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N.6 Luglio - Agosto 2015 ISSN – 2284- 0850
Periodico della Fraternità Francescana “Frate Jacopa” - Sicilia
“Santissimo Padre, benché io sia misero
e peccatore, ti prego che a tutti quanti,
pentiti e confessati, verranno a visitare
questa chiesa, conceda ampio e
generoso perdono, con una completa
remissione di tutte le colpe”. “Quello
che tu chiedi, o frate Francesco, è
grande – gli disse il Signore -, ma di
maggiori cose sei degno e di maggiori
ne avrai. Accolgo quindi la tua
preghiera, ma a patto che tu domandi
al mio vicario in terra, da parte mia,
questa indulgenza”.
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Voce Francescana – 6/2015
Anno XXVII - N. 6 – Luglio - Agosto 2015 Aut. Trib. Di Messina 15.2.88 Reg. Stampa 1/88
ISSN – 2284- 0850
Direttore Responsabile
Antonino Lo Monaco
Direttore Editoriale
Nicola Antonazzo
Vice Direttore
Tindaro Mangano
Redazione
Argia Passoni, Emanuela La Face, Daniela Gallo, Irene Pagano Dritto, Lavinia Aloisio,
Nancy Antonazzo, Tindaro Mangano, Valerio Ciarocchi
Edizioni
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Grafica: nicolantonazzo2015
INDICE
La festa del perdono, 3
Il culto dei santi, 5
L’anima e il corpo, 8
Il profeta Michea, 11
Luglio- Agosto 2015 Voce Francescana
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1. Le indulgenze: significato e dottrina
Chiariamo, prima di ogni cosa, il senso e il
significato dell'Indulgenza interrogando due fonti
autorevoli: il Codice di Diritto Canonico (CJC) e il
Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC). Tirata
spesso in ballo come casus belli per l’inizio della
riforma protestante, la pratica l’indulgenza non si
può sostituire a nessuna reale conversione
interiore e a nessun deciso cambio di vita. Il
Codice di Diritto Canonico affronta il tema delle
indulgenze all’interno del Libro IV, sulla funzione
di santificare della Chiesa. I canoni che vanno dal
992-997 affrontano ed esauriscono l’intera
disciplina. Il can. 992 ci offre la definizione
dell’indulgenza intesa come “la remissione dinanzi
a Dio della pena temporale per i peccati, già
rimessi quanto alla colpa, che il fedele,
debitamente disposto e a determinate condizioni,
acquista per intervento della chiesa, la quale,
come ministra della redenzione, dispensa ed
applica autoritativamente il tesoro delle
soddisfazioni di Cristo e dei Santi”. Viene così ben
circoscritto il campo e lo spazio di movimento. Il
fedele deve aver già maturato il proposito
fondamentale, quello della conversione. Esistono
poi delle condizioni, ormai impresse nella
memoria dei fedeli, che ne concretizzano la
pratica.
Fin qui la materia dal punto di vista della
“legge”. Vediamo la seconda fonte, altrettanto
autorevole, che spiega in maniera più profonda la
portata della dottrina sulle indulgenze. Ai numeri
nn. 1472 e 1473 del CCC si parla anzitutto della
duplice conseguenza del peccato. Quello grave ci
priva della comunione con Dio . Non di meno
anche i peccati che consideriamo veniali,
provocando un attaccamento malsano alle cose,
richiedono una forma purificazione, sia durante la
vita terrena sia, sia dopo la morte, nello stato
chiamato Purgatorio. La prima libera dalla
cosiddetta “pena temporale” del peccato. Lungi
dall’essere una sorta di vendetta da parte di Dio
infligge, quanto piuttosto la conseguenza del
peccato stesso, richiedono fondamentalmente un
gesto di conversione, capace di arrivare alla totale
purificazione del peccatore eliminando così la
pena.
2. Storia del perdono di Assisi
La tradizione del perdono di Assisi o della
Porziuncola ha radici antichissime. Quasi otto
secoli di storia ci separano dall’introduzione di
questa festa legata alla storia del
Francescanesimo. Fu lo stesso San Francesco a
chiedere ed ottenere questo particolare privilegio
per la piccola chiesetta dalla quale partì la sua
opera di riforma. Correva l’anno 1216. Nel clima di
preghiera che da sempre circondato ogni
passaggio fondamentale della sua esperienza
terrena, Francesco riceve in visione la possibilità di
salvare delle anime. Senza indugio chiede che
“coloro che, pentiti e confessati, verranno a
visitare questa chiesa [la Porziuncola, ndr],
ottengano ampio e generoso perdono, con una
completa remissione di tutte le colpe” . La
condizione per ottenere questa particola e
speciale concessione è una sola: passare dal vaglio
del Vicario di Cristo, in quel momento storico
Onorio III, che accoglie e concede in perpetuo
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l’indulgenza richiesta. Sarà lo stesso San
Francesco, attorniato dai Vescovi dell’Umbria ad
annunciare al popolo di Assisi il privilegio
accordato dal Papa. La pratica dell’indulgenza
della Porziuncola sarà in seguito perfezionata
attraverso due importanti documenti. Il primo è
cronologicamente più vicino all’inizio della pratica
del 2 agosto e trova spazio all’interno delle Fonti
Francescane . Si tratta del “Diploma di Teobaldo”,
frate minore e vescovo di Assisi. Il documento
viene emanato il 10 agosto del 1310 ed ha
fondamentalmente una natura apologetica,
essendo stato redatto per rispondere ai detrattori
dell’Indulgenza. Ciò non toglie, però, che il
documento si stato redatto in maniera rigorosa e
puntuale, partendo dal fatto storico che diede
inizio alla tradizione. Un secondo documento, a
distanza di 7 secoli, ne regola la disciplina. Si tratta
della Lettera Sacrosancta Portiuncolae, emana il
14 luglio 1966 da Papa Paolo VI in occasione del
750 anniversario della concessione
dell’Indulgenza. «L’indulgenza, - scrive il Sommo
Pontefice - che è elargita dalla Chiesa ai penitenti,
è la manifestazione di quella mirabile comunione
dei Santi, che nell’unico vincolo della carità di
Cristo unisce la Beatissima Vergine Maria e
l’insieme dei fedeli trionfanti nei cieli o in attesa
nel Purgatorio o in cammino sulla terra. E infatti
con l’indulgenza, che viene data per autorità della
Chiesa, viene diminuita o certamente abolita la
pena, a causa della quale l’uomo viene in certo
modo ostacolato nell’ottenere una più stretta
congiunzione con Dio; per la qual cosa il fedele
oggi penitente trova aiuto in questa speciale
forma di carità, per spogliarsi dell’uomo vecchio e
rivestirsi del nuovo».
3. Le attuali condizioni
Il codice indicava ma non specificava le condizioni per ottenere ( “lucrare”) l’indulgenza:
Confessione sacramentale. Può essere celebrata nell’arco di tempo degli otto giorni precedenti e successivi alla visita della chiesa della Porziuncola. È la conditio sine quan non , per tornare in grazia di Dio.
Partecipazione piena alla Celebrazione Eucaristica nello stesso arco di tempo indicato per la Confessione.
Visitare la Basilica di Santa Maria degli Angeli all’interno della quale è letteralmente custodita la Chiesa della Porziuncola. Durante la visita viene chiesto al fedele di completare la pratica attraverso alcuni gesti: rinnovare la professione di fede recitando Credo; recitare il Padre Nostro.
La pratica include la preghiera secondo le intenzioni del Papa. È possibile soddisfare quesat’ultima “clausola”, necessaria, insieme al Credo, per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, con la recita di un Padre, un’Ave e un Gloria.
Esistono due diverse possibilità circa i tempi. I fedeli che si recano presso la Chiesa della Porziuncola
possono lucrare l’indulgenza ogni giorno. Diverso è per coloro che sono impossibilitati a recarsi ad Assisi:
è possibile ottenere i medesimi benefici spirituali ottemperando alle condizioni descritte sopra dal
mezzodì del 1 alla mezzanotte del 2 agosto recandosi in una qualunque chiesa parrocchiale o
francescana.
Bibliografia: Catechismo, 1472-1472; Codice Diritto Canonico, can. 992-997; Fonti Francescane 3391-
3399; Paolo VI, Sacrosancta Portiuncolae, 14 luglio 1966 [A.A.S., vol. LVIII (1966), n. 9, pp. 631-634].
Nicola Antonazzo
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La chiesa celebra, all’interno dell’anno liturgico, il culto dei santi. La Sacrosantum Concilium 104 ben ci introduce a tale argomento sottolineando come all’interno del ciclo liturgico di Cristo si celebrano i santi, nel cui giorno natalizio viene celebrato il mistero pasquale che si è realizzato in loro: «La Chiesa ha inserito nel corso dell’anno anche la memoria dei martiri e degli altri santi che, giunti alla perfezione con l’aiuto della multiforme grazia di Dio e già in possesso della salvezza eterna in cielo cantano a Dio la lode perfetta e intercedono per noi. Nel giorno natalizio dei santi infatti la Chiesa proclama il mistero pasquale realizzato in essi, che hanno sofferto con Cristo e con lui sono glorificati; propone ai fedeli i loro esempi che attraggono tutti al Padre per mezzo di Cristo; e implora per i loro meriti i benefici di Dio».
L’antecedente del culto dei santi è il culto dei defunti che ha una doppia origine: nel culto dei martiri e in quello dei vescovi. Queste due fonti formarono il calendario di ogni chiesa locale, che in seguito acquisterà un carattere universale. Per quanto riguarda il culto dei morti, nell’ambiente greco-romano ci si radunava attorno alla cattedra, cioè il seggio lasciato vuoto dal defunto, nel giorno della sua nascita-compleanno, e si pranzava lasciando un posto vuoto per il defunto. Esso era detto culto dei “penati”. Il culto dei martiri è simile al culto dei morti: ci si radunava nel “dies natalis” (giorno della morte) sulla tomba del martire per celebrare l’Eucaristia; in tal modo
la comunità locale, che nel paragone costituisce i “parenti del morto”, tiene vivi la memoria e il culto del martire. Una ricca testimonianza di ciò viene dal Martirio di Policarpo (II secolo); infatti si fa bene attenzione a distinguere adorazione (per Cristo) da venerazione (per i martiri). Tra i primi martiri in Occidente si hanno Cipriano di Cartagine (circa nel 250) e a Roma Sisto II e i suoi sei diaconi (il 6 Agosto; il settimo diacono è San Lorenzo il 10 Agosto). Sulle tombe dei martiri inoltre si costruiranno poi cappelle e chiese. Ben presto il culto dei martiri si allarga tra le varie comunità e l’assenza della tomba si supplisce con la presenza delle reliquie. “Martiri” sono i testimoni della
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fede, e in questo senso ben presto vengono compresi anche i confessori della fede e i vescovi locali. San Martino di Tours sembra sia stato il primo santo celebrato liturgicamente non solo a livello locale. Sant’Agostino distingue tra martiri e defunti: i primi intercedono (sono nostri avvocati); i secondi si affidano alla nostra preghiera (sono i nostri clienti). Con il Sacramentario Veronense nascono i primi formulari liturgici per i santi (fino al VI secolo). Fino al X –XI secolo era il popolo che acclamava il santo e la Chiesa approvava; in seguito la Santa Sede rivendicò per sé tale acclamazione e introdusse il processo di canonizzazione come criterio ministeriale per stabilire la santità. Nel Medioevo l’Anno Liturgico era stracolmo di santi (230 feste di santi, 100 altri giorni di festa, solo 35 di feria). Già il Concilio di Trento cercò di ridimensionare la situazione ma senza grande esito. Gli interventi successivi di Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII e il Vaticano II sono riusciti a sfoltire il calendario. Nel 1969 infatti, con le riforme del calendario romano si arrivò ad avere 4 solennità di santi, 23 feste, 63 memorie obbligatorie e 45 facoltative. In quest’opera si cercò di eliminare le celebrazioni senza fondamento storico, e di tener conto l’universalità di tempo, di luogo, di stato e di vita del santo, per ridurne magari la celebrazione a determinate comunità locali. Il culto dei santi nella liturgia è innanzitutto celebrazione del mistero della Chiesa ed epifania di Dio stesso. Il Prefazio I dei Santi, infatti, sottolinea: «Nella festosa assemblea dei santi risplende la Tua gloria e il loro trionfo mostra la Tua misericordia»; celebrare i santi, quindi, significa in primo luogo lodare l’opera di Dio come Creatore e Redentore. La loro celebrazione è stata uno stimolo anche, nel corso dei tempi e della storia, a dimostrare che è possibile vivere una vita piena nel Vangelo. Ripercorrere il calendario delle celebrazioni dei santi significa anche notare la relatività di ogni santo e la loro complementarietà, perché è chiaro che ogni santo non realizza in toto il Vangelo, ma ne sottolinea soprattutto un aspetto. Da ciò derivano le varie classificazioni di santi: apostoli, martiri, vergini, religiosi, dottori, santi della carità, pastori, eccetera. Così anche abbiamo un ventaglio di santi che affronta le diverse categorie umane e sociali:
una volta avevamo solo i martiri, poi i vescovi e i pontefici, ora abbiamo anche i laici, i missionari, le vedove, le madri di famiglia, eccetera. Celebrare i santi nella liturgia significa quindi ricorrere a modelli e intercessori («modelli di vita, amici di Dio e nostri intercessori»: Prefazio I). Sono chiamati “modelli” in quanto sono un’illustrazione del Vangelo; ma essi sono anche “intercessori” presso Dio per le comunità. È da notare che mentre la devozione popolare si rivolge direttamente ai santi, la Liturgia si rivolge a Dio per intercessione del santo. L’unica eccezione della liturgia in cui si rivolge direttamente ai santi è data dalle Litanie dei Santi. L’eucologia attuale per le celebrazioni dei santi, a differenza di quella precedente che poneva l’accento sulla straordinarietà del santo (aspetto taumaturgico), focalizza di più lo sguardo sul rapporto Santo-Dio, sul parallelismo Santo-Cristo, cercando di far emergere anche l’aspetto ecclesiologico del santo. Manca però ancora l’aspetto pneumatologico in riferimento ai santi. Molte collette, inoltre, sono purtroppo ancora “anonime”, mentre poche sono quelle “specifiche”, basate sulla storia e il carisma particolare del santo. I santi sono presentati alla comunità, quindi, come vuole la Sacrosantum Concilium 104, come coloro che hanno saputo vivere in pienezza il mistero pasquale di Cristo e conseguentemente sono modelli per la Chiesa. Celebrare i santi, significa celebrare il mistero di Cristo nei suoi frutti, il mistero pasquale del Capo realizzato in quelle membra che meglio si sono configurate a lui. Quando la Chiesa venera i santi, riconosce e venera la vittoriosa grazia dell’unico Redentore e Mediatore che nei santi continua a vincere. La Chiesa celebrando i santi innanzitutto ringrazia il Padre (a differenza della pietà popolare che ringrazia il santo) per la misericordia che ci ha donato in Cristo e che è diventata visibile, efficace, costatabile nella vita di alcuni uomini vissuti accanto a noi. Cristo è l’archetipo di ogni santità, è il suo volto che viene impresso nel santo. Nella intercessione dei santi, i cristiani esprimono la loro fede nel mistero del Corpo Mistico, perché quando un membro di questo Corpo è nella gioia, tutto il Corpo è nella gioia. Oggi si sottolinea di più l’aspetto morale della santità, a discapito di quello teologico–trinitario o
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teologico–ecclesiale; a ciò si aggiunge anche il discorso della ricerca del miracolo. Nella prassi pastorale il santo deve essere un’occasione per maturare ed approfondire l’autentica spiritualità cristiana, in base alla quale Cristo è veramente il centro. Il culto dei santi, insieme a quello della Madonna, è un aspetto della pietà popolare da cristianizzare e agganciare alla liturgia. La devozione infatti ha tre caratteristiche rispetto alla liturgia: è “popolare” (diffusa tra il popolo che si aggancia all’Invisibile tramite il visibile – candele, immagini, statue eccetera), risponde al “bisogno di particolarità” (il santo è “il mio santo”, specializzato su una cosa di cui ho bisogno) e risponde al “bisogno di prossimità” (Dio è inaccessibile, ma il santo è più vicino a noi). Queste caratteristiche vanno cristianizzate pian piano. La devozione popolare, inoltre si esprime anche riguardo al tempo. Mentre il mistero di Cristo abbraccia l’intero Anno Liturgico, il culto dei santi è invece legato al tempo, cioè a giorni e mesi
particolari (Maggio è dedicato alla Madonna; Marzo a San Giuseppe; Giugno al Cuore di Gesù; Novembre ai morti; il Martedì a Sant’Antonio; il Giovedì a S. Rita, eccetera). Inoltre esso è anche legato allo spazio: il luogo dove è sepolto il santo; il santuario a lui dedicato; la basilica. Ciò risponde al desiderio di prossimità e concretezza per cui il devoto va a visitare il santo a “casa sua”. La devozione popolare è legata anche a quella concretezza che diventa la statua, l’immagine, la rappresentazione del santo. Bisogna, quindi, superare questo aspetto privatistico del culto del santo per sottolineare quello cristologico (il santo è manifestazione del volto di Cristo) e quello ecclesiologico (il santo è “diacono della comunità”, servo della Chiesa) per poter sempre di più attingere alla testimonianza che i santi ci hanno lasciato e che ci permette di avvicinarci sempre di più a Dio Padre, che ci ama e desidera la salvezza per tutta l’umanità.
Tindaro Mangano Bibliografia dei testi consultati:
CALENDARIO LITURGICO 2015, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2014; CONCILIO VATICANO II, Sacrosantum Concilium, Costituzione sulla sacra liturgia, 4 Dicembre 1963, in: EV 1, nn. 1-244; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La sacra Bibbia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1994; IDEM, Lezionario, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007;IDEM, Ordinamento Generale del Messale Romano (secondo la terza edizione tipica, promulgata il 20 aprile 2000), Libreria Editrice Vaticana, Roma 25 gennaio 2004.
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Oggi la società è sempre più colpita da malattie, sembra che le persone si ammalino di più, perché le esperienze che sfidano le capacità di risposta agli eventi producono effetti psico-somatici che possono rimandare ad un adattamento più evoluto oppure portare la persona a sopravvivere con delle limitazioni per il danno che ha subito. Questo perché il corpo e l’anima formano in ogni singolo processo un’unità indissolubile, sono in continuo rapporto sia nella psicopatologia che nella psicologia normale. Pertanto da un lato sono presenti fenomeni somatici che dipendono da fenomeni naturali, dall’altro i processi psichici più elevati hanno un’origine nelle condizioni del corpo e portano di conseguenza uno stretto legame fra psicopatologia e medicina somatica. In natura esistono diversi fenomeni somatici osservabili oggettivamente, che insorgono in precedenza di determinati processi psichici, sia in modo consecutivo che contemporaneo.
Ogni individuo è costituito di anima e corpo. Per anima s’intende l’interiorità vissuta in modo immediato, ciò che produce prestazioni significative, ciò che ha una qualche espressione, l’unità dell’io, una sostanza psichica fondamentale. Per corpo s’intende la forma morfologica del vivente, i movimenti significativi visibili, i processi biologici, fisici, chimici, le localizzazioni cerebrali. Nel momento in cui si distinguono queste due entità si pone la questione dei rapporti esistenti tra le stesse. Tutto ciò che è corporeo agisce sull’anima allo
stesso modo ciò che è psichico agisce sul corpo. Inizialmente anche Descartes distinse due realtà, la res cogitans e la res extensa, non confrontabili, ognuna delle quali era osservabile, descrivibile, ed indagabile di per sé. Questa separazione trova la sua applicazione valida nell’analisi metodologica che da essa consegue ma si dissolve nel onnicomprensivo della vita. Nell’anima dell’uomo sta la forma sostanziale del corpo umano, il corpo è pertanto in un certo modo nobilitato, e l’anima è resa corporea. Non si ha una fondamentale diversità di natura tra il
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fisico e lo psichico. La stessa psicologia di San Tommaso considera la conoscenza sensibile, il tendere e il potere sensibile, come dipendenti dal corpo e li distingue dall’intelletto e dal potere spirituale che non dipendono dal corpo. Tutto ciò che è sensibile si articola sia attraverso i cinque sensi esterni, sia attraverso la capacità dei sensi interni di cui fanno parte il senso generale, la forza d’immaginazione, la capacità di giudizio sensibile, la memoria sensoriale. A questi si aggiunge il potere appetitivo sensoriale e le passioni. In generale il concetto del tutto anima-corpo può modificarsi in molti modi. Ognuno in se stesso esperimenta la coincidenza di corpo ed anima. Pertanto il ruolo delle sensazioni somatiche è evidente nella percezione degli eventi del proprio corpo, nei sentimenti, negli istinti e nelle passioni. Questa esperienza non è un mezzo di conoscenza universalmente valido dell’unità anima-corpo, ma, in quanto esperienza, è oggetto di conoscenza dei rapporti anima-corpo. Se si volessero iscrivere le strutture psichiche in quelle corporee e sostenere di entrambe l’identità, si finirebbe in idee che risulterebbero teoriche assurde. Che l’anima sia vincolata al corpo è una verità indeterminata. Ad ogni modo si può dire, negativamente, che non esiste un luogo di per sé decisivo della realtà psichica, ma una integrazione e legami multiformi tra psichico e le condizioni corporee indispensabili. Infatti come esistono luoghi delimitati dal sistema nervoso le cui lesioni alterano le varie funzioni, sussistono regolazioni reciproche tramite le funzioni del sistema endocrino neuro-ormonale che provocano stati d’animo o istinti, oppure quando da cause psichiche deriva la secrezione ormonale si hanno effetti somatici o psichici. I rapporti anima-corpo vengono indicati nella psicologia dell’espressione in relazione alla mimica e alla fisiognomica del corpo; nella relazioni causali dove si cercano risposte al problema su quali siano i modi dell’essere somatico e come agiscono sulla psiche; nei problemi sulla struttura del corpo e la costruzione quale base della qualità dell’anima; nei fatti somatici come conseguenza di processi psichici. Gli avvenimenti somatici possono essere suddivisi in tre gruppi: fatti fondamentalmente
somatici che si riferiscono alle sensazioni corporee; dipendenza delle malattie somatiche dell’anima che insorgono per via psichica; reperti somatici nelle psicosi che non possono essere riferite a cause organiche ma che assomigliano ad esse. Ogni individuo realizza la percezione del proprio corpo in base alle proprie sensazioni corporee. Pertanto il suo corpo diventa l’oggetto che egli è in grado di osservare attraverso le sue sensazioni corporee, in esse più della sensazione oggettiva di qualcosa, c’è il proprio corpo, la sensazione della propria esistenza. Poiché le sensazioni somatiche rendono anche percepibile qualche cosa che si impone all’osservatore come una cosa che gli sta di fronte, si pone il problema, in primo luogo se e fin dove ci sia una coincidenza sicura fra le sensazioni somatiche ed i processi somatici reali, in secondo luogo fin dove arriva la percezione del proprio corpo e quale importanza possono avere le lamentele per la conoscenza del corpo, le descrizioni e le percezioni somatiche dei pazienti. In questo sviluppo oltre alle sensazioni provocate da processi organici originari, ci sono sensazioni delle modificazioni degli organi che, in quanto accadere somatico, accompagnano la vita psichica, o insorgono in modo psicogeno. Il cerchio delle sensazioni somatiche è ristretto ma la percettibilità è infinita. Di fronte alle sensazioni somatiche la maggior parte degli individui non ha l’atteggiamento dell’osservatore tranquillo, ma il più delle volte la paura o altri processi psichici porta tali soggetti a commettere degli errori che diventano a loro volta una nuova realtà. Queste sensazioni sono perciò dipendenti dallo psichico. In tutti i processi della vita psichica normale, in particolar modo in tutte le emozioni, i fenomeni somatici concomitanti possono essere osservati direttamente o sperimentalmente con l’ausilio di strumenti specifici. I fenomeni corporei concomitanti dei processi psichici sono importanti soltanto per il fatto che mostrano universalmente il rapporto psiche e soma. La relazione significa che anche un’azione si ripercuote sull’anima, infatti l’evento psichico origina una serie di fenomeni somatici, che a loro volta modificano l’evento psichico stesso. Quando questi fenomeni concomitanti insorgono
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rapidamente risultano evidenti. Le manifestazioni corporee cambiano per intensità e per tipo nello stesso individuo e nei diversi individui. Si può parlare di una disposizione costituzionale del sistema vegetativo e constatare che i suoi modi di reazione hanno un rapporto con la natura psichica dell’individuo o all’opposto si può credere di trovare correlazioni con i tipi fondamentali della struttura del corpo ed il temperamento. L’intero corpo può considerarsi come un organo della psiche. Se il corpo è malato le eccitazioni psichiche possono apparire dannose, ma se è malata la psiche può apparire il somatico, in quanto lo psichico agisce in modo morbigeno sul corpo. Quasi tutte le funzioni degli organi subiscono l’influenza dei processi psichici. I disturbi gastrici ed intestinali, vasomotori, delle mestruazioni (mancanza o scomparsa), sono da attribuire ad influenze psichiche o a stati d’animo persistenti. Spesso in persone nervose si osservano disturbi funzionali, che analizzati da soli non possono essere messi in rapporto a processi psichici, ma in base alla loro frequenza coincidono con l’anormalità psichica. Perfino le malattie organiche non sono indipendenti dalla psiche, infatti malattie originariamente somatiche possono subire l’influenza dell’anima. In tal caso è difficile separare ciò che proviene dall’anima da ciò che proviene dal corpo, perché l’anima per i suoi effetti patologici cerca nel corpo la via per esprimersi. Nella fase di guarigione delle malattie somatiche il comportamento psichico non è privo d’importanza, ciò che è influenzabile psichicamente non è per tale motivo condizionato psichicamente ne è una malattia psichica. Un altro aspetto da tenere in considerazione è capire se le malattie organiche
con modificazioni anatomiche possono insorgere per via psichica, questo sembra possibile. L’influenza che l’anima esercita sulle malattie organiche può estendersi notevolmente. Mentre molte funzioni corporee possono essere disturbate, senza che il malato sperimenti psichicamente qualcosa di diverso da ciò che prova un altro malato di fronte ad una sofferenza soltanto corporea, in altri casi la funzione è in rapporto con un contemporaneo disturbo psichico. Una certa predisposizione a tali disturbi esiste in tutti. Il rapporto tra psiche e manifestazioni vistose, con disturbi di alcuni organi, con funzioni di atti complessi, è complicato nonostante possa apparire semplice nel caso singolo. Ogni rapporto tra anima e corpo, anche se nel caso singolo sembra plausibile, nel complesso è molto oscuro e variabile. Gli organi e i presupposti somatici in un certo senso devono venire incontro all’anima. Sembra che sia l’anima a scegliere gli organi in cui manifestarsi con i disturbi oppure le funzioni in cui interviene creando confusione. Alcune modalità di insorgenza dei disturbi somatici sono: 1) I disturbi funzionali degli organi che insorgono in maniera automatica; 2) I disturbi somatici quando si ripetono hanno la tendenza a fissarsi, in tal caso i disturbi continuano senza che persista la motivazione psichica, o in relazione ad un’emozione violenta che suscita la medesima reazione; 3) In altri casi esiste un numero di fenomeni somatici che, proprio nel loro modo di essere, sono comprensibili dalle esperienze vissute, dalle situazioni, dai conflitti dell’individuo.
Irene Pagano Dritto Riferimenti bibliografici Jaspers K., Psicopatologia generale (2012).
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Michea, il cui nome vuol dire «Chi è come Jhwh?», più che un oratore forbito è un uomo forte e
pratico, capace di dirigersi al fine senza perdersi in particolari superflui. Nasce a Moreset, un piccolo
distretto filisteo di Gat e svolge la sua attività al tempo del re Iotam (740-736), Acaz (736-716), Ezechia
(716-689), questo dato è confermato da Geremia (26,18ss) che riferisce di un oracolo di Michea di
Moreset e dagli stessi oracoli del profeta considerati autentici. Di origini umili, probabilmente
coltivatore di campi e di vigne di proprietà di terzi. Egli, se non vittima, fu sicuramente testimone, di una
situazione di grave ingiustizia sociale, generata dagli accaparratori e dagli strozzini senza scrupoli della
capitale, pronti a impadronirsi delle terre e delle case della povera gente che non era in grado di pagare i
debiti. Di fronte al benessere di pochi frutto dello sfruttamento di molti, Michea, quale coraggioso
difensore dello jahvismo, contro corrente rispetto alla società del suo tempo, matura un atteggiamento
di rivolta e di denuncia verso le autorità politiche e religiose responsabili di questi misfatti.
COMPOSIZIONE DEL LIBRO
Dal punto di vista letterario il libro è
composto da diversi generi letterari. Per quanto
risulti difficile distinguere le parti autentiche dai
rimaneggianti redazionali, è comunque possibile
cogliere con immediatezza il nucleo del suo
messaggio. Il libro, che descrive in modo scarno e
incisivo le piaghe morali e religiose del suo tempo,
può essere diviso in quattro parti:
Peccato della casa d’Israele e dei suoi capi
(1,1-3.12); Restaurazione di Sion e il Messia (4,1-
5,14);Denuncia dell’ingiustizia e della corruzione
generale (6,1-7,7); Perdono divino e nuova gloria
d’Israele (7,8-20).
Peccato della casa d’Israele e dei suoi capi
(1,1-3.12): il profeta dà voce al biasimo di Jhwh
contro i governati che si dimostrano «nemici del
bene e amanti del male» (3,2) i quali, afferma il
Signore, «divorano la carne del mio popolo e gli
strappano la pelle di dosso» (3,3) e «giudicano in
vista dei regali» (3,11), denuncia l’eccesso di
pratiche legaliste e cultuali, rimprovera
ferocemente i falsi profeti che lo traviano e danno
oracoli per denaro, che «annunciano la pace se
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hanno qualcosa tra i denti da mordere, ma a chi
non mette loro niente in bocca dichiarano la
guerra» (3,5) e infine, preannuncia che il dissenso
divino a causa di questi responsabili, diventerà
punizione per tutta la nazione «Perciò a causa
vostra, Sion sarà arata come un campo e
Gerusalemme diverrà un mucchio di rovine, il
monte del tempio un’altura boscosa (3,12)
Restaurazione di Sion e il Messia (4,1-5,14):
questa parte è ricca di promesse escatologiche,
messianiche che dischiudono l’orizzonte
universalistico della salvezza, sviluppa i diversi
motivi e momenti della venuta del regno Jhwh,
regno che costituisce il nucleo centrale della
pericope. Il suo sopraggiungere, vedrà la
restaurazione di Gerusalemme «a te verrà
ritornerà la sovranità di prima» (4.8), il riscatto
degli ultimi: «In quel giorno – oracolo del Signore
– radunerò gli zoppi, raccoglierò i dispersi e coloro
che ho trattato duramente. Degli zoppi io farò un
resto, dei lontani una nazione forte» (4,6-7) e la
nascita a Betlemme del futuro re messianico che
«pascerà con la forza del Signore» (5,1).
Denuncia dell’ingiustizia e della corruzione
generale (6,1-7,7): differentemente da 1-3, in cui
Michea biasima le classi facoltose e dirigenti del
paese, in questa parte del testo il rimprovero è
esteso alla società in genere, responsabile di aver
falsato il vero significato dell’Alleanza.
Perdono divino e nuova gloria di Israele
(7,8-20): in questa parte considerata una giunta
postesilica, il profeta apre il cuore del popolo a
quella fiducia, che fondandosi sulla fedeltà di
Jhwh, pur in una situazione drammatica, lascia
intravedere la futura e felice situazione del nuovo
popolo di Sion.
MESSAGGIO TEOLOGICO
Fondamento del messaggio di Michea sono
la giustizia, l’umiltà e l’amore al quale il popolo
deve tornare con la conversione. Michea
fotografa con crudezza la situazione politica e
religiosa del suo tempo, stigmatizzando la
dilagante idolatria e il sovvertimento dell’ordine
sociale dei due regni. La diatriba del profeta non
rimane limitata ai soli capi politici e religiosi ma si
estende a tutta la nazione che sembra aver
smarrito il senso di una vera religiosità e le sue
implicanze esistenziali. In questo clima di
spregiudicata noncuranza dei comandi divini, che
sembra dover impunemente proseguire, Jhwh
pone il limite del suo fatale giudizio che, pur
colpendo tutti individua i singoli responsabili, ai
quali preannuncia una punizione che ha la stessa
natura della colpa. Di fronte all’inesorabilità della
tragica sorte della nazione, Michea, con la stessa
passione con la quale denuncia le colpe del
popolo ne riaccende le speranze, prospettando
due diverse vie di salvezza: la fiducia in Dio
salvatore e la conversione, ovvero, l’obbedienza a
quello che lui si attende dal suo popolo per
raggiungerlo di nuovo con la sua potenza salvifica.
Il cambiamento richiesto può alimentarsi della
certezza che Jhwh compie le sue promesse, quindi
può sostenersi, guardando al futuro regno
universale, quel “nuovo Eden” che Jhwh realizzerà
grazie al sorgere in Efrata di un Re ideale: il
Messia, che con un piccolo resto condurrà Israele
alla vittoria sopra tutti i suoi nemici e ristabilirà
una pace che abbraccerà tutti i popoli.
PER LA CATECHESI
Definire la natura sociale dell’uomo, il suo
bisogno di vita sociale (CCC 1879-1880) e la
relazione esistente tra bene personale e bene
comune (CCC 1905-1906). «Nell’esercizio della
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libertà, l’uomo compie atti moralmente buoni,
costruttivi della persona e della società quando
obbedisce alla verità, ossia quando non pretende
di essere creatore e padrone assoluto di
quest’ultima e delle norme etiche». Riflettere sulla
coscienza morale (CCC 1776) e su ciò che rende
morale o immorale un atto umano (CCC 1750-
1754). Definire la virtù della giustizia (CCC1807) e
le sue implicazioni nel contesto sociale attuale.
«Tutto ciò che riguarda la comunità degli uomini –
situazioni, problemi relativi alla giustizia, alla
liberazione, allo sviluppo, alle relazioni tra i popoli,
alla pace – non è estraneo all’evangelizzazione e
questa non sarebbe completa se non tenesse
conto del reciproco appello che si fanno
continuamente il Vangelo e la vita concreta,
personale e sociale» (Compendio della Dottrina
Sociale della Chiesa 66). Definire i motivi che
rendono la dottrina sociale parte integrante del
ministero di evangelizzazione della Chiesa. «I
fedeli laici non possono affatto abdicare alla
partecipazione alla “politica” […]. Tutti e ciascuno
alla politica sia pur con diversità e
complementarietà di forme, livelli, compiti e
responsabilità» (Christifideles laici 42). Riflettere
su quale deve essere il modo di rapportarsi del
cristiano con la politica.
Daniela Gallo
Stefania Perna, 50 preghiere per i cercatori di speranza
Un piccolo libro, agile ,ma tanto prezioso, da portare con sé in tante
occasioni. Ogni due paginette il protagonista che siamo tutti noi, eleva le
sue lamentazioni a Dio (ed è già questa una preghiera) elencando precise
difficoltà quotidiane, quelle di tutti noi ogni giorni, così come le domande
che ogni giorno doloranti facciamo a Dio. A questo punto l'autrice porta
le risposte di Dio, quasi sempre per bocca di testimoni della speranza
cristiana, dei santi: citazioni brevi e taglienti. Unica pecca, la scelta non
sempre felice dei "testimoni": talora sono interpellati esponenti molto
discutibili del cristianesimo, da Camara a Bello a Carretto alla Amirante alla
veterofemminista Zarri. Ma anche una sveglia rotta segna due volte al
giorno l'ora giusta. E comunque scompaiono nel gran numero di grandi
uomini di chiesa: da Ratzinger a Escrivà, da Teresa di Calcutta a papa
Francesco. Colpisce la capacità dell’autrice di risalire al respiro della
"grande e universale” preghiera, quella dei salmi e di grandi santi e pensatori cristiani, proprio partendo
dal vissuto quotidiano, dalle situazioni più semplici e comuni: dalle feste di fine anno, alla presenza di
una persona cara in ospedale, dall’andare al mercato, al guardare un paesaggio primaverile. In effetti,
un santo dei nostri tempi, sottolineava che “o ci si decide ad incontrare Dio nella vita di ogni giorno o
non lo si incontrerà mai”. E, come suggerisce il titolo del libro, questo modo di pregare, è un cercare
speranza: infatti in quasi tutti i testi della Perna, è possibile riconoscere due parti, non sempre
nettamente divise, ma che si intrecciano: una parte ,nella quale prevale “il grido”, il riconoscimento di
una difficoltà o di un problema e un’altra che appunto trasforma quel grido, alla luce della speranza
cristiana,( per come la rendono possibile e la propongono le pagine della Scrittura e dei grandi
autori).Una ricerca di speranza profonda e personale, che l’autrice ha reso disponibile a quanti la
leggeranno. ( A. M. Mastino)
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«L’orizzonte del
Convegno Ecclesiale di
Firenze orienta la Chiesa
italiana ad una
rinnovata meditazione
dello stile di umanità che
scaturisce dalla
contemplazione di Gesù
Cristo, il Figlio
dell’Uomo. Come ci
ricorda il Papa, Gesù
“invitava a riconoscere la
relazione paterna che
Dio ha con tutte le
creature e ricordava loro
con una commovente
tenerezza come ciascuna
di esse è importante ai suoi occhi”. Un creato,
dunque, da gustare in tutta la sua bellezza ed in
rendimento di grazie, da abitare con coraggio,
sobrietà e in solidarietà con i poveri, entro la
grande comunione delle creature. Un creato
riconosciuto, alla luce della Pasqua, come la
grande opera del Dio
uni-trino, vivificata e
condotta a compimento
dallo Spirito creatore
(cf. Rm 8,19ss):
costituito “secondo il
modello divino”, è
quindi esso stesso “una
trama di relazioni”. La
creazione appare così
come spazio da abitare
nella pace, coltivandolo
e custodendolo, per
costruirvi una vita
buona condivisa.
L’esperienza di tante
generazioni credenti si
fa così invito per noi, perché impariamo anche
oggi a vivere in tale orizzonte la nostra umanità,
abitando la terra con una sapienza capace di
custodirla come casa della famiglia umana, per
questa e per le prossime generazioni».
Roma, 24 giugno 2015 Solennità della Natività di San Giovanni Battista
COMMISSIONE EPISCOPALE PER L´ECUMENISMO E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, LA GIUSTIZIA E LA PACE
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Hanno scritto in questo numero:
ANTONAZZO NICOLA. Insegnante di Religione Cattolica; Direttore Editoriale di Voce
Francescana; Laurea in Progettazione di Sistemi Formativi e in Scienze dell'educazione e
della Formazione conseguite presso l’ Università di Messina; Licenza in S. Teologia con
specializzazione in Catechetica conseguita presso l'Istituto Teologico S. Tommaso di
Messina; Docente invitato di Catechetica e Scienze dell’educazione presso l'Istituto
Teologico S. Tommaso di Messina.
TINDARO MANGANO. Messinese, ha conseguito il Baccalaureato in Teologia presso
l'Istituto San Tommaso d'Aquino di Messina e l'abilitazione all'Insegnamento della
Religione Cattolica nelle scuole presso lo stesso istituto. È inserito all’interno della
Parrocchia Maria Regina degli Apostoli di Messina dove svolge il servizio dell’animazione
liturgica e del canto. All'interno della Diocesi ha collaborato a vari progetti di animazione,
soprattutto missionaria.
IRENE PAGANO DRITTO. Nata a Messina. Psicologa, ha conseguito l’abilitazione e la
laurea Magistrale in Psicologia presso l’università di Messina, la laurea triennale in
Scienze e Tecniche di Psicologia delle Relazioni Educative presso la stessa università ed il
Diploma Magistrale Liceo Socio – psico - pedagogico presso L’istituto Don Bosco di
Messina. È inserita all’interno della Parrocchia Maria Regina degli Apostoli di Messina
dove svolge il servizio dell’animazione liturgica e del canto. All'interno della Diocesi ha
collaborato, ed attualmente collabora, a vari progetti diocesani.
DANIELA GALLO. Laureata in Scienze Religiose presso ISSR "Santa Maria della Lettera"
Messina. Frequenta il II teologico presso l’Istituto Teologico S. Tommaso di Messina.
Lavoro per la EMI (Editrice Missionaria Italiana). Formazione e servizio nel gruppo Goccia
dopo Goccia e Missionari Comboniani, Rinnovamento nello Spirito Santo, Apostole della
Sacra Famiglie e Movimento Evangelizzazione Famiglie Cardinal Guarino.