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1 G. Sini, Novembre 2016 Art. n° 49 – Fra OBBIETTIVO e MARTELLO (problemi di centratura e qualche soluzione) In varie occasioni (articoli precedenti, schede tecniche) si è parlato del problema delle cen- trature nel sistema ottico del microscopio, ed in particolare nell’obbiettivo. In questo stesso sito, ad es., si leggano: Articolo n° 10: “Meccanismi di centratura nel sistema illuminante … ”. – Articolo n° 18: “Come controllare ed intervenire sull’obbiettivo del microscopio”. Articolo n° 20: “L’allineamento del sistema ottico del microscopio”. Articolo n° 23: “L’oculare di centramento”. Articolo n° 27: “Come allineare un microscopio in dieci secondi … ” Articolo n° 31: “Il metodo delle catadiottriche in microscopia … ” Il manuale: “Problemi Tecnici della Microscopia Ottica”, Capp. 8.9 21.9 22.8 22.9 27.4 32. Varie schede tecniche. Gli articoli n° 18 e 20 sono essenziali: sono 57 + 21 pagine, mica poche … ma, senza qual- che idea chiara, l’argomento diventa incomprensibile. E così, forse, è utile riassumere qui l’argomento, con riguardo specifico all’obbiettivo e con qualche ulteriore proposta, adatta a casi particolari. Cominciamo a dire che c’è differenza fra “centratura” ed “allineamento”. La prima consiste nel portare il centro ottico dei vari elementi di un sistema sullo stesso asse. Generalmente quest’operazione è facile: o sfruttando il gioco nelle viti che fissano il barilotto 1 , o utilizzando apposite manopole o anelli, o spingendo sulla lente flottante nel caso dell’obbiettivo (vedi oltre). L’allineamento consiste invece nel portare al parallelismo gli assi ottici di tutti quegli ele- menti. Un errore in questo senso è quasi impossibile da correggere in un obbiettivo, a meno che sia causato dalla presenza, fra un barilotto e l’altro, di qualche corpo estraneo (granelli di polve- re, sbavature metalliche e simili), che si cercherà di eliminare. La centratura di un obbiettivo da microscopio è generalmente molto delicata e deve rispetta- re tolleranze molto strette per il semplice fatto che tutte le dimensioni lineari delle sue lenti (dia- metri, raggi di curvatura, focali, ecc.) sono molto ridotte. Solo nei sistemi deboli, a volte, è pos- sibile affidare la centratura alle tolleranze di lavorazione; quando si tratta di sistemi formati da un solo membro, ovviamente, una lente è sempre centrata su sé stessa. Si evita in questi casi l’aggiustaggio e magari il controllo finale. Per “centratura” di un obbiettivo da microscopio ci si riferisce qui alla centratura intrinseca o “reciproca ” fra i vari elementi di esso, non alla centratura fra l’intero sistema ottico e la sua mon- tatura meccanica, il che influirebbe solo sulla “parcentratura” fra i diversi obbiettivi di uno stesso corredo. Pensiamo ora di dover centrare un obbiettivo da microscopio, o perché ha subito una caduta o un forte urto, o perché esibisce una cattiva definizione, o perché è stato acquistato di seconda mano e non convince. Supponiamo che non vi siano problemi di pulizia interna (vedi l’art. seguente) e, se esso è stato smontato, che sia stato poi rimontato e le varie parti serrate. Eventualmente, vari suggerimenti per lo smontaggio di un obbiettivo e per la scelta degli at- trezzi idonei, si trovano nell’art. n° 18. 1 Per “barilotto” s’intende la montatura meccanica, generalmente in forma di anello o cilindro metallico, in cui è fissata od incastonata una lente.

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G. Sini, Novembre 2016

Art. n° 49 – Fra OBBIETTIVO e MARTELLO (problemi di centratura e qualche soluzione)

In varie occasioni (articoli precedenti, schede tecniche) si è parlato del problema delle cen-

trature nel sistema ottico del microscopio, ed in particolare nell’obbiettivo. In questo stesso sito, ad es., si leggano: − Articolo n° 10: “Meccanismi di centratura nel sistema illuminante … ”. – Articolo n° 18: “Come controllare ed intervenire sull’obbiettivo del microscopio”. − Articolo n° 20: “L’allineamento del sistema ottico del microscopio”. − Articolo n° 23: “L’oculare di centramento”. − Articolo n° 27: “Come allineare un microscopio in dieci secondi … ” − Articolo n° 31: “Il metodo delle catadiottriche in microscopia … ” − Il manuale: “Problemi Tecnici della Microscopia Ottica”, Capp. 8.9 − 21.9 − 22.8 − 22.9 − 27.4 − 32. − Varie schede tecniche. Gli articoli n° 18 e 20 sono essenziali: sono 57 + 21 pagine, mica poche … ma, senza qual-

che idea chiara, l’argomento diventa incomprensibile. E così, forse, è utile riassumere qui l’argomento, con riguardo specifico all’obbiettivo e con

qualche ulteriore proposta, adatta a casi particolari. Cominciamo a dire che c’è differenza fra “centratura” ed “allineamento”. La prima consiste nel portare il centro ottico dei vari elementi di un sistema sullo stesso asse.

Generalmente quest’operazione è facile: o sfruttando il gioco nelle viti che fissano il barilotto1, o utilizzando apposite manopole o anelli, o spingendo sulla lente flottante nel caso dell’obbiettivo (vedi oltre).

L’allineamento consiste invece nel portare al parallelismo gli assi ottici di tutti quegli ele-menti. Un errore in questo senso è quasi impossibile da correggere in un obbiettivo, a meno che sia causato dalla presenza, fra un barilotto e l’altro, di qualche corpo estraneo (granelli di polve-re, sbavature metalliche e simili), che si cercherà di eliminare.

La centratura di un obbiettivo da microscopio è generalmente molto delicata e deve rispetta-re tolleranze molto strette per il semplice fatto che tutte le dimensioni lineari delle sue lenti (dia-metri, raggi di curvatura, focali, ecc.) sono molto ridotte. Solo nei sistemi deboli, a volte, è pos-sibile affidare la centratura alle tolleranze di lavorazione; quando si tratta di sistemi formati da un solo membro, ovviamente, una lente è sempre centrata su sé stessa. Si evita in questi casi l’aggiustaggio e magari il controllo finale.

Per “centratura” di un obbiettivo da microscopio ci si riferisce qui alla centratura intrinseca o “reciproca” fra i vari elementi di esso, non alla centratura fra l’intero sistema ottico e la sua mon-tatura meccanica, il che influirebbe solo sulla “parcentratura” fra i diversi obbiettivi di uno stesso corredo.

Pensiamo ora di dover centrare un obbiettivo da microscopio, o perché ha subito una caduta

o un forte urto, o perché esibisce una cattiva definizione, o perché è stato acquistato di seconda mano e non convince.

Supponiamo che non vi siano problemi di pulizia interna (vedi l’art. seguente) e, se esso è stato smontato, che sia stato poi rimontato e le varie parti serrate.

Eventualmente, vari suggerimenti per lo smontaggio di un obbiettivo e per la scelta degli at-trezzi idonei, si trovano nell’art. n° 18.

1 Per “barilotto” s’intende la montatura meccanica, generalmente in forma di anello o cilindro metallico, in cui è fissata od incastonata una lente.

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Ricordiamo anche che un errore di allineamento (inclinazione errata dell’asse ottico globale) di un obbiettivo da microscopio può portare alla presenza al centro del campo (“in asse”) di aber-razioni extra-assiali (specialmente astigmatismo) che potrebbero derivare anche da un errore di centratura intrinseca. Per cautelarsi da questo possibile equivoco è bene controllare le superfici di riferimento dell’obbiettivo: la “battuta” ed il filetto.

Fig. 1 – In questo schema è illustrata la struttura della parte

superiore della montatura di un obbiettivo: salvo casi particolari (inserti a cuneo o a coda di rondine, come avviene in obbiettivi molto critici per radiazione polarizzata o per episcopia), l’attacco di un obbiettivo al revolver avviene tramite una grossa vite (“di fissaggio”), con un filetto a passo inglese (“RMS” = 0,8” × 36) o metrico (M19, M 20, M30, ecc.).

L’inclinazione (“allineamento”) dell’obbiettivo non può esse-re affidato però al solo filetto, a causa di inevitabili giochi, ma al contatto fra la superficie di riferimento (“battuta”) e l’orlo dei fori del revolver.

Una deformazione dell’orlo della battuta può derivare da un urto violento o da una caduta;

un attento esame – con una buona lente o uno stereoscopico – può rivelare il difetto. La ripara-zione si esegue facilmente con un orlo tagliente, come quello di un “raschietto”, tenuto parallelo alla battuta.

Fig. 2 – La battuta di un obbiettivo deformata da una caduta.

In corrispondenza dell’urto si è formata una faccetta il cui orlo sporgerà dalla superficie della battuta ed impedirà all’obbiettivo di avvitarsi correttamente.

Anche in assenza di deformazioni della battuta, può

bastare una “bava”2 sul suo orlo o sul filetto. Una bava sull’orlo della battuta si toglie con uno spigolo taglien-te, come appena detto. Una bava sul filetto o un filetto deformato (figura seguente) si correggono con un appo-sito attrezzo (fig. 4).

Fig. 3 – Il filetto della vite di fissaggio di un obbiettivo, defor-

mata da una caduta su un piano rigido.

2 “Bava” indica qualunque rilievo o truciolo non ben distaccato che sporge dall’orlo di un pezzo metallico al termi-ne della lavorazione. Una bava può essere molto tagliente ed andrebbe sempre eliminata in sede di aggiustaggio.

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Fig. 4 a (a destra) – Un attrezzo come questo si può auto-

costruire partendo da una lama d’acciaio di 2 – 3 mm di spesso-re (la lama di una vecchia forbice o di un coltello), sagomata con pazienza con una piccola mola.

Scorrendo con la punta nel fondo del filetto, lo spigolo ad angolo acuto raschia e riduce i fianchi del filetto eventualmente deformato.

Fig. 4 b (a sinistra) – I fianchi del dente sono inclinati ri-spetto all’asse dell’attrezzo. Il dente deve scorrere nel filetto danneggiato con l’angolo acuto in avanti (verso l’alto nel caso della parte superiore della figura).

L’angolo fra i due fianchi della punta dovrà essere di 60° (filetti metrici) o di 55° (filetti in pollici o Whitworth).

Ovviamente, si controllerà l’assenza di eventuali corpi estranei (granuli di polvere, trucioli, ecc.) sulla battuta.

Più rara è la presenza di deformazioni sulla battuta o sul filetto del foro del revolver. Può av-venire anche che, avvitando un obbiettivo sul revolver, si avverta una qualche durezza che impe-disce alle due battute di venire bene a contatto. Ciò viene da inevitabili tolleranze nelle dimen-sioni di queste parti meccaniche e non è facile da rimediare. Un buon riparatore dovrebbe posse-dere maschi e filiere per i più comuni passi di vite degli obbiettivi. Per qualche ripassata … non si sa mai …

Descriviamo ora alcuni schemi classici di centratura adottati dai costruttori in varie epoche. –– Centratura “a priori” per barilotti avvitati l’uno sull’altro. Fig. 5 – Schema di obbiettivi classici, con barilotti avvitati l’uno sull’altro o direttamente sulla montatura ge-

nerale. In un catalogo della casa austriaca Reichert, del 1932, si trovano schemi utilizzati fino alla metà del secolo scorso. Il terzo obbiettivo (No.8a) è complicato per via del meccanismo di correzione della sferica.

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In questi casi, non vi è possibili-tà di centrare alcuna lente; la filetta-tura vincola la posizione definitiva di ogni barilotto. Tutto è affidato alle tolleranze di lavorazione; il controllo finale può portare a scartare alcuni pezzi “venuti male”.

Fig. 6 – Una serie di obbiettivi della

casa C. Zeiss, del 1892 circa, sempre con barilotti avvitati l’uno sull’altro.

Fig. 7 – L’obbiettivo centrale della se-

rie precedente, smontato nei suoi componen-ti: tre barilotti avvitati l’uno sull’altro e l’ultimo sulla montatura generale.

A destra, la lente frontale. –– Calettatura dei vari barilotti in un unico barilotto generale. Fig. 8 – La montatura generale (MG)

mostra la vite di fissaggio (V) e, dall’altra parte, un sottile filetto (F). Su questo si avvi-ta un barilotto generale (BG), filettato all’interno da un lato e terminante dall’altro con un orlo rientrante (vedi in alto, presso la scritta BG).

I diversi barilotti, mostrati da sinistra a destra nella successione reale, si appoggiano l’uno sull’altro, e l’intero pacco entra con ridottissima tolleranza nel barilotto generale. In cima al pacco lenti si trova un diaframma superiore (Ds) ed un tubetto (T), reso elasti-co da alcuni tagli trasversali.

Quando la montatura generale si avvita sul barilotto generale già munito della pila dei barilotti singoli, l’orlo della montatura (O) spinge sul tubetto T, sul diaframma Ds e poi sul pacco lenti, fissandolo in modo definitivo.

In molti obbiettivi di vecchia fabbricazione, i barilotti singoli venivano calettati a forza

all’interno di un barilotto generale, in modo che non vi fosse gioco. La centratura globale finale dipendeva solo dalla centratura delle singole lenti nel proprio barilotto. L’unica possibilità di ri-tocco consisteva nella rotazione in senso azimutale dei singoli barilotti. Nel caso (fortunato) che esista un piccolo errore di centratura in due diversi barilotti di un certo obbiettivo, si può tentare, per tentativi e per successive approssimazioni, di ruotare l’uno o l’altro di quelli, sperando che l’errore di uno sia compensato dall’errore dell’altro. Il procedimento è lento poiché, dopo ogni controllo (con lo star test, come vedremo), è necessario smontare il pacco lenti, ruotare uno alla volta i vari barilotti (di 30-40° ad ogni tentativo), prendere nota dell’operazione appena eseguita, rimontare, ricontrollare; se la centratura globale è migliorata, proseguire con la rotazione nello stesso senso; altrimenti, invertire il senso, rimontare, ricontrollare … Roba per pensionati, ma che può salvare un obbiettivo, magari di gran pregio.

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La centratura obbligata che abbiamo descritto può essere accettabile quando il sistema è de-bole poiché una minore potenza delle lenti rende tutto meno critico e le tolleranze si allargano.

–– Centratura con lente flottante Verso la metà del secolo scorso è divenuto universale il metodo di centratura basato sulla

possibilità di centrare uno dei barilotti (generalmente il secondo o il terzo sopra la frontale, tutti di forma cilindrica) rispetto agli altri, che saranno invece calettati di precisione in un barilotto generale.

Se la struttura generale dell’obbiettivo è quella appena illustrata (una serie di barilotti impila-ti nella cavità cilindrica di un barilotto generale), è ovvio che la lente mobile debba essere inca-stonata in un barilotto di diametro leggermente inferiore (pochi centesimi di mm) rispetto agli al-tri.

Questa lente, detta “flottante”, va spinta in un senso o nell’altro fino a che un suo anche leggero spostamento compensi un piccolo errore nella centratura globale delle altre lenti.

Lo spostamento della lente flottante si può eseguire con l’obbiettivo montato ed il pacco len-ti serrato: con un sottile punzone a punta piatta lungo circa un centimetro (un chiodo d’acciaio di circa 1 mm di diametro – molato in punta – montato in cima ad una barretta metallica) e con pic-coli colpi di un martelletto (del peso di 50 − 100 g: basta un pezzo di barra d’ottone o di ferro), si prova a battere da un lato; se l’errore di centratura constatato (vediamo subito come) migliora, si continua a battere dalla stessa parte; se peggiora, si spinge dalla parte opposta. Non c’è regola: spingendo da un certo lato la centratura può peggiorare o migliorare; dipende dalla posizione dei piani principali delle singole lenti. Bisogna provare ogni volta.

Se poi l’allungamento della centrica (vedi sotto) si pone in direzione perpendicolare alla di-rezione dello spostamento della flottante, occorre battere da una direzione più o meno perpendi-colare rispetto alla precedente, attraverso uno dei fori contigui.

Se il pacco lenti è serrato tutto intero in un barilotto generale, per accedere e spingere sulla lente flottante occorrerà – ovvio – che tale barilotto sia munito di fori, esattamente all’altezza del barilotto della lente flottante, spesso 3-4 mm sopra la frontale. In genere vengono praticati dal costruttore tre o (più spesso) quattro fori nel barilotto generale (“fori di centratura”).

Fig. 9 – Un esempio tipico di obbiettivo

moderno in cui un barilotto generale (BG) scorre all’interno di una montatura generale (MG), quella che si avvita direttamente sul revolver (in basso si vede la vite di fissaggio).

In alto, il barilotto generale mostra quattro fori (C) all’altezza del barilotto della lente flot-tante. La piccola vite V è destinata a scorrere in una fessura della montatura generale in modo da consentire lo scorrimento del barilotto generale e realizzare la “montatura molleggiata” dell’ob-biettivo – come oggi si fa sempre per gli obbiet-tivi forti.

Normalmente, la montatura generale è fa-sciata da una “camicia” (Ca), che si avvita su di essa. La camicia porta le notazioni e copre i fori di centratura C e la vite V.

Ora bisogna spiegare come si controlla la presenza di un errore di centratura e l’effetto dei

colpi sulla lente flottante. Riassumendo quanto è già stato scritto nei testi citati all’inizio, basta pensare che l’immagine

di diffrazione (la “centrica”)3, in un sistema ottico ideale centrato, deve essere, appunto, centrica

3 Si chiama “centrico” qualunque oggetto o sistema che sia simmetrico rispetto ad un centro.

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ovvero dotata di simmetria circolare rispetto ad un centro; infatti, in un sistema ottico ideale si devono trovare solo superfici piane (perpendicolari rispetto all’asse) o sferiche – o di altra forma – simmetriche rispetto al loro proprio asse e centrate sull’asse comune. Qualunque sorgente pun-tiforme posta sull’asse dovrà produrre un’immagine anch’essa centrica rispetto all’asse comune.

Un oggetto puntiforme posto sull’asse dell’obbiettivo ideale dovrà, quindi, produrre necessa-riamente un’immagine centrica: l’immagine di diffrazione, la figura di Airy, “la “centrica”, ap-punto. Solo ai margini del campo (“fuori asse”), la centrica può essere non simmetrica per via delle aberrazioni del punto “extra assiali” (coma, astigmatismo, cromatica laterale).

Non avrebbe senso ripetere quanto già esposto in altri testi presenti in questo sito nella se-zione “Microscopia ottica”, ai quali rimandiamo:

–– il manuale “Problemi tecnici della microscopia ottica”, capp. 13, 18.3, 18.4, 19.5.2; –– Art. n° 11 (“Controllo dei residui di aberrazioni … ”), pagg. 5 e segg. –– Art. n° 18; (“Come controllare … l’obbiettivo … ”), pagg. 53 e segg. –– Art. n° 21; (“Lo star test … ”), pagg. varie. Proviamo quindi a riassumere i concetti fondamentali. Come oggetto puntiforme per il controllo della centratura si adoperano i forellini che si tro-

vano sempre in uno “star test” (porta-oggetto coperto da una leggera alluminatura [senza prote-zione o quarzatura] ed eventualmente da una lamella di spessore adatto all’obbiettivo).

Il forellino più utile per il controllo della centratura deve essere più piccolo possibile ma, se è troppo piccolo, la sua immagine diviene sempre più pallida e quindi inutile. È bene confrontare differenti centriche per ignorare le più luminose che appaiano assai più grandi delle più pallide: nelle più grandi vi sarà probabilmente l’immagine geometrica del forellino che si sovrappone, allargandola, all’immagine di diffrazione.

Occorre anche prestare attenzione a non farsi ingannare dall’occhio (o dalla fotografia), che vede un oggetto tanto più grande quanto più è luminoso.

Occorre premettere poi che l’osservazione della centrica andrebbe effettuata solo se l’obbiettivo è ben corretto da aberrazione sferica (fig. 11). Infatti, una forte sferica copre l’eventuale coma in asse. Per il controllo della sferica, si vedano i testi sopra citati (art. n° 11, pag. 11).

NB: in queste ed in tutte le foto che seguono, la fotografia della centrica è stata eseguita con un oculare forte e con un successivo ingrandimento elettronico (di parecchie volte). In condizioni normali d’osservazione, la centrica appare assai piccola e può essere valutata solo con molta at-tenzione ed una buona vista (eventuali difetti di miopia, ipermetropia o presbiopia non disturba-no poiché si correggono con la messa a fuoco. Disturbano invece l’astigmatismo, la cataratta ed altri difetti della retina).

Un forellino al centro del campo visuale deve produrre una centrica simmetrica intorno al

proprio asse (figura seguente), purché il fuoco sia ottimizzato e non vi siano altri difetti nel si-stema.

< Fig. 10 a/b – Una

centrica ideale in condi-zioni di miglior fuoco, in rappresentazione assono-metrica (a destra) e come appare nel caso di un ob-biettivo di medio ingran-dimento (a sinistra).

Nella foto di sinistra, la centrica più grande è evidentemente sovrapposta all’immagine geometrica di un forel-lino troppo grande, e non simmetrico per giunta. La più piccola si può definire in pratica perfetta, ed è ciò che si de-ve vedere con un oculare forte (almeno 20 ×) ed un obbiettivo di ingrandimento medio nel miglior fuoco. Se esso è anche corretto di sferica, la centrica non deve cambiare apprezzabilmente di aspetto se si focheggia un po’ sopra ed un po’ sotto il miglior fuoco (vedi qui sotto).

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Fig. 11 a/b/c – In un obbiettivo affet-to da aberrazione sferica la centrica (al cen-tro del campo) può apparire “sfumata” da una parte del miglior fuoco e “ad anelli” dall’altra parte (due o più anelli, più intensi del normale – vedi il disegno in assonome-tria).

In queste condizioni è difficile avverti-re un’eventuale asimmetria della centrica e quindi un errore di centratura.

Se la sferica è ben corretta, si deve ve-dere solo uno o due anelli attorno al disco di Airy (il disco centrale della centrica).

Fig. 12 – Immagini come quel-

le qui a fianco denunciano un difetto di centratura, ma soprattutto la pre-senza di qualche oggetto diffondente all’interno dell’obbiettivo (tracce di olio? difetti nel vetro? sporcizia?).

Fig. 13 – Possono apparire

delle centriche con un allungamento che varia di 90° quando si focheggia sopra e sotto il miglior fuoco; per es. allungamento in direzione radiale o tangenziale (rispetto ai margini del campo).

Se questo fenomeno si verifica ai margini del campo, si tratterà di astig-matismo “fisiologico”, mal corretto.

Se si verifica al centro del cam-po, si tratta di cattivo allineamento di qualche lente, e su questo è quasi impossibile intervenire.

Fig. 14 – A volte, è ne-

cessario sfocare lentamente in un senso o nell’altro per avvertire un’asimmetria nella forma della centrica.

Chiarito come si presenta la centrica in un obbiettivo ben centrato (al centro del campo, nel

miglior fuoco, senza altri difetti, con la sferica corretta – fig. 10b) e quali sono le anomalie più frequenti (figure 11–14), ci resta da indicare come si rivela generalmente un errore di centratura.

Se compare al centro del campo una coda di coma (figura seguente) (“coma in asse”), allora è quasi sempre per un difetto di centratura.

Altri metodi d’indagine, come l’osservazione delle catadiottriche (art. n° 31: “Il metodo del-le catadiottriche …”), sono più laboriosi e meno sensibili.

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Fig. 15 a/b/c – Un paio di esempi di un residuo di coma “in asse”.

Spesso però l’effetto è appena visibile (c), ma va corretto comunque poiché dan-neggia sempre la definizione.

Anche qui la centrica è stata fotografata con un forte oculare e con un successivo in-grandimento elettronico.

COME OTTIMIZZARE LA CENTRATURA Per la correzione è essenziale muovere la lente flottante, o per centrarla sullo stesso asse del-

le altre, o per decentrarla in modo da compensare un disassamento di qualcun’altra. Questa “compensazione”, naturalmente, ha dei limiti: se una delle altre lenti è troppo disassata, la lente flottante può creare una figura di coma in direzione opposta e, alla fine, ne potrebbe risultare in asse una figura di coma a due code, dirette in senso opposto, una specie di fiocco. In questi casi perversi, si può tentare ancora qualcosa: con pazienza, smontando e rimontando, si ruoti attorno all’asse ottico la lente frontale o quella flottante o, sia pure con minor speranza di successo, una delle sovrastanti.

Fig. 16 – In casi limite come questo, si tratta della sovrapposizione di

vari effetti: almeno due barilotti decentrati e forse non allineati. Difficile cavarci i piedi.

Ora vediamo come muovere la lente flottante. Nel caso oggi più diffuso (fig. 9), si mette l’obbiettivo in

posizione di lavoro; si mette a fuoco lo star test (è bene averci tracciato prima qualche fenditura con una lama affilata [art. 21, pag. 2]) e si illumina lo star test al massimo (diaframmi d’aper-tura e di campo tutti aperti, condensatore ben focheggiato, filtri esclusi).

Se è stata smontata prima la camicia, i fori di centratura appaiono subito e con la punta sotti-le prima descritta (a pag. 5) si procede come descritto. Occorreranno all’inizio numerosi tentativi e molta pazienza ma, col tempo e con l’esperienza, s’impara a cavarsela in pochi minuti nella maggior parte dei casi.

Le cose si complicano quando la struttura meccanica non è così semplice come mostrato nel

caso tipico di fig. 9. –– Molti costruttori riempiono i fori di centratura con un mastice che s’infiltra nello spazio

fra lente flottante e barilotto generale; per centrare di nuovo quell’obbiettivo (a volte si trova un errore anche in obbiettivi nuovi di zecca – mai fidarsi), occorre togliere il mastice dai fori (con un cacciavitino da orologiaio) e smontare tutto l’obbiettivo per togliere il mastice dalla lente flot-tante e dall’interno del barilotto generale; senza di ciò la lente flottante è bloccata.

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Fig. 17 – Tolta la camicia, quest’obbiettivo

mostra evidenti i fori di centratura (f); peccato che siano stati riempiti con un mastice gommoso diffici-lissimo da togliere.

Si vedono anche l’anello 1, che serra la lente frontale, l’anello 2 che segna il fine-corsa inferiore del barilotto generale (BG), il filetto della camicia (3), ecc.

Si veda la scheda tecnica n° 107. Fig. 18 – L’unico vantaggio di quest’obbiettivo

(che era fuori centro appena arrivato dalla fabbrica) è che i fori di centratura sono filettati con filetto M3, e con quattro viti di 20–30 mm di lunghezza si procede alla centratura con facilità, senza usare la spina ed il martelletto.

–– Certi obbiettivi a secco forti possiedono un meccanismo di correzione che serve a com-

pensare eventuali errori nello spessore della lamella. Non sempre i fori di centratura sono facil-mente accessibili e l’azionamento di quel meccanismo può alterare la centratura di qualche lente in qualunque momento.

–– Altri obbiettivi forti ad immersione possiedono un diaframma interno che serve alla rea-

lizzazione del fondo scuro (quando la loro apertura supera circa 1,0). Anche in questo caso, la struttura meccanica si complica.

–– In altri casi, manca la camicia ed i fori di centratura nel barilotto generale sono coperti

dalla montatura generale, come appare nella figura seguente. Fig. 19 – Il barilotto generale (BG) porta i fori di centratura ma

la montatura generale li copre. O si costruisce un attrezzo ad hoc (un equivalente di montatura

generale con i fori necessari), o si pratica un foro nella montatura ge-nerale (F) che permetta di accedere a tutti i fori di centratura, uno alla volta, ruotando il barilotto generale all’interno dell’obbiettivo monta-to.

In altri casi, basta una piccola incisione sull’orlo della montatura generale.

–– In qualche caso, il barilotto generale si sfila verso

il basso invece che verso l’alto per cui, con l’obbiettivo in posizione di lavoro, esso tende a cadere.

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Fig. 20 – In quest’obbiettivo, tolta la ca-

micia (C), il barilotto generale (BG) si sfila spontaneamente verso il basso.

I fori di centratura sono poco visibili sotto l’orlo dell’anello A, destinato a serrare il barilot-to frontale (F).

Fig. 21 – Per evitare complicazioni, si può realizzare un anello

provvisorio con filo di rame da 1 – 1,5 mm di diametro, dotato di una pun-ta capace di trattenere il barilotto generale quando l’obbiettivo è voltato all’ingiù.

Con 10 è indicato l’orlo del barilotto generale. In 16 si vede uno dei fori di centratura. –– Rimane ora il caso più difficile. Quello degli obbietti-

vi “cementati”. Alcuni costruttori ritengono che l’obbiettivo sia una tom-

ba per cui, una volta chiuso, non si apre più. Non pensano ai casi in cui le lenti si appannano (articolo

seguente), l’olio da immersione è penetrato dentro, ecc. Ed al-lora varie parti vengono fissate con qualche energico adesivo.

L’uso di solventi è pericoloso poiché, se penetrano all’in-terno, possono alterare i cementi delle lenti incollate, le verni-ci d’annerimento, ecc.

Un trattamento termico è altrettanto pericoloso. Sembrerebbe che non ci sia nulla da fare. Ma … Ecco una soluzione stravagante.

Quando i “fori di centratura” sono accessibili, abbiamo visto come si può centrare la lente flottante di un obbiettivo. Questo metodo sfrutta in fondo il principio d’inerzia: si batte sul bari-lotto flottante supponendo che, per inerzia, l’obbiettivo nel suo complesso rimanga fermo, o ten-da a rimanere. Il sistema funziona bene poiché il barilotto flottante è assai più leggero dell’intero obbiettivo.

Ma, se l’obbiettivo è sigillato con qualche adesivo e non si apre, la camicia non si svita ed i fori non sono accessibili? Si potrebbe sfruttare il principio d’inerzia al rovescio? Anche se il ba-rilotto flottante è assai leggero, si potrebbe battere direttamente sull’obbiettivo, sperando che il barilotto tenda a rimanere fermo, e quindi si sposti all’interno dell’obbiettivo?

L’ipotesi sembra azzardata. C’è il rischio che si stacchi la lente frontale (semisferica ed in-collata solo sui bordi negli obbiettivi forti), ma vale la pena di provare: essa è piccolissima e la sua inerzia è altrettanto piccola.

Intanto, appare ovvio che è bene avere in mano l’obbiettivo per evitare di dover vincere l’inerzia dell’intero stativo. Fra un colpo e l’altro, occorre rimettere in posizione di lavoro l’obbiettivo ed osservare lo star test in modo da verificare l’effetto di ogni colpo e capire quanto, e da che parte, occorre battere.

Si applica qui il criterio visto sopra: se la coda della coma si allunga, bisognava battere dall’altra parte.

Occorre smontare ogni volta l’obbiettivo e rimontarlo nello stesso foro del revolver poiché l’inizio della filettatura sarà in genere diverso da foro a foro. Sarà utile anche marcare con un pennarello la posizione del primo colpo per potersi orientare nei successivi.

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Va specificato poi a quale altezza è bene battere. Poiché l’unica superficie accessibile è spes-so la camicia, e poiché la camicia stessa è generalmente avvitata direttamente sulla montatura generale, è bene iniziare a battere proprio sulla camicia, ma dalla parte del filetto su cui si avvita, che le fa da armatura interna. Infatti, la sua parete in genere è sottile e, se si deforma, potrebbe bloccare il movimento a pompa, se presente. È bene verificare che questo movimento rimanga scorrevole dopo ogni colpo.

Ed ora, un altro problema: con che cosa battere? Occorre ovviamente un corpo non troppo rigido per non ammaccare la camicia. La massa di esso è bene che sia maggiore che nel caso del-la centratura tradizionale, sul barilotto flottante. Può bastare il manico di un martello o un pezzo di manico da scopa. Evitare i corpi metallici, per ridurre il rischio di ammaccature.

Nella scheda tecnica n° 72 (pag. 561), si è illustrato

il caso di un obbiettivo Zeiss Jena GF Papo 100/1,32 HI, con diaframma ad iride per il fondo scuro, molleg-giato. Una struttura complessa.

Fig. 22 – Un obbiettivo di grandi prestazioni (Planare, Apo-

cromatico, con diaframma ad iride; Lo = 45 mm; Lm = 160 mm). Ogni mezzo per aprirlo risultò inutile. Purtroppo, benché non

mostrasse alcun segno di tentativi precedenti d’intervento, era af-fetto da una forte residuo di “coma in asse” (figura seguente).

Aveva subìto l’effetto di una forte caduta? L’assenza di am-maccature fa pensare di no.

Fig. 23 – Un residuo di coma come questo, se appare al centro

del campo visuale, è quasi sicuramente dovuto ad un errore di cen-tratura, forse presente fin dall’inizio della vita dell’obbiettivo.

Abbandonare un simile oggetto ad una carriera ingloriosa è dif-ficilmente accettabile.

Una volta smontato, si comincia a batterci sopra con gli accor-gimenti sopra descritti.

Nella scheda n° 72 sono descritti tutti i passaggi intermedi dell’intervento, ma il risultato finale è soddisfacente.

Fig. 24 – Non

è stato immediato arrivare a questo ri-sultato, ma l’obbiet-tivo è ora pienamen-te utilizzabile.

Valeva la pena di rischiare.

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Nella scheda tecnica n° 131 (pag. 1127) è stato descritto un ca-so analogo: un obbiettivo episcopico Mitutoyo a secco, 50 ×/0, 42, “all’infinito”; Lo = 90 mm; passo di vite M25.

Fig. 25 – Una versione speciale, per applicazioni particolari. La distanza

di lavoro è enorme: 13 mm. Anche in quel caso, la camicia (C in figura) non mostrava

l’intenzione di lasciarsi smontare. Anche qui, probabilmente, il co-struttore ha ritenuto di dover cementare il pezzo per evitare smon-taggi involontari.

Eppure, erano evidenti i segni di una cattiva centratura. Fig. 26 – Prima della cura, questa era

la situazione, naturalmente al centro del campo. Intollerabile.

A questo punto, anche qui è stata

allora sperimentata la tecnica del “batti, e vedi cosa succede”.

Il risultato è stato, anche stavol-ta, molto soddisfacente.

Fig. 27 – Sì, ha funzionato. CONCLUSIONI L’idea di prendere un obbiettivo da microscopio a martellate può sembrare folle, ed effetti-

vamente il rischio di ammaccare, bloccare l’eventuale movimento molleggiato od un eventuale diaframma, staccare la lente frontale, è elevato.

Ma, se il sistema risulta mal centrato (e basta un’occhiata allo star test per dimostrarlo) e non si smonta, cosa si fa? Lo buttiamo?

Tanto vale tentare. Questo suggerimento, sconosciuto nella letteratura tecnica circolante, rappresenta forse

l’unica utilità del presente articolo. L’esperienza del passato è difficile da recuperare, sovrabbondante, ma a volte può essere uti-

le.