Nei panni di un animale in estinzione

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DA OVIDIO A NOI CLASSE IA Nei panni di un animale in estinzione: metamorfosi per conoscere Gruppo SanVitok - FantAmbiente Progetto Ambienti moci www.lafabbricadellascuola.ning.com Progetto operativo del gruppo Tecnologie di carta www.lascuolachefunziona.it

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Testi creativi realizzati dai ragazzi della IA della scuola media di San Vito Romano, nell'ambito del progetto Ambientiamoci.

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DA OVIDIO A NOICLASSE IA

Nei panni di un animale in estinzione: metamorfosi per conoscere

Gruppo SanVitok - FantAmbiente

Progetto

Ambienti moci

www.lafabbricadellascuola.ning.com

Progetto operativo del gruppo

Tecnologie di carta

www.lascuolachefunziona.it

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SIFAKA DIADEMA

Erano passati già dieci giorni dall’inizio della mia

spedizione in Madagascar per osservare il Sifaka

Diadema, una specie animale in via di estinzione, eppure

ancora non era successo niente: sembrava che quelle

creature, essendosi indispettite del mio arrivo, non

volessero collaborare per nulla e se ne stavano nascoste

nel cuore della foresta, dove io avevo paura di inoltrarmi

a causa dei predatori famelici.

Al crepuscolo cominciai a sentirmi strana.

Non so spiegare con precisione cosa mi stesse

succedendo, ma ebbi la sensazione che il mio corpo

volesse abbandonarmi, che non ce la facesse più a

sopportarmi e che anche la mia coscienza volesse

liberarsi di lui per poi entrare in un altro corpo. Ebbi

poco tempo per pensare, mi stavo trasformando ed era

questa l’unica preoccupazione. Dai pori della pelle vidi

spuntare peli rossicci che in breve si tramutarono in una

pelliccia folta e setosa; era così colorata e variegata che

quasi provai un briciolo di piacere.

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Intorno al volto, che ormai si era trasformato in un simpatico musetto, era spuntata una corona di

pelo bianco, che aveva ricoperto anche le guance e la fronte. Il resto del musetto, invece, era

nero: trovai di buongusto il contrasto di colori. Anche sulla parte superiore della schiena era

spuntata una soffice pelliccia color grigio ardesia, che sfumava in un argento opaco nella parte

inferiore. Mi era cresciuta anche una lunga e morbida coda che assomigliava, ad eccezione

dei colori, a un piumino per spolverare; come i fianchi e il ventre, era di color grigio pallido con

insolite sfumature di bianco, mentre l’estremità superiore era di un color giallo dorato, veramente

splendida. Le mani e i piedi erano rivestiti di una peluria nera, che si differenziava dal color

nocciola degli arti inferiori e superiori. Anche gli occhi erano cambiati: erano diventati di color

bruno-rossastro, piccoli e lucidi, tanto da assomigliare a due bottoncini.

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Mi ero trasformata in un mammifero alto circa un metro, di certo non pesavo più di sette chili

ed ero dotata di un’agilità fenomenale: a terra mi muovevo spiccando lunghi salti, come se

stessi saltando di ramo in ramo; risi di me stessa a causa di questa buffa andatura.

Ero diventata un Sifaka Diadema. Accolsi la trasformazione con razionalità e tranquillità: in

fondo avrei potuto approfittarne per studiare da vicino quegli animali, e comunque prima o

poi sarei tornata un essere umano. Mi era venuta fame, allora mi lasciai guidare dall’istinto e

mi diressi verso un angolo della foresta dove crescevano piante cariche di giovani germogli di

bambù; conclusi il pasto con una bella scorpacciata di frutti, foglie e fiori. Il mio nuovo habitat

era meraviglioso: alberi esotici offrivano frutti tropicali succosi e ovunque c’ erano fiori ed erbe

dai colori stupendi e dai mille profumi. Per un attimo mi fermai a riflettere, ripensai ai miei

studi sulla specie e provai una profonda

tristezza: benché il mio habitat fosse così bello si estendeva solo per 25-50 ettari: fino al fiume

Mangoro a sud e fino a Maroantsetra a nord. Facevo parte di una specie ad altissimo rischio di

estinzione.

Perché l’uomo ci aveva fatto questo?

SARA LUIGIA TOMASSETTI

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FOCA MONACA

Dopo un volo di molte ore atterrai in

un’isola delle Hawaii. La bellezza del mare

mi spinse a tuffarmi in quelle acque

cristalline. Subito fui affiancata da un

diffidente esemplare di foca monaca. Le

sue acrobazie mi spinsero a seguirla e

subito sentii il mio corpo trasformarsi. Con

terrore vidi il mio corpo allungarsi, le

gambe si trasformarono in una potente

coda e le mani divennero pinne. Pian piano

cominciai a scivolare nell’acqua e i miei

movimenti divennero sempre più agili.

All’improvviso mi sentii libera e felice, la

mia compagna foca mi guardò incuriosita e

dopo qualche acrobazia mi spinse a

seguirla. Mi portò in un posto meraviglioso

popolato da molte altre foche.

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Provai una strana sensazione: quel posto

era per me famigliare e mi sentivo attratta e

in sintonia con le foche. I loro versi erano

da me compresi e non capivo perché,

trascorsi l’intera giornata esplorando le

tante meraviglie del mare. Decisi allora di

abbandonare il mondo degli uomini per

trasferirmi definitivamente in quel paradiso

in compagnia delle mie amiche foche. Mi

accorsi subito che i miei simili non avevano

vita facile: erano continuamente minacciati

dai pescatori perché spesso rompevano le

loro reti, cosi dovevano ogni giorno evitare

la zona di pesca e soprattutto dovevano stare attente a non finire sotto le loro bombe.

Le bombe erano, infatti, la soluzione più comoda per i pescatori che in poco tempo

avevano drasticamente ridotto il numero di esemplari di foca monaca. Decisi allora

di aiutare le mie amiche e in pochi giorni le convinsi a trasferirsi in altro luogo più

sicuro e meno rischioso. Le salvai dalla sicura estinzione?

FRANCESCA MATTINA

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LEOPARDO NEBULOSO

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Mi trovai in una foresta dell’Asia tropicale, in

un momento mi trasformai: le mie mani

diventarono delle zampe anteriori, le mie

gambe diventarono delle zampe posteriori. Il

mio viso diventò peloso, le mie orecchie si

allungarono, sulle guance mi crebbero i baffi e

vidi anche che mi era cresciuta la coda, il mio

corpo era ricoperto da un pelo tutto chiazzato

che ero diventato un animale: il leopardo

nebuloso. Cominciai a correre velocemente per

cercare una preda da mangiare. Giravo per la

foresta, ma non vedevo nessun animale uguale

a me e allora pensai che fossi in via d’estinzione

perché i cacciatori prendono la nostra pelliccia.

LORENZO CALORE

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TIGRE DEL BENGALA

Mi trovavo in una foresta dell’India quando all’improvviso vidi una stupenda Tigre

del Bengala bianca e cominciai a sentirmi molto strano: le mie braccia si

allungarono e si piegarono verso terra diventando forti e muscolose zampe anteriori,

la colonna vertebrale si mise orizzontale al terreno, le mie unghie diventarono

affilatissimi artigli pronti a trafiggere qualunque cosa, la testa mi si allungò e si

trasformò in un muso carino, i denti mi si affilarono e appuntirono, le orecchie mi

si ingrandirono e il collo mi si irrobustì. Dopo questa trasformazione cominciai a

pensare perché l’uomo uccide le tigri per ricavare la loro bellissima pelliccia.

Perché l’uomo fa tutto questo?

Perché si uccidono alcuni bellissimi animali in via d’estinzione?

Non bisognerebbe trattare meglio la natura e il mondo che ci circonda?!

MATTEO CONI

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ELEFANTEMi trovavo in un grande zoo, anche se io odio gli

zoo, perché sei costretto a vedere tutti quegli

animali chiusi in strette gabbie. Dopo aver

superato la gabbia della tigre, del ghepardo e del

puma, vedo un animale che mi faceva

particolarmente pena, era un elefante, chiuso in

una stretta gabbia, dai suoi occhi tristi si capiva la

tristezza di non poter correre o camminare

libero. Non mi fermai a vederlo per molto, così

andai avanti; dopo aver superato la gabbia dei

serpenti cominciai a sentirmi strano come se

avessi mangiato una tonnellata di cibo, ad un

certo punto le orecchie diventarono enormi,

talmente grandi da oscurarmi la vista, il naso

diventò rugoso come carta pesta e si allungò a

dismisura, la faccia diventò enorme, le braccia si

irrobustirono e diventarono rotonde come il

tronco di un albero, ingrassarono e la schiena si

allargò. Anche le gambe diventarono rotonde

come le braccia non riuscivo a reggermi sulle

gambe, dato il gigantesco corpo, quindi caddi a

terra sulle grandi mani rotonde producendo un

enorme boato.

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Ah! Cavolo! Mi ero trasformato in un elefante. Iniziai a corre, ma non in quel

modo veloce di sempre, bensì in una corsa goffa, le grandi dimensioni mi

facevano sbattere di qua e di là e così uscii dallo zoo. Dentro di me sentivo la

tristezza di non essere più un bambino normale, ma un grande animale con un di

dietro enorme e delle orecchie grandi come delle persone. Mi trovai di colpo in

una grande foresta, il sole cominciò a impallidire e scomparire dietro le alte

montagne. Una tristezza piegò le grandi zampe, mi accovacciai per terra e mi

addormentai. Il mattino successivo fui svegliato dal rombo dei motori di alcune

jeep, pensi che mi fossero venuti a prendere e che quell’ingombrante corpo da

elefante fosse scomparso … invece no. Mi alzai con difficoltà per vedere cosa

stesse succedendo: c’era un elefante che correva, inseguito da un pick-up con

sopra due uomini, uno di loro estrasse un fucile e sparò all’elefante che cadde a

terra come un masso potentissimo, i due uomini scesero dal pick-up e con una

motosega tagliarono le zanne al povero elefante, le caricarono sul furgoncino e

spararono di nuovo all’elefante che rimase immobile per terra. Ed è così che noi

ci estinguiamo.

ALESSANDRO DUCA

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PIANTA DEL DRAGO

Mi trovavo nelle Isole di Capoverde,

quando un giorno vidi un albero e

cominciai a pensare: “E se fosse in via

d’estinzione?” notai infatti che c’era

solo quella pianta. Era una pianta molto

bella e alta. Aveva un tronco

lunghissimo e le sue radici erano

talmente grandi che uscivano persino

dal terreno. I suoi rami, oltre a essere

lunghissimi, assumevano delle forme

ondeggianti creando un fantastico

disegno geometrico. Sui rami c’erano

dei bei fiori del colore dell’arcobaleno,

erano bellissimi. Era proprio una bella

pianta e il suo nome era Pianta del

Drago.

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La pianta nasce, vive, si trasforma proprio come

una persona che da bambina poi diventa adulta.

È emozionante vedere questo processo di crescita

della pianta che vive … ma non ha parole…

SAVERIO MASTROPIETRO

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SCOIATTOLO ROSSO

Ho sempre sognato di diventare una scoiattolina per difendere questa specie dai vari pericoli dell'uomo, perché lui, usando concimi chimici disserbanti e con i continui disboscamenti

ha messo a rischio questa specie.

Una mattina mi sono alzata dal letto e mi sono accorta che il letto era molto grande. Sono saltata giù e sono andata a guardarmi allo specchio....

Ero diventata una scoiattolina!

Le mie braccia e le mie gambe erano diventate minuscole zampette.

Ero ricoperta di un folto pelo rossiccio con delle sfumature di bianco.

La mia faccia si era rimpicciolita di molto le orecchie si erano allungate ed erano ricoperte di lunghi ciuffi di peli.

Avevo inoltre una lunghissima e folta coda attorcigliata.

Il mio istinto mi portò in un grande bosco di conifere ed iniziai ad arrampicarmi sui rami degli alberi e cominciai a sgranocchiare ghiande.

Ad un certo punto dimenticai la mia vita precedente e questa nuova vita mi avvolse in un secondo e saltando da un albero all'altro mi sentii libera e felice in mezzo alla natura.

CLAUDIA MASTRANTONIO

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OCELOTEro in vacanza in Brasile. Un giorno volli andare a visitare

una foresta vicino al villaggio. Era una foresta molto fitta, ero

sola e avevo paura di perdermi.

Passarono le ore e mi resi conto di non ritrovare più il

sentiero per tornare al villaggio.

Cominciò a piovere e da bagnato mi sentii strano: le mie

gambe si rimpiccolirono e il mio corpo si piegò verso il

terreno e diventava sempre più snello e robusto.

Poi si ricoprì di peli giallastri con molte macchie nere a

forma di cerchio.

Il mio istinto mi portò con le mie agili gambe, tra la vegetazione.

Aveva smesso di piovere e ormai era sera.

Avevo fame e cominciai a cercare cibo.

C’era un ruscello e cominciai a rincorrere le rane per mangiarle.

Ad un certo punto sentii degli spari e impaurito mi rifugiai dietro un cespuglio.

Mi sembrava di sentire le voci degli uomini che arrivavano con i loro fucili.

Ero impaurito e cercai di non muovermi per non far accorgere gli uomini della mia presenza.

Page 19: Nei panni di un animale in estinzione

Cercai di intrufolarmi bene tra il verde e da un buchetto vidi i cacciatori che portavano

delle pellicce di ocelot sulle spalle.

Ero ancora più impaurita.

Ma dopo se ne andarono e piano piano uscii da lì. Cominciai a conoscere bene

quest’animale in cui mi ero trasformato e più passava il tempo più mi incuriosiva.

Capii subito che era un animale solitario, che cacciava di notte e di giorno si

nascondeva tra la vegetazione, che aveva un forte udito, ma capii anche il motivo

dell’estinzione: la sua pregiata pelliccia.

Perciò NON COMPRATE MAI PELLICCE DI OCELOT COSÌ NON

SCOMPARIRÀ DALLA TERRA …

CLAUDIA SCARPELLINI

Page 20: Nei panni di un animale in estinzione

PANDA

Mi trovavo in mezzo ad una grande

vegetazione montana nel sud della Cina,

stavo visitando i boschi che c’erano lì

intorno quando all’improvviso … mi

cominciai a sentire un po’ strana: le mie

unghie si trasformarono in lunghi e affilati

artigli, tutto il mio corpo si ricoprì di una

pelliccia bianca e nera, i miei occhi si

trasformarono in due grandi palle nere e il

mio naso si trasformò in una piccola

pallina nera.

Non mi sentii più in me perché non

riuscivo a camminare più di tanto e invece

di camminare mi veniva da arrampicarmi

sugli alberi.

Page 21: Nei panni di un animale in estinzione

Ad un certo punto mi cominciai a confondere perché un

giorno mentre stavo camminano per il bosco passarono

degli uomini e mi catturarono, poi mi portarono in mezzo a

degli orsi in una stretta gabbia e mi lasciarono lì per un po’

di giorni, poi mi ripresero e mi portarono in mezzo ad un

altro gruppo di animali, insomma io mi ero proprio stufato

e avevo tanta voglia di vendicarmi, contro quegli uomini che

uccidono gli animali e tolgono loro la libertà.

Prima mangiavo fino a 14 ore al giorno, invece adesso posso

mangiare pochissimo …

ma perché gli uomini si comportano così?

CAMILLA GIZZI

Page 22: Nei panni di un animale in estinzione

GATTO SELVATICOEra la mattina di una fantastica domenica, mi alzai dal

letto e mi dovevo lavare, ma mi venne spontaneo

leccarmi! Appena mi tosi la maglia del pigiama, mi accorsi

che mi erano cresciuti peli grigi e bianchi, mi comparve un

piccolo e appiccicoso naso nero, poco attraente e

schifoso! Una grande bocca, ma chiusa quasi invisibile,

con dei grandi dentini appuntiti; gli mi erano rimpiccioliti

diventando a mandorla, sembravo una gatta cinese!!! Mi

erano spuntate delle orecchie piccole e appuntite, con

piccoli peletti dentro, solo a sfiorarle mi facevano

solletico! Mi tolsi tutti i vestiti e mi accorsi che anche il

corpo era ricoperto di peli, ebbi paura che mi stava

venendo qualche malattia. Per colazione pranzo e cena

preferii mangiare solo latte proprio come i gatti, infatti mi

accorsi che mi ero trasformata in un fantastico e grazioso

gattino selvatico bianco e grigio, un animale in via

d’estinzione!

Questo gatto selvatico è in via d’estinzione perché

purtroppo è stato cacciato da molte terre e perché per la

fame e per il freddo muore e non ne nascono altri.

SARA CARBONARO

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LEOPARDO DELLE NEVI

Page 25: Nei panni di un animale in estinzione

Mi trovavo in un bosco dell’Asia Centrale, pieno di arbusti e praterie, quando

all’improvviso il mio corpo cominciò a riempirsi di pelo molto spesso, color grigio fumo,

tra le mie gambe spuntò una coda lunga e grossa, il mio naso diventò sensibile a ogni

odore.

Le gambe diventarono zampe, gli arti anteriori erano più corti mentre quelli posteriori

più lunghi e diventai un’esperta cacciatrice notturna, ma a volte ero in grado di cercare il

cibo anche di giorno.

Mentre cacciavo vedevo dei cacciatori con grandi coltelli e fucili in mano, giacche di

pelle e enormi cappelli rotondi, che inseguivano leopardi indifesi come me. Io non

capivo perché per loro eravamo un problema e subito il mio amico Rob disse: <<Noi

siamo soliti cacciare come prede i greggi degli umani, quindi i pastori per difendere le

loro capre ci cacciano, almeno non siamo più una minaccia per loro>>.

Allora io dissi: << Se noi non cacciassimo più capre, i pastori di conseguenza non

ucciderebbero più noi, facciamo questo sforzo amici miei e vedrete che la nostra vita

sarà più lunga e soprattutto più felice!!>>. Tutti furono d’accordo e la caccia diminuì

tanto che la guardia forestale mise uno strano cartello che diceva:<<Chi caccia animali

riceverà una multa molto salata!>>. Da quel giorno gli uomini non uccisero più gli

animali e dissero in coro:<<Lunga vita ai nostri cari amici animali!!>>, insomma un

finale che, come si può dire nelle favole, felice e contento!!!

SOFIA ANGELOCOLA

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DELFINOMi trovavo in porto … quando la mia pelle cominciò a diventare grigia e

liscia come quella di un delfino; le dita si unirono come una cosa sola e si

attaccarono al corpo, le gambe si incrociarono e i piedi divennero una

pinna, la schiena si curvò e spuntò una pinna dorsale, il viso si allungò e

diventai un delfino.

Dopo essere caduto sul molo con tanti sforzi mi gettai in mare, la

sensazione fu bellissima ero completamente libero da ogni pensiero, ma

non era così per gli altri delfini. Potevo infatti percepire il loro dolore la

loro fame, ma soprattutto il loro odio verso gli uomini.

Viaggiai ancora e vidi un branco di delfini affamati per la scarsità di cibo,

che nuotavano stremati rincorsi da un orca loro grande nemica, ma la cosa

che faceva di loro animali sofferenti era l’inquinamento marino: acque

sporche, barili di metallo arrugginiti, che occupavano gran parte del fondale

marino e carcasse di navi affondate e persino auto . Sembrava di entrare

nella bottega degli orrori e il mio cuore cessò di battere i miei occhi si

chiusero e io morii di dolore.

LUCIANO DE PAOLIS

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GATTO SELVATICO<<Chi di voi ama i gatti selvatici?>> esclama la mia

professoressa di italiano.

<<Io!>>.

<<Bene! Sarebbe giusto che tu faccia una bella

metamorfosi su questo povero animale in via di

estinzione!>>.

<<D’accordo!>>.

Torno a casa: dopo mangiato, corro in cameretta,

armata di carta e penna, e mi metto sopra il mio letto

con la mente dedicata del tutto a questo gatto.

<<Miao! Miao!>>. Miagolando mi sveglio.

È una tranquilla e serena mattina d’estate. Il sole batte forte su qualsiasi viso e tutti hanno

l’aria di essere liberi, dopo tutto il caldo che c’è a zonzo! Ventaglioni e ventaglietti vengono

con energia sventolati; dalle più anziane signore, ai più giovani bambini che strimpellano

saltellando nei giardinetti e giocando a calcio.

Ero del tutto isolata da questo mondo umano, ma nonostante tutto mi arrivava qualche filo di

voce di uomini.

Esco dalla mia tana, o meglio, da una piccola grotta.

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Mi dirigo fuori: riconosco una bella cascata fresca. Mi ero svegliata perché avevo un po’ di sete e così

mi disseto un pochino e dopo, rientro nella mia tana per schiacciare un lunghissimo pisolino.

Si sa: i gatti amano dormire di giorno, mentre la notte rimangono svegli, anche per cercare del cibo.

Per questo motivo: mi sveglio di notte.

In media, un gatto selvatico può arrivare a correre fino a 10 Km ogni notte.

Pronti, partenza, VIA….parto alla carica per trovare qualche preda di mio gradimento.

Non vorrei esagerare nella descrizione della scena quando catturo i piccoli coniglietti o uccellini che

riposano di notte, nei loro nidi. Sarebbe troppo pesante, ma è così la natura di un gatto selvatico!

I miei occhi grandi e fluorescenti, sembrano minacciare i passanti; figuriamoci di notte. Appaiono

come lune brillanti o diamanti scintillanti.

Il pelo è accogliente, specialmente nel periodo invernale, quando fuori si congela. Il mio colore è un

marroncino con varie gradazioni di marrone; il mio muso, nella parte superiore, è giallo ocra, poi

sembra schiarire finché non si arriva alla parte del tutto bianca, che sarebbe la parte finale del muso,

soprattutto, ricoperto di baffi lunghi e ritti. Gli artigli sono utilissimi e per la cronaca, servono prima a

trovare del cibo sugli alberi.

Il gatto selvatico dunque è in via di estinzione (sfortunatamente)!

Mi sento come se fossi in pericolo: mi sento sola e indifesa; le poche cose che ho non servono a niente,

ma ho il dono di poter scappare contro ogni pericolo.

La mia vita non sono “rose e fiori”: è da prenderla sul serio. C’è da rintanarsi nei casi necessari o

chiedere aiuto ai nostri simili o scappare come codardi.

Non è poi così semplice la mia vita!

A volte mi sento in colpa del mio tipo di vita, altre penso che è una fortuna aver scampato il pericolo.

Una cosa positiva la hanno i gatti: la libertà,

La libertà di vivere felici e come gli pare e piace.

SARA TRINCHIERI

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Donato di Poce

UOMINI COME ALBERI

Hanno spezzato i rami dell’infanzia

Hanno bruciato il BOSCO delle Querce

Hanno fatto croci, zattere e falò

Ma non hanno capito niente degli Alberi.

E non hanno capito niente degli Uomini

Che come gli Alberi hanno radici

Nidi, foglie e frutti

E hanno desideri e sete d’aria e d’amore.

E vedono tutto, sanno tutto

E parlano a primavera con i fiori

E conoscono l’alfabeto dei colori

E ascoltano in silenzio l’Anima delle forme.

Come gli Alberi resteremo soli e dimenticati

E ci scrolleremo di dosso l’acqua e la vita

E come gli alberi aspetteremo nel buio

Il cinguettio dei passeri innamorati

E il respiro di un Albero che non c’è.

Progetto

Ambienti moci

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