n.36, ANNO VI · 2011. 3. 15. · Caragiulo,Rocco Sileo, Anna Ziccardi Hanno collaborato Rosa...

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Agrifoglio sommario .02 EDITORIALE Cambiamenti e diversità Sergio Gallo .03 INTERVENTI Parchi, fruizione consapevole per conservare la Biodiversità Annibale Formica .04/11 di Domenico Cerbino .12 FUORIFORESTA Uso degli Shelter per proteggere le piantine dalla fauna selvatica Enrico Buresti Lattes, Paolo Mori .14 “Conoscere il latte”: alcune precisazioni Donata Santoro, Giuseppe Ippolito .15 Agricoltura sociale, anche in Val d’Agri esperienze in campo per superare il disagio Delia Barbante .16 AGRINNOVA Col progetto Basivin Sud recupero e valorizzazione di varietà locali e vitigni autoctoni minori Angelo Raffaele Caputo, Marica Gasparro, Francesco Pisani, Donato Antonacci .18 Biodiversità:“banca” dell’Agrobios per conservare il germoplasma dei semi Angelo Cifarelli,Angelo Petrozza .19 BIODIVERSITÀ Cornacchiola, varietà di olivo vigorosa e medio-precoce da riscoprire Michele Catalano, Giuseppe Mele .20 Lotta biologica, compie 20 anni l’insettario dell’Azienda Pantanello Tonia Colella .22 DIFESA FITOSANITARIA Nuovi impianti di pesco e albicocco: piante “vaccinate” contro il tumore batterico Arturo Caponero .23 AGROMETEO .24 MICROSCOPIO Studi molecolari su insetti antagonisti per riprodurre meccanismi di controllo Mariarosa Pascale .26 UOMINI E PIETRE Sacro e profano, legati da un film lungo le grotte-cantine di Barile Antonia Straccamore .28 AGRINEWS Farina di Carosella: associazione per la Dop Domenico Cerbino .29 C’ERAVAMO ANCHE NOI .31 Ecco il “manifesto” dell’agricoltura lucana Vincenzo Laganà .32 REGIONANDO .18 .26 .24 .28 SPECIALE BIODIVERSITÀ del Pollino .16 PERIODICO DELL'AGENZIA LUCANA DI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA n. 36, ANNO VI Direttore Editoriale Paolo Galante Direttore Responsabile Sergio Gallo Vice direttore Vincenzo Laganà Comitato di Redazione Carlo Candela,Vincenzo Capece, Rosanna Caragiulo, Rocco Sileo, Anna Ziccardi Hanno collaborato Rosa Agneta, Nicola Cardinale, Giovanni Figliuolo, Marcella Illiano, Loredana Lanzellotti, Pasquale Latorre, Giulio Sarli, Emanuele Scalcione Direzione, redazione e segreteria Via Carlo Levi, 6/i - 75100 Matera Tel. 0835 244212 fax 0835 244219 e-mail: [email protected] Progetto grafico e impaginazione studio grafico / :: linearte / www.linearte.it Stampa Tipografia Zaccara - Lagonegro (Pz) Foto di copertina Domenico Cerbino Reg.Tribunale di Matera n. 222 del 24-26/03/2004 Le foto pubblicate in questo numero sono di: Archivio Alsia,Tonia Colella, Fotolia.com, Vincenzo Laganà, Archivio Linearte, Angela Laguardia, Carmelo Mennone La rubrica “Regionando” è tratta da REGIONE INFORMA, Agenzia quotidiana della Regione Basilicata Si ringrazia per la collaborazione la Redazione della rivista “Sherwood-Foreste e Alberi oggi” I testi possono essere riprodotti citando la fonte. Agrifoglio è a cura di URP ALSIA Il periodico "Agrifoglio" è stampato su carta Fedrigoni Symbol Freelife, bianchita con processi ecologici SOMMARIO

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Agrifoglio

som

mar

io

.02EDITORIALECambiamenti e diversitàSergio Gallo

.03INTERVENTIParchi, fruizione consapevole per conservare la BiodiversitàAnnibale Formica

.04/11di Domenico Cerbino

.12FUORIFORESTAUso degli Shelter per proteggere le piantine dalla fauna selvaticaEnrico Buresti Lattes, Paolo Mori

.14“Conoscere il latte”: alcune precisazioniDonata Santoro, Giuseppe Ippolito

.15Agricoltura sociale, anche in Val d’Agri esperienze in campo per superare il disagioDelia Barbante

.16AGRINNOVACol progetto Basivin Sud recupero e valorizzazione di varietà localie vitigni autoctoni minoriAngelo Raffaele Caputo, Marica Gasparro, Francesco Pisani, Donato Antonacci

.18Biodiversità:“banca” dell’Agrobios per conservare il germoplasma dei semiAngelo Cifarelli,Angelo Petrozza

.19BIODIVERSITÀCornacchiola, varietà di olivo vigorosa e medio-precoce da riscoprireMichele Catalano, Giuseppe Mele

.20Lotta biologica, compie 20 anni l’insettario dell’Azienda PantanelloTonia Colella

.22DIFESA FITOSANITARIANuovi impianti di pesco e albicocco: piante “vaccinate” contro il tumore battericoArturo Caponero

.23AGROMETEO

.24MICROSCOPIOStudi molecolari su insetti antagonisti per riprodurre meccanismi di controlloMariarosa Pascale

.26UOMINI E PIETRESacro e profano, legati da un film lungo le grotte-cantine di BarileAntonia Straccamore

.28AGRINEWSFarina di Carosella: associazione per la DopDomenico Cerbino

.29C’ERAVAMO ANCHE NOI

.31Ecco il “manifesto” dell’agricoltura lucanaVincenzo Laganà

.32REGIONANDO

.18

.26

.24

.28

SPECIALE BIODIVERSITÀ

del Pollino

.16

PERIODICO DELL'AGENZIA LUCANA DI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

n. 36, ANNO VI

Direttore EditorialePaolo Galante

Direttore ResponsabileSergio Gallo

Vice direttore Vincenzo Laganà

Comitato di RedazioneCarlo Candela,Vincenzo Capece, RosannaCaragiulo, Rocco Sileo, Anna Ziccardi

Hanno collaboratoRosa Agneta, Nicola Cardinale, Giovanni Figliuolo,Marcella Illiano, Loredana Lanzellotti, PasqualeLatorre, Giulio Sarli, Emanuele Scalcione

Direzione, redazione e segreteriaVia Carlo Levi, 6/i - 75100 MateraTel. 0835 244212 fax 0835 244219e-mail: [email protected]

Progetto grafico e impaginazionestudio grafico / :: linearte / www.linearte.it

StampaTipografia Zaccara - Lagonegro (Pz)

Foto di copertinaDomenico Cerbino

Reg.Tribunale di Materan.222 del 24-26/03/2004

Le foto pubblicate in questo numero sono di:Archivio Alsia,Tonia Colella, Fotolia.com,Vincenzo Laganà,Archivio Linearte,AngelaLaguardia, Carmelo Mennone

La rubrica “Regionando” è tratta da REGIONE INFORMA,Agenzia quotidiana della Regione Basilicata

Si ringrazia per la collaborazione la Redazionedella rivista “Sherwood-Foreste e Alberi oggi”

I testi possono essere riprodotti citando la fonte.

Agrifoglio è a cura di URP ALSIA

Il periodico "Agrifoglio" è stampato su carta Fedrigoni Symbol Freelife,bianchita con processi ecologici

SOMMARIO

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Aep

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DIVERSITÀe di Sergio Gallo

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Cambiamenti

Parlava con voce pacata, staccan-do bene le parole l’una dall’altra.Conosceva bene il mestiere del

“divulgatore”, e teneva molto ad esserecompreso nel corso di quel convegno.Diceva del tempo e del clima, delle lorodifferenze,di come spesso venissero con-fusi. E di come interagissero con l’am-biente, con le colture agrarie e con leinnumerevoli e variegate piante spontaneeo con gli animali di questo o di quell’al-tro territorio.Inducendo diversità transitorie, piccoleo grandi variazioni sul tema,come fa il tempometeorologico.Oppure diventando un’u-nica, stabile trasformazione, come nelcaso del clima.Un cambiamento, insomma.Che può met-tere in crisi proprio quelle espressioni bio-logiche meravigliosamente diversificate dellavita animale e vegetale: le “biovarietà”.O se si preferisce, le “biodiversità”, ter-mine forse meno appropriato ma piùcorrente anche nel linguaggio scientifico,nato come calco linguistico dell’inglese bio-diversity.Dove diverse sta per “vario”,“molteplice”,mentre in italiano “diverso” appare più unadeviazione negativa da uno standard di rife-rimento, da una condizione “normale”.Una diversità intesa in senso “anglosasso-ne”,allora,che non solo è genetica,ma anchesinonimo di ricchezza delle specie in unhabitat e di molteplicità degli stessi habi-tat.Lo spiega bene la Convention on BiologicaDiversity (CBD), la Convenzione sulla diver-sità biologica, un trattato internazionaleadottato nel 1992 per il quale tale diver-sità è “…la variabilità tra organismi viventidi qualsiasi tipo compresi, tra gli altri, quelliterrestri, marini e di altri ecosistemi acqua-tici e i complessi ecologici dei quali questi sonoparte; questo include la diversità all’internodelle specie, tra le specie e degli ecosistemi…”.

Aperta alla firma dei Paesi durante ilSummit mondiale dei capi di Stato di Riode Janeiro appunto nel ‘92 – insieme allealtre due Convenzioni sui cambiamenti cli-matici e contro la desertificazione – la CBDdieci anni dopo,nel secondo Summit dellaTerra a Johannesburg, ha ricevuto il man-dato di ridurre significativamente la per-dita di biodiversità entro il 2010 (il cosid-detto “2010 Target”, l’obiettivo 2010).La salvaguardia di questa straordinariavariabilità delle forme viventi,geneticamen-te dissimili, e degli ecosistemi ad essecorrelati, rappresenta allora un caposal-do contro quei cambiamenti, anche clima-tici, che accompagnano lo sviluppo deiterritori.Ora ci siamo: il 2010 è anche l’anno inter-nazionale della biodiversità.Quasi 200 Paesi hanno sinora aderito allaConvenzione. In gioco c’è molto più di unalista di specie da preservare, o di super-fici più o meno estese da proteggere.Si punta piuttosto ad un nuovo modellointegrato,sostenibile,di sviluppo,che bilan-ci l’utilizzo delle risorse e quello dellenuove tecnologie.Ma la strada è lunga. Lo sanno bene alivello internazionale, tanto da aver vara-to un importante progetto (Countdown2010) di comunicazione e sensibilizzazio-ne sul tema.Tra i nodi ancora irrisolti, la resistenza dimolti altri Paesi a sottoscrivere l’impegnodella Convenzione, e la misurazione uni-voca del tasso di perdita della biodiversi-tà. Che potrebbero trasformare il “2010Target” in mera enunciazione di principio.

A PARTIRE DAL 1992,LA COMUNITÀ MONDIALE

STA TENTANDO DI PORRERIMEDIO ALLA PROGRESSIVA

PERDITA DI DIVERSITÀ BIOLOGICHE, FENOMENO

CHE IMPOVERISCEL’INTERO ECOSISTEMA.

UNA CONVENZIONE SOTTOSCRITTA PER ORA DA

200 PAESI PROPONEMODIFICHE DI PROCESSO

ENTRO IL 2010,ANNO INTERNAZIONALE

DELLA BIODIVERSITÀ

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Agrifoglio 3INTERVENTI

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PERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

Annibale Formica*

PARCHI,fruizione consapevoleper conservareLA BIODIVERSITÀ

Mi sono dedicato spesso ad osser-vare da vicino la vita dei mieicompaesani e dei loro linguaggi ed

ho constatato come la loro vita e la miasiano fortemente e intimamente connes-se alla vita delle “cose”, delle specie vege-tali, delle colture,degli ambienti naturali edei paesaggi e come tutto ciò formi “anel-li di continuità tra generazioni” e “raccor-di tra civiltà umane e natura”,come ne “Lavita delle cose” di Remo Bodei.

Ricordo la primavera del 2008 e le cam-pagne, i terreni coperti da verdi mantierbosi e da estesi cuscini di fiori bianchi,gialli, arancione, rossi, viola, lilla.I cambiamenti climatici avevano fatto anti-cipare la fioritura di peri, meli, biancospi-ni,ginestre,margherite,papaveri,malva,sulla,gigli, gladioli, narcisi, cardi, fiordalisi: dimolte e diverse specie botaniche,tutte insie-me e contemporaneamente esplose all’a-ria, alla luce e al sole.

Sono specie che fanno da sensori delclima, dell’ambiente, della natura e delpaesaggio e che raccontano di trasmigra-zioni, la cui origine, spesso, risale lontanonel tempo,nei millenni, e distante nei luo-ghi, nell’Asia mediorientale.Formano atlanti documentari, in campo aper-to, di giacimenti archeologici di speciebotaniche e di habitat, che descrivono lastoria millenaria e la geografia di climi, diculture,di etnie;riportano indietro alle culledi civiltà mediterranee, conservate e tra-mandate ai giorni nostri nella consisten-za e nello splendore di una natura e di unacultura ancora uniche,eccezionali, irripe-tibili.

Quella appena citata è la rappresentazio-ne di un ricchissimo patrimonio natura-le del Pollino,che il Parco deve conservar-ci, farci conoscere e farci fruire per trar-ne benefici, perché la biodiversità è unoscrigno genetico per l’uomo e per il pia-neta.

La biodiversità salva la vita, assicura con-tinuità alle specie viventi; bisogna, perciò,lavorare per conservarla, tutelarla e valo-rizzarla nei suoi grandi valori intrinseci enei suoi vitali servizi ecosistemici.Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2010“anno internazionale della biodiversità”.Il 7 dicembre 2009, intanto, si è svolta aCopenaghen la Conferenza ONU suicambiamenti climatici. Per l’adatta-mento e per la mitigazione dei cambiamen-ti climatici l’occasione ha fatto emergeree mettere in valore il sistema di aree pro-tette italiane,quale luogo e quale strumen-to di conservazione della biodiversità e difunzionamento dei servizi ecosistemici.

Le aree protette in Italia e, tra queste ilparco nazionale del Pollino, la più grandearea protetta d’Italia e d’Europa, giocano,infatti, un ruolo rilevante e decisivo nellestrategie di conservazione della biodiver-sità. Con i parchi si può arrestare la per-dita di biodiversità e mantenere i serviziecosistemici per il benessere umano.Si può contemporaneamente, attraversola fruizione del parco e del valore aggiun-to che il parco garantisce, vincere la sfidadel vivere la difesa dell’ambiente come unica,vera azione di promozione della realtàproduttiva locale e di creazione di nuoveopportunità socio-economiche.

La fruizione del parco dev’essere,però,con-sapevole.Vi è il rischio, altrimenti, di “eva-porazione” del patrimonio ambientale,malgrado la ragguardevole quantità di ter-ritorio protetto. All’Accademia dei Lincei,a Roma, il 16 ottobre 2009, parlando di“Ricerca naturalistica, conservazione del-l’ambiente e della biodiversità in Italia”, siè detto, infatti,del rischio della “bioavve-nenza”,cioè dell’attrattiva emozionale pro-vocata dalle specie “bandiera”, e della“bioremuneratività”, cioè della conserva-zione fatta solo a scopo di lucro econo-mico.E, troppo spesso,nella fruizione delParco, l’uno e l’altro rischio prendono ilsopravvento sulla effettiva funzione eco-logica.

[email protected]

* Direttore Ente Parco Nazionale del Pollino

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LA TUTELA DELLA BIODIVERSITÀNON È SOLO UN LAVORO

DI CONSERVAZIONE, MA ANCHEDI VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE

VEGETALI E ANIMALI RITROVATEE, QUINDI, DI FRUIZIONE. PER QUESTO

SI GUARDA ALLA BIODIVERSITÀCOME UNA POSSIBILE LEVA

PER LO SVILUPPO DEL TERRITORIO.PER QUESTO SUL POLLINO

È NATA GIÀ UN’ASSOCIAZIONE.

SPECIALEBIODIVERSITÀ del POLLINO

di Domenico Cerbino

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“La Biodiversità è vita. La biodiversitàè la nostra vita”. Recita così lo sloganscelto dalle Nazioni Unite per il 2010,

proclamato Anno internazionale della Biodiversità.L’attenzione alla salvaguardia dell’ambiente in gene-rale, e delle specie vegetali e animali locali in par-ticolare, è il filo conduttore di numerosi progettidi recupero e di valorizzazione già realizzati o incorso d’opera in molti Paesi.

In Basilicata spicca l’esperienza dell’area del ParcoNazionale del Pollino.Un’esperienza condotta nel2009 da Alsia, Ente Parco e Università degli Studidella Basilicata,nel corso della quale sono state cen-site 40 specie di fruttiferi per circa 800 biotipi.

Ma questi sono solo i primi risultati di un lungolavoro di “catalogazione naturale”: l’attività prose-guirà anche nel 2010 con il censimento e la map-patura delle varietà cerealicole e orticole, in col-laborazione con il Cnr, Consiglio nazionale dellericerche. Intanto, si pensa già a come potenziarequeste risorse naturalistiche, immettendole nel cir-cuito delle produzioni agricole e nella fruizione daparte del grande pubblico del Parco del Pollino.

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*Giulio Sarli*Rosa Agneta

Agrifoglio 5SPECIALEbiodiversitàdelpollinoPERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

Ai sensi della convenzione di Rio de Janeiro sullaDiversità Biologica tenutasi nel giugno del 1992 la bio-diversità è stata definita come (art. 2): “variabilità tra gli

organismi viventi di tutte le forme includendo gli ecosistemi acqua-tici, marini e terrestri ed i complessi ecologici di cui sono parte”.Il problema della conservazione della biodiversità è divenuto unodei principali argomenti posti all’attenzione dell’opinione pub-blica mondiale e molte nazioni si sono dotate di un proprio pianooperativo.Gli obiettivi prioritari legati alla conservazione della biodiver-sità riguardano lo sviluppo di progetti di conservazione che sianoin grado di tutelare tutte le distinte comunità naturali ed i pro-cessi di natura ecologica ed evolutiva che sono alla base delladiversità vivente, attraverso il mantenimento vitale delle popo-lazioni delle specie caratterizzanti un territorio, affinché si rea-lizzi la conservazione di porzioni di habitat naturali grandi abba-stanza da essere resistenti a disturbi su vasta scala ed a cam-biamenti a lungo termine. Il raggiungimento di questi obiettiviin tutte le “zone prioritarie” del pianeta permetterebbe dicostruire una matrice essenziale per la salvaguardia della bio-diversità su scala mondiale. In particolare la necessità di inter-venti concreti per la salvaguardia delle specie vegetali può esse-re raggiunta con l’attuazione di strategie che prevedono:• interventi di conservazione in situ (cioè nell’ambiente natu-

rale), mediante lo studio degli habitat di specie a rischio e diuna loro adeguata protezione e gestione;

• interventi di conservazione ex situ (cioè fuori dall’ambientenaturale),con la costituzione di collezioni di germoplasma sottoforma di semi, polline, piante o parti di piante;

• interventi integrati che prevedono contemporaneamente laconservazione in situ, in aziende agricole (on farm), ex situ.

L’Unione Europea ha pertanto energicamente riformato la pro-pria politica agricola ed ha posto le basi per un nuovo model-lo di agricoltura in cui il settore agricolo svolge anche un ruolodi tutela e salvaguardia del territorio.Gli orientamenti della nuova PAC (Politica agricola comuni-taria) mirano, infatti, ad un programma di sviluppo rurale inte-so a privilegiare l’impiego di pratiche agricole eco-sostenibili edil recupero delle tradizioni locali e dei prodotti tipici, la cui remu-nerazione risiede nelle multifunzioni ambientali, sociali, paesag-gistiche e culturali legate all’agricoltura.Mediante il vincolo della condizionalità al sostegno, erogato aparametri di standard minimi in materia ambientale, di sicurez-za alimentare, di salute delle piante, di benessere degli animali,la riforma premia gli agricoltori che pongono particolare atten-zione alla cura degli ecosistemi e dei paesaggi rurali.Anche la

Regione Basilicata, consapevole della ricchezza di risorse gene-tiche locali di interesse agrario e forestale,ha emanato la leggeregionale n.26 del 14 ottobre 2008 a “Tutela delle risorsegenetiche autoctone vegetali ed animali di interesse agra-rio” in pericolo di estinzione o minacciate da erosione gene-tica, prevedendo contributi per quegli Enti,Associazioni, Scuoleo imprenditori agricoli che volessero costituire siti di conser-vazione delle risorse genetiche.A questo si aggiunge la specifi-ca azione della Misura 214 del PSR, il Programma di SviluppoRurale, sui “Pagamenti Agroambientali” in cui sono previsti degliincentivi per chi coltiva le specie comprese nella direttiva, cherisultano essere ad alto rischio di erosione genetica.Le motivazioni che hanno determinato questo provvedimentolegislativo nascono dalla necessità di ridurre il fenomeno dellospopolamento nel settore agricolo, per scarsa redditività delleproduzioni, con notevole perdita di occupazione. In questomodo la marginalità di molte aree interne della regione può dive-nire un punto di forza se la risorsa ambientale, composta da ele-menti naturali, storici, architettonici e paesaggistici viene inse-rita in una strategia attenta di conservazione e valorizzazionedella biodiversità e di tutto il patrimonio genetico.

[email protected] [email protected]

*Istituto di Genetica Vegetale – U.O. Centro Tematico per la Conservazione della Biodiversità Vegetale

Mediterranea – Bari

PRIORITARIO SVILUPPAREprogetti di conservazionedelle COMUNITÀ NATURALIe dei processi del territorio

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Bibliotecari dell’agricoltura del Pollino.Si potrebbe rias-sumere con questa metafora il lungo lavoro di ricerca e map-patura delle risorse genetiche di interesse agricolo del

Parco Nazionale del Pollino. Si tratta di un’attività inaugurata neldicembre 2008 con un’intesa tra Alsia e Parco Nazionale delPollino, con lo scopo di favorire lo sviluppo agroalimentare, fore-stale e rurale del Parco e, nello specifico, realizzare una mappatu-ra completa dei prodotti tipici del Parco per la loro successiva com-mercializzazione attraverso un portale web di e-commerce.Il monitoraggio della biodiversità di interesse agricolo,basato sul-l’applicazione del metodo geografico e aggiornato con tecnolo-gie informatiche, ha consentito la produzione di una banca datie di una serie di mappe che rappresenteranno un primo validostrumento informatico di localizzazione e gestione di entitàvegetali di reale e potenziale valore per lo sviluppo rurale.Sono stati mappati una serie di siti che potranno assurgere a rangodi riserva genica e che, contemporaneamente, hanno permessodi individuare biotipi con elevato grado di vulnerabilità. Per que-sti ultimi, il progetto prevede azioni urgenti di moltiplicazione econservazione del germoplasma, in aziende sperimentali, comequelle dell’Alsia, o presso aziende custodi della rete di conser-vazione locale.Il progetto,di durata biennale,ha visto il coinvolgimento del per-sonale tecnico delle due strutture di zona dell’Alsia, l’Azienda agri-cola sperimentale “Pollino” di Rotonda e l’Unità Territoriale diLagonegro,il supporto scientifico dell’Università degli Studi di Basilicataper il settore frutticolo e del CNR,Consiglio Nazionale delle Ricerche,di Bari per il settore erbaceo.Per il 2009 la mappatura ha inte-ressato la ricognizione di tutte le risorse genetiche del settorefrutticolo dell’area del Parco,mentre per il 2010 è previsto il com-pletamento per tutte le colture erbacee (D.C.).

[email protected]

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Il territorio

RICERCA E MAPPATURA,COSÌ PRENDE ILVIALAVALORIZZAZIONEDELLE PIANTE AGRARIE

L’indagine si è svolta nel Parco Nazionale del Pollino,grup-po montuoso con vette che superano i 2.000 metri slm.

Ai monti si alternano strapiombi e altopiani segnati da sco-scesi dirupi con pareti verticali. La morfologia del territo-rio è quanto mai variabile: si passa dall’aspro paesaggio deimassicci calcarei, ai boscosi massicci del Pollino, alle pianu-re lacustri della valle del Sinni. Il clima è quello tipico delMediterraneo: minino assoluto di precipitazioni in estate,massimo in inverno, e un regime termico con discretaescursione annuale.Gli afflussi meteorici raggiungono valo-ri medi annui di circa 1.100 mm con carattere di pioggia neifondovalle, mentre sui rilievi, in genere da dicembre amarzo, hanno carattere nevoso.L’area oggetto di indagine comprende i comuni del versan-te lucano e alcuni comuni del versante calabrese tutti clas-sificati nella zona altimetrica “Montagna” e rientranti nei seguen-ti bacini idrografici:• Valle del Mercure: Rotonda, Viggianello, Castelluccio

Inferiore e Superiore;• Valle del Frida: San Severino Lucano;• Valle del Serrapotamo:Calvera,Carbone,Teana,Castronuovo

S.A, Chiaromonte;• Valle del Senisese: Francavilla in Sinni, Senise, Episcopia;• Valle del Sarmento: Terranova del Pollino, San Paolo

Albanese, San Costantino Albanese, Cersosimo,Valle delMercure versante calabrese: Mormanno, Laino Borgo,Laino Castello.

SONO PIÙ DI 130 I SITI DEL PARCOIN CUI SONO STATE CENSITE CIRCA 40 SPECIE DA FRUTTO DA TUTELARE. E’ SOLO LA PRIMAPARTE DELLA MAPPATURA DELLA BIODIVERSITÀ DELL’AREA, I CUI RISULTATI SONO STATI PRESENTATI IN UN CONVEGNO A ROTONDA IL 21 NOVEMBRE.

GRUPPO DI LAVORODOMENICO CERBINO,ANTONIO DI NAPOLI, MATTEO CIRIGLIANO,NICOLA MESSUTI,ANTONIO SARUBBI, FRANCESCO SASSONE,NICOLA SASSONE,VINCENZO LAURIA, GIUSEPPE DI GIANO.

RICERCA E MAPPATURA,COSÌ PRENDE ILVIALAVALORIZZAZIONEDELLE PIANTE AGRARIE

Giuseppe Golia di Terranova

del Pollino,“accompagnatore”

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• piccoli frutti: fragoline di bosco, lampone, rosa canina;• piante ad uso domestico legnose: salice.Il riconoscimento delle specie frutticole è stato effettuato sullabase del riconoscimento visivo in campo e validato dal suppor-to della letteratura di settore.Il lavoro svolto sul campo è stato affiancato da un’attività di con-fronto tra i diversi gruppi di lavoro, per una definizione di tuttii biotipi censiti in base alla precocità, alla morfologia e al nomedialettale.

[email protected]

L’archiviazione dei dati

Tutte le informazioni acquisite sono state registrate su unfoglio elettronico. Il database così ottenuto ha permesso

l’elaborazione di una serie di mappe in termini di ricchezza dispecie di piante legnose da frutto, di ricchezza di biotipi erazze locali entro specie. Nei prossimi mesi è prevista anchela realizzazione di un “portale della Biodiversità del Parco” delPollino, finalizzato alla creazione di una banca dati iconografi-ca e georeferenziata e di un network degli agricoltori/produt-tori custodi accessibile tramite internet.A conclusione di que-sta prima fase di attività sono stati realizzati a Rotonda, il 21novembre 2009, una mostra pomologica dei frutti antichi cen-siti ed un convegno sulla presentazione dei risultati dell’inda-gine. La manifestazione ha visto la partecipazione di numero-si operatori agricoli, di scuole e tecnici del settore.

7Agrifoglio SPECIALEbiodiversitàdelpollinoPERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

Il metodo

L’indagine di ricognizione è iniziata nell’aprile del 2009 edè stata così articolata:

• delimitazione dell’area oggetto di studio;• scelta delle specie d’interesse;• modalità di acquisizione dei dati in campo;• riconoscimento delle specie raccolte;• realizzazione banca dati informatizzata.

Basata sul metodo eco-geografico (strumento di monitorag-gio molto semplice e completo utilizzato per campionare ladiversità genetica), l’indagine ha permesso la raccolta e la sin-tesi di una serie di informazioni di dati tassonomici, geogra-fici ed ecologici ed ha portato alla determinazione di tuttele risorse genetiche nei singoli siti censiti.Le unità di campionamento, paragonabili ad un cerchio conun raggio di circa 200-250 metri e con una superficie censi-ta di circa 10-12 ettari, sono state individuate sulla basedelle conoscenze dirette e della ricchezza biologica del ter-ritorio. I siti di campionamento monitorati sono stati più di130. Ogni unità di campionamento rilevata si è caratterizza-ta per la presenza di uno o più appezzamenti o più aziendeagricole ubicate al suo interno. Gli agricoltori e i proprieta-ri di terreni dei vari siti, denominati “accompagnatori”, sonostati coinvolti dai tecnici dell’Alsia in una prima fase di rico-gnizione delle risorse genetiche, e in una successiva per laconvalida delle informazioni acquisite e per la realizzazionedella documentazione fotografica in base all’epoca di matu-razione dei frutti.All’uopo sono state realizzate delle sche-de di campo per le interviste agli agricoltori, per acquisiretutte le informazioni possibili sulle specie monitorate (peresempio: forma,colore,consistenza del frutto,periodo di matu-razione etc).Ogni gruppo di lavoro è stato dotato di binocolo, ricevito-re GPS (Global Positioning System),macchina fotografica e pic-cole attrezzature di campo.Ogni sito è stato identificato attraverso:• nome del Comune e della località;• coordinate satellitari (latitudine, longitudine, quota, espo-

sizione, pendenza);• data di campionamento;• caratteristiche del terreno (tessitura, pietrosità, drenag-

gio, colore);• nome ed età degli agricoltori.

Per ogni specie frutticola e per singolo sito i tecnici dell’Alsiahanno realizzato un servizio fotografico:scatti alla singola pian-ta, ai frutti sulla pianta e alle foglie. Le foto relative ai fruttid’insieme e alla forma del frutto, su carta millimetrata, sonostati realizzati presso la struttura dell’Alsia.Ad ogni visita di campionamento sono stati prelevati,per spe-cie,6-7 frutti che conservati in un congelatore sono stati uti-lizzati per ulteriore verifica. Per la realizzazione della docu-mentazione fotografica sono state realizzate più visite pres-so i siti censiti in base all’epoca di maturazione dei vari bio-tipi.Le razze locali delle piante da frutto interessate nella primafase dell’indagine del 2009 sono state:• pero,melo,olivo, ciliegio, susino,pesco, albicocco, castagno,

gelso, nocciolo, nespolo;• vitigni: da vino e da tavola;

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La ricognizione di antichi fruttife-ri nei bacini idrografici che conver-gono verso le alture del massiccio

del Pollino è stata condotta da una squa-dra di tecnici dell’Alsia coordinatadall’Azienda agricola sperimentale “Pollino”di Piano Incoronata (Rotonda - PZ).Il risultato preliminare della ricerca è undata-base che ha permesso di quantifica-re due indicatori:a) la ricchezza di specie di piante legno-se da frutto;b) la ricchezza di biotipi e razze localientro specie (variabilità genetica all’in-terno della stessa specie.Questo “quadro della situazione” è impor-tante perché potrà fungere da riferimen-to per futuri monitoraggi volti a valutarel’efficacia di strumenti e misure per lasalvaguardia in situ (nell’ambiente natura-le) delle risorse genetiche legnose da frut-to.L’area geografica monitorata compren-de tutto il versante lucano e una parte delversante calabrese del Parco.Sintesi dei risultatiDal mese di aprile al mese di ottobre2009 sono state censite 40 differenti spe-cie di fruttiferi ed un totale di 870 bio-tipi in oltre 130 siti di campionamen-to.Accanto a questi indicatori sono statiregistrati i nomi locali, le informazioniecologiche, antropologiche ed una riccadocumentazione fotografica.E’ in corso la validazione degli indici di ric-chezza in funzione delle classi di preco-cità, morfologia e nome vernacolare. Unelevato numero di biotipi è stato riscon-trato per le pomacee (Tabella 1).Bisogna comunque considerare che le defi-

nizioni dei biotipi “sinonimi” possono sovra-stimare la ricchezza così come le definizio-ni “omonime” possono sottostimarla.

Tabella 1. Ricchezza di biotipi per alcune specie legnose da frutto.

Generazione di mappe di biodiver-sitàLa localizzazione geografica di ciascunsito di rilievo ha permesso di generare lemappe di ricchezza biologica distintamen-te per l’insieme di specie, di varietà e persottoinsiemi di componenti di biodiver-sità.Nella Figura 1 si osserva come - conriferimento a 4 specie (olivo, vite, pero emelo) - la massima ricchezza dell’olivo sidistribuisce tra Francavilla sul Sinni,Carbone,Teana e Calvera; il versante meri-dionale di Latronico e il bacino del Mercure- da Castelluccio Inferiore a Rotonda - cat-turano contemporaneamente il massimodella ricchezza biologica per vite, olivo epomacee.Melo e pero si spingono fino allequote più montane.

La riserva genica in situLa mappatura territoriale degli indici di ric-

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EROSIONE GENETICA:interventi specificisulla gestionedelle fonti di RISCHIO Giovanni Figliuolo*

SPECIE

PERO MELO VITE FICO OLIVO CILIEGIO SUSINO PESCO ALBICOCCO NOCE CASTAGNO GELSO NESPOLO NOCCIOLO

RICCHEZZA (n° biotipi)

200 118 102 50 34 31 28 8 5 7 7 4 4 4

ZONE DI MASSIMA

RICCHEZZA:POMACEE,VITE

E OLIVO

Figura 1

Areali di mas-sima ricchezzabiologica pervite, olivo epero e melo.

EROSIONE GENETICA:interventi specificisulla gestionedelle fonti di RISCHIO

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chezza biologica permette di individuareunità di superficie in base alla distribuzio-ne geografica di ciascuna specie e delle dif-ferenti varietà.Pertanto si osserva una ripar-tizione di distribuzione ecologica dei bio-tipi e specie in:a) comuni ed ampiamente distribuiti;b) comuni e localmente distribuiti;c) rari ed ampiamente distribuiti;d) rari e localmente distribuiti.La prima categoria ha un ampio interval-lo adattativo ed è rappresentata da tipi pocovulnerabili. Le categorie “b” e “c” sonomoderatamente vulnerabili, mentre lacategoria “d” è fortemente vulnerabile.Si è reso necessario adottare un criteriodi mappatura geografica che rappresen-tasse sia le zone che massimizzano la ric-chezza biologica che quei siti i quali, purpoveri di biodiversità, presentano dei tipirari o unici.Con un algoritmo che utilizza il principiodella complementarità è stata ottenuta unamappa che assurge a rango di riservagenica (Figura 2).Questa mappa “al nettodella biodiversità censita” integra siti conelevata ricchezza e siti con risorse gene-tiche rare ed uniche. Solo questi sitipotrebbero essere il bersaglio di piani diconservazione in situ.

Un paradigma superatoPer arrestare la perdita di biodiversità,dauno studioso che fa delle biotecnologie unuso quotidiano,ci si può attendere una rispo-sta tecnicamente ovvia e dai risvolti mira-colistici.E’ infatti possibile ipotizzare che con nuovicentri, nuovi laboratori, e tecnologie,

magari sproporzionate rispetto al pro-blema in campo, sia possibile conservarele piante nei posti in cui si sono evolute.Ne consegue che i futuri titolari dei ter-reni saranno giovani e colti, capaci di alle-vare le piante, riprodurle, venderle e pro-muoverle tramite eventi ed innovazioni.Questi giovani saranno anche capaci di invec-chiare e trasmettere ai rispettivi figli le risor-se genetiche ereditate dai propri antena-ti (prospettiva temporale minima per unprogramma di conservazione genetica).Purtroppo i fatti si scontrano con questaipotesi. Come ben sanno gli studenti chepiù si appassionano allo studio dell’eco-logia e dell’evoluzione,e così come è bennoto agli agricoltori più consapevoli, peruna efficace conservazione genetica insitu è necessario ribaltare questo sistemadi interpretazione. Per conservare un“valore” non sempre funzionano sovra-strutture e prescrizioni. Se si vuole con-servare “quell’albero”,o “quella specie” in“quel posto” è necessario identificare leforze (fattori e processi) che generano ilrischio.Questo rischio va in qualche modogestito.Pertanto è sulla gestione delle fonti dirischio di erosione genetica che dovran-no essere dosate con equilibrio e speci-ficità azioni e misure di governo.L’attuale rete di “salvatori di alberi” insitu all’interno dei bacini dell’Alto Sinni,Serrapotamo, Mercure, Sarmento e ver-sante Calabro supera mediamente i 50 annidi età.A questa rete bisogna affiancare deigiovani istruiti e consapevoli, in grado diriprodurre, innovare e valorizzare la bio-diversità in questo particolare contesto

ecologico e sociale senza trascurare un indi-spensabile ritorno alle tradizioni.

Un progetto per il territorioDa questo studio emerge che per conser-vare questo rilevante patrimonio cultura-le e biologico è necessario mettere inpratica attività di “conservazione e studio”a cui vanno affiancate quelle relativeall’”uso” tramite una appropriata “aper-tura al mercato”.Per quanto riguarda la conservazione e lostudio è necessario rinvigorire la retelocale dei custodi rurali, replicare i campiche catalogano i biotipi più vulnerabili indifferenti bacini idrografici, valutare i bio-tipi più interessanti e praticare l’innova-zione tecnologica appropriata tramite unrecupero della tradizione.L’apertura al mercato, invece,dovrà supe-rare l’attuale uso “di élite” dei prodotti dellerazze locali.I percorsi sono difficili ma non bisogna tra-scurare la possibilità di attivare rapporticon le mense pubbliche dei centri urba-ni, con i gruppi di azione solidale (GAS)e la ristorazione privata prima di passa-re a forme più convenzionali.La vendita a km zero sarà efficace solo seil sistema Parco saprà fare anche dellabiodiversità domesticata un elemento diattrazione.

[email protected]

*Dipartimento Tecnico-economicoFacoltà di Agraria – Università degli

Studi della Basilicata

9SPECIALEbiodiversitàdelpollinoAgrifoglioPERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

Figura 2

Comprensoriche catturanotutta la biodi-versità censita.

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Ricostruire il passato per COMPRENDEREil valore dei frutteti A RISCHIO DI ESTINZIONE

Non possiamo comprenderepienamente il valore degli antichi frut-tiferi del Pollino senza interpretare la sca-

la storica in cui è avvenuta la loro introduzione, domesticazio-ne ed adattamento all’ambiente.Gli alberi ed arbusti da frutto hanno sempre seguito l’uomo evorremmo che questo “contratto” continuasse nel futuro.Pertanto il ritorno al passato va interpretato come un “torna alfuturo”.L’uomo della preistoria (9.000 anni fa), così abile e preciso neltracciare il bovide sulla parete della grotta del Romito, era giàculturalmente evoluto per selezionare peri e meli dai frutti piùgrandi e gustosi delle piante spontanee.Erano frutti riconducibili al perastro (Pirus pyraster) ed al mela-stro (Malus sylvestris).Alcune selezioni riscontrate nell’indaginecondotta dall’Alsia producono frutti giganteschi (33yonce) se con-frontati alla dimensione dei pomi selvatici.Ciònonostante, valutando l’intera popolazione censita, si desu-me che solo alcuni biotipi, oggi presenti, sono di origine medi-terranea.Diverse sovrapposizioni storiche, conseguenti a migra-zioni e commerci, hanno generato la ricchezza biologica censi-ta. Già le invasioni indoeuropee (era del bronzo) introdusserogermoplasma dal quadrante dell’Asia orientale.Greci, Cartaginesi e Romani contribuirono ad arricchire difruttiferi il campo coltivato (ager).Le incursioni Arabe introdussero significative componenti orien-tali e nord-africane (1050 d.C.).Il Rinascimento ha favorito consapevoli scambi commerciali intutte le direzioni geografiche. Le forme, i colori e talvolta le at-tuali denominazioni non si discostano da quanto riportato sul-le tele dal pittore realistico Bartolomeo Bimbi (sec XVII).Gli in-sediamenti Albanesi hanno, in questo specifico comprensorio,ul-teriormente favorito l’ingresso di componenti balcaniche e,più recentemente, un arricchimento aggiuntivo è dovuto al pe-riodo coloniale (sec XIX).Per Melo e Pero esiste sia la componente associabile al Perastro

ed al Melastro che quella asiatica.Molti meli so-no riconducibili al Malus sieversi, progenitore sel-

vatico che cresce spontaneo nei boschi delKazakistan (una melina rossa molto simile

all’Annurca). La pigmentazione rossa dei pomi è si-curamente di origine kazaka. Non solo l’agricoltura

ma anche la pastorizia hanno contribuito a diffondere al di fuo-ri dell’ager, nel saltus (pascolo) e nella silva (bosco) i biotipi piùpromettenti.Il risultato è che, per ciascuna specie, esistono biotipi distribui-ti all’interno di un paesaggio che integra silva, saltus ed ager inuna matrice continua di unità “naturali” e “quasi-naturali”, ivi com-prese le cinture (orti e giardini) dei centri urbani e delle frazio-ni rurali.Chi sono i tutori di questa biodiversità? Famiglie rurali oppurefamiglie pluri-attive per le quali i prodotti agricoli rappresenta-no una fonte complementare di reddito. E’ necessario aumen-tare la consapevolezza circa il valore culturale e biologico di que-ste piante.Basti pensare che quasi sempre una pianta da frutto segna il ci-clo di vita di una famiglia (la nascita di un figlio, una trasmissio-ne ereditaria, un confine,un regalo o lo stato sociale del proprie-tario).La definizione vernacolare di ciascuna varietà, indica la pre-senza di dialetti dotati di spessore ed ampiezza semantica cosìcome testimoniato dai sinonimi (nomi diversi per la stessa va-rietà) e dagli omonimi (nome identico per varietà diverse).L’evoluzione dei dialetti, in un certo senso, è correlata a quelladei fruttiferi. I sinonimi esprimono un codice di comunicazionespecifico per la comunità locale (con matrice linguistica più an-tica) mentre i termini omonimi esprimono un codice di comu-nicazione valido per l’intero comprensorio (di matrice linguisti-ca più recente).I nomi delle varietà, quando non già dimenticati (e allora si di-ce tipo locale) ne descrivono l’uso (ad esempio, castagna nserta),la funzione (pera zilariello), la morfologia (pera cudilonga) o la di-mensione (pere omonime 33yonce). Concludendo: anche gliantichi fruttiferi sono una risorsa “non rinnovabile” che me-rita maggiore attenzione e rispetto. (G.F.)

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PERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURAAgrifoglio 11SPECIALEbiodiversitàdelpollino

L’area del Parco Nazionale del Pollino,oltre alla biodiversità agricola pre-sente, si caratterizza anche per

una grande varietà di tradizioni tra cui lapresenza di “guardiani”, preziosi collabo-ratori degli agricoltori, sparsi nei campi perscacciare volatili affamati ed altre tipolo-gie di fauna selvatica a tutela dei raccol-ti. Sono gli spaventapasseri,stravaganti mani-chini antropomorfi, abbigliati di tuttopunto con gli indumenti che in azienda nonsi usano più, che restano immobili neicampi in silenzio per anni senza soffrirecaldo o freddo, realizzati dai contadininelle serate invernali o nei momenti di ripo-so ed assemblati nei modi più disparati inmodo da dargli un aspetto poco rassicu-rante.Anche il materiale da riciclare in aziendaviene usato dagli agricoltori per arricchi-re questi fantocci in modo da riflettere laluce o generare dei bagliori,o anche emet-tere dei rumori o mimare movimenti chericordino la presenza umana e quindi spa-ventino gli intrusi.Il posizionamento degli spaventapasseri èstrategicamente importante per la difesadel campo, dell’orto, del vigneto o delpollaio. Il fantoccio deve essere colloca-to in modo tale da evocare la presenza con-tinua dell’uomo del quale gli animali da sem-pre hanno timore.In passato, uno spaventapasseri ben rea-

lizzato e ben posizionato poteva fare la dif-ferenza nella razionale difesa del cibo: leproduzioni agricole dovevano essere pro-tette giorno e notte dagli animali in cercadel sostentamento quotidiano.Nella storia dell’uomo, gli spaventapasse-ri hanno rappresentato la personificazio-ne di miti ed antiche paure del mondo agri-colo,ma anche forme e momenti di gioco,libertà e satira.Non c’è nella realizzazione dei fantocci iden-tità culturale,né uno stile ben definito.Lospaventapasseri non si identifica per l’au-tore, né per il territorio dove viene rea-lizzato. E’ solo un pupazzo probabilmen-te in via di estinzione,che verrà sicuramen-te sostituito da qualche diavoleria mecca-nica se non elettronica,e non ci stupirem-mo tra qualche anno di vederlo trasfor-mato in un ologramma.L’abbandono delle zone rurali, la gradua-le scomparsa della presenza umana nellecampagne ha impoverito inesorabilmen-te anche le fila dei suoi fidi collaboratoriinanimati, rendendoci consapevoli che c’èun mondo le cui tradizioni man manovanno dileguandosi.

[email protected]@alsia.it

Egidio Mitidieri*

Quale miglior modo per conservarel’enorme ricchezza di biodiversità

vegetale dell’area del Pollino se non quel-lo di farlo rivivere e riprodurre nelle stes-se aziende agricole? E’ da questo presup-posto che siamo partiti,nell’ottobre scor-so, quando abbiamo costituito, grazie alsostegno dell’Alsia, un’associazione diagricoltori custodi, che conta già un cen-tinaio di iscritti,provenienti da tutta la zonadel Parco.L’associazione si chiama “Vavilov” e pren-de il nome dal famoso agronomo russo,padre degli studi sulla biodiversità.Tra gliscopi individuati, ci sono principalmentequelli di conservare le specie vegetali diinteresse agrario, officinale e naturalisti-co direttamente presso le aziende agrico-le,di valorizzarle attraverso vari tipi di ini-ziative, anche culturali e gastronomiche.Una volta garantita la loro conservazio-ne, le aziende potranno anche dedicarsialla produzione, alla trasformazione e allavendita dei prodotti. Sarà in questa faseche potremo realmente affermare di averprotetto, tutelato e reimmesso nel circui-to economico,anche se dei prodotti di nic-chia, la biodiversità del Pollino.

Egidio Mitidieri*Presidente Associazione Vavilov

Domenico CerbinoMarcella Illiano

Spaventapasseri,scompaionogli ULTIMI GUARDIANIdelle produzioni agricole

COME FARE PER…… aderire

all’Associazione“Vavilov”?

Gli imprenditori interessati, possono faredomanda di iscrizione all’Associazione“Vavilov”, inviando una richiesta con l’in-dicazione dei dati anagrafici dell’azienda,allegando la fotocopia di un documentod’identità in corso di validità e CodiceFiscale o partita IVA.La richiesta dovrà esse-re inviata all’indirizzo:Associazione “Vavilov” c/o AASD “Pollino” C/da Piano Incoronata,85048 Rotonda (PZ)Tel. 0973/667545, fax 0973/667283, cell349.0090195.

Spaventapasseri,scompaionogli ULTIMI GUARDIANIdelle produzioni agricole

CONSERVARE LA BIODIVERSITÀ:L’IMPEGNODELL’ASSOCIAZIONE“VAVILOV”

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Ifore

sta

Nei primi anni di un impianto puòrendersi necessario proteggereindividualmente le piantine dal

morso degli animali selvatici. In tal caso, sipossono utilizzare gli shelter (dall’inglese“protezione”), manicotti in vari materia-li di differenti fogge e dimensioni, che di-fendono il fusto delle singole piantine.Gli shelter vanno utilizzati, però, solo neicasi in cui siano effettivamente necessari,quando, cioè, si riscontri o sia ipotizzabi-le una presenza di selvatici tale da farprevedere danni sulle piante principali. Incaso contrario rappresentano solo uninutile onere in termini di costi e ditempo necessario per l’installazione pri-ma,per l’eliminazione e lo smaltimento poi.La scelta del tipo e delle dimensioni de-gli shelter da impiegare dipende essenzial-mente dal tipo di animale da cui è neces-sario difendersi e dalla specie vegetale im-piegata.Se nell’area considerata si temono solo at-tacchi di lepri, è opportuno utilizzare pro-

tezioni di altezza non superiore ai 60 cm,mentre nel caso dei caprioli si consiglia-no shelter di 120 cm, arrivando fino a180 cm in presenza di cervi (anche se perquesti animali l’efficacia degli shelter sem-bra abbastanza limitata).La scelta dell’altezza più appropriata èestremamente importante. Infatti è inuti-le impiegare shelter troppo alti se non ne-cessari, poiché ciò comporta un aumen-to considerevole dei costi, oltre al rischiodi forzare inutilmente l’accrescimentolongitudinale delle piantine che può por-tare ad instabilità meccanica, ad un’insuf-ficiente lignificazione e alla conseguentepropensione a subire danni da gelo.E’ opportuno impiegare gli shelter solo sul-le piante principali e in particolare suquelle che sono effettivamente appetite daiselvatici. Il noce, ad esempio, difficilmenteviene attaccato dai cervidi, mentre le le-pri lo danneggiano,ma solo raramente:perquesto generalmente è sufficiente impie-gare shelter di 60 cm di altezza.Al contrario del noce, il ciliegio, i sorbi, ifrassini e le querce sono estremamente ap-petiti anche dagli ungulati, per cui con ta-li specie, se nella zona fossero presenti un-gulati, è consigliabile impiegare protezio-ni adeguate.La sperimentazione ha dimostrato chenei primi anni dell’impianto gli shelterchiusi inducono nelle piantine un accresci-mento longitudinale sensibilmente piùelevato. La ricerca tuttavia ha dimostratoche a 5-7 anni dall’impianto l’iniziale mag-giore crescita delle piantine protette da-gli shelter svanisce e la loro altezza equi-vale a quella delle piantine che non sono

state sot-toposte al-la prote-zione.Qu ind i ,utilizzaregli sheltercon il soloscopo di ottene-re un maggior accrescimento longitudina-le sembra poter dare solo un vantaggio tem-poraneo che non si riflette sul risultato fi-nale.Lo shelter, una volta che la piantina abbiaraggiunto, con la gemma apicale, un’al-tezza pari al doppio di quella della prote-zione, deve essere eliminato, sia per evi-tare possibili danni al fusto (ad esempio,strozzatura, abrasioni), sia per evitare di in-quinare l’ambiente con materiale che vie-ne degradato molto lentamente. Nel ca-so di shelter a rete è preferibile evitare quel-li con maglie troppo larghe, dove si pos-sono inserire dei rami, o peggio ancora, ilcimale della pianta, compromettendone ilcorretto sviluppo (Foto 1).

POSA IN OPERA DELLO SHELTERSe si vuole che tali protezioni mantenga-no la loro efficacia nel tempo, bisogna fa-re molta attenzione alla loro messa inopera.Innanzitutto gli shelter, di qualunque for-ma o dimensione essi siano,devono esse-re bloccati in posizione verticale da un pic-chetto che può essere di legno, sufficien-temente durabile, o di bamboo; quest’ul-timo materiale, se reperibile, dovrebbe

LA RUBRICA È REALIZZATA GRAZIE ALLA COLLABORAZIONE

DELLA RIVISTA “SHERWOOD”,MENSILE DI TECNICA FORESTALE

EDITO DALLA COMPAGNIA DELLE FORESTE DI AREZZO

(WWW.COMPAGNIADELLEFORESTE.IT)IMPEGNATA CON L’ALSIA

ANCHE IN SPECIFICHE AZIONIFORMATIVE DIRETTE AGLI

IMPRENDITORI LUCANI DEL COMPARTO.

ULTERIORI INFORMAZIONI SU“WWW.ARBORICOLTURA.IT”.

di Enrico Buresti Lattes* Paolo Mori**

1

Uso degli SHELTERper proteggere

LE PIANTINEdalla fauna selvatica

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13FUORIforesta

es-sere preferito in quan-

to è meno soggetto ad at-tacchi fungini che possono poi

propagarsi alle piantine. I picchettivanno infissi saldamente nel terreno in mo-

do che siano in grado di mantenere la stabilità del-la protezione anche in caso di vento forte; tutta-via la loro altezza fuori terra non deve superarequella dello shelter, poiché in caso di forti oscil-lazioni la piantina potrebbe essere danneggiata ur-tando ripetutamente sul picchetto (figura 1).

Alcune ditte producono gli shelter con appositispazi in cui inserire i sostegni, altre prevedono in-vece la presenza di fori nei quali inserire del filodi ferro o dei particolari legacci con i quali fissa-re i picchetti al manicotto in polipropilene (figu-ra 2 ).Va in ogni caso ribadito che la forma dellaprotezione deve essere mantenuta per tutto il tem-po che lo shelter resterà in campo, altrimenti lapiantina rischia di essere danneggiata seriamente.Se poi siamo in presenza di terreni pesanti, con unaforte componente argillosa, è importante evita-re di conficcare a fondo lo shelter nel terreno, inmodo da impedire pericolosi ristagni d’acqua lasuo interno (figura 3).

[email protected] [email protected]

* Presidente dell'Associazione Arboricoltura da Legno Sostenibile per l'Economia

e l'Ambiente (AALSEA)** Compagnia delle Foreste – Arezzo

AgrifoglioPERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

Foto 1 - Lo shelter a rete permette alla pianta di inserire i rami o la cac-ciata apicale tra le maglie, se sono troppo larghe. Ciò può creare pro-blemi di portamento alla pianta, ostacola la rimozione dello shelter perl’eliminazione delle erbe infestanti e consente agli animali di brucare leparti vegetali che si trovano all’esterno.

Figura 1 - I picchetti devono essere infissi saldamente nel terreno inmodo da mantenere la stabilità della protezione anche in caso di ven-to forte. E’ importante che la loro altezza fuori terra non superi quel-la dello shelter.

Figura 2 - Alcune ditte producono shelter con appositi spazi in cui in-serire sostegni, altre praticano fori attraverso i quali far passare il filo diferro con i quali fissare i picchetti al manicotto.Tutti i sistemi si sono di-mostrati validi, ma è importante fare attenzione agli shelter che adot-tano soluzioni di tipo avvolgente (primo da destra),poiché, se non aspor-tati in tempo possono danneggiare la pianta.

Figura 3 - In presenza di terreni pesanti, con una forte componente ar-gillosa, è importante evitare di conficcare a fondo lo shelter nel terre-no, poiché si corre il rischio che la protezione ostacoli il regolare de-flusso delle acque provocando,di conseguenza, pericolosi ristagni al suointerno.

Figura 1

Figura 2

Figura 3

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Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera a firma di MassimoForino,Direttore di Assolatte, l’Associazione italiana lattiero-ca-searia, che chiede di pubblicare delle precisazioni sui contenu-

ti del box “Conoscere il latte”, di cui allo “Speciale Latte” del nume-ro 35 di Agrifoglio.

“Gent.mo Direttore,abbiamo avuto modo di rilevare sul n.35 della testata Agrifoglio,nella rubrica “Speciale Latte”, talune affermazioni non corretteriportate nel box “Conoscere il latte”. Ci riferiamo, in partico-lare, alle informazioni rese in merito al latte microfiltrato, per ilquale si afferma che il processo applicato lo priverebbe delle suequalità originarie.In verità, il processo di microfiltrazione è finalizzato proprio amantenere il più possibile inalterate le caratteristiche qualitati-ve del latte.Questo processo, infatti, consiste nel rimuovere dallatte crudo, prima della pastorizzazione, la quali totalità (oltre il90%) dei microrganismi indesiderabili che sono potenzialmen-te nocivi o che possono indurre nel tempo un decadimento del-le caratteristiche organolettiche o limitare la durabilità del lat-te. La rimozione a monte di questi elementi indesiderati consen-te, a sostanziale parità di intensità del successivo trattamento dipastorizzazione, indispensabile per garantire la distruzione deibatteri patogeni rendendo così il latte assolutamente sicuro peril consumatore, assicura al latte pastorizzato microfiltrato unadurabilità, circa tripla rispetto a quella del latte semplicementepastorizzato.Questo risultato finale non può comunque prescindere dall’u-tilizzo di materia prima di elevata qualità igienica.Il trattamento termico, consente di mantenere lo stesso valo-re nutrizionale del latte pastorizzato, limitando al massimo la de-gradazione dei componenti sensibili al calore.In pratica rimuovendoli a monte, si evita che nel prodotto fini-to permangano i cadaveri dei batteri presenti nel latte crudo,non-ché le cellule somatiche (le cellule di sfaldamento dell’apparatomammario della bovina) le quali, tra i vari effetti negativi, com-portano la presenza enzimatica dannosa per le proteine del lat-te, pregiudicandone la qualità nutrizionale ed organolettica.Sempre, e solo, per amore della verità segnaliamo altresì che ipiù intensi trattamenti termici che caratterizzano il latte UHT

“non lo privano di vitamine e di calcio”. Il tenore di calcio rima-ne infatti invariato.Le tecnologie UHT oggi largamente utilizzate,pur non garanten-do la stabilità microbiologica del prodotto ermeticamente chiu-so a temperatura ambiente per oltre tre mesi, consentono di ri-durre al minimo l’effetto di degradazione termica di alcunicomponenti come alcune vitamine del gruppo B, la cui perditaparziale è estremamente ridotta, tipicamente attorno al 10%.I nutrizionisti comunque rammentano che il fabbisogno vitami-nico viene normalmente assicurato con l’assunzione di altrialimenti, nel mentre il ruolo fondamentale del latte nella dietagiornaliera riguarda l’apporto di proteine nobili e di calcio.Per quanto sopra indicato esposto siamo certi che, proprio alfine di far meglio “conoscere il latte” cosa che il box in questio-ne, almeno nel titolo, si riproponeva, vorrete provvedere a pub-blicare una rettifica delle informazioni non corrette”.

In riferimento all’articolo citato da Assolatte porgiamo le no-stre scuse ai lettori, tecnici e non, se per necessità di sintesi ab-

biamo prodotto delle imprecisioni nel testo.Vorremmo però sot-tolineare due aspetti:sul latte microfiltrato, su cui abbiamo scritto che la microfil-trazione “lo priva delle sue qualità originarie”, intendevamo di-re che il processo comporta profonde manipolazioni sul latte,in contrasto con la sua naturalità, e che la rimozione indifferen-ziata,non selettiva,di microrganismi dal latte crudo annulla le dif-ferenze qualitative originarie.Con questo non si voleva sminui-re l’importanza del processo di microfiltratura, ma riconosce-re il lavoro fatto negli allevamenti per il miglioramento della qua-lità verso un latte poco o per nulla lavorato, il più possibile vi-cino al latte crudo ottenuto dalla mungitura.per il latte UHT, l’espressione “latte sterilizzato a lunga con-servazione e latte a UHT: latte sottoposto ad alte temperatu-re che lo privano di vitamine e calcio” è corretta per il latte ste-rilizzato a lunga conservazione, ma non per quello UHT.

[email protected]@alsia.it

“conoscere il latte”:alcune precisazioni

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Agricoltura SOCIALE,ESPERIENZE IN CAMPOANCHE INVAL D’AGRI

AgrifoglioPERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA 15

IN QUESTO ARTICOLO PRESENTIAMOIL SECONDO DEI TRE PROGETTI

DI AGRICOLTURA SOCIALE INTRAPRESIDALL’ALSIA NELLE AZIENDE SPERIMENTALI

DI “BADERTA DELLE MURGINE” DI ALIANO,“BOSCO GALDO”

DI VILLA D’AGRI E “CHIANCALATA” DI MATERA, CHE HANNO

OSPITATO GRUPPI DI BAMBINI E RAGAZZICON DIVERSI DISAGI FISICI E SOCIALI,

TESTANDO I BENEFICI PSICOLOGICI CHEIL CONTATTO CON LA TERRA PUÒ DARE.

È emozionante sentire il gridodi contentezza lanciato da chisolitamente non riesce ad espri-

mere le proprie emozioni, solo per il fattodi essere salito su un cavallo. O vedere ilsorriso soddisfatto di chi mette un fioc-co sul vasetto della marmellata fatta coni prodotti coltivati dalle sue mani.Questesono solo due delle immagini del filmatorealizzato dal gruppo di lavoro dell’AziendaAlsia “Bosco Galdo” di Villa D’Agri, che hacondotto in questi mesi il progetto diAgricoltura Sociale “L’Orto che Curo”.Un’esperienza che ha coinvolto l’associa-zione “Verso la Luce” di Grumento Novae alla Casa Alloggio “Demetra” di Villad’Agri, e che è stata raccontata attraver-so un video durante il convegno sui risul-tati del progetto, tenutosi il 19 dicembre2009 nella sede di “Bosco Galdo”.Gli ospiti delle due strutture, in tutto 35,avevano già realizzato attività agricole,masempre per lavori stagionali presso azien-de private. In questo caso, invece, i pro-tagonisti, persone con vario tipo di disa-bilità psico-motoria, hanno seguito tuttoil ciclo di produzione, dalla semina allatrasformazione e persino alla vendita,attraverso mercatini solidali. In particola-re nei terreni dell’Azienda Alsia “Bosco

Galdo”, in cui si sono recati una o due voltea settimana da giugno a dicembre,sono statipiantati ortaggi e piante officinali, raccol-te mele,pere e frutti di bosco.Con la col-laborazione delle Fattorie didattiche dellaVal d’Agri, hanno potuto seguire labora-tori di ippoterapia, di produzione di mar-mellate, confetture e dolci. Hanno visita-to caseifici e cantine,per scoprire da vici-no come si fa il Canestrato di MoliternoIgp e il vino Doc Terre dell’Alta Val d’Agri.E nel vivaio forestale della ComunitàMontana Alto Agri hanno imparato a tra-piantare le piante in vaso.C’è stato anche uno scambio di espe-rienze con gli studenti dell’Istituto TecnicoAgrario di Villa d’Agri, che hanno potutotestare quale apporto possa dare il mondoagricolo a quello del disagio sociale.Risultato? Gli ospiti delle due strutture assi-stenziali hanno acquisito abilità, per alcu-ni spendibili anche in occasioni lavorative(come già capita a due di loro, per lavoristagionali, regolarmente contrattualizzatida due aziende agricole del posto),e trat-to un appagamento sul piano psicologicoed emotivo. Mentre per le aziende agri-cole si tratta di un esempio di “inclusio-ne sociale”,che può essere visto come valo-re aggiunto del proprio lavoro e come unapossibilità di autonomia da dare a questisoggetti più deboli. Si pensi che proprioin Val d’Agri, la Regione Basilicata, attra-verso l’ufficio Programma Operativo Vald’Agri, pubblicherà a breve dei bandi perfornire contributi alle imprese, agricole enon,che vogliano assumere soggetti svan-taggiati, come appunto diversamente abilio cassa-integrati.

[email protected]

Delia Barbante

Intervista ad Alfonso Pascale

In occasione dell’asta di beneficenzadelle bottiglie del vino “Penna diViggiano, Coltello di Avigliano”,vendemmiato dai disabili dei duecomuni nel 2008 e presentato adAvigliano lo scorso 23 dicembre,abbiamo intervistato il lucano AlfonsoPascale, presidente della Rete nazio-nale delle Fattorie sociali.

D.Lei ha avuto modo di dire chein agricoltura non esiste la diver-sità, né si può riconoscere daitratti del prodotto agricolo se èstato fatto da un “diverso”.Sem-bra quindi così naturale parlaredi agricoltura sociale,ma i nostriagricoltori sono pronti a questisfida?R.Per rispondere a questa domandabisogna dire che esistono due tipi diagricolture:una, industriale,votata allaproduttività, che ha perduto il legamecon il territorio; l’altra, forse più pove-ra,ma che ha conservato questo lega-me.E’ lì che c’è multifunzionalità e checi può essere agricoltura sociale. E inBasilicata c’è proprio il secondo tipodi agricoltura, che potenzialmentepuò dare vita a tante esperienze d’ec-cellenza.

D. Di cosa ci sarebbe bisogno,quindi,per far decollare l’agricol-tura sociale?R. A mio avviso si devono divulgarele peculiarità dell’agricoltura socialee si deve recuperare la memoria di un’a-gricoltura inclusiva. Ciò che in fondoè sempre stata. Recuperarla e ripro-porla nelle aziende agricole in formeinnovative.

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Nell’ambito di lavori finalizzati alla salvaguardia del-la biodiversità e del miglioramento genetico della vi-te, il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in

Agricoltura con il CRA-UTV di Turi ha avviato,dal 2005,un pro-getto di ricerca denominato “Vitivin-valut:miglioramento qua-litativo delle produzioni vitivinicole nel Mezzogiorno d’Italia”.Una delle linee di ricerca prevede il recupero e la valorizzazio-ne delle principali varietà locali e dei vitigni autoctoni minori.La Regione Basilicata, attraverso l’Alsia, ritenendo tale ricercain armonia con la domanda di assistenza tecnica provenientedalla base produttiva finalizzata allo sviluppo tecnologico ed al-l’innovazione di prodotto uva-vino, nel 2008 ha promossocon il CRA-UTV una collaborazione triennale sul progetto, am-pliando le indagini sperimentali nei territori storicamente vo-cati alla coltivazione della vite,come i comprensori “Alta e MediaVal d’Agri”, con la collaborazione del Comune di Viggiano,“Medio Sinni-Pollino” e “Materano”,oltre a quello del “Vulture”.

MATERIALI E METODILa ricerca è condotta sia con tecniche tradizionali (indagini am-pelografiche) sia con tecniche di recente introduzione (inda-gini biomolecolari: studio del DNA); l’applicazione sul territo-rio consentirà di realizzare l’ampliamento della conoscenza del-le diversità genetiche nelle popolazioni dei vitigni coltivati.Nel primo periodo (aprile 2008–ottobre 2009), sono statiesplorati principalmente i territori della Val d’Agri (Viggiano,Marsicovetere,Moliterno,Grumento) ed, ancora, del “Vulture”(Maschito, Rionero in Vulture).Sono state individuate e selezionate 368 accessioni, di cui 343appartenenti a 47 diversi vitigni da vino e 25 appartenenti a 5vitigni da tavola.Il lavoro in campo di recupero è stato condotto tenendo con-to delle potenzialità qualitative dei vitigni selezionati, salvaguar-dando la biodiversità,minacciata dal fenomeno dell’erosione ge-netica, acuito dalle conseguenze a cui si sta andando incontronel nostro Paese a seguito delle norme attuate negli ultimi an-ni per la riconversione dei vigneti (estirpazione di vecchi vigne-ti, etc.). Sono stati privilegiati vigneti di età non inferiore a 20anni, oltre che singoli ceppi “storici”.

L’individuazione di vecchie vigne è stata supportata da contat-ti con viticoltori che hanno conservato la memoria storica sul-la provenienza delle viti in loro possesso e da indagini biblio-grafiche.Dal punto di vista viticolo i principali parametri presi in con-siderazione sono stati: caratteristiche ampelografiche distinti-ve; produttività (fertilità, vigoria, compattezza dei grappoli,preferendo quelli più spargoli); qualità delle uve (contenuto zuc-cherino e acidità); fenologia (precocità); sanità virologica.Le accessioni rappresentative (n. 180, escluse quelle sanitaria-mente più compromesse) sono state innestate sul portinnesto1103 Paulsen, per la costituzione del vigneto di conservazionepresso l’azienda sperimentale dell’UTV di Turi.Tutte le accessioni sono state sottoposte ad accertamenti sa-nitari, effettuati su legno mediante la tecnica immunoenzima-tica ELISA al fine di riscoprire eventuali virosi: accartocciamen-to fogliare GLRaV1, GLRaV2 e GLRaV3 (Grapevine Leafroll-associated Virus 1, 2 e 3); arricciamento GFlV (Grapevine FanleafVirus);mosaico dell’arabis ArMV (Arabis Mosaic Virus); legno ric-cio GVA (Grapevine Virus A) e maculatura infettiva GFkV(Grapevine Fleck Virus), secondo la più recente normativa in ma-teria di certificazione della vite (DD.MM 08.02.05 e 07.07.06).L’analisi molecolare è stata eseguita con la metodica di segui-to riportata.Dalle foglioline giovani è stato estratto il DNA con il QIAGENDNAasy® Plant Mini Kit e sottoposto ad analisi SSR (SimpleSequence Repeats) utilizzando 13 marcatori microsatellite. I lo-ci SSR utilizzati sono stati:VVS2,VVMD5,VVMD7,VVMD27,VrZAG62,VrZAG79, ISV2, ISV3, ISV4,VMCNG4b9,VVMD28,VVMD25 e VVMD32.Tale metodica prevede l’amplificazione del DNA di vite con iprimer specifici per ciascun locus SSR, attraverso una reazio-ne di PCR (Polimerase Chain Reaction), eseguita con un ter-mociclatore EPPENDORF. Infine gli amplificati vengono control-lati e fatti correre al sequenziatore CEQ 8000, per l’identifica-zione del profilo molecolare dei loci SSR.L’analisi con i marcatori molecolari microsatellite è uno stru-mento potente e affidabile nello stabilire l’identità delle culti-var di vite, confermando o negando omonimie e sinonimie ipo-

16

Col progetto BASIVIN SUDrecupero e valorizzazione

di VARIETÀ LOCALIe VITIGNI autoctoni minori

Angelo Raffaele Caputo*Marica Gasparro*Francesco Pisani

Donato Antonacci*

AG

Rin

nova

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tizzate con l’esame dei caratteri e delle informazioni ampelogra-fiche.Il successivo riconoscimento tecnico-giuridico dei ritrovati ve-getali, indispensabile per i fini colturali, consentirà di migliorarela qualità e la tipicità delle produzioni enologiche lucane.

RISULTATI CONSEGUITILa Tabella 1 riporta tutte le accessioni individuate in campo conle denominazioni varietali in uso nelle zone di ritrovamento.Dall’analisi per l’accertamento delle eventuali virosi, eseguita suun totale di 361 accessioni,è emersa una buona percentuale (23%c.a.) di accessioni risultate sane.Per quanto riguarda la presenza e la distribuzione delle virosi,si segnala che il GLRaV3 è risultato il virus più diffuso con il 72,3%,seguito da GVA con il 66% circa e dal GFkV con il 62% circa (an-che se, per la normativa, quest’ultimo è importante solamenteper i portinnesti).Lo studio del DNA per l’identificazione del profilo molecolareè stato effettuato per tutte le accessioni in conservazione (n.180).Dal confronto con il nostro database varietale (in continua evo-luzione) è stato possibile identificare con certezza 108 accessio-ni appartenenti ai seguenti 18 vitigni di uve da vino:Aglianico n.,Aglianicone n., Aleatico n., Ciliegiolo n., Falanghina b., Fiano b.,Garganega b., Greco b., Malvasia bianca lunga b., Malvasia nera diBasilicata n.,Montepulciano n., Montonico bianco b.,Moscato bian-co b., Moscato giallo b., Primitivo n., Sangiovese n.,Trebbiano tosca-no b., Uva di Troia n.Altre accessioni hanno evidenziato un profilo molecolare che tro-va riscontro nel nostro database come varietà non ancora rico-nosciute:Arvino n., Messinese b., Plavina n.; alcune hanno un pro-filo molecolare del tutto originale, come scaturito dal con-fronto in bibliografia: Iusana 1 b.; Iusana 2 b. e Santa Sofia b.Nel vigneto di conservazione si stanno eseguendo i rilievi am-

pelografici e sperimentali per la valutazione delle attitudiniagronomiche e produttive (fenologia, curve di maturazione) ele analisi chimiche dei principali metaboliti secondari al fine distabilirne le potenzialità enologiche.

ConclusioniIl lavoro predominante di recupero del materiale genetico e tra-sferimento nel campo di conservazione ha permesso di salva-guardare buona parte della biodiversità che caratterizza i pae-saggi viticoli presi in considerazione.Le analisi virologiche hanno evidenziato un buon livello di sani-tà che lascia ben sperare per lavori futuri di selezione clonale.L’indagine molecolare ha permesso di identificare con certez-za, ad oggi, un buon 60% di accessioni di vitigni da vino.Altre accessioni hanno un profilo molecolare ancora incognito;quindi, presumibilmente potrebbero essere considerati nuovi ri-trovati vegetali, al momento conosciuti solo con denominazio-ni in vernacolo.Dubbi che verranno in larga parte chiariti nel pro-sieguo del Progetto Basivin Sud.Intanto, l’attività di recupero continua; grazie alla collaborazio-ne dei tecnici dell’Azienda agricola sperimentale dimostrativa“Pollino” dell’Alsia, coordinati dal responsabile DomenicoCerbino, è stato avviato il monitoraggio nel comprensorio delPollino.

[email protected]@entecra.it

[email protected] [email protected]

*CRA–UTV Unità di ricerca per l’uva da tavola e la vitivini-coltura in ambiente mediterraneo di Turi (BA)

Agrifoglio 17AGRinnovaPERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

Denominazione varietale

ABBOTTA PEZZENTI B.ABRUZZESE B.AGLIANICO DEL VULTURE N.AGLIANICO N.AGLIANICONE N.ALEATICO N.BARBAROSSA R.BRINDISINO B.CARDINAL N.CASSANO N.CLINGO B.COLATAMURRO N.COLATAMURRO R.CORINTO B.CORINTO N.FALANGHINA B.FIANO B.GRECO B.IUSANA B.MALVA N.MALVASIA (BIOTIPO 2) B.MALVASIA (MUSACCHIO) B.MALVASIA B.MALVASIA BIANCA ANTICA B.MALVASIA BIANCA DI BASILICATA B.MALVASIA N.

Denominazione varietale

MALVASIA NERA DI BASILICATA B.MOSCATELLO B.MOSCATELLONE B.MOSCATO ANTICO B.MOSCATO BIANCO B.MOSCATO D'ADDA N.MOSCATO DI PASQUA B.MOSCATO DI TERRACINA B.MOSCATO N.NOCERA N.NUCEDDA R.PERLINA D'INVERNO N.PIZZUTELLO (UVA OLIVA) N.PRIMITIVO N.PRIMUS (SANT'ANNA) B.REGINA (MENNAVACCA) B.SANGIOVESE N.SANTA SOFIA B.STAMPACAVALLO N.TUCCANESE N.UVA BIANCA ANTICA B.UVA NERA ANTICA N.UVA VENEZIANA B.VOLPICELLO N.VUIANESE N.ZAGARESE N.

118396238971351271278107474111217

297116447115747277781131174105

RNVV

ISSNIINISINNNIIIINNNNNNNNN

RNVV

NNIIIINNINNNNNIIIINNSSINII

Tabella 1 - Elenco accessioni individuate e selezionate nel primo periodo di attività (2008-09)

Legenda: RNVV (Registro Nazionale delle Varietà di Vite); I = Iscritto; S = Sinonimo riconosciuto; N = Non iscritto. Moscato Antico

Malva

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Angelo Cifarelli*Angelo Petrozza*

Sono oltre 15 mila le accessioni di semi conservate nella“banca del germoplasma” della Metapontum Agrobios.Oggetto di sperimentazione e di ricerca,gran parte di que-

sto materiale vegetale appartiene a specie di interesse agrono-mico,a differenza di molte altre banche del germoplasma in Italiadove si mira principalmente alla tutela di specie forestali ospontanee. Trattandosi per la quasi totalità di semi “ortodos-si”, per i quali, cioè, la vitalità risulta molto influenzata dalgrado di umidità dell’ambiente circostante, la conservazione avvie-ne in contenitori a chiusura ermetica (generalmente bustine inpolietilene) e sottovuoto.Le accessioni sono registrate in un database che contiene infor-mazioni riguardanti le varietà, i luoghi e le date di produzionee raccolta, gli eventuali trattamenti o analisi effettuati. Il carat-tere innovativo della banca è dato da una gestione quotidianadel germoplasma tramite la tecnologia pos-scanner.Infatti, ogni singola accessione viene identificata univocamenteda un codice a barre applicato sul contenitore che, attraversoun apposito lettore, permette una gestione più precisa e rapi-da. Ciò permette anche di monitorare i tempi di conservazio-ne e quindi la vitalità del materiale vegetale. Infatti, le accessio-ni presenti in cella refrigerata da più tempo vengono sottopo-ste ad analisi di laboratorio (in conformità al DM 22/12/1992)che ne rilevano germinabilità, sanità, potere germinativo e, se irisultati lo necessitano, si procede alla rigenerazione in ambien-te controllato.All’interno della cella di conservazione sono presenti accessio-ni delle principali piante coltivate, accanto a diverse linee otte-nute attraverso programmi di ricerca (melanzana resistentealla dorifora, colza ad alto contenuto in acidi oleico ed eruci-co, pomodoro ad alto beta carotene), con circa 10 mila lineemutanti di pomodoro e frumento ottenute tramite il Tilling(Target Local Lesions IN Genomes:http://www.agrobios.it/tilling/index.html).Vi sono, inoltre, varietà ed ecotipi di zucca, zucchino, peperon-cino, provenienti da tutto il mondo, comprese alcune accessio-ni raccolte in diverse zone della Basilicata.Accanto a questa col-lezione ex-situ,che a breve sarà consultabile sul sito www.agrobios.it,ve ne è anche una in-situ costituita da germoplasma arboreo divite da vino e olivo (con varietà caratterizzate dal punto di vista

molecolare e qualitativo) e acacia, quest’ultima molto impor-tante per la prevenzione dall’erosione dei suoli. L’obiettivodella banca del germoplasma è quello di salvaguardare e valo-rizzare le produzioni vegetali tipiche della Basilicata, attraver-so collaborazioni con altre banche presenti sul territorio luca-no e tramite accordi con i produttori locali, garantendo la con-servazione del materiale vegetale da loro fornito e provveden-do all’esecuzione di analisi che caratterizzino quest’ultimo dalpunto di vista chimico e organolettico.La raccolta di specie spontanee e materiale vegetale non stret-tamente agronomico, inoltre, consentirà uno scambio di mate-riale e informazioni con altre banche ed enti di ricerca italiani.Tutto ciò in linea con la Legge regionale n.26 del 2008 “Tutela dellerisorse genetiche autoctone vegetali ed animali di interesse agra-rio” e le indicazioni del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013, chepone un forte accento sul miglioramento della competitività delsettore agricolo e forestale e sul sostegno ad una idonea gestio-ne del territorio e al miglioramento dell’ambiente.

[email protected] [email protected]

*Metapontum Agrobios

COME FARE PER…… conservare delle specie

vegetali nella banca delgermoplasmadell’Agrobios?

Gli agricoltori-custodi di specie agrarie in via di estin-zione, che volessero a conferire il proprio mate-riale vegetale alla banca del germoplasma diMetapontum Agrobios, o comunque fossero inte-ressati a ricevere ulteriori informazioni, potrannorivolgersi al dottor Angelo Petrozza,tel.0835/740236,o al dottor Angelo Cifarelli, all’indirizzo di postaelettronica [email protected].

BIODIVERSITÀ:“banca”dell’ Agrobiosper conservareil GERMOPLASMA dei semi

BIODIVERSITÀ:“banca”dell’ Agrobiosper conservareil GERMOPLASMA dei semi

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Agrifoglio 19

Origine e diffusioneIn Basilicata la coltura dell’olivo ha origi-ne remote, come testimoniano gli scavi edi reperti archeologici risalenti al VI seco-lo a.C.,rinvenuti nel Metapontino,o gli scrit-ti storici sulla coltivazione di questa pian-ta su tutto il territorio regionale.Oggi il comparto conta 5 milioni di pian-te coltivate su 31.357 ettari,33 mila le azien-de (dati Istat 2007), 135 frantoi attivi nel2009 (dati Indagine Alsia 2009).Ultimamente è sempre più orientato al-la qualità, grazie a impianti altamente ra-zionali e tecnologizzati, e alla riscoperta divarietà autoctone a lungo dimenticate.Di queste ne è un esempio la Cornac-chiola, cultivar diffusa nel Melandro, la cuiproduzione in olio veniva descritta daGerardo Volella nell’anno 1746 in un opu-scolo rinvenuto presso la “British Library”di Londra e ristampato dal Comune di Vietridi Potenza.

Caratteristiche morfologiche e ditrasformazioneLa pianta è caratterizzata da buona vigo-ria, adatta ad impianti di media intensità eforma di allevamento a vaso.Essendo autosterile, necessita di opportu-ni impollinatori; la fioritura avviene contem-poraneamente ad altre cultivar di olivo qua-li: “Romanella”, “Frantoio” e “Leccino”con le quali è sovente consociata.L’entratain produzione è medio-precoce con ten-

denza ad alternare e con ottima resa in olio(21,85%). Le drupe, la cui inolizione èmedio-precoce, sono di media grandezza,con un rapporto polpa/nocciolo basso(3,23); vengono utilizzate anche per lapreparazione di olive da mensa nere con-ciate o seccate.La precoce invaiatura ed inolizione da lapossibilità di anticipare la raccolta alla fi-ne di ottobre-inizi di novembre, permet-tendo così di prevenire o limitare, senzainterventi chimici di difesa, eventuali dan-ni da mosca e mantenere inalterati,anzi esal-tare, i caratteri qualitativi dell’olio.Per quanto riguarda i caratteri strettamen-te morfologici della pianta, i rami hanno por-tamento lievemente pendulo, lunghezza me-dia di 28,15 cm; la foglia ha forma ellitti-ca a talora ellittico-lanceolata, di lunghez-za media di 6,45 cm, larghezza elevatapari a 1,81 cm; l’infiorescenza ha lunghez-za media di 26,15 cm,numero di fiori pa-ri a 17,25; la drupa ha lunghezza 2,35 cm,diametro 1,41 cm, forma elissoidale, pesomedio 2,58 g, apice arrotondato, mucro-ne assente,base troncata, lenticelle nume-rose e piccole.

Caratteristiche merceologiche di pregioPer quanto riguarda il punteggio del sag-gio organolettico, questo può definirsibuono. Il contenuto dei fenoli è medio-al-to. La percentuale in acido oleico è mol-to elevata. Il rapporto acidi grassi insaturi/aci-di grassi saturi non è elevato a causa delvalore modesto della percentuale dell’a-cido linoleico.Il valore della percentuale di β-sitostero-lo è medio, mentre il rapporto β-sito-sterolo/∆-5-avenasterolo è modesto.In generale le caratteristiche sensoriali e

compositive dell’olio – ottenuto rispettan-do i criteri di buona pratica (raccolta al giu-sto grado di maturazione, senza danneg-giare le drupe e molitura delle olive nel-le 24 ore dalla raccolta) – sono molto in-teressanti.Si tratta di un prodotto dall’aroma frutta-to leggero di tipo maturo, dal gusto dol-ce con gradevole presenza di piccanteed amaro.Le analisi dimostrano che l’olio è di buo-na qualità e merita di essere conosciutoper le sue proprietà di pregio dai consu-matori.Oltretutto per i produttori, la riscopertae la scelta di queste cultivar locali può es-sere motivata dal fatto che ben si adatta-no agli ambienti ed agli stress biotici ed abio-tici tipici del territorio lucano.

[email protected] [email protected]

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:A.ROTUNDO E E.MARONE DELL’UNIVERSITÀ

DEGLI STUDI DELLA BASILICATA,“IL GERMOPLASMA

OLIVICOLO LUCANO”, STUDIO E STAMPA REALIZ-ZATO NELL’AMBITO DEL “PROGRAMMA

REGIONALE PER IL MIGLIORAMENTO QUALITATIVO

DELLE PRODUZIONI OLIVICOLE” FINANZIATO

DALL’UE AI SENSI DEL REG. C.E. 528/99.

BIO

dive

rsitàCornacchiola,

varietà di OLIVO VIGOROSAe medio-precoceda RISCOPRIRE

IN QUESTO NUMEROPROSEGUE LA RUBRICA “BIODIVERSITÀ”,PER PRESENTARE CON “SCHEDE” DI FACILE LETTURA LE CARATTERISTICHEDELLE VARIETÀ VEGETALI LOCALIMERITEVOLI DI RECUPERO E TUTELA.

Michele CatalanoGiuseppe Mele

BIOdiversitàPERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

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Lotta BIOLOGICA,compie 20 anniL’INSETTARIOdell’Azienda PantanelloNATO COME “LABORATORIO SPERIMENTALE PER L’ALLEVAMENTO DI INSETTI UTILI” PER L’AGRUMICOLTURA METAPONTINA,LA STRUTTURA È OGGI UNA PICCOLA “BIOFABBRICA” E CENTRO PER LA DIAGNOSTICA E LO STUDIO DEI FITOFAGI.

Sono trascorsi 20 anni da quando, il 2 giugno del 1989,fu inaugurato il “Laboratorio per l’allevamento di insettiutili”, realizzato presso l’Azienda Agricola Sperimentale

Dimostrativa “Pantanello” di Metaponto (MT) oggi dell’Alsia.Inizialmente concepito come supporto tecnico-scientifico perprove sperimentali ed interventi territoriali di difesa biologica,la struttura si è ben integrata in una rete regionale di labora-tori afferenti al Servizio di Difesa Integrata dell’Agenzia Lucanadi Sviluppo ed Innovazioni in Agricoltura (Alsia). L’Insettario èattualmente gestito dall’Agenzia con il supporto tecnico-scien-tifico dell’Università degli Studi della Basilicata.

L’EVOLUZIONE…1989 - INAUGURATO IL LABORATORIO SPERIMENTALE PER L’ALLEVA-MENTO DI INSETTI UTILI.1990 - DIFFUSIONE DELL’IMENOTTERO CALES NOAKI, ANTAGONISTA

DELL’ALEURODE FIOCCOSO DEGLI AGRUMI (ALEUROTHRIXUS FLOCCOSUS

MASK.).1992 - ALLEVAMENTO DELL’IMENOTTERO PARASSITOIDE LEPTOMASTIX

DACTYLOPII E DEL COCCINELLIDE PREDATORE CRYPTOLAEMUS MONTROU-ZIERI, ENTRAMBI NEMICI NATURALI DI PLANOCOCCUS CITRI (COTONELLO

DEGLI AGRUMI). L’ALLEVAMENTO È ATTIVO ANCORA OGGI.2002 - L’INSETTARIO È UNA DELLE STRUTTURE OPERATIVE DEL

CENTRO DI DIFESA INTEGRATA DI METAPONTO AFFEREN-TI AL SE.D.I. (SERVIZIO DI DIFESA INTEGRATA) DELL’ALSIA.2003 - LANCI INOCULATIVI DI NEODRYNUSTYPHLO-CIBAE (ASHMED), PARASSITOIDE-PREDATORE DI

METCALFA PRUINOSA (SAY) PRESSO LA RISERVA

NATURALE DEL BOSCO PANTANO DI

POLICORO (MT).2005 - ALL’ALLEVAMENTO MASSALE

DEGLI AUSILIARI, SI ASSOCIANO ALTRE

ATTIVITÀ TRA CUI: DIAGNOSTICA E

STUDIO DI AVVERSITÀ ANIMALI,CONTROLLI DI QUALITÀ DEGLI

ANTAGONISTI E DEI MEZZI DI

MONITORAGGIO DEI FITOFAGI

DI RILEVANTE IMPORTANZA IN

AMBIENTE METAPONTINO.

Attualmente l’Insettario dispone di due strutture separate,perun totale di 6 stanze climatizzate entro cui si svolgono le diver-se fasi dell’allevamento,comprendenti lo stoccaggio dei substra-ti di allevamento dello Pseudococcide, l’allevamento di P. citri,l’allevamento di L. dactylopii e di C. montrouzieri, ed un labora-torio annesso necessario per le attività collaterali all’alleva-mento massale.Gli insetti “ausiliari” vengono distribuiti gratui-tamente alle aziende agrumicole biologiche della Basilicata cheaderiscono a programmi di lotta biologica o di difesa integra-ta e vogliono essere un valido supporto per coloro che ope-rano adottando strategie ecocompatibili.Tecnici esperti dell’Alsia seguono l’evoluzione delle infestazio-ni e dei lanci presso le aziende agricole coinvolte ed assicura-no la necessaria assistenza tecnica.Presso l’Insettario,non viene trascurato l’aspetto legato alla qua-lità degli “ausiliari” in quanto l’impiego di antagonisti con buonecaratteristiche morfo-funzionali è fondamentale per la buonariuscita dell’intervento di difesa. Periodicamente si effettuanocontrolli di produzione, di processo e sul prodotto anche conl’ausilio di un “tunnel del vento” per studi sulla mobilità di pre-datori e di parassitoidi. La qualità “misurata” in laboratorioviene confrontata con prove di campo per verificare il mante-nimento delle performance anche al di fuori dellecondizioni ottimali di allevamento.

Tonia Colella*

Imp_Agrifoglio 36 2-03-2010 12:02 Pagina 20

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inserzione pubblicitaria a pagamento

PERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURAAgrifoglio 21

Ma nell’Insettario, grazie alla collaborazione scientifica di entidi ricerca come l’Università della Basilicata e l’ENEA (Agenzianazionale per le nuove tecnologie, l’energia, e lo sviluppo eco-nomico sostenibile),oltre all’allevamento massale degli antago-nisti del planococco, si compiono studi sulla biologia di artro-podi (insetti ed acari) importanti in ambiente metapontino, alfine di migliorare le strategie di controllo biologico. In collabo-razione con l’Università del Sacro Cuore di Piacenza, si stannovalidando modelli previsionali a supporto della difesa integra-ta. Parallelamente all’allevamento ed alla distribuzione di inset-ti utili ed agli studi zoologici, vengono anche effettuate deter-minazioni specifiche e fornite consulenze fitopatologiche spe-cialistiche, in laboratorio ed anche in campo, rivolte a tecnicied agricoltori della regione.Durante tutto l’anno studenti di scuole tecniche e delle Universitàconvenzionate partecipano a visite guidate presso la strutturao svolgono periodi di stage.Punto di forza dell’Insettario di Metaponto è la vicinanza rispet-to alle aree di lancio. Esso, infatti, è stato ideato per soddisfarele esigenze degli agricoltori locali; gli ausiliari vengono preleva-ti e subito rilasciati in campo, e pertanto non subiscono cali diqualità legati al trasporto ed alla lunga permanenza nei conte-nitori.Tutto ciò aumenta l’efficienza dell’intervento di lotta bio-logica, in quanto riduce lo stress da trasporto degli antagoni-sti.A questo si abbina anche la disponibilità di personale tecni-co specializzato disponibile per l’assistenza tecnica.Nel corso del 2009, in Basilicata, grazie alla distribuzione di anta-

gonisti naturali ad opera dell’Insettario, il Cotonello degli Agrumi,anche se diffuso e tendenzialmente dannoso, è stato control-lato biologicamente su circa 400 ettari di agrumi mediantelanci inoculativi di 140.000 Leptomastix dactylopii e 13.000Cryptolaemus montrouzieri, senza il ricorso a prodotti chimici.Da segnalare, negli ultimi anni, la crescente richiesta di ausilia-ri dalle regioni limitrofe (Puglia e Calabria) per lanci inoculati-vi o come popolazioni starter per allevamenti aziendali.

[email protected]

*Università degli Studi della Basilicata

Tecnici e ricercatori che partecipano alle attivitàdell’Insettario:• Dott.Arturo Caponero

Responsabile del Servizio di Difesa Integrata,Alsia• Dott. Michele Troiano

Responsabile tecnico del Centro di Difesa Integratadell’Azienda Pantanello,Alsia

• Prof.ssa Donatella BattagliaUniversità degli Studi della Basilicata Responsabile Scientifico dell’Insettario

• Dott.ssa Tonia ColellaFitopatologa, Università degli Studi della Basilicata

• Altri Tecnici di campo convenzionati dell’Alsia.

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In pieno inverno si realizza la maggiorparte dei nuovi impianti dei fruttiferi afoglia caduca, come le drupacee (pesco,

albicocco, susino, ciliegio). Le specie diquesta famiglia sono tutte sensibili al tu-more batterico (vera iperplasia dei tes-suti del colletto e/o delle radici) causatodal batterio Agrobacterium tumefaciens il qua-le può vivere da saprofita (senza clorofil-la) nel terreno e passare alla fase parassi-taria in presenza delle radici di pianteospiti. Il batterio penetra nei tessuti radi-cali attraverso piccole ferite e si moltipli-ca rilasciando ormoni simili a quelli che sti-molano la divisione e la crescita delle cel-lule vegetali. In tal modo si formano le ti-piche escrescenze di tessuto indifferenzia-to che danneggiano irreversibilmente le ra-dici delle piante infette,con danni tanto mag-giori quanto più precoce è l’infezione.L’unico rimedio al tumore batterico èpreventivo e “biologico”: il ceppoAgrobacterium radiobacter K84, unmicrorganismo antagonista capace di co-lonizzare stabilmente la rizosfera (cioèla superficie delle radici ed il terreno a con-tatto) e che produce una tossina attiva con-tro l’A. tumefaciens. La tossina è specificasolo contro alcuni ceppi del patogeno,tra cui quelli che inducono tumore sui por-tinnesti che derivano dal pesco (per esem-pio:Franco,serie GF,Montclair,Missour,Sirioetc.), indipendentemente dalla specie in-nestata. L’azione del ceppo K84 è effica-ce solo se il microrganismo colonizza le ra-dici prima che queste vengano a contat-to con cellule di A. tumefaciens; quindi sele piante da trapiantare sono già infette laprotezione sarà inadeguata e non potrà fer-mare lo sviluppo dei tumori.Al contrario,

una volta che il K84 si sarà insediato sta-bilmente nella rizosfera, la pianta saràprotetta dall’A. tumefaciens per tutto ilsuo ciclo vitale.Da qualche anno, in via sperimentale e conla collaborazione del professor AstolfoZoina (fitobatteriologo dell’Università diPortici), il Servizio di Difesa Integratadell’Alsia produce presso il laboratoriodell’Azienda agricola sperimentale“Pantanello” di Metaponto il ceppo K84che distribuisce gratuitamente ai vivaisti edagli agricoltori della Basilicata che ne fac-ciano richiesta.

IL RIMEDIO AL TUMORE BATTERICO DELLE DRU-PACEE È IL CEPPO AGROBACTERIUM RADIOBACTER

K84. IL LABORATORIO DELL’AZIENDA ALSIA

“PANTANELLO” DI METAPONTO LO PRODUCE

E LO DISTRIBUISCE GRATUITAMENTE A VIVAISTI

E AGRICOLTORI.PER FARNE RICHIESTA,CONTAT-TARE:A.A.S.D.“PANTANELLO” DI METAPONTO,SS 106,KM 442,75010 – METAPONTO (MT)CENTRO DI DIFESA INTEGRATA, DR.ARTURO

CAPONERO, TEL. 0835.745071 – FAX.0835.745286

In vivaio la “vaccinazione” avviene al tra-pianto delle piantine portinnesto,prima chedai contenitori in cui sono radicate pas-sino al terreno.Con l’uso sistematico delK84 nei vivai associati al Consorzio VivaistiLucani (CoViL) i casi di partite affette datumore batterico si sono praticamente an-nullati, secondo i dati forniti dal dottor VitoVitelli, direttore del Consorzio.Per i nuovi impianti di pieno campo, le ra-dici delle piantine vanno immerse in unasospensione acquosa del K84 subito pri-ma della loro messa a dimora.

Per la prenotazione del K84 (da richieder-si almeno 15 giorni prima del trapianto) oper ulteriori informazioni è possibile rivol-gersi ai tecnici del Centro di DifesaIntegrata dell’Azienda “Pantanello”.

[email protected]

Confusione sessuale per le cydie delle drupacee:prenotare i diffusori

L’adozione delle tecniche di “confusio-ne” o “distrazione” sessuale per la lotta al-le cidie del pesco (Cydia molesta) e del su-sino (C. funebrana) è in aumento anche inBasilicata. Queste tecniche, sostanzial-mente, utilizzano erogatori (dispenser)che rilasciano gradualmente i feromoni, so-stanze volatili e facilmente degradabili.Per questo i dispenser, non sono conser-vabili per lunghi periodi né sono pronta-mente producibili.Pertanto, sebbene sia ancora presto perl’applicazione in campo degli erogatori, èconsigliabile programmarne per tempol’acquisto (scegliendo il prodotto e preno-tandolo presso il rivenditore di fiducia) perevitare problemi di approvvigionamento aridosso del periodo di utilizzo (marzoper il I volo; fine aprile per il II volo).

Foto in alto:Enorme tumore batterico al colletto di un giovane albicocco.

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DIF

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piante “vaccinate”Arturo Caponero

NUOVI IMPIANTI

contro il tumore batterico

di pesco e albicocco:

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AgrifoglioAGROmeteo 23

AG

RO

met

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Emanuele Scalcione Nicola Cardinale*Pasquale Latorre

CLIMATICOnovembre - dicembre

COMMENTO

BOLLETTINO AGROMETEOROLOGICO REGIONALE - temperature (*C)

PERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

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Il periodo considerato ha evidenziato le diverse facce dellastagione autunno-vernina, con una splendida e lunga “estatedi S. Martino” ed una vera e intensa ondata di freddo in di-

cembre. Dal punto di vista pluviometrico, il bimestre si è chiu-so con un leggero deficit rispetto ai valori medi stagionali.Analizzando con maggiore dettaglio i dati rilevati, rileviamoche in novembre, per buona parte del periodo, le temperaturesono state molto gradevoli, specie nelle ore centrali della gior-nata, grazie alla buona insolazione e alla scarsa nuvolosità, do-vute al persistere di un campo di alta pressione sul Mediterraneoche ha impedito alle perturbazioni di investire il Sud Italia.Pertanto, le temperature massime in molte località hanno rag-giunto i 20°C mentre le minime raramente sono scese al di sot-to dei 5-6°C. Inoltre, il campo di alta pressione ha impedito al-le perturbazioni, specie quelle atlantiche, di interessare laBasilicata e le precipitazioni sono state praticamente assenti.Quindi,la scarsa ventilazione ha favorito, specie nelle valli, il formarsi dinebbie serali e mattutine,portando l’umidità relativa a valori ele-vati, oscillanti dall’85 al 95% (vedi tabelle).Il primo freddo è arrivato il 18 dicembre. L’ondata di aria geli-da ha avuto una breve ma intensa durata (3-4 giorni). I termo-metri sono scesi di circa 5°C rispetto ai valori medi stagionali,le massime non hanno superato i 10°C,mentre le minime in mol-te località sono scese sotto lo zero e in molte vallate, a causa

del cielo sereno o poco nuvoloso, si sono avute gelate nottur-ne (-5,5°C Villa D’Agri, -2,4 Policoro, -4,5 Matera).Nei giorni suc-cessivi, l’arrivo di aria più calda ha determinato incrementi ra-pidi di temperatura, circa 10°C, fino a portarsi a +7°C al di so-pra della media stagionale.Nella seconda decade del mese i plu-viometri hanno ripreso la loro attività ed in alcune località le piog-ge sono state molto abbondanti, riportando così i valori pocoal di sotto della norma. L’umidità relativa è stata generalmenteelevata (80% circa), per quasi tutto il periodo.L’accumulo delleore in freddo ha fatto segnare un significativo incremento dal-la metà del mese di dicembre. Difatti, con il metodo Utah, nelmese di novembre i valori sono stati molto bassi o addiritturanegativi (Metaponto) e solo in dicembre l’accumulo è divenu-to significativo.Nella fascia metapontina, dal 1° novembre al 31dicembre con il metodo delle ore <7°C, il valore accumulato èoscillato dalle 160 alle 250 ore a seconda delle zone altimetri-che (maggiore nelle zone a minore altimetria),mentre con il me-todo Utah le unità accumulate sono pari a circa 400. E’ eviden-te che questo andamento climatico ha favorito le operazioni disemina dei cereali ed è stato anche particolarmente favorevo-le per la raccolta delle olive, degli agrumi e delle ortive. Infine,un accenno alla breve gelata del 21 dicembre, che non sembraaver prodotto danni significativi.

*Metapontum Agrobios

Decade

IIIIIIIIIIII

med

12,611,811,710,87,6

12,2

min

4,26,25,44,10,2

-1,6

max

21,619,520,117,914,021,7

med

11,311,310,59,26,0

10,9

min

1,34,33,32,5

-0,8-3,5

max

20,022,219,116,712,021,1

med

8,310,09,96,73,99,8

min

-0,81,11,80,8

-3,0-3,3

max

16,623,822,514,111,218,8

med

10,110,810,68,76,2

10,0

min

1,72,51,91,8

-0,1-0,8

max

18,422,020,716,313,119,4

med

11,311,811,29,35,8

11,4

min

2,04,24,13,1

-0,9-3,4

max

20,123,419,916,611,421,1

med

11,211,610,79,35,9

12,1

min

1,73,63,52,6

-1,8-3,7

max

20,623,120,317,312,822,9

Metapontino Materano Val d’Agri Valle Mercure Lavellese Senisese

Decade

IIIIIIIIIIII

med

68,279,081,068,473,572,8

prec

20,51,11,62,0

35,15,7

ETo

1,81,41,31,31,01,3

med

70,575,980,875,479,376,9

prec

21,90,41,84,9

40,05,5

ETo

1,71,51,31,20,91,2

med

83,373,774,182,381,978,0

prec

103,30,8

19,541,6

110,252,0

ETo

1,41,51,41,00,81,1

med

82,779,882,678,979,776,5

prec

77,51,16,9

22,980,224,2

ETo

1,41,41,21,10,81,1

med

74,479,381,979,484,774,4

prec

24,80,64,05,9

29,87,1

ETo

1,71,51,31,10,81,3

med

75,475,280,174,480,672,0

prec

24,70,72,55,2

41,26,7

ETo

1,71,61,31,20,91,4

Metapontino

Umidità relative medie (%), precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale (mm)

Materano Val d’Agri Valle Mercure Lavellese Senisese

Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.ssabasilicata.it

RESPONSABILE DEL SAL:Emanuele Scalcionetel. 0835 244365,[email protected]

COLLABORATORE SAL:Pasquale Latorretel. 0835 309194

Imp_Agrifoglio 36 2-03-2010 12:02 Pagina 23

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MIC

RO

scop

io STUDI MOLECOLARIsu insetti antagonisti

per riprodurreMECCANISMI di controllo

Mariarosa Pascale

Con più di un milione di specie descritte finora in tuttoil mondo, gli Insetti costituiscono il gruppo di organi-smi viventi di gran lunga più numeroso sulla Terra.

Reperti fossili fanno risalire la loro comparsa sul nostro piane-ta a centinaia di milioni di anni fa. In questo lunghissimo perio-do di tempo essi hanno lentamente colonizzato la maggiorparte delle nicchie ecologiche esibendo una straordinaria varie-tà di meccanismi adattativi, che hanno permesso lo sfrutta-mento di substrati nutrizionali differenti ed inusuali e lo svilup-po di peculiari associazioni simbiontiche, sia mutualistiche cheantagoniste.

Lo studio delle interazioni fra gli insetti e i loro antagonisti natu-rali ha incoraggiato l’uso di organismi viventi per il contenimen-to di specie d’insetti dannose in agricoltura. Questo approccioè definito controllo biologico. Una definizione più ampia dicontrollo biologico include anche l’uso di sostanze derivanti dainemici naturali e/o dalle loro vittime.Paradossalmente, la maggior parte dei nemici naturali degliinsetti si ritrova proprio fra gli insetti stessi.Queste interazioni insetto-insetto mostrano un diverso gradodi specializzazione:dalla relazione trofica relativamente sempli-ce, che intercorre fra gli insetti predatori e le proprie vittime,alle complesse interazioni fisiologiche e biologiche fra i paras-sitoidi e i loro ospiti.I parassitoidi, in particolare, hanno svilup-

pato numerose strategie di colonizzazione dell’ospite in gradodi determinare in quest’ultimo gravi sindromi patologiche e,quasisempre, la morte.

Lo studio delle basi molecolari e fisiologiche di queste intera-zioni ospite – parassitoide negli insetti può portare all’identifi-cazione di nuove molecole a potenziale azione insetticida. Ciòsembra particolarmente promettente nel caso degli Imenotteriendoparassitoidi, che depongono l’uovo all’interno di stadi lar-vali della specie ospite. Essi, infatti, esibiscono le strategie piùsofisticate di regolazione dell’ospite, causando la soppressionedella risposta immunitaria associata a forti alterazioni dell’atti-vità neuroendocrina, dello sviluppo e dell’attività riproduttiva.

Queste alterazioni patologiche, osservabili nelle vittime paras-sitizzate, sono indotte da specifiche molecole potenzialmenteutilizzabili per le applicazioni di lotta biologica.Uno dei progetti del Dottorato di ricerca in Biologia eBiotecnologie ha, in particolare, lo scopo di identificare e carat-terizzare geni di origine parassitaria che alterano lo sviluppo,la riproduzione e il sistema immunitario nell’ambito dell’asso-ciazione antagonista ospite – parassitoide costituita da Heliothisvirescens (Lepidoptera, Noctuidae) - Toxoneuron nigriceps(Hymenoptera, Braconidae) (figura 1).

Quest’ultimo è un parassitoide endofago di stadi larvali diHeliothis virescens (Lepidoptera,Noctuidae).Il parassitoide,al momen-to della deposizione dell’uovo, inietta nella vittima un polydna-virus appartenente al genere Bracovirus (TnBV) (figura 2a). IPolydnavirus (PDV) sono simbionti obbligati di parassitoidi,ovvero non sono in grado di moltiplicarsi al di fuori del loroorganismo. Essi sono integrati stabilmente nel genomadell’Imenottero come provirus e vengono trasmessi verticalmen-te, da una generazione all’altra, attraverso la linea germinale.

Le particelle virali, costituite da molecole di DNA circolare adoppio filamento di differenti dimensioni (figura 2b), sono pro-dotte nelle cellule del calice ovarico e iniettate, come già detto,nel corpo dell’ospite al momento dell’ovideposizione. Il virusinfetta le cellule dell’ospite ed esprime i geni responsabili delleprincipali alterazioni fisiologiche dell’ospite stesso, inclusa la sop-

LA RUBRICA “MICROSCOPIO” OSPITA I LAVORIDI RICERCA E SPERIMENTAZIONE DEI DOTTORANDI

IN BIOLOGIA E BIOTECNOLOGIE DEL DIPARTIMENTODI BIOLOGIA, DIFESA E BIOTECNOLOGIE

AGRO-FORESTALI DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDIDELLA BASILICATA. LA VALIDAZIONE SCIENTIFICADEL TESTO È CURATA DAL PROFESSOR EUGENIO

PARENTE, COORDINATORE DEL COLLEGIODEI DOCENTI DEL DOTTORATO DI RICERCA

IN BIOLOGIA E BIOTECNOLOGIE,E DAL TUTOR DELLA DOTTORANDA PROFESSORESSA

PATRIZIA FALABELLA

1

2424

Imp_Agrifoglio 36 2-03-2010 12:02 Pagina 24

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pressione della risposta immunitaria. Questi virus costituisco-no una fonte naturale di geni che codificano proteine conpotenziale azione insetticida o che, almeno,possono seriamen-te alterare diverse e importanti funzioni dell’insetto ospite.Lo scopo del progetto è l’identificazione e la caratterizzazionefunzionale di geni di virulenza, coinvolti nella regolazione del-l’ospite,per la realizzazione di insetticidi naturali e la loro appli-cazione in nuove strategie di lotta biologica e/o integrata chegarantiscano la salvaguardia dell’ambiente, della biodiversità edella salute umana in risposta alle direttive delle attuali politi-che agricole, di tutela ambientale e del consumatore.

Il controllo degli insetti economicamente dannosi, infatti, èancora largamente basato sugli insetticidi di origine sintetica,anche se è ben noto il loro impatto negativo sugli organismi nonbersaglio e sull’ambiente. Tra le alternative più promettentiall’impiego indiscriminato dei soli agrofarmaci di sintesi vi è pro-prio l’uso di biotecnologie basate su organismi utili o su pro-dotti naturali da essi derivanti.Diversamente dagli insetticidi disintesi ad ampio spettro d’azione, i bioinsetticidi sono caratte-rizzati da un’elevata selettività che consente di controllare lespecie dannose riducendo gli effetti collaterali sugli organisminon-bersaglio e contribuendo, in tal modo, alla conservazionedella biodiversità.

Gli insetticidi naturali, inoltre, riducono i residui tossici nelle col-ture agrarie e nei prodotti alimentari da esse derivanti, contri-buendo così, alla qualità e alla sicurezza alimentare, nonchéall’abbassamento dell’inquinamento ambientale.

In conclusione, lo studio, su base molecolare,dei rapporti anta-gonistici che i parassitoidi endofagi instaurano con i loro ospi-ti offre le informazioni necessarie per imitare meccanismi natu-rali di controllo degli insetti, estremamente specifici, in quantoderivanti da lunghi processi di co-evoluzione. L’enorme biodi-versità generata da questi processi è un’importante risorsanaturale che può essere sfruttata per la messa a punto di nuovied efficaci strumenti per la protezione delle colture in agricol-tura.

[email protected]

La dottoressa Mariarosa Pascale è iscritta al primo annodel Dottorato di Ricerca in Biologia e Biotecnologie,XXIVciclo,e svolge la sua attività sotto la direzione della Prof.ssaPatrizia Falabella presso il laboratorio di Fisiologia e Biologiamolecolare degli insetti del Dipartimento di Biologia,Difesae Biotecnologie Agro-forestali nell’ambito del Curriculumdi Difesa biologica ed integrata delle produzioni vegetali.

Figura 2:a) Particelle virali di polydnavirus al microscopio elettronico a trasmissione;b) Southern blot del genoma virale segmentato, costituito da molecole di DNAcircolare a doppio filamento di differenti dimensioni.

2

Agrifoglio 25PERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA MICROscopio

A B

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Sacro e profano, la rappresentazionedella Settimana Santa e il vino,due sim-boli pregnanti della città di Barile.

Apparentemente lontani, ma uniti dalfilm di Pierpaolo Pasolini “Il Vangelosecondo Matteo”, di cui alcune scenesono state girate proprio lungo la viadelle cantine.Un filo rosso, quest’opera cinematografi-ca del 1964,che permette di unire due gran-di tradizioni del centro volturino di origi-ne albanese.Il famoso corteo della Via Crucis si svol-ge il venerdì santo (quest’anno, il 2 apri-le) e risale al 1600. Impegna ogni anno ol-tre cento figuranti, che si sottopongono auna lunga preparazione, specie quelli cheimpersonano personaggi chiave, come laMadonna e Gesù, che digiunano e fannopenitenza diversi giorni prima della mani-festazione.Il corteo sfila per le vie del paese con i per-sonaggi delle pagine della Passione, lungoun percorso di cinque chilometri, apertoda tre centurioni a cavallo e da tre bam-bine vestite di bianco,“le tre Marie”, chesimboleggiano purezza e innocenza.Tra le figure centrali del corteo, la “Zingara”che secondo la tradizione popolare acqui-stò i chiodi per la crocifissione.Simboleggia la lussuria e per questo cam-mina beffarda, atteggiandosi, tutta rico-perta d’oro. Infatti, la ragazza bruna che larappresenta incomincia da Natale a rac-cogliere dalle famiglie del paese l’oro ne-cessario da indossare durante la proces-sione.Si tratta di dieci chili di bracciali, collane,orecchini, con cui addobba il corpetto, ledita, le braccia, i capelli e il collo, che

ostenta incurante del clima di dolore evo-cato dalla sfilata, e regalando alla gente ce-ci e confetti, che porta in un cestino insie-me ai chiodi della crocifissione.L’oro è anche il colore che più di tutti sistaglia sui personaggi della Via Crucis:è pre-sente sulle croci, sugli abiti bianchi delle “treMarie”,sulle braccia della Veronica,sulle ditadei sacerdoti del Sinedrio, sugli intarsi delvestito dell’Addolorata.Poi c’è il “Moro”,una figura pagana che rap-presenta il male e che forse rievoca l’in-vasione dei Turchi del 1400 in Albania,che costrinse alla fuga molti cittadini,mol-

ti dei quali si riversarono in Basilicata a fon-dare nuove colonie, tra cui la stessa Barile.E infine, “Malco”, l’ebreo errante cheschiaffeggiò Gesù e costretto per questoa vagare in eterno senza pace e incappuc-ciato.Dalla tragedia e dal pathos della Passionedi Cristo si arriva al vino – il secondo deisimboli di Barile – attraverso il film “IlVangelo secondo Matteo”, premiato allaXXV Mostra del Cinema di Venezia del1964. Girato in diverse località, tra cuiMatera, presenta alcune scene ambienta-te a Barile, come la Natività, l’arrivo dei

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legati da un filmlungo le grotte-cantine

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Sacro e profano,

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È maturo, l’Aglianico del Vulture. Sono passati 39 annida quando,nel 1971,ha ricevuto la Doc, la Denominazionedi origine controllata. In questi anni ha accumulato

premi e riconoscimenti nei concorsi internazionali e un gradi-mento crescente della clientela in tutto il mondo.Un successo ancora non del tutto pieno, però, se si pensa cheanche il noto critico enogastronomico Eric Asimov sul New YorkTimes (del 17 settembre 2008) parla di un vino ancora trop-po sottovalutato rispetto alle sue enormi potenzialità.Forse il salto di qualità avverrà ora, con la valutazione della ri-chiesta della Docg, la Denominazione di origine control-lata e garantita.Dopo questa ineccepibile “carriera”, l’Aglianicodel Vulture infatti, vive in questi giorni il primo passaggio dellaprocedura che lo porterà sul gradino più alto a cui un vino pos-sa ambire, al pari del Chianti, del Barolo, del Brunello diMontalcino, solo per citare alcuni dei più prestigiosi vini a Docgitaliani. La pubblica audizione, ovvero la lettura pubblica daparte dei funzionari del Ministero delle Politiche agricole dellaproposta del disciplinare di produzione dinanzi ai vitivinicolto-ri dell’area interessata, costituisce un primo passo verso l’am-bito riconoscimento.L’incontro si è tenuto a Venosa nel CastelloPirro del Balzo giovedì 11 febbraio.Il lavoro per la Docg era già iniziato nel 2006,ad opera di un grup-po di lavoro coordinato dalla Camera di Commercio di Potenzae composto da rappresentanti della Organizzazione di produt-tori Cantina di Venosa (organo proponente), dell’Alsia e delDipartimento Agricoltura della Regione Basilicata, delleOrganizzazioni di categoria (Cia,Coldiretti e Confagricoltura),del Consorzio di Tutela dell’Aglianico del Vulture Doc e delConsorzio di Valorizzazione “Qui Vulture”.All’Alsia era stato af-fidato il compito di avviare e di seguire la procedura di presen-tazione della domanda di Docg. Dopo la discussione e la con-divisione del nuovo disciplinare, che definisce l’area di produzio-ne e impone parametri e controlli più serrati ai produttori e lacontestuale modifica del disciplinare della Doc, al momento di

andare in stampa si attende la pubblicazione del provvedimen-to sulla Gazzetta Ufficiale italiana. Passati i 30 giorni per acco-gliere eventuali osservazioni, il Ministro potrà così emettere ildecreto di approvazione del disciplinare, sancendo la nuova Docg.

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Aglianico del Vulture,COMINCIA LA STRADA per la dominazineCONTROLLATA e GARANTITA

Magi, la fuga in Egitto e la strage degli in-nocenti.Alcune di queste si svolgono lun-go le vie delle grotte-cantine, le “Sheshi”in lingua arbreshe.Pasolini aveva conosciu-to Barile in una mostra sulle tradizioni po-polari a Roma, dove erano esposti deiquadri della Via Crucis del Venerdì Santoe rimasto colpito dalla teatralità della

rappresentazione, lo reputò un luogoideale per il suo film. Da allora, la zona del-le grotte è stata salvata dal degrado edall’incuria per diventare oggi il “Parco ur-bano delle Cantine”, dove continua adessere custodito il vino Aglianico delVulture a Doc,Denominazione di originecontrollata, anche valorizzato con eventi

e sagre.Un destino,quello delle grotte,chetrova nel film di Pasolini un legame che dauna parte le valorizza dal punto di vista tu-ristico,dall’altra le lega ancor di più alla lo-cale tradizione del Venerdì Santo.

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Loredana Lanzellotti

27UOMINIepietrePERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURAAgrifoglio

Il sistema Aglianico

Il sistema Aglianico del Vulture rappresenta il compartotrainante della vitivinicoltura lucana. Lo producono 60aziende, per un totale di 141 etichette e 3 milioni 600 mi-la bottiglie. (Fonte: Indagine Alsia 2009)

Cosa significa Docg?E’ la denominazione più alta per i vini e viene attribuita a vi-ni che sono già Doc, con particolari caratteristiche organo-lettiche e di un certo prestigio. L’etichetta porta un contras-segno statale che, oltre alla garanzia dell’origine e dellaqualità, presenta la numerazione delle bottiglie.

Dalla proposta di disciplinare in corso di approvazione“La resa massima di uva ammessa non deve essere supe-riore a 80 quintali per ettaro di vigneto in coltura specia-lizzata.”“Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vi-ni una gradazione alcolica complessiva minima naturale di13 gradi”.“Il vino non può essere immesso al consumo prima del 1°novembre del terzo anno successivo a quello di produzio-ne delle uve, dopo un periodo di affinamento obbligatoriodi almeno 24 mesi in contenitori di legno e almeno 12 me-si in bottiglia per la tipologia “superiore”; e non prima del1° novembre del quinto anno successivo a quello di produ-zione delle uve, dopo un periodo di affinamento obbligato-rio di almeno 24 mesi in contenitori di legno e almeno 24mesi in bottiglia per la tipologia “riserva”.

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DENOMINAZIONI DEI VINI,PRIMI PASSI DELLA NUOVA LEGGE

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Èstato approvato durante il Consiglio dei ministri divenerdì 11 dicembre lo schema di decreto legislativoche sostituirà la Legge n. 164/1992, recante la discipli-

na sulla tutela delle denominazioni di origine dei vini. Dopo17 anni la norma sarà aggiornata per recepire le nuove nor-me dell’Ocm vitivinicola in materia di vini a denominazioned’origine.

Le principali novità contenute sono che, come stabilito dal-la nuova Ocm vitivinicola, tutti i vini di qualità rientreran-no nella classificazione dei vini a denominazione d’origine pro-tetta (Dop) e indicazione geografica protetta (Igp),e che i nuo-vi riconoscimenti e le modifiche ai disciplinari verranno de-cisi a livello comunitario e non più a livello nazionale.Il provvedimento prevede anche alcuni elementi semplifica-tivi: le registrazioni dei vigneti per le varie denominazioni do-vrebbero essere uniche e non più differenziate per singoladenominazione e inoltre verrebbe eliminato il registro d’im-bottigliamento per ciascuna denominazione.

I vigneti destinati alla produzione dei vini Dop e Igp dovran-no essere semplicemente iscritti nello schedario viticolo ge-stito dal Sian, il Sistema informativo agricolo nazionale.Il percorso del decreto legislativo è,però,ancora lungo.Il Ministrodelle Politiche Agricole ha ricevuto il via libera dal Consigliodei Ministri ad andare avanti sullo schema legislativo propo-sto,ma dovrà confrontarsi con la Conferenza Stato-Regionie, successivamente con il Parlamento, passando al vaglio dientrambe le Commissioni Agricoltura della Camera deiDeputati e del Senato.

Infine, se il provvedimento sarà accettato in tutti questipassaggi, dovrà tornare al Consiglio dei Ministri per l’appro-vazione definitiva e poi al Presidente della Repubblica per lapromulgazione.

Domenico Cerbino

Farina Carosella:associazione per la Dop

Si è costituita il 16 ottobre scorso la “Associazione per laregistrazione della Dop Farina di Carosella del Pollino”, suiniziativa di produttori e trasformatori (mulini) di grano te-

nero della varietà “Carosella” coltivata nell’area del Parco del Pollino.L’Associazione è presieduta da Francesco Sicilia De Nigris, diCarbone, e ha lo scopo di ottenere la registrazione della Dop,Denominazione di origine protetta, per il prodotto “Farina diCarosella del Pollino”. Predisporrà per questo il disciplinare diproduzione comprensivo della relazione tecnica, storica e socio-economica, della cartografia e del logo identificativo del prodot-to. La Carosella è un’antica varietà di grano tenero (triticum ae-stivum) risalente al Regno delle due Sicilie.Il nome, che in vernacolo diventa “carusedda”, deriva del granotosello (senza testa, tosato o caruso).Nell’area ne esistono due varietà che si distinguono esclusiva-mente per il colore della cariosside “carusedda ianca e russa”.La pianta è di taglia minuta, portamento eretto, grande rustici-tà, buona resistenza alla ruggine, alla siccità e all’allettamento, dibuona resa ad alte quote.La farina ottenuta con la molitura, invece,è bianchissima ed è mol-to apprezzata per la produzione di friselle, pizze e taralli. Il pa-ne che si ottiene è esternamente rossiccio e molto croccante.

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decreti

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A conclusione del progetto svolto dall’Alsia di concerto con il Consorziodi tutela del Miele Lucano,è stato presentato a Matera presso il Parcodelle Chiese Rupestri, il dossier per il riconoscimento della Dop “MieleMultiflora Lucano Dop”. Si tratta del primo passo della procedu-ra per il riconoscimento del marchio europeo che i produttori vo-gliono conferire al Miele lucano. In maniera ufficiale il dossier è sta-to quindi consegnato all’Assessore regionale all’Agricoltura, il qua-le dopo averlo esaminato, lo inoltrerà al Ministero delle Politicheagricole per la convocazione della pubblica audizione.

Giornata di agrumicoltura

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Si chiama Giuseppe Carella l’agricoltore custode che ha vinto il pri-mo premio del Concorso dedicato ai “Fagioli rossi scritti” diPantano di Pignola, che si è tenuto presso la scuola elementare diPantano di Pignola.Gli altri due agricoltori saliti sul podio sono GiovanniBianconi e Michele Lovaglio, rispettivamente al 2° e 3° posto.Il Concorso è stato organizzato dall’Azienda sperimentale “Pantano”di Pignola dell’Alsia e dalla Comunità Montana “Alto Basento”, perindividuare e premiare i migliori produttori di questo fagiolo, perdiffonderne la coltivazione e promuovere la biodiversità agricola nelcomune di Pignola.

19 dicembre ‘09Villa d’Agri (PZ)L’orto che curo

A conclusione di una delle tre attività del progetto di Agricoltura so-ciale dell’Alsia, quella dell’Azienda agricola sperimentale “BoscoGaldo” di Villa d’Agri, è stato organizzato un incontro per la presen-tazione dei risultati di un percorso di avvicinamento all’agricolturaseguito da due associazioni che assistono dei diversamente abili:“Versola Luce” di Grumento Nova e la Casa Alloggio “Demetra” di Villa d’Agri.L’intento è stato quello di valorizzare l’inclusione socio-lavorativa disoggetti più deboli, con handicap fisici e psichici, attraverso il proprioimpegno nell’attività agricola e nella trasformazione dei prodotti.

AgrifoglioPERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

11 dicembre ‘09Pantanello di Metaponto (MT)

5dicembre ‘09Matera

12 dicembre ‘09Pignola (PZ)

Presso l’Azienda Sperimentale Alsia “Pantanello” di Metaponto si èsvolta l’annuale giornata dedicata all’agrumicoltura lucana.Durantel’incontro si è fatto il punto sui progetti di ricerca e sperimentazio-ne sugli agrumi, sul Sedi, il Servizio di difesa integrata dell’Alsia e del-l’insettario che quest’anno compie vent’anni, e sulle innovazioni va-rietali e il vivaismo certificato.Spazio, infine, alla consegna di riconoscimenti per 5 personaggi au-torevoli dello sviluppo agricolo lucano: Salvatore Martelli, PalminoRago e i compianti Vincenzo Valicenti,Giuseppe Laggetto e MichelangeloLovelli.

Miele multiflora lucano verso la Dop

Concorso Fagioli Rossi di Pantano

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31AgrifoglioPERIODICO DELL'AGENZIA LUCANADI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

“Questo rapporto nasce dall’esigenza di conoscereper governare. Se non si conoscono i dati ogget-tivi della realtà è difficile governare, è difficile fa-

re le scelte conseguenti a uno stato di crisi come quello che stia-mo vivendo.Questo rapporto ci aiuta a comprendere quali so-no i punti forza e di debolezza, ci aiuta a trovare le soluzioni piùidonee, ci da l’idea del quadro in cui ci muoviamo, ci detta le li-nee alle quali ispireremo la prossima legislatura.Un’azione cheporti la Basilicata a diventare la terra della green-economy,del-l’economia verde, cioè dell’economia che è proiettata verso ilfuturo”.L’Assessore regionale all’Agricoltura ha commentato conqueste parole alla redazione di Agrifoglio la presentazione delrapporto sull’agricoltura “Dalla questione agraria alla questio-ne rurale”,organizzato dal Dipartimento agricoltura e dall’Alsiasabato 31 gennaio presso l’Azienda sperimentale “Pantanello”di Metaponto. Il rapporto si propone come un manifesto di pro-grammazione, frutto di un lavoro di équipe che il Dipartimentoagricoltura della Regione Basilicata ha affidato a un gruppo di ri-cercatori coordinato dal professor Francesco Contò dell’Universitàdegli Studi di Foggia. Vi fanno parte studiosi ed espertidell’Università della Basilicata, dell’Ismea, dell’Inea, del Cra(Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura),dell’Unione regionale delle Camere di commercio, dell’Abi(Associazione bancaria italiana),del Cnr (Consiglio nazionale del-la ricerca) e del Distretto agroalimentare del Metapontino.Ma cosa viene presentato nel rapporto? Si tratta di una visio-ne di insieme del mondo agricolo lucano, attraverso le proble-matiche più stringenti, come la debolezza strutturale del com-parto, la difficoltà dell’accesso al credito, gli eventi calamitosi, ilcalo dei prezzi delle materie prime, l’aumento dei costi di pro-duzione.Tutte cose a cui gli esperti rispondono con una seriedi proposte. Nel campo finanziario, il rilancio del credito di im-posta, la riduzione dell’Iva sugli investimenti, la possibilità di ri-negoziare i mutui, la moratoria dei debiti previdenziali e contri-

butivi. Aspetti fondamentali anche per incentivare l’imprendi-toria giovanile e favorire, così, il ricambio generazionale.Da que-sto punto di vista è stato già predisposto il Pacchetto giovani delPsr 2007-2013 che favorirà con apposite misure il subentro del-le nuove generazioni nelle aziende. Lo snellimento della buro-crazia – altro anello debole che influisce sul comparto – dovràessere raggiunta con una rapida approvazione della legge di ri-ordino degli enti agricoli, la semplificazione delle varie procedu-re amministrative e la certificazione del fascicolo aziendale. Laricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico sono inve-ce da valorizzare con la costituzione di un polo per le biotec-nologie nel Metapontino.Questi sono gli aspetti principali trat-tati nel rapporto, uniti dal filo rosso di una programmazione fi-nalizzata a sostenere maggiormente le produzioni di qualità, afare dell’agricoltura un sistema economico portante per laBasilicata, sempre più basato sull’efficienza dei servizi e sull’at-tenzione all’ambiente.

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Vincenzo Laganà

Ecco il “manifesto”dell’AGRICOLTURA LUCANA

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Non più a carattere sperimentale, ma un servizio accredi-tato di taratura e controllo delle macchine agricole irro-ratrici. La Regione Basilicata ha ufficialmente affidato

all’Alsia (con delibera di Giunta regionale n.2051/2009) il “ServizioRegionale di Controllo Funzionale e Taratura” delle macchine in usoper la distribuzione dei prodotti fitosanitari.Questo provvedimen-to si inserisce nelle più ampie “Linee guida” del Ministero dellePolitiche agricole, recepite dalla Regione col medesimo atto, chedisciplinano ed armonizzano a livello interregionale le proceduredi controllo delle irroratrici, prevedendone il mutuo riconoscimen-to. Il servizio, attivato dall’Alsia in forma sperimentale già dal2003,permetterà, quindi, gratuitamente alle imprese lucane che nefaranno richiesta di controllare periodicamente le proprie macchi-ne. L’operazione è vincolante per coloro che seguono la certifica-zione di processo e di prodotto,obbligate al rispetto dell’ambien-te e della salubrità delle colture, anche attraverso la regolazione ot-timale delle irroratrici. In questa direzione va anche il Programmadi sviluppo rurale 2007-2013 della Regione Basilicata che,con la Misura214, obbliga le aziende agricole ad effettuare una verifica almenoquinquennale delle attrezzature per l’irrorazione presso una strut-tura riconosciuta dall’autorità regionale.Per usufruire del servizio di controllo delle irroratrici, è sufficien-te prenotarsi presso una delle Aziende Agricole SperimentaliDimostrative dell’Alsia.

Va in pensione Milena Di Nella,funzionario dell’Area Affari generali

L’Alsia e quanti, in particolare, hanno operato e operano nell’areaAffari generali, salutano Milena Di Nella, funzionario dell’Agenzia,in pensione dal 15 dicembre 2009.Una carriera lunga 38 anni, iniziata nel 1972 presso l’Ente diSviluppo Puglia,Lucania e Molise presieduto da Decio Scardaccione,proseguita all’Ente di Sviluppo Agricolo di Basilicata e infineall’Alsia, sempre presso le sedi di Potenza. Nell’arco degli anni siè sempre occupata di mansioni amministrative:dalle liquidazioni delleindennità per le produzioni di olio e grano, alla segreteria di dire-zione, e per gran parte della sua carriera ad attività legate alla ge-stione del personale. Un lavoro svolto dietro le quinte, che diffi-cilmente ottiene visibilità all’esterno, ma che contribuisce in mo-do sostanziale al buon funzionamento di un ente, alla sua efficien-za e alla sua efficacia, a maggior ragione quando a tutto questo siaggiungono le qualità dello zelo, della puntualità e della dedizionecome nell’esempio di Milena Di Nella.

Psr 2007-2013, pubblicati 4 nuovi bandi

Il 2010 si apre per gli agricoltori lucani con una nuova fonte difinanziamenti. Si tratta dei 4 nuovi bandi del Psr 2007-2013, ilProgramma di sviluppo rurale, pubblicati sul Bollettino ufficia-le regionale n. 59 del 31 dicembre 2009. I fondi a disposizioneammontano a circa 140 milioni di euro.Ecco nel dettaglio le misure attivate:• progetti Integrati di Filiera: sono a disposizione dei vari

comparti agricoli regionali 90 milioni di euro di quota pubbli-ca, distribuiti su alcune misure dell’Asse 1 (competitività) edell’Asse 3 (diversificazione delle attività economiche).Scadenza 31 marzo 2010.

• misura 123 A,“Trasformazione e commercializzazione deiprodotti agricoli”: vedrà coinvolte le aziende di trasformazio-ne dei prodotti agricoli e della silvicoltura. Scadenza 30 apri-le 2010.

• misura 123 B,“Accrescimento del valore aggiunto dei pro-dotti forestali”: riguarderà, tra l’altro, gli ammodernamenti de-gli impianti e il recupero dei sottoprodotti con finalità ener-getiche. Scadenza 30 aprile 2010.

• misura 214 “Pagamenti agroambientali” - Azione 1,“Soste-gno all’agricoltura integrata”: favorisce l’agricoltura integratae biologica,e la salvaguardia della biodiversità delle risorse pae-saggistiche e ambientali. Scadenza 15 maggio 2010.

il servizio regionale

delle irroratricidi CONTROLLO e TARATURA

Affidato all’Alsia

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