Nel Segno Della Sibilla Tiburtina ...

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recensione al testo di Roberto Borgia

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  • l volume di Erminio Morenghi, Nel segno della Sibilla Tiburtina. Dagli incunaboli della Palatina alla Tempe-sta di Giorgione riletta in chiave asburgica1, offre una nuova interpretazione del famoso dipinto ad olio su tela La Tempesta, cm 82 x 73, di Giorgione (1477 circa-1510), ospitato nelle Gallerie dellAccademia a Vene-

    zia, capolavoro celeberrimo, databile al 1505-1508, oggetto di nume-rose ipotesi sul suo significato recondito, e che non hanno, e forse non avranno mai una risposta definitiva. Lautore, docente di tedesco, cultore della materia e gi professore a contratto presso lUniversit degli Studi di Parma, si occupa di letteratura austriaca e tedesca, in particolare del Pietismo, degli autori del Settecento (tra cui Jung-Stil-ling e Goethe), di Thomas Mann e di Thomas Bernhard. Ha tradot-to rari testi settecenteschi e vanta numerosi saggi e monografie. Tra le sue ricerche interdisciplinari riguardanti il rapporto tra letteratura e storia dellarte, sinserisce questo libro, che prende le mosse da un saggio pubblicato in Studia austriaca, VI (1998), pp. 217-260, dal titolo Referenti asburgici nella Tempesta di Giorgione?.

    Lautore parte dallipotesi interpretativa proposta dallo studioso di estetica e scrittore Leonardo Cozzoli dellUniversit di Bologna (La Sibilla Tiberina di Giorgione: ipotesi sulla Tempesta, Parma, 1993) incentrata sulla figura della Sibilla Tiburtina (notoriamente chiamata anche Albunea), additando come referente dellopera del Giorgione un quadro posteriore di Antoine Caron (1521-1599) La Sibylle de Tibur, conservato al Louvre, databile 1575-1580, in cui compaiono

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    1 Apostrofo editore, Cremona 2013.

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    tutti gli stessi elementi della Tempesta (ad eccezione del bosco), non per nascosti simbolicamente, ma in chiaro. Ed ecco allora lin-tuizione di leggere la Tempesta in chiave asburgica, inserendola nel contesto storico, culturale e ideologico in cui fu eseguita, duran-te le guerre della Lega di Cambrai, dominato dalla figura dellimpe-ratore Massimiliano I dAustria (1493-1519), che riusc a garantire alla Casa dAustria la fondamentale riunione sotto un unico scettro di tre differenti linee asburgiche.

    Nella Tempesta ci sarebbe allora il progetto secondo cui gli Asburgo potevano mirare ad assumere la guida dei destini dellinte-ra cristianit, aggiungendo Roma, per assommare su di s il potere imperiale e quello papale. La donna che allatta, la Sibilla Tiburtina, sarebbe il segno di un presagio, linfante potrebbe essere il futuro Carlo V. Ed infatti la Sibilla Tiburtina scompare dalle rappresenta-zioni dopo il Concilio di Trento, perch figura scomoda per la Chie-sa, proprio perch fautrice di un altro corso della storia, prevalen-temente imperiale. La prima descrizione di questo famoso dipinto dovuta a Marcantonio Michiel che lo ammira nel 1530 a Palazzo Ven-dramin: el paesetto in tela cum la tempesta, cum la cingana (cio la zingara) et soldato de man de Zorzi di Castelfranco (Giorgione nacque appunto a Castelfranco Veneto). Il dipinto, almeno fino al XVIII secolo, fa parte della collezione Vendramin, nel 1875 diven-ta propriet dei principi Giovannelli, che nel 1932 lo vendono allo Stato Italiano. Perci a partire dal XIX secolo, lopera stessa diviene oggetto dinnumerevoli tentativi dinterpretazione. Ma soffermiamoci sullipotesi interpretativa di Leonardo Cozzoli. La figura femminile, coperta da un lino bianco, la cingana (cio la zingara) sarebbe la Si-billa Tiburtina, quella che avrebbe predetto allimperatore Augusto la nascita di Ges Cristo, che veniva chiamata anche Cassandra, co-me la figlia di Priamo, e la casa dAustria si vantava di discendere dal valoroso eroe Ettore, anchegli figlio di Priamo, re che avrebbe compiuto un presunto viaggio, via terra, attraverso lAustria fino al fiume Reno. Perci il figlio o meglio, come in questo caso, il nipote di Massimiliano, sar come il Cesare, che, secondo le profezie della Sibilla, sarebbe venuto a lottare contro lAnticristo: lavvento di un pargolo di schiatta principesca, cui affidare il destino non solo della Domus Austriae, ma anche quello dellintera cristianit e della sto-ria universale. Ed allora chi meglio della Sibilla Tiburtina, denomi-nata pure Albunea e Cassandra, poteva pronunciare questa profezia ai suoi discendenti che la consideravano, secondo le teorie dinastiche asburgiche, come figura simbolo ed icona delle stesse origini della casa dAustria? Spetter infatti proprio a lei poich antenata signi-ficativa e mitica di farsi carico di annunciare lavvento di unaetas nova, quella degli Asburgo cristianissimi, in una sorta di maternit sacra e profana ad un tempo. Per la rappresentazione iconografica delle Sibille nellarte italiana ed europea tra Quattrocento e Cinque-cento fu decisiva la pubblicazione di due opere. La prima il testo delle Divinae Institutiones di Lattanzio, con la famosa citazione del brano di Varrone, con lelenco canonico delle Sibille, fondamentale

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    per tutte le ricerche e liconografia successive. Anzi le Divinae In-stitutiones furono il primo libro a caratteri mobili stampato in Ita-lia, il primo fuori la Germania, stampato nella vicina citt di Subia-co, da C. Sweynheym e A. Pannartz nel lontano anno 1465 ( data-to 29 ottobre). Proprio il libro di Lattanzio, che riconosceva alle ri-velazioni delle Sibille unautorit pari a quelle dei profeti biblici, a seguito della stampa a Subiaco ebbe un successo considerevole che gli valse sei riedizioni tra il 1465 e il 1478. (Ledizione sublacense del Lattanzio era stata di 275 esemplari, di essa si conoscono super-stiti circa quaranta copie, di cui diciassette in Italia).

    Proprio in questepoca (1482-83), sotto linfluenza del platoni-smo cristiano, il pavimento delle navate laterali della cattedrale di Siena fu decorato con le superbe tarsie, raffiguranti le dieci profe-tesse, con la presenza naturalmente della Tiburtina, accompagnate

    Fig. 1 - GIORGIONE, La tempesta, olio su tela, 1505-1508, Gallerie dellAcca-demia, Venezia.

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    da Ermete Trismegisto (1488). Ma gi due secoli prima nella fac-ciata del Duomo lo scultore Giovanni Pisano aveva anticipato que-sta tematica con le statue di Platone, Aristotele e di una Sibilla, che uscivano dagli schemi vetero testamentari della facciata stessa, men-tre una tarsia con lo stesso Aristotele era gi presente nel pavimento dal 1406, insieme ad Epitteto, Euripide e Seneca. Fondamentale fu anche la pubblicazione dellopera del domenicano Philippus de Bar-beris (Filippo Barberi o Barbieri), Discordantiae Sanctorum docto-rum Hieronymi et Augustini, et alia opuscola, edito a Roma il 1 di-cembre 1481, che conteneva anche Sibyllarum de Christo vaticinia: cum appropriatis singularum figuris. La sua descrizione delle Sibil-le che ci d Philippus Siculus (altro nome con cui conosciuto il domenicano, che nacque a Siracusa intorno al 1426) rimarr per i secoli successivi come quella canonica, ispirando anche il ciclo de-gli affreschi della Chiesa di S. Giovanni Evangelista a Tivoli, poste-riori al 1483, per la committenza della confraternita omonima, e di-spiace che lautore non abbia citato questo ciclo importantissimo di affreschi, proprio perch la loro iconografia deriva proprio dal volu-me di Filippo Barberi, cui pure dedica un apposito capitolo dal ti-tolo: La Sibilla Tiburtina di Filippo Barbieri in alcuni esemplari a stampa della Palatina [di Parma].

    E per dar corpo allipotesi interpretativa della Tempesta del Giorgione, lo studioso si sofferma proprio sulla xilografia presen-te in Barberi: la Sibilla raffigurata in bianco e nero, delimitata da una breve cornice, e reca sulla parte superiore la dicitura Tiburtina, campeggia a sinistra, vestita secondo la foggia romana con un mantel-lo annodato che le scende sulle spalle. Ha capelli scoperti, divisi da una lieve scriminatura e raccolti in parte in una treccia che le attra-versa il capo. A lato corre un cartiglio svolazzante con scritto: Na-scetur Christus in Bethlehem et annunciabitur in Nazareth regnante tauro pacifico. Con la mano sinistra indica allimperatore Augusto inginocchiato alla sua destra la Vergine con Ges Bambino inseri-ti in un cerchio delimitato da una corona, a sua volta inserito in un sole raggiante. Augusto non indossa abiti regali, raffigurato come una sorta di penitente. Il simbolo del suo potere imperiale una co-rona sormontata da una croce posata a terra vicino a una spada, di cui sintravede solo lelsa. Sullo sfondo figura un tempio con una cupola, la cui facciata presenta una trabeazione con tre colonne. Sul lato del tempio se ne intravede un altro con relativo timpano. Sotto la xilografia riportato il testo che spiega limmagine.

    Si tratta quindi di una descrizione essenziale della fisionomia e dellabbigliamento della Sibilla Tiburtina: una Sibilla non vecchia, dai capelli scoperti, che porta una veste rossa sormontata da una pelle di capra che dal collo le scende sulle spalle. Si evince allora come il vaticinio della Sibilla sia legato proprio allannuncio della nascita di Cristo. Ed ecco allora che nella Tempesta del Giorgione la Si-billa Tiburtina si prende cura di Carlo V, figlio di Filippo il Bello dAsburgo e Giovanna di Castiglia, detta La Pazza, e che era appun-to nipote di Massimiliano I dAsburgo. Il pargolo segner lavven-

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    Fig. 2 - FILIPPO BARBERI o BARBIERI (Philippus de Barberis o Philippus Sicu-lus), Discordantiae Sanctorum doctorum Hieronymi et Augustini, et alia opu-scola, Roma, 1481. La Sibilla Tiburtina.

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    to di una nuova ra anche se segnata da guerre, devastazioni e pe-stilenze, quella degli Asburgo cristianissimi, che dovranno assolve-re il loro mandato messianico di riappacificare il mondo cristiano, in balia della corruzione, del degrado morale ed eretico, delle eresie e degli scismi. La Sibilla Tiburtina assume perci un atteggiamento molto protettivo nei suoi confronti, perch casualmente abbandona-to e ha bisogno di cure nonostante sia sotto la tutela della zia, lar-ciduchessa Margherita, governatrice delle Fiandre, e del nonno Mas-similiano rappresentato dal giovane guerriero con lasta di comando che lo guarda con dolcezza, quasi volendolo rassicurare. Il destina-tario della profezia della Sibilla perci proprio il guerriero o me-glio il lanzo, se consideriamo la foggia e i colori del suo abbiglia-mento, munito appunto di una sorta di bastone di comando. E pro-prio Massimiliano identificato, con le testimonianze del tempo, con lappellativo cruciale di padre di lanzichenecchi, che avevano ap-punto calzoni a strisce, come nel particolare dellopera raffigurata. E le truppe dei lanzichenecchi, al soldo di Carlo V, linfante allattato dalla Sibilla, saranno quelle che provocheranno il famoso Sacco di Roma nel 1527. Pertanto ricalcando lo schema classico della mani-festazione ad Augusto di Ges Bambino tra le braccia di Maria, per opera della Sibilla Tiburtina, la cingana (zingara) sembra profferire al giovane lanzo (Massimiliano I dAustria), che la contempla assor-to, una profezia nuova, stavolta relativa ad unra prossima ventura che soppianter il periodo precedente, quello di un cristianesimo pa-ganeggiante e decaduto. Il linguaggio criptato della tela sarebbe sta-to necessario per una forma di cautela allatto della traduzione fi-gurativa per le tematiche riservate, assai rischiose sul piano politico e/o religioso. Questa del messaggio criptato certamente tutto lar-chitrave su cui si poggia lo studio di Morenghi, in quanto in pittura ed anche in scultura si utilizzano simboli ed attributi per dare iden-tit certe ai personaggi storici e religiosi. Se a S. Lorenzo si toglie il simbolo della graticola e del fuoco, un santo non distinguibile da altri, se alla Sibilla Tiburtina si toglie limperatore Augusto, non distinguibile da altre Sibille; allo stesso modo se le si tolgono i suoi vestiti, descritti minuziosamente in tutti i canoni, e la si sveste in foggia di allattante. Ma il linguaggio criptato, secondo Morenghi, ci presenta unet nuova, quella degli Asburgo cristianissimi, evo-cata per con una pittura tonale dallandamento sereno, aggraziato e dolce caro alla civilt mediterranea pur nellattesa di una sorta di ora cruciale rappresentata dallo scoccare del lampo.

    Perci let nuova sinserisce sopra di quella vecchia, rappresen-tata dalle due colonne spezzate e dai ruderi adiacenti. E la Sibilla Tiburtina stringe al seno il bambino di schiatta reale, come la statua della Sibilla, che caduta nei gorghi dellAniene, fu ritrovata con in mano un libro di profezie. Un altro emblema di Massimiliano il candido ibis che attende, standosene su un tetto spiovente, levolversi degli eventi. E proprio libis presente nellAllegoria geroglifica di Massimiliano I, del 1513, opera del celebre artista Albrecht Drer, conservata nella Nationalbibliothek di Vienna. Ma ancora un colle-

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    gamento con gli Asburgo viene individuato da Morenghi nella teoria di edifici che compaiono sullo sfondo della Tempesta: sui muri di due di queste costruzioni sindividuano a loro volta due stemmi, il primo riconducibile a quello dei Da Carrara (signori di Padova, an-che se dobbiamo obiettare che il ramo principale di questa famiglia si estinse con Francesco II Novello, ucciso in carcere a Venezia nel 1406, cio ben cento anni prima la stesura della Tempesta), il se-condo assimilabile con una certa forzatura a quello degli Scali-geri, nella variante che comprende anche due cani rampanti (in Gior-gione presente solo un cane eretto ma anche qui occorre rileva-re che la dinastia si estinse nel lontano 1387 quando Antonio della Scala venne definitivamente cacciato da Verona per opera di Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano), stemmi che potrebbero richia-mare secondo Morenghi in successione alcune citt conquistate dallesercito di Massimiliano durante le guerre della lega di Cam-brai e precisamente Padova, Vicenza e Verona. E sullo sfondo, qua-si al termine della serie di fabbricati appare una cupola che potreb-be essere identificata come appare anche nella xilografia del Bar-beri come quella del Pantheon a Roma, tappa conclusiva di avvi-cinamento al Papato Imperiale. Un altro collegamento di Massi-miliano con la leggenda di Augusto e la Sibilla, che indica in cielo la Madonna e il Bambino, potrebbe essere dato dal famoso ritratto ad olio su tavola di tiglio, firmato e datato 1519 sempre da Drer, ora nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, laddove il medaglione posto sul copricapo dellimperatore asburgico reca proprio leffigie di Maria che stringe al seno Ges Bambino. La tela prende ora il nome dal fenomeno atmosferico sullo sfondo: il genio di Giorgione ricorre qui alla figura retorica visiva del lampo per rendere leffet-to acustico del tuono, mezzo per la trasmissione secondo Moren-ghi della profezia della Sibilla Tiburtina, che scuote lo status quo precedente, con lannuncio appunto di una nuova ra. Perci imma-gini atmosferiche che vogliono trasmettere dei sentimenti, che com-provano il fecondo scambio tra artisti nordici e quelli di area veneta, anche se assente, in questi ultimi, il carattere selvaggio e la ruvi-dezza rinvenibile in molte opere nordiche (il Mediterraneo avr pu-re una sua influenza!). Lambiente delloracolo perci quello tibur-tino, con il bosco che rappresenterebbe quello di Tiburno, laddove a Tivoli il culto pi importante era quello di Ercole, culto favorito di Ottaviano Augusto che era solito amministrare la giustizia sotto i portici del Santuario di Ercole Vincitore e lo stesso Massimiliano si vantava di discendere da Ercole, ed i frutti della sua politica saran-no raccolti dal nipote Carlo V con il Sacco di Roma del 1527, con il tentativo di fondere le figure imperatore-papa. Proprio Roma sa-rebbe allora la citt raffigurata sullo sfondo, la citt santa che sar saccheggiata perch ritenuta la peggior nemica dellimperatore e la nuova Babele, sede dellAnticristo, ed allora si spiega libis sul tet-to a spiovente che sembra presagire gli avvenimenti futuri. Ed infat-ti la leggenda medievale della Sibilla Tiburtina preconizza la deva-stazione dellUrbe che consentir linsediamento di un principe del-

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    la pace. Sar infatti un Asburgo e precisamente Carlo V, il cui no-me porta emblematicamente la stessa lettera iniziale dellimperatore Costantino e di suo figlio Costante, che la leggenda medievale ad-dita come figura messianica, ad assumere il gravoso incarico di gui-dare, in virt dellinvestitura imperiale da lui concepita come il mas-simo riconoscimento del potere sovrano, le sorti dellintero mondo cristiano con lobiettivo di assicurargli giustizia ed unit della fede gi compromessa dallo scisma luterano. Ma naturalmente il sogget-to della Sibilla Tiburtina vede la sua apoteosi a Villa dEste, anche se non siamo daccordo con Morenghi, quando parla della famiglia di Ippolito II dEste come alleata dellImpero, perch ricordiamo-lo, sar proprio lopposizione di Carlo V ad impedire al figlio di Lu-crezia Borgia di salire al soglio pontificio. Ed allora ecco nella se-conda stanza tiburtina, dellappartamento inferiore, il ciclo degli af-freschi di Cesare Nebbia ed aiuti, 1569, tra cui quello delladorazio-ne della Sibilla Albunea, con a sinistra un tempio circolare su di un terrapieno, da cui scaturisce una cascata dacqua che crea un piccolo lago. Corso dacqua pi evidenziato nella prima stesura della Tem-pesta, dove al posto del guerriero cera una bagnante.

    Anche il folto bosco, sulla destra farebbe ripensare alla tela di Giorgione, cos come i soldati inginocchiati ai piedi della Sibilla. Na-turalmente anche le architetture sopra la testa del soldato nella Tem-pesta parrebbero alludere alle sostruzioni del Tempio della Sibilla a Tivoli, mentre la base (con le due colonne spezzate sopra, che signi-ficherebbero let vecchia) alluderebbe come nel successivo dipinto di Caron, La Sibylle de Tibur, allAra coeli fatta costruire da Au-gusto sul Campidoglio a memoria della visione mostratagli dalla Si-billa Tiburtina. Certo le difficolt non mancano e lo studio, a detta dello stesso Morenghi, non esaustivo, anzi foriero di ulteriori con-tributi. Certo altre ipotesi interpretative non mancano: da quelle bi-bliche (il ritrovamento di Mos, Adamo ed Eva dove il fulmine rap-presenterebbe la spada fiammeggiante dellAngelo), a quelle mitolo-giche (Giove ed Io, Deucalione e Pirra, Adrasto scopre in un bosco Hypsipyle che sta allattando Ofelte, figlio di Licurgo) a quelle alle-goriche (Fortezza il soldato, Carit la donna, Fortuna il fulmi-ne). Ma ripensando che fino alla met del secolo XIX la scena era interpretata come un ritratto dellartista con la famiglia ed il dipinto era appunto intitolato: La famiglia di Giorgione, ci resta solo da segnalare la testimonianza di Carlo Ridolfi in Le Maraviglie dellAr-te overo le vite de glillustri pittori veneti e dello stato [], Vene-zia, 1648, che ci riporta allambito mitologico laddove ricorda che: Seguiva in tanto Giorgio dipingere nella solita habitatione, ove dicesi, che aperta avesse bottega dipingendo rotelle, armari, e mol-te casse in particolare, nelle quali facea per lo pi favole di Ovidio, come laurea et divisandosi liete verdure, ricadenti da piacevoli ru-pi, infrascate di fronde, & allombra di amene piante si stavano di-litiando huomini, e donne godendo laurea tranquilla: qui vedevasi il Leone superbo, col lhumile Agnellino, in unaltra parte il fuga-ce cervo, & altri animali terrestri, pag. 79.

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    Ci vengono in mente allora le opere pervenutaci che sembrano far parte di un ciclo di Paride: Paride abbandonato sul monte Ida (Uni-versity Art Museum, Princeton), Ritrovamento di Paride (Szpmvs-zeti Mzeum, Budapest) e Paride consegnato alla nutrice (Collezione Gerli, Milano). E proprio Paride ci fa venire in mente che linfan-te allattato potrebbe raffigurare Paris Bordon, il pittore di Treviso, nato anchegli, come Carlo V, nel 1500, supposto figlio naturale del Giorgione (che in questo caso sarebbe il soldato, che guarda con una sorta di distacco, quasi prendendo commiato), come farebbe supporre il Vasari nelle sue Vite laddove racconta il dolore del giovane Pa-ris alla morte dellartista di Castelfranco Veneto: Dolendosi infinita-mente che in quei giorni fusse morto Giorgione, la cui maniera gli piaceva sommamente, ma molto pi laver fama di bene e volentieri insegnare con amore quello che sapeva. Ma, poi che altro fare non si poteva, si mise Paris in animo di volere per ogni modo seguitare la maniera di Giorgione (Vasari, Vite, ed. 1568).

    ROBERTO BORGIA

    Fig. 3 - Adorazione della Sibilla Albunea (affresco), 1569-1571, Villa dEste, appartamento inferiore, seconda camera tiburtina.

  • Direttore responsabile: prof. VINCENZO G. PACIFICI

    Redattori: prof. ROBERTO BORGIA, prof. PIETRO CANDIDO, prof. PAOLO CARUSI, prof. ADRIANO GENGA e dott. ZACCARIA MARI.

    Autorizzazione del tribunale di Roma n. 2277 del 6 novembre 1951

  • Finito di stampare nel mese di novembre 2014dalla Tipografia Mancini s.a.s.

    Via Empolitana, 326 (loc. Arci) - 00019 Tivoli (Roma)Tel. 0774.411526 - Fax 0774.411527