019 pubbl. il 17/07/2019RG n. 500/2013
Repert. n. 953/2019 del 17/07/2019
3
L'appellante ha criticato la sentenza impugnata per i motivi che s’illustreranno infra ed ha
chiesto che, in riforma della stessa, previa sospensione della sua efficacia esecutiva, fosse
dichiarato il difetto di giurisdizione del Tribunale di Reggio Calabria in favore del Tribunale
Regionale delle Acque Pubbliche; nel merito, che fosse comunque dichiarata ed accertata
l’insussistenza di qualsiasi forma di responsabilità in capo ad essa; in subordine, in caso di
conferma della pronuncia sull’an, che fosse dichiarata la responsabilità concorsuale delle altre
parti convenute in giudizio, in via percentuale, disponendo, altresì, una riduzione delle pretese
risarcitorie riconosciute a suo carico in favore dei FORTUGNO.
Con vittoria di spese e compensi del doppio grado del giudizio.
In via istruttoria ha chiesto l’eventuale rinnovazione della c. t. u., in caso di ritenuta carenza di
motivazione delle ragioni dell’appello.
Nelle more della celebrazione della prima udienza, con ricorso depositato il 21 ottobre 2013,
l’appellante anzidetta ha avanzato istanza di “inibitoria” ex art. 351, comma 2, c. p. c. e,
instaurato regolarmente il contraddittorio, il relativo sub-procedimento (iscritto al n. 500-
1/2013 R. G.) si è concluso con un provvedimento di rigetto dell’istanza, emesso in data 20
dicembre 2013.
Instaurato il contraddittorio (nel giudizio principale), con comparsa depositata il 9 dicembre
2013 si sono costituiti FORTUGNO Domenico e FORTUGNO Vincenzo, resistendo
all’impugnazione, di cui hanno contestato i motivi, e chiedendone il rigetto perché infondata
in fatto e in diritto; hanno spiegato poi appello incidentale relativamente al quantum
risarcitorio, contestando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso dal totale dei
danni quantificati dal C. t. u. le voci riferite al consolidamento della sede stradale, alla
costruzione dei gabbionati di sostegno alla stessa e alla costruzione delle biglie di
contenimento lungo l’impluvio, per un totale di € 60.688,50.
Si è costituito, con comparsa depositata il 9 dicembre 2013, PORPIGLIA Vincenzo (quale
titolare del suddetto complesso turistico) resistendo alla impugnazione e chiedendone il
rigetto; con vittoria di spese e compensi da distrarre in favore del procuratore anticipatario
(che ha reso la dichiarazione di legge).
Alla prima udienza (23 gennaio 2004) si è costituito il COMUNE di SCILLA, in persona del
Sindaco p. t., eccependo preliminarmente l’invalidità della notifica dell’atto di appello
effettuata non al procuratore costituito dell’Ente, bensì all’Ente personalmente, con
conseguente inesistenza della stessa (che non è stata rinnovata nel termine di decadenza) e
passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del deducente.
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Ne merito ha dedotto l’infondatezza della impugnazione, di cui ha chiesto il rigetto con
conseguente conferma della pronuncia di primo grado e con vittoria di spese e compensi del
presente grado.
Alla predetta udienza, su richiesta delle parti, è stata fissata quella del 10 aprile 2014 per la
trattazione, differita d’ufficio per ragioni di sovraccarico del ruolo al 20 settembre 2014, nella
quale la Corte ha riservato la decisione, senza che vi abbia fatto seguito alcun provvedimento.
Rimessa la causa sul ruolo con decreto presidenziale (in atti) del 13 novembre 2017 (a seguito
del collocamento fuori ruolo del Consigliere relatore dr. Amato), all'udienza del 30 novembre
2017, sostituito il predetto relatore, la Corte ha riservato la decisione sulla richiesta istruttoria
di parte appellante, che è stata respinta con ordinanza dell’1 dicembre 2017 con la quale è
stata anche fissata l’udienza del 15 novembre 2018 per la precisazione delle conclusioni.
A tale udienza, espletato dalle parti detto incombente (secondo quanto si riportato in alto),
sostituito il Consigliere relatore, la causa è stata posta in decisione dal Collegio come sopra
composto, con assegnazione dei termini di rito per il deposito di comparse conclusionali e
memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve anzitutto chiarirsi che il giudizio prosegue tra le parti originarie, con specifico
riferimento all’appellante principale AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE di REGGIO
CALABRIA, posto che, pur essendo nelle more - a giudizio di appello già ritualmente
instaurato - intervenuta la legge n. 56/2014 (che ha previsto l'istituzione e la disciplina delle
città metropolitane e la ridefinizione del sistema delle Province, stabilendo altresì che in dieci
aree urbane – tra cui quella di Reggio Calabria, la cui Provincia Regionale è stata soppressa -
le città metropolitane sostituiscono le province soppresse, subentrando ad esse a partire dall’1
gennaio 2015 e succedendo a loro in tutti i rapporti attivi e passivi e nell’esercizio delle
funzioni), il Difensore della predetta Amministrazione non ne ha dichiarato formalmente
l’evento in giudizio (ai fini della possibile interruzione), né il nuovo Ente si è costituito
volontariamente nel presente grado, non potendo valere come sua regolare costituzione in
giudizio la sola indicazione di “Città Metropolitana di Reggio Calabria” contenuta
nell’intestazione della comparsa conclusionale, senza il rilascio di apposita procura da parte
dell’Organo dell’Ente a ciò legittimato.
In proposito va ricordato il consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale
la soppressione di un ente pubblico, con il trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad un
altro ente, determina l'interruzione automatica del processo, ai sensi dell'art. 299 c. p. c.,
soltanto ove intervenga tra la notificazione della citazione e la costituzione in giudizio,
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Sentenza n. 605/2019 pubbl. il 17/07/2019RG n. 500/2013
Repert. n. 953/2019 del 17/07/2019
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trovando altrimenti applicazione l'art. 300 c. p. c. che impone, ai fini della interruzione, la
corrispondente dichiarazione in udienza del procuratore costituito per la parte interessata
dall'evento (configurabile non come mera dichiarazione di scienza, ma come vera e propria
manifestazione di volontà diretta a provocare la predetta interruzione) o la notifica di
quest'ultimo alle altre parti. Pertanto, in assenza di una siffatta dichiarazione entro la chiusura
della discussione, la posizione della parte rappresentata resta stabilizzata, rispetto alle altre
parti ed al giudice, quale persona giuridica ancora esistente, con correlativa ultrattività della
procura “ad litem”, nessun rilievo assumendo, ai fini suddetti, la conoscenza dell'evento
“aliunde” acquisita, ancorché evincibile da un provvedimento legislativo che ha disposto
quella soppressione (v. Cass. Civ. nn. 6208/2013; 18306/2007; 21378/2005; 9911/1998).
Ciò posto, va in primo luogo esaminato, per il suo carattere preliminare, il primo motivo di
appello principale, con cui la PROVINCIA di REGGIO CALABRIA si duole che il Tribunale
non abbia dichiarato d’ufficio il proprio difetto di giurisdizione a norma dell’art. 37 c. p. c. in
favore del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, cui apparterrebbe, a suo dire, la
cognizione della presente controversia ai sensi dell’art. 140, lett. e), del R. D. n. 1775/1933,
posto che, in base alla prospettazione attorea, la domanda ha ad oggetto il risarcimento dei
danni dipendenti da un’opera eseguita dalla pubblica amministrazione (segnatamente
ricondotti dagli attori alla esecuzione, alla manutenzione ed al funzionamento di un’opera
idraulica).
La critica va disattesa in quanto (in via preclusiva) inammissibile in rito, posto che il
Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche costituisce un organo giurisdizionale ordinario -
segnatamente una sezione specializzata della Corte di Appello in base al chiaro disposto
dell’art. 138 R. D. 1775/1933 – avente competenza specifica nelle controversie relative alle
materie indicate tassativamente all’art. 140 dello stesso testo (demanialità delle acque; limiti
dei corsi o bacini, loro alvei e sponde; qualunque diritto relativo alle derivazioni e
utilizzazioni di acqua pubblica; occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di
fondi e indennità previste dall'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, in conseguenza
dell'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione utilizzazione
delle acque; risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica
amministrazione e da qualunque provvedimento emesso dall'autorità amministrativa a termini
dell'art. 2 del T.U. 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l'art. 22 della legge 13 luglio 1911,
n. 774; ricorsi previsti dagli artt. 25 e 29 del testo unico delle leggi sulla pesca approvato con
R.D. 8 ottobre 1931, n. 1604) -, rispetto al quale non si pone una questione di giurisdizione (a
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differenza che per il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che invece è un giudice
speciale amministrativo), bensì, come correttamente evidenziato dalla Difesa FORTUGNO,
una questione di competenza (anche territoriale) inderogabile, posto che (peraltro) il
Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche per il distretto di questa Corte di Appello ha sede
a Napoli.
Con la conseguenza che il relativo difetto di competenza avrebbe potuto essere rilevato
d’ufficio dal Giudice, ma rispettando il limite temporale dell'udienza di cui all'art.183 c. p. c.,
ovvero – ciò che più conta in questa sede – avrebbe dovuto essere eccepito dalla parte
interessata (nel caso di specie dalla convenuta Amministrazione Provinciale di Reggio
Calabria), a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata in
primo grado.
Cosa che non risulta essere avvenuto, con conseguente inammissibilità ex art. 345, comma 2,
c. p. c. della suddetta eccezione sollevata per la prima volta in questa sede dall’appellante
principale, essendo la questione ormai preclusa in appello anche perché nemmeno è stata
rilevata d’ufficio dal Tribunale entro il limite temporale dell’udienza ex art. 183 c. p. c. (come
prescrive il terzo comma dell’art. 38 c. p. c.).
Sempre in via preliminare va respinta l’eccezione di invalidità (sub specie di inesistenza) della
notificazione dell’atto di appello sollevata dal COMUNE di SCILLA per essere stata
effettuata alla parte personalmente (a mani di un suo funzionario) e non già presso il
procuratore costituito come prescritto dall’art. 330 c. p. c., con conseguente passaggio in
giudicato (per l’Ente) della sentenza impugnata.
Deve osservarsi in proposito che la notifica dell’atto di impugnazione fatta alla
parte personalmente e non al suo procuratore (nel domicilio dichiarato o eletto) – come è
avvenuto nel caso in esame - produce non già l'inesistenza, ma la nullità della notifica,
suscettibile di essere rinnovata per ordine del giudice ai sensi dell'art. 291 c. p. c. e/o
comunque sanata con efficacia “ex tunc” secondo il principio generale dettato dall'art. 156,
comma 2, c. p. c. in ipotesi di costituzione della parte intimata - verificatasi nella specie – (ex
multis v. Cass. Civ. nn. 3666/2019; 10500/2018; 2707/2014; 1156/2008).
Ne discende che essendosi il COMUNE di SCILLA costituito nel presente grado, dove non
solo ha eccepito detta invalidità, ma si è anche difeso nel merito, è evidente che la
notificazione dell’atto di appello principale, per quanto effettuata in violazione della norma di
cui al primo comma dell’art. 330 c. p. c., non può essere dichiarata nulla ex art. 156, ultimo
comma, c. p. c. avendo raggiunto lo scopo cui era destinata; né – conseguentemente - può
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dirsi passata in giudicato la sentenza impugnata (per mancanza di valida notifica dell’appello
nel termine di legge), in quanto la sanatoria dovuta alla costituzione del COMUNE ha
efficacia retroattiva, con consequenziale esclusione del verificarsi della decadenza per il
sopravvenuto decorso del termine d'impugnazione (tra le altre v. Cass. Civ. n. 2148/2003).
Superate le questioni preliminari in rito e venendo al merito delle impugnazioni, occorre
partire dall’esame dell’
1) APPELLO PRINCIPALE (AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE di REGGIO
CALABRIA).
Il secondo motivo di appello (essendo il primo già stato esaminato) riguarda la carenza di
motivazione della sentenza impugnata in ordine al nesso di causalità tra evento dannoso e
condotta della PROVINCIA, sostenendo l’appellante che il Tribunale abbia fatto propria, sul
punto, la valutazione del C. t. u. benché sia stata carente nell’individuazione della eziologia
dei danni lamentati da parte attrice; il Giudice di primo grado poi non avrebbe tenuto in
considerazione l’inciso del Consulente relativo all’alluvione del 1998, attraverso il quale
sarebbe stato introdotto in giudizio – a suo dire - l’elemento del caso fortuito, idoneo a
esonerare l’Amministrazione deducente da ogni responsabilità ex art. 2051 c. c..
Si duole ancora che il Consulente non abbia chiarito minimamente se detta alluvione ovvero il
nubifragio del 2000 – richiamato dall’Ente in sede di comparsa – abbiano potuto concretare
quel fattore eccezionale riconducibile al fortuito (ai sensi dell’art. 2051 c. c.) e che il
Tribunale non abbia accertato se i manufatti realizzati dalla Amministrazione Provinciale
fossero inidonei a garantire la raccolta, la regimentazione ed il deflusso delle acque
meteoriche in condizioni di normalità; né era stato accordato dal primo Giudice tale
approfondimento peritale, seppure sollecitato dalla propria Difesa (che aveva insistito anche
sulla inidonea regimentazione delle acque piovane lungo la strada comunale che attraversa il
“Villaggio del Pino”, le cui conseguenze sarebbero state aggravate dal fenomeno del
disboscamento incontrollato, che aveva determinato un carico idraulico notevole, con
conseguente cedimento del terreno).
In definitiva sostiene l’appellante che la sentenza non fornisce un’adeguata motivazione sul
riconoscimento del nesso causale tra l’evento dannoso e la condotta del soggetto ritenuto
responsabile, essendosi basata – a suo dire - su una generica valutazione dell’obbligo di
custodia previsto dall’art. 2051 c.c..
Il motivo si appalesa infondato in tutte le sue articolazioni.
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Va premesso che la parte attrice, sin dall’atto di citazione introduttivo del giudizio, ha
attribuito eziologicamente l’evento dannoso alla circostanza che l’Amministrazione
provinciale avesse realizzato una condotta di raccolta di acque in prossimità dei fondi di sua
proprietà, senza avere contestualmente provveduto alle costruzione delle necessarie opere di
raccolta, regimentazione e deflusso delle acque medesime, tanto che, in occasione delle
abbondanti piogge verificatesi nel periodo estivo dell’anno 1998, nonché di quelle cadute
durante i successivi periodi invernali, si era formata una frana di estese dimensioni che aveva
interrotto in più punti la strada privata che attraversava la sua proprietà, arrecando notevoli
danni alle colture. Si trattava infatti di un terreno coltivato in parte ad uliveto, che, per via di
tale frana, era rimasto isolato e raggiungibile solo a piedi, tanto da rimanere compromessi i
lavori di coltivazione e di raccolta dei frutti.
Ulteriore specificazione della causa dell’evento dannoso e del quantum dei pregiudizi è stata
affidata dai FORTUGNO a tre perizie stragiudiziali giurate allegate alla citazione (corredate
di documentazione fotografica, catastale e planimetrica), nella prima delle quali (recante la
data del 24 ottobre 1998) si legge che i terreni di proprietà FORTUGNO, nella zona di
interesse, si trovano nella parte più a sud-est delle particelle nn. 366 e 488 del foglio di mappa
10 del Comune di Scilla, ad una quota compresa tra i 595 m. e i 380 m. sopra il livello del
mare, e si estendono in un tratto che dalla strada provinciale Scilla-Melia arriva all’impluvio
che segna il confine catastale tra il foglio n. 10 e quello n. 22. La zona inizialmente in
accentuato pendio (nella parte posta in prossimità alla strada provinciale) diviene sempre più
pianeggiante man mano che si procede verso valle (impluvio); essa è attraversata da una
stradella poderale (di recente costruzione, all’epoca della prima perizia) realizzata a cura e
spese dei precedenti proprietari, asservita al controllo dell’intera vasta azienda, che si innesta
dalla strada provinciale e si snoda per tutta la proprietà attraverso vari tornanti, collegandosi
alla zona coltivata ad uliveto (particella n. 8 del foglio mappale n. 22) mediante una
diramazione verso est.
Si legge nella stessa perizia che la Provincia aveva da pochi mesi realizzato dei lavori relativi
ad opere murarie di sostegno e raccolta delle acque piovane, senza accompagnarli con la
costruzione di opere di regimentazione delle stesse. In particolare, era stata realizzata
dall’Ente una griglia in ferro con sottostante cunettone in conglomerato cementizio all’altezza
dell’incrocio tra la strada provinciale Scilla-Melia e la strada comunale per “Boccata”,
“Scrisi”, etc., per tutta la larghezza della strada comunale (come ben visibile nelle fotografie
nn. 1, 2 e 3 allegate alla relazione di c. t. u.), collegato ad una tubazione in corpi cilindrici di
cemento precompresso, che, attraversando sottotraccia la sede stradale ed in senso trasversale
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Sentenza n. 605/2019 pubbl. il 17/07/2019RG n. 500/2013
Repert. n. 953/2019 del 17/07/2019
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la strada provinciale anzidetta, andava a scaricare liberamente e irrazionalmente nel fondo di
proprietà FORTUGNO (particella n. 366 del foglio n. 10 – parte sud).
In sede di sopralluogo il perito della parte attrice ha potuto constatare de visu – e ne ha dato
atto nella relazione – l’assoluta assenza di segni di opere volte a regimentare le acque piovane
raccolte nella condotta realizzata dalla Provincia e convogliate (liberamente) nel terreno dei
FORTUGNO.
Si legge nella relazione di parte che tra la fine del mese di settembre e i primissimi giorni del
mese di ottobre del 1998 si erano verificate piogge continue ed abbondanti, tale che la massa
di acqua raccoltasi nelle vie “Boccata” e “Scrisi-Puntone dell’Arena”, si era riversata copiosa
nel fondo FORTUGNO, attraverso le opere anzidette, causando, con la sua azione erosiva,
un’enorme fenditura nel terreno (particella n. 366 foglio 10), a sua volta all’origine di continui
smottamenti con trascinamento a valle (sino all’impluvio) di grandi quantità di detriti di varie
dimensioni ed oggetti di risulta.
Il fenomeno ha interessato un tratto di fondo di circa 100 m. (dal bivio tra la strada
provinciale per Melia e quella comunale per il rione “Boccata” fino all’impluvio predetto).
L’azione erosiva ha anche provocato lo sradicamento di diverse ceppaie di castagno e di
leccio; il materiale terroso poi, spinto dalla massa d’acqua, ha invaso e percorso alcuni
tornanti della stradella poderale per circa 300 m. rendendola impercorribile con i normali
automezzi, così come altri tratti della stessa sono stati interessati dall’azione erosiva
dell’acqua, provocando l’interruzione del suo collegamento con la zona coltivata ad uliveto
(la citata particella n. 8 del foglio 22); anche la zona di terreno sottostante la stradella poderale
è stata interessata da dilavamenti ed erosioni per circa 300 m., per zone più o meno vaste.
Il tutto è ben visibile nelle fotografie allegate all’elaborato medesimo.
Nelle successive due perizie stragiudiziali giurate – una recante la data del 12 aprile 1999 e
l’altra del 19 maggio 2000 –, confermata dal Tecnico l’origine dei danni come verificata nella
prima perizia, sono stati quantificati quelli ulteriori prodottisi successivamente all’ottobre
1998 [segnatamente in occasione degli eventi meteorici invernali dell’anno 1999 e di quelli
invernali e primaverili del 2000] a causa della inerzia della Provincia, che, benché sollecitata
dai FORTUGNO, con lettera raccomandata del 27 maggio 1999, all’immediata eliminazione
dello scarico suddetto, non ha provveduto alla realizzazione di alcuna opera di regimentazione
e deflusso delle acque piovane.
Le tutt’altro che generiche allegazioni di parte attrice – che, va osservato, la PROVINCIA
convenuta non ha contestato con altrettante specifiche argomentazioni, essendosi limitata ad
ammettere che il terreno dei FORTUGNO è gravato da servitù di scolo delle acque reflue
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Sentenza n. 605/2019 pubbl. il 17/07/2019RG n. 500/2013
Repert. n. 953/2019 del 17/07/2019
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della sovrastante sede stradale ed a affermare genericamente che esistono opere di raccolta e
regimentazione delle acque in detta zona, salvo poi ad attribuire, semmai, la responsabilità ora
al Genio Civile (tenuto alla gestione del bacino imbrifero di riferimento), ora alla non idonea
regimentazione delle acque piovane lungo la strada comunale che attraversa il villaggio
turistico denominato “Villaggio del Pino” (e dunque al COMUNE di SCILLA ed a
PORPIGLIA Vincenzo, titolare del suddetto villaggio), ovvero, comunque, al nubifragio
abbattutosi nella zona nei giorni 17,18 e 19 aprile 2000 – hanno trovato adeguata conferma
nell’accertamento svolto dal Consulente tecnico d’ufficio nominato dal Tribunale.
Costui ha verificato, in particolare, che il fondo dei FORTUGNO si estende per una superficie
complessiva di ha 31.71.50, di cui ha 1.08.70 coltivata ad uliveto, oltre a molti alberi di
leccio, castagni e simili; ad esso si accede dalla strada provinciale di collegamento tra Scilla e
Melia di Scilla tramite una diramazione stradale di proprietà FORTUGNO, chiusa con una
catena.
La parte più alta del terreno si trova all’incrocio tra la suddetta strada provinciale (della
larghezza di m. 14,30) e quella comunale.
Ha accertato il Consulente che la PROVINCIA ha realizzato un pozzetto di scolo delle acque
piovane all’intersezione tra le due strade pubbliche, chiuso con una grata in ferro lunga 6,20
m. e larga m. 0,85, nel quale è stato innestato un tubo di scarico del diametro di 0,50 cm. che
fa confluire le acque nel terreno FORTUGNO, evidenziando che i danni derivati al fondo
degli attori sono stati dovuti essenzialmente al posizionamento, al cattivo funzionamento ed
alla mancanza di manutenzione del canale di scolo, tanto che, in occasione dell’alluvione del
1998, si è verificata una frana di vaste dimensioni, dissestando i fondi e le colture esistenti,
trasportando il materiale a valle e sradicando ottanta alberi.
In questo quadro il Tribunale, essendo stati acclarati i fatti secondo la prospettazione di parte
attrice, ha affermato la esclusiva responsabilità della PROVINCIA di REGGIO CALABRIA
ai sensi dell’art. 2051 c. c., argomentando essersi appurato in giudizio, attraverso un attento
esame geo-morfologico del luoghi, che il riversamento delle acque di scolo in maniera
incontrollata nel terreno dei FORTUGNO è stato dovuto essenzialmente alla combinazione di
due fattori, entrambi ascrivibili alla convenuta anzidetta, e segnatamente: 1) alla realizzazione
della su descritta conduttura da parte dell’Ente provinciale, malfunzionante e non
accompagnata dalle necessarie opere di regimentazione e deflusso delle acque reflue, e 2)
all’omessa manutenzione della stessa, nonostante i documentati solleciti di interventi
effettuati sia da parte degli attori, che da parte dello stesso COMUNE di SCILLA, al fine di
fronteggiare la situazione di dissesto venutasi a creare (come da missive versate nel fascicolo
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di primo grado dell’Ente locale, di cui ha dato atto il Tribunale, ma non visionabili da questa
Corte, poiché lo stesso non risulta riversato agli atti del presente grado).
Come correttamente evidenziato dal primo Giudice, una volta dimostrato il nesso di
derivazione dei danni dal bene realizzato (di appartenenza dell’Ente provinciale), per la regola
della presunzione di colpa ex art. 2051 c. c. sarebbe spettato unicamente a quest’ultimo
l’onere di allegare e dimostrare il caso fortuito per liberarsi dalla responsabilità, con
particolare riferimento, nel caso concreto, alla prova della portata eccezionale dell’evento
meteorico del 1998 (richiamato nella c. t. u.) e/o a quello dell’aprile 2000 (solamente
accennato dalla parte convenuta nella comparsa di risposta).
Ciò vuol dire, in altri termini, che, per superare la presunzione di responsabilità posta dall’art.
2051 c. c. a carico del proprietario/custode, la PROVINCIA avrebbe dovuto fornire
rigorosamente la prova liberatoria positiva del caso fortuito, inteso nel senso più lato come
fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso
eziologico (comprensivo anche della forza maggiore e/o del fatto del terzo), avendosi “caso
fortuito” ogni qualvolta l'evento sia dovuto a forze incoercibili o imprevedibili della natura
ovvero a un fatto inevitabile o imprevedibile di terzi (ex multis Cass. Civ. nn. 5808/2019;
27724/2018; 2482/2018; 30775/2017; 12027/2017; 8229/2010; 5741/2009; 2020/1970).
Di questa prova non c’è traccia in giudizio, come giustamente osservato dal primo Giudice, né
in via di allegazione nella prospettazione difensiva della PROVINCIA, dato che essa si è
basata su tutt’altri argomenti come sopra riportato (volti essenzialmente ad addossare ad altri
soggetti la responsabilità del fatto lesivo): dal che l’assunto dell’appellante secondo il quale il
tema dell’alluvione del 1998 quale “caso fortuito” sarebbe entrato in causa attraverso la stessa
affermazione del C. t. u. (laddove, a pag. 6 della relazione, ha affermato “tale situazione, a
causa dell’alluvione del 1998, ha causata una frana di estese dimensioni”) è da disattendere
del tutto, visto che nell’esposizione del Consulente, in base al suo significato testuale ed al
contesto in cui si inserisce, l’alluvione del 1998 rappresenta evidentemente una mera
occasione del verificarsi della frana, che ha solo messo in luce il malfunzionamento della
condotta e gli altri inconvenienti legati al suo irregolare e non regolamentato posizionamento.
D’altra parte – si ribadisce – spettava unicamente alla PROVINCIA, e non certo al C. t. u.,
allegare e provare la portata eccezionale dell’alluvione del 1998 (nemmeno prospettata in
fatto nella comparsa di costituzione), attraverso idonea dimostrazione del suo carattere
incoercibile oggettivamente e assolutamente imprevedibile, onde superare la presunzione di
sua responsabilità, dovendosi rammentare il principio giurisprudenziale consolidato,
oltremodo appropriato al caso in esame, secondo cui, in tema di responsabilità civile per danni
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ad immobili causati dall'invasione di acque piovane a seguito di allagamento della zona
circostante, l’eccezionalità ed imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono
configurare caso fortuito, idoneo ad escludere la responsabilità del custode delle strade
adiacenti, solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a
determinare l’evento, sicché il custode è tenuto a dimostrare, per superare la presunzione di
colpa a proprio carico, di aver mantenuto la condotta diligente dovuta nel caso concreto, con
particolare riferimento alla scrupolosa manutenzione e pulizia dei sistemi di deflusso delle
acque meteoriche [così da ultimo Cass. Civ. n. 18856/2017; in senso conforme si veda anche
la recente Cass. Civ. n. 2482/2018 che in massima testualmente recita: “le precipitazioni
atmosferiche integrano l'ipotesi di caso fortuito, ai sensi dell'art. 2051 c.c., allorquando
assumano i caratteri dell'imprevedibilità oggettiva e dell'eccezionalità, da accertarsi con
indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i cd. dati pluviometrici)
riferiti al contesto specifico di localizzazione della "res" oggetto di custodia, la quale va
considerata nello stato in cui si presenta al momento dell'evento atmosferico”].
Di ciò – si ripete - non è stata data alcuna prova da parte della PROVINCIA, così come non è
stato dimostrato, attraverso fatti concreti, ma solo asserito, che la stessa avrebbe realizzato
opere di regimentazione e deflusso delle acque reflue idonee ad assicurare il contenimento
delle stesse in condizioni di normalità: in sede di appello, invero, l’Ente si è doluto che tale
indagine non sia stata espletata dal C. t. u., nonostante più volte sollecitata con le deduzioni
difensive della convenuta, ma, ancora una volta, giova osservare che si tratta di un tema che
sarebbe spettato alla convenuta allegare concretamente e dimostrare positivamente, non
potendo essere demandato all’accertamento mediante una consulenza che sarebbe stata di
tipo esplorativo a riguardo, inammissibile quando l’indagine è volta – come nella specie – a
verificare circostanze il cui onere allegativo e probatorio è posto specificamente a carico della
parte.
Priva di pregio è, in definitiva, la tesi dell’appellante secondo la quale il Tribunale avrebbe
insufficientemente motivato la sussistenza del nesso di causalità tra l’evento dannoso e la
condotta del soggetto ritenuto colpevole, dato che, prima di ogni altra cosa, essa è errata sotto
il profilo giuridico, in quanto ai fini della attribuzione della responsabilità per danni da cose in
custodia ex art. 2051 c. c. non occorre che sia dimostrato il nesso tra il danno e la condotta
colposa di un soggetto, bensì – come è noto e come ribadito da consolidato indirizzo
giurisprudenziale – è sufficiente la dimostrazione, da parte dell'attore del nesso di causalità tra
il danno e la cosa in custodia, prescindendosi da qualsivoglia connotato di colpa del custode,
posto che il criterio di imputazione della responsabilità ex art. 2051 c. c. ha carattere oggettivo
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e non richiede perciò, come tale, la verifica della negligenza nella condotta (tra le tante Cass.
Civ. nn. 27724/2018; 2477/2018; 30775/2017; 12027/2017; 18317/2015; 8229/2010).
Senza tacere (ad abundantiam) che comunque, nel caso in esame, un profilo di negligenza è
stato pur sempre acclarato in capo all’Ente proprietario e custode, consistito nell’omissione di
qualsivoglia intervento (seppure reiteratamente richiesto dagli interessati) volto a regimentare
il deflusso delle acque piovane sul terreno FORTUGNO, nelle circostanze di maggiore
accumulo dovuto ad eventi meteorici più incisivi, legati (per lo più) a contingenze stagionali.
Ne discende il rigetto del secondo motivo di appello.
Il terzo concerne l’omesso approfondimento da parte del Tribunale degli ulteriori profili di
responsabilità ascrivibili alle altre parti, ossia ai chiamati in causa COMUNE di SCILLA e
PORPIGLIA Vincenzo, quale titolare del complesso turistico “Villaggio del Pino”,
deducendo l’appellante che il Giudice di primo grado non avrebbe chiarito la posizione dei
predetti soggetti, non avendo approfondito l’eventuale assunzione da parte di costoro di una
condotta finalizzata a produrre i danni in questione.
Il che avrebbe comportato una responsabilità eventualmente concorrente della PROVINCIA,
con conseguente riduzione della condanna a suo carico.
La doglianza è infondata posto che risulta dal testo della pronuncia impugnata che il
Tribunale, dopo avere evidenziato che la causa dei danni patiti dagli attori era da individuare
nel posizionamento da parte della PROVINCIA REGIONALE di REGGIO CALABRIA
(titolare della strada di riferimento) del canale di scolo delle acque piovane nel terreno dei
FORTUGNO e nel malfunzionamento dello stesso, ne ha affermato l’esclusiva responsabilità,
evidenziando poi che corrispondentemente andava esclusa ogni responsabilità in capo al
COMUNE di SCILLA ed al PORPIGLIA n. q., poiché entrambi risultati estranei ai fatti di
causa.
Avverso tale esaustiva (seppur concisa) argomentazione, parte appellante non ha addotto
elementi specifici di segno contrario, così come già negli atti difensivi di primo grado non
aveva offerto, nemmeno in via di allegazione, dati di fatto dai quali potere inferire una
effettiva e reale concorrente responsabilità dei due predetti soggetti, avendo solamente
ipotizzato che la causa dei danni fosse da ricercare nella “non idonea regimentazione delle
acque piovane lungo la strada comunale che attraversava il villaggio turistico” del
PORPIGLIA, senza tuttavia circostanziare adeguatamente l’ipotesi ventilata, né (a fortiori)
offrire prova di quanto vagamente asserito.
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Merita evidenziare a riguardo che l’unico teste citato dall’Ente Provincia – l’ing. Cuzzola
Domenico, Dirigente del settore viabilità della stessa – ha riferito sul punto solamente che la
strada a monte di quella provinciale (segnatamente quella che proviene dal “Villaggio del
Pino” e si innesta nella strada provinciale) è stata costruita successivamente a quest’ultima e,
di fatto, convoglia e scarica sulla stessa le acque provenienti dal bacino posto a monte; egli
non è stato in grado di dire se la via di collegamento al suddetto villaggio turistico fosse
comunale ovvero di proprietà privata.
Nulla è stato riferito (né negli atti difensivi della PROVINCIA, né dal teste citato) in merito
ad eventuali opere di regimentazione e deflusso delle acque realizzate dal COMUNE o dal
complesso turistico anzidetto, tanto da poterne (se del caso) esplorare l’idoneità o meno sul
pian tecnico-strutturale ovvero il tema della loro connessione con i fatti di causa, fermo
restando che, al contrario, il compendio probatorio raccolto ha confermato la tesi attrice della
sicura riconducibilità dell’evento di danno alla presenza di una condotta di scolo delle acque
reflue nel terreno FORTUGNO, realizzata dalla PROVINCIA, proprietaria della strada da cui
si diparte la conduttura medesima, scarsamente idonea (per la sua struttura in rapporto anche
alla conformazione dei luoghi) a consentire un deflusso regolare delle acque stesse ed a
contenerne la potenza in casi di più abbondante riversamento legato a prevedibili eventi
meteorici stagionali.
Ne deriva l’infondatezza anche del motivo di appello in esame, con conseguente integrale
rigetto della impugnazione principale.
2) APPELLO INCIDENTALE (FORTUGNO Domenico e FORTUGNO Vincenzo).
Gli appellanti incidentali si dolgono del mancato riconoscimento dei danni quantificati dal C.
t. u. con riferimento, rispettivamente, ai costi per il consolidamento della sede stradale (€
35.728,00), a quelli per la costruzione dei gabbionati di sostegno alla stessa (€ 12.110,00) e a
quelli necessari alla realizzazione delle biglie di contenimento lungo l’impluvio (€ 12.840,50),
per un totale di € 60.688,50, sostenendo che avrebbe errato il Tribunale nel ritenere che il
primo importo si riferisse al consolidamento della sede stradale (pubblica), posto che, dalla
semplice lettura della descrizione dei lavori che compongono detta voce (pag. 7 dell’elaborato
peritale), è agevole evincere che essi si riferiscono, piuttosto, ad opere di ripristino dello stato,
della sicurezza e della agibilità del sito ricadente nella proprietà FORTUGNO, pregiudicati
dalla frana.
Allo stesso modo, la costruzione del gabbionato di sostegno della sede stradale riguarda – a
dire degli appellanti incidentali – la (suddetta) via privata che percorre tutto il loro fondo e lo
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collega alla strada provinciale, così come le biglie di contenimento lungo l’impluvio
concernono la zona di terreno interessante la proprietà FORTUGNO.
In ogni caso – aggiungono gli appellanti – non si comprende la ragione per la quale dette
opere non potrebbero essere realizzate da loro (come escluso dal Tribunale), trattandosi
peraltro di danni subiti dal loro fondo e che, come tali, da risarcire.
Errato sarebbe anche il richiamo al principio della domanda posto dal primo Giudice a
sostegno del rigetto di questa parte del quantum risarcitorio, dato che - osservano - è chiaro,
come anche si evince dal rimando fatto dal C. t. u. alla voce “6 della terza perizia”, che si
tratta di opere oggetto di domanda attorea perché indicate nelle perizie di parte allegate alla
citazione.
L’appello non è fondato per le ragioni che si espongono.
Il Tribunale ha escluso dal quantum risarcitorio le voci relative (testualmente) alle “opere di
consolidamento della sede stradale” (voce n. 1, lett. a, b e c dell’elaborato peritale a pag. 7),
alla “costruzione dei gabbionati di sostegno della rete stradale” (voce n. 4 dell’elaborato
peritale pag. 8) e alla “costruzione delle briglie di contenimento lungo l’impluvio” (voce n. 6
dell’elaborato peritale a pag. 8), affermando che non costituiscono certamente opere da
realizzare da parte dei FORTUGNO, tale che i relativi esborsi non avrebbero potuto
considerarsi rifondibili in favore degli attori, anche in ossequio al principio della domanda
(richiamando le perizie di parte).
In tal modo – occorre sia esplicitato - il primo Giudice, richiamandosi al principio della
domanda (con ciò intendendo riferirsi alla descrizione ontologico-materiale dei danni
contenuta nelle perizie allegate), ha ritenuto che il risarcimento dovesse essere connesso
unicamente ai costi delle opere volte ad eliminare le conseguenze iniziali della frana e di
quelle verificatesi nel biennio successivo al 1998, consistite, stando proprio alla descrizione
dei danni contenuti nella prima delle perizie stragiudiziali allegate alla citazione, come
ampliata (per quantità ed estensione) nelle due successive:
- nella creazione di un’ampia fenditura nel terreno (dovuta all’azione erosiva delle acque,
divenuta sempre più marcata nel corso dell’anno 1999 e nel corso del 2000) con
trascinamento a valle di materiale terroso misto a massi (per un tratto di circa 100 m., in
quantità sempre maggiore nel biennio successivo);
- nello sradicamento di alcune decine di ceppaie di castagno e leccio;
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Repert. n. 953/2019 del 17/07/2019
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- nell’erosione di altri tratti del terreno FORTUGNO per circa 180 m. con interruzione, in
alcuni punti, della strada poderale di collegamento (privata) con la zona interessata ad
uliveto;
- in dilavamenti ed erosioni di varie dimensioni nella zona di terreno sottostante il suddetto
tratto di stradella, per circa 300 m..
Ha ritenuto il primo Giudice, conseguentemente, di dovere liquidare ai FORTUGNO
l’equivalente monetario delle spese necessarie per le opere di sgombero del materiale franato
che ha invaso le parti di terreno suddette (voce n. 2 della relazione peritale), per quelle di
sistemazione e reinterro della sede stradale erosa e nei punti in cui è stata interrotta (voce n. 3,
laddove per “sede stradale” si deve intendere, attraverso adeguata contestualizzazione, quella
relativa alla stradella poderale privata che attraversa il fondo, come giustamente osservato
dagli appellanti incidentali), e per quelle di sistemazione del terreno nella parte intermedia del
fondo mediante il ripristino dei muri a secco (voce n. 5), oltre che il risarcimento dei danni per
mancato prodotto derivanti dalla distruzione del soprassuolo (voce n. 7).
Trattasi a ben vedere dei lavori necessari per riparare i danni subiti quale conseguenza diretta
dell’evento pregiudizievole, mentre le voci escluse dal Tribunale (consolidamento del tratto
compreso tra l’abusivo scarico e l’impluvio – voce n. 1 -, costruzione gabbionato in pietrame
nella fascia sottoscarpa – voce n. 4 – e costruzione briglie in conglomerato cementizio e
pietrame lungo l’impluvio – voce n. 6 -) concernono lavori che, stando alla loro descrizione
materiale, varrebbero evidentemente a prevenire, per il futuro, nuovi fenomeni franosi ed a
fornire maggiore sostegno al fondo dei FORTUGNO interessato dalla presenza del (tutt’altro
che adeguato) canale di scolo (provinciale) delle acque piovane. Lavori che, seppure
riguardano certamente la proprietà FORTUGNO (come giustamente rilevato dagli appellanti
incidentali), non si pongono tuttavia in rapporto di causalità diretta con l’evento dannoso
oggetto di causa, appartenendo piuttosto all’area degli interventi di manutenzione,
regimentazione e contenimento del deflusso idrico a fini preventivi di futuri possibili danni,
che, in quanto tali, spettano all’Ente titolare della “servitù” di scolo realizzare e non certo ai
FORTUGNO, come condivisibilmente osservato dal Tribunale e non idoneamente contrastato
dagli appellanti incidentali mediante adeguate (opposte) motivazioni.
Costoro, peraltro, non hanno nemmeno allegato di avere essi provveduto ad eseguire le opere
in questione, fermo restando che, comunque ed in via assorbente, si tratterebbe (come si è
detto) di esborsi non eziologicamente collegabili all’evento dannoso, in quanto non riparatori
di pregiudizi costituenti conseguenza immediata e diretta di esso e perciò, come tali, non
risarcibili in base al comb. disp. degli artt. 2056 e 1223 c. c..
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Ne discende il rigetto (anche) dell’appello incidentale.
Quanto alle spese del presente grado, stante la reciproca soccombenza dell’appellante
principale e di quelli incidentali si ritiene equo dichiararle interamente compensate tra loro ai
sensi del secondo comma dell’art. 92 c. p. c..
Va posto invece esclusivamente a carico dell’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE il
rimborso delle spese del presente grado in favore rispettivamente del COMUNE di SCILLA e
di PORPIGLIA Vincenzo, nella suddetta qualità, in virtù della regola della soccombenza,
posto che solo l’appello principale (e non anche quello incidentale) ha coinvolto la posizione
dei predetti appellati, con particolare riferimento al secondo e (maggiormente) al terzo motivo
di gravame.
Esse si liquidano in base ai parametri tariffari di cui al D. M. n. 55/2014 come parzialmente
modificato da ultimo con D. M. n. 37/2018 (in vigore dal 26 aprile 2018) – nel presente grado
applicabile ratione temporis –, tenuto conto del valore della controversia (determinato in base
al valore del diritto accertato) e degli importi medi in considerazione della natura delle
questioni trattate e del pregio ed entità delle prestazioni defensionali rese (eccetto che per la
fase istruttoria, per cui sembra adeguato attenersi agli importi tariffari minimi, avuto riguardo
alla scarsa incidenza della relativa prestazione rispetto al resto dell’attività defensionale) e in
via forfettaria (stante la mancanza di apposita nota delle spese), in complessivi € 12.399,00
per onorario - di cui € 2.835,00 per la fase di studio, € 1.820,00 per la fase introduttiva, €
2.884,00 per la fase istruttoria, € 4.860,00 per la fase decisionale, oltre rimborso forfettario
spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Deve disporsi – quanto all’appellato PORPIGLIA Vincenzo (n. q.) - la distrazione in favore
del suo Difensore anticipatario avv. Gaetano Vizzari, che ne ha fatto espressa richiesta.
Sussistono ragioni evidenti per dichiarare interamente compensate le spese del presente grado
tra gli appellanti incidentali e gli appellati COMUNE di SCILLA, in persona del Sindaco p. t.,
e PORPIGLIA Vincenzo n. q., dato che – come si è detto sopra - il gravame incidentale non li
ha per nulla riguardati.
A termini dell’art. 13 del T.U. n. 115 del 30.5.2002 e modif succ. (ed in particolare in
riferimento a quella dettata dall’art. 17 della legge n. 228 del 24.12.2012, cd. “di stabilità” per
l’anno 2013), secondo cui “(…) quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta
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Sentenza n. 605/2019 pubbl. il 17/07/2019RG n. 500/2013
Repert. n. 953/2019 del 17/07/2019
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integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è
tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 bis (…)”, questa
Corte “… dà atto … della sussistenza, sia per l’appellante principale che per gli appellanti
incidentali, dei presupposti di cui al periodo precedente …”, con l’avvertenza per cui “(…)
l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso (…)” (disposizione che si
applica ai procedimenti di impugnazione iniziati dal 31 gennaio 2013, trentesimo giorno
successivo alla data di entrata in vigore della legge di stabilità suddetta).
P. Q. M.
la Corte di Appello di Reggio Calabria, sezione civile, come sopra composta, uditi i
procuratori delle parti, disattesa ogni contraria istanza, difesa ed eccezione, definitivamente
pronunciando sull’appello principale proposto dall’AMMINISTRAZIONE
PROVINCIALE di REGGIO CALABRIA, in persona del Presidente e legale
rappresentante p. t., con citazione notificata in date 17 e 18 settembre 2013, nei confronti di
FORTUGNO Domenico e FORTUGNO Vincenzo, del COMUNE di SCILLA, in persona
del Sindaco p. t., e di PORPIGLIA Vincenzo, quale titolare del complesso turistico
alberghiero “Villaggio del Pino”, avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria –
Seconda Sezione Civile n. 1659/12 del 22 ottobre 2012, nonché sull'appello incidentale
proposto da FORTUGNO Domenico e FORTUGNO Vincenzo con comparsa depositata il
9 dicembre 2013, così provvede:
rigetta entrambi gli appelli e, per l’effetto, conferma le statuizioni della sentenza
impugnata;
dichiara interamente compensate tra l’appellante principale e gli appellanti incidentali le
spese del presente grado;
dichiara altresì interamente compensate le spese del presente grado tra gli appellanti
incidentali e gli appellati COMUNE di SCILLA, in persona del Sindaco p. t., e
PORPIGLIA Vincenzo, nella suddetta qualità;
condanna l’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE di REGGIO CALABRIA, in persona
del legale rappresentante p. t., al rimborso delle spese del presente grado in favore,
rispettivamente, del COMUNE di SCILLA, in persona del Sindaco p. t., e di PORPIGLIA
Vincenzo, nella suddetta qualità, liquidate, per ciascuna parte, in complessivi € 12.399,00 a
titolo di onorario (come in parte motiva ripartiti), oltre rimborso forfettario spese generali
nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, distraendo l’importo liquidato per il
PORPIGLIA (n. q.) in favore del suo Difensore, avv. Gaetano Vizzari;
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- dà atto che sussistono i presupposti perché la parte appellante principale e la parte
appellante incidentale, in quanto entrambe soccombenti ut supra, versino un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione,
con avvertenza per cui “… l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito …” della
presente pronuncia.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti consequenziali.
Così deciso in Reggio Calabria, nella camera di consiglio dell’11 luglio 2019
Il Consigliere estensore Il Presidente
(dr.ssa Anna ADAMO) (dr.ssa Marina MOLETI)
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