Nero su bianco

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La prossima conquista per il 2015 sarà il sito unico di scorie nucleari a Rotondella vero?

Non ci sarà nessun sito unico di scorie nucleari . Essere inseriti in una lista non significa che utiliz-zeranno necessariamente ‘quel posto’ e la Regione non darà nessuna autorizzazione in tal senso.

Presidente ma lei ha fatto la somma dei Kmq occupati dai titoli minerari vigenti e di quel-li che le nuove istanze di ricerca SOLO IN TERRAFERMA occuperebbero sul suolo lucano? Mi dica quale è il totale dei Kmq così calcolati? Lo dica a me e a tutti i lucani, anche perchè la superficie della Basilicata è di 9992 Kmq (fonte UNIMG), dunque l’uso del suolo a scopo estrazione di petrolio quanti Kmq occuperebbe?

Il territorio regionale interessato dalla ricerche è pari a poco più del 20%: vale a dire 2000 chilo-metri quadrati su 10.000, e ancora più nello specifico, complessivamente la superficie occupata, fisicamente dai pozzi, equivale ad un chilometro quadrato. Ad oggi, presso gli uffici regionali del dipartimento ambiente, per quanto riguarda i permessi di ricerca vi sono: 18 domande presenta-te, di queste, 11 sono state bocciate e 7 sono in valutazione.

Vorrei sapere se la carta carburante serve ancora oppure si può cestinare? Avevo letto su un quotidiano che per fine anno 2014 ci sarebbe stato una ricarica per le estrazioni degli anni passati, è stato solo un annuncio o abbiamo ancora speranze?

A gennaio è stata attribuita ai patentati l’annualità 2011, le prime carte sono già state ricaricate. Ad agosto di quest’anno si riceverà l’annualità 2012, e a fine dicembre l’annualità 2013. La ge-stione di oltre 370 mila posizioni ha fatto venir meno le iniziali previsioni fatte dal Ministero dello Sviluppo Economico e dalle Poste, generando alcune settimane di ritardo. Finalmente però la situazione si è sbloccata. Per quanto riguarda l’annualità 2014 ricordo che la carta carburante è diventata Social Card cioè un bonus spendibile, non solo per il carburante, ma in tutti gli esercizi commerciali fino a importi di 450 euro per le fasce più deboli. La nuova Social Card verrà asse-gnata, inoltre, a nucleo familiare e non più ai soli patentati.

Presidente, io ho una sola, semplice perché le altre regioni hanno impugnato il decreto e la regione Basilicata no? vorrei un solo elemento, anche solo un semplice motivo e mi acquie-terò la coscienza?

Le altre regioni non hanno ottenuto ciò che è stato concesso a noi. Ricordiamo dove eravamo undici mesi fa, all’atto dell’insediamento della Giunta - Pittella: la carta carburanti era sotto “at-tacco” delle altre regioni, in particolare Veneto e Liguria (che hanno sottratto alla Basilicata non meno di 35 milioni di euro per gli anni 2009-2012) e socialmente iniqua, perché assegnava lo stesso beneficio a ricchi e poveri. E rischiavamo di perdere per “perenzione” i fondi 2011 e 2012 per oltre 140 milioni di euro e non poter utilizzare i fondi derivanti dalle royalties al di fuori del patto di stabilità. Oggi con Il Decreto Sblocca Italia: il Veneto e la Liguria non potranno più attingere al fondo fi-nanziato con le royalties della Basilicata. Abbiamo evitato di perdere i fondi 2011 e 2012, introdu-cendo il principio del reddito personale. Per cui i meno abbienti (quelli che dichiarano un reddito sino a 28 mila euro) otterranno un bonus doppio (cioè 350 euro) rispetto a chi può contare su un reddito medio: da 28 a 75 mila euro (vale a dire 170 euro). I “ricchi” invece porteranno a casa solo 30 euro. La carta carburanti diventa “card sociale”, il che significa che le famiglie a rischio povertà assoluta e/o relativa potranno ottenere un bonus spendibile presso tutti gli esercizi com-merciali.Inoltre, prima le royalties erano bloccate dal patto di stabilità, oggi con Il Decreto Sblocca Italia

le royalties sono fuori dal patto di stabilità, ottenuta per il 2014 una deroga di 50 milioni di euro. Con l’impegno a prevedere nella legge di stabilità del 2015 e degli anni successivi un importo compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica, mentre le royalties derivanti dagli incrementi di produzione rispetto all’anno 2013 saranno automaticamente escluse dal patto, senza bisogno di specifiche norme.Per quanto riguarda l’articolo 16 dell’ex DL. Liberalizzazioni, viene sancito che la quota delle mag-giori entrate (IRES) da destinare a progetti di sviluppo è determinata nella misura del 30% per dieci anni, recuperando interamente le future produzioni di Eni e Total già autorizzate dagli accor-di del 1998 e del 2006. Vale a dire 24 mila barili Eni e i 50 mila Total. Nei prossimi 10 anni con il 30% di IRES sono stati individuati quattro assi di sviluppo: Prevenzio-ne e tutela dell’ambiente e del territorio; Incremento accessibilità regionale; Creazione di nuova e qualificata occupazione; Cluster nazionale ed internazionale dell’energia. Dunque, assicuro che nessuna delle altre Ragioni (guarda caso di colore diverso dal Governo) che ha deciso di impu-gnare l’art 38 ha ottenuto quanto abbiamo ottenuto noi, questo anche grazie al riconoscimento del grande contributo di risorse che la nostra Regione ha concesso negli anni al Paese intero.In ogni caso il ricorso alla Corte Costituzionale lo si fa (accollandosi i relativi oneri economici) se vi sono gli elementi giuridici per farlo. In una parola se, alla luce della legislazione vigente, viene meno il principio di “leale collaborazione” tra Stato e Regioni. Cosa che, oggettivamente, noi avevamo ravvisato nella iniziale stesura del comma 1 bis dell’articolo 38, che è un po’ l’architrave dell’intera norma, perché esso stabilisce che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo del gas naturale, pur rivestendo carattere di inte-resse strategico e come tali di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili, sono comunque legate alla preventiva predisposizione del piano delle aree.Grazie alle modifiche apportate con la Legge di Stabilità, questo piano dovrà essere predisposto su scala nazionale d’intesa con la Conferenza Unificata, nella quale siedono i rappresentanti di Regioni, Province e Comuni. Per cui la Basilicata si presenterà al tavolo con i duemila chilometri quadrati già coinvolti dalla concessione Val D’Agri e dalla concessione Gorgolione. E quindiCon una linea politica tendente a riconfermare (senza andare oltre) tanto gli accordi del 1998 con Eni quanto quelli del 2006 con Total. E prima che ai lucani possano essere richiesti ulteriori sacri-fici, sarà logico attendersi che anche altri territori facciano altrettanto. Come è facile immaginare, quindi, la predisposizione del piano nazionale delle aree in cui effettuare ricerche ed estrazioni petrolifere richiederà tempi non proprio brevi. E nel frattempo i titoli abilitativi saranno rilasciati sulla base delle norme vigenti.VOGLIO SOTTOLINEARE ANCORA UNA VOLTA CHE QUANDO SI PARLA DI DUEMILA CHI-LOMETRI QUADRATI INTERESSATI DA RICERCHE PETROLIFERE NON DOBBIAMO IMMAGI-NARE VASTE AREE DEL NOSTRO TERRITORIO INUTILIZZATO PER ALTRI FINI PRODUTTIVI. CIASCUN POZZO DI PETROLIO OCCUPA FISICAMENTE UN’AREA CHE OSCILLA TRA I 6MILA E I 10MILA METRI QUADRATI. CIOE’ AL MASSIMO UN ETTARO DI TERRENO. E PER METTE-RE INSIEME UN CHILOMETRO QUADRATO CI VOGLIONO CENTO ETTARI. RICORDO CHE IL TERRITORIO DELLA REGIONE BASILICATA E’ DI CIRCA 10 MILA CHILOMETRI QUADRATI. COME DIRE: LO 0,0001 PER CENTO DI TERRITORIO OCCUPATO DA POZZI, PER LO PIU’ PRA-TICAMENTE INVISIBILI DAL MOMENTO CHE LE COSIDDETTE TESTE DI POZZO RISULTANO INTERRATE RISPETTO AL PIANO CAMPAGNA. L’UNICA COSA CHE SI VEDE E’ UNA PIAZZO-LA DI CEMENTO ARMATO, COME QUELLE CHE SI REALIZZANO PER LE ORDINARIE AREE DI CANTIERE.

Totale pozzi operativi a dicembre 2014 ? Totale pozzi operativi a Dicembre 2015 ? bastano due numeretti, preside’.....il resto sono tutte chiacchiere.

Nessun nuovo pozzo in più, per nessuna compagnia, è stato concesso in questi anni, oltre quelli previsti dagli accordi del 1998 con Eni e del 2006 con Total. E né la Regione Basilicata ha inten-zione di concederne in futuro, ritenendo più che sufficienti quelli già previsti nelle aree “storiche” del petrolio della Val D’Agri e del Camastra Alto Sauro. Cerco di chiarire, nel modo più semplice possibile, a cosa ci impegnavano gli accordi precedenti, come è la situazione attuale di estrazio-ne, e cosa si è ottenuto con la nuova legge, in più, rispetto a quanto garantito da quegli stessi accordi. Ad oggi, in Basilicata, il Petrolio si estrae solo in Val D’Agri. A partire dal 2017 si estrarrà anche a Tempa Rossa. Vi è poi una terza concessione di “olio” che è di tipo residuale a Pisticci. In tutto il resto della Regione vi sono altre 7 concessioni operanti di coltivazione. Ma tutte riguardano solo ed esclusivamente la produzione di GAS.Dunque, l’estrazione di idrocarburi in Basilicata, intesa come estrazione di olio (petrolio) è circo-scritta essenzialmente nella concessione Val D’ Agri a titolarità Eni e marginalmente nella conces-sione Serra Pizzuta – Pisticci – con due pozzi sempre a titolarità Eni.Secondo gli accordi riferiti alla Val D’Agri, i pozzi previsti dal Protocollo di Intenti del 1998 erano 59. Nel 2005, per il miglioramento dei sistemi estrattivi e per ottimizzare la concessione, furono ridotti a 46. Vale a dire: 13 in meno. Dei 46 pozzi previsti, quelli realizzati dal 1998 ad oggi sono stati 40, ma quelli attualmente in produzione sono 27, peraltro sistemati in 13 piazzole.BEN TREDICI POZZI REALIZZATI, QUINDI, SONO AL MOMENTO INATTIVI.Per completare quanto previsto dal Protocollo del 1998, attualmente, restano da eseguire 6 pozzi di sviluppo da 3 postazioni (2 per ognuna). A questi si aggiungeranno due pozzi di ricerca: uno nel Comune di Marsiconuovo (Pergola 1 in corso di realizzazione) e uno previsto nel Comune di Montemurro non ancora ubicato.Riassumendo. Gli accordi del 1998 in Val D’Agri prevedevano 59 pozzi. Nei prossimi mesi po-tremmo avere (al massimo) 35 pozzi, localizzati in 16 postazioni, quindi, 24 POZZI IN MENO rispetto agli accordi precedenti. Per quanto riguarda Tempa Rossa, invece, i pozzi autorizzati sono 8 . Quelli al momento realizzati 6. Ne restano da autorizzare altri due. IN QUESTO CASO SECON-DO GLI ACCORDI DEL 2006.Il territorio regionale interessato dalla ricerche è pari a poco più del 20%: vale a dire 2000 chilo-metri quadrati su 10.000. Ad oggi, presso gli uffici regionali del dipartimento ambiente per quan-to riguarda i permessi di ricerca vi sono 18 domande presentate. Di queste, 11 sono state boccia-te e 7 sono in valutazione.

Caro presidente mi sa dire,dopo tutto quel ben di Dio che abbiamo nella nostra regione, paghiamo il carburante ad un prezzo molto più alto della regione Puglia?

La Regione non può imporre alle compagnie petrolifere, che operano in un libero mercato, i prezzi da tenere alle pompe. Bisognerebbe incentivare la concorrenza, attraverso, per esempio, la nascita di “pompe bianche”. Ma anche qui la Regione non può intervenire in modo diretto. Ci auguriamo che i privati si attivino, a partire dagli attuali gestori degli impianti che, alla scadenza degli accordi sottoscritti con le singole compagnie, potrebbero decidere di vendere carburanti senza “marchio”, in modo da offrire gli sconti che già si praticano in altre aree del nostro Paese.

Quanto ritiene importante il petrolio per la Basilicata?

Il petrolio è in questo momento essenziale per la nostra economia, contribuendo a tenere in pie-di, interi settori: Università, Ospedali e sostegno alla povertà. Più di 10.000 tra posti di lavoro e sussidi. E può essere una grande occasione di sviluppo, attraverso un uso accorto ed intelligente delle royalties per mettere in campo azioni in grado di proiettarci oltre l’orizzonte temporale del petrolio stesso, contando sull’energia pulita, sul turismo e sull’agricoltura, in un modello virtuoso, già sperimentato in altre zone del pianeta, di coabitazione tra industria, idrocarburi e sostenibili-tà. Rispetto, ma non condivido, chi dice un NO ASSOLUTO alle estrazioni, sono state fatte delle scelte e presi degli impegni, in passato, che bisogna rispettare, mia intenzione è stata quella di trarne il massimo vantaggio possibile. Il che in tempi difficili come quello che stanno attraversan-do il nostro Paese e l’Europa ti assicuro non è poco.

Considerato che la costituzione privilegia le decisioni dello stato centrale in materia di tutela ambientale,chiedo semplicemente : “CHE POTERE HA LA REGIONE PER POTER CONTRA-STARE EVENTUALI DECISIONI CONTRA?MI PIACEREBBE UNA RISPOSTA SEMPLICE ,CHIA-RA,ESSENZIALE ,DA MAESTRA ELEMENTARE,SENZA GIRI DI POLITICHESE..GRAZIE PRESI-DENTE PER LA SUA DISPONIBILITA’ ?

Una premessa d’obbligo, le Istituzioni dialogano e operano sulla base delle legge vigenti in materia di impatto ambientale. Per cui tanto a Roma quanto a Potenza non si potranno mai auto-rizzare pozzi in aree abitate o in aree verdi. Ricordo che in Basilicata vi sono due Parchi Nazionali e due Parchi Regionali più diverse aree protette. Il titolo concessorio unico sarà rilascia “previa intesa” con la Regione, sentito il Ministero dell’Ambiente, la cui “missione” non è certo quella di sfregiare il territorio. Ricordo poi che le concessioni saranno rilasciate solo in presenza del “piano nazionale delle aree”. Che, per dirla con linguaggio semplice, è una sorta di “piano regolatore” delle zone in cui è possibile effettuare estrazioni petrolifere. E per la Basilicata questo “piano re-golatore” non potrà andare oltre le aree “storiche” della Val D’Agri e del Camastra Alto Sauro, in cui il petrolio già si estrae in forza degli accordi del 1998 e del 2006.

A me pare di aver capito che il Ministero dell’ambiente predisporrà un Piano delle aree di trivellazione che verrà adottato intesa con la conferenza unificata delle regioni e che in man-canza di un accordo, la stessa conferenza sarà chiamata entro 150 giorni a trovare un accor-do, nel caso contrario sarà il governo entro 30 a trovare una mediazione?

In caso di mancato raggiungimento dell’intesa per la predisposizione del piano delle aree, la Legge di Stabilità che ha modificato l’articolo 38 dello Sblocca Italia richiama le modalità previ-ste dall’articolo 1, comma8 bis della legge 23 agosto 2004 n. 2396. Questa altro non è che una norma anti inerzia, chiamata a regolare i rapporti tra le Istituzioni. Nel senso che essa non con-sente ad una Ente di trincerarsi nel “silenzio” o nell’abulia più completa. Impone di sedersi ad un tavolo di trattativa. E al tavolo, la trattativa tra Istituzioni la si fa con le carte alle mano, sulla scorta di quanto previsto in materia di tutela ambientale e di salute pubblica, secondo le norme e le leggi vigenti, non i “diktat” o i bracci di ferro tra Stato e Regione. Questo significa che quando la Regione è in grado di dire un “no” motivato, ogni atto amministrativo del Governo potrà sempre essere impugnato nelle sedi competenti.

Una domanda a risposta immediata: e’ iniziata o no l’indagine epidemiologica? Se si ,è possi-bile leggere l’atto deliberativo e documentazione... convenzioni etc.?

È in fase di lavorazione. Appena pronti, tutti gli atti saranno pubblicati e resi disponibili.

Non mi sembra economicamente strategico pretendere il 10% dalle multinazionali visto che in norvegia per estrarre devono pagare l’80% e vige il principio chi inquina paga.

Diciamo meglio: in Norvegia le royalties sono state abolite per le attività estrattive iniziate dopo il 1986 e per i campi di gas dal 1992. Sono state eliminate le royalties dal sistema di fiscalità complessiva sia per favorire e attrarre nuovi investimenti, sia per agevolare un maggiore introito derivante dall’aumento della base imponibile sui cui vengono calcolate le imposte del reddito di impresa. In sostituzione delle royalties vi è un prelievo sugli utili pari al 78%. Tale valore è così ripartito: 28% è rappresentato dalla tassazione generale sui profitti netti; il 50% è imputato alla tassazione specifica sugli utili netti prevista per gli operatori delle attività estrattive.Sono anche previste agevolazioni fiscali grazie all’aumento consentito dei costi di investimento sostenuti nella fase di sviluppo del campo per un valore massimo del 30% su 4 anni che consente la riduzione della base imponibile per la tassazione specifica.In Italia, oltre royalties del 10% (imposte da una legge dello Stato, non della Regione) il prelievo fiscale totale sulle attività di estrazione e produzione è tra i più elevati in Europa. Infatti, oltre alle royalties, le compagnie sono tenute a pagare le tasse sui redditi delle Società, vale a dire l’Ires con aliquota al 27,5%, a cui si aggiungono l’imposta regionale sulle attività produttive Irap con una media del 3,9% e l’addizionale Ires pari al 10,5. Totale quasi 42% di tasse, a cui vanno ag-giunti i canoni di circa 3,5 euro per chilometro quadrato per i permessi di prospezione; 16 euro al chilometro quadrato per i permessi di ricerca e di circa 70 euro per km quadrato per le concessio-ni di coltivazioni.Dal momento che, come si è visto, in Italia le vere royalties le incassa lo Stato sotto forma di tasse, la Regione Basilicata con lo Sblocca Italia ha riportato una vittoria storica, ottenendo dal Governo una quota consistente di quelle tasse. E cioè il 30 per cento di Ires sulle produzioni in-crementali rispetto a quelle del 2013. Cioè superiori agli 82 mila barili giorno.

Ritiene di avere la situazione sotto controllo quando ogni giorno escono dal COVA di Viggia-no circa 60 autobotti piene di acque di processo, senza che ne venga verificato il contenuto con prelievi a campione e senza che sia stata resa nota la destinazione, il tipo di trattamento ed il ciclo del rifiuto concentrato risultante ? Questo perchè l’ARPAB dice che non può effet-tuare tali controlli perchè la Autorizzazione Integrata Ambientale sottoscritta dalla Regione Basilicata non lo permette.

Le prescrizioni incluse nell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla Regione Basilicata (DGR 627/2011), nonché la normativa di settore (D.Lgs. 152/2006 s.m.i.), impongono per tutti i rifiuti, inclusa l’acqua di processo, un rigoroso sistema di tracciabilità che consente, per ogni carico, di registrare quantitativo e tipologia di rifiuto ed i dati di tutti i Soggetti coinvolti nella filiera ovvero Produttore, Trasportatore e Smaltitore del rifiuto. Eni, in ottemperanza alle suddette disposizioni, garantisce la tracciabilità attraverso sistemi informatici (ECOS – applicativo adottato in tutti i siti eni in Italia) e cartacei (registri di carico e scarico e formulari). Tutti i Soggetti coinvolti nella filiera di gestione e smaltimento dei rifiuti devono essere regolarmente iscritti agli Albi Na-zionali di Settore in linea con la Normativa vigente. Le acque caricate sulle autobotti sono sistematicamente sottoposte ad un monitoraggio analitico con frequenza mensile nel serbatoio di stoccaggio delle stesse, a monte delle pensiline di carico,

come prescritto dall’ autorizzazione ambientale vigente.Vengono, inoltre, effettuati monitoraggi dell’acqua, con frequenza annuale (o ogni qualvolta su-bentrano modifiche di processo), anche a valle dalle pensiline di carico per una caratterizzazione chimico fisica della stessa finalizzata ad una sua corretta classificazione (come previsto dalla nor-mativa di settore e dal sistema di gestione integrato HSE di eni).

È a conoscenza che presso il COVA di Viggiano due gruppi turbogas da 3,7 Mw funzionano a ciclo continuo 24 ore su 24 emettendo pericolose microparticelle ( le famose PM 10 di cui tanto si parla nelle metropoli super inquinate ) dannosissime per i polmoni di chi li respira?

Ai COVA sono installati 3 turbogeneratori che garantiscono la produzione di energia elettrica. Sulla base di quanto previsto dalla normativa di riferimento, si può affermare che è ampiamente rispettato il valore limite di emissione per le polveri, essendo i Turbogeneratori alimentati a gas, combustibile che non genera particolato. Inoltre, il gas di alimentazione dei turbogeneratori proviene principalmente dal COVA. Prima del suo utilizzo, subisce un processo fisico di separazione di condense liquide all’interno dei separa-tori presenti nelle linee di trattamento.

È a conoscenza che i due turbogas producono inquinamento termico del microclima e spreco energetico dovuto all’emissione di circa 14 Mwh di energia termica nell’ambiente ? Lo sa che questo calore potrebbe essere utilizzato per teleriscaldare Viggiano e Grumento ?

I fumi caldi di scarico dei gruppi di turbogas installati al COVA producono energia termica che viene di fatto già impiegata all’interno del processo produttivo dello stabilimento: in particolare, vengono usati in caldaie a recupero per la produzione di vapore impiegato all’interno del pro-cesso. Ne risulta una massimizzazione dello sfruttamento dell’entalpia dei fumi, combinando la produzione di energia meccanica (solitamente trasformata in energia elettrica) a quella termica (regime di cogenerazione).Alla luce di quanto esposto, tenuto conto che i fumi in uscita dalla camera di combustione delle turbine a gas vengono convogliati attraverso un condotto fumi nella associata caldaia a recupero, permettendo di produrre vapore, con il suddetto ciclo cogenerativo si ottiene già un effetto di recupero energetico attraverso la sottrazione di energia termica dai fumi stessi a monte del loro rilascio in atmosfera

Ritiene che l’emissione di incombusti che regolarmente seguono le sfiammate della torcia del COVA, le cosiddette anomalie ( io li chiamo incidenti per sovraccarico) del COVA, siano aria salutare da respirare a pieni polmoni ?

Al sistema di fiaccole, che rappresenta un basilare dispositivo di sicurezza intrinseco al normale processo produttivo di un impianto di trattamento degli idrocarburi quale il COVA, confluiscono unicamente gli scarichi di emergenza provenienti dalle valvole di sicurezza e dalla depressurizza-zione di emergenza delle apparecchiature di processo.L’attivazione delle fiaccole non costituisce un evento incidentale, essendo gestita da logiche di sicurezza del sistema di controllo automatico del processo. Al contrario, essa abbatte potenziali situazioni di rischio che potrebbero generare effetti rilevanti sia sulla popolazione che sull’am-biente.La qualità dell’aria intorno al COVA è sottoposta a costante monitoraggio, la cui rete è configura-ta come segue:Centralina Guardemauro nei pressi del COVA (proprietà A.R.P.A.B.);Centralina Masseria Puzzolente nei pressi del COVA (proprietà eni);

Centraline Viggiano 1, Grumento 3, Masseria de Blasiis e Costa Molina Sud 1 (installate da eni e cedute ad A.R.P.A.B. nel 2012).Le centraline hanno la funzione di misurare la concentrazione di numerosi analiti tra cui biossido di zolfo, idrogeno solforato, ozono, monossido di carbonio, ossidi di azoto, particolato atmosferi-co, benzene, idrocarburi non metanici e metano.Il quadro normativo nazionale della qualità dell’aria di riferimento è il D.Lgs. 155/10. Tuttavia, da Agosto 2013, la Regione Basilicata ha deliberato l’adozione delle “Norme tecniche e azioni per la tutela della qualità dell’aria nei comuni di Viggiano e Grumento Nova” che, in deroga alla sopra citata normativa nazionale di settore prevedono misure ancora più restrittive quali, ad esempio:la riduzione del 20 % del valore limite del parametro SO2 stabilito dalla normativa nazionale;l’inserimento di un limite normativo sull’H2S, ad oggi non normato in ambito nazionale. I dati acquisiti negli ultimi anni, consultabili sul sito web dell’Osservatorio Ambientale (www.os-servatoriovaldagri.it), confermano valori di concentrazione per i diversi parametri di vari ordini di grandezza inferiori ai limiti previsti dalla legge e, quindi, un buono stato della qualità dell’aria.

È a conoscenza di cosa l’ENI brucia nel proprio inceneritore, presso il COVA di Viggiano, e se vi sia emissione di diossina nei fumi di combustione?

Le Diossine nei fumi dei termodistruttori possono generarsi esclusivamente in presenza di com-posti clorurati, totalmente assenti nel processo produttivo del COVA. Attualmente il COVA è dotato dei seguenti termodistruttori: V230-FJ-001 (camino E04 bis): tratta tutte le correnti di impianto ad esclusione dei gas di coda dell’impianto recupero zolfo;V580-FJ-951 (camino E20): tratta i gas di coda dell’impianto recupero zolfo (CLAUS/SCOT) del Centro Olio Val d’Agri;585-FJ-01 (camino E04): attualmente è il termodistruttore di riserva al V230-FJ-001. La vigente Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla Regione Basilicata illustra i limiti di concentrazione degli inquinanti autorizzati al camino di tali termodistruttori, che risultano abbon-dantemente più conservativi (20%) rispetto a quelli previsti dalla normativa nazionale di settore (D.Lgs. 152/2006).

Non ritiene di aver svenduto la maggior ricchezza della Basilicata, L’ACQUA, quando nume-rosi studiosi segnalano l’inquinamento del Lago Pertusillo, l’inquinamento del bacino diga di Marsico Nuovo, l’inquinamento della falde acquifere ubicate a 100 metri di profondità?

Il Piano di Monitoraggio Ambientale, concordato tra eni e ARPAB, in ottemperanza a quanto previsto dalla prescrizione N° 2 dell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla Regione Basilicata (DGR 627/2011), comprende tra gli obiettivi lo status delle matrici ambientali, incluse le acque superficiali tra cui quelle del Lago del Pertusillo.

Le attività di monitoraggio effettuate tra luglio 2013 e luglio 2014 (a cadenza mensile) da Arpab, consistenti in determinazioni analitiche su campioni prelevati dal Lago, messe a confronto con i campionamenti delle acque del lago, svolti da eni nel settembre 2014 in 8 punti lungo l’asse centrale e in 11 punti prossimi alle sponde, finalizzati alla ricerca di idrocarburi e metalli pesanti, hanno prodotto risultati allineati e hanno mostrato un soddisfacente stato qualitativo delle acque.La sostanziale assenza di fenomeni di inquinamento delle acque ascrivibili alle attività petrolifere in Val d’Agri è confermata dal monitoraggio delle acque superficiali dei corpi idrici recapitanti nel Lago Pertusillo condotto mensilmente nell’ambito dello stesso Piano di Monitoraggio, in contrad-dittorio tra eni e ARPAB.

Numerose altre analisi condotte hanno confermato i dati citati. Tra queste, le indagini e gli studi ARPAB, (Ente deputato al controllo analitico delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile e alle attività di monitoraggio dei corpi idrici superficiali), e gli studi indipendenti svolti nell’ambito del progetto “Goletta dei Laghi” da Legambiente a luglio 2014, che classifica-no come “sufficiente” lo stato di qualità delle acque del Pertusillo (inferiore al livello di “buono” che l’Unione Europea pone come obiettivo per il 2015, ma che comunque esclude la presenza di fattori inquinanti). Inoltre, non è stata rilevata la presenza di idrocarburi nel lago (link).

La relazione descrittiva del progetto “Valutazione dello stato ecologico del lago del Pertusillo”, curato dall’ARPAB, mostra i risultati del periodo luglio 2011 – agosto 2012, pubblicati sul sito istituzionale. In tale ambito, sono stati prelevati campioni di acqua superficiale e sedimenti con frequenza pressoché mensile in sette stazioni, evidenziando nella quasi totalità dei casi concentra-zioni dei parametri investigati inferiori ai valori normativi di riferimento.

Non ritiene di aver raso al suolo la produzione di prodotti tipici come il Vino delle Vigne di Viggiano, i fagioli di Sarconi, il Canestrato di Moliterno e di rischiare di fare altrettanto nella zona di produzione dell’Aglianico del Vulture mettendo in ginocchio la microeconomia locale a seguito delle trivellazioni selvagge previste dall’art.38 ?

La realtà attuale ha subito un profondo mutamento rispetto agli ultimi decenni: secondo i dati dei censimenti effettuati in agricoltura, in breve tempo si è assistito ad un generale dimezzamento delle aziende agricole.

Recenti studi condotti da RIE – Ricerche Industriali ed Energetiche - sulla coesistenza tra Idrocar-buri e Territorio in Italia – Esperienze e Proposte di Integrazione tra Upstream Oil&Gas e Agricol-tura, Pesca e Turismo, hanno mostrato che l’agricoltura italiana sta attraversando una profonda riorganizzazione, la superficie utilizzata si è ridotta nell’ultimo decennio, con essa si è ridotto il numero di aziende, consolidando una dinamica in atto dai primi anni Ottanta.

L’analisi economica evidenzia che non esiste alcuna comprovata correlazione negativa tra dina-miche strutturali del comparto agricolo e presenza di attività estrattive: le regioni più interessate da quest’ultime presentano tendenze similari e in alcuni casi migliori rispetto ad altre che ne sono prive. Se si concentra l’attenzione sulle regioni che ospitano attività estrattive onshore – Piemon-te, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Basilicata, Sicilia – emerge uno scenario com-plessivamente positivo, con un calo del numero di aziende inferiore alla media nazionale.

Risultati interessanti sono emersi anche per la Val d’Agri. L’analisi dei fattori strutturali che caratte-rizzano il comparto agricolo di quest’area rivela che ad un’accentuata diminuzione delle aziende agricole nel decennio 2000-2010, superiore al dato medio nazionale ma inferiore a quella riscon-trabile in altre aree prive di attività onshore, si contrappone un aumento della superficie impiega-ta, in controtendenza con quanto accade a livello provinciale, regionale, nazionale. Scendendo ad un livello ancor più locale, il dato è anche più significativo: a Viggiano, fulcro dell’attività estratti-va, il numero di aziende è diminuito del 9% appena, una riduzione di gran lunga inferiore a quella che ha interessato la provincia di Potenza, la Basilicata, il Sud e l’Italia nel suo complesso. Questo dato relativamente positivo viene accompagnato da un significativo aumento della superficie agricola utilizzata: ne deriva una dimensione fisica media delle aziende di Viggiano doppia rispet-to al dato medio nazionale e oltre 3 volte il dato medio del Sud Italia. Paradossalmente, quattro delle sette regioni con presenza di attività estrattive onshore - Marche, Abruzzo, Basilicata, Sicilia - mostrano un’incidenza dei costi energetici per l’Agricoltura superiore alla media italiana, mentre le restanti sono in linea con il dato nazionale. Secondo questa ricerca interventi mirati al conte-nimento della fattura energetica possono fornire un contributo alla competitività delle aziende

agricole, tanto più auspicabile in una congiuntura economica come quella attuale e nell’ambito del processo di riorganizzazione che da tempo interessa il settore primario italiano

La vera sfida, anche per la Val d’Agri, è quella di individuare le strade che portano alla valorizza-zione delle produzioni di qualità, al fine di raggiungere le condizioni che consentano agli agri-coltori di poter continuare al meglio l’attività di gestione del territorio, in sintonia e sinergia con gli altri settori, anche con quello estrattivo-minerario, consentendo di sviluppare tutto un indotto correlato.

Occorre una doverosa rivisitazione di certi settori: ad es., il mercato delle produzioni tipiche è ancora fermo al livello regionale; l’aspetto qualitativo delle produzioni è spesso condizionato ne-gativamente da tecniche di esecuzione non sempre adeguate; mancanza di operatori economici in grado di “dialogare” contemporaneamente con la produzione, con la distribuzione;dimensione ridotta delle imprese legate al business dei “giacimenti gastronomici”; tendenza degli artigiani a essere product oriented, piuttosto che market oriented; incapacità degli operatori di prevedere il successo dei prodotti tipici.

Interessante l’intervento di Nicla Di Maria (Presidente consorzio fagioli di Sarconi) a difesa della qualità del prodotto pubblicato dalla stampa dopo la messa in rete del video sul corriere on line

Ritiene di avere la situazione sotto controllo quando i pozzi vengono ubicati in zone antro-pizzate e non esiste nemmeno uno straccio di Piano di Sicurezza per un possibile Blow-out, per gli abitanti circostanti alle installazioni dei pozzi ?

La perforazione di un pozzo è un’attività con rischi bassissimi e compatibili con la presenza di strutture e/o centri abitati nelle vicinanze, grazie alle tecnologie e alle misure di controllo adotta-te oggi da eni. Dati dimostrano che in Val d’Agri i rari esempi di pozzi perforati in aree limitrofe a centri abitati non hanno dato alcun problema. Per cogliere l’obiettivo minerario di un pozzo, talvolta è necessario, nonstante le più recenti e avanzate tecnologie di perforazione “orizzontale”, l’ubicazione di superficie non delocalizzata.

La perforazione del pozzo Alli 2, prossima al centro abitato di Villa d’Agri e Marsicovetere, che rappresenta il caso più recente, si è svolta secondo il programma presentato da eni alla comunità di Marsicovetere nel corso dell’incontro pubblico svoltosi prima dell’inizio dei lavori. Le operazio-ni di perforazione, durate 8 mesi, dopo un iter autorizzativo protrattosi per oltre 10 anni, si sono svolte senza infortuni e senza alcun impatto sull’ambiente circostante.

È a conoscenza che durante una riunione pubblica alla presenza di Prefettura, V.V.F.F. e Protezione Civile Regionale, l’ENI ha rifiutato la mia proposta di dotare tutti i responsabili della sicurezza nelle Aziende limitrofi al Centro Olio di detector tarato per presenza di H2S nell’ambiente, in modo da poter allontanare immediatamente i lavoratori dalla zona indu-striale in caso di fuoriuscita di H2S ; il rifiuto è stato determinato dal fatto che superando più volte nell’anno la soglia ammissibile, l’ENI avrebbe dovuto sopportare gli oneri di mancata produzione delle Aziende

È stato presentato da Eni il il Piano di Emergenza Interno del proprio stabilimento (PEI), su richie-sta dei VVF e della Prefettura, finalizzato ad evidenziare le differenze e i legami tra PEE e PEI e a mostrare il suono della sirena di allertamento esterno, in caso di incidente rilevante; sulla base di quanto illustrato nel Rapporto di Sicurezza e nel PEE approvato, nelle aree esterne al COVA detector non risultano essere necessarie le maschere per l’H2S, essendo le aree di danno essen-zialmente confinate al perimetro dell’impianto, dove chi vi lavora ne è sempre dotato.In caso di incidente rilevante, per i lavoratori dell’area industriale è previsto il ricovero al chiuso. La normativa vigente (D.Lgs. 81), in particolare, dispone che al RSPP di ciascuna Azienda è de-mandata la valutazione, sulla base ad un’analisi di rischio effettuata sui dati disponibili, dei DPI necessari dei propri lavoratori a tutela della loro salute e sicurezza. Dunque, su base oggettiva e normativa detector e maschere non risultano essere necessari. Infat-ti, la stessa eni, che ha uffici dislocati in locali in affitto limitrofi al COVA, presso l’area industriale, non ha dotato di tali dispositivi i dipendenti che vi lavorano.La qualità dell’aria delle aree attorno al COVA, come precedentemente affermato, è monitorata in continuo dalle centraline ARPAB e l’H2S è uno degli analiti rilevati. Nel corso del 2014 non si sono registrati valori al di sopra dei limiti di legge per quanto riguarda la presenza di H2S nella qualità dell’aria attorno al COVA. Bisogna distinguere la percezione odorigena, per la quale sta entrando in funzione una specifica rete di monitoraggio ormai ultimata, e la presenza di H2S, di cui si hanno dati oggettivi.

Ritiene che siano affidabili i pozzi di reiniezione dopo che l’unico pozzo di reiniezione esi-stente (Costa Molina) ha mostrato che sono possibili eventi sismici nelle zone con presenza di fratture e/o faglie in cui viene effettuata la reiniezione a pressione, ipotesi questa suffra-gata da numerosi studi internazionali?

La Val d’Agri è in una zona naturalmente sismica. L’attività estrattiva può assicurare un monito-raggio di quest’area in maniera puntuale e completa. La sismicità riferibile al Costa Molina 2 é di intensità molto bassa (al disotto della soglia di avvertibilitá umana) e, pertanto, non in grado di provocare danni a persone e cose. Inoltre, il fenomeno é attentamente monitorato con una rete microsismica di elevatissima sensibilità in grado di segnalare la più piccola anomalia e consentire così di mettere in atto tutte le azioni per la mitigazione dell’eventuale rischio. I dati sono accessi-bili in tempo reale presso gli uffici Arpab e all’INGV (istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) a Roma come enti terzi di vigilanza e controllo.

È a conoscenza LEI che l’incamiciatura di un pozzo di reiniezione si ferma a circa 400 metri di profondità e nel 67% dei casi non garantisce la tenuta dei liquidi iniettati , non solo , ma è a conoscenza di cosa contiene l’acqua di processo trasportata con le autobotti o reiniettata nel sottosuolo ad una pressione di centinaia di bar e che potrebbe infiltrarsi nelle falde e nei terreni superficiali ? A tal proposito Le allego in copia un Certificato di analisi di quell’acqua, commisionato da ENI e quindi documento originale ed ufficiale ; se ha delle minime cono-scenze di chimica si renderà conto di cosa stiamo parlando.

Le conoscenze geologiche e litostratigrafiche dell’area del pozzo di reiniezione, evidenziano una netta discontinuità tra il giacimento e le acque utilizzabili per l’attività umana: infatti, la profondi-tà di una falda acquifera destinata ad usi idropotabili si colloca tra i 500-1000 m, a fronte di una profondità di reiniezione di oltre 4100 m TVD (true vertical depth) dal piano campagna.La reiniezione in giacimento delle acque di strato, applicata da sempre nell’industria petrolifera internazionale, costituisce il metodo più sicuro e con minore impatto sull’ambiente per riposizio-nare le acque di strato, separate dagli idrocarburi, nelle stesse formazioni geologiche dalle quali provengono.La tecnica non crea problemi di inquinamento del sottosuolo, poiché le acque vengono reinietta-te nella roccia serbatoio di origine, da cui sono state estratte insieme agli idrocarburi.E’ solo nella formazione geologica d’origine, a kilometri di profondità, che queste acque tornano in contatto con l’ambiente: il pozzo di reiniezione, avendo la stessa architettura, costituisce un si-stema chiuso, che impedisce qualsiasi interazione tra l’interno del pozzo medesimo e le formazio-ni geologiche attraversate, senza consentire alcun contatto con le acque superficiali o sotterranee di falda.

Ha valutato Lei che le ulteriori trivellazioni che verrebbero autorizzate in Basilicata con lo SbloccaItalia (Sbloccatrivelle), con il meccanismo previsto al Comma 5 dell’art. 38, portereb-bero ulteriori Royalties alla Regione solo tra 12 ( dico DODICI) anni, essendo le estrazioni dei primi dodici anni considerate prove di produzione e quindi libere da accise e Royalties ; quindi dopo tutto lo scempio del territorio e l’alto rischio per la salute dei Lucani, non vi è nemmeno il tornaconto da Lei tanto decantato.

L’Art.38 comma 5. dellla L. 164/2014 prevede che le attivita’ di ricerca e coltivazione di idrocar-buri liquidi e gassosi, di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9, siano svolte a seguito del rilascio di un titolo concessorio unico, sulla base di un programma generale di lavori articolato in una prima fase di ricerca, per la durata di sei anni, prorogabile due volte per un periodo di tre anni nel caso sia necessario completare le opere di ricerca, a cui seguono, in caso di rinvenimento di un giaci-mento tecnicamente ed economicamente coltivabile, riconosciuto dal Ministero dello sviluppo economico, la fase di coltivazione della durata di trenta anni, prorogabile per una o piu’ volte per un periodo di dieci anni ove siano stati adempiuti gli obblighi derivanti dal decreto di concessio-ne e il giacimento risulti ancora coltivabile, e quella di ripristino finale.