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Ettore Cozzani e quell’ Eroica epopea grafica anna modena Il vecchio libro che resiste alla sfida del web guglielmo cavallo Malaparte, un fondo tutto da scoprire matteo noja la Biblioteca di via Senato mensile anno I n.2 – maggio 2009 Milano

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Ettore Cozzanie quell’Eroicaepopea grafica anna modena

Il vecchio libroche resiste allasfida del webguglielmo cavallo

Malaparte,un fondo tuttoda scoprirematteo noja

la Biblioteca di via Senato

mensile anno I n.2 – maggio 2009

Milano

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Bollettino mensile della Biblioteca di via Senato Milano distribuito gratuitamente

Stampato in Italia© 2009 – Biblioteca di via SenatoEdizioniTutti i diritti riservati

Questo periodico è associato allaUnione Stampa Periodica Italiana

Reg. Trib. di Milano n. 104 del11/03/2009

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M E N S I L E D I B I B L I O F I L I A – A N N O I – N . 2 – M I L A N O , M A G G I O 2 0 0 9

Una scossa ha trasformato parte dell'Abruzzoin un cumulo di macerie e morte. Ma il luogo della tragedia si è mutato

in breve anche nel luogo dove si incontrano la speranza e la forza di chi lotta contro il tempo per portare soccorso, continuare a vivere.

Durante le numerose dirette televisive da L’Aquila, tra le tante testimonianze drammatiche,una ci ha colpito. Una signora anziana racconta diaver perso tutto. Con dignità, senza scomporsi.“Tutto, ho perso tutto. Il mio appartamento…Tutto. I miei libri, ne avevo tanti, sa, tutti persi… I miei libri… non potrò più leggere i miei libri”.

I libri sono testimoni, diretti o indiretti, dellavita di una società come di quella di un uomo solo.Ne subiscono la sorte e le ingiurie, ne godono le ricchezze e le fortune; dopo la morte vengonodispersi come cenere al vento, quasi fosseroun’ingombrante testimonianza di chi ci ha lasciato.

Vi è nella vita dei libri qualcosa che liapparenta alle vicende umane; la crudeltà dellanatura e degli uomini si esercita su di loro come sudi noi: dai terremoti alle alluvioni, dagli incendi alleguerre, il destino di uomini e libri è comune.Parafrasando Heinrich Heine – quando ammonivache là dove si bruciano i libri, si bruciano anche gli uomini – potremmo dire che là dovescompaiono gli uomini, scompaiono anche i libri.

EditorialeSommario

la Biblioteca di via Senato - Milano

DI MATTEO NOJA5

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Ritratto di un editoreL’ALTROVE DELLA POESIAE “L’EROICA” DI COZZANIdi Anna Modena

Il futuro dell’editoriaIL PIACERE DELLA CARTAdi Guglielmo Cavallo

inSEDICESIMO – Le rubriche APPUNTAMENTI, CATALOGHI,RECENSIONI, ASTE E RISTAMPE

Chicche in collezioneCHE FARÒ SENZA EURIDICE?di Chiara Bonfatti

Il nuovo ospiteMALAPARTE È QUIdi Matteo Noja

I libri illustratiLA PAROLA PASSA ALLE FIGUREdi Chiara Nicolini

Storie d’aziendaCELEBRAZIONE GRIFFATAdi Matteo Noja

Acquisizioni recentiUNA COLLEZIONE SEMPREPIÙ RICCA, MESE DOPO MESEdi Chiara Bonfatti e Giacomo Corvaglia

Chicche da bibliomaneCERTO, UNA LIBRERIA!di R. Obredi

L’intervista d’autoreCANTAMESSA, CHE FALE CARTE AL DIAVOLOdi Luigi Mascheroni

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Ettore Cozzani ha fatto della sua esistenza unpercorso di ricerca della poesia: l’ha cercata, in ol-tre trent’anni di lavoro, come direttore di rivista

ed editore, fuori dai circuiti canonici, dalle scuole, daimovimenti, e oltre i mondi letterari; l’ha trovata nelloscorrere di un secolo che talora pare non averlo sfiorato,se non per porsi “contro”, solitario, spesso incompreso.

Per Cozzani e Franco Oliva, architetto e incisorespezzino, la poesia è necessità vitale, all’atto di fondazio-ne della loro rivista.

In quel luglio del 1911, quando con gli unici mezzidella fede e di ununo stipendio da insegnante di 130 lire,Cozzani fonda la rivista, la pagina proemiale è un atto diribellione: contro l’ipercritica «l’etànostra è della critica» (specialmenteCroce e Papini) ovviamente contro ilfuturismo, che comunque – scriveràpiù avanti – «aveva già superati i suoiscopi di ribellione dall’antiaccade-mismo» e andava a perdersi, quindiannullava la sua funzione primaria,contro «l’espressione di un’Italiastanca e ondeggiante fra la malinco-nia e la noia delle vecchie cose», cioècontro la poesia crepuscolare. E nonpoteva essere altrimenti se la spiega-zione del nome “L’Eroica”, un nomein totale controtendenza con i tempinuovi, che già guardavano più all’u-mano che all’eroico, all’io più che alsuper io, sta in quel «Eroica invero èla poesia: unica espressione del divi-no nella vita umana».

Fin da giugno, Cozzani si era affrettato a scrivere ald’Annunzio, per invitarlo a collaborare, in termini moltoespliciti, delineando una battaglia e un programma:

«Maestro!/ Contro l’indegna baraonda dei critici chehanno invasi i predii della poesia, spargendo per ogni do-ve la loro sozzura, si leva una rivista l’Eroica, che si propo-ne di annunciare, divulgare esaltare la Poesia, comunquee dovunque essa si manifesti, nelle cinque arti belle cioè, enella vita. / La rivista pubblicherà opere originali di poe-sia, pittura, scultura, musica e architettura, altissime; eavrà anche una sua parte critica, ma intesa più a codificarecha a distruggere, più a comprendere che a limitare./ L’e-

dizione sarà magnifica: ogni scritto edogni riproduzione o gruppo di riprodu-zioni avrà il suo frontespizio decorato dixilografie originali; il formato sarà moltogrande, le tavole fuori testo d’una delica-tezza unica. Ovunque il respiro e il sospi-ro della Poesia.»

A questa richiesta, e a questomessaggio traboccante di quel «va-lor dell’entusiasmo e della fede nellagioventù nuova, che non è tutta ina-ridita e inebetita, e spersa negli ster-peti della critica», d’Annunzio, dal-l’esilio francese, rispondeva con unsemplice telegramma di “consenti-mento” e fiducia nei “compagni divolontà e di speranza”, orgogliosa-mente citato nel fascicolo 4 della rivi-sta (p. 196).

Ritratto di un “editore”

L’ALTROVE DELLA POESIAE L’EROICA DI COZZANILa coraggiosa epopea di un uomo e della sua rivista

ANNA MODENA

A. Wildt, copertina per “L’Eroica”, n. 77-80

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Ma chi era nel 1911 Ettore Cozzani che in provinciatentava un’impresa non facile da nessun punto di vista?

Nato a La Spezia nel 1884 da famiglia di modestacondizione, ma che vantava ascendenze nobiliari, in gio-ventù è immediatamente affascinato dalle imprese eroi-che come la spedizione dell’ammiraglio Umberto Cagniin Alasca con la Stella polare, aderisce al partito anarchicoe collabora al settimanale spezzino “Il Libertario”, dovesi celebra Carducci rivoluzionario e agitatore, si proponeLa nave di d’Annunzio come modello di un sogno cheporta all’altra terra, l’Atlantide sognata. Il foglio osa mol-to, e arriva, contro ogni regola del movimento libertario,a indicare nella guerra la via più breve per la rivoluzione.

Compie gli studi letterari a Pisa dove ha come mae-stri Vittorio Cian, e Gioacchino Volpe, ma ammira spe-cialmente Giovanni Pascoli, che ritrae, nei suoi Ricordi,timido, riservato, solitario tra il colonnato dell’Universi-tà, quasi preveggente la fine non lontana. Del professoreinsegue “il modo di rivelare i testi classici, e il modo diesprimersi”, del poeta, quasi ogni filone, classico e pa-triottico; è abbastanza intrinseco, se dalle sue mani ricevei Poemi conviviali con dedica e l’auspicio, molto impegna-tivo, di un commento: «Sia la chiosa migliore del testo!».

Una ricerca nell’archivio di Castelvecchio a operadi Umberto Sereni, ha messo in luce che il mito del rap-porto con Pascoli è una specie di enfatizzazione della me-moria, ingigantito dal tempo e da un’attenzione ritenutaesclusiva, mentre, dal 1905 al ’12, gli ultimi anni della vitadel poeta, un esiguo carteggio documenta più un tentati-vo di amicizia che una sua vera realizzazione. Probabil-mente non fece presa sul professore l’eccesso di passioneche animava il giovane studioso e non fu bene accolto ilsuo lavoro sui Conviviali. Certo è che Cozzani esce quasiimmediatamente dall’orbita pascoliana, in cui era un po’a forza entrato, e non ha più udienza a Castelvecchio.

�Fin dal 1908 è attratto dalle potenzialità della giova-

ne rivista fiorentina “La Voce”; ne percepisce immediata-mente valore e ruolo nel risveglio della coscienza nazio-nale. Quando la rivista inizia una serie di corrispondenzeda varie città italiane, chiede a Prezzolini di affidagli quel-la su La Spezia e la descrive come città militare, fuori dalmovimento nazionale. Ne nasce una specie di rivoluzio-ne degli intellettuali cittadini, che gli dettano una rispo-sta, stampata a proprie spese e divulgata in città, singolareanticipo di un destino di operatore solitario.

La breve collaborazione alla “Voce” si esaurisce inquesto unico articolo; nel ricordo del direttore resta:«Una brava persona, tutto sommato, fatta di entusiasmi edi esaltazioni, che venne a sfarfallonare anche intorno a“La Voce”, senza rendersi conto che la sua retorica ci si sa-rebbe bruciata inevitabilmente le mani».

Poco dopo conosce il poeta e commediografo SemBenelli, già aureolato dal successo della Cena delle beffe,stabilitosi sulla costa orientale del Golfo, e lo elegge suonume tutelare. Nei ricordi sottolineerà come questa ami-cizia gli abbia da una parte giovato perché gli sottopose davicino «l’esperienza di vita di un poeta… che aveva anchesofferto la sua arte», cioè un modello atteggiato in formedannunziane, dove l’arte è missione e destino, e il reper-torio di una «fantasia ricca di immagini e di musiche» chegli resterà sempre come punto di riferimento per la pro-pria scrittura creativa, specie in versi. E, dall’altra gli ab-bia nuociuto, sia per le gelosie che provocò, sia perché locatapultò nell’orbita delle Stroncature di Papini che, pas-sando al vaglio della sua penna acuminata il carme L’alta-re, lo etichettò in modo sferzante, prendendolo conside-randolo solo come satellite del commediografo: «Quan-do un uomo ha vinto un terno teatrale come la Cena delle

A. Discovolo, Ettore Cozzani, 1912

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beffe ed è conclamato da quei Golia della critica che sono,per cattivo esempio, Domenico Oliva ed Ettore Cozzani,non è lecito discorrerne sotto gamba, come al tempo delFiglio dei Tempi [il primo poema del Benelli del 1905]».Giudizio solo in parte attenuato, dopo oltre trent’anni eun colloquio, da un appunto del maggio ’46: «ConoscoEttore Cozzani, il direttore dell’Eroica… Non l’avevomai visto e avevo poca simpatia per lui, vecchio dannun-ziano enfatico. Mi dice che il poeta del suo cuore è inveceil Pascoli, sul quale ha scritto libri che hanno avuto grandefortuna. Mi racconta le atrocità commesse in Alta Italia loscorso anno, dovute in parte a precise istruzioni straniereagli operai e a delinquenti liberati dalle carceri».

�Non ci sono elementi per confermare il dato che si

legge in una lettera di Federigo Tozzi (che certamentenon amava Benelli) a Domenico Giuliotti del 30 maggio1912: «Il Cappa [Innocenzo] credeva (e forse lo crede an-cora) che l’Eroica sia stipendiata dal Benelli. E, quel che èassai peggio, ci crede suoi seguaci. Egli me lo disse franca-mente; ed io, mostrandomene offeso, dissi recisamenteche non era vero».

Forse l’idea era dovuta più ad atmosfera di cultura edi scelte, per le quali Sem Benelli esercitò sempre un’in-fluenza non piccola né breve. In verità Cozzani ha sempreaffermato di aver pagato la rivista col suo modesto stipen-

dio di professore; e aggiungeva che, volendo fondare unarassegna adatta a soddisfare le sue aspirazioni, si era rivol-to all’editore Bemporad, che gli aveva risposto che senzacentomila lire a fondo perso era impossibile cominciare.

Tuttavia iniziò le pubblicazioni, con la collabora-zione dell’architetto Oliva e del tipografo che credettenella sua onestà; della rivista era direttore amministrato-re, fattorino… in perenne stato di mobilitazione.

Fu veramente L’Eroica «la più antivociana possibiledelle riviste… ultimo rifugio di peccatori dannunziani»come disse Debenedetti analizzando gli esordi di Tozzi?

Se lo è stata, è solo per sottrazione, per scelte altre:nel momento in cui dichiarano tutta la loro attenzione al-le “cinque arti belle”, i direttori della rivista si defilano daogni discussione e si votano alla causa dell’artista arteficesolitario, da proporre al mondo, togliendolo appena alsuo fervore creativo. Quasi impossibile il dibattito, scarsoil confronto, se i modelli sono ritenuti universali. Il nuovopuò essere sfiorato e lasciato sfuggire, o saldamente evita-to, o magari, imprevedibilmente insinuarsi nelle pieghedi esercizi anonimi senza essere compreso.

Fin dal secondo numero della rivista, dove la lette-ratura fa il suo ingresso quasi in sordina accanto al mes-saggio più sicuro dell’incisione, la novella Treguadi Fede-rigo Tozzi (un racconto a tutti gli effetti, non una prosa oun “non racconto” come l’ha definita Cozzani) mostratutte le sue dissonanze, per forza dirompente di linguag-

E. Mantelli, xilografia per il titolo di Impulsi ed altri aforismi di F. Tozzi, n. 3, settembre 1911; C. Luperini, xilografia perla lirica A Dio di F. Tozzi, n. 5-6, novembre 1911; F. Nonni, xilografia per la lirica Lamento sopra la sorellina morta di A. S. Novaro, n.9-11, 1912

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gio e struttura narrativa, sia dal pacato realismo provin-ciale del racconto di Antonio Beltramelli, sia dal bozzetti-smo di Ferdinando Paolieri.

La presenza dello scrittore toscano costituisce nellarivista un capitolo non secondario, che vale la pena rico-struire alla luce degli studi più recenti, per i meccanismialtalenanti che innesca nel suo animo e per il cambiamen-to di rotta che stava per apportare alla vita del periodico.

�In una lettera del 1931, scritta a Paolo Cesarini che

si accingeva a diventare biografo di Tozzi, Ettore Cozzaniricordava che, volendo scovare «forze nuove, perché diforze nuove e nascoste era piena l’Italia – ignorate o mi-sconosciute o tenute volontariamente fuori dalla critica»si rivolse a Domenico Giuliotti di cui aveva letto “bellissi-mi versi” (la raccolta di poesie Ombre di un’ombra, pienedella presenza del divino, anche in forma mistica e seve-ra). Giuliotti estese subito l’invito a Tozzi e a FerdinandoPaolieri. Il 17 luglio del 1911 scriveva a Tozzi: «La rivistadel Cozzani potrebbe essere, anzi sarà, cosa bellissima.Hai fatto bene a mandargli subito qualche cosa. Io gli par-lai di te come ti meriti. Perciò vorrei che tu gli avessi invia-to una delle tue cose più Tozzesche. E cerca pure di dif-fondere, costà, L’Eroica come ho intenzione di fare io».

Tozzi e Paolieri furono tempestivi nelle collabora-zioni e presenti fin dal secondo numero, l’uno con la no-vella Tregua, l’altro con Il grano. Forse l’invito dell’amicoGiuliotti per un invio di materiali più personali tendeva aescludere i racconti per privilegiare poesie (Tozzi pubbli-ca nell’autunno dal Puccini di Ancona La zampogna verde)e aforismi, che non mancherà poco dopo di lodare:

«Il terzo numero dell’Eroica è stupendo. Belle (pare im-possibile!), d’una bellezza sui generis, le tre liriche dl Be-nelli; belle le tue Barche Capovolte; bello il seguito degliAmanti di Morgana del buon Cozzani; bellissimi i mobilidel Gavino e il resto, se pur minore, non stona. Per quest’altro numero, manda all’Eroica le tue ultimepoesie (quelle che tu mi leggesti qui a Greve il giorno deiSanti) ma mandale, mi capisci? E nota che se ti dico cosìmi do la zappa sui piedi; perché comparendo esse nellostesso numero che conterrà le mie “Canne di Pane” que-ste resteranno, al confronto, stritolate. Ma tant’è nonposso fare a meno, brutto maiale!, di volerti bene».

Tozzi e Giuliotti fanno parte del comitato di dire-zione della rivista e vi ripongono molte speranze, soprat-tutto per quanto riguarda la pubblicazione di loro libri:Giuliotti ha ripreso a scrivere poesie: «Dopo cinque annidi vergognoso silenzio, sto scrivendo, ora, una bella poe-sia dedicata a te, che sei stato il mio liberatore. M’accorgod’esser più robusto e ricco e spedito di prima. Ormai, nul-la dies sine linea; e t’accerto che, fra qualche mese, avròpronto un bel volume di versi per la collana del Cozzani».

Tozzi in bicicletta si spinge fino a La Spezia e il Iº di-cembre del 1911, appena tornato, scrive all’amico questopromettente resoconto:

«dopo un giorno di affaticamento ho goduto la mirabileamicizia che Cozzani Oliva Mantelli Luperini hanno pernoi. A pena tu avrai fatto il nuovo volume, è certo che nondovrai avere schifosi contatti e contratti e contrazionieditoriali; ma il buon gruppo dell’Eroica ti accoglierà co-me ti meriti e ti farà conoscere nel miglior modo! Cozzanimi incarica di dirti che alla fine del mese vuol riunirci a Fi-renze (anche il Paolieri e qualche altro) per consigliarsi

L.Viani, L’esodo, “L’Eroica”, n. 29, agosto 1914

A. Discovolo, E. Cozzani, disegno, 1906

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circa un definitivo e più forte indi-rizzo della Rivista, da cui dipendemolto di noi, praticamente».

L’incontro, con Cozzani eMantelli, avverrà a Firenze e a Siena.

Intanto Tozzi continuava nonsenza difficoltà la diffusione della ri-vista in Toscana e incontrava alcunicollaboratori come Eugenio Cosel-schi, tenuto in alta considerazione daCozzani che lo considerava una pro-messa della poesia, una specie di liri-co di impronta filosofica.

L’atteggiamento nei confronti del direttore cambiafulmineamente: Federigo Tozzi si mostra duramente ri-sentito il 29 gennaio 1912: «Con mia sorpresa, t’avvertoche il Cozzani mi scrive che pubblicherà non so quale co-rona di poeti minori, come egli dice. Perciò sono costret-to a scrivergli che io con “L’Eroica” non ho più niente ache vedere. Tanto per tua regola….». Non sappiamoquali fossero state le parole del Cozzani, perché nessunadelle sue lettere è rimasta nell’archivio Tozzi. Lo scrittoresenese, già poco sensibile al tema eroico, certamente nonpoteva accettare che si pubblicassero poeti come Giusep-pe Toffanin, Corrado Martinetti, Vittorio Bravetta, UgoGhiron, Francesco Sapori, quelli che compaiono nella

Ghirlanda del n. 5-6 (datato al no-vembre 1911, ma, pare, ancora in la-vorazione nel gennaio successivo)interpreti di un gusto tardo romanti-co, languido e talora sentimentale,che popola le pagine della rivista.

L’amarezza è evidente, con-densata nell’astio contro il direttoree contemporaneamente nella chiusadi alcune speranze: «Pensa che conquesto lavativo l’Eroica nostra è fini-ta. Pare impossibile che le cose bellesiano sempre corte».

�Giuliotti è più possibilista e il Iº

febbraio ribadisce all’amico la lealtàdel Cozzani e la stima per il suo lavo-

ro: «avendoti profondamente compreso, ti ha difeso con-tro molti imbecilli che disorientati dalla tua originalità ticredono ( per i tuoi aforismi) un pazzo… Stava preparan-do, su te, un medaglione per l’“Eroica”. Fra qualche me-se, tu sai sarebbero usciti, in magnifica veste, per meritosuo , i tuoi aforismi. Te li avrebbe lanciati come riesce alui». Attribuisce poi a “ragioni di opportunità e di conve-nienza” la pubblicazione, ogni quattro mesi, di “passabilipoesie” di gente che ha qualche qualità di “versificatorinon vergognosi”. E riprova la precipitosa decisione di ri-tirare immediatamente i manoscritti; anzi consiglia di la-sciare la Preghiera a Dio per cui sono state già fatte le inci-sioni. E Tozzi lo ascolta: la lirica A Dio uscirà accompa-

L a rivista L’Eroica è, con la casa editri-ce omonima, l’immagine fedele delpercorso morale e intellettuale di

Ettore Cozzani alla ricerca della Poesia, in-tesa soprattutto come ragione di vita e diogni forma artistica, ricerca condotta fuo-ri dai circuiti canonici e dai vari salotti cul-turali, al di là di ogni scuola e movimentoletterario; ricerca che, per la sua dedizionee fiducia incrollabile nella gioventù, lo harelegato in un posto solitario nella storia

delle nostre lettere, quasi ai margini del-l’ufficialità, spesso incompreso.

Nato il 3 gennaio1884 a La Speziada famiglia di modeste condizioni, graziea una borsa di studi frequenta la ScuolaNormale di Pisa dove si laurea con una tesisulla poesia sanscrita. Studia con Gioac-chino Volpe e Vittorio Cian, ma subiscel’influenza della figura di Giovanni Pasco-li, di cui è allievo devoto e a cui dedicha,nel tempo, numerose pagine di approfon-

dimento. Il Poeta gli invierà i Poemi convi-viali con un’affettuosa dedica: “A EttoreCozzani, sia la chiosa migliore del testo”.

Ben presto comincia a insegnarenella Scuola complementare pareggiata aLa Spezia. Nel 1911 assieme all’architettoFranco Oliva – che ben presto lo lascerà –fonda la rivista “L’Eroica”. Nel 1917 si tra-sferisce a Milano, dove continua la sua at-tività di scrittore ed editore. All’indomanidella Seconda guerra mondiale, viene in-

UNA FIGURA EROICA, CONTRO LA “CRITICA”

F. Casorati, Visione, “L’Eroica”, n.34-35-36, marzo 1915

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gnata dalle xilografie di Cafiero Lu-perini, seguita da In Chordis et organodi Giuliotti, dedicata a Tozzi.

Ma la lettera di Giuliotti toccail nervo scoperto della presenza delloscrittore senese sulla rivista spezzina,specie con quelle due serie di afori-smi La fiamma e Impulsi, anticipi diun libro progettato e sperato, Barchecapovolte (pubblicato nel 1981 dal fi-glio Glauco), che solo recentementesono state valutate nella loro impor-tanza, da Baldacci a Marco Marchi, aDelia Garofano.

Oggi si pensa che il “libro d’a-forismi” sia cresciuto negli anni su sestesso «quale miscellanea di braniconcepiti senza precise finalità, sem-plice “resoconto liricizzato” di un apprendistato insiemeesistenziale e culturale».

Forse Tozzi ne sperava la pubblicazione fin dal 1910come “piccolo libro di psicologia” al quale teneva più diogni altra cosa, come accennava al Giuliotti. Nulla dieroico nei suoi aforismi, nemmeno quell’aura di peccatodannunziano che Debenedetti annetteva alla rivista, mauna ricerca di sé attraverso nuovi mezzi espressivi.

Il libro è da considerare opera fondamentale nellaricerca delle radici dell’esistenza, che riconferma lo spes-sore psicologico del suo lavoro, già nutrito delle letturedel pragmatista americano William James. È ancora l’o-pera che mostra l’accostamento tra vita e scrittura.

Sembra verosimile che questamateria così moderna non abbia tro-vato grande udienza nella rivista: «Talvolta io sento la mia anima piena diocchi chiusi (Gli occhi dell’anima in Lafiamma, n. 3)Non adoperate troppo in fretta la vostracoscienza, la quale è come una spada chetaglia ovunque la volgiate. Onde non fateche le aperture troppo grandi siano pro-dotte in voi. Bisogna che anima camminisopra il suo infinito con molta avvedu-tezza. Poi che l’anima è come se fosse at-

taccata a qualche cosa. Non fate che si rompa questo lega-me. (Contentezza di sé in Impulsi, n. 4)Sempre c’è nel nostro interno una via che ci convince dipiù. E finalmente ci affidiamo a essa. Ma quante esitazioniinnanzi. Poi che quasi tutte le vie sembrano da seguirsi. /E queste vie sono aperte al nostro passato. L’uomo vivesempre una buona parte di sé stesso, cioè di quel che si ac-cumulato nell’anima (Le vie in Impulsi, n. 4)».

Tozzi rimane nella rivista con la speranza di pubbli-care Barche capovolte, ma anche il libro di poesie, che leg-giamo nel suo archivio: Specchi d’acquadi cui Cozzani ave-va già fatto predisporre le bozze delle prime 60 liriche.

ternato a Bresso ma presto rilasciato per-ché innocente. Morirà il 22 giugno 1971.

Giornalista, editore e oratore (nota-bili alcune sue Lecturae Dantis), Cozzani èanche scrittore (suoi i romanzi La siepe dismeraldo, 1920; I racconti delle Cinque Ter-re, 1921; Le strade nascoste, 1921; Il RegnoPerduto, 1927; Poema del mare, 1928).

Tra i miti e modelli di poesia e di vita,oltre Pascoli, è d’Annunzio, che peraltronon collaborerà mai con “L’Eroica”. Cozza-

ni, dopo molte peripezie, riesce solo a co-involgerlo nell’inaugurazione del monu-mento per l’impresa dei Mille, a Genova, il5 maggio 1915. Durante la cerimonia ilVate, giunto appositamente dalla Francia,ha modo di pronunciare un famoso discor-so, decisivo per la fervente campagna in-terventista. A ricordo dell’evento, d’An-nunzio dona al giovane editore il mano-scritto della Crociata degli Innocenti (mi-stero drammatico in quattro atti, in origi-

ne tentativo incompiuto di soggetto cine-matografico), che, illustrato dalle xilogra-fie di Emilio Mantelli, viene subito stam-pato in due versioni.

Nella prima pagina del primo nume-ro della rivista, Cozzani scrive: «Nasce aSpezia, oggi, 30 luglio 1911, una rivista chesi propone di annunciare, propagare, esal-tare la poesia, comunque e dovunque no-bilmente essa si manifesti: in ciascuna ar-te e nella vita. Si occuperà con uguale ar-

C. Luperini, xilografia per il raccontoL’emigrante di G. Deledda, n. 7,marzo 1912

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Al direttore dell’Eroica Tozzi aveva dedicato una li-rica che stava per inviargli prima che i rapporti si inter-rompessero e che è stata ritrovata dal figlio tra le sue carte:

A Ettore Cozzani

Oggi mi pare buono e sacro il pane,e mi pare che l’anima lo mangi.Fammi sapere tu ch’oggi non piangi:sul pane le tue lacrime son vane.

E mangialo anche tu. Ti farà bene.Di qualche salcio chiaro l’amiciziaTi parrà piena quasi di letizia.E il pane sarà dolce nelle vene.

L’ombra del salcio cade sopra il pane;ma il pane è bianco. E il forno che lo cosseil suo lievito puro tutto smosse.Sul pane le tue lacrime son vane.

E, se lo metti al cuore, non ti parequasi un fratello che non può parlare?

Quando fu fatto c’era un usignolosopra un albero innanzi alla finestradella cucina; il qual parea un’orchestrasonora e grande. In vece c’era solo.

Ma l’udì bene chi faceva il pane,ed il canto rimase nel suo petto.Ed il pane gli venne bello e schietto.Piglialo tu di quello che rimane.

È pane e canto; ed ogni cosa insieme.Il pane è tuo fratello; non ci credi?E per l’anima sola te lo diediOra che è caldo, come il cuore freme.

E, se lo metti al cuore, non ti pareQuasi un fratello che non può parlare?

Con la lirica, come informa il curatore, era anche unmessaggio per l’editore, una nota relativa al testo: «Dopola lettera…m’è venuta questa poesia. Mettila nel volume,accanto a quelle per il Giuliotti, o dove ti pare meglio perla sua tecnica, e per il suo contenuto. Se non ti piace, nonce la mettere. Se ti piace fammelo sapere presto. Addio».

dore d’ogni figura aspetto od evento dellavita, e di letteratura, pittura, architettura,musica; ma soltanto in quanto sianoespressioni dell’unica Poesia […]. Il titolo è“L’Eroica”. Eroica invero è la Poesia: unicaespressione del divino nella vita umana»

Se in campo letterario, il principalefine di Cozzani e dell’“Eroica” è appuntoquello di “annunciare, propagare, esaltarela poesia”, cercando di coglierla nei giova-ni, nel loro sperimentare il difficile sentie-

ro della scrittura, salvaguardandone lacreatività da ogni invasione della esaspe-rante critica del tempo, la sua sensibilità siè manifestata meglio nelle arti visive.

Uno dei meriti riconosciuti della ri-vista è il proporre con successo, dopo annidi silenzio, la silografia italiana. L’incisio-ne su legno, infatti, è per Cozzani la formagrafica più adatta alla “poesia”, come nelRinascimento, come nei primi libri a stam-pa. In brevissimo tempo raduna attorno

alla sua rivista una nutrita schiera di inci-sori: De Carolis prima di tutto, che condi-vide il suo stesso entusiasmo, e poi Man-telli, Nonni, Luperini, Guido Marussig, Ba-roni, Gino Barbieri, Moroni, Porcella, Nin-cheri e molti altri. «È vero che gli xilografi,quando la rassegna nacque […] avevanotutti smesso di incidere: è vero che tutti,nessuno escluso, si rimisero a lavorare dibulino e di sgorbia per gli incitamenti de“L’Eroica”» dirà Cozzani con qualche enfa-

I. Mestrovich, Deposizione, “L’Eroica”, n. 30-31, 1914

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Cozzani non ricevette dunque mai queste parole.Se le avesse avute, forse avrebbe potuto ricordarsene peril numero 117 del maggio del ’28, tutto dedicato al pane,in ottemperanza alla cultura del tempo e del regime, eaperto da una libera traduzione di Cesare Angelini daVirgilio, Il poemetto del pane.

�La speranza di due libri da pubblicare e delle poesie

che lentamente, troppo per il suo carattere, escono sullarivista trattiene Tozzi a “L’Eroica”. Il 4 agosto partecipacon Giuliotti all’inaugurazione della Prima EsposizioneInternazionale di Xilografia; ma si fa sempre più palese ilsuo dissenso anche da un artista come Emilio Mantelli.

Qualche speranza in più ripone nell’editore mode-nese Angelo Fortunato Formiggini che dalla fine del1911 si è trasferito a Genova, e, pensando «di farsi pro-motore del rinnovamento anche editoriale della città»,cura per alcuni anni la distribuzione de L’Eroica.

Su Formiggini, Tozzi attua un pressante interven-to, con aiuto di Giuliotti, perché assuma la responsabilitàdel periodico.

Il Tozzi in particolare evidenzia all’editore alcuneriserve sulle capacità di Cozzani e Oliva di fare i direttorieditori di una rivista di quel genere, nonché i molti erroricommessi nell’accettare «certi poeti che hanno definiti-vamente il sigillo dell’imbecillità», non nasconde le sueillusioni: «E pensare che avevo intraveduto l’Eroica co-me un nodo, del quale le cordicelle fossero le anime chedevono subentrare su la bassura letteraria d’oggi!»

Ma l’editore, conscio di non avere energie da butta-re e che Cozzani difficilmente avrebbe rinunciato «all’e-

dificio che si è costruito col suo giovanile ardore» pone fi-ne alle speranze di un progetto diverso di rivista.

L’abbandono dell’“Eroica” per il “San Giorgio” èaccolto inizialmente con riserva da Tozzi, che ritiene la ri-vista bolognese dei Giorgiani mediocre «da non compa-rarsi niente affatto al libero soffio della bella Eroica» cheavrebbe potuto essere quello che non sarà nessun Santo.

Vent’anni dopo, Cozzani è ancora rancoroso:«Fui a Siena a parlare, fui in casa di Tozzi andammo inChianti a Greve a trovare Giuliotti – vennero loro allaSpezia – si progettavano edizioni pubblicazioni; e io giàcon estratti dall’Eroica stavo per lanciare un primo volu-me d’aforismi di Tozzi, quando scoppiò tra noi il dramma.M’ero accorto di due cose; essi non potevano soffrire che

si ma, forse, a ragione. Organizza impor-tanti mostre e partecipa col suo gruppo avarie manifestazioni in Italia e all’estero;edita raffinati cataloghi illustrati, non so-lo d’arte ma anche di aziende ed è tra i pri-mi a illustrare i prodotti industriali con im-magini artisticamente degne; scova e pro-pone nuovi e originali talenti, tanto chequando, De Carolis abbandona la rivista,Cozzani presenta un sorprendente inciso-re come Felice Casorati.

Nella pittura non ha le stesse feliciintuizioni e guarda senza interesse quantogli accade intorno in quegli anni: rifug-gendo da ogni complicazione intellettua-le, ignora futurismo, metafisica, Novecen-to italiano e resta fedele alle sue passionidi gioventù, Grubicy, Previati, Costetti.

Nella scultura, invece, pur non se-guendo quella che dagli storici e dai criticiviene definita la linea maestra (ArturoMartini, Messina, Marino, Manzù, Fonta-

na o Melotti), riesce a seguire una serie diartisti che quella stessa storiografia ha atorto emarginato: Bistolfi, Wildt, Andreot-ti soprattutto, ma anche Mestrovich, Za-nelli, Viterbo, Minerbi, Baroni e molti altri.

La Biblioteca di via Senato conservala collezione completa de “L’Eroica”, do-nata nel 2004 dai coniugi Agostino e CarlaPagano di Milano; in quell’occasione fuorganizzata una mostra in ricordo della ri-vista e dell’attività di Ettore Cozzani.

V. Grubicy de Dragon, Quando gli uccelletti vanno adormire, “L’Eroica” n. 73-76,1921

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io difendessi Benelli – dicevano che l’Eroica era sotto-messa a lui; non capivano; io difendevo lui come tutti icombattenti travagliati dell’arte; – inoltre avevano, Tozzispecialmente una febbre, un’ansia di arrivare che li facevaintollerantissimi; volevano che la rivista uscisse più rapi-damente e più fitta senza pensare che io la pagavo toglien-domi il pane di bocca e spesso non avevo per pagare il ti-pografo che minacciava – A un certo punto convocaronoi miei xilografi i miei autori a Siena e tentarono di metteresu una rivista con gli elementi dell’Eroica escludendo l’E-roica; lo seppi; tagliai nettamente; essi fondarono il SanGiorgio, poi la Torre mi attaccarono, mi difesi duramen-te. Da allora andammo per le nostre strade; io perdonai».

In realtà, dopo il tentativo di carattere editorialecon Formiggini, Tozzi e Giuliotti avevano preso contattocon un’altra rivista e partecipato a un convegno a Sienadove erano presenti anche i pittori Gino Barbieri e Fer-ruccio Pasqui; ma il loro distacco non sarà senza conse-guenze per la vita della rivista spezzina, a giudicare dal to-no con cui Oliva si rivolge al Discovolo in una lettera delgennaio 1913, bollandolo in sostanza di tradimento.

�Su “L’Eroica” resta la prosa nitida del ticinese Fran-

cesco Chiesa, stilisticamente meditata come il suo sguar-do sul mondo, il racconto di emigrazione di Grazia De-ledda, l’elogio dei buon sentimenti di Angiolo Silvio No-varo, il canto lieve di Diego Valeri. Nulla a che fare con ilmondo degli eroi. La “battaglia di Legnano” decreta lasua vittoria sulla scrittura.

Ma Ettore Cozzani si sente votato a grandi imprese,e dal febbraio 1912 scrive a d’Annunzio inviti traboccantidi passione per la poesia e l’“anima italica”; si fa lettoredelle Canzoni, aspira ad anticipare brani della Parisina ap-pena composta e l’annuncia; si rende conto della gaffe e fauna rapida retromarcia; nel ’13 chiede un pezzo su Pasco-li. Nulla. Finché la commemorazione dei Mille a Quarto,con l’inaugurazione del monumento di Eugenio Baroni,di cui il Cozzani gli ha inviato le fotografie offre al vatel’occasione per il rientro in Italia: un rientro da salvatoredella patria in guerra. Nei taccuini del 7 marzo annota:«Cerco le fotografie del monumento di Eugenio Baroni

inviatemi da Ettore Cozzani. È un monumento marino,modellato dal flutto decumano. Gli eroi risorgono con unritmo di marea. Mi ricordo di non aver ancora aperta lalettera che l’accompagna. La cerco l’apro, la leggo. E tut-to, ecco si rischiara! / v’è certo una provvidenza apollinea.Quel che mi è offerto, è tal cosa che risolve tutti i dubbi etutte le perplessità, ci salva da ogni errore, da ogni defor-mazione, dal pericolo dei contrattempi dei dissensi, deimoti intempestivi.» Il 9 marzo risponde a Cozzani che ac-cetta l’invito, e L’Eroica si trova coinvolta nella chiamatadi una generazione alla guerra. Il progetto di rinascitadella poesia si trasforma in un coinvolgimento politico.

Cozzani era solito dichiarare di aver commesso ilprimo peccato editoriale per pubblicare la sua Orazione aigiovaninel ’17 e di avere creato a questo scopo la collana “Igioielli dell’Eroica”, che sul finire della guerra farà am-piamente conoscere il poeta Vittorio Locchi.

Era stato Sem Benelli nel 1914, a segnalare a Cozza-ni un libretto di versi, stampato alla macchia con pochisoldi da un gruppo di giovani di Figline Valdarno: Le can-zoni del Giacchio di Vittorio Locchi, impiegato postale aVenezia, che riecheggiavano la tradizione popolare to-scana e i modi della lirica giocosa da Burchiello a Giusti-nian. Cozzani segnala il libro sul n. 30-31 della rivista eapprezza l’istinto del “cantore vagabondo”. Locchi di-venta corrispondente da Venezia della rivista e uno degliautori di punta, specie dopo l’entrata in guerra: si vedano icinque sonetti, di incitamento alla battaglia, di La sveglia,scritti sull’Isonzo, pubblicati nel ’16, con cui incarna la fi-gura del poeta-soldato e del forte poeta civile.

Quando muore, al largo di capo Matapan, sul piro-scafo Minas, a inizio ’17, Cozzani pubblica e divulga la suaultima opera, La sagra di Santa Gorizia, che il poeta avevaaffidato ad Ada Negri, figura molto cara alla rivista e alsuo direttore, ma che non aveva trovato accoglienza pres-so gli editori milanesi. Ottenuto un finanziamento dall’a-mico spezzino Ettore Diana, stampa l’opera come secon-da de “I gioielli dell’Eroica”, con xilografie di FrancescoGamba. Egli stesso lo legge al Carlo Felice di Genova,nell’intervallo della rappresentazione di Romanticismo diGerolamo Rovetta, con altissimo consenso di pubblico.

Il poemetto in versi liberi racconta in toni semplicila dura epopea dei fanti fino alla presa di Gorizia nell’ago-sto 1916, sul Calvario, sul San Michele, nelle trincee pie-ne di fango; una lotta senza tregua, tra “rulli di fucileria,/vampe di bombe”, e qualcuno che ogni sera non tornanella baracca. Si motiva nel grande desiderio di combat-

P. Nomellini, manifesto a colori per il Monumento aiMille, n. 37-38, 1915

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tere che era nella giovane generazione interventista, eguarda al dolore quotidiano della guerra con toni quasiungarettiani, che vengono come riscattatati dal desideriodi battaglia e dal successo della liberazione della città.

Letto tra i militari, anche tra i fanti che tenevanoGorizia, per volere del generale Cattaneo, diventa quasiopera di propaganda bellica, e resta uno degli esempi piùnoti di poesia popolare legata alla Grande guerra.

Nello stesso ambito si inserisce, nel 1927, La rapso-dia di Caporetto di Francesco Perry (scritta nell’aprile del1918). Ne discende, per quell’interesse alla poesia dellerealtà settoriali, anche l’attenzione per Rodolfo Fuma-galli, presto etichettato “il poeta aviatore”, di cui nel ’19“L’Eroica” pubblica le prose Ali e alati, racconti di rapaci, difalconeria, e di imprese umane, delle possibilità dell’aviazione.Per questo mondo l’interesse di Cozzani era stato imme-diato e già nel 1910 aveva subìto il fascino dell’impresadello sfortunato trasvolatore delle Alpi Geo Chavez, fini-ta tragicamente: nel numero 186-87 de “L’Eroica” del1934, dedicato a Eugenio Baroni, non mancava di pubbli-care fotografia del monumento che lo scultore gli avevadedicato nella piazza principale di Lima.

Non poesia, ma documento di vita e di sincero amo-re di patria, le lettere di Fulcieri Paolucci di Calboli alla fi-danzata Alessandra Porro, crocerossina e legionaria fiu-mana, pubblicate nel ’20 dall’amico Ludovico Toeplitz deGrand Ry, figlio del fondatore della Banca Commerciale.

Nei primi anni Venti l’arrivo a Milano comportanon poche difficoltà per l’intraprendente direttore che,dopo il numero 77-80 del ’21 è costretto a far tacere larivista per un paio d’anni; in questo periodo è intensal’attività editoriale con alcune scoperte: il poeta garfa-gnino Olinto Dini, di cui pubblica Vita e sogno, uno degliesponenti della vena tardo-pascoliana portata avanti dal-la rivista che avrà l’interprete di punta in Renzo Pezzani.

Notevole importanza ha nel 1923 il varo della col-lana “Montagna” dovuta anche all’iniziativa di uno scrit-tore piovuto nella sede dell’Eroica dal Canton Ticino,Giuseppe Zoppi, che la inaugura con Il libro dell’Alpe,con incisioni di Francesco Gamba. E continuata da ope-re italiane come La conquista dei ghiacciai di AlfredoPatroni del 1925, Scarponate di Ubaldo Riva, L’epopea delMonte Rosa di Eugenio Fasana, e dalle opere di GiuseppeMazzotti: Grandi imprese sul Cervino del ’34, La monta-gna presa in giro del ’36 e La grande parete del 1944.

Da segnalare, la prosa moderna di Dalla vita di unalpinista del giuliano di lingua tedesca Julius Kugy, pre-

sentato da Ervino Pocar, l’alpinismo come lotta solitariadi Fontana di giovinezza dell’elvetico Eugenio GuidoLammer e il realismo di Carlo Ferdinando Ramuz, sviz-zero francofono di La separazione delle razze, tradotto nel’32 e due anni dopo pubblicato da Grasset a Parigi.

�Già nel ’22 Cozzani cerca un rapporto con le

Istituzioni editoriale milanesi e ne trova uno con la rivi-sta “Il Risorgimento Grafico”, per la quale prepara il te-sto di un volume dedicato ad Armando Cermignani, ter-zo di “Gli artisti italiani del libro” la collana di profili deipiù noti decoratori e illustratori (dopo Guido Marussig ePrimo Sinopico) che la rivista aveva promosso.

Molto insistito il tentativo di una collaborazionecon la rivista “Il Convegno” che si è stabilita in una sedecentrale e prestigiosa e svolge un’intensa attività cultu-rale di incontri e conferenze. Al suo direttore EnzoFerrieri, il 23 settembre 1923 scrive da Bonassola:

«Tutta l’estate m’è trascorsa in una disperata battaglia:ho lavorato, con una integrità che non avevo più ritrova-ta dalla guerra in poi, al mio “poema del mare” che speropossa diventare un giorno la voce di questo nostro vitaleelemento non ancora compreso ed esaltato dalla poesiaitaliana. Ora devo raccogliere le vele per tornare in città,e di qui, prendo accordi per sistemare la mia operositànel 1923-24. Vuole accogliermi nel “Convegno” per unaserie di mie espressioni?Se non ha mai voluto tentare con me: forse le sarò unmarinaio pericoloso in una navigazione rischiosa com’èquella del suo bel naviglio tra una folla di non facili gusti.Ma io credo che non le farei disonore. Provi. E mi asse-gni, se crede d’invitarmi, un compenso non indegno»..

Negate le richieste, il 15 ottobre ribadisce: «Ho insistito perché mi sarebbe piaciuta qualche ora dicomunione con voi e con i vostri seguaci; ma non insistopiù adesso, perché comprendo le ragioni d’una “singola-rità” di atteggiamento e di intenti. Io non sono stato mailontano dal Convegno, se non corporalmente, sia per-ché le sei o sette volte ch’io son venuto nella sua bella of-ficina ideale Lei non c’era - sia perché io lavoro comeuno schiavo (d’una gioviale schiavitù) dalla mattina allasera: e quando un giorno avrò fatto almeno una parte diquello che sogno di fare – e mostrerò questa scatola diquattro metri quadrati che è tutto (stabilimento grafico,

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redazione, direzione, e via via) la gente si domanderà do-ve e come un uomo solo in così poco spazio ha potutotrovar modo di far tanto.Io avevo già pensato a Lei per esposizioni; e m’era anchebalenata un’idea: la mia saletta di Monza, che ha avuto ildiploma d’onore, adesso si scompone: non si potrebbericomporre in una vostra sala e io mi impegnerei a cam-biare il contenuto delle cornici e delle vetrine ogni 15 o20 giorni, in una serie di mostre di xilografi e d’altri arti-sti di arte minima, che a volte è massima?Vede che se Lei non aveva l’idea di … licenziarmi, io nonavevo quella di disertare, e perciò una fraterna stretta dimano… e avanti».

La proposta di un gruppo di 12 mostre bellissimedi xilografia (6 italiane e 6 straniere) sarà ribadita il 15novembre; l’unica accolta e realizzata nel giugno del1924 sarà quella dedicata all’incisione in legno polacca.

Alla ripresa del ’24 l’indirizzo lirico della rivista pa-re ben attento a rivolgersi, al di là del patriottismo, a quelpascolismo largamente praticato, specialmente da imi-tatori dilettanti che fanno prove sulla rivista, palestra emeta. Non sono mai trascurati i nomi di Ada Negri eSem Benelli, difeso dagli attacchi di Silvio D’Amico.

Nella seconda metà degli anni Venti è presenzaquasi fissa della rivista il toscano Delfino Cinelli, con pa-gine dedicate alla cultura americana, a Walt Whitman,anticipi dei saggi Raffiche sui grattacieli (Milano-Roma,Treves, Treccani Tunmmi-nelli, 1932) e America d’oggi(Firenze, Vallecchi, 1938) e con letture proustiane.

Cinelli, autore del romanzo La trappola, storia diun oste ingannato da un giovane e ricco signore che gliinsidia la moglie, collocabile nel filone del naturalismocampagnolo tra Pratesi e Fucini, offre a Cozzani un altrosuccesso, dopo la Sagra di Locchi

Al secondo romanzo Castiglion che Dio sol sa, sullevicende di un cittadino alle prese con un’azienda agrico-la, edito sempre nel ’28, l’anno dopo viene assegnato ilPremio Borletti dell’Accademia Mondadori. È inoltreautore che ispira il cinema: da La trappola sarà trattoTragica notte di Soldati e da Calafuria nel ’42, poco dopola sua morte, il film omonimo di Flavio Calzavara conDoris Duranti e scene Art Nouveau di Italo Cremona.

Fatta eccezione per questa e poche altre figure cuiarride un consenso popolare, quella che domina le pagi-ne della rivista, è una narrativa appartata, che va dal boz-zetto di Fabio Tombari alla prosa di Guido Pusinich.

Anche per la sua unicità, e per apparire insolito, ri-sulta di sicuro interesse la pubblicazione di un saggio delregista Anton Giulio Bragaglia, il fondatore del Teatrodegli Indipendenti, dedicato all’evoluzione della danza:Scultura vivente, corredato da numerose xilografie o cli-chés al tratto di personalità non legate all’orbita della ri-vista, e più vicine al mondo futurista come Prampolini,(presente sull’Eroica già nel ’16), Gino Severini,Fortunato Depero fino al giovane Leo Longanesi.

Bragaglia era in ottimi rapporti con i circoli e le ri-viste milanesi degli anni Venti, dal “Convegno” diFerrieri all’ “Esame” di Somaré, dove figura come colla-boratore; poco si sa invece della sua conoscenza conCozzani, forse mediata da Giulio Aristide Sartorio.Suddiviso in vari capitoli, il saggio dedica ampio spazioalla danza antimusicale, mettendo in rilievo, tra l’altro, icontributi dell’americana Isabella d’Etchessary, e dell’a-mata Jia Ruskaia che proprio agli Indipendenti avevapresentato azioni mimoplastiche, e che danzerà alConvegno nel ’32, su suggerimento di Bragaglia stesso.

Non viene dimenticata, nel capitolo finale, l’operadi Cia Fornaroli, allora ancora direttrice della scuola diballo della Scala, e il suo saggio L’arte della danza pubbli-cato da Bottega di Poesia nel 1923.

E. Prampolini, Primavera, “L’Eroica”, n. 41-42, 1915-1916

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Negli anni Trenta la scoperta più significativa dellarivista è Giorgio Cicogna, il poeta scienziato, di cui“L’Eroica” pubblica nel marzo del ’31 Inno alla matema-tica, dove, richiamando Pitagora, scopritore dell’armo-nia dei numeri, la evoca come disciplina che permette divedere dal di fuori del cosmo le leggi che lo governano; enell’ottobre la lirica I sepolti, gli eroi per i quali è impossi-bile evadere dal quotidiano.

Cicogna, ingegnere, ufficiale di marina, giovanecombattente in guerra, come ragazzo del ’99, a difesadella città di Venezia, abbandona l’esercito per gli studi egli esperimenti. Aveva già inventato uno scandaglio acu-stico in grado di rilevare la presenza di eventuali som-mergibili.

“L’Eroica” gli pubblica due raccolte, una di rac-conti I ciechi e le stelle, l’altra di liriche Canti per nostri gior-ni dove è celebrato il denaro come mezzo di progresso el’officina come luogo di sperimentazione di processi vi-tali. I racconti, a torto scambiati come anticipatori di unafantascienza italiana, toccano invece i mondi della scien-za e delle sue possibilità, spesso nel contrasto con la real-tà e con la volontà dell’uomo a non cambiare il corsodella propria esistenza.

Cicogna muore tragicamente nel ’32, mentre stavacompiendo ricerche sperimentali destinate all’astronau-tica per uno scoppio del motore a reazione che costruiva.

Viene celebrato come l’eroe moderno che tentanuove vie nella ricerca e nella poesia.

�In suo ricordo pubblica anche una breve lirica, in-

titolata Grido dell’allodola, Elsa Morante, il cui nome ap-pare sull’Eroica già nel ’31 (settembre e ottobre) con duepoesie Tutto e La Gioia; vi ritornerà poi l’anno successivo(genn.-febbr. 1933) con la lirica Saluto alla sera.

La giovane Elsa (qui neppure ventenne) era preco-cissima nella scrittura: «A quell’epoca, per guadagnare,dava lezioni private di italiano e di latino, aiutava gli stu-denti a scrivere le loro tesi di laurea, e pubblicava poesie(non pagate) e racconti (pagati) su qualche rara rivista.Nel tempo stesso, però, aveva incominciato a lavorare aracconti di assai maggiore impegno, scritti senza alcunfine pratico e per la sola necessità di esprimersi». A“L’Eroica” potrebbe essere arrivata di sua iniziativa, ograzie alla mediazione di Bragaglia, di cui era amica.

Non si sa se la Morante abbia conosciuto GiorgioCicogna. Forse fu impressionata dalla sua morte violen-

ta. Ma è singolare che in uno degli Aneddoti infantili pub-blicati tra i Racconti dimenticati38, Lettere d’amore, sia di-chiarata una passione per l’aviatore Lindbergh, al qualeveniva indirizzata anche una poesia Grido d’allodola cheterminava con i due versi qui affidati al rimpianto delloscienziato: «O terra, o cielo, gettate a quest’attimo / lavostra stupida eternità». Forse dall’originaria destina-zione al trasvolatore solitario, i versi infantili erano pas-sati a un altro eroe, più vicino e umano, sconfitto dallamacchina, che tentava di vincere.

Se le poesie restano consegnate alla preistoria dellaraccolta longanesiana Alibi, si dimostra molto interes-sante il successivo racconto Il bambino ebreo del novem-bre-dicembre 1937, da annettere al clima della primaraccolta Il gioco segreto pubblicata da Garzanti nel 1941(dove forse difficilmente dato il momento un raccontocon questo titolo poteva essere incluso. Si sa che moltiracconti di questa serie finirono esclusi dal recupero perla nuova raccolta einaudiana del 1963 Lo scialle andaluso;la scrittrice, a distanza di anni li trovava “decisamentebrutti” e aggiungeva: «Le mie immaginazioni giovanili– riconoscibili nei racconti del Gioco segreto – furonostravolte dalla guerra, sopravvenuta in quel tempo. Ilpassaggio dalla fantasia alla coscienza (dalla giovinezza

A. Wildt, S. Francesco, 1926, “L’Eroica”, n. 93-94, 1925[ma 1926]

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alla maturità) significa per tutti un’esperienza tragica efondamentale. Per me quest’esperienza è stata anticipa-ta dalla guerra: è lì che, precocemente, e con violenza ro-vinosa, io ho incontrato la maturità.»

�Dimenticato subito e senza riserve, Il bambino ebreo

sembra nutrirsi delle immaginazioni a sfondo religiosodella giovinezza, ma portare in sé temi esistenziali desti-nati a importanti sviluppi come la maternità non negata.Il tono lirico sembra appena velare quella che è storia didistacco, quindi di paure e di ombre, come comporta l’u-scita dal ghetto, nel mondo sconosciuto, visto, in formatrasognata attraverso il filtro dei racconti, di un sapereche è possesso sicuro, anche nell’esordio:

«Sapeva che c’erano altre strade, fuori dal suo vicolo, eanche piazze con grandi chiese così splendenti che le co-lonne parevano di luce. Da quelle chiese uscivano suonidolci e profondi, che davano come un brivido. Ma egliaveva paura di quella luce, di quella strana gioia; preferi-va riportare nell’ombra le sue gambe malate, la sua facci-na tutta divorata dalla povertà, la sua bruttezza sudicia.».

Ma il dato particolare di quel mondo altro, di cui ilbambino procede alla scoperta, è quello dell’apprendi-mento del grande mistero della natività, attraverso ilracconto, appena accennato, di una vecchia cristiana,che trasfigura la storia di un incontro (come spesso nelGioco), di riconoscimento anche momentaneo e in fondodi intesa, di miracolo sognato.

«Quando le vie si vuotarono, egli ebbe freddo. Nessunosi accorse di lui e non gli impedirono di infilarsi zoppi-cando in una straduccia, dove c’era una dura pietra, alta,che riparava un po’ dal vento. Gli dolevano la gola e pie-di, la notte gli trapassava le piccole palme immote con unago di ghiaccio. Passò un cane senza guardarlo; il ventoululava e gli scompigliava i capelli, e tute le ombre pare-vano irrompere su di lui per bere le sue lacrime gelate.Un’ombra più alta passò; era sola, e passò come tutte lesere vicino alla pietra, dove forse sarebbe venuto qualcu-no ignoto, col fiato che odora d’alcool, per darle dieci li-re. Ma quella notte non veniva nessuno. Era piccola,sciupata, con la bocca livida, e non aveva un manto, mauno scialletto azzurro. Forse anch’ella si chiamavaMaria, e tremava per il freddo. E dentro il suo cuore soli-

tario piangeva una piccola voce non udita mai. Il suobambino non dormiva tra le sue braccia, sotto lo scialle,ma in cielo, dove sua madre lo aveva mandato prima chefosse vivo. Il battito delle piccole membra già nate s’erafermato d’improvviso; e forse egli era felice. Ma quaggiùc’era una donna a cui nessuno aveva detto mamma e cheaveva ucciso in sé questo nome. Ora tutto il suo corpo inuno spasimo si tendeva alla creatura che dormiva lonta-no. E nessuno avrebbe voluto averla con sé, nella culla,che era una culla così povera e fredda, mentre quella delcielo era fatta di stelle. Presto sarebbe andata lei a rifar-gliela, con quelle sue mani, e qualcuno l’avrebbe chia-mata, qualcuno che era suo. Ora la notte la respingevacoi soffi gelati del vento e le urlava nella gola. Ella si ar-restò, premendosi lo scialle sul petto. Il fanciullo acco-vacciato presso la pietra non l’aveva ancora vista.Ma la donna lo guardò coi suoi grandi occhi celesti;guardò le spalle aguzze, e la testa infossata e gambe ma-late e livide, e le piccole mani ferme. E allora, piano pia-no, quasi avesse paura o dolcezza, gli accarezzò la testa,mentre qualcuno la guardava dal Paradiso.»

Nella donna di strada dai ricci rossi con lo scial-letto azzurro che lo accarezza il bambino intravedeMaria la madre, “la beata, la più bella”, (che per lui è fi-gura di favola).

�L’incontro è la storia di due compensazioni: la ma-

dre mancata (l’allusione all’aborto pare sofferta nella ra-pidità) accarezza nel bambino il figlio che la guarda dalParadiso; il bambino forse trovatello prova per la primavolta l’emozione di essere figlio, ha una madre celesteche il cielo incornicia di stelle.

Nel bambino smunto che esce curioso del mondosembra di intravedere un fratello maggiore di Useppe,in cerca di un posto nel mondo, e di quella Ida, a cuinon verrà nemmeno la fantasia “di procurarsi l’abor-to”. La giovane Elsa sa guardare presto nelle pieghedella storia, anche tra i trovatelli del ghetto, mentre siprofilano gli anni neri.

Cozzani non valutò in particolar modo il raccontodella Morante e non segnalò la sua presenza sulla rivista;forse si accorse appena di lei. Ma anche per l’esordientescrittrice, dall’inarrestabile vocazione, forse “L’Eroica”rappresentò per un breve attimo il tempo della speranza.

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Contro il rischio cariechewing gum allo xilitolo.

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

*Centro di Collaborazione OMS per l’Epidemiologia e l’Odontoiatria di Comunità, Università degli Studi di Milano; Istituto di Clinica Odontoiatrica, Università degli Studi di Sassari.

Priorità Prevenzione. Con un’incidenza del 22% nei bambini a 4 anni e di circa il 44%a 12 anni, la carie è ancora fonte di preoccupazione e di aggravio economico per moltigenitori italiani. Prevenire è il metodo più efficace e meno costoso per risolvere il pro-blema e arrivare, come chiede l’Organizzazione Mondiale della Sanità, entro il 2010 conil 90% di bambini a 5-6 anni senza carie e lo 0% a 18 anni per perdite di denti per carieo malattie parodontali.

di Milano ha sperimentato l’efficacia delchewing gum allo xilitolo rispetto a unchewing edulcorato con altre sostanze, suun campione di 153 bambini di 7-9 annicon elevato rischio di carie per un periododi sei mesi.I risultati dimostrano che masticando quoti-dianamente chewing gum allo xilitolo siriducono significativamente le concentra-zioni di Streptococcus mutans, la principalespecie batterica responsabile della carie.Non solo: lo xilitolo ha un effetto positivoanche sul pH della placca che risulta menoacido e quindi più sicuro per l’integritàdello smalto dentale.Oltre alle normali pratiche di prevenzione,masticare chewing gum allo xilitolo è unmodo semplice ed efficace per curare la pro-pria igiene orale e prevenire il rischio carie.

Xilitolo. Oltre agli strumenti più semplicie generalmente raccomandati, quali denti-fricio, spazzolino, sana alimentazione econtrolli periodici dal dentista, masticarechewing gum allo xilitolo è un validoaiuto per la prevenzione. Lo xilitolo è unedulcorante naturale ipocalorico utilizzatonel chewing gum quale sostituto dellozucchero.Il chewing gum allo xilitolo, stimolando laproduzione di saliva, incrementa i mecca-nismi di difesa nei confronti della carie,come riportato nelle recenti Linee Guidaper la promozione della salute orale varatedal Ministero della Salute.

Chewing gum e xilitolo: efficacia provatascientificamente. Lo studio* realizzatorecentemente dall’Università degli Studi

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Desta forse qualche sorpresa venire a sapereche William (detto Bill) Gates, corifeo della Mi-crosoft, qualche anno fa confessava di preferire

la carta stampata allo schermo del computer quando ave-va da leggere qualcosa di non estremamente breve:

«La lettura di un testo sullo schermo è ancora im-mensamente inferiore alla lettura di un testo sulla carta.Persino io che ho schermi sontuosi e mi credo un pionie-re dello stile di vita del Web, quando si tratta di qualcosadi più di quattro o cinque pagine, lo stampo e mi piaceportarlo con me e scrivervi annotazioni. Deve fare unabella corsa a ostacoli la tecnologia per riuscire a ugua-gliare questo livello di semplicità di uso».

�La sorpresa diminuirà se guardiamo in noi stessi, e

più largamente in quanti hanno o hanno sempre avutoconfidenza con l’oggetto che rappresenta l’espressionepiù compiuta di un testo su carta in età moderna, ma an-che su papiro, pergamena o carta primitiva in tempi piùlontani: il libro. Il quale, in un mondo che si avvia semprepiù a diventare un mondo di schermi, continua a vivereanche nel nuovo millennio in cui siamo entrati evocandouna serie di atmosfere, luoghi, abitudini, gesti, ricordi,fantasticherie, relazioni, storie, incontri, che a esso sonolegati o che intorno a un libro si possono intrecciare.

Il futuro del libro si lega strettamente al suo passa-to. Ripercorriamo dunque per episodi e momenti questopassato, per cogliere meglio il ruolo che il libro può rive-stire nel nostro mondo tumultuoso di schermi che sem-bra volerne decretare la scomparsa. Non è un caso che inun congresso dell’Associazione internazionale degli edi-tori tenutosi a Barcellona nel 1996, di fronte al dispiegar-

si della nuova editoria multimediale, gli editori “tradi-zionali”, alcuni anche di gran peso, manifestavano in-quietudine: l’angoscia di chi sa di essere su una linea diconfine tra un passato che par giungere al termine e unfuturo misterioso, che intravede invaso dall’elettronica.

Scrisse Marshall McLuhan: «Quando una nuovatecnologia penetra in un ambito sociale non può cessaredi permearlo finché non ne ha saturato ogni istituzione».

In questa maniera McLuhan profetizzava in prati-ca l’estinzione del mondo della carta stampata. Ma è pro-prio così? Istituiamo un confronto con il passato, con l’e-poca tardoantica, quando si passò dal libro in forma dirotolo a quello in forma di codice, l’antenato dell’odier-no libro, e con l’età moderna, quando dal manoscritto siè passati al libro a stampa. Dopo queste due rivoluzioni,la terza, quella odierna e multimediale, sembra cogentedebba portare, al pari delle precedenti, a un esito defini-tivo, vale a dire alla totale sostituzione del ‘libro digitale’(libri in rete, cd-rom, e-books...) al libro a stampa.

Si deve riflettere su un fatto. Le due rivoluzioniprecedenti – pur profondamente diverse tra loro – signi-ficarono un cambiamento nella tecnologia della produ-zione libraria, ma entrambe incisero solo parzialmentesull’universo mentale, sulle funzioni dello scritto, sulleconcrete pratiche di lettura e di studio inerenti alla cultu-ra del libro. Venne a instaurarsi insomma una dialetticatra discontinuità e continuità. Si prenda il debutto sullascena, tra I e II secolo d.C., del libro-codice come vettoredi testi letterari, e la sua irresistibile diffusione tra III eIV, fino al suo finale trionfo sul libro-rotolo. Diversa-mente da quanto era avvenuto fino a quel momento, il

Il futuro dell’editoria

In un mondo di schermi, rimarrà il piacere della carta

e-book e libri on line non sono vere alternative GUGLIELMO CAVALLO

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22 la Biblioteca di via Senato Milano – maggio 2009

codice consentiva di ritrovare rapidamente un passo, unafrase; di forma più maneggevole, si adattava meglio allalettura e, se di dimensioni ridotte, poteva esser letto conuna sola mano; avendo una capacità di contenuto assaipiù ampia di quella del rotolo, vi si potevano riversare perintero un’opera in più rotoli, o tutti gli scritti noti di unsingolo autore, o una selezione di opere di autori diversio di parti di queste in forma antologica.

Questa rivoluzione creò nuove tipologie di testi,nuove fasce di lettori, nuove pratiche di lettura. Lo stessoavvenne per l’altra rivoluzione, quella dal libro-mano-scritto al libro a stampa. La tecnica tipografica rese pos-sibile una produzione in esemplari ripetibili, introdussenuovi dispositivi editoriali, ampliò gerarchie, generi e ti-pi di libri: tutto questo creò nuovi lettori, determinònuovi atteggiamenti mentali, portò a nuovi modi di rice-vere messaggi e di reagirvi, indusse nuove maniere dileggere. Ma se molte furono nell’uno e nell’altro caso lediscontinuità, molte pratiche invece, al di là delle rivolu-zioni nelle tecniche del libro, ebbero una continuità nel-la lunga durata, legate come erano ad alcune costanti.Una costante è la compagnia, che un libro può offrire, diun rapporto intimo e silenzioso, ma di cui siamo noi ascegliere i modi, i luoghi e i tempi perché avvenga; un’al-tra è il condividere con altri impressioni ed emozioni dilettura; e un’altra ancora il piacere del collezionismo.

È lecito domandarsi perciò se alla discontinuità de-terminata dal libro digitale vi possano essere delle conti-nuità legate al libro a stampa, le sole che possono garan-tirne la sopravvivenza. Occorre introdurre, anzitutto,una distinzione: rotolo o codice, scritto a mano o prodot-to a stampa, il libro è stato sempre un oggetto fornito ditutta una serie di caratteri fisici, che sono di volta in voltaentrati nel rapporto con il possessore o lettore. Il libro di-gitale è una scrittura che può interagire con l’immagine econ il suono sullo schermo, ma che segna una disconti-nuità totale con l’oggetto fisico che è sempre stato il libro.E proprio qui risiede la maggior forza di quest’ultimo.

�Il sogno di una biblioteca universale in cui riunire

tutti i libri scritti sembra ormai a portata di mano, ridottoalle dimensioni di uno schermo, giacché la tecnologiaelettronica annulla la distinzione tra luogo del testo eluogo del lettore. Da qualsiasi angolo della terra, questoschermo può portare al lettore quel che in un libro èscritto, ma lo priva del piacere e dell’ansia di andare versoil libro, di trovarlo tra gli scaffali di una libreria o nellabottega di un antiquario, di leggerlo o di consultarlo ma-gari a un banco in una biblioteca antica, silenziosa, quasiuna cattedrale, dove tra il libro polveroso e una lampadasi inserisce il fantastico, e dove perciò, ha scritto MichelFoucault, «il chimerico [...] nasce dalla superficie nera ebianca dei segni stampati». Non sembra, insomma, chenell’era dell’informatica le grandi biblioteche di conser-vazione possano diventare soltanto dei musei.

E ancora: attraverso lo schermo, il lettore comunicacon una biblioteca universale, ma perde il contatto con ilcontesto sociale che gli è intorno e che ogni libro sotten-de: incontri, doni, prestiti, scambi, dediche, messaggi cheun libro può provocare. Tutti fattori di sociabilità, cui vie-ne sottratto il lettore chiuso come in un cerchio nell’isola-mento della sua postazione davanti a un computer.

E che dire della libertà del lettore che sceglie le si-tuazioni, le positure fisiche, i gesti della lettura, e il modostesso di appropriarsi del testo attraverso il libro? Si pen-si – pur nella diversità delle situazioni di lettura – all’‘or-dine del leggere’ che ha caratterizzato tutta l’età moder-na: il leggere del dotto o dell’umanista nello studiolo,circondato da libri e scaffali, o il leggere un po’ distratto,in piedi o fugacemente poggiato a un tavolo, dell’aristo-cratico nella luminosità di una stanza tutta per sé, o il leg-gere ora attento ora languido di fanciulle e dame.

Antonello da Messina, San Gerolamo nello studio, tavola,cm.45,7x36,2, Londra, National Gallery

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Questo ‘ordine del leggere’ resiste ancora oggi. Daun’inchiesta sulle abitudini di lettura degli italiani èemerso che il luogo preferito è la casa, in particolare lapropria stanza, in poltrona o a letto, ma anche al tavolo oalla scrivania. Il treno, quando capita, può costituire unavalida alternativa; non molti sono quelli adusi a leggereall’aperto; solo qualcuno ricorda la biblioteca (tuttavianel resto d’Europa la lettura in biblioteca è assai più dif-fusa che in Italia). Ma quando si considerano i giovani, iloro modi di leggere si dimostrano anarchici, svincolatida regole, schemi e valori sociali precostituiti: si leggedistesi per terra, con i piedi poggiati sul tavolo e in una se-rie di posizioni fisiche improprie e diverse. Il libro stessoè manipolato, rivoltato, portato addosso e scarabocchia-to come segno di uso individualistico di consumo.

Ha scritto H. Magnus Enzensberger sulla libertàdel lettore: «Il lettore ha sempre ragione e nessuno puòtogliergli la libertà di fare di un testo l’uso che più gli pia-ce, [...] arrabbiarsi e rallegrarsi con lui, dimenticarlo, pla-giarlo, e ad un certo punto gettare il libro in un angolo».

Infine, va ricordato chi, in questo mondo massifi-cato di schermi, costruisce la rarità: il bibliofilo. Esserebibliofilo significa cercare e acquisire un originale unico,arricchire o completare una collezione mirata di libri diuna certa epoca, di un autore, di un’opera, riunire una se-rie di pezzi preziosi per antichità, edizioni sommerse,esemplari scarsi, annotazioni di mani passate; ma esserebibliofilo significa anche sentire il piacere egoista di sfo-gliare libri rari in una biblioteca privata, gustare la quali-tà di una scrittura a mano o di caratteri tipografici squisi-ti, fermare gli occhi sull’incanto di decori e incisioni, av-vertire sotto le dita il fremito di una pergamena ben lavo-rata o di una carta fine, carezzare la pelle o il velluto diuna legatura. «Au temps des écrains, le monde de la col-lection a encore de beaux jours devant lui», ha scritto ul-timamente Roger Chartier.

�Il libro digitale potrà mai soddisfare passioni, riti,

gusti legati al libro tradizionale? Da una parte, lo scher-mo rappresenta una rottura totale con la tradizione, ren-dendo difficile un trionfo definitivo del libro digitale; madall’altra numerose iniziative sono volte a creare prodot-ti sempre più sofisticati e atti a dischiudere nuovi spazimultimediali all’ampliamento sia della lettura di evasio-

ne sia dei modi di apprendimento del sapere, magari me-diante gerarchie, generi, tipi di libro digitale in grado dicoinvolgere fasce diverse di lettori, tanto più che molti diquesti si acculturano mediante audiovisivi e messaggi inmovimento. Si sente già dire di e-book che fanno sentireil fruscio del voltar pagina o che permettono di sottoli-neare il testo. Ma attualmente l’unico settore nel quale illibro digitale ha avuto e potrà continuare ad avere suc-cesso è quello delle enciclopedie: un prodotto senza pre-cisa anagrafe, che si consulta per voci, nel quale ogni vocerimanda ad altre, che richiede un ampio corredo di im-magini di riferimento. Nel settore delle enciclopedie, eforse dei manuali, il cd-rom è destinato al trionfo defini-tivo, potendo soddisfare tutte queste esigenze insieme eper di più occupando limitato spazio “fisico”.

Una vera e propria civiltà del libro in rete o dell’e-book resta comunque su uno sfondo piuttosto lontano,anche perché vanno messi in conto problemi come il di-ritto d’autore, la salvaguardia dell’autenticità del testo, lapossibilità di successive letture pur con il variare assai ra-pido delle tecnologie, la durata dei supporti magnetici. Aparte il dovere di preservare libri, collezioni, bibliotechequali sono stati per centinaia di generazioni, il libro puòavere nell’immediato e in futuro un ruolo, un significato eun futuro: in ultima analisi, il libro digitale «integrerà manon sostituirà la grandiosa macchina di Gutenberg».

Hans Heyerdahl, Sguardo su Vinduet, 1881, olio su tavola,cm.46x37, Oslo, Nasjonalgalleriet

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LA MOSTRA DEL LIBRO ANTICO, CATALOGHI DI BIBLIOFILIA, RECENSIONI,MUSEI DEL LIBRO, ASTE, ESPOSIZIONI, APPUNTAMENTI, ANASTATICHE

inSEDICESIMO

AMilano, la XX edizione dellaMostra del Libro Antico si èsvolta dal 13 al 15 marzo nel bel

Palazzo della Permanente di via Turati.“Must” bibliofilo per appassionati ecollezionisti del libro italiano antico e dipregio moderno, la mostra è anche luogod’incontro per alcuni dei più rinomatilibrai internazionali. Quest’anno la listacomprendeva oltre 50 antiquariprovenienti da tutta Italia, Austria,Germania, Inghilterra e Spagna.

Tra le opere più preziose eranoalcuni frammenti di musica medievale,presentati dallo Studio BibliograficoSolmi, e manoscritti miniati quali laExpositio in epistolas Pauli di Haymo diAuxerre, di ambito francesequattrocentesco e di celebre provenienza(copia di Budé-Barrois-Ashburnham-Foyle-Kraus), presentati da Sokol, Londra.

In occasione dei 450 anni dellaprinceps dell’Index Librorum Prohibitorumnel 1559 si sono viste tre rarità quali laprima edizione veneziana del cosiddetto“indice tridentino”, stampata da PaoloManuzio nel 1564 (presso Il Polifilo), laprima edizione dell’indice in Germania,stampata sempre nel 1564 a Dillingen(presso Sermoneta Studio Bibliografico) euna rara edizione del più famoso manuale

per inquisitori, il Malleus Maleficarum (ilMartello delle Streghe), del 1494 (pressoPaolo Rambaldi). Sempre à propos dieventi commemorativi, la Libreria Biggiodi Torino, ha presentato per il Centenariodella conquista del Polo Nord il catalogo1909-2009 Il traguardo del Polo Nord, conopere di molti esploratori che hannocontribuito alla conquista dell’Artico.

Lo Studio Bibliografico Lex Antiquaha ammaliato i visitatori con otto rareedizioni uscite dai torchi del più nototipografo ebreo, Gershom Soncino (attivodal 1502 al 1527). Davvero mozzafiato,un testo di astronomia di Gherardo da Sabbioneta Tehorice planetarum (Pisa,Soncino, 1508) e il religioso Opus totichristiane reipublice di Pietro Galatino,primo libro stampato a Ortona a Mare(Soncino, 1518). Due edizioni soncinianenotano inoltre la provenienza di GiacomoManzoni (1816-1889), bibliografo deiprestigiosi Annali tipografici dei Soncino.

Rispettivamente da Pettini e daPregliasco si potevano ammirare due rareedizioni del De architectura di Vitruvio:sia la princeps illustrata del 1511 (Venezia,Giovanni Tacuino) a cura del notoarchitetto fra’ Giovanni Giocondo, chedopo la morte di Bramante portò avanti i lavori di San Pietro a Roma insieme a

Raffaello e Antonio da Sangallo, sia laprima assoluta in volgare del 1521, con leillustrazioni del Cesariano che dimostranochiaramente l’influenza di Leonardo daVinci (Como, Gottardo da Ponte).

L’inglese Sims Reed convinceva con50 libri rari tra i quali spiccavano la primaedizione delle poesie di John Donne inpergamena coeva (Poems, Londra, 1633)e la prima edizione in prima tiraturadell’importantissimo Leviathan di ThomasHobbes (Londra, Andrew Crooke, 1651).Wolfgang Kaiser della libreria Tusculumportò in mostra un raro post-incunabolospagnolo (Pandit Aragonie di LucioMarineo, Saragossa, 1509), appartenutoal noto bibliofilo ottocentesco Gomez dela Martina e all’artista inglese WilliamMorris, di cui è noto l’interesse per librigraficamente e artisticamente composti.

Lo Studio Wunderkammer di LucaCableri aveva un nuovo tipo di catalogo“meraviglioso”. Invece della descrizioneclassica del tomo in offerta, un’insolitascheda: un invito alla scoperta del libroattraverso un bramo curioso.

Ancora, non si possono tralasciarele librerie antiquarie specializzate instampe: Ai Tre Torchi, Il Bulino, MorraLella e Gianni Stampe Giapponesi eStanza del Borgo, che esponevano bulinidi Albrecht Dürer (Piccola Passione),Agostino Carracci (Omnia Vincit Amor,appartenuto a Füssli) o l’acquaforte Ilmercato nuovo di Dresda di Canaletto.

La XX edizione è stata una tappaimportante, a conferma di un impegnobidecennale, ma già oggi aspettiamo conentusiasmo la XXI edizione della Mostradel Libro Antico, che si terrà, sempre a Milano, dal 12 al 14 marzo 2010.

IL LIBRO ANTICOSI FECE MOSTRACosa si è perso chi siè perso l’edizione XXdi annette popel pozzo

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IL CATALOGODEGLI ANTICHILibri da leggere per comprare libri

BELLE VEDUTE D’ITALIA E STORIA DEL NORD-ESTLibreria Editrice Goriziana LEGCatalogo n. 57: Libri antichi e rari, disegniseicenteschi di città italiane

Nel catalogo, preparato per la Mostra del Libro Antico a Milano, si segnala una particolare raccolta di disegni anonimi, databili attorno allaseconda metà del ’600, che rappresentauna collezione di vedute di città italiane.Probabilmente ispirati a un’opera astampa del periodo, i disegni, eseguiti achina e a colori sui toni del verde, rosa earancio, vengono offerti individualmentecon prezzi dai 1.500 ai 3.500 euro.

Nella sezione di libri antichi e rari,particolore interesse viene dato a titoliche riguardano la storia locale di Venezia,Friuli, Slovenia e Dalmazia: Venezia e lesue lagune [Venezia, Antonelli, 1847,¤9.500], una rara edizione del Virgilio indialetto friulano a cura di Bosizio, LaEneide di Virgili tradotta in viars furlans[Gorizia, Giuseppe Tommasini, 1775,¤6.500], Amadeno di Castro, Genesishistorica nobilis Janesiorum familiae[manoscritto cartaceo, 1704-1731, cheriguarda la famiglia Janesi di Tolmezzocon relativi documenti, ¤24.000], e Johann Ludwig Schönleben, Carnioliaantiqua et nova, che tratta le vicende inSlovenia [Labaci, Mayr, 1681, ¤12.000].

Libreria Editrice GorizianaCorso Giuseppe Verdi, 67, Goriziawww.leg.it/ - [email protected]

LIBRI PROIBITI E INQUISIZIONEA 450 ANNI DALL’INDICEStudio Bibliografico Paolo RambaldiNote storiche attorno a una collezione

In occasione dei 450 anni delprimo Indice dei libri proibiti, 85 diverseedizioni di “indici”, alcuni titoli relativiall’Inquisizione, testi censurati, trattatisticae giurisprudenza. Su tutti, una rara primaedizione veneziana del cosiddetto “indicetridentino” [Venezia, Paolo Manuzio,1564], una prima dell’indice di Plantinstampato per i Paesi Bassi [Anversa,Christophe Plantin, 1570], una primaedizione veneziana dell’indice clementinocon le Dechiarationi [Venezia, NiccolòMoretti, 1596], un’edizione del primo eunico indice espurgatorio edito in Italia[Roma, Stamperia Camerale, 1607] el’importante edizione dell’ultimo indicedel 1948 [Città del Vaticano], che elencailluministi francesi, Beccaria, Kant, eautori più recenti come Leopardi o Croce.

Studio Bibliografico Paolo RambaldiVia Provinciale Superiore 34, Molinella (Bo)www.rambaldirarebooks.com

DA LEONARDO A VITRUVIO,TRA ARTE E ARCHITETTURALibreria Antiquaria PeriniCatalogo 24: L’arte attraverso i secoli

Una serie di trattati di arte earchitettura tra cui si segnalano MartinoBassi, Dispareri in materia d’architettura

[Brescia, Marchetti, 1572, prima ed.,¤5.800]; Ottone Calderari, Disegni e scrittid’architettura [Vicenza, Paroni, 1808,prima ed., ¤5.900], Leonardo da Vinci,Trattato della pittura [Parigi, Langlois,1651, prima ed., ¤10.000], BuonaiutoLorini, Delle fortificazioni, libri cinque[Venezia, Rampazetto, 1597 (1596), primaed. in seconda tiratura, ¤7.000], MarcoMoro e Giuseppe Zanetti, Album digemme architettoniche ossia gli edifizjrimarchevoli di Vicenza [Venezia,Brizeghel, 1847, ¤15.000], TorelloSaraina, De origine et amplitudine civitatisVeronae [Verona, Putelletto, 1540, primaed., ¤5.000], Marcus Vitruvius Pollio, Dearchitectura libri dece [Como, GottardoDa Ponte, prima ed. volgare, ¤P.a.R.].

Libreria Antiquaria Perini s.a.s.Via A. Sciesa 11, [email protected]

CENTO TITOLI DA MANGIARE,DIRETTAMENTE DAGLI STATESBen Kinmont BooksellerCatalogue 12: Gastronomy

Cento titoli “gastronomici” dallibraio californiano come Il caffè. Cantidue di Lorenzo Barotti, [Parma, StamperiaReale, 1781, prima ed., $4.000], unicotitolo culinario edito dal Bodoni.

Gradevole l’invito a passare allapratica con un menu di 10 ricette trovatenegli stessi libri: un’elegante preparazioneper tartufi “truffes cuites sous la cendre”da Jules Rémy, Champignons et truffes[Parigi, 1861, prima ed., $1.000] o un“gâteau à l’Italienne frit” da Le CuisinierGascon [Amsterdam, 1740, prima ed.,$6.500], opera, si dice, scritta dal nipotedi Louis XIV e Madame de Montespan.

Ben Kinmont, Bookseller1160 Pleasant Hill Road, Sebastopol, [email protected]

di annette popel pozzo

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IL CATALOGODEI MODERNILibri da leggere per comprare libri

152 LIBRI PER METTERSI SULLE TRACCE DELLA FELICITÀL’Arengario Studio Bibliografico“La fantasia e la passione”. Per una storiabibliografica della felicità. Stampato in120 esemplari ad personam in occasionedella XX Mostra del Libro Antico a Milano.

«Non c’è libro che non abbia a chefare con la felicità…»: così il Libraio provaa compilare un catalogo che è un vero e proprio viaggio in 152 libri alla ricercadella felicità. Quel che si può arguire,sfogliando le pagine di questo catalogo èche, in ogni libro, depositata dallafantasia, soprattutto quando è coniugataalla passione, si trova traccia dell’umanapre-occupazione di conoscere il mondo innome di una sincera felicità, alla ricercadell’appagamento dei propri desideri.

Dalle satire di Persio [Persius cumduobus commentis… stampato a Venezia“per Petrum Io. de QuarengisPergomensem” il 13 aprile del 1495,¤4.500] al libretto di Giampiero MughiniLa Collezione [Torino, Einaudi 2009, ¤16]passando da Scipione Maffei[Dell’impiego del denaro. Libri tre…,Verona, Giannalberto Tumermani, 1744,¤2.800] e dal libro di Bruno MunariTeoremi sull’arte [Milano, All’insegna delPesce d’Oro, 1961, ¤250], senza perdersiSvevo e Freud, D.H. Lawrence e Montale,Alain Delon e Brigitte Bardot e molti altri.

L’Arengario Studio BibliograficoVia Pratolungo 192, Gussago BSwww.arengario.it

PIERO GOBETTI, L’ANTOLOGIADEI SAGGI E DELLE RIVISTELibreria Antiquaria SoaveCatalogo stampato in occasione della XXMostra del Libro Antico

«Penso un editore come uncreatore. Creatore dal nulla se egli èriuscito a dominare il problemafondamentale di qualunque industria: ilgiro degli affari che garantisce lamoltiplicazione infinita di una sia purpiccola quantità di circolante. […] Bastache egli sia stato logico; non abbia fattotransazioni coi suoi principi di uomocolto, che pubblico e scrittori siano sicuridi lui.» [P. Gobetti, L’editore ideale, Milano,Vanni Scheiwiller editore, 1966, p. 72-73].Nella pagina del catalogo generale a leidedicata, la Libreria Antiquaria Soave –fondata nel 1937 dall’avvocato-scultoreAlessandro Soave – propone unainteressante raccolta pressoché completadelle edizioni di Piero Gobetti. Si tratta di109 titoli su 114 (anche se sappiamo che,nel frattempo, ne hanno raccolti altri due)e delle due collezioni quasi complete delleriviste “La Rivoluzione liberale” e “IlBaratti”. Nel raccogliere tanti volumi, nontutti facili da reperire, c’è voluta unapassione e una costanza che rendonomerito alla libreria; costituisce infatti unatestimonianza solida e inconfutabile dellaforza ideale di questo grandepersonaggio che in una brevissima vitaseppe condensare capacità e potenzialità

tali da far impallidire molte altreesperienze intellettuali e morali. La sisegnala nella speranza di poterla ospitarepresto presso la nostra Biblioteca.

Libreria Antiquaria SoaveVia Po, 48, Milanowww.libsoave.com

FUTURISMO 1909-2009,NONOSTANTE LA FESTALibreria Antiquaria Pontremoli Futurismo 1909-2009 con “Collaudo” di Pablo Echaurren

Nell’orgia di celebrazioni futuristeper un centenario senz’altro tempestivoma nella sostanza fuori posto, ché il“Filippo Tommaso”, come lo chiamaEchaurren nel Collaudo che serve dapremessa al catalogo, l’avrebbe schifato ese ne sarebbe tenuto alla larga, questobel catalogo, che viene a completare ilprecedente [pubblicato sempre per laMostra del Libro Antico, nel 2008], sistaglia come uno dei contributi più utili eimportanti. Compilato da una delle pochelibrerie italiane che con dedizione epassione ha curato sin dal principio dellasua attività il Novecento [qualcuno, non atorto, sostiene che la Libreria “hacostruito” questo mercato in Italia, comeper l’Ottocento fece il buon Parenti con lesue “rarità”], il catalogo si divide inquattro parti: manifesti, cataloghi,periodici e libri.Con quasi 800 schede [cui si sommano le300 del primo] veloci ma esaurienti e conaccattivanti illustrazioni, questapubblicazione si appresta a diventare unostrumento indispensabile per chi èinteressato al movimento artistico creatoda Marinetti.

Libreria Antiquaria Pontremoli Via Vigevano, 15, Milanowww.libreriapontremoli.it

di matteo noja

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28 la Biblioteca di via Senato Milano – maggio 2009

LIBRI CHE PARLANO DI LIBRIOmaggi d’autore alle pagine scritte e storie dovo i volumi prendono vita

I SEGRETI DELLA LEGATURASECENTESCA, CITTÀ PER CITTÀ

Dopo il successo del Dizionarioillustrato della legatura, «un’opera -scrisse Luigi Crocetti - che lascia amolte lunghezze tutte le altrepubblicate su questa materia», Federicoe Livio Macchi presentano un magnificoed eruditissimo Atlante della legaturaitaliana. Questo tomo prende in esame,in modo sistematico, il censimento,l’illustrazione, la descrizione (dividendola materia per città e relative areegeografiche) e le principali tipologie di legature d’arte in Italia nel periododel nostro maggior splendore artistico eculturale: il XV e XVI secolo. I maestri, le botteghe, i ferricaratteristici di un luogo o di unascuola vengono descritti in oltre centotipologie, con schede illustrate ed esemplari, anche inediti, di legaturedell’epoca. Completano l’operaappendici sui ferri, su dorsi e tagli, suifalsi. Un’opera scientifica di grandebellezza e suggestione, ma anche unautentico Atlante in grado di guidare il collezionista, l’antiquario, lo studioso in un mare magnum ancora in parteinesplorato e perciò ricco di scoperte.Federico e Livio Macchi, Atlante dellalegatura italiana, Sylvestre Bonnard,Milano 2009, pp.296, ¤90,00

LE ITALICHE PENNE DEL ’900,EDIZIONE PER EDIZIONE

Le raccolte delle prime edizioni della letteratura italiana del Novecentorappresentano ormai un settore “forte”

del collezionismo librario. Fondi comequello di Sergio Reggi (da poco acquisitodall’Università degli Studi di Milano)sono state giustamente elevate aparadigmi di questo specifico ambitobibliofilo, spesso primo gradino per chisi avvicina al bibliocollezionismo. Ciò che unisce tutti coloro che siinteressano al nostro ’900 letterario è“il” Gambetti-Vezzosi: citato, consultato,preso a esempio. In questo Raritàbibliografiche del Novecento italiano,non una nuova edizione ma una nuovaopera, Lucio Gambetti e Franco Vezzosioffrono il più esauriente strumentod’indagine delle edizioni italiane del XXsecolo: 277 scrittori catalogati, daAccrocca a Zavattin. Migliaia di titolidescritti attraverso i dati tecnici di ogniedizione e le indicazioni del valore dimercato. Completa il tutto un’appendicededicata a singole edizioni di opered’autori esclusi dall’elenco principale.Lucio Gambetti - Franco Vezzosi,Rarità bibliografiche del Novecentoitaliano, Sylvestre Bonnard, Milano2008, pp.1064, ¤75,00

QUANDO “ARIA D’ITALIA” ERASINONIMO DI ITALIAN STYLE

Daria Guarnati arrivò a Milano daParigi nel 1936, dopo la morte del maritoGiacomo Francesco. Raffinata intenditriced’arte e collezionista, amica di scrittori e pittori, era figlia del conservatore delPetit Palais di Parigi, Henry Lapauze.L’incontro immediato con Giò Ponti diedecorpo a una rivista forse tra le più bellemai stampate in Italia, “Aria d’Italia”, cheuscì in anni turbolenti, tra il 1939 e il 1941, in sette fascicoli, a cadenzatrimestrale. “Aria d’Italia” cercava di combinare la tradizione classicadell’arte italiana con il nuovo stile che,proprio in quegli anni, stava prendendoforma tanto nell’arte che nell’architetturae anche nella letteratura. Accorte finezzed’avanguardia e di tecnica grafica e tipografica fondevano testi e immaginiche apparentemente potevano sembraretra loro eterogenei, accomunati in untentativo di dotta divulgazione cherisultava innovativo. La sua rivista fu unesperimento originale, felicissimo anchese breve, di quello che allora si andavaformulando e che fu poi definito “italianstyle”, che Ponti cercava di proporre giàcon le sue riviste “Domus” e “Stile”. Ai sette fascicoli di quegli anni, nel 1954se ne aggiunse un ottavo dal titolo“Espressione di Gio Ponti”, interamentededicato al lavoro dell’architetto. Neglianni Cinquanta, Daria Guarnati, pubblicòpresso la sua casa editrice – Aria d’Italia –le opere complete di Curzio Malaparte. Silvia Bignami (a cura di), Aria d’Italiadi Daria Guarnati. L’arte della rivistaintorno al 1940, Skira (Quaderni diApice 2), Milano 2008, ¤24,00

SAGGI LUMI SULL’INCONTROTRA TESTO E LETTORE

«Ben lungi dall’essere scrittori,fondatori di un luogo proprio, eredi, sulterreno del linguaggio, dei contadini delpassato, scavatori di pozzi e costruttori di

di gianluca montinaro, matteo noja e matteo tosi

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dimore, i lettori sono viaggiatori:circolano sulle terre altrui, come nomadiche cacciano di frodo attraverso i campiche non hanno scritto, razziando i benid’Egitto per trarne godimento. La scrittura accumula, immagazzina,resiste al tempo stabilendo un luogo emoltiplica la sua produzione mediantel’espansionismo della riproduzione. Lalettura non si garantisce contro l’usuradel tempo (ci si dimentica e la sidimentica), non conserva o conserva malequanto ha acquisito e ciascuno dei luoghiove passa è ripetizione del paradisoperduto». Questa citazione, tratta daL’invention du quotidien di Michel deCerteau [Paris, Gallimard 1990; trad. it.:Roma, edizioni Lavoro, 2001], è postaall’inizio dell’Introduzione di questaantologia di saggi perché definisce le ideefondamentali su cui si basa: la prima chela lettura non è già prevista o iscritta neltesto, la seconda che il testo è tale solo in virtù del fatto che esiste un lettore chegli attribuisce un significato. I vari saggi(a firma di R. Bonfil, G. Cavallo, R. Chartier, J.-F. Gilmont, A. Grafton, J. Hamesse, D. Julia, M. Lyons, M. Parkes,A. Petrucci, P. Saenger, J. Svenbro, R. Wittmann) hanno come scopo quellodi evidenziare i vari modi in cui nei secoliè avvenuto l’incontro tra il “mondo deltesto” e il “mondo del lettore”. Tenendoconto che i significati dei testi dipendonodalle forme e dalle modalità in cui i lettorili accolgono e se ne appropriano, ogniautore ha cercato di ricostruire in chemaniera, dall’antica Grecia sino allarivoluzione elettronica del XX secolo,l’uomo si sia posto di fronte agli oggetti,quali che fossero, che gli trasmettevanoun testo. Guglielmo Cavallo e Roger Chartier (acura di), Storia della letteratura nelmondo occidentale, Editori Laterza(prima edizione 1995, ristampa conaggiornamento bibliografico 1998),Roma-Bari 2009, pp.524, ¤20,00

ERAN CINQUECENTO, ERANGIOVANI E FUTURISTI...

Con un totale di 3270 schede per500 scrittori, un panorama esaustivodella produzione tipografica delmovimento futurista. Cammarotacompleta il lavoro di mappatura dei libri,delle riviste e dei manifesti futuristiiniziato con il volume Filippo TommasoMarinetti. Bibliografia nel 2002 sempreper Skira. Selezionati con criterio –tralasciando coloro che pur vantando unamilitanza nel Futurismo non avevano maiprodotto testi “futuristi” oppure quelli chepur cercando di proporre dei testi vicini al movimento non ne fecero mai parteeffettivamente – questi 500 nomi,indicati anche con sommarie notebiografiche e l’eventuale pseudonimo,costituiscono un repertorio ormaidefinitivo della bibliografia futurista.Domenico Cammarota, Futurismo.Bibliografia di 500 scrittori italiani.Mart di Trento e Rovereto – CentroInternazionale Studi Futurismo. Skira,Milano 2009. (Documenti, 10),pp.304, ¤25,00

QUEI MAESTRI SCELTI PER I700 DELL’ATENEO PERUGINO

Un ciclo di grandi mostre è statoavviato lo scorso anno dalla città diPerugia per celebrare i settecento anni distoria della propria nobile Università.L’inizio dei festeggiamenti è stato affidatoa “Scienza e scienziati”, esponendo i pezzipiù interessanti delle collezioniscientifiche dell’ateneo, ma allo scoccaredell’anno nuovo si è passati a “Maestri,insegnamenti e libri”, una vera e propriaindagine bibliografica sui primi quattrosecoli di storia dell’antica istituzione.Appena conclusa, la mostra lascia in doteal presente uno splendido catalogo con alcune riproduzioni di antichi manoscritti,grandi tomi e codici miniati – con relatividottissimi saggi – dedicati all’iconografiadel “maestro” e del libro come sommaforma di insegnamento. E ancora, i testipiù prestigiosi prodotti dall’antico ateneo. Carla Frova, Ferdinando Treggiari,Maria Alessandra Panzanelli Fratoni (acura di), Maestri, insegnamenti e libria Perugia, Skira, Milano 2008,pp.262, ¤45,00

Nata in provinciadi Firentze solo22 anni fa,

Alessandra Raddi è dasempre lettrice di horrore fantasy. Ora varca labarricata con questo suo“Il libro che non volevamorire” (Sarnus, Firenze2009, pp.228, ¤12,00),un romanzo che dice diaver tenuto nel cassettofin dall’età di 16 anni. Sua anche l’illustrazionedi copertina.

Il tutto si svolge in unaPraga (misteriosa comele compete, ma invasadai turisti) la cui calmaè rotta da un’inquietante

scia di delitti che sembraricondurre a un maleficovolume “sfuggito allasua prigione” per manodi Goran, un sanguinariovampiro boemo. Sui loropassi, un’altra vampira,Mina, e i suoi cugini,Francis e Alice, esperti diparanormale, aiutati poida Dimitri, goffo ladro atempo perso. Peripezie,agguati e disavventure sisusseguono, guidandociattraverso l’intera città.

L’OPERA PRIMA: UN’AFFASCINANTE VAMPIRE-STORY PRAGHESE SULLE TRACCE DI UN DIABOLICO LIBRO

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DOVE I VOLUMISONO DI CASAI musei del libro e lebiblioteche più belle

IN CENTRO A PARMA, NEL TEMPIO DI BODONI, LA CARTA E LE SUE STORIE SI FANNO “ESPOSIZIONI”

Nonostante l’alto livello di eccellenza scientifica raggiuntadal centro espositivo dell’Istituto

centrale di patologia del libro, gestito a Roma dal Ministero dei Beni culturali, e nonostante l’incredibile proliferare di biblioteche anche straordinarie e raffinatissime lungo tutto lo Stivale, in Italia sembra mancare ancora quellacultura del libro come oggetto da mostrare in tutto il suo splendore,anche solo per la gioia degli occhi altrui.

L’unico vero caso di un “museo del libro” italiano in grado di competerecon quelli sorti già da qualche lustro tra Germania, Francia e Gran Bretagna, infatti, si appoggia all’omaggio che Parmae la sua Biblioteca Palatina dedicanoall’opera celebratissima di GaimbattistaBodoni, il grande tipografo, stampatoreed editore piemontese che nel 1768giunse nella “Città dorata”, su invito delDuca, come responsabile della Stamperiareale. E che, da qui, conquistò il mondodelle lettere e delle arti calcografichelegando il proprio nome all’invenzione di un nuovo stile di caratteri da stampa,presto definito neoclassico, e all’ideazionedi un canone d’impaginazione rinnovatoe interamente ispirato a una sobrietàgrafica fatta di grazie dritte e molto fini,accompagnate da vasto bianco ai marginicosì come negli spazi e negli interlinea.

Il museo parmense ripercorrequindi le tappe della vita e delle opere di Bodoni, analizzandone l’attività insiemealla storia tutta del manoscritto e dellastampa, della scrittura in genere e dei caratteri tipografici nello specifico.

Circa un migliaio sono le edizionibodoniane di proprietà del museo (ossia i tre quarti dell’intera produzione “tirata”dal maestro e poi dalla sua vedova), un patrimonio unico, ulteriormenteimpreziosito dalla quasi totalità dei suoistrumenti “tipografico-fusori”: un’infinitàdi punteruoli, lame, spatole e pinze per l’incisione dei singoli caratteri,cinquanta forme per fusione, oltre 35milapunzoni individuali e quasi 45mila matricioltre a un torchio ligneo ricostruito nel 1940 su modello dell’originale.

Il meglio di questa sterminataraccolta è esposto su una teoria di vecchimobili-libreria e, soprattutto, in una seriedi semplici vetrine che raccolgono i grandi capolavori editi da GiambattistaBodoni, quasi tutti nelle loro tradizionalilegature editoriali in carta color ocra e molti con le pagine interne stampate su quel papier vélin caro ai francesi per candore e morbidezza al tatto. Qualitàqui sublimate dal grande formato e dalla“corposità” scelta per fermare i testifondanti la cultura europea, daOmero ai maggiori poeti latini e da Dante e Tassoa Racine e La Fontaine.

Tornando a parlare di Francia, poi,da sottolineare che il museo parmense,oltre alle suddette perle del “suo”maestro, conserva anche una notevole

quantità di volumi stampati dalla famigliaparigina dei Didot, colleghi e “rivali” di Bodoni, come si evince dagli elogi e daireciproci “rimbrotti” scoperti in un rarocarteggio anch’esso in mostra.

Ma se questo, in sintesi, è il ritrattodella migliore “arte del libro” europea a cavallo dell’Ottocento, il museoconserva anche una serie di manoscritti ecodici di età medievale, e una selezione diveri e propri capolavori tipografici“composti” lungo cinque secoli, anch’essiprovenienti dalla biblioteca personale delduca di Parma, come la collezione espostadi trattati sulla scrittura.

di matteo tosi

Il busto bronzeo di GiambattistaBodoni (opera di Carlo Corvi) e unateca di punzoni da stampa

MUSEO BODONIANO,

PARMA, PALAZZO DELLA PILOTTA,STRADA DELLA PILOTTA 3INFO: TEL. 0521/220411-449E-MAIL: [email protected]

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maggio 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 33

� IL 30 APRILE, PARIGIAsta - “Estampes Anciennes et Modernes”. Si segnala Gravures di Marino Marini (1970, 23 tavole), unodi 65 esemplari su carta vélin de Rives. Info: www.piasa.fr

� DAL 1° AL 3 MAGGIO,BOLOGNA

Mostra mercato - “Antiche pagine” –XV Mostra mercato del libro e dellastampa antica e del ‘900 da Collezione Info: www.antichepagine.com

� DAL 4 AL 6 MAGGIO,MONACO DI BAVIERA

Asta - All’incanto, una biblioteca di un castello della Germania del Sud e la Chronica mundi di Schedel in una edizione latina e tedesca. Info: www.hartung-hartung.com

� DAL 6 ALL’8 MAGGIO,MONACO DI BAVIERA

Asta - All’incanto numerosi incunaboli, fra cui una Biblia latina rubricata(Strasburgo, Rusch, 1480, 4 volumi) euna copia delle Decretales di Gregorio IXminiata (Magonza, Schöffer, 1473). Info: www.zisska.de

� IL 7 MAGGIO, LONDRAAsta - Da segnalare, Peintures de vasesantiques vulgairement appelés étrusquesdi Aubin Louis Millin de Grandmaison(Parigi, Didot, 1808-1810, prima ed.) euna rara prima edizione in arabo degliElementi di Euclide, (Roma, 1594)Info: www.sothebys.com

� IL 10 MAGGIO, MILANOMostra mercato - “Vecchi libri inpiazza”. Mostra mercato di libri antichi,vecchi ed esauriti Info: tel. 02/804607

� IL 12 MAGGIO, PARIGIAsta - “Livres Anciens et Modernes”. Info: www.piasa.fr

� IL 13 MAGGIO, PARIGIAsta - “Livres et souvenirs historiques”. Info: www.beaussant-lefevre.com

� IL 14 MAGGIO, PARIGIAsta - “Antique and Modern Books”. Info: www.artcurial.com

� IL 14 MAGGIO, LONDRAAsta - “Important books and manuscripts”.Info: www.bloomsburyauctions.com

� DAL 14 AL 18 MAGGIO,TORINO

Fiera - “Libri Antichi e Rari” - XXII FieraInternazionale del Libro di TorinoInfo: www.fieralibro.it

� IL 15 MAGGIO, PARIGIAsta - “An Amateur’s Library”. Info: www.artcurial.com

� IL 18 E 19 MAGGIO,AMBURGO

Asta - “Wertvolle Bücher mit Maritimeund Norddeutsche Kunst”. Da segnalare,De istoria stirpium di Leonhart Fuchs(1542, prima ed. latina), ma anche Over de voorteeling en wonderbaerlykeveranderingen der Surinaamscheninsecten di Maria Sibylla Merian (1730,256 tavole incise).Info: www.kettererkunst.de

� IL 19 MAGGIO, OXFORDAsta - “Printed Books and Maps”. Info: www.bonhams.com

� IL 19 E 20 MAGGIO,AMBURGO

Asta - “Wertvolle Bücher und Autographen”. Info: www.hauswedell-nolte.de

� IL 28 MAGGIO, LONDRAAsta - “Vintage posters and printed books”. Info: www.bloomsburyauctions.com

� IL 28 MAGGIO, PARIGIAsta - “Livres Anciens et Modernes”. Info: www.alde.fr

� IL 29 MAGGIO, PARIGIAsta - “Livres Anciens et Modernes”. Info: www.lafon.auction.fr/cp/lafon/

� IL 1° GIUGNO, LONDRAAsta - “Fine printed books et manuscriptsincluding the Works of Charles Dickens”. Info: www.christies.com

� IL 3 GIUGNO, LONDRAAsta - “Valuable Printed Books andManuscripts, including Fine Plate booksfrom an Historic Continental Library”. Info: www.christies.com

� IL 3 GIUGNO, PARIGIAsta - “Prints and Illustrated Books”. Info: www.artcurial.com

ASTE LIBRARIEMaggio e poi giugnoincanto per incantodi annette popel pozzo

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ANDANDO PER MOSTREQuando la stampa si fa d’artee quando l’arte guarda ai libri

LE “FORME” DEL SOL LEVANTEPER MANO DI UN SAMURAI

Fogli sciolti a stampa, illustrati conle vedute dei luoghi (“umani” enaturali) fondanti la cultura

nipponica o le meraviglie della flora edella fauna di tutto il mondo, e lororaccolte sotto forma di preziosissimialbum, quasi dei veri e propri “atlanti” del Sol Levante: ecco la raffinatissimaprodizione incisoria che ha regalatofama subitanea e immortale a ungiovane samurai di basso rango che, per coltivare il proprio talento nell’artedel disegno, ha abbandonato tutto,compreso l’incarico di comandante deivigili del fuoco lasciatogli in eredità dal padre, precocemente scomparso.

Hiroshige fu il nome assegnatoglidal maestro Utagawa Toyohiro, il primoche lo prese a bottega e ne comprese iltalento, ed è con questo nome che sipresentò al “suo” Giappone quasi 200anni fa e che, già prima dell’avvento delNovecento, fu chiamato lui stesso“maestro” anche al di fuori della suaterra, a partire dalla nostra Europa.Dove Vincent van Gogh e diversi altriimpressionisti esercitavano la sensibilitàdella loro pittura en plein air, copiandoalcuni dei suoi splendidi paesaggi.

Vedute e panorami che divenneroil fulcro portante dell’opera di Hiroshigefin quasi da subito, giusto il tempo di prendere confidenza con i ferri del mestiere ritraendo attori di teatrokabuki, guerrieri del passato e belle

donne per i clienti del suo maestro, eappena dopo essere rimasto folgoratodalle Trentasei vedute del monte Fujidipinte nel 1830 dal già celebratissimoHokusai, che poi diverrà suo rivale.

Già l’anno seguente, infatti, di ritorno da un viaggio che lo portòdalla sua Edo (Tokyo) a Miyako (Kyoto),per scortare i cavalli consacrati che loShogun donava all’Imperatore,Hiroshige inaugurò la propria venanaturalistica con alcune serie che prestofurono veri e propri successi editoriali,stampati a più riprese per venireincontro alla voglia dei giapponesi discoprire il loro splendido Paese: unadedicata ai Luoghi celebri della CapitaleOrientale, una alle Otto vedute di luoghicelebri di Edo, e ancora Le cinquantatréstazioni di posta del Tokaido, solo alcunidei 200 capolavori che oggi sono aRoma, in arrivo dall’Honolulu Academyof Arts, sede della splendida collezionedi oltre tremila fogli a stampa delmaestro nipponico che appartenne allo scrittore James Michener.

di matteo tosi

HIROSHIGE. IL MAESTRO DELLA NATURAROMA, MUSEO FONDAZIONE ROMA,FINO AL 7 GIUGNO – INFO: 899/666805WWW.FONDAZIONEROMA.ITCATALOGO: SKIRA

la Biblioteca di via Senato Milano – maggio 2009

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CARTE, CODICI E MESSALIDELL’ETIOPIA CRISTIANA

Nigra sum sed formosa, sonoscura ma bella, dice di sé unaSposa nel Cantico dei Cantici.

Bibbia, Vangeli, Corano e anche il Kebranagast – il “poema nazionale” etiopico –sembrano concordare sul fatto chequella donna sia la regina di Saba e ilsuo sposo il saggio Salomone, facendodiscendere dall’incontro tra la sovranaafricana e il leggendario Re d'Israeleaddirittura la casa reale etiope.

Di certo è impossibile liberare la storia dalla leggenda, ma non si puònegare la millenaria esistenza di unimpero cristiano a sud dell'Egitto e del

Sudan, un regno che a partire dal 1270ebbe anche una sua nuova Gerusalemmenella città di Lâlibalâ, un vero e propriocapolavoro di architettura rupestre, conundici grandi edifici scavati nella rocciadi tufo e collegati fra loro da cunicoli.

Proprio Lâlibalâ, grazie a novesplendide acqueforti che il trevigianoLino Bianchi Barriviera incise dopo il suoviaggio africano del 1938-39, apre lasensazionale mostra veneziana (Ca’Foscari, fino al 10 maggio, info: tel. 041/

2346947) che da quel verso del Canticoprende il nome e che racconta “sacro ebellezza dell’Etiopia cristiana” attraversoottocento anni di arte e spiritualità,sublimate da mitiche leggende e racconti ufficiali.

Come quello del pittore NikolausBrancaleon, detto Mercurio, che, proprioal servizio del Doge, sul finire del XVsecolo giunse nelle terre dell’Impero delLeone e con le sue raffinate iconeinfluenzò quattro secoli di arte locale,come dimostrano i numerosi libriillustrati esposti nelle due sale chechiudono la mostra, tutti coloratissimi efittamente istoriati.

Ma la carta, oltre al legno didiversi dittici e pale da cerimonia, la fada padrona anche lungo tutto ilpercorso espositivo, tra incisioni, codiciminiati e suggestivi “rotoli magici”provenienti dalle più rinomate collezionipubbliche e private del mondo.

E in tema di capolavori non si puònon citare lo splendido “Mappamondo diFra Mauro (normalmente conservatopresso la Biblioteca Nazionale Marciana),gioiello cartografico databile intorno al1450, un quadrato di oltre due metri dilato al cui interno è iscritto tutto ilmondo allora conosciuto, in formacircolare e insolitamente orientato a sud,corredato da oltre 4.000 “didascalie”.

Pittore giovanissimodi madre inglese epadre greco, Tho-

mas Gillespie approda aFirenze per la sua primapersonale (Poggiali e For-coni, dal 17 maggio al 21luglio; tel. 055/287748)dopo essersi fatto notaresia ad ArtFirst sia a MiArt.Alle grandi tele di scorci

urbani e pompe di benzi-na, questa volta affianca20 curiose tecniche misteeseguite sulle pagine dialcuni libri d’epoca, riela-borandone le rasserenantiillustrazioni con incursio-ni che turbano l’immagi-ne di quell’Occidente ide-ale, così tipico dei Lady-bird books degli anni ’60.

PUBBLICAZIONI D’EPOCA RIVISTE DA UN GIOVANE PITTORE

La Galleria Civica d’Ar-te di Cava de’ Tirreniha da poco inaugura-

to il suo 2009 con Il segno diGoya (fino al 6 settembre;tel. 089/682303), una mo-stra di rara intensità che ri-unisce ben ottanta incisio-ni appartenenti al ciclo “Idisastri della Guerra”. Unaprova inconfutabile dellamaestrìa tecnica del geniospagnolo che, ultrasessan-tenne, recuperò il maggiornumero possibile di lastre

per gridare la sua condan-na di ogni guerra, strumen-to che egli considerava l’e-pilogo della follia umana.

Le truppe napoleo-niche che invadono la suaSpagna sono qui metaforadi ogni aggressione e del-l’indifferenza dei “grandi”verso la popolazione civile,sempre vittima di contrastiche poco le interessano.

Precisi rimandi sto-rici, infatti, si sublimano e sivelano in quei continui ri-

corsi al fantastico e al de-forme che sono la cifra di-stintiva dell’arte di Goya,sia grafica sia pittorica.

TUTTO IL FASCINO E L’INQUIETUDINE DI FRANCISCO GOYA,MAESTRO DELL’INCISIONE NELLE TERRE DEI BORBONE

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maggio 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 37

LIBRI DA INCONTRARE E NOBILIPENNE CON CUI CONFRONTARSIUna serie di grandi letture attoriali a Roma,un tour di poesia contemporanea a Vicenza

UN OMAGGIO AL DE SANCTISE ALLA NOSTRA LETTERATURA

Il ciclo di incontri “L’eredità diFrancesco de Sanctis”, promosso dal Ministero per i Beni e le Attività

Culturali, nasce dalla volontà di valorizzare l’inestimabile tradizioneletteraria italiana, delle bibliotechestoriche e dell’immenso patrimoniolibrario, attraverso una serie di “serate-evento” che ne rivitalizzino – attraversolinguaggi nuovi e creativi – l’importanzaculturale per il nostro Paese.

L’idea originaria del progetto,nonché il filo conduttore sottesoall’evento, rimanda alla Storia dellaLetteratura Italiana di Francesco DeSanctis (1817-1883), il più importantestorico e critico della nostra letteratura,oltre che intellettuale di importanzainternazionale. Tutto nasce, infatti, daun’iniziativa dell’erede del critico,Francesco De Sanctis jr., che ha deciso di mettere a disposizione della ricercadecine di manoscritti, lettere e testiautografi, documenti fino a oggi rimastiinaccessibili, aprendo l’archivio personalee la biblioteca del suo antenato.

Con la scoperta di alcuni inediti,attraverso la rilettura delle più bellepagine della Storia della LetteraturaItaliana, ha preso forma questo ampioprogetto che ha coinvolto un comitatoscientifico di professori, ricercatori, criticiletterari e d’arte di tutta Europa e uncomitato organizzativo di professionistidella comunicazione culturale.

Grandi attori di teatro, cinema e televisione, si stanno misurando con i capolavori recensiti dal De Sanctis,attraverso la formula della lettura ad altavoce, per avvicinare il pubblico allepagine più belle della nostra letteratura e raccontarne la storia. Gli autori e i testiselezionati sono quelli a cui De Sanctisdedica maggior rilievo: Dante, Petraca,Machiavelli, Tasso, Alfieri e Leopardi.

Ogni evento prende forma in unasala simbolo dell’Istituzione che ospita laserata e ogni lettura è preceduta da unabreve illustrazione di autore e opera in relazione alla critica desanctisiana.I prossimi appuntamenti sono lunedì 4maggio, alle ore 17, a Palazzo Chigi, con Laura Morante che legge NiccolòMachiavelli, e lunedì 11 maggio, semprealle ore 17, a Villa Madama, con FabrizioBentivoglio che interpreta alcuni passi di Giacomo Leopardi.

Info: www.fondazionedesanctis.it

DIRE POESIA. CIOÈ FARNE UNAFESTA DEL DIRE E DELL’UDIRE

Si intitola “Dire Poesia” ed è unanuova rassegna di “Incontri con poeti contemporanei in luoghi

d’arte” che sta attraversando Vicenza,tentando l’ardua impresa di trasportare il bel “canto” al di fuori e al di là dellapagina scritta per farne esperienzacollettiva, emozione condivisa.

A facilitare il tutto, diversi intermezzimusicali affidati giovani promesse di archi e tastiere, ma soprattutto gli affascinanti scenari dei palazzi, dellegallerie e dei musei (spazi molto diversitra loro, sia per il contesto sia per l’arteesposta) che ospitano ciascuno dei dieciappuntamenti in programma.

Dieci declinazioni diverse della parolapoetica secondo dieci diversi “sentire”,ma tutti assolutamente contemporanei.Nulla di paludato, noioso e ingessato,quindi, ma occasioni in cui, per dirlasempre con Mariangela Gualtieri, “lapoesia vuol diventare musica” perché “lapoesia vuole essere detta, vuole respiro,saliva, corpo, voce. Vuole uscire dallapolvere della pagina scritta, dallaletterarietà dalla camera chiusa del pensiero, sbavarsi in una bocca che porta bene impressa la terra in cui ènata, il pane che ha mangiato, il vino cheha bevuto”.

Un progetto coraggioso, quindi, che per il mese di maggio ha ancora inserbo l’incontro con Yves Bonnefoy(venerdì 22 alle 18, Palazzo Chiericati),Paolo Lanaro (lunedì 25 alle 18, PalazzoLeoni Montanari), Mariangela Gualtieri(martedì 26 alle 18, Palazzo LeoniMontanari) e Valerio Magrelli (mercoledì27 alle 18, Palazzo Leoni Montanari).

Autori locali, quindi, ma ancheitaliani e internazionali, vista l’intenzionedel Comune di non dare vita a un merofestival, ma a un’occasione di “diversità”.

Info: tel. 0444/222116

di gianluca montinaro e matteo tosi

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CAPOLAVORI DA SOGNAREAnastatiche preziose, esemplari unici e suggestivi fac-simili da collezione

L’ITALIANO COME CRUSCACOMANDA, ANCHE SU CD

Realizzando la ristampa anastaticadel celebre Vocabolario degliAccademici della Crusca nella

prima “impressione” del 1612,l’Accademia della Crusca fa tornare incircolazione, nella sua corposa visibilità,quell’opera che nella storia della linguaitaliana ha costituito un evento decisivo,paragonabile all’apparire dei capolavoriletterari del Trecento, delle fondamentaliopere grammaticali cinquecentesche edel romanzo manzoniano.

Racchiusa in un cofanetto, la riproduzione del Vocabolario degli Accademici della Crusca (fedeleanche per formato e colore della carta e degli inchiostri) è accompagnata da uncd-rom con la versione elettronica delVocabolario integralmente consultabile eda un volume di presentazione storico-linguistica (Una lingua, una civiltà, il «Vocabolario»), corredato da numeroseimmagini, spesso inedite, provenientidagli archivi e dalle collezionidell’Accademia.

Impressionanti i numeri: 25.056lemmi, 299 opere citate, 62.870 citazioni(cifre eccezionali per quell’epoca, se sipensa che un vocabolario monovolumedell’italiano oggi conta 80.000 lemmi,comprensivi di straripante terminologiatecnico-scientifica).La pubblicazione, preparata in cinqueanni, mira a scopi sia scientifici sia di alta divulgazione, perché costituisceuna fonte di conoscenze ancora da

esplorare, soprattutto attraverso il mezzo elettronico. Mentre per lascelta dei materiali e la cura con cui èstata realizzata, l’opera si rivolge ancheagli appassionati delle edizioni di pregio.

Attorno al 1590, gli Accademicidella Crusca, ispirati dal filologo elinguista Leonardo Salviati, concepironoil progetto di uno strumento che, in un’Italia smembrata tra le potenzeeuropee e priva di un vero centropolitico, nonché linguistico-culturale,unificatore, normalizzasse l’uso dellalingua; definirono così un modellolinguistico basato sui testi del Trecentofiorentino, considerato il secolo d’orodella lingua per i grandi capolavori diDante, Petrarca e Boccaccio,

ma ampliarono il canone ai testi di variautori successivi anche non toscani. Nel 1612, dopo anni di intensapreparazione, vide la luce il Vocabolario,stampato a Venezia sotto la guidadell’Accademico segretario Bastiano de’ Rossi, per i tipi di Giovanni Alberti.

Il Vocabolario degli Accademicidella Crusca non occupa solo un postoprimario nella storia dell’italiano, masegnò anche un traguardo nella scienzalessicografica e nella coscienzalinguistica degli altri popoli, divenendocapostipite dei grandi dizionari europei.

Ampliato nelle successive edizioni(1623; 1691; 1729-38; 1863-1923,incompleta), il blasonato Vocabolariofu modello e riferimento insostituibile, e dichiarato, per il Dictionnaire de l’Académie Françoise (1694), il Diccionario de la lengua castellana,della Real Academia Española (1726-1739) e più tardi per il Dictionary of theEnglish Language di Samuel Johnson(1786) e il Deutsches Wörterbuchdei fratelli Grimm (1° vol. 1854).

Vocabolario degli Accademici dellaCrusca 1612 (con volume dicommento e cd-rom), Castelseprio,Era edizioni, 2008, 590 euro.

di gianluca montinaro

DE BATINES E IL SUO DANTEPersonaggio dai diversi interessi,il visconte Colomb de Batinesvisse assediato da guai finanziarie giudiziari, cui si sottrasse convari “esili”. Nel 1844 è a Firenzee si dedica a una Bibliografiadantesca ossia catalogo delleedizioni, traduzioni, manoscrittie commenti della Commedia edelle opere minori (Prato, 1845),opera rarissima (500 copie e unaper il Granduca di Toscana) cheSalerno Editrice riedita in 2 tomipiù uno con l’Indice generale ele Giunte e correzioni, unapostfazione di Stefano Zamponie un Indice dei manoscritti(Roma 2009, pp. 1808, ¤260).

la Biblioteca di via Senato Milano – maggio 2009

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maggio 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano

LA “LEGENDA MAIOR” IN UNFACSIMILE DI GRANDE PREGIO

Correva l’anno 1209, e il 16 aprilePapa Innocenzo III approvò la regulavitae, adottata (fino a quel momento,come di prassi, ad experimentum)dai poveri frati raccolti attornoa sé da Giovanni di Pietro di Bernardone(1181 ca.-1226), in religione Francesco,frate mendicante di Assisi. Ne sarebbe

immediatamente nato un grande ordinepredicatore ed evangelizzatore,da subito impegnato outremer e oltrela Manica a portare la buona novellae la carità di Cristo Signore. E nesarebbe persino sorta l’Italia, l’Italiaautentica, se è vero com’è vero cheda Francesco origina il vernacolo italico,che dalla soave e cenciosa compagniadel santo stigmatizzato e canonizzatoa tempo record (e appunto creato,ai tempi nostri, patrono d’Italia) sgorgauna nostra prima “letteraturanazionale”, che in ambito francescanosorse persino un teatro distintamenteitalico.

Ebbene, per celebraree sottolineare questo importanteanniversario, di valore mondiale a tutto gustosamente italiano, l’editorefiorentino Vallecchi (non nuovoa raffinate operazioni di alto valoreculturale) offre agli amatori il facsimiledel Codice Vittorio Emanuele 411,conservato nella Biblioteca NazionaleCentrale di Roma, il quale, risalenteal secolo XIV, contiene il testo dellaLegenda maior sancti Francisci.Scritta circa un secolo dopo la mortedel santo di Assisi da un altro santo,Bonaventura da Bagnoregio (1217 ca.-

1274), su commissione dell’Ordinedei frati minori e approvata dal suoCapitolo generale a Pisa nel 1263,La Legenda maior è la biografia di sanFrancesco nella sua versione più fulgidae famosa, ma anche l’occasione per unelogio della santità quale dimensioneultima e piena della condizione umana.Ora, la versione tramandata dal “VittorioEmanuele 411” è una vera rarità giacchépropone la Legenda (scritta in litteratextualis) nella versione completa,ma soprattutto arricchita da capoletterae da miniature su fondo oro (illustrantila vita di Francesco) come pocofrequentemente avviene per le redazionicoeve del testo. A un santo scrittocontenutisticamente così importanteed esteticamente tanto bello, l’edizionefacsimile rende oggi giustizia perfetta.

(Marco Respinti)

San Francesco, Legenda maior,Vallecchi, Firenze 2009, pp.188,25 x 34,5 cm, stampa su cartapergamenata e applicazioni in oroa caldo antichizzato, legaturaartigianale in pelle con impressioniin nero e in oro, cofanetto rivestitoin carta marmorizzata, tiraturadi 980 esemplari numerati

L’ERBARIO CINQUECENTESCOCHE REINVENTÒ LA BOTANICA

Pochi libri sono affascinanti comegli erbari, titanici (e fallimentari) monu-menti alla furia catalogatoria degli uomini.Uno fra i più belli è il De Historia Stirpium diLeonhart Fuchs, pubblicato a Basilea dal-l’Officina Isingriniana nel 1542, di cui ora laAboca Museum presenta una magnificaanastatica. Il volume, rilegato con una co-pertina in cartone fasciato in similpelle, sipresenta in un cofanetto rigido stampatoin oro con disegni in rilievo a secco.

Corredato da un esau-riente fascicolo introduttivosulla vita e sull’opera dell’au-tore, il De Historia Stirpium èl’erbario più completo e inno-vativo della scuola botanicatedesca, in quanto contieneun’approfondita descrizionedelle piante medicinali con unnuovo taglio scientifico: ogni scheda è se-guita dalle nomenclature, dalla descrizio-ne dell’aspetto, dal luogo di origine, e so-prattutto dalle virtù curative di ogni erba,con continui rimandi a Galeno e Ippocrate.

Il testo in latino è corre-dato da 517 tavole xilografi-che (stampate con incisioni sulegno) colorate ad acquarello.Dal punto di vista fitografico,viene privilegiato l’aspettogenerale della pianta con ra-dici, steli, foglie, fiori e frutti alfine di permettere una più si-

cura identificazione della stessa.

Fuchs Leonhart, De Historia Stirpium,Sansepolcro, Aboca Museum, 2008,pp.928, 480 euro

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Gluck, Christoph Willibald; Frugo-ni, Carlo Innocenzo; Calzabigi, Ra-nieri de, Le feste d’Apollo, celebrate sulteatro di corte nell’agosto del 1769 per leauguste seguite nozze tra il Reale InfanteDon Ferdinando e la R. arciduchessa In-fanta Maria Amalia. Parma, Stampe-ria Reale; Giambattista Bodoni, 1769

In 4to; 15, [1], 20, 27, [1], 28 p.Antiporta e 4 tavole calcografiche al-l’inizio di ogni atto, incisioni di JeanCharles Baquoy e Isidor StanislasHelman su disegni di Pietro AntonioMartini. Vignetta calcografica alfrontespizio, 4 vignette, una testati-na e 3 culs-de-lamp calcografici.

Graziosa edizione, una delleprime bodoniane, compo-sta di quattro atti teatrali,

ciascuno con la propria paginazione:Le feste d’Apollo. Prologo; Atto di Bauci,e Filemone; Atto d’Aristeo; Atto d’Or-feo. Il piano di quest’opera era statoideato da Carlo Innocenzo Frugonie prevedeva tre atti di poeti diversi:Bauci e Filemone di G.M. Pagnini,Aristeodi G. Pezzana, Orfeodi Ranie-ri de’ Calzabigi. Frugoni, che avevascritto solo i versi del Prologo, morì afine 1768, ma il lavoro fu portato atermine. Le partiture furono allesti-te in grande fretta, cosicché circa lametà dei numeri musicali delle Fested’Apollo deriva da opere di Gluck giàrappresentate. La musica si deve aChristoph Willibald Gluck, operistae primo grande classicista.

Una rappresentazione di gran-de interesse anche per la storia dellamusica, collocandosi tra la prima e laseconda versione d’una delle più ce-lebri opere in assoluto, ovvero Orfeoe Euridice. L’Atto di Orfeo è infatti laprima realizzazione italiana, se purrimaneggiata. Orfeo ed Euridice (li-bretto di Ranieri de’ Calzabigi) si vi-de per la prima volta a Vienna nel1761, quando Calzabigi fu spinto alavorare con Gluck dal conte Giaco-mo Durazzo, Direttore generale de-gli spettacoli della corte imperiale.

Quando l’Orfeo arrivò a Parmanell’estate del 1769, diventò partedel trittico Le feste d’Apollo, su testo diCarlo Innocenzo Frugoni, allestitoda Gluck per celebrare le nozze del

duca Ferdinando con la figlia di Ma-ria Teresa d’Austria. Nella terza par-te della festa, l’Atto d’Orfeo originalefu eseguito senza intervalli e con laparte del protagonista riscritta perun soprano castrato, Giuseppe Milli-co, che fu anche Anfrisio nel Prologo.Poi l’opera approdò a Londra (conaggiunte di J.C. Bach e Pietro Gu-glielmi), Bologna, Firenze, Napoli.

Nell’Avvertimento si rivela: “Siè creduto che la separazione degliAtti, oltre il lasciar luogo alla Corted’abbreviare a suo talento lo spetta-colo... potesse anche tentar varia-mente l’indole fantastica della Poe-sia, della Musica, e della Pittura... Siseppe appena che l’Atto d’Orfeo, ap-plaudito, anni sono, sul Teatro Im-periale di Vienna, avrebbe incontra-to sul nostro l’aggradimento del-l’Augusta Persona, a cui queste Festesono sacre in gran parte”.

L’Avvertimento è seguito da in-dicazioni inerenti la musica, le muta-zioni di scene, gli inventori delle sce-ne, i balli, i cori e gli abiti. Le sceno-grafie furono affidate ai fratelli Gal-liari e al parmigiano Francesco Gras-si, architetto, ingegnere teatrale e ac-cademico professore di Prospettivadella Real Accademia di Belle Arti diParma. Direttore dei balli fu Giusep-pe Bianchi e i balli erano eseguiti da32 attori e attrici di cui 24 figuranti. Icori venivano eseguiti a loro volta da24 attori e attrici cantanti. Gli abitifurono realizzati da Giovanni Betti.

Che farò senza Euridice?Musica e teatro in una delle primissime edizioni bodoniane

CHICCHE IN COLLEZIONE

di Chiara Bonfatti

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42 la Biblioteca di via Senato Milano – maggio 2009

L’archivio di Curzio Malaparte (al secoloKurt Erich Suckert, 1898-1957) è arrivato allaBiblioteca di via Senato. La Biblioteca lo ha ac-

quistato direttamente dagli eredi, rappresentati dal ni-pote, l’avvocato Niccolò Rositani Suckert.

Si tratta di un archivio corposo, ricco di circa 300faldoni di documenti: manoscritti, dattiloscritti, copiedi articoli di giornali, recensioni, corrispondenza, mol-te fotografie e, infine, documenti personali e familiari.

È ancora presto per poter dire cosa contengonoeffettivamente tutti i faldoni: ancora non abbiamo po-tuto fare una ricognizione completa. Sicuramente visono alcuni inediti, alcune versioni di scritti conosciuticon ripensamenti e correzioni, e abbozzi mai finiti, so-prattutto di opere teatrali cominciate e poi lasciate per-dere perché agli occhi dello scrittore superate.

�Vi sono le poesie scritte ad Avi-

gnone, quando appena sedicennescappò dal Liceo Cicognini di Prato(lo stesso dove studiò anche d’An-nunzio) e si arruolò volontario nellebrigate Garibaldi, prima di partireufficialmente come soldato, l’annoseguente. E altri scritti dal fronte so-no ancora nei quaderni originali,usati forse sul fronte francese, sulleArdenne, quando al comando di unasquadra di lanciafiamme sostennenumerosi assalti austriaci e fu insi-gnito della medaglia di bronzo ita-liana e di quella d’honneur francese

(in quella sanguinosa battaglia, dove morirono nume-rosissimi italiani, si espose alle esalazioni di iprite chene condizioneranno la salute per tutta la vita).

Vi sono raccolti gli articoli di quando collaboravaalle riviste di Maccari, o del poco noto giornale da luifondato, “La Conquista dello Stato”, o del periodo incui, ancora giovane, nel 1929 divene direttore della“Stampa” di Torino.

Vi sono i documenti del suo confino a Lipari,compresi i testi letterari che andava abbozzando. Vi so-no le pagine di un diario, il Libro segreto, nel quale anno-tava pensieri e impressioni durante le sue missioni all’e-stero all’inizio della Seconda guerra mondiale.

La parte che più si nota, a un primo e superficialeesame, è però quella della corrispondenza. Per comodi-tà andrebbe divisa in due grossi gruppi: uno relativo allelettere ricevute come direttore della “Stampa” e poi co-me editorialista di “Tempo” e l’altro relativo invece a

lettere di amici, conoscenti, editori escrittori ricevute in quasi cinquan-t’anni di attività intellettuale.

�Il primo gruppo, molto consi-

stente, rispecchia la società italianadi due momenti ben precisi – gli anniTrenta di quando dirige il quotidia-no torinese e gli anni Cinquanta diquando “battibecca” sulle colonnedel rotocalco allora molto in voga –fornendo due ritratti che paiono di-stanti anni luce tra di loro e che resti-tuiscono un’immagine del tutto ine-

Signore e signori, Curzio Malaparte è qui

un fondo di scritti e carteggi tutti da scopriredi Matteo Noja

Il nuovo atteso “ospite” della nostra Biblioteca

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dita del nostro Paese, oltre che indicare il gradimentoche ebbe sempre, come pensatore e come giornalistapresso i suoi lettori.

Il secondo gruppo, altrettanto cospicuo, ci testi-monia la posizione centrale di Malaparte nel mondo in-tellettuale e culturale di allora. Un fiume di lettere cheaccompagna la sua carriera politica e culturale: pochis-simi sono gli uomini politici, industriali e di cultura chesi sono sottratti alla sua amicizia o al suo fascino.

Ciò che si è potuto intravedere è solamente la pun-ta di un iceberg che, crediamo, permetterà di valorizzarepienamente lo scrittore e il politico, potendo valutare lesue presunte contraddizioni come adeguamenti ai muta-menti storici e sociali di cui fu testimone partecipe.

Desta commozione lo scambio con Piero Gobet-ti, la stima e l’ironia che pervade le lettere tra i due, puresu barricate intellettuali e politiche del tutto opposte:talmente grande era il rispetto tra i due che faceva pas-sare in secondo piano tutte le loro diversità. Letto congli occhi di oggi questo scambio epistolare ci restituiscedue giganti della nostra cultura, al cui cospetto moltiintellettuali odierni scomparirebbero.

Interessanti sono anche le numerosissime lettereche intercorrono tra lui e Prezzolini, scritte in un pe-riodo particolare per quest’ultimo, quando, dopo esse-re divenuto segretario di un istituto culturale della So-cietà delle Nazioni a Parigi, si trasferì negli Stati Unitialla Columbia University di New York.

�Infine tra quei pochi carteggi che a oggi abbiamo

potuto sorvolare, ci preme ricordare quello con DariaGuarnati, ideatrice della bella rivista “Aria d’Italia”, dicui parliamo nel Sedicesimo di questo numero, e dellacasa editrice che stamperà le opere di Malaparte neglianni Cinquanta. È un epistolario affettuoso, in cui laraffinata e colta editrice sembra farsi condurre per ma-no nelle opere dello scrittore-amico, frequentatore co-me lei di molti pittori e collaboratore della rivista, chie-dendogli conto di ogni cambiamento o ripensamento,delle parole che non capiva, del senso di alcuni braniche non le parevano chiari. Ma non è la sola editrice chedialoga assiduamente con lui: cospicui sono gli episto-lari con Vallecchi, Bompiani, Mondadori per non par-lare dei suoi editori stranieri, soprattutto francesi, chefinirono per diventare suoi amici prima ancora chestampatori dei suoi lavori.

Il lavoro di sistemazione e di una prima cataloga-zione si annuncia lungo e non dei più facili, anche se si-curamente agevolato dal grande lavoro effettuato unaventina d’anni fa dalla sorella di Malaparte, Edda Suc-kert Ronchi.

L’obiettivo è quello di mettere in rete la maggiorparte dell’archivio in un tempo abbastanza breve ondepoter valorizzare al più presto la figura di questo straor-dinario intellettuale a tutto tondo, tipicamente italianoe al tempo stesso prepotentemente internazionale: uo-mo politico, scrittore, giornalista, fotografo, designer earchitetto, regista teatrale e cinematografico, fine co-noscitore delle arti e degli artisti. E quindi, testimoneprivilegiato di un mondo in eterno divenire.

Un insolito Malaparte ciclista e fotografo (nell’altra pagina)

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44 la Biblioteca di via Senato Milano – maggio 2009

La collezione di libri illu-strati della Biblioteca di viaSenato raccoglie tesori di ogni

epoca, soprattutto in italiano e infrancese. Ho avuto la fortuna di cata-logare quelli pubblicati dalla fine del-l’Ottocento fino ai giorni nostri, al-l’incirca 2000 titoli, alcuni dei qualidecisamente importanti nella storiadell’illustrazione. Selezionarne pocopiù di una decina per dare un assaggiodi ciò che la collezione custodisce èstata un’impresa, anche perché moltivolumi hanno legature pregiate equindi non si prestano a essere “spa-lancati” per scannerizzarne o fotografarne le immagini.

I livres d’artiste pubblicati dall’antiquario e collezio-nista d’arte Ambrose Vollard (1867-1939) tra il 1895 el’anno della sua morte (27 in tutto, più altri 24 che eranoin preparazione) sono tra i libri più celebrati del XX seco-lo. Vollard inaugurò la moda francese delle edizioni son-tuose a tiratura limitata illustrate da famosi artisti: cosìParallelement di Verlaine (1900), decorato dalle morbidelitografie rosate di Pierre Bonnard. Forse troppo all’a-vanguardia, né Parallelement né i libri che Vollard pubbli-cò poco dopo sembrarono suscitare l’interesse di bibliofi-li e collezionisti. Tuttavia egli continuò a commissionareillustrazioni a grandi pittori dell’epoca quali Chagall e Pi-casso (che lo ritrasse nel 1910 nel noto dipinto cubista alui intitolato).

Tra gli artisti che collaborarono con Vollard va ri-cordato Maurice Denis (1870-1945), uno dei maggiorirappresentanti dei Nabis, gruppo simbolista che, sotto

l’influenza di Gauguin, sviluppò unostile pittorico caratterizzato da forticolori piatti, racchiusi entro decise li-nee nere. Il primo libro illustrato daDenis per Vollard fu un’edizione deL’Imitation de Jésus-Christ (1903) li-mitata a 401 esemplari – il numero“1” stampato “ad personam” per papaLeone XIII. Per questo grande volu-me di 416 pagine Denis disegnò 216illustrazioni (un’ampia testina e un fi-nalino per ciascun capitolo) che ven-nero incise su legno da membri delSyndicat des Graveurs sur Bois e im-presse con inchiostro nero brillante.

La tonalità sfumata e quasi litografica che ne risultò si ad-dice perfettamente alla decoratività naif e al simbolismodelle immagini di Denis. Nella collezione della BvS figu-ra anche l’ultimo libro illustrato da Denis, i Poèmes diRonsard (Paris, 1944), che contiene numerose xilografiea colori (cornici floreali, scene pastorali, e figure mono-crome ).

Un altro artista-illustratore francese che qui meritarammentare fu Raoul Dufy (1877-1953). Dufy apparte-neva al gruppo dei Fauves, noto per il potere espressivobasato sull’uso di intensi colori puri. Le 30 xilografie cheDufy creò per Le Bestiaire, ou Cotège D’Orphée (Paris, De-planche, 1911) di Apollinaire sono una variante in biancoe nero della potente espressività Fauve. Il Bestiaire è oraconsiderato un capolavoro del XX secolo, ma l’edizioneoriginale, limitata a 122 copie, ebbe debole successo. Il li-bro fu comunque ristampato nel 1919 dalle Éditions de la

QUANDO LA PAROLAPASSA ALLE FIGURE

Due secoli di grafica d’autore in oltre duemila volumidi Chiara Nicolini

I libri illustrati

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Sirène e nel 1956 dalle Éditions du Cap di Monte Carlo.La BvS possiede l’edizione del 1919, un volumetto inbrossura gialla nel quale ogni pagina è quasi interamenteoccupata da una xilografia e i versi di Apollinaire sono ri-dotti a didascalie. Le immagini di Dufy hanno un aspettoscultoreo, effetto al quale contribuisce la forza dell’im-pressione sulla morbida carta delle pagine (fig.1). Moltialtri artisti francesi hanno illustrato il Bestiaire. Tavy Not-ton, artista prolifico ma poco conosciuto, ne pubblicò aproprie spese una versione nel 1962. Limitata a 200 copiestampate su fogli sciolti, questa edizione contiene 32 am-pie incisioni al bulino, 8 delle quali a doppia pagina. La fi-nissima resa di animali e piante di Notton è al tempo stes-so naturalistica e decorativa (fig .2).

Un altro capolavoro letterario che ha attratto moltiillustratori è i Fleurs du Mal di Baudelaire. Oltre alla pri-ma edizione del 1857, la BvS possiede un’edizione pub-blicata a Parigi dal Cercle Grolier nel 1923, decorata da42 acqueforti/acquetinte di Alméry Lobel-Riche (natonel 1880). Questa versione dei Fleurs si distingue da altreche ho visto per il numero e la varietà delle immagini. Lo-bel-Riche eccelleva nel nudo femminile, uno dei suoisoggetti preferiti , ma interpretò con grande abilità anchepoesie che non cantano donne sensuali e “maledette”, co-me Les Litanies de Satan (fig.3)

Tra gli illustrati della BvS vi è una sezione dedicataalle opere pubblicate da Leon Pichon, altrotipografo/editore francese attivo agli inizi del XX secolo.

Convinto che nella composizione grafica dei libri dell’e-poca fosse venuta a mancare quella unitarietà di conce-zione che è alla base di un prodotto editoriale estetica-mente ineccepibile, Pichon fece dell’armoniosa combi-nazione di testo e illustrazioni il proprio obiettivo. Dalmomento che ciò è possibile solo stampando contempo-raneamente il testo e le immagini, egli commissionò l’il-lustrazione dei suoi libri a xilografi come Charles-ÉmileCarlègle (1877-1937) e René Georges Hermann-Paul(1864-1949). Lo svizzero Carlègle contribuì a numeroseopera classiche quali Les plus jolies Roses de l’AnthologieGrècque (1921), in cui i finalini rivelano una predilezioneper nudi stilizzati. Hermann-Paul decorò, tra l’altro,un’edizione dei poemi di François Villons (1922) e unadella Comédie di Dante (1924). Ogni pagina del Villon re-ca una sezione di testo racchiusa entro uno stretto rettan-golo che sembra applicato sopra la xilografia corrispon-dente, mentre Dante è illustrato con immagini non con-venzionali (fig.4).

Albert Dubout (1905-1976) fu un illustratore fran-cese attivo a partire dagli anni Trenta: lo apprezzo parti-colarmente perché le sue illustrazioni sono piene di umo-rismo e splendidamente colorate al pochoir. Questa tecni-ca, sviluppata in Francia a partire dagli inizi del Novecen-to, consiste nell’applicazione manuale di colori, attraver-so una mascherina diversa per ciascuna tonalità, a unastampa al tratto (cioè una stampa che riproduce in nero isoli contorni di una illustrazione). La BvS ha una decinadi libri illustrati da Dubout, tra cui alcuni dei migliori, co-

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me i Contes Drolatiques di Balzac (Parigi, Gilbert Jeune,1939),Tartarin de Tarascon (Parigi, A l’Émbème du Sécre-taire, 1939), Cyrano de Bergerac (Orléans, MauriceRouam, 1947) con suite delle tavole, e L’Éloge de la Folie(Pargi, Gibert Jeune, 1951). Le impertinenti immagini,spesso caratterizzate da angolazioni sorprendenti (fig.5),che popolano questi volumi offrono una panoramica sul-lo stile di Dubout e ne spiegano la costante popolarità (èinfatti uno dei pochi illustratori del passato ad avere unottimo sito interamente dedicato a lui, www.dubout.fr,provvisto di bibliografia completa e illustrata).

Nella prima metà del XX secolo la moda del livred’artiste si diffuse anche in Italia. La monografia di RalphJentsch The Artist and the Book in Twentieth Century Italy(Allemandi, 1993) contiene un’ampia e ben illustrata vi-sione d’insieme del soggetto. Artisti di fama internazio-nale come De Chirico, Massimo Campigli, e Lucio Fon-tana hanno contribuito a straordinarie edizioni limitatedi opere letterarie sia classiche sia moderne. La BvS pos-siede, tra l’altro, una copia de L’Apocalisse di De Chirico(Milano, Edizioni della Chimera, 1941), de Il Milione diMarco Polo con litografie di Campigli (Milano, Hoepli,1942), e una selezione delle poesie di Ungaretti illustrateda Fontana (Bucciarelli, 1965).

L’opera di Mino Maccari (1898-1989) include più di2000 immagini riprodotte con ogni tipo di tecnica. Mac-cari iniziò nel 1924 con il periodico satirico “Il Selvaggio”,che illustrò e diresse fino al 1942; durante la sua vita colla-borò con parecchi altri periodici, prese parte a molte espo-sizioni e nel 1948 vinse il Premio Internazionale per l’In-

cisione alla Biennale di Venezia. La BvS ha due copie di Be-stie del 900 di Palazzeschi (Firenze, Vallecchi, 1951), illu-strato da Maccari con 34 vividi linoleum a colori e 16 inbianco e nero che ben si adattano alle strampalate storie dianimali antropomorfici scritte da Palazzeschi (fig.6).

Concludo con un cenno a due pubblicazioni italia-ne contemporanee: l’Alice nel Pese delle Meraviglie illustra-ta da Giovanni Grasso Fravega (Silvio Berlusconi Edito-re, 1993) e Api di Mario Luzi con 3 acqueforti di WalterValentini (San Benedetto del Tronto, Stamperia Comu-nale d’Arte Riviera delle Palme, 2001). Nell’Alice di Fra-vega ogni pagina è incorniciata da motivi floreali che l’ar-tista utilizza anche come sfondo delle illustrazioni a pienapagina. Alice e i vari personaggi della storia sono ritrattiin modo apparentemente realistico, ma poi si staglianomonocromi contro fondali densamente colorati (fig.7), ovi fluttuano sopra: è uno stilema tipico di Fravega checonferisce al libro un’atmosfera surreale molto adeguataal capolavoro di Carroll. Walter Valentini (1928) è un no-to artista astratto contemporaneo le cui illustrazioni pos-siedono meravigliose qualità tattili grazie alle parti in ri-lievo e ai dettagli resi ruvidi dall’applicazione di oro. Ca-ratteristica da non sottovalutare. Tra carte pregiate, lega-ture da accarezzare, profumo di antico o di stampa fresca,pagine che, quando sfogliate, fanno “croc” o “flap”, eopere grafiche nascoste fra un capitolo e l’altro, i tesori divia Senato coinvolgono molti più sensi di quanti uno pos-sa immaginare.

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Un libro ritrovato:L. Smolars & Nipote. 1872-1947Trieste : [Arti Grafiche L. Smolars& Nipote], 194748 p. più [11] c. di tav. : ill. ; 25 cmTesto di Giani Stuparich.

Nel Fondo dei libri sulla sto-ria delle imprese italianedall’Unità ai nostri giorni,

vi è una cospicua sezione dedicata ailibri giubilari, quei libri che vengo-no stampati dalle aziende, in occa-sione di particolari eventi o impor-tanti anniversari.

Tra questi, e tra i molti curio-si, ve n’è uno che vogliamo segnala-re. Si tratta di un opuscolo grigiolegato in brossura, stampato su car-ta a mano; 27 riproduzioni fotogra-fiche, nel testo e fuori, arricchisco-no con sobrietà l’austera veste.

Vi si narrano i 75 anni d’attivi-tà della cartoleria e tipografia fon-data nel 1872 da Lodovico Smolarsin pieno centro a Trieste, città chein quel momento conta più di120.000 abitanti e poco prima haospitato una grande Esposizioneindustriale e di belle arti: in brevetempo l’azienda con la sua dinami-ca operosità diviene una vera e pro-pria istituzione nel panorama delcommercio locale. Ancora oggil’insegna Smolars, all’ombra delcampanile di San Giusto, significa

penne stilografiche, matite, carte ecartoline d’ogni tipo, quaderni,diari e cartelle.

Nel 1895 la direzione dell’a-zienda viene assunta dal cognato diLodovico, Luigi Carniel, marito diCostanza Smolars (che nel 1906 fe-ce costruire uno dei più bei palazzidella città, quella “casa Smolars”dell’architetto Romeo Depaoli, su-ta tra via Mazzini e via Dante, note-vole esempio del liberty italiano).

Col tempo, subentrano nelladirezione i figli di Luigi, Antonio,Icio e Dante, sportivi affermati inItalia e all’estero: scherma, canot-taggio, montagna e automobilismoli vedono protagonisti. A loro, inseguito, si affiancha la sorella Luisa.Nel 1947, quando si festeggiano isettantacinque anni d’attività e vie-ne stampata la pubblicazione, la ge-stione è condotta da Dante e Luisa.

Fin qui la normale descrizio-ne di un fascicolo che illustra la sto-ria di una ditta, come ce ne sonotanti. Ma alla prima carta di ri-sguardo una dedica manoscritta ininchiostro blu, recita: «Al nostroamico Giani con molto affettuosariconoscenza le prime copie uscitedalla tipografia. Gigetta e Dante.Trieste, ultimi ottobre 1947».

Giani è, ovviamente, GianiStuparich, autore del testo, da sem-pre amico di famiglia; Dante è il fi-

glio di Luigi e Costanza, già olim-pionico di fioretto e canottaggio;Gigetta è Luisa, sorella di Dante,che nel 1914 sposò il grande scrit-tore Scipio Slataper.

Gigetta è infatti una delle “treamiche” – forse la più mite e gentile– cui l’autore de Il mio Carso dedicaun corposo e amoroso epistolario,pubblicato postumo a cura dell’a-mico Giani [Torino, Fratelli Burat-ti editori, 1931]. Le altre amiche sichiamano Elody Oblath, la più in-tellettuale del trio, che diviene poila moglie di Giani Stuparich, e An-na Pulitzer (la prima amata, laGioietta del romanzo), che nel1910 si suicida con un colpo di pi-stola sparato in piedi, davanti allospecchio, “in un atto vibrante difolle esaltazione eroica”.

A Gigetta, durante gli annidello studio, dei viaggi e poi dalfronte, Slataper invierà molte ap-passionate lettere, compresa l’ulti-ma del 3 dicembre 1915 che termi-na: «Ti do uno, due e tanti baci. Sa-luta e bacia i cari e saluta tutti. E ilSecondo Scipio [il figlio appena na-to, n.d.r.], come sta?

P.S. Ci offriamo volontari conGuido e Martelli. Sono sicuro chetutto andrà bene. Un bacio a ScipioSecondo». Di lì a poche ore cadrànell’azione di guerra, colpito mor-talmente alla gola.

Celebrazione griffataGiani Stuparich in omaggio ai 75 della tipografia Smolars

STORIE D’AZIENDA

di Matteo Noja

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50 la Biblioteca di via Senato Milano – maggio 2009

Alighieri, Dante; Vernon, G. J.Warren. L’Inferno di Dante Alighieridisposto in ordine grammaticale e corre-dato di brevi dichiarazioni da G. G.Warren Lord Vernon accademico corri-spondente della Crusca. Londra (Fi-renze), Thomas & William Boone(T. Baracchi e figlio), 1858 – 1865.

Edizione in 3 volumi, il primocontiene il testo con le note, la Seriedelle Ediz. pubblicate sino al 1850, ilRepertorio dei Tipografi, librai, tra-duttori, commentatori, ecc...; il se-condo la Vita di Dante, un saggiostorico, Armi e notizie storico-aral-diche delle Famiglie Toscane cheson nominate nella Commedia; ilterzo l’album di 112 tavv. con spiega-zioni: Ritratti, monumenti e vedutedei luoghi ricorrenti nel Poema.

�De Rossi, Giovanni Bernardo

(1742-1831). Apparatus Hebraeo-bi-blicus seu mss. editique codices sacri tex-tus quos possidet novaeque var. lectio-num collationi destinat Joh. Bern. De-Rossi publi. in R. Parmensi Acad. Or.Litt. Prof. ac Theol. Facul. vice-praeses.Parma, Stamperia reale; Giambatti-sta Bodoni, 1782. Il De Rossi, descri-vendo 413 manoscritti e 159 edizionidel Vecchio Testamento in suo pos-sesso, stampò a Parma. (Brooks, 213).

Muret, Marc Antoine; Fran-çois de Neufchateau, Nicolas Louis.Conseils d’un pere a son fils imités desvers que Muret a écrtis en latin pour l’u-sage de son neveu par N. François (deNeufchateau.) Parma, GiambattistaBodoni, 1801.

Bella raccolta di 46 versi latinidi Muret, uno dei rari esempi di edi-zioni bodoniane in cui è usato il ca-rattere tedesco. Ogni pagina contie-ne un distico latino in carattere corsi-vo, colla versione francese, italiana etedesca in carattere tondo semprepiù grande. Copia appartenuta a Er-cole Viscontini, banchiere e membrodella nota famiglia milanese.

�Maistre, Joseph de. Plan d’un

nouvel équilibre politique en Europe ou-vrage publiée en 1798 sous le voile de l’a-nonyme par Joseph de Maistre[.] Nou-velle édition précédée d’une introductionpar M. R. de Chantelauze. Parigi; Lio-ne, Charles Douniol; Girard et Jos-serand, 1859. Prima edizione con ta-le titolo e con il saggio di Régis DeChantelauze, è la ristampa del rea-zionario Antidote au Congrès de Ra-stadt uscito anonimo a Londra [forseAmburgo] nel 1798, per mano di DePradt, ma attribuito per tutto l’800 alcontrorivoluzionario De Maistre.

[Manin, Daniele (1804-1857)].Carte segrete e atti ufficiali della poliziaaustriaca in Italia dal 4 giugno 1814 al22 marzo 1848. Vol. I° [- III°]. Capo-lago (Torino), Tipografia Elvetica(Tip. di Luigi Arnaldi), 1851 – 1852.

�Giovio, Giovanni Battista

(1748-1814). Della vita e degli scrittidel Cav. gerosolimitano fra Carlo Ca-stone conte della Torre di Rezzonico me-morie di Giambattista Giovio socio del-l’Instituto di Bologna, e delle accademiedi Parma, Mantova, S. Luca, venetadelle Belle Arti, ed italiana. Como,Pasquale Ostinelli, [dopo il 1802].

�Condorcet, Jean Antoine Ni-

colas de Caritat, marquis de. Analisiragionata di Condorcet sopra le istitu-zioni politiche di Bielfeld tradotta dalfrancese in italiano da Raffaele Conser-va.Milano, Carlo Tamburini, [1802].

�Mongitore, Antonino; Folen-

go, Teofilo; Licco, Gaspare; Sirillo,Bartolo; Bonaiuto, Bernardo. Dram-matiche rappresentazioni in Sicilia epoesie di autori siciliani dal secolo XVI alXVIII pubblicate per cura di GioacchinoDi Marzo vol. I [- II]. Palermo, LuigiPedone Lauriel (Tipografia delGiornale di Sicilia), 1876.

Una raccolta sempre piùricca, mese dopo mese

dalla sicilia di pagano all’europa di molinaridi Chiara Bonfatti e Giacomo Corvaglia

Acquisizioni recenti

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Alongi, Giuseppe (1858-1939). La maffia nei suoi fattori e nellesue manifestazioni. Studio sulle classipericolose della Sicilia per Alongi Giu-seppe. Roma; Torino; Firenze (Tori-no), Fratelli Bocca (Tip. e Lit. Ca-milla e Bertolero), 1886 (1887).

Edizione originale molto raradel primo saggio assoluto sulla Ma-fia, «eccellente e ancora valido».

�Pecchio, Giuseppe (1785-

1835). Sino a qual punto le produzioniscientifiche e letterarie seguano le leggieconomiche della produzione in genra-le[.] Dissertazione di Giuseppe Pecchio.Lugano, Gius. Ruggia e C., 1832.

Prima edizione. GiuseppePecchio, economista e patriota esulea Londra, è antesignano della mo-derna sociologia della letteratura. Sitratta dunque del primo saggio di so-ciologia della letteratura apparso inItalia nella prima metà dell’800.

�[Spannagel, Gottfried Philipp

von]. Notizia della vera libertà fiorenti-na considerata ne’ suoi giusti limiti, perl’ordine de’ secoli. Con la sincera disami-na, e confutazione delle scritture, e tesi,che in varj tempi ed a’ nostri dì sono statepubblicate per negare, ed impugnare i so-vrani diritti degli augustissimi impera-dori, e del Sacro romano impero, sovra lacittà, e lo stato di Firenze, e il Gran duca-to di Toscana. Parte I. [-III.] Milano, noeditore, 1724 – 26. Rara “prima”.

�[Cuoco, Vincenzo (1770-

1823)]. Saggio storico sulla rivoluzionedi Napoli seconda edizione con aggiuntedell’autore. Milano, Francesco Son-zogno, 1806. Prima tiratura della se-conda edizione.

�Stato pontificio. Tribunale cri-

minale supremo della Consulta.

1847. 1848. Al supremo Tribunale del-la Sagra Consulta romana di cospirazio-ne pee la curia e fisco contro Severino delfu Ercole De Giorgi Bertola romano dianni 46. Vincenzo del fu Giovanni Mi-cucci da Sinigallia di anni 53 pittore.Giovanni del fu Vincenzo Minardi daFaenza di anni 50 agente di affari...Carcerati Virginio Alpi e altri contuma-ci.Roma, Clemente Puccinelli, 1848.

�Saffi, Aurelio (1819-1890).

Mazzini nel 1848. Conferenza tenutada Aurelio Saffi al Teatro Castelli il 15maggio 1885. Milano, FratellanzaRepubblicana Patria e Umanità(Tip. Flli. Bietti e G. Minacca), 1885.

�Torraca, Michele (1840-1906).

I meridionali alla Camera. Napoli, G.De Angelis e figlio, 1879. “Estrattodal Bollettino Napoletano, per curadell’Associazione Nazionale”.

�Milesi Ferretti, Antonio. As-

sentismo in Italia.Firenze; Prato, uffi-cio della «Rassegna Nazionale»;Tip. Succ. Vestri, 1899.

�Pagano, Giacomo. Le presenti

condizioni della Sicilia e i mezzi per mi-gliorarle. Firenze, G. Barbèra, 1875.Prima edizione.

�Sismondi, Jean Charles Leo-

nard Simonde de. Histoire de la re-naissance de la liberté en Italie, de ses pro-grès, de sa décadence et de sa chute; parJ.C.L. Simonde de Sismondi, correspon-dant de l’Institut de France, de l’Acadé-mie impériale de Saint-Pétersbourg, del’Académie royale des Sciences de Prusse,membre honoraire de l’Université deWilna, de l’Académie et de la Société desArts de Genève, de l’Académie italienne,de celles des Georgofili, de Cagliari, dePistoia; de l’Académie romaine d’ar-

chéologie, et de la Société Pontiana deNaples. Tome premier [-second]. Parigi;Strasburgo; Londra, Jean GeorgesTreuttel&J. Godefroy Wurtz (Char-les Crapelet), 1832. Prima edizione.

�Bonald, Louis Gabriel Am-

broise, vicomte de (1754-1840). Sag-gio analitico sulle leggi naturali dell’or-dine sociale ossia del potere, del ministro,e del suddito nella società. Opera del si-gnor visconte De Bonald, Pari di Fran-cia. Traduzione dal francese, eseguitasulla 2. edizione di Parigi del 1827. PerAdriano Leclerc; riveduta dall’autore.Napoli, Biblioteca cattolica, 1827.

�Bonald, Louis Gabriel Am-

broise, vicomte de. Sull’indissolubilitàdel matrimonio considerata relativa-mente allo stato domestico e allo stato pub-blico di società. Opera del Sig. Visconte deBonald prima traduzione dal francese.Napoli, Biblioteca cattolica, 1827.

�Scudery, Georges de (1601-

1667). Discorsi politici de i re, del signoredi Scudery. Trasportati dal linguaggiofrancese nell’italiano dal signor Girola-mo Brusoni, e dedicato all’illustriss. sign.la Signora Elena Cornara Piscopia del-l’eccellentiss. signor Gio. Battista procu-ratore di San Marco. Venezia, eredi diFrancesco Storti & Giovanni MariaPancirutti, 1669. Prima ed. italiana.

�Molinari, Gustave de. Les soi-

rées de la rue Saint-Lazare. Entretienssur les lois économiques et défense de lapropriété par M.G.Molinari membrede la Société d’économie politique de Pa-ris. Parigi, Guillaumin (GustaveGratiot), 1849. Prima edizione diuna delle migliori opere dell’insigneultra-liberista e anti-statalista belgache auspicò una società integral-mente di mercato.

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Piccole raccolte e librerie, di R. ObrediLa Fiera del Bibliofilo, da la Fiera Let-teraria del 19 dicembre 1926, p. 7

Quanti che possono spenderee che posseggono apparta-menti di un certo lusso, an-

noverano da noi, tra i mobili di casaanche una libreria? Forse esagero di-cendo il quattro o cinque per cento.

In Italia si legge discretamente,ma in generale un libro non lo si con-serva, né lo si acquista col preconcet-to di doverlo conservare, cioè conuna certa cura di scelta, sia per la ma-teria come per la veste. Non si pensaa priori che debba far parte di un cor-pus degno del nome di piccola rac-colta o di libreria. Entra in casa a sor-te, secondo la moda, il grido dell’orache passa, la molteplice esposizionein vetrina, a suggestione del titolo odell’illustrazione sulla copertina,ballonzola un poco sui tavoli o sullepoltrone, e va a finire tra i giornali ele riviste spaiate di rifiuto, o emigraper benevoli prestiti senza ritorno.

Se qualcuno resta, almeno inricordo del prezzo, non lo si fa rilega-re così che dopo un po’di tempo sisfascia, si sciupa e si disperde comegli altri. Per la rilegatura c’è una verae propria avversione. Costa cara, enon avendo il libro un posto di con-servazione e costituendo quasi un in-gombro, la si ritiene inutile. E coì permancanza di una scelta clientela,scarseggiano anche i buoni rilegato-

ri. I bibliofili e gli amatori lo sannoper prova. E tutto questo perché il li-bro non lo si ama per sé, per la suaanima e per il suo corpo, non lo sisente come un lumen cordis et specu-lum corporis, come direbbe Luca DePenna, e non si giunge neanche aconsiderarlo come un bel decorodella casa, un testimonio, se pur nonsempre veritiero, del buon gusto edell’intelligenza di chi la abita.Quante volte noi raccoglitori ci siamsentito dire, specialmente dalle si-gnore: «Ma come?! Non si brontolain casa sua per tanto ingombro dicarta attirapolvere? La sua povera si-gnora, non dice niente? Glielo per-mette?» E ci guardano con schietto,

infantile compatimento comestrambi originali sciupatori di soldiper creare l’infelicità coniugale e ildisordine domestico. Cosa strana!Le donne che oggi in Italia sono lepiù numerose clienti dei librai, sono,in generale, anche le più accanite av-versarie di raccolte e librerie.

Per molte una raccolta non su-scita che l’idea dell’ingombro, del-l’invadenza, del disordine e dell’o-diata polvere. Gli appartamenti so-no piccoli; per il libro non c’è posto.Comprarne qualcuno a spizzico,senza metodo, per curiosità o per es-sere un po’ al corrente secondo leconversazioni del giorno, sì. Custo-dirlo, farlo rilegare, dargli un postoduraturo nella casa, no.

E pure è dalla conservazione edalla raccolta, che deriva la sceltaponderata, la costanza metodica diacquisto, il profitto culturale e, pu-re, economico. Economico non tan-to per il lapalissiano assioma che ciòche non si sciupa è un guadagno, maperché una raccoltina ben fatta concura e discernimento può serbaredelle gradite sorprese e acquistareun plus-valore che aumenta invecedi diminuire col tempo.

Oggi, per esempio, in Francia,in Inghilterra fiorisce, e da noi è sul-la buona via, la ricerca della valoriz-zazione delle prime edizioni, dei nu-merati e dei libri di lusso tipografico,o di carta, o di formato, anche di au-tori viventi o scomparsi da non mol-

CERTO, UNA LIBRERIA!Urge conservare i propri libri, a costo di cambiare le donne

Chicche da bibliomane

La Fiera Letteraria, rivista di lettere, scienze e arti,venne fondata nel 1925

da Umberto Fracchia e continuò le sue pubblicazioni fino al 1977.Fra i suoi più illustri direttori,Gian Battista Angioletti, Curzio Malaparte, VincenzoCardarelli e Manlio Cancogni. Fra le sue rubriche fisse, questa“Fiera del bibliofilo” che, di numero in numero, proponevasvariate notizie letterarie ed editoriali sul variegato mondodelle edizioni antiche, illustrate, d’autore.

UNA RUBRICA AD HOC

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to. E si pagano prezzi di vera affezio-ne. Chi negli ultimi decenni si è for-mata una collezione d’opere elettecon amore e buon gusto può avere ilcompiacimento di vedersela decu-plicata e anche centuplicata di prez-zo. Cosa che non guasta, anche se ilraccoglitore, come il buon Agricoladi Catone, è emace e non vendace;appartiene, cioè, alla categoria degliamatori non negozianti o avari cheama il libro e lo stima con criteri piùduraturi e certi che resistono all’au-ra mutevole del giorno. Abbiamovoluto, però accennare anche al van-taggio dei rialzi, quasi sempre sicuriper gli esperti, perché non è trascu-rabile e può anch’esso avere il suovalore di propaganda e persuasione.

Date al libro il posto d’onoreche si merita, secondo la vostra agia-tezza e la vostra condizione sociale.Imparate a conoscerlo ne’ suoi me-riti intrinseci ed estrinseci; sceglie-telo con accurato e cauto esame e ac-quistatelo con metodo e costanza.Avrete così presto il nucleo che do-vrà raggruppare intorno a sé la futu-ra libreria. Ai primi compiacimentine seguiranno altri maggiori e ungiorno ci sarete grati dell’inocula-mento del bibliofilo e lo trasmette-rete ad altri con grande beneficiodella coltura e della diffusione delbuono e bel libro nel paese.

Il libro conservato lo si rivede,lo si rilegge o, almeno, si torna aconsultarlo, si modificano e si rifor-mano giudizi, si ordinano idee e co-noscenze, su una stessa linea di unitàculturale, si dà corpo con membrapiù armonicamente rispondenti aquel tanto che si sa, si facilita la me-moria colla localizzazione e con mi-nor fatica e quasi inavvertitamente,si riesce a dare alle proprie cognizio-ni una fisionomia e un disegno più

preciso e sicuro, un legame che di-versamente non avrebbero e che èmaterialmente rappresentato dai di-versi libri della vostra raccolta cheriflettono i diversi gusti e le diversepredilezioni e vi rappresentano co-me la vostra cultura li rappresenta.

In queste brevi note insistere-mo sull’argomento. Consiglieremo;daremo schemi succinti di armoni-che collezioni; indici di stampatoriantichi e moderni più pregiati e del-le loro edizioni migliori, nomencla-ture e spiegazioni bibliografiche,suggerimenti sulla scelta, legatura econservazione del bel libro, tutte,insomma quelle elementari ma,purtroppo, tanto ignorate condizio-ni che concorrono a formare il pic-colo bibliofilo, il fondatore dell’au-spicata raccolta.

Sarà bibliografia spicciola, losappiamo. Centesimi della vasta egrande scienza, ma con la loro utilemissione.

I bibliofili in grande non hannobisogno di noi. Hanno a loro dispo-sizione ben altro e sanno dove pesca-re quello che ignorano. Noi ci ac-contenteremo di ripetere con Te-

mant de Latour: «Io non faccio bi-bliografia né per i bibliofili di profes-sione e neppure per i bibliofili di unacerta forza, ma per qualcuno che sapressappoco un po’ in meno, e perciòpiù disposto a essermi indulgente».

Per de Latour era modestia;per noi è sincerità. La più gran partedei lettori preferirà, ne siamo certi,questa bibliologia alla mano a quellapiù profonda e complessa che lasce-remo ai bibliotecari, ai grandi racco-glitori, agli studiosi specializzati e ainegozianti hors-ligne.

Né noi, né la maggioranza deinostri lettori abbiamo l’illusione, ola vana speranza di trovare tanto fa-cilmente sul nostro cammino dei co-dici miniati, dei volumi quattrocen-teschi su pergamena o silografici,degli esemplari unici o quasi, chehan già il loro asilo noto e sicuro enon lo cambiano che a suon di dolla-ri o sterline. Noi ci accontentiamodel libro bello e anche raro che sap-piamo di poter raggiungere collenostre ricerche e coi nostri mezzi.

Siamo i cadetti della famigliabibliofila, ma non per questo abbia-mo soddisfazioni e gioie minori. Chiama il libro lo sa e quelli che impare-ranno ad amarlo lo conosceranno esolo allora allora ci sapranno direquale e quanto gradevole acquistoabbiano fatto per la loro vita.

Un mobiletto apposito, unacinquantina di volumi ben scelti eben vestiti bastano per incomincia-re. Il resto vien da sé. Chi ha bevutoberrà. Le piccole raccolte si molti-plicheranno. La libreria sarà quelloche deve essere: «L’unico e vero in-dice della distinzione e della supe-riorità di chi la abita.»

Ma… e le signore?…Speria-mo di poterle convertire. Se ci simetton loro…!

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54 la Biblioteca di via Senato Milano – maggio 2009

Fra le molte collezioni cui hadedicato vita e passioni -quadri dell’avanguardia

russa, ceramiche Art Deco francesie l’amore per le belle belle donne- i libri sono forse la più preziosa.Rigoroso e fedele avvocato delMilan, ma bibliofilo anomalo edisordinato – “mi sonoinnamorato della lettura moltogiovane, ma la bibliomania èarrivata tardi, e pur amando moltoi libri come oggetto, li acquistoper leggerli: quindi solo quelli chemi interessano” - LeandroCantamessa ha ereditato i nomi dibattesimo (e le biblioteche) delnonno Leandro Arpinati, gerarcache poi ruppe con Mussolini e tra

gli anni ’20 e ’30 fu presidente del Coni e della Figc;dello zio paterno Torquato, fondatore della primasocietà teosofica in Italia; e di Antonio Spazzoli, eroedella resistenza fucilato nel ’44. L’“ossessione” deilibri gliel’ha passata però la madre. Da ragazzo, acausa di una rara malattia alle ossa, rimane ingessatoper due anni dalle ginocchia al collo, potendorimanere solo sdraiato o in piedi. E in piedi curiosaalle spalle della madre che passa ore a leggere “strani”libri destinati a segnare la sua vita: da lì spicca il follevolo verso le stelle.

È lì che inizia tutto: a 17-18anni, per uscire assieme alla ragazzache sarebbe diventata mia moglie, dinascosto vendetti alla Libreria Nannidi Bologna i suoi libri di fantascienza.Ma già a 20-22 anni, in preda aisensi di colpa, mi misi a batterebancarelle e rigattieri per ricomprali.Così nasce la mia collezione completadi Urania, compreso il rarissimonumero 323 bis uscito nel 1963 con le strisce di B.C. di Johnny Hart.Libri che ho letto tutti, fino al 1978.

Poi è passato all’astrologia.Scelta bizzarra.

No, consequenziale semmai. Seesistono due discipline simili nel loro

CANTAMESSA, CHE FALE CARTE AL DIAVOLO

L’avvocato del Milan e la sua biblioteca astrologicaDI LUIGI MASCHERONI

L’INTERVISTA D’AUTORE

Nel 2007 ha pubblicato una bibliografia

in due volumi per recensire tutte le opere

di astologia edite al mondo (e in tutte

le lingue) tra Quattro e Novecento. E pare

che oggi sia pronto alla seconda edizione.

La sua biblioteca sul tema, del resto,

non teme nessuna concorrenza se non quella

di un’altra sua collezione. Tutte e settanta

le annate dell’Almanacco del Calcio e tutte le

edizioni dei regolamenti della Federazione

italiana gioco calcio, dal primo del 1902

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essere straordinari attivatori dellafantasia, una dal punto di vista dellaletteratura l’altra da quello del pensiero, queste sono proprio lafantascienza e l’astrologia. Sempre distelle e di cieli si tratta. E dai Sumeriin avanti, nulla come il cielo e lestelle ha mosso la fantasia dell’uomo.

E quando ha iniziato lacollezione di astrologia?

Una decina di anni fa entraialla libreria Mediolanum di LucaPozzi, a Milano. La mia compagnami disse: “L’astrologia è la tuapassione. Compra un libro”. Eacquistai un testo di GiovanniPontano, umanista che in polemicacon Pico della Mirandola difesel’astrologia con il poema “Urania”del 1476, e che poi scrisse anche il “Meteororum liber”e il “De rebuscoelestibus”. Comunque, da allora,seguendo il consiglio di Pozzi diconcentrarmi solo sui miei interessi,non mi sono più fermato.

Tanto che è diventato ilmassimo esperto e il più grandecollezionista di libri astrologicidel mondo: due anni fa Lei ha curato per Olschki unabibliografia in due volumidedicata alle opere di astrologiapubblicate in tutte le lingue ein tutti i Paesi dal ’400 al ’900.

Oltre 5mila titoli censiti, piùaltre 3mila schede già pronte per unaseconda edizione che coprirà altri 30anni, per i quali ho spulciato icataloghi delle biblioteche di carta oonline dell’intero pianeta. E alcuni liho anche comprati…

Quanti ne ha?

Ottocento, acquistati ovunque,da Londra all’Australia. Soprattuttoa Milano e Bologna, poi Los Angeles.Saggi e trattati, ma soprattutto testipopolari, discorsi e previsioni. Hannocosti mostruosi, mi creda. Ma nonriesco a trattenermi. Adesso sto dandola caccia alla produzione di opere cheseguì il nefasto annuncio, sulla base diuna nefasta interpretazione di unastraordinaria congiunzione di pianetinel segno dei Pesci, nel 1524, di unsecondo diluvio universale. In Europasi scatenò il panico e sull’argomento sipubblicarono una cinquantina di testi.

La sua professione diavvocato di una grande squadradi calcio è la causa, o forse la conseguenza, di un’altracollezione particolare.

Possiedo la raccolta completadell’Almanacco del calcio dal 1939 al2009, agli inizi pubblicato da Rizzolie poi da Panini. E credo di esserel’unico a possedere tutte le edizioni deiregolamenti della Federazioneitaliana gioco calcio, a partire da unlibrettino del 1902.

Immagino lasciatole dal nonno, Leandro Arpinati,presidente di Coni e Figc.

No, trovato per caso su unabancarella. Del resto, sono testidifficilissimi da trovare, perché nonvenivano messi in commercio, a volteerano pubblicati dalle compagnie di assicurazioni. Se ti va bene li troviin qualche mercatino.

A proposito, quale è statoil “colpo” della sua carriera?

Su una bancarella di piazzaDiaz, qui a Milano. In mezzo a testidell’Otto e del Novecento, che peraltronon sono il mio primo interesse,spuntò fuori un libro di medicina delSeicento, con le pagine divise in duecolonne: da una parte un trattato diginecologia, dall’altra di astrologia.Era il “Geneanthropeiae siue DeHominis Generatione Decatevchon”di Giovanni Benedetto Sinibaldi,stampato a Roma da Caballi nel1642. Un libro del quale neppureimmaginavo l’esistenza. Al libraiochiesi solo: “Quanto vuole?”

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3A DI COPCHIEDERE SEDORSO BIANCO+1/2 MM PER LATO

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