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GRUPPO NATURALISTICO DELLA BRIANZA Associazione per la difesa della Natura in Lombardia 22035 Canzo Periodico trimestrale Anno XLIII N. 1 gennaio - febbraio - marzo 2006 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/04 - N. 46) Art. 1 Comma 2 - DCB COMO

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GRUPPO NATURALISTICODELLA BRIANZAAssociazione per la difesadella Natura in Lombardia22035 Canzo

Periodico trimestraleAnno XLIII N. 1

gennaio - febbraio - marzo 2006

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Campagna iscrizioni 2006al Gruppo Naturalistico della Brianza

Qui allegato trovate il modulo di Conto Corrente postale da utilizzare per iscriversi oper rinnovare l’iscrizione al nostro Gruppo per il 2006. Come vedete, nonostante gliaumentati costi di gestione dell’Associazione, la quota di socio ordinario è rimastainvariata, mentre le altre hanno subito piccole variazioni.

Socio ordinario 25 €Socio giovane (fino a 20 anni) 15 €Socio familiare (se convivente) 10 €Socio sostenitore 40 €Socio benemerito da 80 €Adesione speciale G.E.V. 10 €

e come sempre

FAI DI UN TUO AMICO UN NUOVO SOCIOTutti i soci presentatori verranno premiati

con un minerale da collezione o con un libro sulla Natura.

Si ringrazia il Dott. Marco Testa, Responsabile del Servizio di Vigilanza e Gestione Faunistica dellaProvincia di Como, e il fotografo Roberto Ambrosi per la gentile collaborazione a questo nume-ro di “Natura e Civiltà”.

NATURAE CIVILTÀANNO XLIII - N. 1GENNAIO FEBBRAIOMARZO 2006

Hanno collaboratoa questo numero:

Mita Bolzoni

Mauro Corradi

Silvia Fasana

Giovanni Guzzi

Umberto Guzzi

Alberto Pozzi

Maria Luisa Righi

Miranda Salinelli

Annamaria Sbezzi

Concetta Sbezzi

Attilio Selva

SommarioEditoriale 1La magia del piccolo lago 2Il ritorno del lupo 4La leggenda degli “Zoccoli del Diavolo” 10Riserve e risorse idriche 12Il sottosuolo di Milano 13Il Centro Geofisico Prealpino Lariano 16Gli orti di Leonardo 19Il Protocollo di Kyoto 20Sistemi di Gestione per la Qualità 22Risparmio, migliore fonte di energia 24SOS Anfibi 25La nostra attività 26Per il nostro nuovo Presidente Onorario 28Le nostre iniziative terza copertina

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o scopo delle nostre visite, come ben sanno coloro che ci seguono da anni, è quello di farconoscere aspetti poco noti ma importanti per il buon funzionamento di una città così com-

plessa come è Milano. Perché, se è pur vero che ci sono difficoltà e disguidi che tutti i cittadinilamentano, è anche certo che esistono attività che danno lustro alla città: cerchiamo dunque discoprire gli aspetti positivi che gratificano la nostra vita.È anche una occasione per incontrarci; così si tiene saldo il sottile ma robusto filo che ci unisce:il desiderio di sapere e l’amore per la Natura.

I prossimi incontri saranno nel mese di marzo e maggio; per i dettagli si consiglia di telefonare,all'inizio del mese programmato, ai soci organizzatori: Iole Celani 02. 35.54.502, oppure Riccardo02.64.64.912.

Un appello particolare a coloro che non sono ancora intervenuti ai nostri incontri: fatevi sentiree partecipate; sentirete di far parte di una grande famiglia!

Milano: come funziona la città

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LE NOSTRE INIZIATIVE

Vogliamo ricordare ai nostri soci e simpatizzanti che continuano gli incontri:

li Incontri Lariani per l’anno 2006 sono fissati, come di consueto, al primo sabato diaprile (1 aprile), di giugno (3 giugno) e di ottobre (7 ottobre), con escursioni nel

Triangolo Lariano, nella regione del Lambro e dei laghi Briantei. Per esigenze organizzativenon si può essere al momento più precisi. Tutte le informazioni saranno fornite di volta involta sul “Foglio Notizie” e per telefono a chi ne faccia richiesta. Per informazioni: Sbezzi031.28.16.88.

GIncontri lariani

SPIGOLATURE“Nulla può venir fuori dall’artista che non sia nell’uomo”

Così abbiamo introdotto la nostra visita all’Associazione Gaetano Negri, a Milano. Posta nelcuore della città, è un centro diurno sperimentale per persone disabili; la ricerca e scoperta dellepotenzialità umane, in questo caso particolarmente ardua, è opera di volontari.A noi, che cerchiamo “come funziona la città” e abbiamo visto l’uso di nuove tecnologie, il coin-volgimento di strutture particolari, questa visita ha lasciato un gran calore nel cuore: perché,nonostante tutto è

solo l’uomoche può cercare e trovare in un altro uomo i valori della vita.Ai volontari dell’Associazione Gaetano Negri va tutta la nostra solidarietà e la nostra stima.

M.S.

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Se vuoi costruire una navenon devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gentea raccogliere la legna e a preparare gli attrezzinon distribuire i compiti, non organizzare il lavoro.

Ma invece prima risveglia negli uominila nostalgia del mare lontano e sconfinato.

Appena si sarà risvegliata in loro questa setesi metteranno subito al lavoro percostruire la nave.

(Antoine De Saint-Exupéry)

Foto

M.C

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e grandi catastrofi naturali, le sco-perte scientifiche, il progresso tec-

nologico hanno risvegliato nell’uomouna grande necessità di informazione:tutti i fatti che avvengono, per essereaffrontati e utilizzati al meglio, devonoessere portati il più rapidamente possi-bile alla conoscenza di tutti. La divulgazione di conoscenze, di notiziee la pubblicità ormai raggiungono lepersone in tempo reale: con metodi car-tacei, come cartoline pubblicitarie, gior-nali distribuiti gratuitamente; con meto-di radiotelevisivi, mediante spot, spon-sorizzazioni di trasmissioni; con il com-puter, mediante Internet.Oggi, chi non compare in modo adegua-to su Internet, si può dire che non esiste,non fa tendenza, non cresce, special-mente tra il pubblico giovanile.

Il nostro Gruppo. dopo più di quaranta-cinque anni di vita, durante i quali si eraaffidato alla propaganda degli associati,alla attività sul campo, ed in specialmodo alla nostra Rivista “Natura eCiviltà”, sempre più bella ed interessan-te, ha deciso di inserirsi nel mondo diInternet in modo attivo e sempreaggiornato, rivolgendosi a dei professio-nisti.Nel sito compariranno parte della nostralunga storia, l’attività corrente ed i nuoviprogetti che tutti voi ma anche i nuovilettori potrete finanziare. Il sito che sarà pronto e visibile tra pochigiorni si chiamerà:www.grupponaturalisticobrianza.itAndate a vederlo e diteci cosa ne pensa-te. La copertina sarà questa:

Al passo con i tempi

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EDITORIALENATURAE CIVILTÀ

ANNO XLIII - N. 1GENNAIO FEBBRAIO

MARZO 2006

Periodico del GruppoNaturalistico della Brianza,inviato gratuitamente ai soci

REDAZIONESilvia Fasana (Direttore Responsabile)

[email protected] Pozzi

[email protected]

CONSIGLIO DI REDAZIONEIole Celani Agrati

Maria Luisa Righi BaliniSegreteria rivista 031 26 26 01

Spediz. in abbonamento postaleRegistrazione del Tribunale

di Como n. 170 del 3 marzo 1967Progettazione grafica,

fotocomposizione e stampa:GRAFICA MARELLI snc

Via L. Da Vinci, 28-22100 Como

Gli autori sono direttamenteresponsabili delle opinioniespresse nei loro articoli

Il presente periodico è stampatosu carta tipo ECF (senza cloro)

GRUPPO NATURALISTICODELLA BRIANZA ONLUS

Associazione per la difesa dellaNatura in Lombardia

Iscritta al Registro RegionaleLombardo del Volontariato

22035 CANZO (Co)Casella Postale n. 28

Tel. e Fax 031 68 18 21e-mail: [email protected]

www.grupponaturalisticobrianza.it

PRESIDENTECesare E. Del Corno

PRESIDENTE ONORARIOStefano Fedeli

VICE PRESIDENTIMiranda Salinelli

Alberto PozziGiorgio Ferrero

TESORIEREEle Ronzoni

Segreteria Soci 039 20 29 839Aderente alla Federazione

Italiana Pro Natura

QUOTE DI ISCRIZIONEda versare sul C/C Postalen. 18854224 intestato al

Gruppo Naturalistico della Brianza

Socio Euro

Ordinario 25,00

Giovani (fino a 20 anni) 15,00

Familiare (senza rivista) 10,00

Sostenitore 40,00

Benemerito 80,00

Adesione speciale GEV 10,00

In copertina: Uno splendidoesemplare di lupo(Foto M. Testa)

Errata corrige: Sull’ultimo numero di “Natura e Civiltà” (ottobre-novembre-dicembre 2005), è stata attribuitauna didascalia errata alla figura riportata a pag. 97 (Acquedotto di Milano: impianto di Piazzale Maciachini. FotoG. Guzzi). In realtà l’immagine si riferisce all’artistica torre-serbatoio (1926) dell’acquedotto, ora abbandonata,a Milanino (nord di Milano). (Foto E. Galloni). Ci scusiamo con gli interessati e con i lettori.

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pecchio, specchio delle mie brame,avrà pur detto qualche volta la perfida

bella che, per non avere avuto pietà del suospasimante, fu tramutata in Grigna.E se quello specchio fosse stato anch’essocolpito dalla maledizione toccata in sortealla padrona, si potrebbe immaginarlo get-tato via, in un ultimo gesto di rabbia, dalladonna crudele che sentiva il suo cuore tra-sformarsi in vera pietra.Così, d’incanto, ecco comparire nel puntodove cadde un piccolo specchio d’acqua,da tutti, o quasi, dimenticato: il laghetto diCrezzo, incastonato in un verde pianoro,ideale punto d’osservazione delle leggen-darie montagne lecchesi.Perdonerete la digressione fiabesca, ma delresto la Conca di Crezzo è un luogo dove sirespira un’aria stregata, come sospesa,animata da presenze che non a tuttiamano mostrarsi.Così è sicuramente per la fauna che popo-la la zona, a partire dagli ospiti del laghet-to, aironi, passeriformi di palude e dibosco, anfibi che ogni primavera affollanole acque per il rito riproduttivo, lasciandopurtroppo un cospicuo tributo di vittimetravolte lungo la strada asfaltata checosteggia il laghetto.Altrettanto discrete sono le tracce degliungulati che abitano nei boschi adiacenti illago: cinghiali, caprioli, sembrano anch’es-si invisibili, eppure, trovandosi qui all’albad’estate, nei pascoli, tra i faggi ombrosi e icastagni, gli incontri emozionanti nonmancheranno.Nemmeno la presenza di attività ruralidisturba la bellezza del luogo, anzi la esal-ta. Sbirciando dalle finestrelle dell’angustastalla di Crezzo, si intuisce un mondo cheormai non esiste più e, tutt’intorno, gallineche razzolano imperturbabili fra i trattori,

asini, coniglietti nei prati, in altre paroletutto ciò che può fare la gioia di un bimbomagari inizialmente poco propenso aseguirvi in un’escursione.Del resto è proprio a piedi che bisogna sco-prire e apprezzare questi luoghi.Trascurando qui i bei sentieri che permet-tono di raggiungere la Conca di Crezzo daValbrona (facile) e Onno (impegnativo), viproponiamo la salita alla cima tondeggian-te del Monte Megna, che dall’alto della suacroce a quattro bracci domina la Vallassi-na.Ci permettiamo di suggerirvi, per la vostraescursione, una serata di giugno o luglio,quando meglio potrete godervi la frescaquiete della sera.Partendo a monte del laghetto, risalireteattraverso una faggeta già immersa nellapenombra: fra schiocchi di merli e il tintin-nio dei pettirossi, non tarderete a vagheg-giare lo scenario ancora luminoso dellasommità.Ma il monte Megna, nonostante la mode-stia dei suoi 1069 metri, non avrà fretta diconcedersi: solo dopo un lungo inerpicarsinel bosco, vari saliscendi e gobbe erboseraggiungerete il panoramico cucuzzolofinale, da cui la vista spazierà sulla Vallas-sina e le Grigne.Finalmente i richiami amorosi dei caprioliannunceranno l’imbrunire e vi seguirannodurante tutta la discesa, accompagnati daibisbigli dei ghiri fra i noccioli e dal cantodell’allocco, che in questo ambiente dipascoli e boschi trova il suo habitat ideale.Un’altra piacevole escursione segue il per-corso della strada carrozzabile che, attra-versando tutto l’altopiano di Crezzo, uniscegli abitati di Barni e Lasnigo.Ottima occasione per questa passeggiatapotrebbe essere la festa degli alpini che si

La magia del piccolo lagoAlla scoperta della Conca di Crezzo, dove il tempo sembraessersi fermato

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IL NOSTRO TERRITORIO

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tiene a Crezzo in agosto, con tanto dimessa all’aperto e rancio alpino: un ritrovopittoresco e allegro che anima insolita-mente la zona, altrimenti piuttosto defila-ta dai massicci afflussi di villeggianti inVallassina.Salendo da Barni, dietro la chiesetta roma-nica di San Pietro, affronterete qualchetornante, imbattendovi non di rado inmandrie di mucche transumanti.La fatica della salita sarà presto ripagatadal luminoso castagneto che fa da siparioal pianoro della Conca, nascondendoancora per poco la grandiosa vista dellemontagne lecchesi e del Lario.Qui giunti, approfittate della piccola devia-zione a destra, verso il ristorante LaMadonnina, per visitare il “Castanun”,monumento vegetale di più di sei metri dicirconferenza, torreggiante in un anfrattodel bosco cui si giunge con breve sentiero.Il belvedere della Madonnina vi restituiràpoi luce e ampiezza di vedute.La strada prosegue attraversando Crezzo:poco prima dell’abitato una lapide ricorda

la morte di un giovane carabiniere, avve-nuta durante le operazioni di recupero del-l’ATR schiantatosi in questi boschi vent’an-ni fa, purtroppo senza lasciare superstiti.Da Crezzo si scende poi verso Lasnigocosteggiando il laghetto, pascoli, cascine einfine il torrente Lambretto destinato, unavolta giunto in paese, a confluire nelleacque del Lambro. Un tempo qui sorgeva una filanda, oggirimpiazzata da un recente caseggiato didiscutibili dimensioni che, posto a soffo-cante custodia della valle, vi farà non pocorimpiangere le perfette proporzioni di ciòche avete lasciato alle vostre spalle.Perché Crezzo, e la vita appartata che vi siconduce, restano impressi nella memoria,ed è difficile non tornarvi, come se qualco-sa ogni volta lanciasse il suo misteriosorichiamo: saranno le Grigne, bianche regi-ne dell’orizzonte, o il magico specchio dellago, o il canto dell’allocco che riempie l’a-ria notturna di fantasmi e sogni.

Mita Bolzoni

Il laghettodi Crezzo.(foto C. Muzio)

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ur trattandosi di una specie non anco-ra stabilmente presente nel territorio

comasco, il lupo sta pian piano ritornandosulle nostre montagne, rioccupando quellearee delle Alpi occidentali dove era statosterminato più di un secolo fa; la sua pre-senza è stata infatti già accertata negliscorsi anni in prossimità del confine italo-svizzero ed è verosimile che qualche esem-plare abbia recentemente “posato la suazampa” sul territorio comasco.Il lupo è una specie particolarmente pro-tetta, a cui la legge riconosce una enormevalenza biologica: la sua presenza è unchiaro indice di salute e completezza degliecosistemi, nei quali questo super-preda-tore per eccellenza assume il ruolo di rie-quilibratore e selettore delle popolazionipredate. Nel nostro territorio ciò vale inparticolare per il cinghiale ed il cervo, le cuipopolazioni costituiscono oggi una sicurarisorsa che può consentire la presenza delcarnivoro senza particolari interferenzecon le residue attività pastorali.Il Servizio Caccia e Pesca dell’Amministra-zione Provinciale di Como ha dato allestampe un interessante volumetto dal tito-lo “Sulle tracce del lupo”, curato daSimona Agnisetta, con lo scopo, - comescrive nell’introduzione Marco Testa,Responsabile del Servizio di Vigilanza eGestione Faunistica della Provincia diComo – di "tracciarne sin d’ora un realisti-co profilo che ponga nella giusta dimensio-ne una specie ingiustamente perseguitataaccanitamente nel passato, preparandociad accoglierla con civiltà e soprattuttosenza anacronistici allarmismi, attraversol’attivazione preventiva di una serie diinterventi di sensibilizzazione dell’opinionepubblica; ciò affinché si possa risolvere allabase l’atavico conflitto tra uomini e lupi e sipossa dire, con orgoglio ed in tutta serenità,evviva il lupo anziché gridare con infonda-to allarmismo al lupo! al lupo!".

Da questo volumetto abbiamo liberamentetratto le notizie che vi proponiamo nellepagine seguenti, per conoscere meglioquesto splendido animale.

IL LUPO,QUESTO SCONOSCIUTO

Il lupo, il cui nome scientifico completo èCanis lupus è uno strettissimo parente delcane domestico denominato invece Canislupus familiaris.Il cane e il lupo sono quindi la stessa spe-cie e, anche se non è possibile definire conesattezza il momento nel quale le due stra-de si sono separate dando inizio al proces-so di domesticazione che ha portato alla“trasformazione” del lupo in cane, si puòaffermare che ciò sia avvenuto tra 12.000e 15.000 anni fa. Entrambe queste specieappartengono alla vasta famiglia dei Cani-di che tra le sue fila include oltre al lupo, lavolpe il coyote, lo sciacallo e il Dingo. Lagrande somiglianza tra cane e il lupo siriflette anche sull'impronta delle lorozampe, infatti l'impronta del lupo è difficil-mente distinguibile da quella di un grosso

Il ritorno del lupo

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ANIMALI DI OGGI

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cane. Solo seguendo per un breve tratto lapista delle orme è possibile distinguerle,poiché le orme del lupo sono disposte l'unadietro l’altra e non a zig-zag come quelledei cani.

IL LUPO NEL MONDO

Il lupo, sino al 1800 era, dopo il leone, ilmammifero terrestre più diffuso e il suoareale occupava gran parte dell'emisferosettentrionale. In tempi più recenti, a par-tire dalla fine del 1800 e per tutto il ‘900,l’areale del lupo in Europa ha subito drasti-che riduzioni soprattutto in seguito allacompetizione territoriale con il suo nemicopiù agguerrito: l’uomo!L’intervento dell'uomoè stato così intenso daportare, nell'arco di unpaio di secoli, all’estin-zione del lupo in tutti ipaesi dell’Europa set-tentrionale e centrale,fatta eccezione perpochi esemplari stan-ziati in Italia, Portogal-lo, Grecia, Spagna,Iugoslavia e nei Paesiscandinavi. Solo negliultimi 20 anni qualchecosa è cominciato acambiare per i lupi. Lamigrazione dell’uomo

dalle montagne verso le città, l’incrementodegli animali di cui si nutre il lupo esoprattutto le numerose iniziative a prote-zione della specie, promosse un po’ in tuttii paesi europei, spiegano il suo ritornospontaneo.Visto l’areale di diffusione estremamentevasto, il lupo ha saputo nel tempo adattar-si ai più diversi ambienti; sono così com-parse diverse sottospecie la cui classifica-zione è però, tra gli esperti, ancora ogget-to di controversie. In particolare, in Europa,tutti i lupi vengono denominati Canislupus lupus, ma esistono notevoli differen-ze: in Italia e Spagna, ad esempio, i lupisono piccoli, più rossastri e soprattutto piùschivi degli animali che vivono nel NordEuropa.

IL LUPO IN ITALIA

Il lupo, abbondantemente diffuso nell’inte-ra penisola italiana sino alla metà del 1800,venne definitivamente eliminato dall’arcoalpino nei primi anni del ‘900. In Lombar-dia in particolare il lupo era presente, neiprimi decenni del 1800, non solamentenelle aree alpine e prealpine ma anche inpianura nelle brughiere. La caccia indiscri-minata di cui venne fatto oggetto, anchesostenuta da premi in denaro per le cattu-re e gli abbattimenti, la scomparsa deigrossi erbivori come cervi e caprioli, sueprede favorite, decretarono la definitivascomparsa del lupo dalla nostra regione.

Sopra: diffusionemondiale del lupofino alla fine del1800.Sotto: diffusionedel lupo nell’ItaliaNord occidentalenel 2001.

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Sino al 1970 era insediato stabilmente econ popolazioni al limite della sopravvi-venza solo in alcune aree molto impervie epoco abitate dell’Appennino centro-meri-dionale.Recentemente però il lupo ha fatto la suaricomparsa sull’arco alpino con individuiprovenienti da una popolazione installatasull’Appennino, tra Bologna, Firenze eGenova.Da queste località i lupi si sono spinti versoNizza e si sono immessi nel “corridoio eco-logico” dell'Arco alpino che dall’Italia portaalla Francia, alla Svizzera e alle provincepiù settentrionali dell’Italia del nord. Oggi ilritorno del lupo sull’arco alpino è ormaiaccertato: numerosi sono gli avvistamentinelle province piemontesi e nel confinanteCanton Ticino. Il suo arrivo non è comun-que improvviso e casuale, ma è il frutto diun progressivo processo di ricolonizzazio-ne naturale del territorio che ha per altrointeressato anche altre specie, come adesempio cervi e caprioli. Lo spopolamentodelle aree montane e il ritorno massiccio diquesti ungulati, unito alla presenza deicinghiali, sono condizioni sicuramentefavorevoli al ritorno di questo grande pre-datore.

COM’È FATTO UN LUPO

Chiunque, anche se non ne ha mai vistouno dal vivo sa, o si immagina quale sial’aspetto di un lupo: le foto dei libri o idocumentari in televisione ci mostrano unanimale molto simile ad un cane, unpastore tedesco per la precisione. Più diffi-cile però è capire quali siano realmente lesue dimensioni. A seconda della sottospe-cie, il peso di un lupo adulto varia da 12 a80 kg; quello del lupo italiano, è compresoin media tra 25 e 35 kg (un cane pastoretedesco pesa circa 32 kg).La lunghezza del lupo è di 1-1.5 m, allaquale bisogna aggiungere ancora 30-50cm di coda.L’altezza al garrese, misurata alla spalladell’animale è per il lupo italiano di 60-70cm (è dunque un po’ più alto di un pasto-re tedesco, che invece misura solo 55-65cm).La colorazione del pelo è molto variabile:esistono lupi bianchi, neri, grigi e maculati.Il colore della pelliccia non varia solo aseconda della sottospecie, ma anche daindividuo a individuo, cosi può succedereche in un’unica cucciolata ci siano lupac-chiotti bianchi, neri e grigi. La pelliccia dei (foto R. Ambrosi)

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lupi in Italia e Francia ha per lo più unacolorazione marrone rossiccia, più grigiadurante la stagione invernale e nei sogget-ti giovani.

DOVE VIVE IL LUPO

Il lupo vive negli ambienti naturali piùdisparati ma l’habitat preferito è caratte-rizzato da foreste, sia di pianura che mon-tane, con ampie radure. Elementi impor-tanti per la sua sopravvivenza sono la pre-senza di spazi in cui possa nascondersidurante il giorno, e di risorse alimentarisufficienti. In questi casi la specie puòvivere anche molto vicina all'uomo: sonodiventati famosi i cosiddetti “lupi mangiaspaghetti” che si nutrono nelle discarichedi rifiuti alla periferia di Roma. Malgradoquesti episodi di apparente confidenza congli uomini, però, il lupo è, e resta, un ani-male molto riservato e difficile da incon-trare.

LA VITA SOCIALE DEL LUPO

Il lupo è un animale notturno: gioca e ripo-sa nelle ore diurne, mentre di notte praticala caccia che avviene generalmente inbranco. I lupi vivono in piccoli gruppi, chepresentano una struttura sociale ben defi-

nita, composti da un maschio e una fem-mina, accompagnati dai cuccioli natidurante l'anno e, a volte, da quelli ormaiadulti nati nelle stagioni precedenti (in Ita-lia i branchi raggiungono, generalmente,un massimo di 10 individui). Questo tipo divita offre loro numerosi vantaggi: possonodifendere meglio il territorio, sfruttare inmaniera più efficiente il nutrimento adisposizione e, soprattutto, allevare i pic-coli in condizioni di sicurezza.La vita di branco è basata su regole gerar-chiche abbastanza precise ed è caratteriz-zato dalla predominanza del maschio sullafemmina e, a sua volta, da quella dellafemmina sugli altri individui. Per fare in modo che la vita nel brancofunzioni, i lupi necessitano di un “linguag-gio” ben comprensibile. I lupi infatti comu-nicano fra loro per mezzo di espressionifacciali, sguardi, posizioni del corpo, ulula-ti, guaiti, ringhi e odori. L’ululato ha anchela funzione di coesione del branco ed è unsegnale di delimitazione del territorio.Un branco di lupi occupa un territorio lecui dimensioni possono variare notevol-mente: in America si sono misurati territo-ri fino a 1800 km2; in Italia, nella regioneAbruzzo i branchi di lupi occupano gene-ralmente territori compresi tra i 120 e i 200km2, mentre in Francia, nel Mercantour, ilterritorio di un gruppo può arrivare fino a200 km2. Esistono anche lupi che non vivo-no in branco, sono i così detti “lupi solita-ri” che vivono negli spazi lasciati liberi traun branco e l’altro.

IL LUPO E LA FAMIGLIA

Gli accoppiamenti si verificano verso lafine dell'inverno, nel mesi di febbraio emarzo; la gestazione dura circa 60 giorni(proprio come quella del cane domestico!);in genere nascono dai 4 ai 6 cuccioli allavolta e solo dalla femmina “capo branco”.Dopo circa 35 giorni di allattamento i cuc-cioli svezzati escono dalla tana e comincia-no a partecipare alla vita sociale del grup-po, con il quale verso i 6 mesi iniziano acacciare. La maturità sessuale, e quindi lacapacità riprodursi a loro volta, viene rag-giunta solo dopo 2 anni.

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COSA MANGIA IL LUPO?

Il lupo è un carnivoro che in alcuni casipuò cibarsi anche di carogne. Generalmen-te però preda animali vivi, di dimensioniassai variabili: da quelle di un topo fino aquelle di un cervo. È un opportunista checaccia di preferenza le prede più numerosee più facili da catturare, come gli animaligiovani, e quindi inesperti, e gli individuivecchi e malati, incapaci di darsi alla fuga.Cerca di avvicinarsi il più possibile allapreda senza farsi vedere; non appena que-st’ultima comincia la fuga la rincorre velo-cemente, e se si mostra in buone condizio-ni fisiche, la caccia viene di regola interrot-ta. Al contrario, se i lupi si sentono piùforti, la preda può essere inseguita ancheper diverse centinaia di metri finché nonviene raggiunta.L’uccisione di prede di medie dimensioni,come caprioli o pecore dura di regola solopochi secondi: il lupo in corsa morde lapreda al collo o sulla nuca e lo shock chesegue questo morso porta all’arresto car-diaco o alla rottura della spina dorsaledella malcapitata.L'attacco ad animali più grandi, come adesempio un cervo, è molto impegnativo,dura più a lungo e può diventare pericolo-

so anche per i lupi. In Europa, il lupo cac-cia per lo più cervi, caprioli, camosci,mufloni e giovani cinghiali, come pure ani-mali da reddito, soprattutto pecore, capree vitelli. In mancanza di prede più ambite sinutre anche di uccelli, rettili, anfibi, insetti,frutta e, in casi estremi, visita anche lediscariche di rifiuti. Si è calcolato che unlupo italiano adulto necessita per il sosten-tamento di circa 1,5 kg di carne al giorno,più o meno la stessa quantità di un grossocane.

IL LUPO E L’UOMO

Il Lupo nell’antichità era per alcuni popoliun animale sacro. I Lucani (gli antichi abi-tanti dell’attuale Basilicata) lo veneravanocome un Dio e dalla parola “lùkos”, che ingreco significa appunto lupo, hanno pro-babilmente preso il nome. Nella mitologiaromana è famosa la leggenda dei gemelliRomolo e Remo allattati da una lupa. Nel-l’antica Roma questo animale, caro al DioMarte, veniva venerato con il nome di“lupercolo”. Durante questo periodo storicogli uomini non ritenevano il lupo un ani-male particolarmente pericoloso, anzi, inalcuni casi lo consideravano persino porta-

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tore di presagi favorevoli, una specie diporta fortuna. Le favole sul lupo di questoperiodo storico, per esempio quelle diFedro non forniscono, a chi le ascolta,un’immagine del lupo totalmente negativa.In esse il lupo resta sì un predatore, ma unpredatore comunque scaltro, veloce eamante della sua vita libera e difficileDurante il medioevo l’atteggiamento del-l'uomo verso il lupo cambia. Per l’uomomedioevale il lupo è un animale totalmen-te negativo, il simbolo della paura incon-trollabile, e pertanto viene trasformato,nell’immaginazione collettiva, in unaentità pericolosa e crudele, non solo neiconfronti delle mandrie e delle greggi, maanche dell’uomo stesso. Le ragioni di que-sta visione così negativa vanno ricercatenelle trasformazioni dell’ambiente natura-le e del passaggio agrario avvenute dopo lacaduta dell’Impero Romano. Nel corso delMedioevo l’uomo perde la capacità didominare l’ambiente naturale, vede dimi-nuire la propria supremazia sugli animali ecomincia a temere tutto ciò che non riescepiù a controllare. L’incremento delle atti-vità agricole legate all’allevamento, a sca-pito delle coltivazioni, provoca lo scontrofra i due grandi divoratori di carne: l’uomoe il lupo. Il lupo diventa così, in termini ali-mentari, un concorrente temibile e unaminaccia costante contro cui combattere.Fino a l’altroieri. Fino a poco tempo fa,infatti, questo discusso predatore venivaperseguitato con ogni mezzo ed esistevanopersino premi statali per la sua cattura.Oggi il lupo è protetto in molti paesi daconvenzioni internazionali, leggi nazionalie regionali. In Italia la prima disposizione di legge aprotezione del lupo risale al 1971 quandoun Decreto del Ministro dell’Agricoltura edelle Foreste emana un “divieto di cacciatemporaneo” trasformato in divieto asso-luto nel 1976 che dichiara illegale anchel’uso di trappole ed esche avvelenate.La Legge Nazionale n. 968 del 1977 e lasuccessiva L. 157/1990 hanno definitiva-mente dichiarato il lupo “specie particolar-mente protetta”. A queste disposizioni sonopoi seguite alcune Leggi Regionali che,oltre a ribadire la protezione integrale dellupo, hanno previsto l’indennizzo per i

danni al patrimonio zootecnico causati daquesto predatore. La prima Regione adoperare questa scelta è stata l’Abruzzo nel1976. Attualmente alcune regioni, oltre adindennizzare gli allevatori, contribuisconoalla spesa per l'acquisto di cani da pastoreaddestrati alla difesa del gregge.A livello internazionale il lupo è inclusonelle specie “vulnerabili” ed è nella “listarossa” delle specie minacciate, predispostadall’Unione Internazionale per la conserva-zione della Natura e delle Risorse Naturali(I.U.C.N.). La Comunità Europea lo ha inclu-so nell’appendice II della Convenzione diBerna (1979), sottoscritta anche dall’Italia:in essa il lupo viene definito “specie pro-tetta che necessita di tutela particolare”.In base a tale Convenzione è proibita la suacattura, la sua uccisione e la distruzione ditane.

(Le immagini allepp. 4-5-7-8 sonotratte dal citatovolume “Sulle traccedel lupo”.)

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icuramente a molti abitanti lombardi ècapitato di trovarsi di fronte a un fos-

sile che ha fatto sorgere in loro curiosità eforse anche una sorta di perplessità.I luoghi in cui è più facile imbattersi inaffioramenti fossiliferi sono i calcari trias-sici delle Dolomiti altoatesine e delle Preal-pi Lombarde dove affiorano impronte diconchiglie bivalvi dei generi Conchodon oMegalodon (conchiglie a due valve come leostriche, le vongole o i mitili) che risaltanosulla superficie rocciosa in sezione trasver-sale assumendo una strana forma a“cuore”. Questi curiosi segni, paragonati a“tacche” incise nella roccia, vennero scam-biate dai pastori per impronte di mandriedi cavalli o, secondo altri, segni del passag-gio del demonio dalla “zampa simile allozoccolo di cavallo”. Sul Sasso Malascarpa,nel Triangolo Lariano, questi fossili eranoaddirittura scambiati per impronte lasciatedagli zoccoli dei cavalli spronati dalle stre-ghe durante le loro diaboliche cavalcate suqueste impervie pareti. Una curiosa leggenda legata a questi fos-sili circola ancora oggi tra gli abitanti dellaTremezzina, sulla sponda occidentale delLago di Como. Nei prati del Dossone di Nava o di Bonza-nico (Prà della Taca), dove si rinvengononumerosi fossili di megalodonti, si trova il“Buco della Rotella”, una grotta verticaleche scende per 100 m nelle viscere dellamontagna. La presenza della grotta e deifossili dalla curiosa forma a “zoccolo dicavallo” hanno fatto sorgere teorie fanta-siose tra gli abitanti del luogo. La leggendanarra di un vulcano che scatenò un’eruzio-ne apocalittica, esauritasi la quale, lasciòun baratro profondo (Buco della Rotella).L’evento immane provocò la fuga di man-drie di cavalli e addirittura del diavolo, le

cui impronte rimasero impresse nella roc-cia ancora calda e malleabile. A sostegno di questa leggenda, si ipotizzòla presenza di rocce laviche, eruttate dalvulcano in diversi blocchi di colore rossa-stro: oggi sappiamo che questi blocchisono massi erratici trasportati da un anti-co ghiacciaio e deposti nelle vicinanze diTremezzo-Griante.

S

ANIMALI DI IERI

I MEGALODON (Megalodon gümbeli) e i CONCHODONcostituiscono due fossili guida delle formazioni roccioserisalenti al Triassico superiore (Norico-parte terminaledel Retico), circa 200 milioni di anni fa. Queste forma-zioni, descritte dall’illustre geologo Antonio Stoppani frail 1858 e il 1881, prendono il nome di Dolomia principa-le a Megalodon gümbeli e di Dolomia a Conchodon infra-liasicus, dai due lamellibranchi più abbondanti. I mollu-schi descritti, che potevano raggiungere i 20 cm di lun-ghezza, vivevano sul fondo di lagune ipersaline localizza-te in corrispondenza di piattaforme marine. Il clima,molto diverso dall’attuale, doveva essere molto caldo,probabilmente le condizioni generali erano analoghe aquelle degli attuali tropici.

La leggenda degli“Zoccoli del Diavolo”

Impronta diConchodon,scambiata

erroneamente perlo zoccolo del

cavallo.(foto A. Selva)

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Una variante dellaleggenda narra l’arri-vo di un’ “arca” dallaquale sarebbero sbar-cati numerosi animalilasciando impresse leloro impronte sul ter-reno fangoso (oraconsolidato). Questefalse tracce sono inrealtà numerosecavità dovute all’ero-sione dell’acqua checorrode le rocce cal-caree originandoforme variabili. Essesono state interpreta-te dalla medesima

fantasia come impronte di orsi, galline ealtri animali. Il calderone delle leggende trova spazioanche per l’immagine del sacro, infattiesemplari ridotti di Megalodon venneroattribuiti ai “passi della Madonna”.Il gomitolo delle leggende, radicate ancoratra gli abitanti più anziani, cominciò a sfu-mare verso la metà del 1900: il migliora-mento e l’incremento delle strutture scola-stiche, i mezzi di comunicazione a disposi-zione di tutti e l’affermazione definitiva diuna moderna e fiorente paleontologiahanno permesso la circolazione del con-cetto di fossile. Il rinvenimento casuale diconchiglie pietrificate era spiegato secon-do leggi naturali, infatti le persone “inter-rogate” circa la natura di questi stranifenomeni geologici rispondono: “è unaconchiglia pietrificata, infatti qui una voltaera tutto coperto dal mare!!”. Questa sem-plice affermazione racchiude un enormemutamento del pensiero scientifico: “l’ideache la Terra presentasse un aspetto diversodall’attuale e che questo ambiente sia par-zialmente cambiato nel tempo!”. Gli scien-ziati avevano insegnato a prendere in con-siderazione la Bibbia (che affermava la sta-bilità della terra) solo dal punto di vistareligioso e non da quello scientifico. E’opportuno precisare che se analizziamodettagliatamente l’affermazione “qui unavolta era tutto coperto dal mare!” ritrovia-mo ancora degli errori di interpretazionerispetto alle moderne concezioni della

geologia; infatti, ancora oggi, molte perso-ne sono convinte che il mare ricoprisse ilterritorio come lo si trova allo stato attua-le. Per esempio, rimanendo in ambito loca-le, l’acqua marina avrebbe occupato i terri-tori attuali lasciando emergere (a detta dimolti) le montagne più alte. Si tratterebbecosì di una forte invasione marina perdu-rata per molto tempo, un tempo così lungoda lasciare tracce di organismi marini pie-trificati.Questa interpretazione riporta alle teorie diRistoro d’Arezzo (1282) che trovava neldiluvio universale la causa della presenzadi fossili marini sulle montagne. In epocasuccessiva (1517) Girolamo Fracastorosostenne correttamente che un’invasionemarina come quella diluviale, essendostato un episodio limitato nel tempo,avrebbe lasciato le spoglie degli animalisolo sulla superficie delle montagne e non(come avviene realmente!) all’interno diesse. In realtà oggi sappiamo che le Prealpi sonospaccati di sedimenti accumulatisi nelfondo del mare e poi risaliti in seguito almovimento dei continenti e l’apertura dinuovi bacini oceanici. Noi giornalmentepercorriamo quello che rimane di un por-tentoso accumulo di sedimenti che unavolta erano in fondo a un bacino oceanico;la collisione, avvenuta 100 milioni di annifa, tra la Placca Europea e la Placca Africa-na ha sollevato tutto questo materialecreando le montagne. Non è l’acqua mari-na che ha invaso il territorio ma, al contra-rio, le Prealpi, un tempo fondo marino fan-goso, sono state sollevate sino a raggiun-gere la conformazione attuale.

Attilio Selva

Un Megalodon dellaTremezzina, fossileguida del Triassico.(foto A. Selva)

Impronta diConchodon,scambiataerroneamente perlo zoccolodel diavolo.(foto A. Selva)

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l ciclo dell’acqua, alle nostre latitudini, fasì che le risorse idriche sotterranee di

un determinato territorio od acquiferocorrispondano al volume di acqua di piog-gia che nel corso di un anno riesce ad infil-trarsi nel sottosuolo ed a raggiungere lafalda freatica (infiltrazione efficace) e diqui, eventualmente, le falde più profonde.Se ogni anno il prelievo d’acqua dal sotto-suolo è pari alla risorsa, l’acqua nel serba-toio, ad inizio di ogni ciclo, mantiene sem-pre lo stesso livello: la riserva rimane inva-riata. Se il prelievo dai pozzi (e/o l’eroga-zione dalle sorgenti) supera la risorsa, ilivelli si abbassano a spese della riserva; sei prelievi si riducono, i livelli si innalzano avantaggio della riserva che s’impingua.In Lombardia, e nei paesi di clima tempera-to, l’acqua sotterranea è un bene rinnova-bile con cadenza annuale, inserita com’è inun ciclo con precipitazioni stagionali. Neipaesi di clima arido (come nel Sahel) le sta-

gioni piovose che danno luogo ad infiltra-zione efficace si verificano una volta ogni5-10-20 anni, sicché la riserva disponibiledeve tener conto della distribuzione su piùdi un anno delle piogge cadute negli annifavorevoli. Nei deserti algerino, tunisino edella penisola arabica sono operativigiganteschi progetti di estrazione di acquadal sottosuolo per l’approvvigionamento dioasi e città costiere: l’acqua estratta è stataimmagazzinata nel corso dei periodi plu-viali dei millenni passati e non è più rein-tegrabile attualmente: in questo caso larisorsa disponibile è nulla e si sta proce-dendo (ci asteniamo da ogni giudizio inmerito) allo svuotamento di un serbatoio(la riserva) riempito in periodi con climadiverso dall’attuale.Se un bene è rinnovabile in tempi brevi (èil caso ad esempio dell’acqua, dell’energiaeolica, ecc.), se ne possono valutare riservee risorse; se un bene non è rinnovabile, o èrinnovabile solo in tempi geologici (carbo-ne, petrolio, ecc.), la valutazione possibileattiene alle sole riserve.

U. Guzzi

I

UOMO E NATURA: INCONTRI E SCONTRI

Definizioni da non dimenticare:

Riserva: quantità totale di acqua immagazzinata entro uno o più stratiacquiferi (o rocce serbatoio) e potenzialmente estraibile. Ha ladimensione di un volume e si esprime comunemente in metricubi d’acqua.

Risorsa: volume di acque sotterranee estraibili in un determinato inter-vallo di tempo senza che venga compromessa la corrisponden-te riserva. Ha la dimensione di un volume diviso per un tempoe si esprime comunemente in metri cubi per anno d’acqua.

Riserve e risorse idriche

Tin Felki (Hoggar,Algeria): pozzo

scavato“tradizionale”.

La falda idrica èprossima alla

superficie,le risorse sono

irrisorie,ma garanzia di

sopravvivenza per inomadi Tuareg.

(foto U. Guzzi)

Chiavenna:una fontana.

Indizio di risorseidriche abbondanti.

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ome riportato nei numeri più recen-ti di “Natura e Civiltà”, l’acqua che si

beve a Milano e nei comuni limitrofi è ingran parte quella caduta direttamentedal cielo e che riesce ad infiltrarsi nelsottosuolo fino a raggiungere il livellosuperiore della falda freatica (o tavolad’acqua). Sotto la tavola d’acqua tutti ivuoti del sottosuolo sono saturi di acqua,e questa si muove lentamente, con lineedi flusso sub-orizzontali, entro gli stratipermeabili che la imprigionano (i cosid-detti “acquiferi”).Lungo una stretta fascia di territorioallungata da ovest ad est, fra Ticino edAdda, e servita dal sistema irriguo delCanale Villoresi, l’acqua di falda è inparte alimentata dalle acque superficialiprovenienti dal Ticino. Lo stesso dicasi,ma in percentuale assai piccola (a causadello spessore elevato e della continuitàareale degli strati argillosi del sottosuolo,che ne impediscono la percolazione ver-ticale), per le acque derivate per scopoirriguo dal Naviglio Grande e dal Navigliodi Pavia.Nel Milanese gli acquiferi sono costituitida ghiaie, sabbie e conglomerati (il“ceppo”, ben osservabile lungo le rive delLambro), intervallati da livelli di argilla (siveda la sezione idrogeologica su Natura eCiviltà 2005, pag. 6).Gli strati alluvionali (e/o fluvioglaciali) rag-giungono e superano i 400 metri di spes-sore. Più in basso giacciono strati più anti-chi, arenaceo-argillosi, di età pliocenica,miocenica o del Paleogene: sono anch’essidi origine sedimentaria ma di ambientemarino, e sono più compattati dei depositisovrastanti. Ancora più sotto si incontrano,sotto i 5000 metri, i calcari e le dolomie delMesozoico (Era Secondaria).

Al di sotto del primo acquifero (freatico),esistono ulteriori acquiferi più profondi,delimitati verso l’alto da livelli di argilla.Questi acquiferi sono detti anche acqui-feri “in pressione”, perchè quando ven-gono raggiunti dalla trivella della perfo-razione, l’acqua che vi è contenuta risale,per la pressione, al di sopra del livelloargilloso che lo sovrasta, ed in genereraggiunge o supera il livello della faldafreatica sovrastante.I pozzi per acqua hanno profondità mas-sima di circa 200 m, poichè al di sotto laconcentrazione dei sali disciolti aumentasempre più rendendo l’acqua inutilizza-bile.Gli strati alluvionali dall’alta pianurascendono, con pendenze intorno all’1%,fino ai confini di Milano, e di qui, conpendenze più lievi (0,5-0,2 %), fino aiconfini meridionali della Provincia; dalleghiaie dell’alta pianura si passa alle sab-bie, ai limi ed alle argille prevalenti dellabassa pianura. La linea dei fontanili,intercettata alla latitudine di Milano,rappresenta la emergenza di acque ineccesso rispetto alla capacità di traspor-to degli acquiferi superficiali.Sotto i nostri piedi, ad una profonditàminima di 30-40 metri e massima di180-200 metri dal piano campagna,scorre l’acqua captata per gli acquedotti.La falda freatica, che vi sta sopra, èesclusa dall’uso acquedottistico perchépiù direttamente soggetta a contamina-zione. I pozzi attingono invece dalle faldesottostanti perché, localmente protetteda strati argillosi, sono meglio garantiterispetto ad ogni forma di contaminazio-ne. Si tratta di acqua di pioggia caduta aterra poco distante (una decina di chilo-metri al massimo), a monte del punto di

Il sottosuolo di Milanoe le oscillazioni di livello delle falde idriche

C

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captazione; essa risente delle condizionidell’aria e del suolo attraversati, ma, nelsuo percorso sotterraneo, soprattutto neiprimi centimetri, è oggetto di depurazio-ne naturale fisico-chimico-biologica.Milano è nata sull’acqua ed all’acquadeve la sua fortuna. Verso la metà del‘900 i livelli piezometrici degli orizzontiacquiferi captati dai pozzi di acquedotto(coincidenti perlopiù con i livelli dellacorrispondente falda freatica), avevanouna soggiacenza (profondità rispetto allasuperficie, o piano campagna) di pochimetri (17 m a Bovisio Masciago, 9 m aCusano Milanino, 7 m in piazza Cantore aMilano, 4 m a Pieve Emanuele).Nei decenni successivi al secondo dopo-guerra gli emungimenti sfrenati determi-narono abbassamenti giganteschi, del-l’ordine di alcune decine di metri (nellelocalità sopra citate, negli anni ‘70 simisurarono rispettivamente 40, 24, 27 e6 metri di soggiacenza).Di pari passo con l’abbassamento deilivelli si ebbe un progressivo aumentodella salinità e della durezza dell’acqua.L’abbassamento dei livelli freatici deter-

minò anche gravi conseguenze sulla sta-bilità degli edifici più antichi, primo fratutti il Duomo di Milano, per il costipa-mento differenziale delle argille del sot-tosuolo al passaggio da condizioni diambiente saturo ad insaturo.A partire dagli anni ‘80 l’allontanamentoda Milano o la cessazione di attivitàindustriali idroesigenti e la riduzioneprogressiva degli sprechi determinarono,pur con alterne vicende, un innalzamen-to generalizzato dei livelli della faldafreatica e dei livelli piezometrici degliacquiferi sottostanti.Questo innalzamento incutè timore neigruppi di interesse che nei primi anni ‘90avevano iniziato una intensa attività diopere pubbliche e private nel sottosuolomilanese (box sotterranei, gallerie e sta-zioni della metropolitana, ecc.). Molti diquesti manufatti vennero sommersi dalleacque di falda e richiesero, per evitarnel’abbandono, costose opere di protezio-ne. Purtroppo per rimediare ai danni edevitarne un ulteriore aggravamento lacommittenza pubblica si rivolse agli stes-si professionisti ed imprese che avevano

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ignorato l’abbondante documentazionedi carattere idrogeologico-idraulicodisponibile presso Provincia, ConsorzioAcqua Potabile ed Acquedotto di Milano.Gli interventi successivi pertanto, con-dotti senza attenzione per gli equilibrinaturali del territorio, mirarono a contra-stare con mezzi artificiali il fenomenonaturale della risalita delle falde.Con denaro pubblico vennero perforatedecine di pozzi con il solo scopo di man-tenere innaturalmente depressi i livelli difalda. L’efficacia dell’operazione è dimo-strata dalla raggiunta stabilizzazione“artificiale” dei livelli, a partire dallaseconda metà degli anni ‘90, fino atutt’oggi.Quanto costi e costerà questa operazioneai cittadini è facile da verificare: oltre aicosti di costruzione e gestione dei pozzidi emungimento dalle falde superficiali,occorre computare l’aggravio dei costi difornitura dell’acqua potabile per: pozzipiù profondi, pompe di maggiore poten-za, maggiore lunghezza di tubazioni ecavi in pozzo.Ancor più gravi sono però le conseguen-ze sull’equilibrio idraulico degli acquiferi,

sulla quantità delle risorse, sulla quantitàdelle riserve disponibili, ed infine sullaqualità dell’acqua.Infatti:- all’abbassamento delle falde per prelie-

vo eccessivo rispetto alla risorsa dispo-nibile (oltre che allo sversamento e dif-fusione sul suolo, nel suolo e nell’ariadi sostanze inquinanti del più variotipo) è da attribuire l’aumento dellasalinità e della durezza delle acque difalda, ovvero il peggioramento dellaqualità dell’acqua che esce dal rubinet-to;

- l’abbassamento dei livelli di falda, ridu-cendo artificiosamente la riserva dispo-nibile, mette a rischio la disponibilità diacqua nell’occasione di eventuali sta-gioni o serie di stagioni siccitose.

Umberto Guzzi

Oscillazioni dei livelliin alcuni pozzipubblici a N diMilano: si osservinoi minimi piezometri-ci del 1975-77 e1992-93 e lerisalite dei livellinegli anni 1978-79e 1993-98.(U. Guzzi: Variazionidi livello nelle faldeidriche della pianuranord milanese econcentrazione dinitrati. Acque Sotterranee,settembre 2000,n.2, fascicolo n.67,19-36)

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ufficiale l’accordo tra la Provincia diComo ed il Centro Geofisico Prealpino

Lariano per lo sviluppo di un sistema dimonitoraggio dei fenomeni atmosferici sulterritorio provinciale. Fortemente volutodal Presidente Carioni e dagli Assessori allaSanità e Protezione Civile Frigerio e all’Eco-logia Cattaneo, l’accordo pone le basi perla creazione di una rete di raccolta di datimeteoclimatici a livello provinciale, nell’ot-tica di un’azione di previsione e prevenzio-ne del rischio idrogeologico e delle cala-mità naturali, nell’ambito delle attività diProtezione Civile e Ambientale. A questoproposito abbiamo incontrato MaurizioCaminada, fondatore e presidente del Cen-tro Geofisico Prealpino Lariano (conosciu-to ai nostri lettori per alcuni interessantiarticoli pubblicati sulla rivista N.d.R.). "Ilnostro Centro è stato ufficialmente costi-tuito nel novembre del 2004, su modello delpiù famoso Centro Geofisico Prealpino diCampo dei Fiori (VA), fondato nel 1956 daSalvatore Furia, noto in tutto il mondo pergli studi e le ricerche nel campo della clima-tologia, della geofisica, della sismica e dellaradiometria. Per decenni ho collaboratocon il Prof. Furia come referente per la pro-vincia lariana; poi, anche su sollecitazionedell’Amministrazione Provinciale di Como,abbiamo ritenuto più opportuno creareanche sul Lario un centro analogo. Le duestrutture lavorano in piena collaborazionee sinergia, ma sono dotate di piena autono-mia". Il gruppo di lavoro del Centro Geofi-sico Prealpino Lariano è costituito da 9operatori, la maggior parte dei quali lau-reati o laureandi in discipline scientificheambientali, con competenze tecniche, elet-troniche, statistiche, ma soprattutto unitida una grande passione per il loro territo-rio.

UNA RETE METEOCLIMATICA

"Il grande impegno del nostro Centro per ilprossimo futuro sarà quello di progettare erealizzare una rete primaria di stazioni, dif-fuse sul territorio provinciale, per la raccol-ta di dati meteoclimatici condivisibili alivello nazionale ed internazionale, provve-dendo alla sua gestione scientifica e tecni-ca". Di questa rete fanno già parte tre sta-zioni di proprietà della Comunità MontanaTriangolo Lariano, posizionate rispettiva-mente a Canzo (la prima in assoluto dellaProvincia, inaugurata nel 1997 ed intitola-ta al grande geologo Giuseppe Nangeroni),all’Alpe del Borgo sulle pendici sud-occi-dentali del Monte San Primo e a Bellagio;

Il Centro GeofisicoPrealpino Lariano

È

METEOROLOGIA

Alcuni sensori dellaStazione Meteocli-

matica di Canzopresso la sededella Comunità

Montana.

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nonché altre due stazioni della ComunitàMontana Alpi Lepontine situate a Menag-gio presso il giardino di Villa Vigoni e a SanNazzaro Val Cavargna ed infine una di pro-prietà dell’Amministrazione Provinciale diComo, all’interno del parco di Villa Erba aCernobbio. Queste installazioni sarannopresto affiancate da ulteriori stazioni, perla cui realizzazione Caminada sta già pren-dendo contatti con gli enti locali interessa-ti, soprattutto con le Comunità Montane.In particolare ne sono previste a breve inValle Intelvi sul Monte Brione, nella Pianadi Porlezza ed in Valle Albano. In cosa con-siste e come funziona una stazione?: "Sitratta delle cosiddette “Stazioni meteocli-matiche universali”, realizzate con lamigliore tecnologia disponibile sul merca-to, sulla base di accurate e rigorose prescri-zioni per garantire la validazione e la certi-ficazione dei dati a livello internazionale. Inpratica sono costituite da una serie di sen-sori che rilevano automaticamente ognidue minuti determinati parametri. Abbia-mo dunque un termometro per la misura-zione della temperatura dell’aria; un geo-termometro per la temperatura del suolo;un igrometro per la rilevazione dell’umiditàdell’aria, un radiometro per la valutazione

quantitativa della radiazione diffusa(ovvero della componente diretta e riflessadell’energia solare in arrivo sulla Terra); unbarometro per il rilevamento della pressio-ne atmosferica; un anemometro per ladeterminazione della velocità e della dire-zione del vento e infine un pluviometro perla misurazione della quantità di precipita-zioni". Le informazioni vengono raccolteattraverso un sistema computerizzato chegestisce sia l’archivio dati, sia il funziona-mento delle stazioni e ha la possibilità dicorreggere automaticamente la lettura deisensori in caso di avaria.Accanto ad alcune stazioni meteoclimati-che universali verranno realizzate le“capannine meteorologiche”, delle piccolestrutture in cui sono posizionati diversistrumenti meccanici di riferimento (termo-metri, igrometri, barometri) che devonoperiodicamente essere letti da un operato-re per ottenere dati necessari alla verificadei sensori automatici. Attualmente sonopresenti a Bellagio e a Erba, ma ne sono inprogetto altre a Canzo, Porlezza, Gravedo-na, Cantù.Le informazioni ricavate dalla rete di rile-vazione, opportunamente elaborate, per-metteranno di impostare uno studio del

Alcuni sensori dellaStazione meteocli-matica di Canzo.

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clima locale e della regione Insubrica, defi-nito dalle caratteristiche medie del tempoatmosferico rilevate sul lungo periodo.L’importanza di un’approfondita cono-scenza degli eventi meteorologici cheinfluenzano le attività umane è molteplice:dalla possibilità di creare modelli per laprevisione del tempo su scala locale, allacapacità di anticipare le dinamiche idro-geologiche del territorio in un’ottica diprevenzione dei rischi. E dunque il valoresociale ed economico di un simile studio ènotevole. Entro un paio d’anni sarà dispo-nibile al pubblico 24 ore su 24 un bolletti-no meteo predisposto a cura del CentroGeofisico Prealpino Lariano.

CLIMA, SALUTE E TURISMO

Nell’intenso programma del Centro Geofi-sico Prealpino Lariano, in accordo con laProvincia di Como, c’è anche un rilevanteprogetto pilota di studio dell’impatto delleradiazioni ultraviolette (i cosiddetti “raggiUV”) sul clima e sulla salute. Il “SolariumProject”, questo il suo nome, è stato messoa punto in collaborazione con il CNR diRoma (in particolare con i Prof. ClaudioRafanelli e Ivo di Memmo, esperti di famamondiale nel settore) e con l’Istituto Supe-riore della Sanità. Un vero e proprio “fioreall’occhiello” per la nostra provincia, chesarà la prima a dotarsi, entro un paio d’an-ni, di un sistema di centraline per la rileva-zione dei tre tipi di radiazioni ultraviolette(gli UVA, gli UVB e gli UVC), distribuite neidiversi angoli del territorio lariano. Nel-l’ambito del progetto, guar-dato con interesse dai piùprestigiosi Enti di Ricerca ita-liani ed internazionali (com-presa l’Organizzazione Mon-diale della Sanità), è in pro-gramma nella nostra cittàl’organizzazione di un Work-shop ad alto livello per loscambio di informazioni con imedici, al fine di stabilire unacorrelazione tra i dati raccol-ti con gli studi epidemiologi-ci su particolari malattieoncologiche quali i tumori

alla pelle e agli occhi. Con i dati a disposi-zione sarà anche predisposto un bollettinogiornaliero con preziosi consigli per l’espo-sizione al sole e sulle precauzioni da adot-tare, rivolto sia ai residenti che ai turisti. Edè proprio il rapporto tra clima e salute unodei filoni di interesse del Centro Geofisico.È in programma infatti nei prossimi anniuno studio approfondito degli effettibenefici del clima lacustre su alcune pato-logie, quali le cardiopatie e i reumatismi, incollaborazione con alcune Università ita-liane, con l’organizzazione di un convegnoper rilanciare un turismo lariano su basemedica.

MONITORAGGIODELL’ATTIVITÀ SISIMICA

Un altro importante progetto già iniziato èla realizzazione di una stazione per il rile-vamento dei movimenti della crosta terre-stre, finanziata attraverso l’intervento digruppi industriali lecchesi. La stazione, ubi-cata in una località a confine tra le provin-ce di Como e di Lecco, sarà completataentro il prossimo anno e, dopo il collaudoe la certificazione da parte di un Enteinternazionale, potrà essere inserita nellarete sismologica nazionale e regionale,svolgendo così un’importante funzione nelcampo della Protezione Civile e della ricer-ca scientifica.

Silvia Fasana4 febbraio 2006

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el complesso del Palazzo delleStelline* in Corso Magenta, è com-

preso un piccolo giardino che prendetale nome in ricordo di una villa abita-ta, si dice, da Leonardo; gliela avrebbedonata Ludovico il Moro insieme a unvigneto che sembra sorgesse all’incircain questa zona. Sul retro del Palazzouna terrazza si affaccia sul giardino acui da qui si accede. C’è però un altroingresso da Via De Togni. (figura 1)

ulla terrazza, che è esposta a sud equindi soleggiata, vediamo degli ulivi

e delle palme in vaso (figura 2 e 3). Il giar-dinetto è proprietà privata, ma ne è con-sentito l’uso al pubblico a condizione chese ne rispetti il verde, molto curato, e nonsi disturbino le numerose attività chehanno luogo nel palazzo (congressi, confe-renze, mostre, ecc.).

*Vedi notizie sul Palazzo delle Stellinenel numero 10 del 1999 di Natura eCiviltà.** Il nostro Gruppo visitò qualche annofa la Fondazione A. Pomodoro quandoessa era ancora a Quinto de’ Stampiverso Rozzano, e ne ammirò le numero-se opere.

Gli Orti di Leonardo

N

MILANO: ANGOLI DI VERDE

S

cco un piccolo cortile in cuiè inserita in mezzo al verde

una colonna bronzea fessurata,opera di Arnaldo Pomodoro**.Questo spazio è chiuso e silen-zioso e l’ambientazione dellascultura è consona alle conce-zioni dell’artista che colloca lesue opere in modo che siano ilperno dello spazio circostante.(figura 4)

testo e foto diMaria Luisa Righi

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opo anni di tentennamenti e messag-gi contraddittori provenienti dal

Cremlino, alla fine, il 18 novembre 2004,anche la Federazione Russa ha ratificato ilProtocollo di Kyoto. Perdurante il rifiutodegli Stati Uniti d’America ad aderirvi, lafirma russa era di fondamentale importan-za perché il Protocollo potesse diventarefinalmente un trattato internazionale vin-colante per tutti gli Stati che l’hanno rati-ficato.È opportuno ricordare che, il 9 maggio1992, i Paesi di tutto il mondo, concordan-do sulla necessità di prendere sostanziali eimpegnative decisioni per limitare le emis-sioni di gas serra dovute alle attività antro-piche, hanno sottoscritto la ConvenzioneQuadro delle Nazioni Unite sul Cambia-mento Climatico (UNFCCC, United NationsFramework Convention on ClimateChange). La Convenzione è entrata in vigo-re il 21 marzo 1994 dando inizio a unlungo processo di negoziazione fra le Parti.Alla fine del 1997, durante la terza Confe-renza delle Parti (CoP3) tenutasi a Kyoto, inGiappone, è stato aggiunto alla Conven-zione uno speciale Protocollo, conosciutocome “Protocollo di Kyoto”, che contieneimpegni di riduzione delle emissioni perciascuno dei Paesi firmatari. La riduzioneglobale dovrà essere almeno del 5,2%,prendendo come riferimento le emissionidel 1990, e dovrà essere ottenuta entro ilquinquennio 2008-2012.L’importanza dell’adesione della Russiarisiede nel dispositivo che le Parti avevanoconcordato a Kyoto per l’entrata in vigoredel Protocollo. La soglia da raggiungere eraquella di almeno 55 Paesi purché com-prensivi di Paesi inclusi nell’Allegato I allaConvenzione, ovvero industrializzati e coneconomia in transizione verso un’econo-mia di mercato (i Paesi dell’est europeo),rappresentativi di almeno il 55% delleemissioni totali di gas serra.

Con la sua dote del 17%, la Russia ha per-messo di raggiungere il 61,6% delle emis-sioni globali prodotte dai 132 Paesi chehanno ratificato il Protocollo. 37 di questisono fra quelli inclusi nell’Allegato I allaConvenzione (in totale 40). Restano daconvincere gli USA, i piú grandi inquinato-ri del pianeta (responsabili per il 36%).Senza l’adesione USA le misure previste dalProtocollo di Kyoto difficilmente potrannoavere efficacia concreta.A mitigare l’ottimismo concorrono altredue argomentazioni:a) i ricercatori delle Nazioni Unite hannostimato assolutamente insufficiente lariduzione del 5,2% prevista dal Protocollo,perché le concentrazioni in atmosfera deigas che alterano il clima possano stabiliz-zarsi (con conseguente stabilizzazione deirelativi effetti sul clima) le emissionidovrebbero essere ridotte del 60% entro ilsecolo corrente;b) il Protocollo non prevede alcun impegnoper Paesi, quali Cina e India, che hannoeconomie in rapida espansione e che, abreve, saranno titolari di quote di emissio-ni molto elevate. Nonostante questi aspet-ti poco rassicuranti, l’entrata in vigore delProtocollo di Kyoto è una buona notizia: ilprimo atto internazionale per la tutela delclima globale. Un atto con cui dovrà fare iconti chi, come gli USA, ha scelto di nonaderirvi.

LA SITUAZIONE ITALIANA

Ma l’accresciuta valenza giuridica del Pro-tocollo è rilevante anche per chi l’ha ratifi-cato da tempo e, nonostante ciò, vive unasituazione incoerente. È il caso dell’Italia, inbuona compagnia con diversi altri Paesieuropei. L’Italia ha ratificato il Protocollocon la Legge n. 120 del 2002, eppure, perammissione dello stesso Ministero del-

Il Protocollo di Kyoto

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UOMO E NATURA: INCONTRI E SCONTRI

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l’Ambiente, il comportamento del nostroPaese è, nei fatti, contrario agli impegniassunti.Rispetto al 1990 dovremmo ridurre del6,5% le nostre emissioni di gas serra. Inve-ce, per la crescita dei consumi energetici,per una poco previdente politica energeti-ca ancora fondata sui combustibili fossili, eper un’altrettanto sbagliata politica deitrasporti che privilegia ancora il trasportoprivato e su gomma (stimato responsabileper il 30%), le nostre emissioni sonoaumentate in percentuale ancora maggio-re rispetto a quella di cui le avremmodovute ridurre. A questo punto, entro il2012, per rispettare i parametri che volon-tariamente abbiamo accettato, sarà neces-saria una riduzione delle nostre emissionidel 19%.Da quanto premesso è evidente che, afronte del problema reale delle eccessiveemissioni di gas che alterano il clima lavera soluzione resta il loro abbattimento. Èpur vero che, secondo alcuni, le ragioniprincipali o concorrenti a determinare l’ef-

fetto serra possono essere anche estraneeal nostro pianeta (ad esempio l’attivitàsolare), ma è altrettanto vero che il paral-lelismo fra incremento delle emissioni digas serra di origine antropica e riscalda-mento del clima terrestre è di un’evidenzaindiscutibile. Perciò, se non possiamo farnulla per impedire le eruzioni vulcaniche(altro fenomeno naturale con effetti nontrascurabili sul clima) o controllare l’atti-vità solare, sarebbe sciocco non fare ciòche è nelle nostre possibilità. Anche sequesto potrebbe imporci una “svolta epo-cale” nella creazione di modelli di sviluppoe di vita davvero sostenibili. E dovremmofarlo nel nostro stesso immediato interes-se, in quanto i problemi legati all’aumentodella temperatura li abbiamo già addosso,pur essendo meno gravi ed eclatanti che inaltre parti del mondo. (continua)

Giovanni Guzzi

Dalla rivista “Etica per le professioni -Questioni di etica applicata”,

Fondazione Lanza, Padova, dicembre 2004

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a certificazione di sistema più famosa èsicuramente quella del Sistema di

Gestione per la Qualità, in conformità allaUNI EN ISO 9001:2000, nota anche come“Vision 2000”, una norma volontaria pre-parata dall’organismo internazionale distandardizzazione, l’ISO, e poi recepita alivello europeo ed italiano.Vogliamo di seguito chiarire quali sono ivantaggi legati alla sua introduzione edapplicazione, nonché descrivere l’iter pergiungere alla sua certificazione.

I VantaggiI vantaggi connessi allo sviluppo e alla cer-tificazione del Sistema di Gestione per laQualità possono essere distinti in “vantag-gi esterni” e “vantaggi interni”. Tra i primi sipossono annoverare:• l’evidenza oggettiva della qualità deipropri prodotti/servizi nei riguardi deiClienti tramite l’ottenimento della Certifi-cazione;• il miglioramento ed il rafforzamento del-l’immagine aziendale;• una maggior soddisfazione dei Clienti;• la possibilità di ottenere “agevolazioni”nell’ambito di una gara d’appalto, come adesempio l’ottenimento di punteggi aggiun-tivi o la riduzione delle garanzie fidejusso-rie qualora l’azienda possieda la Certifica-zione del Sistema Qualità.

Ancor più importanti possono essere i“vantaggi interni”, quali:• il miglioramento della propria organizza-zione;• l’ottimizzazione delle attività e dellerisorse impiegate (umane, infrastrutturalied anche economiche);• il miglioramento della qualità vera e pro-pria dei prodotti o dei servizi erogati;

• una maggior comunicazione delle infor-mazioni all’interno dell’azienda;• un controllo più puntuale dei processiche creano valore aggiunto.

Ma perché questi vantaggi siano raggiuntiè indispensabile che il Sistema Qualità nonsia una “struttura” parallela che comportasolo un aggravio di burocrazia o documen-ti da compilare, ma rispecchi fedelmente larealtà e la dinamicità delle attività effet-tuate.A tal proposito giova ricordare che lanorma di riferimento, la UNI EN ISO9001:2000, contiene una serie di requisitida rispettare, ma non fornisce in nessuncaso delle “ricette preconfezionate” circa lemodalità con cui ottemperarli.Sarà compito quindi di ciascuna organiz-zazione (azienda, Ente), tenuto conto dellapropria specificità, definire le modalitàesecutive e le responsabilità per soddisfarele richieste della norma di riferimento.

L’Iter di CertificazioneUn’organizzazione che decide di svilupparee certificare un Sistema Qualità si rivolgesolitamente ad una società di consulenzaspecializzata, ma vi sono anche alcuni casiin cui tale sistema viene sviluppato da per-sonale interno: in ogni caso l’iter da segui-re per la certificazione è analogo.Innanzitutto è necessario effettuare uncheck-up, tramite interviste al personalee/o verifica della documentazione in uso, alfine di individuare i punti forti ed i puntideboli dell’azienda o dell’Ente rispetto allerichieste poste dalla “Vision 2000”.A tal proposito vale la pena ricordare che laUNI EN ISO 9001:2000 richiede di prende-re in considerazione buona parte degliaspetti aziendali: dalla gestione delle risor-

Sistemi di Gestioneper la Qualità

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ATTUALITÀ

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se umane a quella delle attrezzature e deglistrumenti di misura impiegati; dal rappor-to con i propri Clienti a quello con i forni-tori di materiali e di servizi; dalle modalitàdi produzione o di erogazione dei servizi diun’organizzazione ai controlli stabiliti pergarantire la bontà del prodotto e la soddi-sfazione del Cliente.Per l’introduzione di un Sistema Qualità sirende quindi necessario:a) definire la propria Politica per la Qualità,vale a dire quel documento in cui la Dire-zione dell’azienda o dell’Ente stabilisce ipropri impegni ed obiettivi di caratteregenerale (come ad esempio il migliora-mento nel tempo della qualità dei propriprodotti o servizi oppure il rispetto dellanormativa vigente);b) definire ed applicare nella propria orga-nizzazione le attività individuate perottemperare ai requisiti della “Vision 2000”(come ad esempio la pianificazione, laregistrazione e la valutazione dell’efficaciadella formazione oppure le modalità damettere in atto per misurare periodica-mente il grado di soddisfazione dei Clien-ti);c) stabilire degli indicatori che consentanonel tempo di tenere sotto controllo l’effi-cacia e l’efficienza dei propri processi e didefinire degli obiettivi concreti per il futu-ro (ad esempio indicatori della produtti-vità, del grado di soddisfazione dei Clienti,delle tipologie e dell’entità delle anomalierilevate);d) predisporre la documentazione richiestadalla “Vision 2000” (Manuale Qualità, Pro-

cedure del Sistema Qualità), oltre alle pro-cedure, istruzioni, moduli che si rendononecessari per gestire i processi individuatidall’azienda o dall’Ente;e) effettuare opportuni interventi formati-vi volti a sensibilizzare tutto il personaleinteressato e ad informarlo delle scelte /obiettivi dell’organizzazione;f) effettuare delle verifiche ispettive, voltea valutare l’adeguatezza e l’efficienza delSistema Qualità.

A questo punto è possibile contattare l’En-te di Certificazione scelto, che procederàdapprima alla valutazione documentale delSistema Qualità e successivamente all’ese-cuzione di una visita presso l’azienda, perverificare che quanto descritto nei docu-menti di riferimento sia effettivamentesvolto ed adeguato alla realtà dell’aziendao dell’Ente.Se al termine di tale verifica non emerge-ranno gravi anomalie o mancanze rispettoai requisiti della norma di riferimento(“Non Conformità”), l’Ente procederà alrilascio della Certificazione.Va infine osservato che il raggiungimentodella Certificazione non è tanto un “puntodi arrivo”, quanto un “punto di partenza”;in effetti la norma di Certificazione richie-de il perseguimento del miglioramentocontinuo: in tale ottica vanno lette leperiodiche verifiche di sorveglianza chel’Ente di Certificazione effettuerà per tuttoil periodo di validità del certificato (solita-mente triennale).

M.C.

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ual è la migliore fonte di energia? Ilrisparmio! Non è una battuta. Chi di

noi, quando accende una lampadina, usa unelettrodomestico, si siede davanti alla tele-visione o ascolta musica, pensa che stausando una forma di energia (l’elettrica)privilegiata che richiede impianti di produ-zione costosi, gestioni complesse ed effi-cienti, personale specializzato e disponibilenotte e giorno? Ma, ciò che è peggio, inqualsiasi modo si produca l’energia elettri-ca, si crea un’alterazione ambientale, uninquinamento. Per questo dovremmo avereun po’ più di rispetto per questa forma dienergia ed evitare gli sprechi. Non sto par-lando di tornare alle candele, ma semplice-mente di continuare la vita normale, usan-do con attenzione ed intelligenza questobene che la tecnologia ci ha messo a dispo-sizione.È inquinante (cioè crea una trasformazioneambientale) produrre energia con le centra-li idroelettriche, perché si sottrae l’acqua alsuo corso naturale che, così, ne è danneg-giato. È molto più inquinante una centraletermoelettrica a combustibile. Per farla fun-zionare occorre portarle il combustibile conoleodotti o autobotti. Avete mai pensatoche per alimentare una centrale normale da1.200 MW occorrono, ogni giorno, alcunecentinaia di camion che vanno avanti eindietro, inquinando e intasando il trafficoveicolare? Per non parlare dei gas di scaricoliberati nell'atmosfera. I dati forniti daigestori sono impressionanti. Una centraleda 1.200 MW consuma in un giorno più di700 tonnellate di combustibile e circa 2.800tonnellate di ossigeno e libera nell’aria circa14.000 tonnellate di fumi. Di questi, quasi il15% è anidride carbonica; il resto è azoto,vapore acqueo, anidride solforosa, ed altricomposti altrettanto poco piacevoli.

Inoltre, il vapore, che è la forza motrice,dopo aver fatto funzionare le turbine deveessere ritrasformato in acqua, per riprende-re il suo naturale ciclo. Ciò richiede unoscambio di calore con altra acqua general-mente fornita da un fiume che passa vicinoalla centrale. Questa forma di inquinamen-to “termico” è considerata dai biologi estre-mamente negativa sull’ecosistema fluviale.Non stanno tanto meglio le forme alterna-tive di produzione dell’energia elettrica.L’eolico richiede grandi spazi, è rumoroso edesteticamente poco piacevole. Anche il sola-re ha bisogno di grandi spazi per sistemarei pannelli. E stato calcolato che per fornireuna potenza di 1.200 MW occorrerebbecoprire con pannelli almeno 50 chilometriquadrati di superficie! Ciò non significa chenon bisogna ricorrere alle fonti rinnovabili,ma la questione va affrontata in mododiverso, rendendo autonomi i singoli utenticon impianti “casalinghi”. Purtroppo questascelta incontra serie difficoltà di attuazioneed i costi sono ancora troppo elevati, ma ivantaggi sarebbero tutt’altro che insignifi-canti. Va detto, per chiarezza, che le fontirinnovabili non sono, al momento, sostituti-ve degli impianti tradizionali, ma li possonointegrare con un non indifferente risparmioed un conseguente minore inquinamento.Per concludere, se ognuno di noi diventassepiù cosciente della ricchezza che sta utiliz-zando quando accende le luci di casa, usal’ascensore o gli elettrodomestici, si potreb-bero realizzare incredibili risparmi. E rispar-miare vuol dire non dover ricorrere a nuovecentrali, che nessuno vuole sul proprio ter-ritorio, ma che sarà necessario realizzare sesi continua con questo ritmo di consumi.

Domenico SaninoDa “Pro Natura Notiziario” Novembre 2004

Risparmio,migliore fonte di energia

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UOMO E NATURA: INCONTRI E SCONTRI

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ecenti studi in Lombardia su tratti stra-dali campione hanno stimato che ogni

anno il traffico automobilistico travolge piùdi un milione di esemplari adulti di Anfibi, inparticolare rospi e rane verdi, con il rischio diarrivare addirittura in pochi anni all’estinzio-ne delle popolazioni di questi Anfibi. Si è cosìricorso a soluzioni già sperimentate in altriPaesi (Svizzera, Olanda, Gran Bretagna) perridurre al minimo l’impatto del traffico vei-colare sulla piccola fauna terrestre. Già nel1984 – primo ad introdurre una simile pro-cedura, oggi ampiamente collaudata, ilnostro Gruppo, preoccupato delle stragi dirospi che avvenivano lungo la strada provin-ciale che costeggia il lago del Segrino,sistemò delle reti e dei secchi interrati aibordi della strada, entro cui venivano a cade-re gli Anfibi che alcuni volontari provvedeva-no a depositare nei canneti. Dal 1990 inLombardia è stato attivato il “Progetto rospi”,promosso dall’erpetologo Vincenzo Ferri. Scopo di questo progetto è quello di garan-tire le trasmigrazioni stagionali e gli sposta-menti tra i diversi habitat delle grosse popo-lazioni lombarde di Anfibi, nonché promuo-vere altre attività di conservazione attiva e dicensimento e aumentare l’interesse generaleverso le problematiche di salvaguardia ditutta la piccola fauna. Sotto il coordinamen-to scientifico generale di Ferri e con il patro-cinio della Regione Lombardia (oggi dellaDirezione Generale Qualità dell’Ambiente), apartire dal 1991 sono stati formati e attivatigruppi di volontari (Guardie EcologicheVolontarie, attivisti di associazioni protezio-niste e animaliste, studenti di scuole superio-ri e appassionati) che operano nelle zone

interessate da importanti migrazioni di Anfi-bi. In tali località ogni anno vengono posizio-nate barriere di contenimento temporanee(in alcuni casi si tratta di strutture fisse)costituite da teli di polietilene sostenuti dapicchetti in ferro o legno, lastre in materialeplastico o rete a maglia stretta, con la fun-zione di convogliare gli animali migrantiverso secchi trappola - da dove i volontari litrasportano indenni verso i siti di riproduzio-ne, oppure verso appositi sottopassi stradali.I salvataggi hanno interessato non solo ilrospo comune (più del 70% del totale deglianimali salvati negli ultimi tre anni in tutta laRegione), ma anche altre 10 specie di Anfibi,tra cui la rana verde, la rara rana di Lataste,la salamandra e la raganella. Durante le ope-razioni di salvataggio sono stati raccoltealcune informazioni sugli animali medianteschede; l’analisi di questi dati potrà permet-tere valutazioni sulla numerosità delle popo-lazioni, sulle dimensioni di maschi e femmi-ne e sul loro rapporto numerico, per affron-tare su base scientifica la programmazionedegli interventi di conservazione attiva sulterritorio. Sottolineiamo vivamente che è importantepartecipare a questo progetto di tutela degliAnfibi, animali che caratterizzano così speci-ficatamente i nostri ambienti umidi. Segnaliamo che la Comunità Montana Trian-golo Lariano organizza squadre di volontariper la salvaguardia degli Anfibi sul territoriolocale. Negli scorsi anni è stato svolto unottimo lavoro dalle Guardie EcologicheVolontarie che dal 1999 si occupano del pro-getto, ma serve continuare. I punti di “salvataggio Rospi” interessati sonola Strada Statale e il lungolago Lago delSegrino (Canzo / Eupilio).

Per informazioni, si può contattare ilcoordinatore delle GEV per il “ProgettoRospi” Gianluigi Donegana al numero dicellulare 339.1923469.

SOS Anfibi

ATTUALITÀ

R(foto F. Redaelli)

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La nostra attivitàIl Gruppo Naturalistico della Brianza

a difesa della Città Giardino• “CITTÀ GIARDINO”. Così è anche conosciuta Cusano Milanino, cittadina alle porte di Milano, a motivodella presenza sul suo territorio di uno storico quartiere, il “Milanino”, costituito da ville Liberty risalenti al 1910e relativi giardini. Questo quartiere è tutelato da vincolo paesistico (ad oggi non ancora decretato!), purtroppolimitato ai soli edifici e paradossalmente non esteso ai giardini. Per la sua applicazione, dagli anni ‘80 del Nove-cento, il comune ha la subdelega della Regione Lombardia.• Le più recenti vicende “edilizie” che hanno interessato ville in stile Liberty e giardini storici di pertinenza,ma anche altre parti del quartiere “Milanino”, ne hanno ulteriormente eroso il valore storico-urbanistico-ambientale ed hanno valicato i confini locali.• Per iniziativa della sua Sezione locale, il Gruppo Naturalistico della Brianza ha promosso un appello alSindaco di Cusano Milanino per la salvaguardia di una realtà unica nel suo genere. L’appello, in pochi giorni, haraccolto circa un centinaio di qualificate e prestigiose adesioni da tutta Italia (ed oltre) fra paesaggisti, archi-tetti, docenti universitari, tecnici ed esperti del settore, esponenti di rilievo di associazioni ambientaliste, gior-nalisti e semplici cittadini sensibili ed appassionati all’ambiente.È inoltre stato ripreso e rilanciato da diverse testate giornalistiche a diffusione locale e nazionale.• Al Sindaco chiediamo di adottare per il quartiere “Milanino” una politica lungimirante in materia urbani-stico-edilizia che, in relazione alla realizzazione di box interrati nei giardini, applichi le deroghe consentite dallalegge Tognoli esclusivamente in funzione dell’esigenza di ricoverare le auto e contemperandole con l’altrettan-to indispensabile salvaguardia paesaggistica di un contesto urbanistico pregevole. Quindi richiedendone lacostruzione il più possibile defilata rispetto alla vista dalla strada, adeguatamente mascherati, con rampe diaccesso inerbite, per consentire l’infiltrazione delle acque meteoriche, e rispettosi del valore di cancelli d’acces-so e recinzioni d’epoca, ove ancora esistenti.• Già nella precedente veste di assessore alla cultura, l’attuale Sindaco ha promosso la realizzazione di per-corsi culturali che valorizzino le bellezze architettoniche superstiti.Lodevole iniziativa, purtroppo inutile se i giardini, poco alla volta, verranno per lo più snaturati e ridotti a por-zioni residue di irrilevante valore paesaggistico.• Soltanto con la collaborazione di tutte le persone sensibili a queste argomentazioni abbiamo la speran-za di riuscire ad invertire la tendenza al degrado attualmente in corso. Qualche positivo segnale comincia adintravvedersi, anche grazie al prezioso sostegno di chi ha già fatto proprio l’appello.• Chi vorrà a sua volta aderire per dare maggior forza all’appello, in vista di prossime ulteriori azioni a tuttii livelli, può farlo agli indirizzi [email protected] o Gruppo Naturalistico della Brianza, via Costanza 4 -20095 Cusano Milanino MI.

In conclusione alcune elementari considerazioni. Presupposto indispensabile perché una località possa fregiarsi deltitolo di “Città Giardino” è che i giardini vi costituiscano un elemento urbanistico significativo. Inoltre, se qualcunoguadagna molto qualcun altro evidentemente ci rimette! In qualche caso è una intera collettività a rimetterci perl’interesse speculativo di pochi, ben differente dal legittimo compenso di una attività economica.

E PER I DUBBIOSI, visto che quel che conta sono sempre i soldi… è ormai opinione condivisa che la diffusapresenza dei giardini sia un parametro di grande rilievo nel determinare l’elevato valore commerciale degliedifici, del “Milanino”come di altre realtà; quando a poco a poco questi spariranno definitivamente per inte-ressi particolari, saranno tutte le proprietà a risultare svalutate.

Cesare Del CornoPresidente Gruppo Naturalistico della Brianza

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Tra gli altri hanno sottoscrittol’appello anche...

PROFESSIONISTI, SPECIALISTI ED ESPONENTI DI ASSOCIAZIONI DI TUTELA DEL PAESAGGIO

• LIONELLA SCAZZOSI, Rappresentante italiano presso il Consiglio d’Europa per l’attuazione della ConvenzioneEuropea per il Paesaggio, docente universitario di Tutela e gestione del paesaggio e Conservazione dei Giardi-ni storici, consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il Paesaggio, Milano

• GIOIA GIBELLI, Vice Presidente Associazione Italiana di Ecologia del Paesaggio, docente alla laurea specialisticain Architettura del Paesaggio dell’Università di Genova, Milano

• FLORA VALLONE, Responsabile AIAPP Insubria (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio), Milano• SILVANA GARUFI, Direttore Soprintendenza BB.AA. e Paesaggio di Milano, Vicepresidente Associazione Ruralia,

Milano• GIORGIO RIGONE, ingegnere, Responsabile ufficio tecnico del FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano), Milano• ANNA VALDISERRI, St. Edmundbury Borough Council, Bury St. Edmunds, Suffolk, Regno Unito• GLAUCO MARCHEGIANI, architetto e consulente del FAI, Milano• FLAVIO POLLANO, agronomo paesag-

gista, socio AIAPP, VINCITORE edizio-ni 2004 e 2005 concorso per paesag-gisti indetto ai Giardini pubblici diMilano da Orticola di Lombardia,Pinerolo

• MARIA TERESA SALOMONI, agronomopaesaggista e direttore rivista “Garden- vivere il giardino”, Modena

ESPONENTI DI ASSOCIAZIONIAMBIENTALISTE

• LUIGI RICCARDI, Presidente Federazio-ne Italiana Amici della Bicicletta -FIAB ONLUS

• CAMILLO PIAZZA, Direttore GeneraleAmici della Terra Italia, PresidenteAmici della Terra Lombardia

• ANDREA POGGIO, Presidente Legambiente Lombardia ONLUS• MARCO DINETTI, LIPU (Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli), direttore di Ecologia Urbana, Livorno• EUGENIO GALLI, Presidente Ciclobby Onlus, Milano• RICCARDA TAROZZI, Direttrice Legambiente Lombardia ONLUS• DAMIANO DI SIMINE, Responsabile Osservatorio Parchi Legambiente Lombardia ONLUS• LEGAMBIENTE, Circolo di Cusano Milanino• IVAN FUMAGALLI, Presidente Legambiente Cinisello Balsamo ONLUS• LUCIANO POGGIANI, Presidente Associazione Naturalistica Argonauta, Fano PU• PINO CALVANO, Legambiente Paderno Dugnano, Consulta delle associazioni per il parco del Grugnotorto• MARITTA NISCO, Amici del Parco del Grugnotorto, sezione di Cinisello Balsamo MI

Monumento a Luigi Buffoli, fondatore della Città Giardino, inaugurato nel 1920

Page 32: natura e civiltà 1/2006 · 2016. 10. 18. · I prossimi incontri saranno nel mese di marzo e maggio; per i dettagli si consiglia di telefonare, all'inizio del mese programmato, ai

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tefano Fedeli è stato l’anima di “Natura e Civiltà” fin dalla sua prima apparizione. Per tantie tanti anni ha attivamente collaborato con Giorgio Achermann. Ma nel corso del 2005 ha

chiesto di andare… in pensione: una meritatissima pensione.Per tanti decenni si è dedicato alla grafica della Rivista, ha pensato e scritto serie di articoli sutemi botanici, studiandone la composizione con l’aiuto di disegni e schizzi; e naturalmente hacollaborato proponendo ogni anno una poesia natalizia, sempre pubblicata sul numero di dicem-bre. Sì, perché Stefano è un vero Poeta (con la “P” maiuscola) e, come tale, ha mietuto una seriedi premi letterari in concorsi banditi da prestigiose associazioni. Il suo forte è il dialetto, e in dia-letto ha composto le sue opere migliori.Noi lo vediamo ancora sempre intento a studiare l’impaginazione, misurando testi e fotografiecon una precisione ed una pazienza che solo lui poteva avere. Crediamo che, da quando non fre-quenta più le nostre tipografie, senta che gli è venuta a mancare una parte importante dei suoiimpegni e della sua stessa vita; e, se fosse più libero di muoversi, non mancherebbe di darci anco-ra una mano.Ci è caro, oggi, fargli un meritato omaggio ripubblicando alcune delle sue poesie natalizie. Neriproponiamo qui alcune, non tanto per richiamare alla mente il suo slancio poetico quanto pervalorizzare l’aspetto estetico di questi intrecci di parole, rime e disegni che hanno formato nelloro insieme dei quadretti che hanno sempre colpito i nostri occhi e il nostro cuore.Grazie di tutto Stefano! Ne aspettiamo tante altre.

Per il nostro nuovoPresidente Onorario

Dedicato a Stefano Fedeli, con affetto e riconoscenza, dalla Redazione di “Natura e Civiltà”

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