NANOTECNOLOGIE E ICT: POTENZIALITÀ E …...LE NANOTECNOLOGIE? I l termine “nanotecnologie” sta...

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MONDO DIGITALE •n.3 - settembre 2004 1.COSA SONO LE NANOTECNOLOGIE? I l termine “nanotecnologie” sta acquistan- do sempre maggiore popolarità: esso è, in- fatti, impiegato per descrivere una varietà di campi di ricerca e sviluppo, spesso di carat- tere interdisciplinare, entro i quali ci si con- fronta con strutture aventi dimensioni carat- teristiche inferiori a 100 nm. Si potrebbe dire che riguarda lo studio e la manipolazione di “oggetti piccoli”, da 0.1 a 100 nm. La scala spaziale caratteristica delle nanotecnologie è allora il nanometro (un milionesimo di milli- metro, tre ordini di grandezza inferiore ri- spetto al micron che è l’unità di riferimento tradizionale per la microelettronica). Per dare un’idea si consideri che è confrontabile con la larghezza del DNA (circa 2.5 nm) ed è la lunghezza di una catena lineare costituita da 6 atomi di carbonio. Il “nanomondo” è allora popolato da oggetti come atomi, molecole, “macchine molecola- ri” come il ribosoma (un organo cellulare che produce proteine nel corpo umano) che pos- sono opportunamente essere assemblati in “nanostrutture”: gli obiettivi principali delle nanotecnologie sono appunto realizzare, studiare e sfruttare le nanostrutture. L’intuizione che si potesse giungere a mani- polare e posizionare addirittura singoli atomi e molecole a questa “nanoscala” risale stori- camente al fisico teorico Richard Feynman, quando, nel 1959, espose una famosa rela- zione dal titolo “There’s Plenty of Room at the Bottom” [7] (ovvero “C’è abbondanza di spazio là sotto”) al congresso annuale della American Physical Society. In quella occasio- ne affermò che “i principi della fisica non so- no contro la possibilità di manipolare le cose un atomo alla volta…è un qualcosa che può essere fatto”, e per illustrarne l’impatto pro- poneva di scrivere l’intero contenuto dei 24 volumi dell’Enciclopedia Britannica sulla punta di uno spillo! Tuttavia è solo negli anni ’80 che si registra il vero impulso alle nano- tecnologie con l’invenzione del primo micro- scopio a effetto tunnel (STM, Scanning Tun- neling Microscope) da parte di Binnig e Roh- rer mediante il quale si riesce a “osservare” la materia fino ai singoli atomi [4]. Nel 1990, Il rapido sviluppo delle nanotecnologie apre vie alternative alla miniaturizza- zione dei circuiti integrati schiudendo nuovi orizzonti al settore ICT. Queste prospettive sono inquadrate in questo articolo evidenziando concetti, me- todiche e strumenti peculiari delle nanotecnologie, mettendo in luce i ma- teriali più promettenti e innovativi. Si riportano, inoltre, alcuni esempi di na- nodispositivi e nanostrutture particolarmente idonee alla realizzazione di nuovi paradigmi computazionali. Ermanno Di Zitti Davide Ricci Daniele D. Caviglia NANOTECNOLOGIE E ICT: POTENZIALITÀ E PROSPETTIVE 3 3.1

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1.COSA SONOLE NANOTECNOLOGIE?

I l termine “nanotecnologie” sta acquistan-do sempre maggiore popolarità: esso è, in-

fatti, impiegato per descrivere una varietà dicampi di ricerca e sviluppo, spesso di carat-tere interdisciplinare, entro i quali ci si con-fronta con strutture aventi dimensioni carat-teristiche inferiori a 100 nm. Si potrebbe direche riguarda lo studio e la manipolazione di“oggetti piccoli”, da 0.1 a 100 nm. La scalaspaziale caratteristica delle nanotecnologieè allora il nanometro (un milionesimo di milli-metro, tre ordini di grandezza inferiore ri-spetto al micron che è l’unità di riferimentotradizionale per la microelettronica). Per dareun’idea si consideri che è confrontabile conla larghezza del DNA (circa 2.5 nm) ed è lalunghezza di una catena lineare costituita da6 atomi di carbonio.Il “nanomondo” è allora popolato da oggetticome atomi, molecole, “macchine molecola-ri” come il ribosoma (un organo cellulare cheproduce proteine nel corpo umano) che pos-sono opportunamente essere assemblati in

“nanostrutture”: gli obiettivi principali dellenanotecnologie sono appunto realizzare,studiare e sfruttare le nanostrutture.L’intuizione che si potesse giungere a mani-polare e posizionare addirittura singoli atomie molecole a questa “nanoscala” risale stori-camente al fisico teorico Richard Feynman,quando, nel 1959, espose una famosa rela-zione dal titolo “There’s Plenty of Room atthe Bottom” [7] (ovvero “C’è abbondanza dispazio là sotto”) al congresso annuale dellaAmerican Physical Society. In quella occasio-ne affermò che “i principi della fisica non so-no contro la possibilità di manipolare le coseun atomo alla volta…è un qualcosa che puòessere fatto”, e per illustrarne l’impatto pro-poneva di scrivere l’intero contenuto dei 24volumi dell’Enciclopedia Britannica sullapunta di uno spillo! Tuttavia è solo negli anni’80 che si registra il vero impulso alle nano-tecnologie con l’invenzione del primo micro-scopio a effetto tunnel (STM, Scanning Tun-

neling Microscope) da parte di Binnig e Roh-rer mediante il quale si riesce a “osservare”la materia fino ai singoli atomi [4]. Nel 1990,

Il rapido sviluppo delle nanotecnologie apre vie alternative alla miniaturizza-

zione dei circuiti integrati schiudendo nuovi orizzonti al settore ICT. Queste

prospettive sono inquadrate in questo articolo evidenziando concetti, me-

todiche e strumenti peculiari delle nanotecnologie, mettendo in luce i ma-

teriali più promettenti e innovativi. Si riportano, inoltre, alcuni esempi di na-

nodispositivi e nanostrutture particolarmente idonee alla realizzazione di

nuovi paradigmi computazionali.

Ermanno Di ZittiDavide RicciDaniele D. Caviglia

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3.1

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si attualizza quanto prefigurato da Feynmanquando alcuni ricercatori dell’IBM riescono a“scrivere” il logo aziendale impiegando unSTM modificato per trascinare dei singoli ato-mi di xenon su una superficie di nichel [6].È stato peraltro sottolineato [3] come lo svi-luppo delle nanotecnologie abbia tratto lasua forza dall’evoluzione delle tecnologie mi-croelettroniche a carattere top-down, carat-terizzata dalla legge di Moore, che ha portatoa una miniaturizzazione sempre più spintadei circuiti integrati. Esse sono giunte ormaialla soglia delle nanotecnologie: infatti, ilcontinuo miglioramento delle tecniche fotoli-tografiche ha consentito di realizzare dispo-sitivi con dimensioni minime anche inferiori a100 nm, tanto che spesso sono state conglo-bate sotto il nome di nanoelettronica.Il prezzo da pagare è però altissimo, proprio intermini di costo di realizzazione degli impiantidi fabbricazione, cresciuto esponenzialmen-te, fino a raggiungere i miliardi di Euro.Lo scenario delle nanotecnologie è, invece,molto più ampio: esso abbraccia le tecnologiea stato solido, le biotecnologie e le tecnologiefisico-chimiche, e vi si intravede la potenzia-lità di rivoluzionare sia le modalità con cui so-no realizzati i materiali e i prodotti derivantisia le funzionalità che si possono ottenere. Letematiche d’interesse comprendono allora: tecniche di fabbricazione e lavorazione suscala inferiore a 100 nm; aspetti delle tecnologie di fabbricazione deidispositivi elettronici, compresi laser a pozzoquantico e circuiti integrati su silicio e arse-niuro di gallio, nei quali le dimensioni minimesiano inferiori a 100 nm; microscopia a sonda di scansione e relativeapplicazioni, sia a scopo di caratterizzare imateriali sia per la loro nanomanipolazione; materiali innovativi per i quali, almeno inuna dimensione, la struttura sia definita suuna scala inferiore a 100 nm; strutture molecolari autoassemblanti o au-toorganizzanti, comprendendo in esse anchei sistemi biologici e biomedici.Pertanto, volendo delinearne i contorni, iltermine nanotecnologie risulta in pratica cosìdilatato da apparire sfumato: per evitarequesto rischio si intende in questo articoloportare l’attenzione del lettore su ciò checoncerne la ricaduta delle nanotecnologie

nel contesto delle tecnologie per l’informa-zione, focalizzando il discorso sui materialipiù promettenti e innovativi nonché sulle tec-niche di nanofabbricazione di tipo alternati-vo rispetto a quelle impiegate nella microe-lettronica avanzata. In questa ottica, sono in-quadrate nanostrutture e nanodispositivicon una prospettiva rivolta a future applica-zioni di tipo computazionale.

2. I CONCETTI E LE METODICHE

2.1. Miniaturizzare o partire dal piccolo?Cercare di fabbricare e interagire con strut-ture sempre più piccole migliorando la riso-luzione e le prestazioni degli apparati ma-croscopici per la manipolazione dei mate-riali è un primo approccio che storicamenteè stato condotto dall’industria microelettro-nica per la realizzazione di circuiti integratia sempre più elevata complessità. La parolachiave in questo contesto è stata, infatti,“scalabilità”, definendo così una metodolo-gia prettamente di tipo top-down, per otte-nere la quale si è lavorato soprattutto sullaprogressiva riduzione della lunghezza d’on-da della luce incidente nella tecnica fotolito-grafica, nonché sul miglioramento dei relati-vi materiali e dell’intero processo tecnologi-co. Si tratta di un tipico approccio ingegneri-stico che tende a produrre strutture moltodefinite, stabili, regolari e tipicamente pla-nari, e che, allo stato attuale, facendo uso diradiazioni ad alta energia (raggi X, ioni oelettroni), può consentire di realizzare na-nostrutture a stato solido. In questo conte-sto, gli strumenti delle nanotecnologie ba-sati sui microscopi a sonda di scansionehanno consentito di sviluppare tecniche na-nolitografiche a carattere complementare ingrado di supportare questa metodica. Dalpunto di vista concettuale, infatti, la mag-gior parte di queste tecniche sono basatesulla rimozione spazialmente selettiva di unpolimero o mediante una deposizione/for-mazione locale di molecole nelle zone desi-derate. Un esempio significativo è la cosid-detta dip pen nanolithography [15], nellaquale si sfrutta la punta di un microscopio aforza atomica (AFM, Atomic Force Microsco-

pe), che viene ricoperta da molecole come itioli, in grado di reagire chimicamente con

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una superficie di oro formando forti legamicovalenti con essa. Controllando il movi-mento della punta sulla superficie si puòsfruttare una goccia d’acqua come canaleper far migrare le molecole dalla punta alcampione, ottenendo un processo analogoalla scrittura con una penna a inchiostro.All’interno delle nanotecnologie esiste, però,una metodologia alternativa che sta semprepiù emergendo negli ultimi anni e che di fatto

è quella più caratterizzante: costruire dalbasso verso l’alto (bottom-up). Rappresentail tentativo di costruire entità complessesfruttando le capacità di autoassemblamen-

to o di autoorganizzazione dei sistemi mole-colari. È pertanto un approccio di tipo chimi-co o biologico, potenzialmente in grado, adifferenza delle tecniche fotolitografiche, dicreare strutture tridimensionali complesse abasso costo e in grande quantità.

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Autoassemblamento: verso un “kit” di costruzione dal piccolo

Per poter seriamente prendere in considerazione da un punto di vista commerciale la possibilità di realizzare calcolatori operanti suscala atomica o molecolare, si rende necessario mettere a punto metodi di fabbricazione a basso costo di componenti su scala nano-metrica con tolleranze a livello atomico.Le tecniche più promettenti per raggiungere questo obiettivo si basano su proprietà a livello atomico e molecolare spesso definite “au-to-organizzazione” o “autoassemblamento”.In questo contesto, si può intendere autoassemblamento come la costruzione automatica di sistemi ordinati o di strutture complessea partire da blocchi elementari attraverso un processo guidato dalle caratteristiche fisico-chimiche dei blocchi e dalla minimizzazionedell’energia complessiva del sistema, processo che termina con il raggiungimento dell’equilibrio termodinamico.È possibile distinguere essenzialmente tre diversi tipi di autoassemblamento, ciascuno legato al tipo di costituenti elementari, vale adire atomi, molecole e aggregati (cluster): autoassemblamento chimico, fisico e colloidale.L’auto-assemblamento chimico interviene nell’ordinamento su scala molecolare di composti aventi architetture atomiche esattamen-te predefinite per la realizzazione di strutture funzionali con un livello dimensionale superiore.Una caratteristica attraente di tale tecnica consiste nel fatto che, controllando la sintesi chimica delle unità elementari, si possonosintonizzare la struttura e le proprietà del sistema ordinato risultante. Le strutture autoassemblate chimicamente annoverano i se-guenti vantaggi: sono facili da preparare e veloci da fabbricare a partire da soluzioni di molecole assemblanti (processo altamente parallelo); sono ordinate a livello molecolare e “robuste” in diverse condizioni di utilizzo; sono termodinamicamente stabili, si formano spontaneamente e tendono, quindi, a rigettare difetti;Un esempio di autoassemblamento chimico è illustrato nella figura.

L’autoassemblamento fisico vie-ne spesso riferito al comporta-mento auto-organizzante a livel-lo nanometrico di materiali inor-ganici durante processi di depo-sizione (come l’epitassia da fa-scio molecolare, MBE, Molecular

Beam Epitaxy o la deposizione infase vapore, CVD, Chemical Va-

pour Deposition) o trattamentisuccessivi all’accrescimento. Innetto contrasto con gli obiettividei processi tradizionali, che mirano a ottenere strati il più possibile continui e uniformi, queste tecniche sfruttano il comportamen-to dei materiali quando vengono depositati in condizioni disomogenee, quando cioè “imperfezioni” indotte ad arte su scala atomicanel substrato (vacanze atomiche, gradini, dislocazioni, disallineamenti reticolari ecc.) guidano la localizzazione o l’aggregazione del-le specie chimiche depositate successivamente, dando luogo a proprietà nuove e utili ai fini delle applicazioni nanoelettroniche. Daquesto tipo di processi sono state create strutture come i quantum dot (a tal proposito si rimanda alla lettura del riquadro su questoargomento) e atomic wire.Inoltre, è da puntualizzare come, dall’associazione (contestuale o sequenziale) dell’autoassemblamento fisico con quello chimico, èstato possibile creare strutture mono-, bi- e tri-dimensionali su scala nanometrica aventi proprietà innovative. Gli esempi sono nume-rosi, quelli più noti e significativi riguardano i nanotubi di carbonio (si veda il riquadro sull’argomento) e i “nanofili” di silicio (silicon

nanowire), ma vale la pena citare anche nanotubi di boro, di disolfuro di molibdeno, cluster metallici da areosol ecc..In ultimo, si cita quello che si potrebbe definire l’autoassemblamento colloidale, capace di produrre nanoparticelle o aggregati (clu-ster) di diversi materiali aventi dimensioni caratteristiche comprese tra 1 e 20 nm, e che manifestano proprietà di tipo ibrido, che si col-locano a cavallo tra le proprietà dei singoli atomi e le proprietà di tipo “bulk” di una struttura a stato solido. In questo ambito, si ot-tengono significative proprietà quantistiche e di confinamento della carica per la realizzazione di nanodispositivi. Esempi significativisono la fabbricazione di nanoparticelle semiconduttrici, conduttrici, organo-matalliche, ferromagnetiche. Partendo poi da queste sipossono ottenere, su di una scala dimensionale superiore, sistemi organizzati di nanoparticelle in matrice organica isolante che pos-sono essere parte integrante di vere e proprie nanoarchietture autoassemblate (si veda la sezione 5.2).

Molecole in soluzione

Autoassemblamento

Fisiassorbimento

Chemiassorbimento

Organizzazione laterale

SubstratoSubstrato

Gruppo terminale

Gruppo mesogeno

Gruppo di ancoraggio

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Le nanotecnologie bottom-up nascono dalprogetto di molecole o aggregati molecolari(eventualmente sintetizzati ad hoc) che han-no la capacità di autoassemblarsi o autoor-ganizzarsi in strutture di ordine più elevato(quali strutture mesoscopiche o macromole-colari). Un tale approccio può essere moltoefficace impiegando le molecole che sianomaggiormente adatte ad autoassemblarsispontaneamente sotto l’azione di uno speci-fico agente chimico o fisico, come la variazio-ne di pH, la concentrazione di uno specificosoluto, o l’applicazione di un campo elettrico.I meccanismi fisici che producono l’autoas-semblamento, ovvero le forze pilotanti chespingono le molecole ad autoassemblarsi instrutture organizzate, sono dovuti alla ter-modinamica e alle interazioni competitive ditipo molecolare che comprendono forzeidrofobiche/idrofiliche, legami a ponte d’i-drogeno e interazioni di van der Waals, cheagiscono in modo da minimizzare gli statienergetici per diverse configurazioni moleco-lari. È importante tenere presente che l’o-biettivo diventa, allora, quello di progettaresistemi capaci di autoassemblarsi in struttu-re macroscopiche di ordine più elevato chepresentano le proprietà di tipo chimico e/o fi-sico desiderate, caratteristiche del compor-tamento collettivo e non di quello delle sin-gole molecole o particelle costituenti. Attual-mente, questa metodologia è chiamata, “au-toassemblamento guidato” (directed self-as-

sembly). Il riquadro sull’autoassemblamento

illustra le principali metodiche impiegate atal fine.Le due metodologie descritte, che trovanoapplicazione nelle nanotecnologie, non sonoin contrapposizione, anzi attualmente losforzo maggiore è ricercare tra esse la siner-gia più adeguata per l’applicazione desidera-ta. Un esempio è la cosiddetta litografia “sof-fice” (soft-lithography) [25] in cui si usa uno“stampo” realizzato con tecnologia a fasciodi elettroni per poi trasferire pattern di mole-cole autoassemblate sulle zone desideratedel substrato.La figura 1 riassume quanto detto e illustracome nel corso del tempo le due metodolo-gie convergano nelle nanotecnologie da am-biti molto diversi. Si può allora comprenderecome la “visione” delle nanotecnologie siainterdisciplinare e tanto articolata. Si è cosìconiato il termine “nanoscienze”, che costi-tuisce il punto di incontro di discipline diver-se che vanno dalla fisica quantistica alla chi-mica supramolecolare, dalla scienza dei ma-teriali alla biologia molecolare, e rappresen-tano una realtà ormai affermata nel mondodella ricerca.

2.2. Lavorare a “nanoscala”Nell’approccio peculiare bottom-up si partedall’introduzione di tipologie di nanoblocchielementari (i “mattoni” che costituiscono unsistema) che presentano proprietà fisiche in-novative a seconda della dimensione, dellamorfologia e della composizione chimica.A questo proposito, nasce l’esigenza di com-prendere le proprietà fondamentali dellenuove nanostrutture in modo da poter rica-vare le descrizioni funzionali di ogni “nano-cella”. È così possibile mettere in relazioneogni nuovo concetto di nanodispositivo/na-nocella con quelli noti e resi disponibili dallatecnologia dei circuiti integrati in modo dapoterli combinare efficacemente per proget-tare sistemi integrati di tipo innovativo. La fi-gura 2 illustra la strutturazione di un tale ap-proccio, dove i concetti di progetto architet-turale e assemblamento gerarchico sono si-tuati all’estremo opposto rispetto alla meto-dologia di progettazione strutturata VLSI,Very Large Scale Integration. Per quest’ulti-ma, infatti, l’approccio top-down si traduce inuna specifica di tipo algoritmico-comporta-

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Approccio “top-down”

Approccio “Bottom-up”

Nanotecnologia

Lavorazionemeccanica

di precisione FotolitografiaU.V.

Integrazionedegli

approcci

Fasci adalta energia

Nano

NanomaterialiChimica

Sintesi

SPM

NanomanipolazioneAutoassemblamento

1 mm

100 µm

10 µm

1 µm

100 nm

10 nm

1 nm

0,1 nm

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FIGURA 1La sintesi tra metodologie top-down e bottom-up presenti nelle nanotecnologie

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mentale che gerarchicamente si scomponenei livelli funzionali e strutturali (librerie dicelle) che a loro volta a livello più basso sitraducono nei livelli logici e circuitali fino adarrivare alla realizzazione fisica vera e pro-pria (layout fisico). È necessario allora com-prendere preliminarmente le conseguenze dilavorare alla nanoscala: che cosa accade alleproprietà di un oggetto man mano che ne di-minuiscono le dimensioni fino ad arrivare aquelle del nanometro?Un parametro importante è il rapporto tra l’A-rea della superficie e il Volume dell’oggetto.Negli oggetti macroscopici, che hanno unpiccolo rapporto Area/Volume, le proprietàchimiche e fisiche sono essenzialmente de-terminate dalla struttura del solido (bulk).Negli oggetti più piccoli, con un elevato rap-porto Area/Volume, le caratteristiche dellasuperficie diventano determinanti, influen-zando fortemente le proprietà ottiche, l’ade-sività, la bagnabilità, l’attrito, la reattivitàchimica ecc.. Per comprendere numerica-mente su quale scala dimensionale ciò avvie-ne, si introduce il concetto di “dispersione”,ovvero il rapporto tra il numero di atomi dellasuperficie rispetto al numero di atomi totaliin una particella. Si osservi l’andamento del-la dispersione al variare del raggio della par-ticella riportato in figura 3: al di sotto di unraggio pari a 1 nm, si può notare come il nu-mero di atomi della superficie diventi con-frontabile al numero di atomi totali, indican-do chiaramente come la fisica e chimica dellenanotecnologie siano dominate dalle pro-prietà delle superfici.È da tenere, allora, presente che uno deimaggiori ostacoli allo sviluppo delle applica-zioni delle nanotecnologie risiede nelle ine-renti scale di tipo spaziale e temporale secon-do le quali si svolgono gli eventi chimico/fisi-ci di nostro interesse. Esse, infatti, variano ri-spettivamente dal nanometro a centinaia dinanometri e dal nanosecondo al femtosecon-do1 (se si considerano le oscillazioni dei lega-mi atomici). Essendo i blocchi molecolari ma-nipolati su una scala così ridotta, i substrati

hanno livelli di organizzazione spaziale e/otemporale su svariati ordini di grandezza, conlivelli di ordine inferiore annidati su livelli diordine più elevato (per esempio, 6 ordini digrandezza per un dispositivo che sia struttu-rato su scala nanometrica ma con una strut-tura macroscopica sul millimetro). Pertanto,al fine di studiare ed esplorare la ricchezza ela complessità di questi sistemi, si richiedonostrumenti altamente sofisticati, sia di tipoteorico che sperimentale.

2.3. Quali strumenti?La visualizzazione, caratterizzazione e mani-polazione di materiali e dispositivi a scala na-nometrica richiedono sofisticate tecnichequantitative e di imaging con risoluzioni spa-ziali che vanno dal micron fino sotto il livello

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FIGURA 2La visione dellenanotecnologie:un paradigma percostruire dal bassoverso l’alto

Assemblamento gerarchico

Progetto architetturaleBiotecnologieComunicazioni

CalcoloMemorie

Materialiintelligenti

Fotonica

Proprietà fondamentali

Nuovi concetti di dispositivo

FIGURA 3Andamento della dispersione al variare del raggio di una nanoparticella

1.0

0.8

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0.4

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Raggio [nm]1 Un femtosecondo, 10–15 s, è 6 ordini di grandezza

inferiore al nanosecondo, risultando in una unitàestremamente piccola.

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molecolare. Le informazioni ottenute alle di-verse scale dimensionali possono così esse-re messe in relazione tra loro per poter com-prendere le proprietà delle strutture a nano-scala e come queste possano essere conve-nientemente sfruttate a livello macroscopico.Esempi importanti di strumenti/tecniche almomento disponibili sono: sorgenti di luce di sincrotrone altamente fo-calizzate (1–2 µm) per la diffrazione dei raggiX e le tecniche relative in grado di fornire det-tagliate informazioni di tipo strutturale son-dando direttamente il posizionamento degliatomi [10]; le microscopie a scansione elettronica (SEM,Scanning Electron Microscopy), a trasmissio-ne (TEM, Transmission Electron Microscopy) ea sonda di scansione (SPM, Scanning Probe

Microscopy), che consentono visualizzazionitopografiche bi- e tridimensionali di strutturea nanoscala; tecniche di monitoraggio in situ che consen-tono di monitorare e valutare l’assemblamen-to e la crescita dei blocchi costitutivi elemen-tari, quali la riflessione da diffrazione di elet-troni ad alta energia (RHEED, Reflection High-

Energy Electron Diffraction) [19]. Il principiosottostante è indirizzare un fascio di elettroniad alta energia verso un campione a una certaangolatura, e rilevare come esso rimbalzi in-dietro dopo l’interazione con la struttura ato-mica del materiale sotto test. Dalla conforma-zione dei diversi pattern di elettroni riflessiche si producono su uno schermo a fosfori sipossono evincere informazioni sulla strutturaatomica del campione.

3. I NANOMATERIALILo sviluppo delle tecnologie dell’informa-zione negli ultimi quarant’anni è avvenutoimpiegando per i componenti attivi materia-li inorganici, tra i quali il silicio ha assunto ilruolo di protagonista. Da un lato, si prevedeche tale ruolo guida permanga ancora nelbreve e medio termine, dall’altro esiste laconcreta possibilità che il silicio possa esse-re progressivamente rimpiazzato da mate-riali di tipo organico per realizzare dispositi-vi particolari. La situazione che si va deli-neando per il lungo termine riguarda piutto-sto l’impiego di silicio e materiali organiciper lo sviluppo di tecnologie di tipo ibridoorganico-silicio. Il fatto che rende così inte-ressante l’utilizzo di materiali organici è laloro grande varietà e disponibilità, la possi-bilità di sintetizzare o funzionalizzare mole-cole con proprietà ad hoc per usi specifici e ibassi costi di produzione. Il fattore econo-mico è, infatti, quello che appare essere lavera limitazione allo sviluppo della tecnolo-gia dei circuiti integrati al silicio (Secondalegge di Moore [3]), per cui la sfida è svilup-pare una tecnologia a basso costo basatasull’impiego di nanomateriali. Questo cam-po è attualmente di competenza della “na-nochimica” che comprende la sintesi di na-noparticelle e di materiali nanocristallininonché la fabbricazione di strutture policri-stalline a singola fase o multifase aventi di-mensione caratteristica dei “grani” da 1 a100 nm almeno in una dimensione. A secon-da della dimensionalità si definiscono alcu-ne tipologie tipiche (Tabella 1) quali:

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TABELLA 1Classificazione

dei nanomaterialial variare

della dimensionalità

Nanomateriali tipici Dimensione Materiali

(0-D) Nanocristalli e cluster diametro 1-10 nm Metalli, semiconduttori, materiali(quantum dot) magnetici

Altre nanoparticelle diametro 1-100 nm Ossidi ceramici

(1-D) Nanowire diametro 1-100 nm Metalli, semiconduttori, ossidi

Nanotubi diametro 1-100 nm Carbonio

(2-D) Matrici di nanoparticelle svariati nm2-µm2 Metalli, semiconduttori, materialimagnetici

Superfici e film sottili Spessori 1-1000 nm Materiali vari (organici e non)

(3-D) Strutture tridimensionali diversi nm nelle 3 Metalli, semiconduttori, materialidimensioni magnetici

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nanocristalli (si veda il riquadro sull’argo-mento); strutture a filamento; strutture stratificate (monostrato o multi-strati) o lamellari; materiali nanostrutturati (materiali i cui ele-menti costitutivi quali particelle, aggregati ocavità hanno almeno una dimensione inferio-re a 100 nm).Le prime tre sono quelle più interessanti perapplicazioni nell’ambito delle tecnologie del-l’informazione mentre i materiali nanostrut-turati possono essere utilizzati sia sotto for-ma di manufatti o polveri finemente divisesia come pellicole sottili (thin film) per rive-stire superfici di materiali convenzionali.

Questi materiali, a prima vista, non differi-scono dai materiali strutturati su scala con-venzionale (per esempio un pezzo metallicoo ceramico dove le dimensioni lineari dei“grani” costituenti possono variare tipica-mente tra 0,01 e 0,1 mm), ma le loro proprietàvengono modificate manipolando le lorostrutture a livello delle particelle che la com-pongono. Per fare alcuni esempi, le cerami-che nanostrutturate sono molto più dure eresistenti di quelle a grana grossa, metalli ananofase hanno proprietà meccaniche mi-gliori di quelli convenzionali, e la granulome-tria nanometrica presente in alcuni cosmeticirende molto più efficace l’azione di schermonei confronti delle radiazioni solari.

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I nanocristalli

I nanocristalli sono aggregati cristallini il cui diametro arriva al massimo fino a qualche nanometro e sonocostituiti da qualche decina a qualche migliaio di atomi. Possono essere sia nanocristalli semiconduttivicome quelli di silicio e germanio usati tipicamente in una matrice di SiO2, che nanocristalli di tipo colloida-le. Questi ultimi possono essere sintetizzati a partire da materiali metallici come oro, argento o cobalto, dasemiconduttori come solfuro o seleniuro di cadmio, arseniuro di gallio e da isolanti come ossido di ferro odi titanio. I nanocristalli colloidali sono dispersi in un solvente e devono essere stabilizzati in modo che nonsi formino agglomerati dovuti a fenomeni di coalescenza1. Di particolare interesse sono i nanocristalli col-loidali costituiti da nanoparticelle metalliche incapsulate da un monostrato di molecole organiche, per laloro capacità di dare origine a strutture autoorganizzate a una, due o tre dimensioni. Infatti, volendo realiz-zare strutture reticolari di nanocristalli, il processo può essere ottimizzato per modulare le proprietà di ag-gregazione e di idrofobicità in modo da ottenere la spaziatura desiderata tra i singoli nanocristalli. A titolodi esempio si riporta nellafigura a sinistra (Figura A)la rappresentazione di unananoparticella di oro dinucleo (core) di diametro2.4 nm ricoperta da un mo-nostrato di dodecanetiolo,la cui molecola presentauna struttura con la formadi un ottaedro troncatocontenente 459 atomi dioro. Nella figura a destra(Figura B) viene mostrata,invece, l’immagine corri-spondente ad alta risolu-zione ottenuta al micro-scopio a trasmissione elet-tronica (TEM). La qualitàdel processo di produzio-ne dei nanocristalli è de-terminata principalmente dalla sua capacità di dare luogo a una distribuzione della loro dimensione la piùstretta possibile. A tal fine, o si impiegano tecniche altamente complesse per la sintesi diretta di nanocri-stalli monodispersi oppure, una volta sintetizzati con metodiche più semplici, si devono approntare deiprocessi di selezione dei nanocristalli con svariate tecniche (vapor transfer, cromatografia) fino a ottenerela distribuzione desiderata.

1 Fenomeno di aggregazione originato da fenomeni diffusivi superficiali per i quali piccoli agglomerati in fase dispersa si fon-dono tra loro per costituire aggregati più grandi o, al limite, una fase continua.

A Schema rappresentativo di una nanoparticella di oro (diametro del nucleo 2.4 nm)ricoperta da un monostrato di dodecanetiolo (per un diametro complessivo di circa 5 nm)B Immagine TEM ad alta risoluzione di un nanocristallo. La struttura cristallina dellananoparticella risulta evidente dalle frange di interferenza elettronica

A B

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Ricordando quanto si è discusso in prece-denza sull’elevato rapporto tra superficie/in-terfaccia e volume, i nanomateriali possonoessere progettati in modo da sfruttare speci-fici effetti legati alla dimensione (controllata)delle particelle presenti.Si possono così evidenziare i fatti più salienti

in relazione alle applicazioni possibili per letecnologie dell’informazione. L’effetto di confinamento quantico dovu-to alla diversa forma della funzione densitàdi stati elettronici (Figura 4) genera una di-scretizzazione dei livelli energetici deglielettroni nelle relative nanostrutture 2-D(pozzi quantici o quantum well), 1-D (filiquantici o quantum wire) e 0-D (punti quan-tici o quantum dot) e trova i principali sboc-chi applicativi nella progettazione di etero-strutture2 a semiconduttore, nell’optoelet-tronica e nell’ottica non lineare. Le proprietà di tunneling (si veda il riqua-dro sull’effetto tunnel) possono essere mo-dulate variando la lunghezza delle catenemolecolari di tipo isolante disposte tra nano-particelle/molecole conduttive; in questomodo, analogamente al caso delle etero-strutture realizzate con semiconduttori com-posti, si possono realizzare dispositivi e na-nostrutture quantistiche. A differenza dei materiali macroscopici chepresentano domini magnetici multipli, tantepiccole particelle ferromagnetiche formanoun singolo dominio magnetico, potendo cosìrealizzare nuovi tipi di memorie.

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FIGURA 4Densità di stati e confinamento quantico per diverse tipologie di nanostrut-ture. A Strutture 3-D tipo bulk; B pozzi quantici (2-D); C fili quantici (1-D);D punti quantici (0-D)

ρ (ε) ρ (ε) ρ (ε) ρ (ε)

A

B

CD

ε ε ε ε

2 Strutture cristalline formate dalla deposizione stratificata di regioni di semiconduttori a diverso gap comeper esempio sequenze di GaAs e GaAlAs.

Quantum dot

A causa della loro piccola dimensione, che è dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d’onda di De Broglie di elettroni e la-cune a temperatura ambiente, gli stati energetici dei portatori di carica nei nanocristalli sono quantizzati. Per nanocristalli sferici incui elettroni e lacune sono confinati in tutte e tre le di-mensioni il movimento dei portatori è completamentegovernato dalla meccanica quantistica, ed è per que-sto motivo che i nanocristalli sono chiamati quantumdot. Analogamente al modello della buca di potenzia-le, solitamente associato alle quantum well, si otten-gono livelli elettronici discreti ∆ε la cui spaziatura èfunzione (inversamente proporzionale al quadrato)della dimensione d del nanocristallo. Come evidenzia-to nella figura, si può in questo modo modulare la va-riazione di energia associata alla ricombinazione di unelettrone della banda di conduzione con una lacunadella banda di valenza, potendo ottenere emissione difotoni alla lunghezza d’onda desiderata. Un quantumdot ha anche un’altra caratteristica, chiamata energia

di caricamento, analoga all’energia di ionizzazione diun atomo: rappresenta l’energia di repulsione elettro-statica dovuta alla carica all’interno del dot. Per tali si-militudini con gli atomi reali i quantum dot sono anchedetti atomi artificiali.

Quantum dot

Isolante

e

QD

h

εgap

Isolante εgap

∆ε

Banda di conduzione

Banda di valenza

Effetto del confinamento della carica in un quantum dot di tipo semiconduttivoimmerso in un isolante e modello a bande di energia relativo

d

d

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4. NANOELETTRONICAE NANODISPOSITIVI

Le particolari proprietà fisiche e quantisti-che rese disponibili dai nanomateriali han-no consentito il rapido sviluppo della na-noelettronica che attualmente riguarda losfruttamento delle proprietà di trasportoelettronico sia nelle nanostrutture a statosolido che in quelle di tipo molecolare o ibri-do. Data la vastità e la complessità dell’ar-gomento, che ha portato alla formulazionedi una roadmap per la nanoelettronica [24]analoga a quella per le tecnologie dei semi-conduttori, si vuole qui porre l’accento solosui filoni principali che contengono gli ar-chetipi dei materiali e i relativi dispositiviemergenti lasciando da parte l’evoluzionedelle tecnologie MOS (Metallo-Ossido-Se-

miconduttore), con le quali è prodotta unagrandissima parte dei circuiti integrati oggisul mercato (e delle relative nanotecnologieche fanno riferimento al mondo del silicio),che rimangono comunque il riferimento conil quale confrontarsi. In tale contesto i nano-cristalli [1] e i nanotubi di carbonio (nano-strutture unidimensionali a filamento) sonodi particolare interesse per le tecnologiedell’informazione a causa della loro versati-lità e flessibilità di impiego. I nanocristallisono direttamente associabili alle strutturequasi zero-dimensionali dette quantum dot(si veda il riquadro), che, presentando livellienergetici quantizzati e spaziati in funzionedella dimensione caratteristica, possonoessere impiegati per esempio per emettereo assorbire una data lunghezza d’onda del-la luce variando il diametro del dot. Più pic-

colo è il nanocristallo, più grande è la spa-ziatura dei livelli, e il conseguente maggiorenergy gap consente di lavorare a lunghez-ze d’onda inferiori. Per esempio, un nano-cristallo di CdSe di 2.5 nm ha fluorescenzasul verde, mentre uno di 7 nm la presentasul rosso. Oltre che per applicazioni di tipooptoelettronico, tali quantum dot si presta-no a essere impiegati innanzitutto per larealizzazione di memorie non convenzionali[24], in quanto un dot o un cluster di dot puòessere impiegato per realizzare memorienon volatili3. Tali dispositivi sono così unesempio significativo di convergenza di tec-nologie microelettroniche esistenti con na-notecnologie autoassemblanti.Un’altra applicazione importante riguarda larealizzazione di dispositivi a singolo elettro-ne [17] (si veda a tal proposito il riquadro sul-la Coulomb blockade e i dispositivi a singolo

elettrone), particolarmente attraenti inquanto conservano la scalabilità fino al livel-lo atomico, potendo controllare il movimentoanche di un solo elettrone. L’idea sottostantea questi dispositivi è quella di sfruttare unquantum dot come una piccola “isola” con-duttiva separata da due elettrodi mediantesottili zone isolanti attraverso le quali unelettrone possa passare per effetto tunnel. In

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L’effetto tunnel

Secondo la fisica classica una particelladi energia E inferiore all’altezza U0 di unabarriera di potenziale non può penetrar-la in quanto la regione interna alla bar-riera è classicamente proibita. La naturaquantistica di una particella incidente labarriera, descritta da una funzione d’on-

da (per esempio, un elettrone), fa sì chese ne osservi un decadimento di tipoesponenziale all’interno della barriera,che dà luogo a una probabilità finita dipenetrazione, apprezzabile per spessoridell’ordine del nanometro. Tale fenome-no è chiamato effetto tunnel.

Regione classicamente proibita

Energia di un elettrone

U0

Funzioned’onda

E

3 La presenza di una carica (elettroni) aggiunta dal-l’esterno può impedire il passaggio di corrente inun dispositivo, creando così due possibili condi-zioni di risposta a seguito dell’applicazione di unatensione di lettura, in modo analogo a quanto ac-cade in una comune memoria non volatile a tec-nologia convenzionale (memoria flash).

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figura 5 è mostrato lo schema di controllo diquello che può essere considerato un con-densatore “quantistico”: una tensione Vg ap-plicata al gate fa sì che un elettrone del sour-ce guadagni sufficiente energia per passarenell’isola per effetto tunnel e così caricarlanegativamente. A questo punto, si generauna forza repulsiva di tipo coulombiano cheimpedisce il passaggio di un secondo elettro-ne. Questo effetto è detto Coulomb blocka-de. L’utilizzo di questo effetto nelle memorieflash (a tal proposito si veda anche la notaprecedente) potrebbe rivelarsi particolar-

mente attraente non solo per il fatto che essoconsente di conservare più a lungo la caricaimmagazzinata, ma anche nella prospettivadi memorizzare più bit su una stessa cella(aumentando nello stesso tempo la densitàdi integrazione).Dallo schema visto, aggiungendo una secon-da giunzione tunnel che consenta il passaggiodi elettroni da una parte all’altra del dispositi-vo, deriva il transistore a singolo elettrone(SET, Single Electron Transistor, figura A nel ri-quadro) e tutti i dispositivi che ne conseguo-no. Anche in questo caso si prefigurano tecno-

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La Coulomb blockade e i dispositivi a singolo elettrone

In figura A è rappresentata la struttura tipica di un transistore a singolo elettrone. Si tratta di un’isola conduttiva (Q dot) separata da dueelettrodi (source e drain) mediante due barriere tunnel e accoppiata a un elettrodo di controllo (gate) mediante una capacità. L’energiadi caricamento dell’isola vale q2/2C, dove q è la carica dell’elettronee C è la capacità totale tra l’isola e il resto del sistema, e rappresen-ta un gap di energia tra lo stato energetico dell’ultimo (N-esimo)elettrone e il primo successivo stato disponibile (N + 1). Se la di-mensione dell’isola è sufficientemente piccola da far sì che questovalore diventi molto superiore all’energia termica nel sistema (kT,ove k è la costante di Boltzmann e T la temperatura assoluta) neconsegue che nessun elettrone può passare per effetto tunnel neldot o dal dot. Il valore di capacità necessario per osservare questoeffetto a temperatura ambiente (T = 300 K) deve essere molto infe-riore a 1 aF (1 aF = 10–18 F), corrispondente a una dimensione carat-teristica di 10 nm. Per questo motivo un quantum dot realizzato conun nanocristallo di diametro dell’ordine del nanometro risulterebbeadeguato allo scopo, mentre con strutture a stato solido di dimen-sioni caratteristiche intorno a 100 nm si dovrebbe lavorare in condi-zioni di temperatura prossime allo zero assoluto, sotto 1 K.Il diagramma a bande mostrato in figura B mostra come, nono-stante la presenza di una polarizzazione VDS, non ci siano nell’iso-la stati elettronici disponibili all’effetto tunnel, in quanto i soli sta-ti liberi si trovano al di sopra dell’energia degli elettrodi. Questa condizione è detta Coulomb blockade. Tuttavia, se viene applicatauna tensione a un elettrodo esterno di gate in modo da modificare la profondità del potenziale elettrostatico per accoppiamento ca-pacitivo (in modo classico, in quanto lo spessore del dielettrico deve essere sufficiente da non consentire il passaggio di elettroni pereffetto tunnel) fino a far allineare il livello libero per l’elettrone N + 1 con quello dell’elettrodo di source, si verifica il passaggio di unelettrone alla volta attraverso l’isola. Per questo motivo il dispositivo conseguente è chiamato transistore a singolo elettrone.

A Struttura di un transistore a singolo elettrone

B Diagrammi a bande che illustrano l’effetto di Coulomb blockade (off) e di passaggio di elettroni per effetto tunnel (on)

Source

Gate

DrainQ dot

Barriere tunnel

Coulomb BlockadeE

EFD EFD

eVDS eVDS

∆ε+e2/2C

∆VGS

EFSEFS

ϕ

E

ϕ

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logie di tipo ibrido SET-MOS dove i transistoriMOS provvedano a fornire più adeguati valoridi guadagno e di pilotaggio di corrente, puntideboli dei SET. Potendo però usare nanocri-stalli al posto di quantum dot realizzati contecnologie a stato solido si avrebbe il vantag-gio della dimensione per usufruire di più facilicondizioni operative. Infatti, la dimensione ca-ratteristica del dot dell’ordine di pochi nano-metri (1-3 nm) consente di far funzionare i di-spositivi a temperatura ambiente, mentreavendo a disposizione quantum dot dell’ordi-ne dei 100 nm si è costretti a lavorare a tempe-rature estremamente basse a causa dei bassi

valori dell’energia di caricamento che deve re-stare significativamente superiore all’energiatermica dell’ambiente, kT.

4.1. DaI silicio al carbonio: i nanotubiÈ sorprendente constatare come dalla sco-perta dei nanotubi di carbonio (CNT, Carbon

NanoTubes) appena un decennio fa [13] sisiano innescate così tante sinergiche atti-vità di ricerca su queste nanostrutture (si ri-manda al riquadro: Nanotubi di carbonio

per l’elaborazione dell’informazione). I na-notubi hanno proprietà elettroniche parti-colari, potendo esibire un comportamento

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1FIGURA 5 Schema concettuale di un condensatore “quantistico” che illustra la fase di carica di un quantum dot per effetto tunnel e l’effetto di bloccocoulombiano dovuto alla repulsione elettrostatica

Source Gate Source Gate

VgVg

Quantum dot Quantum dot

Q = 0 Q = –q

Tunneling Repulsione coulombiana

Nanotubi di carbonio per l’elaborazione dell’informazione

I nanotubi di carbonio sono nanostrutture filamentari scoperte nel1991 da S. Iijima [13] studiando il materiale depositato su un catododurante la sintesi dei fullereni. La scoperta di questa prima famigliadi molecole, terzo stato cristallino del carbonio, era già valsa ai ricer-catori Kroto, Heath e Smalley il premio Nobel per la Chimica. I fulle-reni sono strutture di forma sferoidale, la più nota delle quali è il C60(dove i 60 atomi di carbonio sono disposti esattamente come la geo-metria dei vertici degli esagoni e pentagoni di un pallone da calciotradizionale). Iijima osservò che oltre ai fullereni durante il processodi sintesi in realtà si erano formate una ulteriore varietà di strutturemai osservate prima, strutture aventi un elevato rapporto lunghez-za-diametro, i nanotubi.I nanotubi sono strutture molto interessanti, che affascinano per le lo-ro dimensioni (diametri dell’ordine di pochi atomi e lunghezze fino aqualche micron), per la loro forma, di fatto monodimensionale, e per leloro notevoli proprietà fisiche. Possono essere pensati come un singo-lo foglio di grafite (grafene) arrotolato per formare un cilindro, moltolungo e sottile, terminante con una semisfera di fullerene (Figura A).Una tale struttura corrisponde a un nanotubo a singola parete(SWNT, Single-Wall carbon NanoTube), mentre strutture multiplecoassiali di SWNT originano i nanotubi a pareti multiple (MWNT, Mul-

ti-Wall carbon NanoTube).In figura sono mostrati alcuni possibili impieghi dei nanotubi per letecnologie dell’informazione: B Nanowire; C Unità di memoria attra-verso “incroci”; D Transistore a effetto di campo a nanotubo, a con-figurazione di tipo backgate (avente gate in basso)

A Struttura di un nanotubo

NanotuboContatti

Dielettrico

Gate

B C

D

OFF

ON

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metallico o semiconduttivo a seconda delloro diametro e dell’angolo secondo cui ri-sulta avvolta la struttura esagonale del sin-golo foglio di grafite (grafene) che li compo-ne (proprietà di chiralità). L’impiego natura-le dei nanotubi metallici è la realizzazione difili ultrasottili (nanowire), fatto particolar-mente importante in quanto si potrebberorisolvere due fondamentali problemi nell’at-tuale miniaturizzazione dei circuiti, ovverocostruire piccole interconnessioni e con es-se trasportare una grande quantità di cor-rente senza vaporizzare i fili stessi.Come semiconduttori possono, invece, es-sere parte integrante di un transistore e da-re origine a dispositivi di tipo ibrido carbo-nio-silicio compatibili con le attuali tecno-logie microelettroniche. Inoltre, rispetto adaltri dispositivi di tipo quantistico (peresempio, diodi/transistori a tunneling riso-nante) o molecolare, una nanoelettronicabasata sui nanotubi appare più prometten-te nell’ottica di costruire un computer. Intale ottica vale la pena considerare i se-guenti aspetti: Conduttori/interconnessioni: un nanotu-bo è un dispositivo monodimensionale checonduce essenzialmente in superficie e pre-senta migliori proprietà di trasporto di cari-ca rispetto ad una struttura a semicondutto-re dove esse sono determinate dalla strut-tura cristallina di bulk. Infatti, in un nanotu-bo risulta considerevolmente ridotta la pro-babilità di scattering (rallentamento del mo-vimento dei portatori di carica dovuto allecollisioni con la struttura cristallina), cheaumenta la mobilità dei portatori. Il com-portamento è, allora, quello di un eccellenteconduttore adatto a realizzare le intercon-nessioni tra dispositivi. Si stima, inoltre, cheun nanotubo a singola parete (SWNT) possasopportare densità di corrente di tre ordinidi grandezza superiori a quella del rame odell’oro! Inoltre, un nanotubo è estrema-mente robusto dal punto di vista meccanicoe, potendo essere reso corto fino a circa 0.4nm [20], lo spazio per le interconnessionipuò essere molto aumentato. Interruttori/diodi: dato che l’ampiezzadella banda proibita (bandgap) di un nanotu-bo dipende dal suo diametro (maggiore è ildiametro, più piccolo è il bandgap), mettere

insieme nanotubi di diverso diametro puòdare origine a un diodo. Un modo alternativoè poi quello di drogare opportunamente unnanotubo realizzando così una giunzione pn. FET/transistori: è stata dimostrata lapossibilità di realizzare transistori a effettodi campo con nanotubi, detti CNFET, Carbon

Nanotube Field Effect Transistors [18]. Talidispositivi, dal punto di vista della velocitàintrinseca, appaiono superiori ai transistoriMOS convenzionali per il valore effettivo dimobilità, almeno 20 volte più grande diquella del silicio. La progettazione dellastruttura è simile a quella di un MOSFETconvenzionale, rimpiazzando il canale conun nanotubo. È anche possibile realizzarestrutture di tipo backgate come illustratonella figura D del riquadro a p. 13. Unità di memoria: i nanotubi possono for-mare “incroci” (crossbar) mediante l’applica-zione di un campo elettrico. Dopo la rimozio-ne di tale campo, sono le forze molecolari amantenere la connessione, e si ottiene cosìun meccanismo per la memoria.Si può allora comprendere come i nanotubipossano svolgere nell’ambito della nanoelet-tronica un ruolo simile - almeno per alcuniaspetti - a quello svolto nella microelettroni-ca dal silicio, una volta che la loro tecnologiagiunga a maturazione. Restano, infatti, alcu-ni problemi importanti dei nanotubi da risol-vere, quali: controllo della chiralità; controllo della direzione di crescita e il loroposizionamento; resistenze di contatto piuttosto alte (kΩ); tendenza a crescere piuttosto lunghi (mm).

5. LE NANOARCHITETTURE:VERSO NUOVI PARADIGMICOMPUTAZIONALI

I circuiti integrati convenzionali sono costi-tuiti essenzialmente da dispositivi a com-mutazione e da interconnessioni: sono que-ste ultime, in realtà, a determinare l’occupa-zione di area sulla superficie del silicio, equindi le dimensioni complessive del chip.Al diminuire delle dimensioni caratteristi-che della tecnologia, esse costituiscono unfattore che sempre più limita le prestazionidei circuiti. Questa visione, tipicamente le-

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gata ai processi di miniaturizzazione, puòessere superata nell’ambito delle potenzia-lità offerte dalle nanotecnologie se si cam-bia il modo di pensare un circuito a nano-scala, per il quale le tecniche di fabbricazio-ne fanno riferimento a varie forme di au-toassemblamento, coniando così il termine“autoassemblaggio” di circuiti. Esistono va-rie opportunità e sono state formulate di-verse proposte in merito, non sempre peròlegate a un concetto di computer di tipo“general-purpose”.Prima che esistesse l’attuale disponibilità disingoli processori estremamente potenti, iltentativo di migliorare le prestazioni com-putazionali dei sistemi di elaborazione hadiretto la ricerca sulle architetture di tipoconcorrente e/o ad elevato parallelismonell’ottica della realizzazione VLSI. A partiredai concetti generali delle macchine SIMD eMIMD (Single/Multiple Instruction Multiple

Data) sono state sviluppate architetture [11]quali array di processori, array sistolici e afronte d’onda per la mappatura efficiente dispecifici algoritmi. Di pari passo è prosegui-ta la ricerca su modalità alternative per ese-guire algoritmi prendendo spunto dalla bio-logia e dalle neuroscienze, introducendoparadigmi quali il DNA computing, le retineurali artificiali e gli automi a celle [23].Quanto però possono essere adatti i dispo-sitivi nanoelettronici alla realizzazione disiffatte architetture? Nell’attuale scenariodella nanoelettronica i noti concetti archi-tetturali devono essere verificati o modifica-ti. La verifica è necessaria in quanto i nuovidispositivi nanoelettronici possiedono pro-prietà qualitativamente nuove in termini didimensioni fisiche, dissipazione di potenza,guadagno, numero di stati stabili, frequen-za di clock e soprattutto livello di integrazio-ne. Lo sforzo sarà quello di ricercare la map-patura ottimale degli algoritmi sui nanosi-stemi disponibili o ideare nanosistemi inno-vativi per la soluzione degli algoritmi desi-derati, dovendo contenere in entrambi i casii costi rispetto alle soluzioni tradizionali perpoter essere competitivi. Nel prosieguo delcapitolo si vogliono fornire alcuni esempi si-gnificativi di nanoarchitetture prototipali incui i nuovi concetti delle nanotecnologiepossono prendere forma.

5.1. Nanoarchitetture guidatedalle interconnessioniAl posto di considerare un computer comeun insieme di interruttori connessi da fili, sipotrebbe pensare, nell’ottica della proget-tazione, di vederlo come due fitti insieme difili paralleli e perpendicolari tra loro la cuiinterconnessione può essere abilitata o me-no da dispositivi dotati di una opportunamemoria4 posti a cavallo tra essi. L’idea nonè nuova in quanto prende spunto dalle ar-chitetture regolari di tipo crossbar (Figura6), può però trovare una realizzazione moltoefficiente sfruttando in modo naturale le po-tenzialità (e anche i limiti) delle tecniche diautoassemblaggio; basti pensare a piccolidispositivi molecolari che possano abilitarele interconnessioni a loro volta realizzatemediante nanowire (a stato solido) o nano-tubi. Un approccio simile [5] è stato impie-gato da un gruppo di ricercatori della Hew-lett-Packard e dell’Università di California,Los Angeles, nell’ottica di sviluppare a sco-po di ricerca un computer di tipo riconfigu-rabile che può tollerare la presenza di difet-ti facendo ricorso alla ridondanza. L’archi-tettura, chiamata Teramac [9], sfrutta unmonostrato di molecole bistabili (rotaxani)attivabili con impulsi elettrici che costitui-scono le giunzioni e rappresenta un prototi-po concettuale di realizzazione nanoelettro-nica a basso costo. Esso comprende 106

unità logiche pilotate a una frequenza rela-

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FIGURA 6Architettura crossbar realizzata con nanowire e dispositivi bistabili molecolari

4 Tipicamente a due stati stabili, da cui il termine“bistabile”.

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tivamente bassa di 1 MHz, quindi con unapotenza di calcolo equivalente a 1012 opera-zioni al secondo (da cui il nome).Una più nota e analoga realizzazione dalpunto di vista concettuale è la memoria RAMmagnetica (MRAM) che si basa sullo spin del-l’elettrone per ottenere l’effetto di bistabilità[8], ma si trovano altri esempi, tra cui uno si-gnificativo mediante nanotubi [21].

5.2. Nanoarchitetture a connettività localeUn altro modo per costruire nanoarchitet-ture efficienti è sfruttare la località delle in-terconnessioni. Un tale approccio prendespunto dai sistemi molecolari e biologici e,come si è accennato in precedenza, il note-vole background culturale ereditato può fa-vorire l’impiego di opportune nanostruttu-re per la mappatura di classi specifiche dialgoritmi. Svariate nanostrutture che dan-

no origine a dispositivi quantistici possonoessere usate per questo tipo di realizzazio-ne, ma quelle che si prestano naturalmentea questo tipo di funzionalità sono i quan-tum dot.

5.2.1. AUTOMI A CELLE QUANTICI

Le configurazioni regolari di quantum dotconducono, in via naturale, al paradigmadegli automi a celle, e sono pertanto chia-mati Automi a Celle Quantici (QCA, Quan-

tum Cellular Automata) (si veda il riquadrosu automi a celle). L’idea è piuttosto recen-te e descrive un modo intelligente di realiz-zare automi a celle utilizzando le nanotec-nologie [16], che risulta anche attraente peril fatto che l’elaborazione non dipende dalleinterconnessioni né dalle correnti elettri-che. Nella teoria dell’informazione e nellacibernetica gli automi a celle costituiscono

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Automi a celle quantici

Un automa a celle quantico (QCA) può essere pensato come una rete infinita di piccoli e identici automi finiti, ocelle, connessi uniformemente e sincronizzati. La cella elementare di un QCA consiste di quattro (o cinque) quan-tum dot disposti su un quadrato e separati da barriere tunnel, e comprende due elettroni (extra) che possono spo-starsi per tunneling all’interno della cella ma senza lasciarne i confini. A causa dell’interazione colombiana, que-sti elettroni si dispongono in configurazione a minima energia su una delle due diagonali, definendo in questomodo due “polarizzazioni” associate ai due stati logici binari (Figura A). Se viene applicato un campo elettrico pervariare la polarizzazione della prima cella, si provoca la propagazione dell’informazione alle celle vicine, quindi, atutto il sistema. L’idea fondamentale che sta pertanto alla base del funzionamento dei QCA è che lo stato energe-tico di un insieme di elettroni, inizialmente in uno specifico stato base, viene alterato in conseguenza della varia-zione delle condizioni al contorno. Se la variazione negli stati di energia è condotta in modo adiabatico il risultatofinale sarà un nuovo stato base che dipende solo dalle nuove condizioni al contorno. In definitiva, in questo para-digma la computazione è associata all’evoluzione verso lo stato base a minima energia del sistema.I dispositivi QCA si costruiscono allora disponendo le celle in un layout appropriato; alcuni esempi sono ripor-tati in figura B-D, ma sono stati progettati circuiti più complessi come semplici microprocessori.

Schemi di dispositivi QCA: A cella a quattro dot e possibili polarizzazioni; B QCA come filo equivalente; C invertitore;D gate “a maggioranza”, l’uscita è il “voto a maggioranza” degli ingressi

A - celle baseB - filo

D - Gate amaggioranza

C - invertitore

“0” “1”

1 1

1

1

1

00

0

1 1

1

10 in 2

in 1

in 3

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un modello computazionale molto impor-tante, soprattutto per le applicazioni rivoltealla fisica (comportamento intrinseco distri-buito e auto-organizzazione), alle scienzedella vita e alle scienze sociali. La macchinadi Turing è, inoltre, un caso particolare diautoma a celle.I QCA si presentano come un’alternativa ra-dicale al transistor per l’elaborazione sunanoscala, tuttavia molta ricerca dovrà es-sere svolta per ripensare le nanoarchitettu-re appropriate per questo tipo di imposta-zione. Da un lato, esiste un’intensa attivitàdi tipo teorico-simulativo, dall’altro la pro-posta di utilizzare strutture a stato solido ditipo singolo-elettrone in condizioni di tem-peratura molto bassa (criogeniche), inquanto per lavorare a temperatura ambien-te i singoli quantum dot dovrebbero co-munque essere di dimensioni inferiori a 5nm. Tali dimensioni potrebbero consentiredi immagazzinare dati in celle più piccole di25 nm × 25 nm.

5.2.2. MATRICI DI QUANTUM DOT

Una matrice di quantum dot ognuno deiquali interagisce con i vicini e con un sub-strato attivo (Figura 7) può implementareun concetto più avanzato di elaborazione.L’accoppiamento con barriere tunnel e lanon linearità presente nel substrato (peresempio, RTD, Resonant Tunnneling Diode

ovvero diodi a tunneling risonante) origina-no un interessante comportamento dinami-co [22] in quanto la rete nel suo complessopossiede stati stabili multipli analogamen-te a una rete neurale artificiale (per esem-pio, una rete di Hopfield), distaccandosi co-sì dai QCA. Tali reti potrebbero implementa-re efficacemente elaborazioni di immagini abasso livello e memorie associative. Que-ste strutture potrebbero essere realizzatesfruttando l’autoassemblamento di isolemetalliche quali nanoparticelle d’oro op-portunamente spaziate le une dalle altre damolecole organiche, mentre il substrato at-tivo potrebbe contenere eterostrutture disemiconduttori composti. A titolo di esem-pio la figura 8 mostra un’immagine ottenu-

ta al microscopio ad effetto tunnel di un su-perreticolo5 di nanocluster d’oro aventi ilnucleo di diametro pari a 1.6 nm ± 0.23 nme incapsulati in una matrice organica, de-positato su terrazze di oro eteroepitassiale.Non appare particolarmente problematicoprodurre tali superreticoli su substrati tipoGaAs, mentre la vera sfida è realizzare l’in-sieme di (nano)elettrodi con l’adeguato pi-lotaggio dei segnali.

5.3. Quantum computingIl quantum computing [2] è un paradigmacomputazionale radicalmente diverso, chesfrutta le proprietà di interferenza degli stati“correlati” (ovvero di tipo entangled) delleparticelle quantistiche per consentire a ogni

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FIGURA 7Archetipo di circuito nanoelettronico realizzato con matrici di quantum dot

5 Struttura periodica che si inserisce sopra una precedente struttura cristallina.

FIGURA 8Immagine STMdi un superreticolodi nanocluster d’oroin matrice organicadepositati susubstrato d’oroeteroepitassiale

Contatti I/Oe controllo

Matricedi Quantum dots

SubstratoRTD

Substratoconduttore

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bit di informazione quantistica (detto qubit6)presente nel sistema di essere intimamentelegato a ogni altro qubit.Esistono anche qui alcune proposte di uti-lizzo di nanostrutture per il quantum com-puting. Per esempio, matrici di quantum dotanaloghe a quelle viste in precedenza (marealizzate confinando elettricamente glielettroni mediante split gate su eterostrut-ture di AlGaAs e GaAs) possono essereadatte all’implementazione di qubit attra-verso i singoli dot (ogni dot contenente unsolo elettrone rappresenta un qubit) o cop-pie di quantum dot. In questo caso, risultapiù appropriata l’informazione dello spindegli elettroni rispetto agli stati energeticidel dot in quanto il tempo di decoerenza èsuperiore di vari ordini di grandezza. Tutta-via, la realizzazione di qubit [12] è estrema-mente difficoltosa dal momento che do-vrebbero formare un nanosistema chiusosenza effetti di interferenza con il mondomacroscopico e con l’ambiente circostante(bagno termico) e la tecnologia è davvero aiprimi passi.

6. OLTRE IL CMOS:COSA C’E’ DIETRO L’ANGOLO?

Nel capitolo precedente sono state presen-tati svariati esempi di nanoarchitetture in-novative per l’elaborazione dell’informazio-ne, si vuole adesso proporre una sintesi diquelle che possono essere in prospettiva fu-tura direzioni alternative alle tecnologie-guida CMOS (Complementary-MOS). Vale lapena puntualizzare che comunque per que-ste ultime, sotto la spinta delle nanotecno-logie, miglioreranno materiali (per esempio,materiali ad alta costante dielettrica), pro-cessi (di tipo SOI, Silicon On Insulator, o ba-sati su composti silicio-germanio detti strai-

ned silicon) e dispositivi ultrascalati MOS:le più recenti stime Intel valutano che cam-biamenti drastici non dovrebbero essere ne-cessari fino ad arrivare a transistori di 10 nmdi lunghezza di canale (recenti proiezioni

stimano che questa dimensione potrebbeessere raggiunta nel 2011), mentre la com-parsa di nanotecnologie radicalmente nuo-ve per applicazioni commerciali è previstaintorno al 2020.Volendo allora offrire criticamente un pa-norama di quali approcci concettuali sipossono prefigurare in prospettiva di unatale svolta, si potrebbero indicare i seguen-ti filoni: nanowire a semiconduttore: possono im-plementare interconnessioni e funzioni logi-che e sono i dispositivi a nanoscala più pro-babilmente disponibili a breve termine; elettronica basata su nanotubi: l’ibridizza-zione con la tecnologia MOS appare giàadesso la futura evoluzione delle tecnologiemicroelettroniche; circuiti nanoelettronici di tipo quantistico: èdi fatto un approccio “trasversale”, quantumdot e dispositivi quantistici riscuotono un in-teresse sempre crescente anche se non ap-pare banale passare dalla scala mesoscopicaa quella macroscopica con l’adeguata consi-stenza del segnale; elettronica molecolare/organica: rimpiazza-re i transistori a effetto di campo con disposi-tivi molecolari e/o autoassemblati appareuna sfida considerevole ma possibile [14],per vincere la quale occorre risolvere il pro-blema critico dei contatti; quantum computing: obiettivo affascinantee di grande impatto, ma decisamente una ri-cerca a lungo termine il cui successo è anchesubordinato alla risoluzione di problemi tec-nici quali decoerenza, correzione di errori,segnali di ingresso e uscita; richiede, inoltre,il funzionamento criogenico.Un confronto tra vantaggi e svantaggi di que-sti approcci è, infine, riassunto in tabella 2.Sebbene non si possa ancora individuare conchiarezza quale tecnologia possa succederealla microelettronica a stato solido, il rapidosviluppo delle nanotecnologie registrato de-gli ultimi anni (anche indotto dai considere-voli finanziamenti) ha fatto crescere le relati-ve aspettative.

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6 Un qubit è l’informazione contenuta in un sistema quantistico a due stati, come i diversi stati di polariz-zazione di un fotone, la direzione di spin degli elettroni, gli stati energetici interni di un atomo o di unquantum dot.

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7. CONCLUSIONI

Le ricerche sulle nanotecnologie hanno aper-to prospettive di grande interesse per lo svi-luppo delle tecnologie dell’informazione al dilà dei limiti dei processi di fabbricazione at-tualmente impiegati. Costituiscono, inoltre,uno stimolo a realizzare nuove classi di di-spositivi nanoelettronici in grado di sfruttareeffetti quantistici per un’elaborazione del-l’informazione di tipo non convenzionale.Se nel futuro più immediato il silicio appareancora il protagonista, l’innovazione intro-dotta dalle nanotecnologie costituisce unelemento concreto di complemento nonchédi estensione allo scaling e alla legge di Moo-re. In particolare, le possibilità offerte dai si-stemi autossemblanti di tipo organico deli-neano uno scenario in cui si prefigurano ar-chitetture computazionali di tipo ibrido doveil silicio può costituire la piattaforma idealeper un’integrazione di tipo eterogeneo.Le nanotecnologie rappresentano, pertanto,una svolta epocale nelle tecnologie di fabbri-cazione in quanto al concetto classico di mi-niaturizzazione si affianca quello di autoas-semblaggio guidato dove i due metodi top-

down e bottom-up non sono in contrapposi-zione, ma possono trovare una efficace siner-gia in quanto proprio le infrastrutture legatealle tecnologie microelettroniche possono ali-mentare l’innovazione delle nanotecnologie.Affinché si possano progettare e sfruttare inmodo efficace le nanostrutture è comunquenecessario lo sviluppo delle nanoscienze dibase e, conseguentemente, poter disporre diuna adeguata modellistica delle nanocelleche possono costituire i processori elemen-tari di nuove architetture computazionali. Unapproccio di tipo interdisciplinare sarà condi-zione necessaria e chiave di volta per realiz-zare i computer del futuro.

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Nanotecnologia Vantaggi Inconvenienti/problemi aperti

Nanowire a semiconduttore Facilità di manipolazione Layout multistrato(drogaggio, contatti ohmici ecc.)

Compatibilità con le tecnologiemicroelettroniche

Elettronica basata su nanotubi Ottimi conduttori/interconnessioni Difficoltà di controllo della chiralità

Semplicità nello sviluppo di Controllo del posizionamentodispositivi a commutazione

Compatibilità con le tecnologie Alte resistenze di contattomicroelettroniche

Circuiti nanoelettronici di tipo quantistico Autoassemblaggio guidato Funzionamento criogenico

Elaborazione non convenzionale

Elettronica molecolare/organica Capacità di autoassemblamento Creazione di strutture diinterconnessione

Funzionamento a bassa potenza Interfacciamento col mondomacroscopico

Quantum computing Elaborazione parallela di tipo Funzionamento a temperaturemassivo e non convenzionale prossime allo zero assoluto

Azione a distanza Decoerenza

Gestione dei segnali diingresso/uscita

TABELLA 2Confronto trastrategie alternativedi realizzazionedi nanosistemidi elaborazione

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ERMANNO DI ZITTI ingegnere elettronico nel 1980 e dot-tore di ricerca nel 1986, è Professore Associato dal1992 presso la Facoltà di Ingegneria dell’Universitàdi Genova dove insegna “Nanotecnologie” oltre a va-ri corsi di elettronica. La sua attività di ricerca, svoltapresso il Dipartimento di Ingegneria Biofisica edElettronica, ha riguardato inizialmente i dispositivi asemiconduttore di potenza per proseguire nei siste-mi VLSI di tipo parallelo, sfociando infine nel settoredella nanoelettronica e delle nanotecnologie. Ècoautore di circa 50 pubblicazioni [email protected]

DAVIDE RICCI si è laureato in Fisica nel 1989 e ha conse-guito il Dottorato di Ricerca in Ingegneria Elettronica eInformatica presso l’Università di Genova. Svolge lasua attività presso il Dipartimento di Ingegneria Biofi-sica ed Elettronica dal 1989. Specialista in Microscopiea Sonda di Scansione, si è interessato della messa apunto di nuove tecniche di indagine submicroscopichedi superfici di sensori e sistemi biologici. Da alcuni an-ni, l’attività si incentra sulla realizzazione di nuovi di-spositivi per l’elaborazione dell’informazione basatisu nanostrutture autoassemblate accoppiate a dispo-sitivi realizzati tramite la microelettronica tradizionale.È coautore di circa 50 pubblicazioni [email protected]

DANIELE D. CAVIGLIA si è laureato in Ingegneria Elettroni-ca nel 1980 e si è specializzato in Ingegneria Informati-ca nel 1982 presso l’Università di Genova. Fa parte delDipartimento di Ingegneria Biofisica ed Elettronica dal1984. È professore ordinario di Elettronica presso laFacoltà di Ingegneria della stessa Università dal 2000.La sua attività di ricerca ha riguardato la modellisticadi transistori MOS, la progettazione VLSI, la realizza-zione di architetture neurali con autoapprendimento,in particolare in tecnologia CMOS a bassa potenza. Isuoi interessi sono ora nel settore della progettazionecircuitale a radiofrequenza e nella realizzazione di di-spositivi a nanotubi di [email protected]

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