NATURA E AMBIENTE DELLA VALLE DEL SALINO

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NATURA E AMBIENTE DELLA VALLE DEL SALINO di Andrea Antinori Dalla Terra e dal Lavoro dell’Uomo LA TERRA COME SPAZIO DA ABITARE Penna San Giovanni Associazione Culturale Giuseppe Colucci dagli Atti del Convegno di Penna San Giovanni del 3 ottobre 2004

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itinerari da penna San Giovanni alla scoperta della valle del Salino, della sua natura e delle sue testimonianze storiche ed artistiche

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NATURA E AMBIENTE DELLA

VALLE DEL SALINOdi

Andrea Antinori

Dalla Terra e dal Lavoro dell’Uomo

LA TERRA COME SPAZIO DA ABITARE

Penna San Giovanni

Associazione Culturale Giuseppe Coluccidagli Atti del Convegno di Penna San Giovanni del 3 ottobre 2004

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Penna san Giovanni dal suo belvedere domina un vasto spazio, dai Sibillini al mare. Spazio mo-vimentato e intricato di rilievi collinari modellati da numerosi corsi d’acqua, che hanno inciso vigorosa-mente il plastico substrato di arenarie e argille. Paesaggio ora aspro di solchi, salti e improvvisi strapiombi, ora dolce e ondulato tra ampie sommità e moderati declivi. L’uomo, per lunghi millenni vi è intervenuto, adattandolo alle sue esigenze e adattandosi ai suoi caratteri naturali: litologie, climi, vegetazioni. Ne è nato un organismo composito: il territorio. Uomo e territorio sono organismi simbionti che si plasmano mutevol-mente, intrecciando complesse relazioni e producendo segni, a volte persistenti, a volte effimeri e volatili. Così il paesaggio e il territorio diventano il mezzo grazie al quale il nostro ora si intreccia col passato e pro-duce semi per il futuro. Per salvarsi dallo “spaesamento” e dalla conseguente perdita del senso dell’abitare è necessario conoscere e saper interpretare quei segni.Segni che appaiono a volte con la persistenza dei toponimi. Penna San Giovanni, nome antico che risale probabilmente ai primi insediamenti pre- romani. Esso richiama il carattere geomorfologico più evidente del sito: il verticale salto di arenaria sul quale si affaccia il centro abitato. Da questa difesa naturale, gli abi-tanti della Penna hanno controllato per secoli le contrade tra le valli appaiate del Tennacola e del Salino. Altri segni, come le frane che segnano impietose molti versanti, avvertono l’uomo di come la natura possa manifestare il suo volto distruttore. Altre volte ancora essi comunicano la serena composizione cromatica degli ocra, delle terre, dei verdi che in miriadi di tonalità delimitano gli spazi della natura da quelli degli uomini: campi ritagliati nel bosco e contrade assediate dalla vigorosa vegetazione.

La natura e l’uomo Nei millenni tra ambiente naturale e uomo si è stabilito un lungo dialogo, fatto di fasi di espansione e di ritiro, ora dell’uno ora dell’altro. I boschi antichi sono stati più volte abbattuti per far largo ai campi e ai pascoli. Più volte quelli hanno riconquistato il loro spazio, arrampicandosi dall’alveo stretto del torrente, lungo i cretosi pendii poi abbandonati dalla cura dell’uomo. Così oggi, che l’agricoltura meccanizzata ha reso incolte le campagne più scomode e i declivi più impervi, dal Salino e dal Tennacola, il manto di querce, salici e ontani riguadagna vigore insinuandosi nella trama dei campi con lunghi e folti nastri vegetali. Il greto del Salino sta tornando di nuovo alla sua selvatica impenetrabilità. Sono scomparse molte delle pas-saiole che permettevano di attraversarlo. A volte nel fitto della vegetazione appare qualche mozzicone di muro, il resto di un’isolata casa colonica o l’orlo sbrecciato di un pozzo o di una cisterna. Le loro pietre di chiara arenaria si confondono ormai con quelle del greto tra le quali si attorciglia serpentino il magro flusso d’acqua del torrente. Segni che raccontano del passato, duro e incessante lavoro del contadino, che la natura pietosamente ora cancella in attesa di un ulteriore rinascita.

Più in alto, alla sommità delle colline, dove il terreno è meno insediato dalle frane e dai calanchi, che ne incidono aspramente le pendici, si arroccano i centri abitati, piccoli ma dalla struttura francamente urbana; le frazioni e le case isolate. Così pure le strade, che percorrono fedeli l’asse dello spartiacque o traversano perpendicolarmente le valli, scendendo fino al greto per risalirne il versante opposto. Vi sono obbligate dalla natura geologica dei terreni, inclini a scoscendere, che non ammette tagli e sbancamenti trasversali al pendio. Frane estese e scoscendimenti caratterizzano infatti gli alvei dei fossi che scendono al Salino, spe-cialmente in destra idrografica, e verso il Tennacola. Le loro arcuate corone progrediscono lentamente verso la sommità dei colli, arrivando a volte a coinvolgere case coloniche, vigneti e campi ormai abbandonati alla

NATURA E AMBIENTE DELLA VALLE DEL SALINO LA NATURA E L’UOMOIL TERRITORIOI CARATTERI DEL SUBSTRATOIL MODELLAMENTO MORFOLOGICOL’AMBIENTE BIOLOGICO

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loro sorte. È un destino ingrato che ha nella natura geologica del substrato il suo fondamento, ma che l’uomo ha purtroppo accentuato o avviato con un uso del territorio non sempre accorto e intelligente.

Il territorio Da Penna San Giovanni si domina mezza provincia dall’Appennino al mare.Dai Sibillini e dalle sue masse calcaree nascono i fiumi e i torrenti che solcano e modellano il rilievo di queste colline: gli affluenti del Tenna, fiume che governa l’intero drenaggio delle acque nella porzione me-ridionale, e del Chienti, che invece accoglie il deflusso dei corsi d’acqua a settentrione. I due maggiori sono il Salino e il Tennacola, che delimitano con le loro valli la dorsale collinare estesa tra Penna e Gualdo, scor-rendo all’incirca da ovest verso est per confluire nel Tenna a monte di Servigliano. Da qui il Tenna, infine, dopo che il fiume ha superato la fascia dei rilievi arenaci pedemontani, allarga la sua valle per procedere indolente tra le più dolci colline della fascia prossima all’Adriatico. Un succedersi di multiformi paesaggi, dai più aspri ai più morbidamente ondulati, che si incastrano uno nell’altro, conseguenza diretta, ma non solo, di mutevoli nature geologiche.

Il Salino prende vita dal confluire di alcuni piccoli fossi che drenano le poche acque che scendono dalla col-lina di Valcajano, tra i piccoli abitati di Borghetti e Vecciola in territorio di Sarnano. Il suo bacino idrografico è tutto compreso tra la dorsale collinare che da S. Angelo in Pontano giunge, degradando, a Cerreto e Colle di San Ginesio, e quella parallela che da Penna san Giovanni giunge a Gualdo per poi scendere verso la chiesuola del Crocifisso e, infine, a Sarnano. Il primo allineamento di colline, a nord, funge da spartiacque con il torrente Fiastrella, affluente del Chienti, mentre il secondo, a sud, lo separa dal gemello Tennacola.

Come si è accennato, mentre le acque del Fiastrella e del Tennacola (di quest’ultimo in particolare) sorgono dai calcari dei Sibillini, il più modesto Salino ha le sue sorgenti nei terreni arenaci dei bassi colli ad ovest di Pian di Pieca e di Gabella, tra fitti boschi di castagni, faggi e carpini: è la cupa Macchia da Fuoco che am-manta i rilievi tra Valcajano e Colle di Pian di Pieca. Percorsa una valle per lo più stretta e poco praticabile, nei pressi del ponte di Salino, il torrente si ingolfa in una piccola ma suggestiva forra, tutta scavata nel masso arenaceo. Qui, a destra, riceve le acque salse del fosso Patenetta che, pullulando nel suo alveo, si vuole ora tornare a sfruttare con rinnovati impianti termali. Da esse è verosimile che prenda nome il torrente . Subito dopo il corso d’acqua riprende il suo cammino e, sempre nascosto tra fitta vegetazione ripariale, raggiunge la foce gettandosi nel Tenna a monte di Servigliano. La valle del Salino si presenta asimmetrica, più ripida nel versante idrografico sinistro, mentre a destra la parte inferiore del versante si raccorda più in alto con un’ampia superficie a bassa pendenza. Ciò è da met-tere in relazione con la giacitura degli strati arenaci e con la presenza di faglie che hanno guidato il corso del torrente.La sua portata è piuttosto modesta. Essa aumenta solo nel corso delle precipitazioni più intense, dando al Salino un carattere francamente torrentizio, poiché pur ricevendo gli apporti da diversi fossi laterali, più estesi sul lato destro idrografico, essi sono poveri di acque, in quanto drenanti terreni argillosi poco permea-bili.

I caratteri del substrato I vari paesaggi che si succedono in questo spazio limitato, le montagne calcaree, i rilievi arenaci pe-demontani, le colline argillose delle basse valli, devono la loro varietà per prima cosa alla diversità e varietà del contesto geologico: litologie, strutture e morfologie che si affiancano e si intersecano.Il nostro territorio ha iniziato a formarsi nel grembo antico di un mare di oltre sette milioni di anni fa.La sua storia geologica cominciò a caratterizzarsi nell’era terziaria, quando nelle fasi iniziali di deformazi-one tettonica ed emersione della catena appenninica, si formò ad oriente di questa un vasto bacino marino , nel quale si depositarono spessori crescenti di sabbie e argille. Depositi detritici strappati dall’erosione ai rilievi adiacenti, o portati da lontani flussi sottomarini (correnti di torbida, provenienti addirittura dalla zona alpina). Si delineò il bacino della Laga, una profonda depressione sottomarina, nella quale durante tutto il Messiniano (periodo del Miocene - compreso cronologicamente tra i 7 e i 5 milioni di anni fa) si ac-cumularono migliaia di metri di sedimenti terrigeni (ghiaie, sabbie, argille) materiale dal quale si formarono

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le arenarie e i terreni argillosi con quali è stato modellato il paesaggio attuale . Durante questo lungo periodo il Mediterraneo subì anche una lunga fase di disseccamento. La forte evaporazione dell’acqua marina pro-vocò così il precipitare di sedimenti salini e di gessi che, inglobati nei terreni argillosi e arenaci, alimentano oggi gran parte delle acque mineralizzate .

Alla fine di questo lungo periodo di sedimentazione, lo sforzo compressivo , che aveva piegato, fatto sovras-correre e poi emergere la catena appenninica, si propagò e coinvolse anche il bacino della Laga e i suoi sedi-menti. Le alternanze di rocce arenacee ed argillose (facies arenacee, arenaceo pelitiche e pelitico arenacce) che vi si erano accumulate furono piegate dalle forze tettoniche, subirono traslazioni lungo faglie importanti e più tardi, emergendo, furono variamente dislocate da faglie dirette e iniziarono ad essere erose dagli agenti atmosferici.Nel Pliocene (tra 5 e 2 milioni di anni), dopo un periodo di emersione della zona, il mare tornò ad avanzare verso occidente ricoprendo di nuovo i terreni della Laga, già precedentemente sollevati e piegati. La testi-monianza di questa fase di “trasgressione marina” sono i banconi di arenarie e conglomerati che con una lunga linea orlano le colline su cui sorgono S. Angelo in Pontano, Penna San Giovanni, Monte San Martino fino a Montefalcone Appenninico. Li si ritrovano strutture sedimentarie e faune marine fossili, tipiche degli ambienti di sedimentazione costiera. Ad oriente di tale allineamento la sedimentazione di ambiente marino continuò fino alla completa emersione della regione nel Pleistocene.Il substrato in tutta la zona, pertanto, è costituito da strati sedimentari in cui si alternano aritmicamente ar-gille con arenarie che, a seconda della facies sedimentaria, vedono prevalere ora l’uno ora l’altro litotipo. Così l’azione di degradazione e di modellamento morfologico operato dalle acque correnti superficiali e dagli agenti atmosferici in genere, ha prodotto risultati diversi a seconda se ha inciso sui terreni a prevalenza pelitica (argille) o sulle arenarie e conglomerati.

Una caratteristica di questo paesaggio, connessa ai fattori geologici, è la presenza di spessi banconi di are-naria e di conglomerato sulle sommità dei rilievi collinari. L’erosione meteorica, infatti, ha agito in modo differenziale, incidendo e asportando più facilmente le rocce argillose e lasciando esposti i più compatti e resistenti banchi di arenaria e conglomerato.Essi sono caratterizzati da ampie superfici quasi pianeggianti o debolmente inclinate, delimitate da pendii molto ripidi. La competenza dei materiali che formano tali banconi, li rendono particolarmente stabili, quasi immuni dai fenomeni franosi che invece coinvolgono i sottostanti pendii argillosi. Inoltre i depositi arenaceo conglomeratici sono permeabili all’infiltrazione idrica meteorica e al loro interno si formano falde significa-tive, indispensabili per soddisfare il fabbisogno idrico degli abitanti . Tutto ciò ha fortemente influenzato la distribuzione dell’insediamento urbano, tantochè quasi tutte le cittadine picene, e tra esse Penna, S. Angelo in Pontano, Monte San Martino, hanno scelto tali siti su cui fondare l’insediamento abitativo. L’arenaria, abbondante nel territorio, ha anche caratterizzato il volto architettonico delle cittadine, poiché costituisce un ottimo materiale da costruzione, facile da tagliare in conci e da scolpire. La bellezza dei nostri centri urbani deve molto alla sapiente miscela di laterizio e arenaria, utilizzata in passato dalle maestranze locali .

Il modellamento morfologico Come ampiamente accennato, una volta che la regione pedemontana emerse definitivamente dal mare, iniziò la intensa e costante, seppur lenta, opera di modellamento da parte degli agenti atmosferici. Tra essi il ruolo più importante l’hanno avuto i corsi d’acqua che progressivamente si incassarono nel substrato sedimentario, mano a mano che tutta la zona andava innalzandosi di quota. Gli effetti del sollevamento, piuttosto intenso di tutta la penisola italiana, che si è avuto nel corso del Pleis-tocene (all’incirca negli ultimi 2 milioni di anni) si sono inoltre combinati con il variare brusco dei climi, che caratterizzò tutto questo periodo fino all’optimum climatico degli ultimi diecimila anni. Benché non si abbiano qui tracce della morfogenesi glaciale, come nelle valli interne dell’Appennino, l’alternarsi di climi freddi e climi più temperati o, addirittura caldi, ha prodotto effetti significativi sull’alternarsi di fasi di erosione e fasi di colmamento delle valli. Lo testimoniano i sedimenti alluvionali (ghiaie e sabbie) di cui

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restano ampi depositi (terrazzi alluvionali ) situati a varie quote lungo le valli fluviali. È interessante, in tal senso, la presenza nei terrazzi fluviali del Salino, di ghiaie e ciottoli calcarei abbondantemente inglobati nel corpo sedimentario. Essi testimoniano una fase più antica in cui il corso d’acqua, a differenza di quanto avviene attualmente, traeva alimentazione dalle masse calcaree dei Sibillini e quindi nasceva molto più a monte. In tutta la vasta fascia pedemontana compresa tra il bacino del Chienti e quello del Tenna sono avvenuti, infatti, ampi fenomeni di cattura fluviale, con decapitazione di corsi d’acqua a favore di altri. Il reticolo idrografico ha subito continui riaggiustamenti e le acque di alcuni corsi fluviali, ad un certo punto, sono andate a riversarsi nell’alveo di quelli più attivi nell’erosione. Così osservando l’andamento della rete idrografica tra Sarnano e Pian di Pieca, sembra probabile che il Tennacola abbia decapitato l’alto corso del Salino, riducendolo alle dimensioni attuali. Similmente il Chienti, appropriandosi delle acque del Fiastrone, ha ridotto il Fiastrella a poca cosa, rispetto alle dimensioni della valle che lo accoglie.

L’erosione valliva e il suo progressivo approfondimento è tra le cause dell’attivarsi dei fenomeni franosi che contrassegnano ampiamente i versanti della valle del Salino. Si tratta di fenomeni complessi e diversificati, cha variano dai soliflussi più superficiali agli scoscendimenti profondi. I primi interessano in genere le coltri superficiali (alcuni metri di spessore) di terreni alterati e di suolo agrario. Essi spesso sono attivati dallo sfruttamento agricolo che facilita l’assorbimento di acqua e la perdita di coesione da parte della massa di terreno. Tali processi tendono ad accentuarsi con l’abbandono dell’agricoltura tradizionale e il passaggio a quella meccanizzata, che usa arature profonde ed è poco attenta alla regimazione delle acque superficiali.Più problematici sono i fenomeni gravitativi profondi che hanno le loro superfici di scorrimento all’interno dei terreni del substrato, alla profondità anche di qualche decina di metri. I più estesi ed evidenti sono quelli in destra idrografica del Salino, come gli scoscendimenti del Fosso della Corona e del Fosso Cornuto. Qui si tratta di movimenti complessi, compresi i fenomeni di crollo nella zona della corona di frana, che fa retro-cedere progressivamente verso monte il dissesto gravitativo. Sono contenibili con difficoltà e rappresentano un limite serio per l’uso del territorio.

L’ambiente biologico L’ecosistema che caratterizza attualmente la valle del Salino è stato profondamente e irreversibil-mente modificato dall’uomo nel corso dei millenni. In particolare la vegetazione che arricchisce l’attuale paesaggio (vegetazione reale) non è sicuramente quella delle formazioni forestali che un tempo dovevano ricoprire senza soluzione di continuità, con un mantello fitto e continuo, tutta l’alta collina pedemontana, per poi arrampicarsi fino alle massime altitudini dei Sibillini (vegetazione potenziale). Oggi dobbiamo parlare piuttosto di un agroecosistema. Malgrado ciò molte specie vegetali che trovano qui il loro ambiente ottimale di vita, sono le stesse che formavano le antiche foreste. Molte altre sono state portate dall’uomo o egli ha creato condizioni adatte affinché alcune prendessero il sopravvento e si diffondessero di più. Altre ancora sono definitivamente scomparse. Nei vari periodi la colonizzazione agraria si è sviluppata in più fasi che hanno visto a volte prevalere il disboscamento e l’espansione dei coltivi, come in epoca moderna; altre volte la riconquista da parte del bosco, come nella fase alto medievale e in quella contemporanea.Le condizioni che caratterizzano l’ambiente attuale e la vegetazione presente sono connesse fondamental-mente al tipo di clima quindi all’altitudine del territorio. Qui siamo nella fascia dei querceti mesofili, tipici del piano altocollinare e della fascia di raccordo con il piano montano. Lo testimonia la presenza del faggio frammisto con il castagno nella Macchia da Fuoco. È l’ambiente tipico della foresta di latifoglie decidue che amano i climi temperati caldi ma con un costante apporto di acqua. Le querce che la caratterizzano sono la roverella, ma anche il cerro, tuttora presente. Sulla diffusione di questa quercia sono testimoni anche i toponimi dell’area come la frazione Cerreto in sinistra idrografica del Salino. Con le querce si associano il carpino nero, il meno comune carpino bianco, l’orniello (fraxinus ornus) e, nelle zone più fresche e ombreg-giate il nocciolo e l’ontano nero. Diffusi sono anche gli aceri nelle varietà opalo e campestre. Quest’ultimo poi è stato ampiamente diffuso dai contadini perché coltivato per maritare la vite. Viti maritate all’acero (l’albero) scomparse altrove, sono invece ancora discretamente diffuse in tutta la zona. Tra gli alberi che hanno un minimo interesse alimentare oltre al castagno è presente anche il sorbo domestico.Sul fondovalle, invece, a ridosso del corso d’acqua, prevale la vegetazione ripariale i cui rappresentanti

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NATURA E AMBIENTE DELLA VALLE DEL SALINO – PER-CORSI Vengono suggeriti alcuni itinerari che permettono di conoscere più da vicino le caratteristiche oro-grafiche, ambientali e storico paesaggistiche della valle del Salino. Essi in gran parte possono essere percorsi in macchina o, per godere di un più stretto rapporto con l’ambiente, in bicicletta. Alcuni sono possibili solo a piedi. Si svolgono su strade sia campestri che della normale rete rotabile.

Lo spartiacque sinistroDa Penna san Giovanni a Valcajano per la Macchia da Fuoco. Sor-genti del Salino Da Penna San Giovanni, si scende verso Villa Saline e attraversato il ponte di Salino si sale agevol-mente per la strada che conduce a S. Angelo in Pontano.

Da qui, oltrepassato il centro urbano si giunge al bivio per Passo S. Angelo ( a destra) e Gualdo . A fianco dell’edicola di S. Lucia, una strada minore sale ripidamente verso il culmine della collina raggiungendo la contrada S. Maria Maddalena.

Santa Maria Maddalena (582 m) è una chiesuola che si trova sopra strada a destra, sul culmine del colle che domina la valle del Fiastra e quella del Salino; è ridotta a ricovero di attrezzi agricoli.

Inizia qui un itinerario molto panoramico tutto sviluppato sulla linea spartiacque tra il Salino e il Fiastrella che permette numerose osservazioni su tutto il territorio e sull’intera valle del Salino, raggiungendo i cast-agneti di Macchia da Fuoco e la zona sorgiva del torrente.

Sullo sfondo dominano il panorama i monti Sibillini, mentre percorrendo con lo sguardo il fondovalle in cui, nascosto da vegetazione ripariale scorre il Salino, si scorgono ad occidente alcuni colli rivestiti di un fitto e scuro mantello boschivo: sono i castagneti di Macchia da Fuoco tra i quali il torrente ha origine.

Si prosegue per la strada che percorre tutto lo scrimo collinare fino alla frazione di Cerreto.

Termine interessante insieme a Gualdo (wald = bosco) che indica come la copertura boschiva fosse l’elemento dominante di questo territorio prima dell’espansione della colonizzazione agricola a mezzadria. Cerreto suggerisce l’abbondanza di questa quercia, il cerro, tuttora abbondante.Si trascura la strada che scende al Salino e risale a Gualdo per proseguire a mano dritta verso ovest. Oltre la frazione la strada inizia a scendere e poco dopo si biforca: a mano dritta (non asfaltata) attraversa i cast-agneti di Macchia da Fuoco e scende a Colle di Pian di Pieca; a sinistra (asfaltata) scende fino all’alveo del Salino per poi risalire verso la chiesuola del Crocifisso.

Giunti al torrente, si può lasciare l’auto e a piedi risalire la sterrata che a destra affianca il torrente e tra boschi e campi (alcuni abbandonati) risale verso le sorgenti. Il torrente scorre incassato tra affioramenti arenacei, in una zona ricca di vegetazione boschiva. L’abbandono di alcuni campi alla testata della valle e

principali sono il salice e il pioppo.Tra gli arbusti e gli alberi minori abbonda il biancospino ed è presente il maggiociondolo.Molte sono le specie del sottobosco tra le quali è comune il pungitopo, il ciclamino, l’anemone epatica. Data la caratteristica acida dei suoli arenacei, qui abbondano molti tipi di felce come la felce maschio.

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la scomprsa delle vecchie strade interpoderali rende difficoltoso proseguire fino alle sorgenti verie e proprie, rappresentate comunque da una serie di fossetti che si riuniscono tra la Collina di Valcajano e i colli che sovrastano la frazione di Vecciola.

Dal Salino la strada risale il versante opposto uscendo nei pressi della chiesuola del Crocifisso, ricongiun-gendosi così alla strada Gualdo (a sinistra) Sarnano (a destra). Qualche decina di metri prima di raggiungere la chiesa, a destra strada (non asfaltata) che attraversa Macchia da Fuoco e conduce sia verso la Frazione Borghetti (salire a man dritta) sia (a sinistra) verso la S.S. Picena (Sarnano –Pian di Pieca).Appena prima dell’incrocio, sulla sinistra, una strada poderale sale ripidamente ad alcune case private (Case Massacci). Lasciata qui l’auto, una comoda mulattiera conduce in cima al colle di Valcajano.

La comoda sterrata attraversa un suggestivo bosco di castagni in cui allignano tutte le specie arboree tipiche del piano collinare (la roverella e il cerro tra le querce; il carpino nero e il carpino bianco; l’acero oppio e l’acero campestre; l’orniello; il faggio). Tra gli arbusti abbonda il biancospino, il corniolo e il pruno spinoso. Nel sottobosco domina il pungitopo.Sull’ampia spianata sommitale, a dominare Sarnano, sorge l’antico convento fondato da S.Francesco, uno dei siti francescani più suggestivi di tutto il territorio. La chiesina in laterizio mostra ancora la sua architet-tura originaria, mentre il convento annesso è stato trasformato in una residenza privata.

Macchia da Fuoco. Tutto l’esteso bosco che si sviluppa tra Sarnano e Pian di Pieca, alle testate del Salino e del Ttennacola, può essere percorso a piedi o in bicicletta per numerose piste e mulattiere che collegano le diverse frazioni e molte case sparse. L’ambiente naturale è davvero interessante, caratterizzato da fitti castagnet, molto ricchi di specie arboree, arbustive ed erbacee tipiche della zona di transizione tra il piano collinare e il piano montano. Il substrato arenaceo, oltre a permettere la crescita rigogliosa del castagno, favorisce la diffusione di specie del sottobosco amanti dei suoli acidi come l’erica e la felce maschio. L’erosione idrica, inoltre ha scavato nell’arenaria numerosi e profondi fossi che creano una notevole diver-sificazione degli ambienti, specialmente per quanto riguarda l’umidità e l’esposizione e quindi delle specie floristiche presenti.

Si ritorna alla chiesa del Crocefisso per raggiungere Gualdo.

Lo spartiacque destroDal Crocifisso a Penna san Giovanni per Gualdo e san Girolamo Dalla chiesuola del Crocifisso, sulla strada per Sarnano, a sinistra si risale verso il colle di S.Costanzo, dominato dalla bella chiesa omonima, e con alcuni saliscendi si raggiunge Gualdo.Da qui proseguendo per Penna San Giovanni, aggirato il Colle Casarino, conviene deviare verso la sommità del Colle san Girolamo.L’ampia dorsale che divide il Salino dal Tennacola si sviluppa da Gualdo verso Penna con ampie superfici che degradano progressivamente verso il Salino. Il versante verso il Tennacola si presenta invece molto più ripido, dando a tutta la dorsale un’evidente asimmetria. Essa è sovrastata da alcune culminazioni, come il colle di S.Girolamo, e la ripa di Penna morfologicamente collegate all’affioramento di spessi banconi arenaci.Dal Colle san Girolamo si gode un’ottima vista specialmente verso meridione e verso i Sibillini. Tutta l’alta collina pedemontana mostra un panorama a quinte con una evidente embriciatura delle dorsali da est verso ovest. È l’effetto della giacitura adriatica delle formazioni miocenico plioceniche e dell’alternarsi delle are-narie e delle argille, messe in rilievo dall’erosione differenziale.

Ritornati sulla strada principale e lasciata la frazione di Pilotti sulla destra, si raggiunge Penna. Conviene salire alla sommità del parco comunale (Castello) per godere del vasto panorama che si estende dai sibillini all’Adriatico.

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Da qui si domina quasi tutto il bacino del Salino. Si nota la maggior ampiezza della zona di spartiacque de-stro rispetto al sinistro, le profonde incisioni prodotte dai fenomeni di scoscendimento, specialmente quella del Fosso della Corona. A nord si domina il colle del Castello di santa Croce e la fitta area boschiva che si estende dal Fosso Patenetta fino all’alveo del Salino. Qui l’affioramento di terreni arenacei rende i pendii molto scoscesi, incisi da fossi stretti e profondi.

Il Salino: percorsi escursionistici Il Fosso di Patenetta (che scende dal versante settentrionale di Penna) e l’antistante Fosso di Colle Chiarino (che scende sul versante sud di S.Angelo in Pontano) si incontrano con il Salino, nei Pressi del Ponte Salino. Essi hanno scavato il loro letto nelle compatte arenarie del Miocene superiore, costruendo delle piccole ma suggestive forre fluviali, ricchissime di vegetazione, in un ambiente intricato e non facile da esplorare. Alcuni percorsi permettono però diesplorarli .

I percorsi proposti permettono di osservare da vicino la composizione floristica e le comunità vegetazionali della valle del Salino e dei suoi versanti. Ci si imbatte in diversi importanti esempi di come l’ambiente umano , abbandonato, sia in fase di rinaturalizzazione, con tutti gli aspetti positivi e negativi che ciò com-porta. Molti campi abbandonati sono in fase di avanzata ricolonizzazione da parte di arbusti e vegetazione arborea.Molte le case coloniche abbandonate. Diverse sono però in fase di recupero da parte di Inglesi e tedeschi.Tra le opere dell’uomo anche diversi edifici religiosi ormai quasi del tutto crollati.Da un punto di vista geologico l’area è interessante per gli affioramenti di arenaria, la presenza di terrazzi fluviali che testimoniano fasi di colmamento e reincisione valliva; le sorgenti mineralizzate; i fenomeni di scoscendimento dei versanti.

Da Penna san Giovanni al Salino per il Castello di Santa Croce Dall’alto si può scendere al Salino passando per il colle che ospitava l’antico Castello di santa Croce. Se non si vuole percorrere tutta la lunga carrareccia che dall’abitato di Penna, presa la via per le Saline (S.P. Penna –S.Angelo), al Km.7, a destra, scende verso il colle suddetto, si può raggiungere la zona lasciando l’auto nei pressi della cappellina di Santa Croce, restaurata di recente. Dalla cappellina una strada seguita verso sinistra, mentre un’altra, a destra, superate le case, scende anch’essa verso il Salino passando per le antiche case Polentani.Si prende il percorso di sinistra e aggirato in breve il boscoso colle di Santa Croce, si giunge ad un bivio: dritti si raggiungono case Laici, dove il vecchio percorso per il Salino è ormai impraticabile; a sinistra la carrareccia dapprima scende e poi inizia a traversare il pendio nord del colle di Santa Croce, verso est, parallelamente alla valle del Salino. A breve si raggiunge la chiesa diruta di S.Vincenzo e, più avanti, ci si ricongiunge con la carrareccia di case Polentani.

Qualche centinaio di metri prima della chiesa di S.Vincenzo, a sinistra c’è l’imbocco di una strada mattonata , che scende ripidamente tra boschi e campi semiabbandonati, fino all’alveo del Salino.Risalendo per tracce di sentiero il torrente ( a sinistra – direzione sorgenti) si raggiunge la confluenza con il Fosso Patenetta ( a pochi metri dalla confluenza inoltrandosi nel fosso, a destra, si raggiungono le sorgenti minerali) e quindi risalendo per la sterrata, si arriva nell’area verde attrezzata di ponte Salino.

Variante: dalle sorgenti mineralizzate di Fosso Patenetta, per il parco delle terme si raggiunge ugualmente il “parco dell’acqua”.

Dal Ponte di Salino a S. Maria in Vallicella per case Vallonica Dal parco dell’acqua si percorre un breve tratto della strada provinciale verso S. Angelo. Al primo tornante, sulla sinistra una sterrata scende ad un’area pic-nic e quindi raggiunge l’alveo del torrente, nei pressi della confluenza (a destra) con il fosso di Collechiarino. Si guada il torrente e si risale (a destra)

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la ripida strada sterrata (segnavia n° 6) che risale la sponda idrografica sinistra del torrente. Si raggiunge l’ampia spianata del terrazzo alluvionale di case Vallonica dove campeggia la bella casa colonica omonima. Si prosegue per la carrareccia che fiancheggia la casa colonica e in breve si raggiungono i ruderi della chie-sina campestre di S. Maria in Vallicella.Da qui per strade campestri si risale agevolmente verso la provinciale S.Angelo – Gualdo.

Foce del Salino Si può raggiungere da Madonna del Molino, sulla strada per Piane di Falerone, attraversando il piaz-zale dell’impianto di lavorazione inerti (area privata) e risalendo la carrareccia che costeggia il fiume Tenna fino alla confluenza con il Salino. Oppure dalla strada Penna – Piane di Falerone, prima del ponte sul Salino ( a sinistra ingresso vecchia fornace), sulla destra strada che conduce al vallato e alla centrale idroelettrica, oltre la quale la carrareccia prosegue fino al Tenna e alla foce del Salino (nei pressi).

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01 . Alta Valle del SalinoL’alta valle del Salino (vista dallo spartiacque sinistro) con sullo sfondo tutta la costiera dei Monti Sibillini. Il torrente sorge dall’unione di alcuni fossi che solcano le pendici settentrionali del colle di Valcajano, all’interno del fitto bosco di castagni della Macchia da Fuoco (visibile sullo sfondo dei Sibillini).Pur piantato dall’uomo, conserva ancora molti tratti della vegetazione originaria a roverella, cerro, carpino e addirittura faggio. Si tratta della vegetazione tipica del margine superiore del piano collinare. Il suo fitto mantello ci permette di visualizzare come doveva apparire il paesaggio collinare prima dell’intenso dis-boscamento tardo medievale con il quale il bosco è stato sostituito dalle coltivazioni.A differenza di quanto è avvenuto nella bassa collina periadriatica, dove le coltivazioni arative hanno occu-pato tutto lo spazio agrario trasformandolo in un vero e proprio “openfields”, qui esso ha mantenuto l’aspetto tipico dei campi chiusi nord europei (bocage), circondati come sono da nastri di vegetazione arborea ed ar-bustiva. La loro presenza è fondamentale per la conservazione della biodiversità vegetale ed animale.Sul versante a valle dell’abitato di Gualdo, la linea gialla delimita una delle tante “corone di frana” che car-atterizzano i versanti medio bassi del Salino. Gli scoscendimenti verso valle hanno messo a nudo le grigie argille stratificate messiniane del substrato.

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03 . foce del SalinoLa confluenza del torrente salino (a destra) nel fiume Tenna, a monte della Ma-donna del Molino (Piane di Falerone).La poca portata estiva del torrente si è ulteriormente dispersa e pochissima acqua arriva fino alla foce. Il torr-ente scorre sul substrato cos-tituito da peliti plioceniche ed è in fase di erosione. La vegetazione delle sponde è la tipica vegetazione ripar-iale a prevalenza di salice.

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02 . alveo del SalinoAlveo del torrente salino in località Salino di Contro, circa un chilometro a valle di Ponte di Salino. Il torrente in fase di magra estiva, scorre tra le proprie alluvioni sabbiose, tra ciottoli e massi di arenarie, ma è in erosione sul substrato politico arenaceo (alternanze di argille grigie e sabbie gialle) miocenico. Le piene invernali e primaverili, conseguenti alle forti piogge avvenute, hanno messo in eviden-za l’intricato groviglio degli apparati radicali, evidenziando il loro importante ruolo nella difesa delle sponde.La vegetazione è molto fitta e le lianacee (come la vitalba) l’edera, arrampicandosi sugli alberi creano un suggestivo ambiente quasi di foresta tropicale a galleria. La vegetazione arborea è molto varia e si mescolano specie più franca-mente di ambiente umido, come il pioppo e il salice, a quelle delle sponde più asciutte come l’ontano nero, molto diffuso, la roverella, il carpino nero, il nocciolo e qualche esemplare di farnia dalle caratteristiche ghiande pendu-colate.

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04. media e bassa valle del SalinoI versanti del Salino verso la Foce e a valle di Penna san Giovanni sono molto più ricolonizzati dal bosco poiché qui la valle si fa più stretta e incassata e meno adatta all’agricoltura meccanizzata. Così aumentano le superficie agrarie abbandonate che piano piano vengono ricolonizzate dalla vegetazione arborea ed arbus-tiva. Penna appare al culmine del bancone arenaceo (la ripa) che segna il limite della trasgressione marina pliocenica sui terreni della Laga sottostanti.

LEGENDA CARTA

1) castello e chiesa di Santa Croce – Chiesa di S.Vincenzo2) ponte di Salino e acque salse. Itinerario di S.Maria in Vallicella3) Villa Pilotti: chiesa neogotica di S.Giuseppe4) Itinerario dello spartiacque sinistro5) Colle di San Girolamo: punto di osservazione panoramica6) Da Cerreto alle sorgenti del Salino7) Macchia da Fuoco e Valcajano8) Foce del Salino9) Alveo del salino10) Boschi di macchia da Fuoco11) depositi della trasgressione marina del Pliocene di Penna san Giovanni 12) depositi della trasgressione marina del Pliocene di Monte san Martino13) scoscendimenti gravitativi del fosso della Corona

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