N° 9 del 27.05.2013 B C D PESCARA A CURA DEI DETENUTI … · Faccio un mezzo riassunto del giorno...

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BIMESTRALE DI INTRATTENIMENTO DELLA CASA CIRCONDARIALE DI PESCARA A CURA DEI DETENUTI DEL LABORATORIO DI SCRITTURA - DOCENTI LORENA DI SERAFINO - FRANCESCO CASTAGNA COSTRETTI IN ARTE Quando meno te lo aspetti, dove meno lo immagini.... eppure è così, può succedere che, in carcere, in una dimensione assai particolare, per certi versi involuta e stagnante, ci si imbatta in chi scrive in modo stupefacente o in chi dipinge con grandi capacità. E così pensi e rifletti una volta di più e dici a te stesso che nulla è scontato, che non ci sono situazioni codificate, che qualcosa di bello e di importante può nascere ovunque, anche qui, dove tutto potrebbe essere riconducibile a ritmi uguali a se stessi e scanditi da un'arida ripetitività. Poi incontri Emidio e leggi le sue poesie che sono tutto e il contrario di tutto: graffianti e dolci, ruvide e vellutate, inconsuete, vere, in certi momenti abbaglianti, capaci di entrare nel profondo dell'animo. I suoi scritti sono un’esplosione incessante di emozioni, un intreccio di immagini vivide, raggelanti; un caleidoscopio di spigolose realtà capaci, in un istante, di assumere sembianze surreali. Emidio merita tutta la nostra ammirazione, anche perché ci permette di riflettere, cosa che, in questo particolare momento, accade sempre più raramente. Carlo, invece, possiede grandi doti comunicative; lui però ha scelto le immagini per esprimersi, per parlare, per elaborare... I suoi dipinti, i suoi quadri, i suoi murales, i suoi disegni, non sono soltanto raffigurazioni cromatiche, nelle sue opere si coglie una visione variegata e spesso sofferta della vita, dell'essere, della lotta incessante tra bene e male. Carlo è bravissimo nella diversificazione dei temi, non si appiattisce, ma diversifica, sperimenta nuove soluzioni, rappresentando le sue figure con particolare attenzione e coglie, di ognuna di esse, l'essenza e le sfumature. Anche per lui un plauso sincero. Ed allora “leggete” e “guardate”, sarà più facile capire perché essere “costretti in arte” si rivela una dolce amara condanna. LA REDAZIONE EMIDIO Leggendo le poesie (segmenti esistenziali?) di Emidio, vorresti dire tanto, ma poi subentra il timore di essere inadeguato, di andare fuori giri, di non riuscire a sintonizzarti con lui, con il suo mondo, con tutto quello che implode in ciò che scrive. Ad esempio, dalla poesia “Cos'è che fanno i poeti?” queste parole ci colpiscono in particolare: «Non mi interessa (non ne vedo l'utilità) quello che so è che la poesia mi fa bene mi fa male mi fa …» Ecco, quando scrive, Emidio non cerca soltanto dimensioni, spiragli, interfacce d'una esistenza difficile, ma individua, quasi con accanimento, soluzioni e situazioni, forme efficaci di sopravvivenza; c'è, in lui, una costante interconnessione con se stesso, proiezioni continue verso risposte difficili da trovare, interrogativi che spesso si mescolano a contraddizioni cercate, spesso provocatorie. Quel che piace, inoltre, dei suoi componimenti, è che sono veri; in essi non vi è alcuna concessione al banale, al manierato, allo scontato…, non c'è alcun timore di svelare il proprio mondo, le inquietudini, i precipizi mentali, le speranze che, comunque, occhieggiano tra le righe poetiche. Spesso i poeti finiscono con l'annoiare, inseguendo l'originalità a tutti i costi e diventando vittime dell'ermetismo. Questo nelle poesie di Emidio non accade mai, perché sono assolutamente vere e perché sgorgano direttamente dal suo pensare febbrile, incessante. Di più non possiamo e non vogliamo dire, temendo di essere inadeguati e fare un torto al suo talento. Francesco Castagna - 1 - 9 del 27.05.2013 “il ladro” - Carlo Di Camillo cm 70 x 100 - acrilico su carta ULTIMORA Enorme soddisfazione! Il giornale “PUNTO E A CAPO” è tra i VINCITORI del “Concorso Nazionale” per il miglior giornalino scolastico “Carmine Scianguetta” Tutti i particolari in ultima pagina!

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BIMESTRALE DI INTRATTENIMENTO DELLA CASA CIRCONDARIALE DI PESCARA A CURA DEI DETENUTI DEL LABORATORIO DI SCRITTURA - DOCENTI LORENA DI SERAFINO - FRANCESCO CASTAGNA

COSTRETTI IN ARTEQuando meno te lo aspetti, dove meno lo immagini.... eppure è così, può succedere

che, in carcere, in una dimensione assai particolare, per certi versi involuta e stagnante, ci si imbatta in chi scrive in modo stupefacente o in chi dipinge

con grandi capacità. E così pensi e rifletti una volta di più e dici a te stesso che nulla è scontato, che non ci sono situazioni codificate, che qualcosa

di bello e di importante può nascere ovunque, anche qui, dove tutto potrebbe essere riconducibile a ritmi uguali a se stessi e scanditi da un'arida ripetitività. Poi incontri Emidio e leggi le sue poesie che sono

tutto e il contrario di tutto: graffianti e dolci, ruvide e vellutate, inconsuete, vere, in certi momenti abbaglianti, capaci di entrare nel

profondo dell'animo. I suoi scritti sono un’esplosione incessante di emozioni, un intreccio di immagini vivide, raggelanti; un caleidoscopio di spigolose realtà capaci, in un istante, di assumere sembianze surreali. Emidio merita

tutta la nostra ammirazione, anche perché ci permette di riflettere, cosa che, in questo particolare momento, accade sempre più raramente.

Carlo, invece, possiede grandi doti comunicative; lui però ha scelto le immagini per esprimersi, per parlare, per elaborare... I suoi dipinti, i suoi quadri, i suoi murales, i suoi disegni, non sono

soltanto raffigurazioni cromatiche, nelle sue opere si coglie una visione variegata e spesso sofferta della vita, dell'essere, della lotta incessante tra bene e male. Carlo è bravissimo nella diversificazione dei temi, non si appiattisce, ma diversifica, sperimenta nuove soluzioni, rappresentando le sue figure con particolare attenzione e coglie, di ognuna di esse, l'essenza e le sfumature. Anche per lui un plauso sincero. Ed allora “leggete” e “guardate”, sarà più facile capire perché essere “costretti in arte” si rivela una dolce amara condanna. LA REDAZIONE

EMIDIOLeggendo le poesie (segmenti esistenziali?) di Emidio, vorresti dire tanto, ma poi subentra il timore di essere inadeguato, di

andare fuori giri, di non riuscire a sintonizzarti con lui, con il suo mondo, con tutto quello che implode in ciò che scrive. Ad esempio, dalla poesia “Cos'è che fanno i poeti?” queste parole ci colpiscono in particolare:

«Non mi interessa (non ne vedo l'utilità)quello che so

è che la poesia mi fa benemi fa malemi fa …»

Ecco, quando scrive, Emidio non cerca soltanto dimensioni, spiragli, interfacce d'una esistenza difficile, ma individua, quasi con accanimento, soluzioni e situazioni, forme efficaci di sopravvivenza; c'è, in lui, una costante interconnessione con se stesso, proiezioni continue verso risposte difficili da trovare, interrogativi che spesso si mescolano a contraddizioni cercate, spesso provocatorie.

Quel che piace, inoltre, dei suoi componimenti, è che sono veri; in essi non vi è alcuna concessione al banale, al manierato, allo scontato…, non c'è alcun timore di svelare il proprio mondo, le inquietudini, i precipizi mentali, le speranze che, comunque, occhieggiano tra le righe poetiche.

Spesso i poeti finiscono con l'annoiare, inseguendo l'originalità a tutti i costi e diventando vittime dell'ermetismo.

Questo nelle poesie di Emidio non accade mai, perché sono assolutamente vere e perché sgorgano direttamente dal suo pensare febbrile, incessante.

Di più non possiamo e non vogliamo dire, temendo di essere inadeguati e fare un torto al suo talento. Francesco Castagna

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N° 9 del 27.05.2013

“il ladro” - Carlo Di Camillocm 70 x 100 - acrilico su carta

ULTIMORAEnorme soddisfazione!

Il giornale “PUNTO E A CAPO”è tra i VINCITORI del

“Concorso Nazionale” peril miglior giornalino scolastico

“Carmine Scianguetta”Tutti i particolariin ultima pagina!

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QUEL CHE DEV'ESSERE, SIAAnche oggi

ho fatto a meno della tua voce ormai so che deve andare così

forse andrà sempre peggio anche se

continuo a chiedermi come fanno a sopravvivere gli altri.

Io non conosco mezze misure eppure

non vivo che una mezza vitache non è vitaMi hai vinto

mi sono lasciato vincere

ma non mi sento sconfittoè che ora

le mie emozionii miei desideri

hanno tempi diversi sconosciuti

e non s'incontrano più niente e con nessuno.Vorrei tanto dare a quest'esistenzala venerabile vivacità della morte.

Anche oggi m' illudo m'illudo sul domani

desiderando che anche quest'ultimo inganno

si consumasse.

TUTTO QUESTO NON È POESIA Senza volerlo

sto legalizzando queste oscene consuetudini.Anche le vostre distratte rinunce sono diventate per me normalità

Chissà poi cosa vorrei in fondo

Nessuno fa niente per nienteneanche in amore.

Si dà e si hasi ama e si è amati

ma tutto questo non c'è ...Non so che farmene di tutte le promesse del mondo

non so che farmene di tutto il futuronon so che farmene di niente ...Niente e nessuno sperava questo

io più di tutti .Cosa potrei mai costruire tra tutti questi giorni

sterili ...ma comunque sia

è la vitaovunque sia

è sempre la vita ...Resto un frutto avvelenato senza misura

le oscene consuetudini stanno diventando normalità.Il tempo che mi hanno dato

quello che si sono presi mi lascia senza scampo.

Tutto questo non è poesia non è neanche un lamento (ormai)

è solo memoriamemoria di una vita senza uscita.

I NOSTRI SOGNI CHE.....Chi l'avrebbe mai detto

o anche solo immaginato che mi sarebbe toccato passare il tempo così

a dare luce a pensieri oscuri.Non ho mai indovinato un desiderio

neanche un giorno.Intanto la gente grida

in una sorta di gara di cinismo tra uomini emotivi oltre misura

alla fine si commuovono sempre alla fine si ricredono sempre

alla fine si fanno anche addomesticaretutto è lecito nel loro illecito...

canzoni neomelodiche mi distruggono l'atmosfera mi fermo

accendo un altra sigaretta.Mi hanno detto

che da questo lato è freddo d'inverno e caldo d'estate praticamente le stagioni non le vivi

ma le sentiun po' come la vita un po' come l'amore

un po' come tutto qui. Avrei d'arrotolare qualche altra sigaretta

ma non ora.Faccio un mezzo riassunto del giorno

era partito male e si è mantenuto discretamente pietoso

ma non oso azzardare di più.Oggi avrai notato che ci siamo lagnati poco alcune pause hanno detto più di tante parole.

A noici ha fregato questo tempo

ci ha fregato questa giustizia ci siamo fregati noi

con la nostra coerenza con i nostri sogni che potevano tutto

e la loro realtà che non ci ha permesso niente.

Alcune poesie di Emidio Paolucciestratte dal suo blog online “Poesie dal Carcere”

http://emidiopaolucci.blogspot.it

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Libertà d'arte ...Carlo è un detenuto della C. C. di Pescara. Come molti artisti vive in un mondo personalizzato fatto da sé; tra le

sue mani nasconde una dote, quella del disegno artistico, capace di trasmettere i suoi stati d'animo su di un semplice foglio con disegni astratti, volti, paesaggi o semplicemente creare caricature su chi o cosa lo circonda. In molte sue opere create durante la carcerazione, si può notare il disordine o l'opprimente tristezza della reclusione ma in tante altre c'è la voglia di libertà che sicuramente riesce a trovare quando è all'opera.

Le sue opere, alcune delle quali sono riprodotte qui sotto, sono state esposte il 17 e 18 maggio 2013 in occasione del Maggio Teatino, presso la sala espositiva della Camera di Commercio di Chieti. Le tecniche usate per la creazione delle opere sono l’acquerello e l’acrilico su cartoncino. Gianluca L.

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“non mordere il sole”cm 70 x 100 - acrilico su cartoncino

“se guardi bene ci sei anche tu”cm 70 x 100 - acrilico su cartoncino

“le lacrime che ho pianto”cm 70 x 100 - acrilico su cartoncino

“la vela”cm 21 x 29,7 - acquerello e inchiostri su carta

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UNA PRESENZA FONDAMENTALE

D. Sappiamo che Lei è particolarmente preparata. Vuole raccontarci qualcosa di Lei, dei suoi studi e di come è diventata criminologa?

R. La mia prima scelta lavorativa è stata insegnare nelle scuole superiori latino, italiano e storia. Avevo appena conseguito la laurea in lettere e, a contatto con ragazzi problematici e particolari, mi sono appassionata sempre di più alla devianza in generale e alla criminalità. Per questo ho cercato una specializzazione nella quale ci fossero degli argomenti che li toccavano direttamente e ho scelto Criminologia clinica, dove c’erano materie quali psichiatria, psicologia, pedagogia e ordinamento penitenziario. Ho vinto il concorso di ammissione, sono entrata nella scuola di specializzazione ad indirizzo psicosociologico della facoltà di medicina e chirurgia a Chieti Scalo e ho fatto il tirocinio presso questa Casa Circondariale. Mi sono specializzata discutendo una tesi su “Motivazione della scelta dell’agente di polizia penitenziaria e rapporto fra agente di polizia penitenziaria e detenuto”; ho poi sostenuto un esame presso il Ministero di Giustizia e sono stata chiamata presso questo istituto. Sono stata anche in commissione nel Provveditorato Amministrazione Penitenziaria come criminologa ed ho insegnato criminologia clinica, sociologia della devianza e tecniche delle comunicazioni nella scuola di polizia penitenziaria. Oltre alla specializzazione in Criminologia Clinica ho fatto un master sulla tutela della salute in carcere; ho poi conseguito una laurea in discipline psico-sociali e una terza laurea in psicologia (tutti i titoli sono stati conseguiti con il massimo dei voti - n.d.r.). Ho poi seguito un corso di psicologia del benessere e di mediatore civile.

D. Da quanto tempo lavora in questo istituto?R. Come criminologa lavoro dal 1998, però sono in questo

istituto dal 1993 da quando ho fatto il tirocinio. Avevo un gruppo di scrittura. La preparazione umanistica è fondamentale per la criminologia clinica perché il trattamento penitenziario è ispirato a principi di umanità e rispetto dell’umanità del detenuto. Quindi la formazione umanistica che ho conseguito, gli esami di filosofia, pedagogia sostenuti mi hanno ben preparata. La passione che mi ispira questo lavoro e per il quale ho rinunciato all’insegnamento mi ha poi spinta a continuare gli studi, per poter dare di più a livello professionale; non solo dunque per me stessa, ma soprattutto per i miei assistiti, perché comprendendo meglio le loro problematiche riesco ad affrontarle nel miglior modo possibile. Basti pensare alle diverse tesi che ho discusso: “ D e p r e s s i o n e p o s t - p a r t u m ” , “ D e t e n u t i tossicodipendenti” e “Vecchi e nuovi volti dello stigma psichiatrico”. Una grande passione, ovviamente certificata, nata in istituto, che mi ha spinta a dare il meglio di me. L’età non è importante se uno vuole migliorare, l’importante è quello che uno ha dentro, la passione che ti spinge.

D. All’interno dell’istituto di quale categoria di detenuti si occupa in particolare?

R. Mi occupo di detenuti tossicodipendenti.D. Li segue solo all’interno della struttura

carceraria?R. Sì, li seguo solo ed esclusivamente

all’interno dell’istituto penitenziario, dove faccio parte del presidio tossicodipendenti (SERT), di cui è responsabile il Dott. Karonis. Insieme valutiamo i casi e le strategie da adottare.

D. Che tipo di approccio ha con i suoi pazienti?

R. A supporto dei colloqui individuali, di recente sono stata autorizzata ad applicare delle tecniche di rilassamento, scelte in base ai percorsi che devono seguire i pazienti tossicodipendenti. Sono tecniche particolari che permettono, a chi li segue, di combattere ansia, fobie e di riacquistare un certo equilibrio. Attraverso il mandala terapia, ad esempio, il paziente prende coscienza del preciso problema che deve affrontare con tutte le forze. Il mandala è un disegno geometrico che deve essere colorato; così facendo, si prende contatto con le proprie problematiche e si cerca di trovare una soluzione alle stesse. Il tutto però viene collegato alla scrittura, che ha una forte valenza terapeutica, mediante l’invenzione di una favola. Nella favola ci sono dei personaggi che devono affrontare determinati ostacoli e problematiche per raggiungere un obiettivo e nell’inventarla il paziente prende coscienza delle proprie difficoltà e limiti e di come dovrebbe fare per raggiungere gli obiettivi prefissati. In questo modo si ha la presa di coscienza di ciò che siamo e di ciò che dobbiamo diventare. Durante le sedute mettiamo in atto diverse altre tecniche, come il training autogeno e il controllo della respirazione. Il tutto viene aiutato dal contorno musicale (musicoterapia) che ci trasporta verso contenuti inconsci, che difficilmente verrebbero in superficie, nella sfera della nostra coscienza. Le musiche vengono scelte in base alle problematiche dei pazienti e fra gli altri suoni propongo anche quello delle campane tibetane. Per quanto ne sappia è la prima volta in Abruzzo che vengono proposte in

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Intervista alla Dott.ssa Maria Esposito Marroccella, criminologa presso la Casa Circondariale di San Donato a Pescara

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carcere le campane tibetane, mentre sono state già utilizzate a Rebibbia ed in altri istituti carcerari. Stiamo ottenendo dei buoni risultati con questo tipo di approccio.

D. Quindi questo è un corso di benessere psicofisico?R. Si, di benessere psicofisico e di tecniche di

rilassamento, indirizzato a detenuti tossicodipendenti.D. Allora il punto di riferimento per questi corsi è il

SERT?R. Insieme al Dott. Karonis sono referente di questo corso,

entrambi facciamo parte del Presidio Tossicodipendenti.D. Come pensa di sviluppare questo percorso

all’interno dell’istituto?R. Vorrei applicarlo a piccoli gruppi (5/8 persone), ma non

abbiamo lo spazio necessario. Questi primi incontri sono di prova e stanno andando benissimo. Al momento lo seguono un piccolissimo gruppo (3 persone) ed è tenuto nel mio studio, uno spazio limitato dove stiamo abbastanza stretti. I risultati però ci sono e sono notevoli. Devo dire che sono molto soddisfatta, come pure i pazienti che seguono il corso. Insegno loro delle tecniche per superare l’ansia e l’insonnia, che i detenuti devono applicare ogni sera, ovviamente con costanza e impegno. E devo dire che i ragazzi finora coinvolti si sono impegnati molto e per questo li ho anche ringraziati. Non dimentichiamo che se il corso va bene, va bene anche grazie a loro e questo è fondamentale perché dimostra che sono pronti per il cambiamento. P e r p o t e r t e n e r e c o r s i d i mandalaterapia ho seguito una formazione a Roma e l’ho sperimentata su me stessa per prima, raggiungendo grossi risultati. Si può dire che sono stata la prima cavia.

D. Da come parla si vede che ne è proprio appas-sionata…

R. A me piace tantissimo. Vi faccio vedere questi mandala: sono disegni geometrici da colorare. Chi segue il corso, sceglie il proprio mandala in relazione al tema da affrontare che per lui costituisce un problema. Si è soliti dire che se non sei tu che scegli il mandala è il mandala che sceglie te. A me è successo così ed era davvero quello giusto, che mi ha trasformata. Quando ho finito il corso il mandala su cui ho lavorato non l’ho portato con me, l’ho lasciato. Questo significa che uno è passato da determinate problematiche, tragedie o traumi che ha dovuto affrontare e rielaborare ad altro, dando così inizio a una nuova vita. Questo è il senso del mandala.

D. Dottoressa, Lei svolge la sua professione anche fuori dell’istituto?

R. Per il momento, fuori, organizzo solo corsi di tecniche di rilassamento, ma prestissimo spero di aprire uno studio di psicologia.

D. Un’altra domanda, vista la passione con cui vive il suo lavoro, quanto influisce la sua vita lavorativa su quella personale?

R. Diciamo che ho imparato, con una certa difficoltà iniziale, a staccare. Poiché staccare è molto difficile, ma non impossibile, io e mio marito abbiamo un accordo: quando siamo insieme non si parla di lavoro.

D. Si parla tanto delle comunità, come di un’occasione per vincere il dramma della droga. Lei, oltre ai corsi che tiene, collabora con le comunità terapeutiche?

R. Certamente! Questo fa proprio parte del servizio tossicodipendenti (SERT) e la comunità è fondamentale per ogni ragazzo; però è necessario essere motivati per entrarci. E le tecniche di rilassamento che applichiamo servono proprio a prendere coscienza del percorso che il tossicodipendente deve fare. Le comunità di recupero sono molto importanti! Ricordo che il mio professore di criminologia clinica definiva il tossicodipendente come un “cane senza collare”, espressione che può sembrare quasi offensiva, ma la si comprende meglio quando si pensa che lo stato di tossicodipendenza porta alla totale assenza di regole ed alla mancanza di affettività e di valori. Il tossicodipendente ha bisogno di riappropriarsi della vita, riconoscendo e rispettando le regole della convivenza, i valori in cui credere e recuperando l’affettività. La vita è bella, è amore per se stessi e per gli altri, è autostima e rispetto per sé e per gli altri. Amare se stesso significa anche rispettare le regole e quindi amare i propri figli ed i propri familiari. Il tossicomane ha una sola mania: la droga. Vive solo per essa e non ha più interesse per niente altro; ecco perché deve “riappropriarsi della vita”. Tutti noi abbiamo sofferto per qualcosa, abbiamo avuto dei traumi o tragedie, ma l’importante è non arrendersi mai.

D. Quindi occorre procedere ad una riscoperta dei valori della vita?

R. Sì, attraverso il programma di recupero in comunità; portarlo a termine non è

facile, infatti occorre riconoscere e rispettare regole che possono

sembrare insopportabili e portare all’abbandono della comunità, soprattutto per chi è ancora in cura con il Metadone. Avendo avuto anche esperienze di lavoro in comunità di recupero, p o s s o d i r e c h e , p e r intraprendere con successo un programma, occorre essere m o t i v a t i e p r e p a r a t i a d

accettarne le regole, altrimenti esse risulteranno un ostacolo

insormontabile.D. Crede che la comunità di

recupero sia la soluzione per tutte le p e r s o n e c o n p r o b l e m i d i

tossicodipendenza?R. No, la comunità non è sempre necessaria,

l’importante è fare colloqui individuali per conoscere le caratteristiche del soggetto, età, stato fisico, esperienze pregresse in comunità e capire quali sono i suoi bisogni. Solo in base alle conoscenze acquisite è possibile optare per una soluzione alternativa alla detenzione. I colloqui individuali di sostegno ed orientamento nell’istituto carcerario, insieme alle tecniche di rilassamento applicate, ci consentono di capire i problemi e di studiare le migliori soluzioni.

D. Quindi, a prescindere dalle richieste del soggetto tossicodipendente, voi valutate autonomamente quale sia la migliore soluzione per ognuno?

R. Certamente, tuttavia ogni decisione è presa sempre insieme al soggetto assistito e con il suo pieno coinvolgimento. Per farlo occorre del tempo, non è possibile una soluzione dall’oggi al domani. Bisogna conoscersi e avere fiducia del professionista da cui si è seguiti. Si deve raggiungere prima una “empatia” con il paziente, conquistata attraverso la condivisione dei problemi e la correzione di dinamiche comportamentali sbagliate. Solo a questo punto ed in sinergia con l’”area trattamentale” del carcere, si arriva alla miglior soluzione del caso.

Intervista raccolta da Carlo D. C.- 5 -

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Promosso e organizzato

dall’Associazione Culturale

“A HOC” e con la partecipazione

dei detenuti della Casa

Circondariale di Pescara e degli

alunni della classe 4a del Liceo

Psicopedagogico dell’Istituto

“G. Marconi” di Pescara

il 3 giugnopresso il teatro della Casa

Circondariale di San Donatoa Pescara, si terrà la

rappresentazione teatrale:

“Finché c’è vitac’è speranza”

Vademecum sull’introduzione di beni primari in carcereCi sono delle direttive di ordinamento penitenziario che riguardano da vicino i detenuti e i parenti che

vengono a fargli visita, nel giorno stabilito dall'istituto. Chi ci viene a trovare si pone spesso domande circa i controlli svolti dagli agenti della polizia penitenziaria sui cibi, indumenti ed altro che è possibile portare ai loro familiari reclusi

Di norma ci sono uno o due assistenti addetti alla visualizzazione e controllo al metal-detector delle pietanze che si possono ricevere. Chi verifica deve aprire ogni contenitore per stabilire se la pietanza può ritenersi idonea, quindi verificare al tatto che non ci sia nulla di anomalo al suo interno come: pezzi metallici, aghi, sostanze stupefacenti, ecc.

Alcune cose, normalmente consentite, come i salumi affettati, gli arrosti, il pane e i cibi solidi devono essere predisposti a ventaglio in fette sottili e posti sottovuoto per una visualizzazione integrale del contenuto.

Per quanto riguarda gli indumenti, le cose sono più complesse e selettive. Certi capi di vestiario, come i giubbotti, possono entrare solo con una “domandina” specifica, fatta dal detenuto e spedita tramite il raccoglitore posto in ogni sezione carceraria. Essa può essere accettata o rifiutata dal direttore e/o dagli ispettori in servizio. Si convive tuttavia con una severa e limitata scelta di cibo e indumenti.

Per le scarpe, in particolare, esiste una apposita procedura; innanzitutto se ne possono avere in numero limitato (tre paia). E, in caso di sostituzione, occorre fare una specifica richiesta prima del giorno di visita; in caso di approvazione bisogna rendere quelle vecchie o rotte. Quando tutto va bene, le scarpe nuove vengono introdotte, ma solo dopo un ulteriore ed approfondito controllo, condotto attraverso una speciale sostanza rivelatrice “drug-test” in grado di evidenziare la presenza di ogni tipo di stupefacente. Finalmente, quando tutto è stato verificato, si è chiamati per ritirarle.

Tutti questi controlli, per chi non ha mai avuto contatti con un istituto di pena, possono sembrare eccessivi e ingiusti, tuttavia sono necessari per la tutela della comunità carceraria. Lamberto R.

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L’angolo dell’umorismoa cura di Ca.Di.Ca

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In redazione: Carlo D.C., Gianluca L. e Lamberto R. ed i docenti: Lorena Di Serafino (e-mail [email protected]) - Francesco Castagna (e-mail [email protected])

Ideazione grafica e realizzazione Prof. Teodoro Pace (e-mail [email protected])Si ringraziano la Direzione di questa C.C., la Polizia Penitenziaria e la Dirigenza dell'Istituto Comprensivo Pescara 1°

Un’altra magnifica affermazione per “Punto e a Capo”.

Il nostro foglio infatti è tra i vincitori del Concorso Nazionale per il miglior giornalino scolastico “Carmine Scianguetta” indetto

dall’Istituto Comprensivo “Don Lorenzo Milani” di Manocalzati (AV).Il concorso si fregia dell’alto patrocinio del Presidente della

Repubblica, nonché del Ministero dell’Istruzione, della Regione Campania, dell’Ordine dei Giornalisti della Provincia di Avellino, dell’Ufficio Scolastico Regionale della Campania e dai comuni di

Manocalzati, Candida, Parolise e San Potito.Neanche noi della redazione, quando abbiamo deciso di concorrere,

speravamo in tanto. Abbiamo aderito, però, con entusiasmo e passione, inviando diverse copie del giornalino per essere comunque presenti,

per allargare i nostri orizzonti e per dare un più ampio respiro a quanto andiamo producendo ormai da tempo. Il risultato va ben oltre le attese e

questo ci inorgoglisce e ci gratifica, ripagandoci anche dei sacrifici affrontati. Soprattutto, questa affermazione è anche una verifica positiva

per quanto stiamo facendo. Grazie a tutti quanti hanno reso possibile questo fantastico risultato!