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n. 33 Dove e con chi si allenano i campioni Il bosniaco che ha stupito il mondo Amel Tuka, primatista mondiale stagionale 2015 sugli 800 (1:42.51) e, nel riquadro, Gianni Ghedini, il tecnico che lo ha portato ai massimi livelli mondiali in soli due anni.

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n. 33

Dove e con chi

si allenano

i campioni

Il bosniacoche ha stupitoil mondo

Amel Tuka,primatistamondialestagionale2015 sugli 800(1:42.51) e, nelriquadro, GianniGhedini, iltecnico che lo haportato aimassimi livellimondiali in solidue anni.

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Piove quando “sbarchiamo” al centro sportivo. Allaspicciolata arrivano diversi atleti, primi fra tutti i duebalcanici Abel Tuka (bosniaco) e Zan Rudolp (slo-veno). Caffè e cappuccino prima di scendere in pista.Qualcuno si è presentato solo per cortesia nei nostriconfronti. Il “vero” allenamento si svolgerà nel pome-riggio. L’atmosfera è serena e tranquilla. Mentre il miogemello intervista Abel, il sottoscritto si aggiorna sugliultimi sviluppi della tribù che da alcuni anni fa tappa inquesto comune in provincia di Verona. Circa 20.000abitanti, da sempre terra di confine e di passaggio dipopoli come Veneti, Reti, Galli, sino a quando i Romaninon impongono il loro dominio e unificano la cultura.

Con la consueta calma, snocciola nomi, tempi e gare,prima, però, sottolinea che «L’Atletica Insieme, rap-presenta i gruppi di Bussolengo, Caprino Veronese eValeggio sul Mincio. Sino alla categoria giovanileognuno ha la sua squadra, poi quando passano alle ca-tegorie maggiori ci uniamo, così da avere una buonaformazione. Solo in questa modo riusciamo a compe-tere a buoni livelli. I migliori si allenano qui, dove ab-biamo anche la nuova pista in sintetico».Ma andiamo con ordine. Gianni Ghidini ha iniziato ad al-lenare nel 1973 la squadra giovanile della Scala azzurra,dopo aver smesso con l’atletica agonistica. Nel 1975parte la collaborazione con il Gaac Eccocasa. Qui cono-sce Gelindo Bordin, il futuro campione olimpico di ma-ratona a Seul 88, quando ha 17 anni. Il sodalizio fra i dueè lungo otto anni, fino a quando Gelindo ne ha 25. Con-temporaneamente segue anche Loris Pimazzoni (dai 19ai 31 anni). Con il tecnico Loris vince un titolo tricolorenei 10.000 e nella mezza maratona. Pimazzoni, già,quello che in una rovente estate del 1983 scippò proprionegli ultimi centimetri il titolo alla plurititolata copiaCova/Panetta, mentre erano intenti a discutere su chidovesse tagliare per primo il traguardo... Tanta fu la sor-presa e tante le lacrime piante da Francesco.

Quando, dalla vicinaAffi, Andrea Benve-nuti approda allacorte di Gianni dianni ne ha appenacompiuti 15. Unalunga e serena ma-turazione lo porta,nel 1992, al quintoposto della finaleolimpica di Barcel-lona e ad imporsi, incomproprietà con ilkeniano Nixon Ki-

protich, nel Grand Prix Iaafdegli 800. È in quell’occa-sione che facciamo la cono-scenza del tecnico. Ricordoancora quella sera: Andreache si arrampica sulla cancel-lata che divide la pista daglispettatori e Ghidini che, insandali francescani, spiegaalla stampa chi è e da dove

viene quella furia scatenata. La parabola atletica diAndrea, poi si conclude con il titolo europeo degli 800a Helsinki 1994. Poi una serie di infortuni pongonoprematuramente fine a una splendida carriera che nonha raccolto quanto potenzialmente poteva offrire. Ben-venuti, comunque, può vantare tempi di tutto rispetto:1:43.92 (800), 2:15.76 (1000) e 1:15.13 nei 600. «Dopo una breve parentesi in cui ho allenato ancheAndrea Ceccarelli (1:46.60) e Giacomo Mazzoni(1:45.31) – precisa Gianni – ho iniziato e seguire i ke-niani: Wilfred Bungei(1:42.349, oro olimpico nel 2008,

iridato ai mondiali indoor di Mosca 2006 e argento aimondiali di Edmonton 2001; William Yampoiy, bronzoai mondiali di Helsinki 2005 e personale portato a1:42.91; Jusuph Kamel (Koncellah), oro e bronzo aBerlino 2009 rispettivamente nei 1500 e negli 800; Ti-moty Kiptanui, quarto ai Giochi di Atene 2004 e per-sonale di 3:30.03; Daniel Komen Kipchirchir (3:29.02),argento ai mondiali indoor di Mosca 2006; senza di-menticare Joseph Mutua (1:43.29 negli 800) e RobertRono (3:30.93 nei 1500); Dal 2013 seguo Amel Tuka edal 2015 Zan Rudolf (Slovenia ). Prima ancora, dal2011 ho seguito la preparazione di Mario Scapini(1:46.95) e dal 2013 mi interesso anche di Mor Seck,l’ho portato ad un eccellente 3:38.10 nei 1500 e1:46.45 negli 800». Insomma, robetta di poco conto...Esperienza tanta che lo porta a collaborare con laFidal. E qui ecco che il tecnico snocciola un’altra seriedi dati e date: «Dal ‘94 al ‘96 sono stato responsabiledel mezzofondo veloce azzurro con Antonio Dotti. Dal2005 al 2012 responsabile del mezzofondo veloce az-zurro e dal 2013 ad oggi responsabile del progettounder 23 e ora anche under 25 azzurro e del centronazionale di allenamento di Bussolengo».Tutti questi atleti vivono in un appartamento vicino alcampo e qui trovano tutto quanto può servire loro peruna perfetta e serena preparazione. Anche se nonsempre è facile allenare atleti keniani, lontani millemiglia, per mentalità, dai canoni europei. «Qualcuno siperde, purtroppo – confessa il manager Claudio Ar-duini – ma quelli che riescono a non farsi coinvolgeredai soldi facili possono veramente cambiare la vita allefamiglie lasciate in patria».Ma questa è anche la grande forza di Gianni: compe-tenza tecnica e calma olimpica.

Daniele Perboni

Gianni Ghidini, vecchiaconoscenza dai tempi di AndreaBenvenuti (campione europeodegli 800 a Helsinki 1994) ciaccoglie con la consueta cordialitànel suo “eremo” di Bussolengo, nelpieno della campagna veronese.

Fucina di talenti

Il gruppo degli atleti(quasi al completo)che si allenano sulcampo di Busso-lengo agli “ordini” diGianni Ghidini.Da sinistra: FabianoCarrozza. LeonardoTesini, FrancescoMontagna, Alessan-dro Dal Ben, Meri-hun Crespi,Francesco Bona,Ghidini, Zan Rudolf,Amel Tuka, ClaudioArduini (il manager),Emilio Perco. Acco-vacciate: Eliana Pa-telli e IreneBaldessari.

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la guerra l’ha fatta. Il con-tatto tra Tuka e Ghidiniavviene dopo gli Europeiunder 23 di Tampere,contatto che in seguito èsfociato in una sorta dicollaborazione fattiva econtinuativa, visto cheAmel trascorre grandparte del suo tempo aBussolengo in Veneto.«Quando carica, come sidice in gergo atletico, la-vora qui con noi – ribadi-sce Ghidini – almeno 2/3settimane al mese. Lasettimana o più di scaricola passa a casa sua in Bo-snia». Amel Tuka è di Ze-nica, non molto distanteda Sarajevo, una ottan-tina di chilometri. È è lìche ritorna ed è con isuoi connazionali resi-denti in Italia che tiene irapporti. Volete saperechi sono? Eccovi accon-tentati: Pianic e Dzeko idue big della Roma diSpalletti, anzi lo stessoAmel ha detto che andràa vedere Roma –Napoliall’Olimpico. Il tecnicoGhidini con la Bosnia haun rapporto particolareda quando ha iniziato illavoro con Amel, si è re-cato da quelle parti inqualità di conferenziere

nella terra della ex Jugoslavia. Amel,sostiene il tecnico italiano, è dotatodi grande elasticità muscolare, unitàalla potenza e alla corsa che è moltofluida. Tuka sa benissimo cosa vuoledal suo 2016: salire sul podio agliEuropei di Amsterdam e arrivare infinale a Rio, transitando per alcunetappe della Diamond League (esor-dio il 22 maggio a Rabat). Detto così,sembra facile, ma per arrivarci sideve sudare e parecchio, prima diciò correrà un altro 600 all’inizio dimaggio. Insomma vuole rodarsibene. Questa stagione potrebbe in-coronarlo tra i migliori al mondo neldoppio giro di pista.

Tra il folto gruppo di atleti allenati daGianni Ghidini, con il supporto mana-geriale di Claudio Arduini, troviamoanche uno sloveno: Zan Rudolp. Iodue parlano lingue diverse, ma tra diloro si capiscono benissimo, sono glialtri che non li comprendono. Dueparole le meritano in questo grupponumeroso anche Merhium Crespi,specialista dei 1500, già campione ita-liano della specialità approdato aBussolengo non da molto e la giovaneottocentista Irene Baldessari, se-conda solo al “carro armato” MartaZenoni in questo primo scorcio di sta-gione.

Walter Brambilla

Punture di spillo - Punture di spilloIl campione abbandonato – Sabato 9 aprile: chiesa di Sant’Ago-stino a Milano. Mattina. Esequie di Carlo Monti (chi era e checosa ha fatto ne parliamo in altra parte). Un centinaio di per-sone, fra le quali molti dirigenti sportivi, amici, giornalisti(qualcuno giunto appositamente da Roma). Grande assente laFidal. C’erano la Presidente Regionale, Grazia Vanni, e quellaprovinciale, Sabrina Fraccaroli, ma nessun rappresentantedella Federazione a livello nazionale si è preso il lusso di sco-modarsi. Evidentemente non si è dato peso a quel “vecchio”atleta che tanto ha dato. Che cosa conta ormai? Sembrano es-sersi detti dalle parti di via Flaminia Nuova a Roma.Challenge staffette – Sabato 16 e domenica 17 a Vigevano è an-data in scena la seconda edizione del Challenge nazionale distaffette. Una sorta di campionato italiano. Chi pensa ad unamanifestazione travolgente ha sbagliato tutto. Poche le squa-dre presenti, anche molte lombarde hanno preferito diser-tare.Una chiavica di manifestazione in termini dipartecipazione. Questa manifestazione deve essere una vetrinaper il movimento, una festa e un’occasione di propaganda. Cosìcom’è il Challenge non ha nessuna ragione di esistere. Cosavuol dire Challenge? Letteralmente sfida. Ma, sfida di che?Per cosa? Per chi? O si assegnano i titoli tricolori oppure si la-scia perdere. Forse la data era troppo precoce? Forse, ma al-lora spostiamola accidenti! Non si può? Si cambia formula, siabolisce. Fate qualcosa ma non continuate su questa strada. Cifacciamo solo del male.Ilaria Verderio – Non lo sapevamo che Ilaria Verderio, ex ProSesto, ora Fiamme Gialle, adesso si allena sulla pista di Carur-gate. Questa è una notizia appresa durante la registrazionedella centesima puntata di Atletika. Prendere atto. Grazie.

Mago Trekkenfild

Poi dicono che l’atletica è fatica… Mase aveste visto lo sguardo sereno diAmel Tuka, cambiereste idea. Aprima vista, forse per l’incipiente cal-vizie, sembra più vecchio della suaetà: 25 anni, poi osservandolo benedimostra meno degli anni che appa-iono sui suoi documenti. Giovane lo èdi certo, non solo anagraficamente,ma agonisticamente, visto che l’atle-tica, quella vera, che lo ha portato aivertici mondiali l’ha scoperta a 18anni, prima si occupava di arti mar-ziali, cintura nera di karate. Meglionon farlo arrabbiare, ma da come sicomporta, ci ha spiegato Gianni Ghi-dini, altro totem dell’atletica italiana,e confermato dalla banda dei suoiadepti in quel di Bussolengo, Amel (avolte si fa chiamare Amelio e lui sor-ride) è un ragazzo tranquillo.Faccio un passo indietro e cerco di ri-cordare la prima volta in cui ho sen-tito parlare dell’ottocentista bosniaco.Ero in quel di Zurigo 2014 (Europei)al termine della giornata di gare, conGiorgio Cimbrico (altro dannato del-l’atletica che se non scrive un pezzoal giorno va in astinenza), stavamocercando un ristorante fuori dallo sta-dio, il celeberrimo Letzigrund. Eratardi e le “mangiatoie” elvetiche alle10 di sera, stavano già per chiudere ibattenti, incappiamo in Gianni Ghi-dini, che dopo averci consigliato unristorante che non abbiamo mai tro-vato, ci parlò di un bosniaco che alle-nava. «Si chiama Tuka, guardatelo,non è affatto male». Sarà stata lafame, ma io per primo non ho presoin considerazione l’invito. In finaleAmel, arriva sesto. Niente male. One-stamente non l’abbiamo, come si dicein gergo, filato. Unica considerazionefatta: «però un bosniaco, chissà cosa

avrà patito, per la guerrain casa sua...».Passa del tempo e Amelesplode, atleticamenteparlando, basta ricor-dare la sua stupendagara in quel di Monte-carlo con il migliorcrono mondiale del-l’anno. Il caldissimo lu-glio 2015 al Louis II, inuna serata magica, sìperché di serate magi-che a volte in atleticaesistono e come, con ilprimato del mondo diGenzebe Dibaba nei1500, la cavalcata con“quasi” record delmondo di Absel Kipropnella stessa distanza e lasua vittoria in 1’42”51negli 800. Non è finita.Ad agosto ai Mondiali diPechino sale sulpodio, sul terzo gra-dino: bronzo. Nientemale per un ragazzo

nato il 9 gennaio 1991 in quella terramartoriata, anche se di quel periodo,nonostante le insistenze di qualsivo-glia curioso, giornalista o no, Amelnon ricorda nulla, era troppo pic-colo. Suo padre lo ricorda benissimo:

Un uomo tranquilloAmel Tuka, venuto dalla guerra

A sinistra: lo slovenoZan Rudolp.A destra l’ottocentistaIrene Baldessari (23anni, 2:04.7 dipersonale e più voltecampionessa italiana dicategoria e azzurra incoppa Europa nel2015).Foto grande: Abel Tuka.

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T anto per cominciare io e il mioamico e collega d’avventura suTrekkenfild Daniele Perboni

non la pensiamo allo stesso modo.Sia ben chiaro. Proprio per questomotivo abbiamo deciso di esprimerela nostra opinione che diverge suRoma 2024. Ovvero sulla candida-tura olimpica della Città Eterna. Ioparto svantaggiato, Daniele per annisi è battuto sulle barricate di ungiornale politico di Vigevano, per-tanto più avvezzo alle lotte e allequerelle politico/sportivo/sindacali,mentre io di barricate all’internodell’atletica non me le trovavo dicerto, forse qualche ostacolo, quellosì, ma in confronto alla politica, “ro-betta”, come si dice dalle nostreparti ai “confini dell’Impero”. Primadi addentrarmi nella questione diRoma 2024, mi piace giustamente ri-cordare, penso sia la terza o laquarta volta che lo scrivo, ripetutajuvant, che in tempi non sospetti, inaltre parole meno di quattro anni fa,il sobrio professor Monti, tenne inscacco per una giornata intera, co-stringendo su di una sedia per unagiornata (alla faccia dell’antica-mera) l’allora presidente del ConiPetrucci (ultimo giorno disponibileper lanciare la candidatura olimpicadi Roma). L’appoggio del Governo?Niet. Peana, da parte di tutti. In pri-

mis dagli stessi membri del Go-verno. La sua Leadership in queigiorni crebbe di un paio di punti inpercentuale sull’indice di gradi-mento, poi gli atleti stessi, ancheloro a dire “è giusto così… chissàcosa avrebbero rubato…” e via di-cendo. Uno dei motivi che il sobrioprofessor Monti addusse fu motivatodalla recessione e dallo spread checi stava massacrando e via dicendo.Tra l’altro, ma questa è solo unaconsiderazione personale, non avva-lorata dai fatti, penso che il sobrioprofessor Monti di sport non ne az-zecchi molto, figuriamoci di Olim-piadi. Troppe discipline, troppocomplicato. Passano un paio di annie dopo la parentesi Letta, spunta lui,il capitan Fracassa del nostro go-verno, che se n’intende di tutto,compreso lo sport. Non fa niente sela recessione, un paio di anni fa eraancora la nostra compagna di viag-gio preferita, dà il suo benestare e ilmitico Giovanni Malagò cavalca allagrande l’occasione. Beccati questapremessa Daniele e poi rispondi.Veniamo ai giorni nostri. Ditemi qualè il motivo per non organizzarel’Olimpiade? Non sono d’accordo iromani? Volete chiedere loro di fareun referendum? La vedo dura, giàcon le buche, le elezioni del sin-daco… Avete paura che qualcuno

faccia il furbetto?Termine quanto maiin voga in questo periodo. Mettiamoa capo di tutto Raffaele Cantone,che se continua così lo vedremoanche alla guida del Festival di San-remo! Domenica 10 aprile ho seguitola maratona di Roma: uno spettacolosui Fori Imperiali. Penso non sipossa restare indifferenti davantialle bellezze di Roma, è stato unospot meraviglioso per i 105 paesiche hanno potuto vedere in televi-sione l’evento, poi la Coppa delMondo di marcia del 7 e 8 maggiosarà certamente un altro bel bi-glietto da visita da presentare alCIO. Ricordo solo che un anno fa aMilano c’era chi storceva il naso perL’Expo. Poi tutti o quasi hanno cam-biato idea. Milano ha cambiato fac-cia, in meglio. Adesso orde di turistibivaccano nel centro storico. Primaera assai difficile trovarne, giappo-nesi esclusi. I locali sui Navigli sisono rinnovati, la Darsena (il portodi Milano) ora ha un significato,basta andarci a qualsiasi ora delgiorno per restare affascinati: doveprima scorazzavano topi e pante-gane. L’Expo è stato un successo,perché non dovrebbe essere così

C’è chi dice sì...Il logo di Romaolimpica

Spiegare in poche righe perchésono decisamente contrario aiGiochi a Roma non è poi così fa-

cile. Argomento lungo e complesso,ma ci proverò. Tanto per iniziare, di-ciamo che la decisione su quale cittàsarà sede delle Olimpiadi del 2024 siprenderà a Lima l’11 settembre 2017,in occasione della 130ª sessione delCio (Comitato Olimpico Internazio-nale) e già cominciano le spese (chipaga?). Solo la candidatura, infatti,costa 10 milioni di euro. Bazzecole sidirà. Ma non è finita qui. Negli ultimidecenni, per quanto riguarda legrandi manifestazioni sportive, ab-biamo assistito a uno scostamento si-stematico dei costi finali rispetto al

anche per l’Olimpiade, il maggiorevento sportivo mondiale nella CittàEterna. Non so quanti di voi ricorde-ranno le Olimpiadi del ’60 a Roma,ero un imberbe ragazzino, ancorarammento le volate di Berruti, diHary all’Olimpico, l’arrivo di Bikilasotto l’Arco di Costantino, le sfidedel nuoto nei 100 metri, la palla-nuoto, la lotta alla Basilica di Mas-senzio, il completo ippico a Pratonidel Vivaro, la nazionale di calcio conRivera e Trapattoni. Per quale mo-tivo non fare rivivere questi mo-menti alle generazioni attuali? Alloradico sì!

Walter Brambilla

preventivo, calcolato attorno al 185%.Il peggio lo si è raggiunto a Montreal1976, con un aumento del 796%. Me-glio hanno fatto i cinesi nel 2008, con“solo” il 4%. Tutto questo si è risoltocon tasse speciali (che pagano i citta-dini) spalmate su un arco di decenni.Atene, prima del disastro, ha dilatatoi conti fino al 2030...Vediamo cosa è accaduto a Torino,Olimpiadi invernali 2006. L’economi-sta Andrea Boitani (lavoce.info) haaffermato che «La spesa è stata so-prattutto a carico del pubblico. Go-verno ed enti locali hanno pagato il93,7 per cento dei 2,1 miliardi per gliinvestimenti. Anche con le stime più

ottimistiche, i benefici non hanno su-perato i 2,5 miliardi. Ai 2,1 miliardi diinvestimenti vanno aggiunti 1,2 per lagestione operativa dell’evento, il bi-lancio si chiude con un rosso di 800milioni. Chi paga?». E quanti impianticostruiti appositamente sono ora inu-tilizzati e stanno andando in rovina?Ma torniamo a Roma. Studi recentihanno sentenziato che dal 1992 leOlimpiadi generano corruzione. Suquesto fronte non abbiamo certo bi-sogno di ulteriori incentivi... I costipresentati dal comitato promotore,guidato da Luca Cordero di Monteze-molo (presidente di Alitalia, vice pre-sidente di Unicredit e azionista diNuovo Trasporto Viaggiatori-Italo. In

passato presidente di Fiat e Ferrari)e sponsorizzato fortemente da Renzie dal presidente del Coni Malagò, am-monterebbero a 5,3 miliardi. Falso.Questi conti sono frutto di un rispar-mio “metodologico”. Non sono staticonteggiati, infatti, infrastrutture,metropolitane, aeroporti e spese peril turismo. Ovvero tutto ciò che non èstrettamente riconducibile alla mani-festazione sportiva. Il docente univer-sitario Roberto Perotti, economista edocente universitario alla Bocconi diMilano, avverte: «I giochi costerannodi più, anche perché alcuni interventisono imprescindibili per la realizza-zione dell'evento». Facendo seria-mente i conti, la spesa si avvicina ai13 miliardi. La stessa bocciata dal go-verno Monti per la candidatura del2020. In altre parti del mondo la po-polazione, consultata, ha detto no. Anovembre ad Amburgo il 51,7% deicittadini ha detto no ai giochi del2024, a Boston il movimento di oppo-sizione ha denunciato il budget previ-sto da 14 miliardi di dollari e hacostretto il sindaco, Martin J. Walsh, aritirare la candidatura. Sui giochi del2012 a Cracovia e Monaco i referen-dum popolari hanno detto no, a Oslogli elettori erano favorevoli ma poi ilParlamento ha ritirato la candidaturaper i costi troppo alti. Il Comitato or-ganizzatore chiede a gran voce i Gio-chi perché “Roma ha un grandesogno: regalare al proprio Paese e almondo lo spettacolo di un’Olimpiadee Paralimpiade unica e straordinaria”.Nulla in contrario per il sogno, maperché dobbiamo pagare tutti per ilbeneficio di pochi?

Daniele Perboni

... e chi dice no!

Trekkenfild olimpico...

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Eccola eccola!Il prossimo 7 e 8 maggio aRoma si svolgera il Campio-nato mondiale di marcia, lavecchia Coppa del Mondo.Trekkenfild sarà presente inforza, con tutte le sue armate,schiere di redattori pronti adimmolarsi per la causa. Nelleintenzioni nostre ne do-vrebbeuscireuno spe-ciale suquantoaccadràsullestradedella capi-tale. Unacosa pos-siamo già prometterla: l’idoloassoluto, nel bene e nel male,sarà quel signore altoatesino,biondo e con una grande cilin-drata nel motore. Comunquevada sarà l’idolo, la stella. E ilsuo pigmalione arringherà lefolle dei cronisti dettando leregole della resurrezione.

Ancora lui...È notizia di pochi giorni fa cheun tesserato Fidal ha inviatoalla Wada e alla Procura anti-doping del Coni ben tre de-nunce riguardanti i testeffettuati da Alex Schwzer il24 settembre a Tagliacozzo, il4 ottobre a Roma e il 13 marzodalla parti di Saxa Rubra aRoma. Il denunciante asserisceche le norme sono state vio-late. Siamo più che convintiche tutto si risolverà per il me-glio. Meglio per il marciatorenaturalmente. Perché orma èassodato da tempo che la suapartecipazione ai Giochi di Rioè sponsorizzata alla grande dal

presidente del Coni Malagò eche anche in casa Fidal si sonoallineati (volenti o nolenti) aidesideri del gran capo dellosport. Anche alcuni giornalispingono in tal senso. Si sa, lacandidatura di Roma olimpicadeve essere spinta ogni limite.Ciò che ci lascia perplessi è

l’atteggia-mento dei ver-tici federali, ilpresidenteAlfio Giomi inprimis. Dapiù parti sisottolinea, elo confer-manoanche le

“solite” fonti ben in-formate, che in casa Fidalsiano piuttosto incazzati perquesta vicenda e che debbanosubire le impostazioni dall’alto.Insomma, sembra proprio cheanche la Fidal non veda dibuon occhio la “resurrezione”di Alex. Forse siamo un pocoingenui, ma se tutto questocorrisponde al vero uno scattodi orgoglio ce lo aspettavamo,magari dal commissario tec-nico Magnani, magari dallostesso Giomi. Invece tuttibuoni e zitti. Si sa, la politicaha le sue regole e se sgarri seifinito...Siamo poco avvezzi in filosofiama ci par di capire che questavicenda ricalca perfettamentela classica definizione sociolo-gica di Max Weber (il poterecome forza): «Il potere è lapossibilità che un individuo(Giovanni Malagò), agendonell'ambito di una relazionesociale, faccia valere la propriavolontà anche di fronte aun'opposizione (Fidal)».

Il Lupi campioneSì, d’accordo per i voli gratis,per il treno pure e tuttoquanto permetta a loro di svol-gere l’attività parlamentare,ma di partire tra i big nellamezza maratona di Milanoquesto no. L’onorevole Lupi,milanese purosangue, appas-sionato di corsa lunga (sia benchiaro non di atletica, questanon la conosce, statene certi)è partito in prima fila, notaretra l’altro il numero di gara re-lativamente basso. Lupi ideòqualche anno fa il MontecitorioRunning Club (se esiste an-cora non lo so) e con altri par-lamentari si dilettava nellemaratone internazionali. NewYork tanto per fare un esem-pio. Sponsorizzatissimo, comegli altri, con tempi di gran va-lore che andavano dalle 3h30alle 6 ore! Nessuna reazione daparte del Comitato Organizza-tore e neppure dallo speaker,che l’ha certamente notato. In-vitato a prendere il via tra i co-muni mortali ha riposto con unsorriso e una pacca sullespalle.

Cominciava a parlarti in perfettoitaliano e molte volte finiva in dia-letto meneghino. In milanese erasbottato quella famosa sera durantei Mondiali di Roma ’87, l’unico chein quel momento stava seguendoattentamente la gara di salto inlungo, mentre noi tutti eravamo af-fascinati da Francesco Panetta chestava per vincere l’oro nelle siepi:«Quel salto non è va-lido», traduzione ita-liana di quel salt lì l’èminga bun. Per i debolidi memoria si tratta delfamoso salto allungatodi Giovanni Evangelisti.Particolare non indiffe-rente, Carlo Monti al-l’epoca scriveva per “LaNotte” quotidiano cheusciva a Milano nelprimo pomeriggio, per-tanto lui scriveva almattino presto. Essendostato un ex velocista erapiù interessato a una fi-nale di salto in lungoche a quella dei 3000siepi. Ecco, questo eraCarlino Monti. Un uomotutto di un pezzo, unatleta che ha vissutomomenti entusiasmantidel nostro sport comeprotagonista prima ecome testimone dopoaver smesso di gareg-giare. La nostra pubbli-cazione arriva buonultima, per testimoniarela sua grande capacitàdi essere dissacratore, ma allostesso tempo persona di buone ma-niere gentile ed elegante. Semprein giacca e cravatta era attento al-l’evolversi del mondo, usava il com-puter a oltre 80 anni di età, ma nonscordava di raccontare di quanto

era bella la nostra atletica nel dopoguerra. Carlo Monti se n’è andatoall’inizio di aprile alla veneranda etàdi 96 anni (compiuti il 24 marzo).Ancora lo scorso anno ho avutol’onore di sedere a tavola con luiper festeggiare il suo compleannocon i suoi amici di sempre, su tuttiFranco Sar, il figlio Fabio, GiulianaCassani, Cesare Barbetti, i fidi con i

quali ha gestito negli ultimi anni“Progetto Atletica” sodalizio natosulle ceneri della gloriosissima Sniadi cui è stato capo ufficio stampaper una vita intera. Carlo Monti èstato l’ultimo medagliato in asso-luto delle Olimpiadi del 1948,

quelle di Londra. Aveva conquistatocon la staffetta 4x100 la medagliadi bronzo. Carlo Monti aveva unagrande abilità nel ricordare e nelloscrivere certe sue gare. Quasi tutti isuoi amici conoscevano e menaditoil celeberrimo viaggio fatto per arri-vare ad Oslo, in occasione degli Eu-ropei del 1946. Con le ferrovieancora distrutte dalla SecondaGuerra Mondiale, Monti egli altriazzurri arrivò nella capitale norve-gese, solo poche ore prima dell’ini-zio delle gare continentali, dopo tregiorni di viaggio su un DC3 messo adisposizione degli Alleati. Monti

non giovanissimo perl’epoca, 26 anni, è terzo in10”8, ma il capolavoro av-viene è due anni dopo,con Siddi, Perricconi eTito. Carlo Monti corre interza frazione, era unbuon curvista, ci sonosbiaditi filmati d’epocache testimoniano la suacorsa. Otto titoli tricolorinei 100 e nei 200, poidopo una laurea in chi-mica pur lavorando, nontrascurò mai la sua pas-sione per il giornalismo,che divenne la sua vita.Carlo avrà scritto su quasitutti i quotidiani che par-lavano di sport, su tutte leriviste specializzate diatletica: dove c’era unmeeting lui era presente,dove c’era un cross nonmancava, dove c’era unamaratona pure, anche sescherzosamente dicevache l’atletica finiva dopo i200 metri. Ironia dellasorte mandò alle stampeuna pubblicazione sullaCento Chilometri di mar-

cia. Con Carlo Monti se ne va unpezzo dell’atletica elegante, figlia diuna generazione nata dalle ceneridella seconda guerra mondiale, hadetto il presidente Alfio Giomi. Nonresta che ricordarlo così.

W. B.

Ciao Carlo