New Emilio Bianchi uno dei sei violatori del porto di Alessandria · 2016. 2. 27. · Emilio...

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8 Marinai d’Italia Gennaio/Febbraio 2016 L a sera del 18 novembre 1941 tre cop- pie di incursori della Regia Marina – Durand de la Penne, Bianchi; Mar- ceglia, Schergat; Martellotta, Marino – forzarono il Porto di Alessandria, Base Na- vale della Mediterranean Fleet del Medi- terraneo Centro Orientale, ed affondarono le Corazzate Valiant e Queen Elizabeth, ol- tre ad una grossa petroliera. Compiuta l’ardita impresa gli incursori furono cattu- rati e dopo un periodo burrascoso, finirono in un Campo di Prigionia. Gli inglesi sottoposero i sei eroi ad este- nuanti interrogatori per conoscere dov’era ubicata la base di addestramento, i relativi organici, tipo dei mezzi impiegati, elementi tecnici relativi alla loro forma, meccanismi di funzionamento e modalità d’impiego. Però fu tutto inutile: a ciascuna domanda rispondevano indicando il nome, il cogno- me ed il grado rivestito (all’atto della cattu- ra furono loro sequestrati i documenti di ri- conoscimento. Per non essere scambiati per elementi del servizio di spionaggio, sot- to il guscio di gomma per rimanere a lungo in acqua, indossavano una tuta da lavoro con il grado rivestito ed i documenti di rico- noscimento). Ogni giorno, eccezion fatta per il Santo Natale, riprendevano gli inter- rogatori, ed ogni giorno, a ciascuna do- manda, i sei rispondevano pronunciando nome, cognome ed il proprio grado. Il mattino del 31 dicembre, dopo l’ennesi- mo vano interrogatorio, gli Inglesi li con- dussero nel cortile, li allinearono per uno, le spalle al muro di cinta, fronte verso il piazzale. Poco dopo arrivò un plotone ar- mato che venne schierato di fronte ai sei, al comando di un Ufficiale subalterno. Per i nostri sembrava finita, ma non fu così; si trattava di una macabra messa in scena nel tentativo di indurli a risponde- re alle solite domande che venivano loro rivolte nel corso dei reiterati e snervanti interrogatori. Fallito anche quest’ultimo tentativo gli In- glesi si arresero. In una delle notti succes- sive, il Comando inglese fece condurre il Bianchi alla Stazione ferroviaria da dove iniziò il lunghissimo viaggio che si conclu- se a Latrun, in Palestina. Nello scompartimento del treno assegna- togli vi erano quattro militari che indossa- vano rabberciate uniformi italiane. Egli capì quasi subito che non si trattava di no- stri soldati, erano infatti avieri tedeschi, forse catturati dopo che il loro aereo era Testimonianze Emilio Bianchi uno dei sei violatori del porto di Alessandria Ettore Franceschini Presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, Federazione provinciale di Lucca Emilio Bianchi L unedì 16 agosto del corrente anno, nella chiesa parrocchiale di Torre del Lago Puccini, poco distante da Viareggio, hanno avuto luogo i funerali di Emilio Bianchi, che partecipò alla memorabile impresa compiuta dai sei eroici incursori dell’allora Regia Marina – La violazione della base navale inglese di Alessandria e l’affondamen- to di due corazzate – la Valiant e la Queen Elizabeth. Con la sua dipartita se ne è andato un altro pezzo di gloriosa storia della nostra Marina Militare. Emilio Bianchi era nato a Sondrio ed apparteneva alla classe 1912, fra pochissimo avrebbe com- piuto 103 anni. Nel 1932 si arruolò volontario nel C.R.E.M. – Corpo Reale Equipaggi Marittimi – come allievo pa- lombaro, sottoscrivendo la ferma di anni 5 (cinque) e frequentò lo specifico corso negli anni 1932/1933. In qualità di Palombaro è stato imbarcato su: Nave Magnaghi – 1933, 1934, durante le campagne idrografiche nell’Egeo e nel Mar Rosso; Incrociatore Fiume – 1934, 1936; 1° Gruppo Sommergibili, La Spezia – 1937, 1939; 1^ Flottiglia MAS (poi X^ MAS) – 1939, 1941 Missioni compiute contro basi navali nemiche: tentativo di forzamento della base di Gibilterra - settembre 1940; 2° tentativo di forzamento della base di Gibilterra - ottobre 1940; 3° tentativo di forzamento della base di Gibilterra Alessandria - dicembre 1941 (in questa ultima missione di guerra era il 2° del T.V. Durand de La Penne, Capo Missione). Prigioniero di guerra dei britannici – dal 20 dicembre 1941 al 9 settembre 1945. 2 Promozioni per meriti di Guerra: da 2 Capo a Capo di 3^ Classe e poi a Capo di 2^ Classe. 1951 – Promosso S. Ten. del CEMM - 1952 – Promosso Ten.del CEMM - 1959 – Promosso Capita- no del CEMM - 1959 – Collocato nella Riserva 1993 – Collocato in congedo assoluto con il gra- do di Capitano di Corvetta e nel 1995 – Promosso Capitano di Fregata a Titolo Onorifico. Decorazioni al Valor Militare – 3 agosto 1944 – Medaglia d’Oro (la più importante). Decorazione al Valor Civile – Genova, anno 1950 – Medaglia di bronzo (disinnesco di una carica esplosiva dalla carena di un mercantile da 8.000 t. di stazza). Autunno 1941. Prima di un’esercitazione a Bocca di Serchio con un Siluro a lenta corsa. Il mezzo è pilotato dal capitano di corvetta Ernesto Notari (a destra) e dal Sottocapo palombaro Ario Lazzari (Fototeca U.S.) 9 Marinai d’Italia Gennaio/Febbraio 2016 precipitato in mare abbattuto dall’Avia- zione britannica. I quattro non familiariz- zarono affatto ed anzi ignorarono il nuo- vo venuto pur dandogli di tanto in tanto qualche sbirciata con fare sospetto mentre il trenino arrancava lungo l’inter- minabile percorso. Alla stazione d’arrivo i Tedeschi furono fatti scendere per primi. Appena fuori del piccolo scalo ferroviario Bianchi li vide salire su una camionetta che si allontanò a discreta andatura lungo una strada sterrata, sollevando una nube di polvere. Poco dopo toccò al nostro eroe scendere a terra. Il soldato di scorta lo accompa- gnò vicino ad un muricciolo in attesa del ritorno dell’automezzo. Mentre il tempo lentamente scorreva i morsi della fame toglievano al Bianchi perfino il respiro. Durante l’attesa, egli notò un aranceto dove i frutti in abbondan- za nascondevano quasi tutte le foglie. Alcu- ni ragazzi arabi stavano giocando nei pa- raggi; incuriositi, si avvicinarono. A cenni più che a parole, il Bianchi indicò loro quel- la grazia d’Iddio e fece loro capire di an- darne a raccoglierne una piccola quantità. I ragazzi non se lo fecero ripetere due vol- te e, di corsa, raggiunsero l’aranceto tor- nando poco dopo con un discreto quanti- tativo di arance che il Bianchi afferrò rapi- do, tant’era la fame. In brevissimo tempo almeno cinque di quei succosi frutti finiro- no nel suo stomaco vuoto. Per ringraziare quei generosi ragazzi, Il Bianchi mormorò loro: “Che Allah vi benedica”. La lunga attesa sotto il sole cocente giun- se finalmente al suo epilogo: l’automezzo sbucò dalla nube di polvere, invertì il sen- so di marcia e si arrestò. Il Bianchi venne fatto salire seguito dal suo angelo custo- de, a bordo, oltre il suo accompagnatore, l’autista ed un giovane Ufficiale. La camio- netta ripartì percorrendo la medesima strada sterrata; dopo un buon tratto essa si trasformò in una pista e prese a salire per poi scollinare. Dalla sommità della pic- cola altura il Bianchi poté vedere l’immen- so attendamento dove avrebbe trascorso parecchi mesi della sua lunga prigionia. Varcato il grande cancello che immetteva nel campo, l’automezzo si arrestò davanti all’ingresso di una baracca: si trattava del magazzino vestiario, dove gli vennero con- segnati un paio di pantaloni ed un giubbet- to color marrone sbiadito, un asciugama- no “sforacchiato”, un paio di scarpe usa- tissime, quattro capi di biancheria: gli in- dumenti dei P.O.W. – Prigionieri di Guerra. Fatto uscire dalla porta posteriore venne sospinto lungo uno stretto passaggio fian- cheggiato da fili spinati intrecciati, in fon- do al qual si apriva uno spiazzo su cui si af- facciavano una tettoia ed una baracca. Sospinta con cautela la porta d’ingresso entrò: qui l’inimmaginabile, piacevolissima sorpresa: nel vasto locale, distesi sulle L’autorespiratore ad ossigeno ad autonomia ridotta con maschera ed occhiali separati modello I.A.C. (una consociata della Pirelli) 49/bis (Fototeca U.S.) A tavola con la Flottiglia MAS. L’atmosfera è molto rilassata nella base di Foce del Serchio. Il primo a sinistra è il tenente medico Giorgio Spaccarelli; il secondo Magello; a capotavola De la Penne; di spalle Feltrinelli (Fototeca U.S.) Operatori con il vestito Belloni e gli autorespiratori (Fototeca U.S.)

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Page 1: New Emilio Bianchi uno dei sei violatori del porto di Alessandria · 2016. 2. 27. · Emilio Bianchi era nato a Sondrio ed apparteneva alla classe 1912, fra pochissimo avrebbe com-piuto

8 Marinai d’Italia Gennaio/Febbraio 2016

L a sera del 18 novembre 1941 tre cop-pie di incursori della Regia Marina –Durand de la Penne, Bianchi; Mar-

ceglia, Schergat; Martellotta, Marino –forzarono il Porto di Alessandria, Base Na-vale della Mediterranean Fleet del Medi-terraneo Centro Orientale, ed affondaronole Corazzate Valiant e Queen Elizabeth, ol-tre ad una grossa petroliera. Compiutal’ardita impresa gli incursori furono cattu-rati e dopo un periodo burrascoso, finironoin un Campo di Prigionia.Gli inglesi sottoposero i sei eroi ad este-nuanti interrogatori per conoscere dov’eraubicata la base di addestramento, i relativiorganici, tipo dei mezzi impiegati, elementitecnici relativi alla loro forma, meccanismidi funzionamento e modalità d’impiego.Però fu tutto inutile: a ciascuna domandarispondevano indicando il nome, il cogno-me ed il grado rivestito (all’atto della cattu-ra furono loro sequestrati i documenti di ri-conoscimento. Per non essere scambiatiper elementi del servizio di spionaggio, sot-to il guscio di gomma per rimanere a lungoin acqua, indossavano una tuta da lavorocon il grado rivestito ed i documenti di rico-noscimento). Ogni giorno, eccezion fattaper il Santo Natale, riprendevano gli inter-rogatori, ed ogni giorno, a ciascuna do-manda, i sei rispondevano pronunciandonome, cognome ed il proprio grado.Il mattino del 31 dicembre, dopo l’ennesi-mo vano interrogatorio, gli Inglesi li con-dussero nel cortile, li allinearono per uno,le spalle al muro di cinta, fronte verso ilpiazzale. Poco dopo arrivò un plotone ar-mato che venne schierato di fronte ai sei,al comando di un Ufficiale subalterno.Per i nostri sembrava finita, ma non fucosì; si trattava di una macabra messa inscena nel tentativo di indurli a risponde-re alle solite domande che venivano lororivolte nel corso dei reiterati e snervantiinterrogatori.

Fallito anche quest’ultimo tentativo gli In-glesi si arresero. In una delle notti succes-sive, il Comando inglese fece condurre ilBianchi alla Stazione ferroviaria da doveiniziò il lunghissimo viaggio che si conclu-se a Latrun, in Palestina.Nello scompartimento del treno assegna-togli vi erano quattro militari che indossa-vano rabberciate uniformi italiane. Eglicapì quasi subito che non si trattava di no-stri soldati, erano infatti avieri tedeschi,forse catturati dopo che il loro aereo era

Testimonianze

Emilio Bianchiuno dei sei violatoridel porto di AlessandriaEttore FranceschiniPresidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci,Federazione provinciale di Lucca

Emilio Bianchi

Lunedì 16 agosto del corrente anno, nella chiesa parrocchiale diTorre del Lago Puccini, poco distante da Viareggio, hanno avuto

luogo i funerali di Emilio Bianchi, che partecipò alla memorabileimpresa compiuta dai sei eroici incursori dell’allora Regia Marina –La violazione della base navale inglese di Alessandria e l’affondamen-to di due corazzate – la Valiant e la Queen Elizabeth. Con la sua dipartitase ne è andato un altro pezzo di gloriosa storia della nostra Marina Militare.Emilio Bianchi era nato a Sondrio ed apparteneva alla classe 1912, fra pochissimo avrebbe com-piuto 103 anni.Nel 1932 si arruolò volontario nel C.R.E.M. – Corpo Reale Equipaggi Marittimi – come allievo pa-lombaro, sottoscrivendo la ferma di anni 5 (cinque) e frequentò lo specifico corso negli anni1932/1933.

In qualità di Palombaro è stato imbarcato su:• Nave Magnaghi – 1933, 1934, durante le campagne idrografiche nell’Egeo e nel Mar Rosso;• Incrociatore Fiume – 1934, 1936;• 1° Gruppo Sommergibili, La Spezia – 1937, 1939;• 1^ Flottiglia MAS (poi X^ MAS) – 1939, 1941

Missioni compiute contro basi navali nemiche:• 1° tentativo di forzamento della base di Gibilterra - settembre 1940;• 2° tentativo di forzamento della base di Gibilterra - ottobre 1940;• 3° tentativo di forzamento della base di Gibilterra Alessandria - dicembre 1941

(in questa ultima missione di guerra era il 2° del T.V. Durand de La Penne, Capo Missione).

Prigioniero di guerra dei britannici – dal 20 dicembre 1941 al 9 settembre 1945.2 Promozioni per meriti di Guerra: da 2 Capo a Capo di 3^ Classe e poi a Capo di 2^ Classe.1951 – Promosso S. Ten. del CEMM - 1952 – Promosso Ten.del CEMM - 1959 – Promosso Capita-no del CEMM - 1959 – Collocato nella Riserva 1993 – Collocato in congedo assoluto con il gra-do di Capitano di Corvetta e nel 1995 – Promosso Capitano di Fregata a Titolo Onorifico.

Decorazioni al Valor Militare – 3 agosto 1944 – Medaglia d’Oro (la più importante).Decorazione al Valor Civile – Genova, anno 1950 – Medaglia di bronzo (disinnesco di una caricaesplosiva dalla carena di un mercantile da 8.000 t. di stazza).

Autunno 1941.Prima

di un’esercitazionea Bocca di Serchio

con un Siluroa lenta corsa.

Il mezzo è pilotatodal capitano

di corvettaErnesto Notari

(a destra)e dal Sottocapo

palombaroArio Lazzari

(Fototeca U.S.)

9Marinai d’Italia Gennaio/Febbraio 2016

precipitato in mare abbattuto dall’Avia-zione britannica. I quattro non familiariz-zarono affatto ed anzi ignorarono il nuo-vo venuto pur dandogli di tanto in tantoqualche sbirciata con fare sospettomentre il trenino arrancava lungo l’inter-minabile percorso.Alla stazione d’arrivo i Tedeschi furonofatti scendere per primi. Appena fuori delpiccolo scalo ferroviario Bianchi li videsalire su una camionetta che si allontanòa discreta andatura lungo una stradasterrata, sollevando una nube di polvere.Poco dopo toccò al nostro eroe scenderea terra. Il soldato di scorta lo accompa-gnò vicino ad un muricciolo in attesa delritorno dell’automezzo.Mentre il tempo lentamente scorreva imorsi della fame toglievano al Bianchiperfino il respiro. Durante l’attesa, eglinotò un aranceto dove i frutti in abbondan-za nascondevano quasi tutte le foglie. Alcu-ni ragazzi arabi stavano giocando nei pa-raggi; incuriositi, si avvicinarono. A cennipiù che a parole, il Bianchi indicò loro quel-la grazia d’Iddio e fece loro capire di an-darne a raccoglierne una piccola quantità.

I ragazzi non se lo fecero ripetere due vol-te e, di corsa, raggiunsero l’aranceto tor-nando poco dopo con un discreto quanti-tativo di arance che il Bianchi afferrò rapi-do, tant’era la fame. In brevissimo tempoalmeno cinque di quei succosi frutti finiro-no nel suo stomaco vuoto. Per ringraziarequei generosi ragazzi, Il Bianchi mormoròloro: “Che Allah vi benedica”.La lunga attesa sotto il sole cocente giun-se finalmente al suo epilogo: l’automezzosbucò dalla nube di polvere, invertì il sen-so di marcia e si arrestò. Il Bianchi venne

fatto salire seguito dal suo angelo custo-de, a bordo, oltre il suo accompagnatore,l’autista ed un giovane Ufficiale. La camio-netta ripartì percorrendo la medesimastrada sterrata; dopo un buon tratto essasi trasformò in una pista e prese a salireper poi scollinare. Dalla sommità della pic-cola altura il Bianchi poté vedere l’immen-so attendamento dove avrebbe trascorsoparecchi mesi della sua lunga prigionia.Varcato il grande cancello che immettevanel campo, l’automezzo si arrestò davantiall’ingresso di una baracca: si trattava delmagazzino vestiario, dove gli vennero con-segnati un paio di pantaloni ed un giubbet-to color marrone sbiadito, un asciugama-no “sforacchiato”, un paio di scarpe usa-tissime, quattro capi di biancheria: gli in-dumenti dei P.O.W. – Prigionieri di Guerra.Fatto uscire dalla porta posteriore vennesospinto lungo uno stretto passaggio fian-cheggiato da fili spinati intrecciati, in fon-do al qual si apriva uno spiazzo su cui si af-facciavano una tettoia ed una baracca.Sospinta con cautela la porta d’ingressoentrò: qui l’inimmaginabile, piacevolissimasorpresa: nel vasto locale, distesi sulle

L’autorespiratore ad ossigenoad autonomia ridotta con mascheraed occhiali separati modello I.A.C.(una consociata della Pirelli) 49/bis(Fototeca U.S.)

A tavola con la Flottiglia MAS.L’atmosfera è molto rilassata

nella base di Foce del Serchio.Il primo a sinistra è il tenente medico

Giorgio Spaccarelli; il secondo Magello;a capotavola De la Penne;

di spalle Feltrinelli(Fototeca U.S.)

Operatori con il vestito Bellonie gli autorespiratori

(Fototeca U.S.)

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10 Marinai d’Italia Gennaio/Febbraio 2016

brandine allineate, quattro dei suoi compa-gni d’avventura: Marceglia, Martellotta,Schergat e Marino; mancava il Comandan-te della spedizione, il Tenente di VascelloDurand de la Penne, perché si ricompo-nesse l’intero sestetto di ardimentosi.L’esistenza trascorsa nelle comunità comenei collegi salda le amicizie ma il trascor-rere anni nelle Scuole Militari e nelle Ac-cademie è molto di più: qui ci si affratella.Il legame fra i giovani ed i meno giovaniche dividono studi, addestramenti ed altreesperienze; che osservano calendari gior-nalieri durissimi fonde gli spiriti e difficil-mente quel legame viene cancellato daltempo; anzi, ritrovarsi dopo venti, trent’an-ni, il lontano passato riemerge con prepo-tenza e rispolvera gli antichi entusiasmi:l’animo diviene preda d’intime, indefinibilisensazioni emotive.La vita in comune alla Foce del Serchio de-gli incursori, i durissimi addestramenti cuierano sottoposti per temprare il fisico e lamente alle estenuanti fatiche ed alle fortitensioni nervose che li avrebbero attesiquando chiamati all’azione contro il nemi-co, cementa gli uomini ancor più delleScuole e delle Accademie Militari.Ritrovare i vecchi compagni coi quali ave-va diviso le fatiche dei durissimi allena-menti, le inenarrabili trepidazioni primadella partenza per la gloriosa (e vittoriosa)missione il cui obiettivo era di andare acolpire il nemico nella sua tana; gli enormipericoli affrontati: fu per il Bianchi un tor-nare alla vita.Era stato il caso a favorire il ricongiungi-mento di quei prodi oppure costituiva unacalcolata decisione dei detentori per te-nerli più agevolmente sotto strettissimasorveglianza, trattandosi di elementi fuoridal comune? Fosse come fosse i cinqueerano nuovamente insieme, felicissimianche se limitati nei movimenti, ma nel-l’intimo velatamente rammaricati per lamancanza del loro Capo Missione delquale non avevano notizie. Appena entra-to il Bianchi si chiese: perché i quattroamici trascorrevano le ore stando sdraia-ti sulle brandine anziché muoversi, pas-seggiare all’aperto, essendo una giornatadi splendido sole? Alla domanda, “è pre-sto detto – rispose uno dei quattro – la fa-me nerissima che ci attanaglia, non ciconsente di sprecare energie”. Guardan-doli meglio il Bianchi notò sui loro volti isegni evidenti delle sofferenze patite; co-munque, su quei volti tirati, le labbrasmunte, brillava uno sguardo luminoso,

penetrante, che faceva intendere che lo-ro mantenevano lo spirito intatto, determi-nato; così come in ogni momento dei tem-pi migliori e, soprattutto, durante l’epicaimpresa. La meravigliosa Scuola dove gliassaltatori subacquei avevano imparatoad affrontare i pericoli, a reggere alle fati-che sovrumane, a vincere le umane debo-lezze di fronte all’incerto, a non battere ci-glio quando è in gioco la vita, si stava rive-lando una inimitabile quanto preziosascuola di vita. Gli allievi vi accedevano perlibera scelta, con immenso entusiasmo edecisa predisposizione, ferrea volontà divincere ogni residuo dubbio fino al termi-ne del durissimo tirocinio dal quale usci-vano essere dalla tempra d’acciaio.I nostri eroi si erano lasciati all’interno delbacino del porto, in un punto non lontanodagli ancoraggi dei grossi bersagli da col-pire a morte, e da quel momento non sierano più visti né avevano avuto notiziel’uno dell’altro sino a quando, catturati dalnemico, furono nuovamente insieme finoalla fine dell’anno; poi il sestetto vennescomposto.

Ritrovarsi fu come rinascere.Adesso ciascuno voleva sapere dell’altro,e così fu un lungo narrare le periglioseesperienze vissute. La narrazione che ap-parve subito più interessante venne dalleparole di Marceglia il quale, assieme alsuo secondo Schergat, era riuscito a rag-giungere la riva, a salire su un treno e adarrivare a Rosetta, una cittadina sulle rivedel Nilo, ad una cinquantina di Km. a le-vante di Alessandria dove, purtroppo, ter-minò la loro avventura di uccelli di bosco.Da quel triste momento, interrogatori anon finire, minacce, fame da vendere, se-gregazioni ed infine l’arrivo a Latrun. Lasorte, di sovente, a ciascuno di noi serbaeventi imprevedibili, raramente piacevoli,molto spesso agli antipodi dei desideri, delmodo di organizzarci, dei disegni futuri.I nostri, uomini addestrati all’azione, in-capparono in un futuro che li volle inattiviper lunghissimi anni, costretti a spartire lequotidiane miserie materiali e morali, enon raramente ad eccedere in futilità. Es-sere un nulla per il prigioniero era quantogli offrivano i detentori ogni giorno, ogniora, ogni minuto; poi il vuoto mentale, lasveglia, l’interminabile conta, il vitto scar-sissimo e di pessima qualità; le umiliazioni,i soprusi, le durissime sanzioni disciplinariquasi sempre pretestuose, le malattie nonraramente letali per mancanza di cureadeguate, il grosso problema di come tra-scorrere il tempo; la conta serale anch’es-sa snervante, le perquisizioni improvvise,le proditorie uccisioni (sempre impunite)da parte dei sorveglianti di guardia, ma an-che all’interno del campo, da parte di unpicchetto armato al comando di un Ufficia-le subalterno agli ordini di un Alto Ufficiale(di cui diremo nel proseguo del presentelavoro).Nelle sue “Pagine di Diario” il Bianchi qua-si ignora quelle dure e raccapricciantirealtà ma sovente le lascia intuire.Perché?Si domanderà chi ne è a conoscenza.È bene sapere che il Bianchi non è stato so-lo un campione fra i Combattenti; chi l’hafrequentato sa che egli era un uomo di po-che parole, schivo, osservava il riserbo reli-giosamente; quando parlava non spendevaparole più del dovuto: indice questo di unasicurezza eccezionale e di una onestà mo-rale a prova di bomba. Nella scuola degli Ar-diti Incursori s’insegnava anche la mode-stia, l’ignoranza del fatuo protagonismo, ilcomportamento dignitoso; tutti elementiche contraddistinguono gli ardimentosi.

Alessandria, notte sul 23 giugno 1941.Un’incursione aerea tedesca sul porto.

Sono visibili la portaerei Formidable e lanave da battaglia Warspite, entrambe inriparazione.Tra il 22 giugno 1940 e il 6settembre 1941 Alessandria fu bombar-data 40 volte (32 a opera della Regia Ae-ronautica e 8 da parte della Luftwaffe),sempre con danni minori alle navi e alleinstallazioni data la modestissima preci-sione. Anhe le 63 mine posate da aerei te-deschi tra il 1° maggio e il 31 luglio 1941non ottennero risultati, mentre una delle4 motobombe FFF italiane sganciate nelcorso di un’isolata incursione notturna,disposta con poca convinzione dalloStato Maggiore dell’Aeronautica italianail 14 luglio 1941, affondò una bettolina. Laforza da battaglia della MediterraneanFleet, pertanto, non poteva essere neutra-lizzata mediante gli aerei.

Foto pubblicata per gentileconcessione di Mister Gordon Steeleda Sydney, Australia

Testimonianze

11Marinai d’Italia Gennaio/Febbraio 2016

Ai cinque eroi, distesi sulle brandine, atta-nagliati dalla fame, sembrava che il temposi fosse fermato. D’un tratto udirono sfer-ragliare alla porta, poi ecco entrare unSottufficiale ed un soldato. Senza aprirbocca fecero segno ai nostri di seguirli daparte di due di loro.Bianchi e Marino si alzarono prontamentedalla brandina e si misero a disposizionedei detentori. Poco dopo rientrarono nellabaracca con due scatoloni contenentidue pani di farina bianca, lenticchie dis-seccate (in Palestina e nei campi che sor-gevano lungo il canale di Suez, le lentic-chie erano il piatto del giorno), riso, olio,

un po’ di sale: tutto rigorosamente pesato;lasciamo all’eventuale lettore immaginarele difficoltà incontrate per rendere com-mestibili quegli alimenti (eccetto il paneovviamente).I nostri non si persero d’animo. Messo atacere lo stomaco con la spettanza di pa-ne, si dedicarono alla successiva bisogna.La baracca era dotata di una stufa a petro-lio ma non ne voleva sapere di accender-si. Marceglia, ingegnere navale, si assun-se l’onere di smontarla, pulire accurata-mente i pezzi e di rimontarla con l’aiuto diSchergat. Adesso che era in funzione, achi l’incarico di cucinare?

Su suggerimento di Marino, Bianchi vennenominato “cuoco ufficiale del gruppo”.Perché tanta attenzione ad un dettaglio,seppur non semplice in quel particolarefrangente, mentre la totalità dei nostri sol-dati prigionieri in mano alleata, durantel’interminabile prigionia, fu costretta a su-perare ben altre difficoltà?La risposta appare scontata, soltanto unodi loro doveva assumere l’incarico salvol’aiuto dei compagni; ma nessuno avevafatto servizio in cucina ed a conoscenzadei suoi segreti. Scorrendo la voluminosaMemorialistica dei Reduci appare eviden-te l’indifferenza verso di essi dimostratacostantemente dai Comandi che li aveva-no in custodia; anche in questo caso l’o-diosa regola non veniva smentita; infatti,quella grazia d’Iddio era stato loro servitain natura pur conoscendo le difficoltà cheessi avrebbero incontrato a cucinarla.Per i Comandanti dei campi e del persona-le dipendente, la persona che s’individua-va dietro la figura del prigioniero di guerra,era solo un campione senza valore; per idetentori del Campo n° 321 di Latrun, queiMarinai eccezionali, rappresentavano deinumeri e nulla più.I nostri eroi, affratellati dal periodo di pre-parazione ai fulgidi eventi, nel Campo n°321 vivevano il battesimo di un’altra nuova,interminabile esperienza, di sicuro menogratificante ma altrettanto certamente nonmeno impegnativa, che loro avrebbero ar-chiviato un lontano giorno con la massimaindifferenza al pari delle strabilianti impre-se compiute grazie al loro non comunetemperamento.Sul finire della mattinata successiva eccoun’altra graditissima sorpresa: il loro Capomissione, Tenente di Vascello Durand dela Penne, venne condotto nella baracca;così l’intero gruppo che aveva messo in gi-nocchio la Mediterranean Fleet, era torna-to al completo.Nelle sue pagine il Bianchi non nascondela gioia reciproca provata da tutto il se-stetto; e qui ferma la penna, nulla dice in-somma di cosa accadde sulla Valiant dalmomento della cattura allo scoppio dellapotente carica fissata alle alette delloscafo della corazzata britannica; secon-do le nostre aspettative, almeno un ac-cenno non guastava perché, se è veroche l’accaduto è stato reso noto da alcu-ni storici e dalla stampa di allora, rispol-verato da uno dei protagonisti calzava al-la perfezione.

nnn

Q ueen Elizabeth. 1 gennaio 1942.Cerimonia a bordo della nave

ammiraglia inglesedella Mediterranean Fleet a beneficiodella stampa neutrale.La linea di galleggiamento,particolarmente bassa,tradì il tentativo di nasconderequanto era accaduto.Notare sulla destra l’ammiraglioAndrew Browne Cunningham,grande marinaio, avversario lealee ottimo propagandista di se stessoprima, durante e dopo la guerra(Storia Militare)

I l ritaglio di giornale che le allego (Times di Londra pubblicatonel mese di settembre) mi è pervenuto proprio per i rapporti

che nonostante lo status di ex incursore della Marinaora pensionato, continuo a mantenere con colleghi professionisti.è stridente la differenza di valutazione da parte della“grande stampa” italiana e del giornale londinese, soprattuttotenendo conto che quanto l’evento storicamente evocaappartiene ben più ai nostri rari motivi di orgoglio nazionalepiuttosto che a convenienze britanniche.Pasquino Bruno Bini socio di ANMI e ANAIM