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N. 12/2012 Dicembre § Il nuovo sistema di controlli è legge Legge 213/2012 di conversione del d.l. 174/2012 § Servizi: la legge di conversione del d.l. 179/2012 ha eliminato il limiti dei 200 mila euro Legge 221/2012, di conversione del d.l. 179/2012

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§ Il nuovo sistema di controlli è legge Legge 213/2012 di conversione del d.l. 174/2012 § Servizi: la legge di conversione del d.l. 179/2012 ha eliminato il limiti dei 200 mila euro Legge 221/2012, di conversione del d.l. 179/2012

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Il nuovo sistema di controlli è legge Legge 213/2012 di conversione del d.l. 174/2012

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Servizi: la legge di conversione del d.l. 179/2012 ha eliminato il limiti dei 200 mila euro Legge 221/2012, di conversione del d.l. 179/2012

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Novità legislative in materia di pari opportunità Legge 23 novembre 2012, n. 215

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E’ legittimo il licenziamento del pubblico dipendente che lavora nell’azienda di famiglia Corte di cassazione, Sez. lavoro, sentenza n. 20857/2012

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Segretari comunali: chiarimenti su trattamento economico e incarichi in convenzione Ministero dell’interno – ex AGES, quesiti nn. 16-19 del 30 novembre 2012

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Il minore che non vuole andare a scuola non esclude la responsabilità dei genitori Cassazione penale, sez. III, sentenza 47110/2012

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Garante: chiarimenti in materia protocollo informatico e amministrazione aperta Garante Privacy, newsletter n. 367 del 12 dicembre 2012

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Mutamento dell’interesse pubblico: legittima la revoca anche a distanza di anni Consiglio di Stato, n. 5993/2012

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Servizi: legittimo l’affidamento diretto per i piccoli comuni Corte di Giustizia UE, sentenza C/182/2011 del 29 novembre 2012

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Il nuovo sistema di controlli è legge Legge 213/2012 di conversione del d.l. 174/2012 di Federica Caponi E’ stata pubblicata sulla G.U. n. 286 del 7 dicembre 2012 la legge 213/2012 di conversione del d.l. 174/2012, concernente “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”. Numerose le novità introdotte dalle legge di conversione, entrata in vigore l’8 dicembre 2012. Articolo 1 - Rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti territoriali Tale disposizione è stata novella dalla legge di conversione che ha previsto, tra l’altro, che ogni sei mesi le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti dovranno trasmettere ai consigli regionali una relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali approvate nel semestre precedente e sulle tecniche di quantificazione degli oneri. Le sezioni regionali della Corte dei conti dovranno infatti esaminare i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi delle regioni e degli enti del servizio sanitario nazionale. I bilanci preventivi annuali e pluriennali e i rendiconti delle regioni, con i relativi allegati, saranno trasmessi alle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti dai presidenti delle regioni con propria relazione. I rendiconti delle regioni dovranno tener conto anche delle partecipazioni societarie affidatarie di servizi pubblici e di servizi strumentali, nonché dei risultati definitivi della gestione degli enti del servizio sanitario nazionale. Il rendiconto generale della regione è parificato al rendiconto dello Stato, ai sensi degli articoli 39, 40 e 41 del r.d. 1214/1934 (“Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei Conti”). Alla decisione di parifica é allegata una relazione nella quale la Corte dei conti formulerà osservazioni in merito alla legittimità e alla regolarità della gestione e proporrà le misure di correzione e gli interventi di riforma ritenuti necessari al fine, in particolare, di assicurare l'equilibrio del bilancio e di migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa. La decisione di parifica e la relazione saranno trasmesse al presidente della giunta regionale e al consiglio regionale. Il presidente della regione dovrà trasmettere ogni anno alla sezione regionale di controllo una relazione sulla regolarità della gestione e sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato sulla base delle linee guida che dovranno essere deliberate dalla sezione delle

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autonomie della Corte dei conti entro il 7 gennaio 2013 (30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione). Nel caso in cui la Corte dei conti accerti squilibri economico-finanziari, mancata copertura di spese, violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità, questo comporterà per la regione l'obbligo di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio. Tali provvedimenti dovranno essere trasmessi alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti per la verifica. Qualora la regione non provveda alla trasmissione dei suddetti provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo dia esito negativo, sarà preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria. Ciascun gruppo consiliare dei consigli regionali dovrà approvare un rendiconto di esercizio annuale, strutturato secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con d.p.c.m., per assicurare la corretta rilevazione dei fatti di gestione e la regolare tenuta della contabilità, dovrà evidenziare, in apposite voci, le risorse trasferite al gruppo dal consiglio regionale, con indicazione del titolo del trasferimento, nonché le misure adottate per consentire la tracciabilità dei pagamenti effettuati. Il rendiconto dovrà essere trasmesso da ciascun gruppo consiliare al presidente del consiglio regionale, che lo trasmetterà al presidente della regione. Entro sessanta giorni dalla chiusura dell'esercizio, il presidente della regione dovrà trasmettere il rendiconto di ciascun gruppo alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti perché si pronunci, nel termine di trenta giorni dal ricevimento, sulla regolarità dello stesso con apposita delibera, trasmessa al presidente della regione per il successivo inoltro al presidente del consiglio regionale, che ne dovrà curare la pubblicazione. In caso di mancata pronuncia nei successivi trenta giorni, il rendiconto di esercizio si intenderà comunque approvato. Il rendiconto dovrà essere pubblicato in allegato al conto consuntivo del consiglio regionale e nel sito istituzionale della regione. Qualora la Corte dei conti riscontri irregolarità nel rendiconto di esercizio del gruppo consiliare o nella documentazione trasmessa, invierà al presidente della regione una comunicazione affinché si provveda alla relativa regolarizzazione, fissando un termine non superiore a trenta giorni. Nel caso in cui il gruppo non provveda alla regolarizzazione entro il termine fissato, decadrà, per l'anno in corso, dal diritto all'erogazione di risorse da parte del consiglio regionale dovrà restituire le somme ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale e non rendicontate.

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Le regioni che abbiano adottato il piano di stabilizzazione finanziaria, ai sensi dell'articolo 14, comma 22, del d.l. 78/2010, formalmente approvato con d.m. potranno chiedere al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 15 dicembre 2012, un'anticipazione di cassa da destinare esclusivamente al pagamento delle spese di parte corrente relative a spese di personale, alla produzione di servizi in economia e all'acquisizione di servizi e forniture, già impegnate e comunque non derivanti da riconoscimento dei debiti fuori bilancio. Tale anticipazione sarà concessa, nei limiti di 50 milioni di euro per l'anno 2012, con d.p.c.m. che stabilirà le modalità per l'erogazione e per la restituzione dell'anticipazione straordinaria in un periodo massimo di cinque anni, a decorrere dall'anno successivo a quello in cui sarà erogata l'anticipazione. Art. 1-bis - Modifiche al d.lgs. 149/2011 La legge di conversione ha modificato alcune norme del d.lgs. 149/2011, concernente “Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della Legge 5 maggio 2009, n. 42”. In particolare, la disposizione in commento ha modificato l’articolo 1, concernente “Relazione di fine legislatura regionale”. E’ stato aggiunto, tra l’altro, il comma 3-bis, il quale ha previsto che la relazione di fine mandato debba essere trasmessa, entro dieci giorni dalla sottoscrizione del Presidente della Giunta regionale, alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, che, entro trenta giorni dal ricevimento, esprimerà le proprie valutazioni al Presidente della Giunta regionale. Le valutazioni espresse dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti saranno pubblicate nel sito istituzionale della regione entro il giorno successivo al ricevimento da parte del Presidente della Giunta regionale. Inoltre, è stato novellato il comma 6, stabilendo che in caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione e di pubblicazione, nel sito istituzionale dell'ente, della relazione di fine legislatura, al Presidente della Giunta regionale e, qualora non abbiano predisposto la relazione, al responsabile del servizio bilancio e finanze della regione e all'organo di vertice dell'amministrazione regionale sarà ridotto della metà, con riferimento alle successive tre mensilità, rispettivamente, l'importo dell'indennità di mandato e degli emolumenti. Il Presidente della regione sarà, inoltre, obbligato a dare notizia della mancata pubblicazione della relazione, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente. E’ stato modificato anche l’articolo 4, concernente “Relazione di fine mandato provinciale e comunale”, che ha previsto che la relazione di fine mandato, sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato, debba essere “redatta dal responsabile del servizio finanziario o dal segretario generale”.

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E’ stato inserito il comma 3-bis, che ha stabilito che tale relazione deve essere trasmessa, entro dieci giorni dalla sottoscrizione del presidente della provincia o del sindaco, alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti. In caso di mancata adozione della relazione, il presidente della provincia o il sindaco, saranno comunque tenuti a predisporre la relazione di fine mandato. E’ stato novellato il comma 6, che ha previsto che in caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione e di pubblicazione, nel sito istituzionale dell'ente, della relazione di fine mandato, al sindaco e, qualora non abbia predisposto la relazione, al responsabile del servizio finanziario del comune o al segretario generale sarà ridotto della metà, con riferimento alle tre successive mensilità, rispettivamente, l'importo dell'indennità di mandato e degli emolumenti. Il sindaco sarà, inoltre, tenuto a dare notizia della mancata pubblicazione della relazione, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente. E’ stato inserito anche l’articolo 4-bis (“Relazione di inizio mandato provinciale e comunale”), che ha imposto alle province e ai comuni di redigere una relazione di inizio mandato, volta a verificare la situazione finanziaria e patrimoniale e la misura dell'indebitamento dei medesimi enti. Tale relazione, predisposta dal responsabile del servizio finanziario o dal segretario generale, dovrà essere sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco entro il novantesimo giorno dall'inizio del mandato. Sulla base delle risultanze della relazione medesima, il presidente della provincia o il sindaco in carica, ove ne sussistano i presupposti, potranno ricorrere alle procedure di riequilibrio finanziario vigenti. Articolo 2 - Riduzione dei costi della politica nelle regioni E’ stato novellato l’articolo 2 che ha stabilito che a decorrere dal 2013 una quota pari all'80% dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico locale, sarà erogata a condizione che la regione, con le modalità previste dal proprio ordinamento, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro l’8 giugno 2013 (6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione) qualora occorra procedere a modifiche statutarie abbia rispettato determinate condizione, tra cui:

aver definito l'importo dell'indennità di funzione e dell'indennità di carica, nonché delle spese

di esercizio del mandato, dei consiglieri e degli assessori regionali, spettanti in virtù del loro

mandato, in modo tale che non ecceda complessivamente l'importo riconosciuto dalla regione

più virtuosa, che avrebbe dovuto essere individuata dalla Conferenza permanente per i rapporti

tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il 10 dicembre 2012.

Decorso inutilmente tale termine, la regione più virtuosa sarà individuata con d.p.c.m. da

emanarsi entro il 25 dicembre 2012 (nei successivi quindici giorni);

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aver disciplinato l'assegno di fine mandato dei consiglieri regionali in modo tale che non ecceda

l'importo riconosciuto dalla regione più virtuosa. Tale disposizione non si applica alle regioni

che abbiano abolito gli assegni di fine mandato;

aver introdotto il divieto di cumulo di indennità o emolumenti, ivi comprese le indennità di

funzione o di presenza in commissioni o organi collegiali, derivanti dalle cariche di presidente

della regione, di presidente del consiglio regionale, di assessore o di consigliere regionale,

prevedendo inoltre che il titolare di più cariche sia tenuto ad optare, fin che dura la situazione

di cumulo potenziale, per uno solo degli emolumenti o indennità;

aver previsto, per i consiglieri, la gratuità della partecipazione alle commissioni permanenti e

speciali, con l'esclusione anche di diarie, indennità di presenza e rimborsi di spese comunque

denominati;

aver disciplinato le modalità di pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di

cariche pubbliche elettive e di governo di competenza, prevedendo che la dichiarazione, da

pubblicare annualmente, all'inizio e alla fine del mandato, nel sito istituzionale dell'ente,

riguardi i dati di reddito e di patrimonio, con particolare riferimento ai redditi annualmente

dichiarati, i beni immobili e mobili registrati posseduti, le partecipazioni in società quotate e

non quotate, la consistenza degli investimenti in titoli obbligazionari, titoli di Stato o in altre

utilità finanziarie detenute anche tramite fondi di investimento, SICAV o intestazioni fiduciarie,

stabilendo altresì sanzioni amministrative per la mancata o parziale ottemperanza;

In caso di mancato adeguamento a tali vincoli dal 1° gennaio 2013 i trasferimenti erariali a favore della regione inadempiente saranno ridotti per un importo corrispondente alla metà delle somme da essa destinate per l'esercizio 2013 al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e ai membri della giunta regionale. Gli enti interessati comunicheranno il documentato rispetto di tali condizioni mediante comunicazione da inviare alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze. Tali vincoli si applicano a tutte le regioni, compreso quelle il cui presidente abbia, all’8 dicembre 2012, già presentato le dimissioni ovvero si debbano svolgere le consultazioni elettorali entro centottanta giorni da tale data. Le regioni in cui si svolgeranno le elezioni dovranno adottare gli atti di rispetto delle condizioni sopra richiamate entro tre mesi dalla data della prima riunione del nuovo consiglio regionale ovvero, qualora occorra procedere a modifiche statutarie, entro sei mesi dalla medesima data.

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Se, all'atto dell'indizione delle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale, la regione non avrà provveduto all'adeguamento statutario. Articolo 3 - Rafforzamento dei controlli in materia di enti locali Il comma 1 della disposizione in commento ha introdotto numerose modifiche al Tuel. E’ stato inserito l’articolo 41-bis al Tuel, rubricato “Obblighi di trasparenza dei titolari di cariche elettive e di governo”. La legge di conversione ha previsto che gli enti locali con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono tenuti a disciplinare, nell'ambito della propria autonomia regolamentare, le modalità di pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo di loro competenza. La dichiarazione, da pubblicare annualmente, all'inizio e alla fine

del mandato, sul sito internet dell'ente dovrà riguardare:

i dati di reddito e di patrimonio con particolare riferimento ai redditi annualmente

dichiarati;

i beni immobili e mobili registrati posseduti;

le partecipazioni in società quotate e non quotate;

la consistenza degli investimenti in titoli obbligazionari, titoli di Stato, o in altre utilità

finanziarie detenute anche tramite fondi di investimento, sicav o intestazioni fiduciarie.

Gli enti sono altresì tenuti a prevedere sanzioni amministrative per la mancata o parziale ottemperanza a tale onere, da un minimo di euro duemila a un massimo di euro ventimila. L'organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è il sindaco (ex art. 17 legge 689/1981”). Ha novellato l’articolo 49 del Tuel (“Pareri dei responsabili dei servizi”), stabilendo che su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio, che non sia mero atto di indirizzo, deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. Tali pareri sono inseriti nella deliberazione. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere sarà espresso dal segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze. I responsabili rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi. Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi a tali pareri dovranno darne adeguata motivazione nelle deliberazione.

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E’ stato inserito il comma 2-bis all’articolo 109, che stabilisce che l’incarico di responsabile del servizio finanziario potrà essere revocato esclusivamente in caso di gravi irregolarità riscontrate nell'esercizio delle funzioni assegnate e potrà essere disposta dal sindaco con propria ordinanza, previo parere obbligatorio del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato. E’ stato novellato l'articolo 147 (“Tipologia dei controlli interni”). Tale disposizione stabilisce che gli enti, nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, devono individuare strumenti e metodologie per garantire, attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa. Il nuovo sistema di controlli ridisegnato dal legislatore è diretto a: a) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione

amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi correttivi, il

rapporto tra obiettivi e azioni realizzate, nonché tra risorse impiegate e risultati;

b) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, dei programmi e

degli altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra i

risultati conseguiti e gli obiettivi predefiniti;

c) garantire il costante controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, della

gestione dei residui e della gestione di cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di

finanza pubblica determinati dal patto di stabilità interno, mediante l'attività di coordinamento

e di vigilanza da parte del responsabile del servizio finanziario, nonché l'attività di controllo da

parte dei responsabili dei servizi;

d) (in fase di prima applicazione solo per gli enti con popolazione superiore a 100.000 abitanti,

dal 2014 per quelli con popolazione superiore a 50.000 abitanti dal2015 per quelli con

popolazione superiore a 15.000 abitanti) verificare, attraverso l'affidamento e il controllo dello

stato di attuazione di indirizzi e obiettivi gestionali, anche in riferimento all'articolo 170, comma

6, la redazione del bilancio consolidato, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità degli organismi

gestionali esterni dell'ente;

e) in fase di prima applicazione solo per gli enti con popolazione superiore a 100.000 abitanti,

dal 2014 per quelli con popolazione superiore a 50.000 abitanti dal2015 per quelli con

popolazione superiore a 15.000 abitanti) garantire il controllo della qualità dei servizi erogati,

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sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni, con l'impiego di metodologie dirette

a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni dell'ente.

Nell’organizzazione di tale sistema di controllo sono soggetti attivi il segretario dell'ente, il direttore generale (laddove previsto), i responsabili dei servizi e le unità di controllo (laddove istituite). Per l'effettuazione di tali controlli gli enti potranno istituire uffici unici, mediante una convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento. Sono stati introdotti gli artt. art. 147-bis – 147 – quinquies. L’articolo 147-bis (“Controllo di regolarità amministrativa e contabile”) ha previsto che il controllo di regolarità amministrativa e contabile deve essere assicurato, nella fase preventiva alla formazione dell'atto, da ogni responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità tecnica attestante la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa. Il controllo contabile è effettuato inoltre dal responsabile del servizio finanziario ed esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto attestante la copertura finanziaria. Nella fase successiva alla formazione dell'atto, tale controllo dovrà essere assicurato secondo principi generali di revisione aziendale e modalità definite nell'ambito dell'autonomia organizzativa dell'ente, sotto la direzione del segretario. Sono soggette a tale controllo:

le determinazioni di impegno di spesa;

i contratti e gli altri atti amministrativi, scelti secondo una selezione casuale effettuata con

motivate tecniche di campionamento.

Le risultanze di tale controllo di regolarità amministrativa-contabile dovranno essere trasmesse periodicamente, a cura del segretario, unitamente alle direttive cui conformarsi in caso di

riscontrate irregolarità:

ai responsabili dei servizi;

ai revisori dei conti;

agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti utili per la

valutazione;

al consiglio comunale.

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E’ stato introdotto l’articolo 147-ter (“Controllo strategico”), il quale stabilisce che gli enti con popolazione superiore a 100.000 abitanti in fase di prima applicazione, a 50.000 abitanti per il 2014 e a 15.000 abitanti a decorrere dal 2015, per verificare lo stato di attuazione dei programmi secondo le linee approvate dal Consiglio, dovranno definire, secondo la propria autonomia organizzativa, metodologie di controllo strategico finalizzate alla rilevazione dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi predefiniti, degli aspetti economico-finanziari connessi ai risultati ottenuti, dei tempi di realizzazione rispetto alle previsioni, delle procedure operative attuate confrontate con i progetti elaborati, della qualità dei servizi erogati e del grado di soddisfazione della domanda espressa, degli aspetti socio-economici. Tali enti con popolazione superiore a 100.000 abitanti in fase di prima applicazione, a 50.000

abitanti per il 2014 e a 15.000 abitanti a decorrere dal 2015 potranno esercitare in forma associata il controllo strategico. L’ufficio addetto al controllo strategico, che deve essere posto sotto la direzione del direttore generale, laddove previsto, o del segretario comunale negli enti in cui non è prevista la figura del direttore generale, dovrà elaborare rapporti periodici, da sottoporre alla giunta e al consiglio per la successiva predisposizione di deliberazioni consiliari di ricognizione dei programmi, secondo modalità da definire con il regolamento di contabilità dell'ente in base a quanto previsto dallo statuto. E’ stato novellato l’articolo 147-quater (“Controlli sulle società partecipate”), il quale ha stabilito che gli enti [con popolazione superiore a 100.000 abitanti in fase di prima applicazione, a 50.000 abitanti per il 2014 e a 15.000 abitanti a decorrere dal 2015] devono definire, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sulle società partecipate, non quotate, che dovranno essere esercitati da strutture interne. Per l'attuazione di tali controlli, l'amministrazione dovrà definire preventivamente, nella relazione previsionale e programmatica (ex art. 170, comma 6, d.lgs. 267/2000), gli obiettivi gestionali a cui dovrà tendere la società partecipata, secondo parametri qualitativi e quantitativi, e organizzare un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l'ente proprietario e la società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa della società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica. In base a tali indicazioni, l'ente dovrà effettuare il monitoraggio periodico sull'andamento delle partecipate, analizzare gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individuare le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per il bilancio dell'ente. I risultati complessivi della gestione dell'ente e delle partecipate saranno rilevati mediante bilancio consolidato, secondo la competenza economica. Tali vincoli non si applicano alle società quotate e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

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A tal fine, per società quotate partecipate dagli enti si intendono gli organismi emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati. E’ stato inserito l’articolo 147-quinquies (“Controllo sugli equilibri finanziari”), che stabilisce che il controllo sugli equilibri finanziari è svolto sotto la direzione e il coordinamento del responsabile del servizio finanziario e mediante la vigilanza dell'organo di revisione, prevedendo il coinvolgimento attivo degli organi di governo, del direttore generale, ove previsto, del segretario e dei responsabili dei servizi, secondo le rispettive responsabilità. Il controllo sugli equilibri finanziari deve essere disciplinato nel regolamento di contabilità e svolto nel rispetto delle disposizioni dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti, e delle norme che regolano il concorso degli stessi alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, nonché delle norme di attuazione dell'articolo 81 della Costituzione. Tale controllo implica anche la valutazione degli effetti che si determinano per il bilancio finanziario dell'ente in relazione all'andamento economico-finanziario degli organismi partecipati. E’ stato novellato l'articolo 148 (“Controllo della Corte dei conti”), il quale ha stabilito che le sezioni regionali della Corte dei conti devono verificare, con cadenza semestrale, la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell'equilibrio di bilancio di ciascun ente locale. A tale fine, il sindaco, relativamente ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, o il presidente della provincia, avvalendosi del direttore generale, quando presente, o del segretario negli enti in cui non è prevista la figura del direttore generale, dovrà trasmettere semestralmente alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sulla regolarità della gestione e sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato, sulla base delle linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti entro il 7 gennaio 2013 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione). Il referto dovrà essere inviato anche al presidente del consiglio comunale o provinciale. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato potrà attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, qualora un ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria; b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio; c) anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi; d) aumento non giustificato di spesa degli organi politici istituzionali. In caso di rilevata assenza o inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie sopra indicate, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogheranno agli amministratori responsabili

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la condanna ad una sanzione pecuniaria da un minimo di cinque fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione. E’ stato inserito l’articolo 148-bis (Rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla

gestione finanziaria degli enti locali), il quale ha previsto che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esamineranno i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento, della sostenibilità dell'indebitamento, dell'assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti. Ai fini di tale verifica, le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti dovranno accertare che i rendiconti degli enti locali tengano conto delle partecipazioni in società controllate e alle quali sia stata affidata la gestione di servizi pubblici e strumentali. Nell'ambito di tale verifica, l'accertamento, da parte della Corte dei conti, di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno comporterà per gli enti interessati l'obbligo di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità' e a ripristinare gli equilibri di bilancio. Tali provvedimenti saranno trasmessi alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti che li verificheranno nel termine di trenta giorni dal ricevimento. Qualora l'ente non provveda alla trasmissione dei suddetti provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo dia esito negativo, sarà preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria. E’ stato modificato il comma 4 dell’articolo 153, stabilendo che il responsabile del servizio finanziario è responsabile della salvaguardia degli equilibri finanziari complessivi della gestione e dei vincoli di finanza pubblica. Nell'esercizio di tali funzioni, tale responsabile agisce in autonomia nei limiti di quanto disposto dai principi finanziari e contabili, dalle norme ordinamentali e dai vincoli di finanza pubblica, tenuto conto degli indirizzi della Ragioneria Generale dello Stato applicabili agli enti locali in materia di programmazione e gestione delle risorse pubbliche. E’ stato modificato anche il comma 6, il quale prevede che le segnalazioni obbligatorie disposte dal responsabile del servizio finanzio dovranno essere inviate anche alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti. Sono stati aggiunti alcuni commi all’articolo 166 del Tuel.

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Il comma 2-bis stabilisce che la metà della quota minima prevista per il fondo di riserva è riservata alla copertura di eventuali spese non prevedibili, la cui mancata effettuazione comporta danni certi all'amministrazione. Il comma 2-ter prevede che nel caso in cui l'ente utilizzi entrate in forma specifica o anticipazioni di tesoreria (ex artt. 195 e 222 Tuel), il limite minimo previsto è stabilito nella misura dello 0,45% del totale delle spese correnti inizialmente previste in bilancio. E’ stato aggiunto il comma 3-bis all’articolo 169 del Tuel, il quale ha stabilito che il peg deve essere deliberato in coerenza con il bilancio di previsione e con la relazione previsionale e programmatica. Al fine di semplificare i processi di pianificazione gestionale dell'ente, il piano dettagliato degli

obiettivi [di cui all'articolo 108, comma 1] e il piano della performance [di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150] dovranno essere unificati organicamente nel peg. A tal proposito, si ricorda che il piano della performance, disciplinato dall’articolo 10 del d.lgs. 150/2009, non costituisce un obbligo per gli enti locali, ai sensi dell’articolo 16 del medesimo decreto. Nel caso in cui comunque gli enti lo abbiano adottato, questo potrebbe avere una validità pluriennale e quindi potrebbero sorgere dei dubbi sulle modalità operative idonee per “unificare organicamente” questo atto con il peg, che ha valenza annuale. Si ritiene che potrebbe essere integrato nella parte relativa all’anno di interesse mentre per le altre annualità, il piano della performance potrebbe essere allegato al peg. E’ stato aggiunto il comma 3-bis all'articolo 187 del Tuel, il quale prevede che l'avanzo di amministrazione non potrà essere utilizzato nel caso in cui l'ente utilizzi entrate in forma specifica o anticipazioni di tesoreria (ex artt. 195 e 222 Tuel), fatto salvo l'utilizzo per i provvedimenti di riequilibrio di cui all'articolo 193 del Tuel. E’ stato novellato il comma 3 dell'articolo 191 del Tuel, il quale prevede che per lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la giunta

qualora i fondi specificamente previsti in bilancio si dimostrino insufficienti, entro venti giorni dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del procedimento, dovrà sottoporre al consiglio il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità previste per i debiti fuori bilancio (ex art. 194), prevedendo la relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento dovrà essere adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte della giunta, e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato sarà data contestualmente all'adozione della deliberazione consiliare.

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E’ stato inserito il comma 2-bis all’articolo 222 del Tuel, il quale ha stabilito che per gli enti locali in dissesto economico-finanziario, che abbiano adottato la deliberazione di ridefinizione delle aliquote e delle tariffe (ex articolo 251, comma 1) e che si trovino in condizione di grave indisponibilità di cassa, certificata congiuntamente dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione, il limite massimo per le anticipazioni di tesoreria è elevato a cinque dodicesimi per la durata di sei mesi a decorrere dalla data della predetta certificazione. Tali enti non potranno impegnare tali maggiori risorse per spese non obbligatorie per legge e risorse proprie per partecipazione ad eventi o manifestazioni culturali e sportive, sia nazionali che internazionali. E’ stato aggiunto il comma 2-bis all'articolo 227 del Tuel, che stabilisce che in caso di mancata approvazione del rendiconto di gestione entro il termine del 30 aprile dell'anno successivo, sarà nominato un commissario. E’ stato soppresso il comma 2-bis all'articolo 234 del Tuel, che aveva stabilito che nelle province, città metropolitane, comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti e quelli capoluogo di provincia, un componente del collegio dei revisori, con funzioni di Presidente, avrebbe dovuto essere designato dal Prefetto e scelto, di concerto, dai Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze tra i dipendenti dei rispettivi Ministeri, al fine di potenziare l'attività di controllo e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica. E’ stato aggiunto il comma 3-bis all’articolo 234 del Tuel, il quale ha previsto che nelle unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali dei comuni che ne fanno parte, la revisione economico-finanziaria è svolta da un collegio di revisori composto da tre membri, che svolge le medesime funzioni anche per i comuni che fanno parte dell'unione. E’ stata novellata la lett. b) del comma 1 dell'articolo 239 del Tuel, ampliando i compiti dell’organo di revisione. Tale nuova disposizione prevede che il revisore degli enti dovrà emettere pareri, con le modalità stabilite dal regolamento, in materia di:

strumenti di programmazione economico-finanziaria;

proposta di bilancio di previsione verifica degli equilibri e variazioni di bilancio;

modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi

esterni;

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proposte di ricorso all'indebitamento;

proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale

vigente in materia;

proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni;

proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di

applicazione dei tributi locali;

E’ stato inserito il comma 1-bis all’articolo 239 del Tuel, il quale stabilisce che in tali pareri dovrà essere espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto dell'attestazione del responsabile del servizio finanziario, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri potranno essere suggerite al consiglio le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. Tali pareri del revisore sono obbligatori e il consiglio sarà tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione. E’ stata modificata la lett. a) del comma 2 dell’articolo 239, prevedendo che ai revisori saranno inviati da parte della Corte dei conti i rilievi e le decisioni assunti a tutela della sana gestione finanziaria dell'ente. Sono stati novellati i commi 1 e 2 dell'articolo 242 del Tuel, i quali stabiliscono che sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da un apposita tabella, da allegare al rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deficitari. Il rendiconto della gestione è quello relativo al penultimo esercizio precedente quello di riferimento. Con decreto del Ministro dell'interno saranno fissati i parametri obiettivi, nonché le modalità per la compilazione di tale tabella. Fino alla fissazione di nuovi parametri si applicheranno quelli vigenti nell'anno precedente. E’ stato inserito il comma 3-bis dell’articolo 243, stabilendo che i contratti di servizio, stipulati dagli enti con le società partecipate, dovranno contenere apposite clausole volte a prevedere, ove si verifichino condizioni di deficitarietà strutturale, la riduzione delle spese di personale delle partecipate.

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E’ stata novellata anche la lett. a) del comma 6, la quale ha previsto che saranno assoggettati, in via provvisoria, ai controlli centrali gli enti locali che, pur risultando non deficitari dalle risultanze della tabella allegata al rendiconto di gestione, non presentino il certificato al rendiconto della gestione. E’ stato introdotto l'articolo 243-bis (“Procedura di riequilibrio finanziario pluriennale”). Tale nuova disposizione stabilisce che i comuni e le province per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario potranno ricorrere, con deliberazione consiliare alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Tale procedura non può essere iniziata qualora la sezione regionale della Corte dei Conti abbia già provveduto, all’8 dicembre 2012, ad assegnare un termine per l'adozione delle misure correttive. La deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale dovrà essere trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno. Il ricorso a tale procedura sospenderà temporaneamente la possibilità per la Corte dei Conti di assegnare il termine per l'adozione delle misure correttive. Le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente saranno sospese dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano di riequilibrio pluriennale. Il consiglio, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di esecutività della delibera, dovrà approvare un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della durata massima di 10 anni,

compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario. Il piano di riequilibrio finanziario pluriennale dovrà tenere conto di tutte le misure necessarie a superare le condizioni di squilibrio rilevate e, comunque, contenere: a) le eventuali misure correttive adottate dall'ente locale, in considerazione dei comportamenti

difformi dalla sana gestione finanziaria e del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto

di stabilità interno accertati dalla competente sezione regionale della Corte dei conti;

b) la puntuale ricognizione, con relativa quantificazione, dei fattori di squilibrio rilevati,

dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dall'ultimo rendiconto approvato e di

eventuali debiti fuori bilancio;

c) l'individuazione, con relative quantificazione e previsione dell'anno di effettivo realizzo, di

tutte le misure necessarie per ripristinare l'equilibrio strutturale del bilancio, per l'integrale

ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il finanziamento dei debiti fuori

bilancio entro il periodo massimo di dieci anni, a partire da quello in corso alla data di

accettazione del piano;

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d) l'indicazione, per ciascuno degli anni del piano di riequilibrio, della percentuale di ripiano del

disavanzo di amministrazione da assicurare e degli importi previsti o da prevedere nei bilanci

annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori bilancio.

Ai fini della predisposizione del piano, l'ente sarà tenuto ad effettuare una ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio. Per il finanziamento dei debiti fuori bilancio, l'ente potrà provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata massima pari agli anni del piano di riequilibrio, compreso quello in corso, convenuto con i creditori. Al fine di assicurare il prefissato graduale riequilibrio finanziario, per tutto il periodo di durata del piano, l'ente: a) può deliberare le aliquote o tariffe dei tributi locali nella misura massima consentita, anche in

deroga ad eventuali limitazioni disposte dalla legislazione vigente;

b) è soggetto ai controlli centrali in materia di copertura di costo di alcuni servizi, e è tenuto ad

assicurare la copertura dei costi della gestione dei servizi a domanda individuale;

c) è tenuto ad assicurare, con i proventi della relativa tariffa, la copertura integrale dei costi della

gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e del servizio acquedotto;

d) è soggetto al controllo sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale;

e) è tenuto ad effettuare una revisione straordinaria di tutti i residui attivi e passivi conservati in

bilancio, stralciando i residui attivi inesigibili o di dubbia esigibilità da inserire nel conto del

patrimonio fino al compimento dei termini di prescrizione, nonché una sistematica attività di

accertamento delle posizioni debitorie aperte con il sistema creditizio e dei procedimenti di

realizzazione delle opere pubbliche ad esse sottostanti ed una verifica della consistenza ed

integrale ripristino dei fondi delle entrate con vincolo di destinazione;

f) è tenuto ad effettuare una rigorosa revisione della spesa con indicazione di precisi obiettivi di

riduzione della stessa, nonché una verifica e relativa valutazione dei costi di tutti i servizi

erogati dall'ente e della situazione di tutti gli organismi e delle società partecipati e dei relativi

costi e oneri comunque a carico del bilancio dell'ente;

g) può procedere all'assunzione di mutui per la copertura di debiti fuori bilancio riferiti a spese

di investimento in deroga ai limiti, nonché accedere al Fondo di rotazione per assicurare la

stabilità finanziaria, a condizione che si sia avvalso della facoltà di deliberare le aliquote o

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tariffe nella misura massima, che abbia previsto l'impegno ad alienare i beni patrimoniali

disponibili non indispensabili per i fini istituzionali, alla rideterminazione della dotazione

organica, fermo restando che la stessa non può essere variata in aumento per la durata del

piano di riequilibrio.

In caso di accesso al Fondo di rotazione, l'ente deve adottare entro il termine dell'esercizio finanziario le seguenti misure di riequilibrio della parte corrente del bilancio: a) a decorrere dall'esercizio finanziario successivo, riduzione delle spese di personale, da

realizzare in particolare attraverso l'eliminazione dai fondi per il finanziamento della

retribuzione accessoria del personale dirigente e di quello del comparto, delle risorse di cui agli

articoli 15, comma 5, e 26, comma 3, dei ccnl. 1° aprile 1999 (per il personale non dirigente) e del

23 dicembre 1999 (dirigenza), per la quota non connessa all'effettivo incremento delle dotazioni

organiche;

b) entro il termine di un triennio, riduzione almeno del 10% delle spese per prestazioni di servizi,

di cui all'intervento 03 della spesa corrente;

c) entro il termine di un triennio, riduzione almeno del 25% delle spese per trasferimenti, di cui

all'intervento 05 della spesa corrente, finanziate attraverso risorse proprie;

d) blocco dell'indebitamento per i soli mutui connessi alla copertura di debiti fuori bilancio

pregressi.

E’ stato inserito l’articolo 243-ter (“Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli

enti locali”), il quale stabilisce che per il risanamento finanziario degli enti che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario, lo Stato prevede un'anticipazione a valere sul Fondo di rotazione, denominato: "Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali. Con decreto del Ministero dell'interno, da emanare entro il 30 novembre 2012, saranno stabiliti i criteri per la determinazione dell'importo massimo dell'anticipazione attribuibile a ciascun ente, nonché le modalità per la concessione e per la restituzione della stessa in un periodo massimo di 10 anni decorrente dall'anno successivo a quello in cui viene erogata l'anticipazione. I criteri per la determinazione dell'anticipazione attribuibile a ciascun ente, nei limiti dell'importo massimo fissato in euro 300 per abitante per i comuni e in euro 20 per abitante per le province o

per le citta' metropolitane, e della disponibilità annua del Fondo, devono tenere anche conto:

dell'incremento percentuale delle entrate tributarie ed extratributarie previsto nell'ambito del

piano di riequilibrio pluriennale;

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della riduzione percentuale delle spese correnti previste nell'ambito del piano di riequilibrio

pluriennale.

E’ stato introdotto l’articolo 243-quater del Tuel (“Esame del piano di riequilibrio finanziario

pluriennale e controllo sulla relativa attuazione”), il quale prevede che entro 10 giorni dalla data della delibera di approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, questo dovrà essere trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei Conti e alla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali. Entro sessanta giorni dalla data di presentazione del piano, un'apposita sottocommissione della predetta Commissione, composta esclusivamente da rappresentanti scelti, in egual numero, dai Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze tra i dipendenti dei rispettivi Ministeri e

dall'ANCI, dovrà effettuare la necessaria istruttoria anche sulla base delle Linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti e delle indicazioni fornite dalla competente sezione regionale di controllo della Corte dei Conti. All'esito dell'istruttoria, la sottocommissione redigerà una relazione finale, con gli eventuali allegati, che sarà trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti. In fase istruttoria, la sottocommissione potrà formulare rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente sarà tenuto a fornire risposta entro trenta giorni. Ai fini dell'espletamento delle funzioni assegnate, la Commissione si avvarrà, senza diritto a compensi aggiuntivi, gettoni di presenza o rimborsi di spese, di cinque segretari comunali e provinciali in disponibilità, nonché di cinque unità di personale, particolarmente esperte in tematiche finanziarie degli enti locali, in posizione di comando o distacco e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato. La sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, entro 30 giorni dalla data di ricezione della documentazione, delibererà sull'approvazione o sul diniego del piano, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio. La delibera di accoglimento o di diniego di approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale sarà comunicata al Ministero dell'interno. La delibera di approvazione o di diniego del piano potrà essere impugnata entro 30 giorni, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione che si pronunceranno, nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica, entro 30 giorni dal deposito del ricorso. Ai fini del controllo dell'attuazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato, l'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente trasmetterà al Ministero dell'interno, al Ministero dell'economia e delle finanze e alla competente sezione regionale della Corte dei Conti, entro quindici giorni successivi alla scadenza di ciascun semestre, una relazione sullo stato di attuazione del piano e sul raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati dal piano stesso,

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nonché, entro il 31 gennaio dell'anno successivo all'ultimo di durata del piano, una relazione finale sulla completa attuazione dello stesso e sugli obiettivi di riequilibrio raggiunti. La mancata presentazione del piano, il diniego dell'approvazione del piano, l'accertamento da parte della competente sezione regionale della Corte dei conti di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano, ovvero il mancato raggiungimento del riequilibrio finanziario dell'ente al termine del periodo di durata del piano stesso, potranno determinare il dissesto dell’ente. E’ stato inserito l’articolo 243-quinquies (Misure per garantire la stabilita' finanziaria degli enti

locali sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso). Tale nuova disposizione ha stabilito che per la gestione finanziaria degli enti locali sciolti per mafia, per i quali sussistono squilibri strutturali di bilancio, in grado di provocare il dissesto finanziario, la commissione straordinaria per la gestione dell'ente, entro sei mesi dal suo insediamento, potrà richiedere un’anticipazione di cassa. Tale anticipazione, nel limite massimo di euro 200 per abitante, dovrà essere destinata esclusivamente al pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e ai conseguenti oneri previdenziali, al pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari, nonché all'espletamento dei servizi locali indispensabili. Le somme a tal fine concesse non possono essere oggetto di procedure di esecuzione e di espropriazione forzata. L'anticipazione potrà essere concessa con d.m., nei limiti di 20 milioni di euro annui a valere sulle dotazioni del fondo di rotazione. Il d.m. stabilirà anche le modalità per la restituzione dell'anticipazione straordinaria in un periodo massimo di dieci anni a decorrere dall'anno successivo a quello in cui è erogata l'anticipazione. E’ stato novellato il comma 5 dell'articolo 248, stabilendo che gli amministratori che la Corte dei conti avrà riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario, non potranno ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili, inoltre, non saranno candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Gli stessi non potranno altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale, né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

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Nel caso in cui gli stessi siano riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti potranno irrogare una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione. E’ stato aggiunto il comma 5-bis all'articolo 248, il quale prevede che qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle informazioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio non potranno essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata. La Corte dei conti trasmetterà l'esito dell'accertamento anche all'ordine professionale di appartenenza dei revisori per valutazioni inerenti all'eventuale avvio di procedimenti disciplinari, nonché al Ministero dell'interno per la conseguente sospensione dall'elenco dei revisori. Agli stessi, ove ritenuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti potranno irrogare una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione. La legge di conversione ha abrogato il comma 168 dell’articolo 1 della legge 266/2005, concernente “Conseguenze in caso di comportamenti difformi da sana e prudente gestione”. E’ stato aggiunto il comma 1-ter all’articolo 3 del d.l. 174/2012, il quale ha stabilito che a seguito di apposito monitoraggio, nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui all'articolo 243-ter del Tuel [come modificato dalla legge di conversione], i Ministri competenti proporranno annualmente, in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità, gli interventi correttivi necessari per assicurare la copertura dei nuovi o maggiori oneri. Il comma 2 dell’articolo 3 in commento stabilisce che gli strumenti e le modalità di controllo interno saranno definiti con regolamento adottato dal Consiglio e resi operativi dall'ente locale entro il 10 gennaio 2013 (tre mesi dalla data di entrata del decreto in commento), dandone comunicazione al Prefetto ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti. Decorso tale termine, il Prefetto inviterà gli enti che non abbiano provveduto ad adempiere all'obbligo nel termine di sessanta giorni. Decorso inutilmente anche tale termine, il Prefetto inizierà la procedura per lo scioglimento del Consiglio (ex art. 141 del Tuel). E’ stato introdotto dalla legge di conversione il comma 4-bis all’articolo 3 in commento, il quale ha previsto che all'atto della costituzione del collegio dei revisori delle unioni di comuni [ex art. 234,

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comma 3-bis, Tuel, aggiunto dalla legge di conversione], decadranno i revisori in carica nei comuni che fanno parte dell'unione. Per la scelta dei componenti del collegio dei revisori si applicheranno le nuove modalità di selezione disciplinate dall'articolo 16, comma 25, del d.l. 138/2011. Il comma 5 dell’articolo 3 in commento prevede che la condizione di deficitarietà strutturale per nel 2013 continuerà ad essere rilevata dalla tabella allegata al certificato sul rendiconto dell'esercizio 2011. Sono stati inseriti i commi 5-bis, 5-ter e 5 quater all’articolo 3 in commento. Il comma 5-bis ha stabilito che al fine di favorire il ripristino dell'ordinata gestione di cassa del bilancio corrente, i comuni che, nell'anno 2012, entro il 10 ottobre 2012, abbiano dichiarato lo stato di dissesto finanziario, possono motivatamente chiedere al Ministero dell'interno, entro il 15 dicembre 2012, l'anticipazione di somme da destinare ai pagamenti in sofferenza, di competenza dell'esercizio 2012. Il comma 5-ter ha previsto che tale assegnazione, nella misura massima di 20 milioni di euro, dovrà essere restituita, in parti uguali, nei tre esercizi successivi, entro il 30 settembre di ciascun anno. In caso di mancato versamento entro tale termine, sarà disposto, da parte dell'Agenzia delle entrate, il recupero delle somme nei confronti del comune inadempiente, all'atto del pagamento allo stesso dell'imu. Il comma 5-quater ha previsto che alla copertura dei conseguenti oneri si provvederà a valere sulla dotazione del Fondo di rotazione. Il comma 6 dell’articolo 3 in commento ha introdotto il comma 2-bis all'articolo 6 del d.lgs. 149/2011, stabilendo che il decreto di scioglimento del consiglio conserverà i suoi effetti per un periodo di almeno dodici mesi, fino ad una massimo di quindici mesi. Il comma 7-bis dell’articolo 3 in commento ha previsto che ai fini della determinazione dei fabbisogni standard, le modifiche nell'elenco delle funzioni fondamentali sono prese in considerazione dal primo anno successivo all'adeguamento dei certificati di conto consuntivo alle suddette nuove elencazioni, tenuto conto anche degli esiti dell'armonizzazione degli schemi di bilancio di cui al d.lgs. 118/2011. Art. 3-bis - Incremento della massa attiva della gestione liquidatoria degli enti locali in stato di dissesto finanziario Per gli anni 2012, 2013 e 2014, le somme disponibili sul capitolo 1316 "Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali" dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'interno, accantonate e non utilizzate nei richiamati esercizi, sono destinate all'incremento della

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massa attiva della gestione liquidatoria degli enti locali in stato di dissesto finanziario, deliberato dopo il 4 ottobre 2007 e fino al 10 ottobre 2012. Il contributo sarà ripartito, nei limiti della massa passiva accertata, in base ad una quota pro capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto, secondo i dati forniti dall'Istat. Ai fini del riparto, gli enti con popolazione superiore a 5.000 abitanti sono considerati come enti di 5.000 abitanti. A tal fine, le somme non impegnate, entro il limite massimo di 30 milioni di euro annui, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dell'interno per le sopra citate finalità. Articolo 6 - Sviluppo degli strumenti di controllo della gestione finalizzati all'applicazione della revisione della spesa presso gli enti locali e ruolo della Corte dei Conti Il comma 3 della disposizione in commento stabilisce che la sezione delle autonomie della Corte dei conti dovrà definire le metodologie necessarie per lo svolgimento dei controlli per la verifica dell'attuazione delle misure dirette alla razionalizzazione della spesa pubblica degli enti territoriali. Le stesse sezioni effettueranno i controlli in base alle metodologie individuate anche tenendo conto degli esiti dell'attività ispettiva e, in presenza di criticità della gestione, assegneranno alle amministrazioni interessate un termine, non superiore a trenta giorni, per l'adozione delle necessarie misure correttive dirette a rimuovere le criticità gestionali evidenziate e vigilano sull'attuazione delle misure correttive adottate. Il comma 4 prevede che in presenza di interpretazioni discordanti delle norme rilevanti per l'attività di controllo o consultiva o per la risoluzione di questioni di massima di particolare rilevanza, spetterà alla sezione delle autonomie emanare una delibera di orientamento alla quale le sezioni regionali di controllo si dovranno conformare (e non alle sezioni riunite). Articolo 9 - Disposizioni in materia di verifica degli equilibri di bilancio degli enti locali, di modifiche della disciplina IPT, di IMU, di riscossione delle entrate, di cinque per mille Il comma 4 della disposizione in commento prevede che in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti appartenenti ai livelli di governo sub statale, e per favorirne la realizzazione, l’affidamento della riscossione a favore di Equitalia è prorogato fino al 30 giugno 2013. Articolo 10 - Disposizioni in materia di Agenzia Autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali E’ stato soppresso il comma 1 il quale aveva previsto che al fine di consentire il definitivo perfezionamento delle operazioni contabili e organizzative connesse al trasferimento delle

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funzioni già facenti capo all'Agenzia Autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali, la definizione dei criteri per la riduzione dei contributi a carico degli enti locali per la copertura del fondo di mobilità de segretari poteva avvenire entro il 31 luglio 2013. Pertanto, tale definizione dovrà essere disposta entro il 1° gennaio 2013.

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Servizi: la legge di conversione del d.l. 179/2012 ha eliminato il limiti dei 200 mila euro Legge 221/2012, di conversione del d.l. 179/2012 di Federica Caponi E’ stata pubblicata sulla G.U. n. 294 del 18 dicembre 2012 la legge 221/2012 di conversione del d.l. 179/2012, concernente “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”. La norma è entrata in vigore il 19 dicembre e ha introdotto numerose modifiche di interesse per le p.a., tra le altre, in materia di gestione di servizi, modificando l’articolo 4 del d.l. 95/2012 e togliendo il limite di 200 mila euro per l’affidamento diretto. L’articolo 34 del decreto è stato novellato dalla legge di conversione e il comma 20 ha previsto che per i servizi pubblici locali di rilevanza economica le modalità di affidamento possono essere scelte discrezionalmente dall’ente che deve darne giustificazione in un’apposita relazione, da pubblicarsi sul sito internet. In tale relazione, l’ente deve:

evidenziare le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la

forma di affidamento prescelta;

definire i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale,

indicando anche le eventuali compensazioni economiche a favore dell’affidatario.

Gli affidamenti in essere al 20 ottobre, non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea, dovranno essere adeguati entro il 31 dicembre 2013 pubblicando, entro la stessa data, la relazione sopra richiamata. Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza, gli enti competenti dovranno provvedere contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell'affidamento. Il mancato adempimento di tali obblighi determinerà la cessazione dell'affidamento al 31 dicembre 2013. Gli affidamenti diretti in essere al 1° ottobre 2013 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cesseranno alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. Anche tali affidamenti, nel caso in cui non sia stato previsto nel contratto una data di scadenza, cesseranno, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2020. Il comma 23 ha introdotto il comma 1-bis all’articolo 3-bis del d.l. 138/2011, prevedendo che le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle

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tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo devono essere esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati. Il legislatore ha confermato l’esclusione dall’ambito di applicazione delle disposizioni (sopra descritte) in materia di gestione di servizi pubblici a rilevanza economica del servizio di distribuzione di gas naturale, di distribuzione di energia elettrica e di gestione delle farmacie comunali (comma 25). Al fine di aumentare la concorrenza nell'ambito delle procedure di affidamento in concessione del servizio di illuminazione votiva, i comuni, per l'affidamento di tale servizio dovranno applicare le disposizioni del codice dei contratti e in particolare l'articolo 30 e, qualora ne ricorrano le condizioni, l'articolo 125 del d.lgs. 163/2006. La legge di conversione ha anche modificato l'articolo 4, comma 8, del d.l. 95/2012, eliminando il limite dei 200 mila euro annui per l’affidamento diretto (comma 27).

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Novità legislative in materia di pari opportunità Legge 23 novembre 2012, n. 215 di Alessio Tavanti E’ stata pubblicata sulla G.U. n. 288 dell’ 11 dicembre 2012 la Legge 215/2012, concernente “Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni”. Il provvedimento, che entrerà in vigore il prossimo 26 dicembre, ha apportato modifiche a alcune disposizioni legislative fra le quali anche il d.lgs. 267/2000, introducendo norme volte a dare maggiore tutela ai principi di parità di accesso alle cariche elettive e pari opportunità per la nomina nelle commissioni concorsuali. Art. 1- Modifica all'articolo 6 del Tuel, in materia di statuti comunali e provinciali Tale disposizione ha modificato l'articolo 6, comma 3 del d.lgs. 267/2000 con la previsione di introdurre negli statuti comunali e provinciali l’obbligo di garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali “non elettivi” del Comune e della Provincia, nonché di Enti Aziende ed istituzioni da essi dipendenti. L’obbligo di adeguamento degli statuti e regolamenti comunali dovrà essere adempiuto essere adempiuto entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (26 giugno 2013). Art. 2- Parità di accesso alle cariche elettive e agli organi esecutivi dei comuni e delle province Tale disposizione ha apportato modifiche a diverse norme del Tuel in materia di disciplina delle candidature a cariche elettive e organi esecutivi degli Enti locali. In particolare all’art. 17, relativamente ai consigli circoscrizionale nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti ha previsto che le modalità di elezione dei consigli circoscrizionali e la nomina o la designazione dei componenti degli organi esecutivi sono comunque disciplinate in modo da garantire il rispetto del principio della parità di accesso delle donne e degli uomini alle cariche elettive, secondo le disposizioni del successivo articolo 73, commi 1 e 3, e agli uffici pubblici.

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All'articolo 46, comma 2, ha previsto che il sindaco debba procedere alla formazione della giunta “nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi”. Al successivo articolo 71, disciplinante il sistema elettorale nei comuni con popolazione inferiore a 15.000, in merito alla formazione della lista dei candidati alla carica di consigliere comunale ha introdotto il comma3-bis secondo cui deve essere assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi. Nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato da comprendere nella lista contenga una cifra decimale inferiore a 0,50. Il comma 5, relativamente alla possibilità per l’elettore di esprimere il voto di preferenza, ha previsto che nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, ciascun elettore potrà esprimere uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista collegata al candidato sindaco prescelto. Nel caso in cui l’elettore esprima due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza. Previsione introdotta anche con riferimento ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 con la modifica dei commi 1 e 3 dell’articolo 73. Le suddette previsioni saranno oggetto di verifica da parte della Commissione elettorale mandamentale ai sensi degli articoli 30 e 33 del d.p.r. 570/1960. Art. 3 - Modifica all'articolo 4 della legge 165/2004, in materia di accesso alle candidature per le elezioni dei consigli regionali La disposizione in commento ha introdotto fra i principi cui le Regioni devono ispirarsi nella disciplina delle rispettive leggi elettorali quello della “promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive” [art. 4, comma 1 lettera c-bis) legge 165/2004]. Art. 4 - Modifica all'articolo 1 della legge 28/2000, in materia di parità di accesso ai mezzi di comunicazione nella campagna elettorale La disposizione in commento ha introdotto all'articolo 1 della legge 28/2000, nell’ambito della disciplina sulla parità di accesso ai mezzi di informazione di tutti i soggetti politici durante le campagne elettorali e referendarie, il rispetto del principio di cui all'articolo 51, primo comma, della Costituzione, per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini da parte dei mezzi di informazione. Art. 5 - Modifiche all'articolo 57 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di pari opportunità

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All'art. 57, comma 1 lettera a) del d.lgs. 165/2001, relativamente alla garanzia delle pari opportunità nella nomina delle commissioni di concorso, accanto all’obbligo di riservare un terzo dei posti alle donne ha introdotto, in caso di quoziente frazionario, l’arrotondamento per eccesso o per difetto nel caso in cui la cifra decimale sia pari/superiore o inferiore a 0,5. Il successivo comma 1-bis ha previsto che l’atto di nomina della commissione di concorso è inviato, entro 3 giorni, al rappresentante di parità nazionale o regionale, a seconda dell’ambito territoriale dell’amministrazione che ha bandito il concorso, che, qualora ravvisi la violazione delle disposizioni contenute nel comma 1, lettera a), diffida l'amministrazione a rimuoverla entro il termine massimo di 30 giorni. In caso di inottemperanza alla diffida, la consigliera o il consigliere di parità propone, entro i successivi 15 giorni, ricorso al tribunale, in funzione di giudice del lavoro, ai sensi dell'articolo 37, comma 4 e 5, del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al d.lgs. 198/2006. Inoltre, il mancato invio dell'atto di nomina della commissione di concorso alla consigliera o al consigliere di parità comporta responsabilità del dirigente responsabile del procedimento, da valutare anche al fine del raggiungimento degli obiettivi.

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E’ legittimo il licenziamento del pubblico dipendente che lavora anche per altri Corte di cassazione, Sez. lavoro, sentenza n. 20857/2012 di Alessio Tavanti E’ legittimo il licenziamento del dipendente pubblico che svolge attività lavorativa presso un’azienda se non espressamente autorizzato dall’amministrazione di appartenenza, anche se tale prestazione non è retribuita. E’ quanto ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza in commento, con la quale ha respinto il ricorso presentato da una lavoratrice avverso la sanzione dal licenziamento comminata dall’amministrazione datrice di lavoro. Nel caso di specie, una dipendente era stata licenziata dall’amministrazione regionale di appartenenza per violazione del divieto di cumulo di impieghi ed incarichi lavorativi in costanza di rapporto di lavoro subordinato con la p.a. a seguito dell’accertamento di attività lavorativa prestata dalla dipendente nel negozio di un familiare, in giornate di assenza dal lavoro giustificate dallo stato di malattia, ma anche durante il normale orario di lavoro. La sanzione disciplinare è stata dichiarata legittima dal Tribunale di primo grado e dalla Corte di appello, secondo cui i fatti accertati risultavano idonei ad integrare la fattispecie sanzionata in quanto “ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, che richiamava il disposto del D.P.R. n. 3 del 1957, artt. 60 e ss., la disposizione di incompatibilità prevista nell'interesse del buon andamento dell'amministrazione prescriveva l'esclusività della prestazione resa dal dipendente in favore dell'ente datore di lavoro e che anche il CCNL del personale dipendente Comparto Regione - Autonomie locali prevedeva analogo divieto (art. 23)”. A fronte di tale decisione, la dipendente ha presentato ricorso in Cassazione, la quale ha respinto il ricorso confermando la sentenza di merito. Secondo la Corte, infatti, la circostanza di avere svolto l’attività lavorativa in maniera non continuativa e senza alcuna retribuzione è irrilevante in quanto il divieto per i pubblici dipendenti di esercitare “occupazioni estranee al servizio” è di carattere assoluto, a prescindere dalla sussistenza o meno di una remunerazione, ovvero di una continuità della prestazione lavorativa diversa da quella espletata alle dipendenze della p.a, non rientrando, peraltro, l'attività esercitata neanche in alcuna di quelle costituenti deroga al divieto e per le quali non occorreva autorizzazione da parte dell’amministrazione. Il c.c.n.l. per il personale dipendente del comparto Regioni ed autonomie locali pone il divieto di occupazioni estranee al servizio, così come l’articolo 60 del Testo Unico 3/1957, relativo alla

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disciplina delle incompatibilità, richiamato dall’articolo 53, comma 1 del d.lgs. 165/2001, che prevede che l’impiegato non possa esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione, senza alcun riferimento ad attività retribuita. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento irrogato dall’Amministrazione di appartenenza, in quanto il divieto per i pubblici dipendenti di esercitare “occupazioni estranee al servizio” è di carattere assoluto, a nulla rilevando la mancata corresponsione di un compenso e il suo svolgimento in modo non continuativo.

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Segretari comunali: chiarimenti su trattamento economico e incarichi in convenzione Ministero dell’interno – ex AGES, quesiti nn. 7-10 del 30 novembre 2012 di Alessio Tavanti Il Ministero dell’Interno [ex Agenzia Autonoma per la Gestione dell’Albo dei Segretari Comunali e Provinciali], con le risposte ai quesiti nn. 7-10 del 30 novembre 2012, ha fornito chiarimenti in merito al trattamento economico e allo svolgimento di incarichi in convenzione da parte dei segretari comunali. In merito al primo aspetto, il Ministero ha chiarito che la nozione di monte salari, ai fini del calcolo della retribuzione di risultato, è riferibile a tutte le somme corrisposte nell’anno di riferimento, devono essere ricompresi i compensi corrisposti a titolo di trattamento economico sia principale che accessorio inclusi i diritti di segreteria e le incentivazioni, al netto degli oneri accessori a carico dell’ente e con esclusione degli emolumenti non correlati ad effettive prestazioni lavorative (assegni per il nucleo familiare, indennità di trasferimento, indennità di mensa, somme corrisposte a titolo di equo indennizzo, ecc.). Sempre con riguardo al trattamento economico dei segretari, il Ministero ha precisato che l’erogazione della retribuzione di risultato, ai sensi dell’art. 42 del Ccnl 16 maggio 2001, deve essere effettuata tenendo conto delle seguenti condizioni:

fissazione in via preventiva degli obiettivi e predeterminazione delle modalità di valutazione degli stessi;

verifica degli obiettivi assegnati al segretario da parte del soggetto preposto a tale attività;

certificazione del raggiungimento degli obiettivi da parte del soggetto di cui sopra. La necessità della preventiva e formale valutazione dell’attività del segretario comunale si pone quale momento imprescindibile e prodromico alla corresponsione di tale voce retributiva. Riguardo al secondo aspetto al Ministero ha fornito chiarimenti rispondendo in maniera negativa

circa la possibilità di stipulare convenzioni di segretaria da parte di un comune con un’unione di

comuni e da parte della provincia.

Nel primo caso il quadro normativo di riferimento è rappresentato dall’art. 32 del Tuel secondo cui “Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza.” e dall’art. 10 del d.p.r. 465/1997 il quale prevede che “I comuni, le cui sedi sono ricomprese nell'ambito territoriale della stessa sezione regionale dell’Agenzia, con deliberazione dei rispettivi consigli comunali, possono anche nell’ambito di più ampi accordi per l’esercizio associato di funzioni, stipulare tra loro convenzioni per l’ufficio di segreteria.”che evidenziano la netta distinzione tra i due soggetti giuridici. La figura del segretario è prevista come obbligatoria esclusivamente per le province e i comuni (in tal caso anche in forma associata) a norma dell’art. 97 del d.lgs. 267/2000, non sussistendo, pertanto, alcuna correlazione tra le sedi di segreteria convenzionate e le unioni di comuni.

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In proposito, la deliberazione 114/2001 del Consiglio di amministrazione nazionale dell’Ages ha chiarito che “Il segretario comunale e provinciale come figura professionale esercita le proprie attribuzioni […] solo presso i comuni e le province ovvero […] presso le convenzioni di segreteria. […] ne consegue la non estensione alle unioni di comuni e alle comunità montane, poiché non compatibile, della obbligatorietà della figura del segretario iscritto all’apposito albo. […]”. Con riferimento alla possibilità di convenzionare la segreteria da parte della provincia, l’art. 10 sopra citato che trova puntuale attuazione nell’art. 98, comma 3, del D.Lgs. n. 267/2000, in cui si ribadisce che “I comuni possono stipulare convenzioni per l’ufficio di segretario comunale comunicandone l'avvenuta costituzione alla Sezione regionale dell’Agenzia”fanno emergere che la possibilità di convenzionare l’ufficio di segreteria è riservata ai soli comuni e non anche alle amministrazioni provinciali non menzionate dal legislatore. Tale interpretazione risulta confermata dal Consiglio Nazionale di Amministrazione dell’Agenzia che con deliberazione n. 253/2000 aveva ribadito la “possibilità di costituire convenzioni di segreteria solo tra comuni” E dalla giurisprudenza amministrativa che ha chiarito che “l’articolo 98, terzo comma, del T.U. 267/2000, non consente la stipulazione di convenzioni tra comuni e province per l’esercizio in forma associata delle funzioni di segreteria”. (Tar Emilia Romagna, ordinanza 151/2001) Orientamento richiamato dal Ministero dell’interno che, in risposta a un quesito ha aggiunto che non “appare praticabile il ricorso all’analogia [...] stante che ad esso osta il fatto che testualmente la norma fa riferimento esclusivo ai comuni, per ciò stesso restando preclusa una sua applicazione alle province.” (Ministero dell’interno prot. n. 200600159 del 25 luglio 2006). Il ministero ha, pertanto escluso la possibilità di convenzionamento della segreteria in entrambi i casi sopra menzionati.

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Il minore che non vuole andare a scuola non esclude la responsabilità dei genitori Cassazione penale, sez. III, sentenza 47110/2012 di Manuela Ricoveri I genitori che non adempiono all'obbligo di impartire al minore o di fargli impartire l'istruzione elementare non sono punibili solo in presenza di elementi che rendano inattuabile l'adempimento dell'obbligo di istruzione. E’ quanto ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, la quale ha accolto il ricorso del Procuratore della Corte d’Appello contro l’assoluzione di una coppia i cui figli non avevano frequentato le scuole elementari nell’anno 2010-2011. Nel caso di specie, il Giudice di Pace aveva assolto i due genitori dall’accusa di inosservanza dell'obbligo dell'istruzione elementare dei minori per non aver commesso il fatto ritenendo, sulla base della comunicazione del Dirigente Scolastico, che pur risultando svariate assenze dalle lezioni, i minori avevano opposto, nonostante l'impegno dei genitori, il rifiuto di recarsi costantemente a scuola. A fronte di tale decisione il Procuratore Generale ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo invero che il semplice rifiuto del minore a frequentare la scuola non costituisce motivo di esclusione della responsabilità penale. L’articolo 731 del codice penale punisce, infatti, la condotta di coloro i quali, pur avendo l’obbligo di vigilare su un minore, omettono di impartirgli o fargli impartire l’istruzione obbligatoria. La Corte di Cassazione, richiamando l’orientamento dominante, ha sottolineato che la responsabilità dei genitori può essere esclusa solo quando emergono elementi che rendono inattuabile l’adempimento dell’obbligo di istruzione quali la mancanza assoluta di scuole, lo stato di salute dell’alunno, la disagiata distanza tra scuola ed abitazione se mancano i mezzi di trasporto e le condizioni economiche dell’obbligato non consentano l’utilizzo di mezzi privati o, infine, il rifiuto volontario, categorico e assoluto del minore non superabile con l’intervento dei genitori e dei servizi sociali (Cass. pen. sez. III, sentenza n. 37400/2007). Di conseguenza, non essendo emerso un rifiuto categorico dei minori, né tantomeno la prova che i genitori si fossero adoperati per superare il rifiuto dei minori medesimi, la Corte ha annullato la sentenza impugnata riaprendo il procedimento a carico dei due genitori. I giudici di legittimità, hanno, in particolare ritenuto insufficiente ad escludere la responsabilità penale dei due imputati, il semplice rifiuto del minore a frequentare la scuola, dovendosi invece,

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accertare “quale sia stato e in che modo si sia manifestato l’impegno dei genitori per superare il rifiuto dei minori medesimi”.

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Garante: chiarimenti in materia protocollo informatico e amministrazione aperta Garante Privacy, newsletter n. 367 del 12 dicembre 2012 di Alessio Tavanti Il garante per la privacy nella newsletter del 12 dicembre 2012 ha fornito chiarimenti in materia di riservatezza negli accessi al protocollo informatico in ambito lavorativo e di limiti all’applicazione dell’art. 18 del d.l. 83/2012 (cd. Decreto sviluppo) in materia di amministrazione aperta con riguardo ai dati sanitari. Con riferimento alla prima questione ha chiarito che in ambito lavorativo è garantita la riservatezza dell’accesso al protocollo informatico dei documenti contenenti i dati personali dei dipendenti i quali devono essere conoscibili solo da personale autorizzato. L'Autorità, chiamata a pronunciarsi da parte di un Ente pubblico, ha affermato che l’accesso alle informazioni relative ai dipendenti acquisiste nel protocollo informatico, il sistema in cui si registrano i documenti in entrata e in uscita di un'azienda o di una Pa, deve essere limitato al solo personale specificamente incaricato della gestione di determinati dati personali dei lavoratori (Garante privacy, provvedimento n. 280/2012). Nel caso di specie l'Autorità ha rilevato che le modalità di utilizzo del protocollo elettronico adottate consentivano a un ampio numero di dipendenti di venire a conoscenza di dati personali, anche relativi all'esecuzione della prestazione lavorativa (permessi per la legge 104/92, permessi studio, documentazione riguardante sussidi per l'accesso a mense scolastiche o borse di studio, contestazioni disciplinari), riferiti a propri colleghi, indipendentemente dalle mansioni svolte. L'intervento dell'Autorità ha consentito di accertare la violazione di alcune disposizioni della norma in materia di misure minime di sicurezza del sistema di gestione documentale, poiché non erano stati individuati e configurati i profili di autorizzazione dei diversi incaricati, così da limitare l'accesso ai dati relativi ai dipendenti al solo personale assegnato a questo compito. L'Autorità ha quindi prescritto all'Ente di conformarsi alla normativa configurando opportunamente il protocollo informatico in modo da segmentare la visibilità dei documenti e dei fascicoli relativi al personale ai soli dipendenti incaricati del trattamento dei dati e di avviare un'attività formativa indirizzata al personale che utilizza tale sistema di gestione documentale. Con riguardo agli adempimenti previsti dall’art. 18 del Decreto Sviluppo il Garante ha fornito chiarimenti ad alcune azienda sanitarie chiedevano se l'adempimento di tale norma le obbligasse a pubblicare su internet anche i dati dei pazienti che hanno ad esempio ricevuto indennizzi per danni irreversibili (come il contagio da epatite o Hiv) causati da vaccinazioni o dalla

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somministrazione di emoderivati, rimborsi per cure di altissima specializzazione, interventi assistenziali o altri contributi legati a patologie mediche certificate. L’Autorità ha chiarito che tali disposizioni non consentono in alcun modo la diffusione online dei dati sulla salute dei pazienti e che l’applicazione di tale norma, per quanto riguarda le persone fisiche, prevede la pubblicazione online solo dei dati di chi riceve "corrispettivi o compensi" dalla Pubblica Amministrazione e che deve in ogni caso essere interpretato alla luce dei principi fondamentali in materia di protezione dei dati personali, sanciti da disposizioni comunitarie che vincolano il nostro legislatore. Il Garante ha ribadito che è il Codice della privacy vieta ai soggetti pubblici la diffusione di dati idonei a rivelare lo stato della salute di una persona e che le informazioni citate non possono essere pubblicate sul sito web delle Ausl o di altri enti.

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Mutamento dell’interesse pubblico: legittima la revoca anche a distanza di anni Consiglio di Stato, n. 5993/2012 di Manuela Ricoveri Il mutamento della situazione da regolare, determinato dallo scorrere del tempo e dalla connessa nuova valutazione dell’interesse pubblico originario o sopravvenuto, è elemento che l’Amministrazione può motivatamente e legittimamente prendere in considerazione per addivenire ad una nuova determinazione con effetti anche su atti negoziali, rispetto ai quali le conseguenze sono di carattere meramente indennitario, secondo quanto previsto dall’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, e nei limiti del solo danno emergente. Questo è quanto ha affermato il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5993 del 27 novembre 2012. Nel caso di specie, la Soprintendenza, a distanza di cinque anni dall’aggiudicazione dell’appalto, aveva disposto la revoca del provvedimento di aggiudicazione dei lavori di restauro conservativo, consolidamento e sistemazione del verde della Piscina, sulla base della sopravvenuta rilevata inidoneità delle tecniche di intervento previste negli atti di affidamento a garantire la salvaguardia del monumento, ormai sempre più imprevedibilmente interessato da un incalzante degrado. Sulla base di tali considerazioni, l’Amministrazione non aveva mai provveduto alla consegna dei lavori, peraltro mai sollecitata dall’aggiudicataria. Per consolidata giurisprudenza il potere di revocare gli atti di una gara di appalto trova il proprio fondamento giuridico nel complesso delle regole dell’autotutela della P.A. e rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, da esercitarsi alla stregua dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica. La revoca trova una sua generale disciplina nell'art. 21 quinquies (aggiunto dalla L. n. 15/2005) della L. n. 241/1990 che nell’attuale configurazione prevede che il provvedimento amministrativo possa essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (cosiddetto, jus poenitendi). Tale istituto si fonda sull’esigenza che l’azione amministrativa si adegui all’interesse pubblico, nel caso in cui questo muti. L’intervento della L. 15/2005 ha introdotto quale novità di maggiore rilievo l’obbligo di indennizzo in favore dei soggetti che abbiano subito un pregiudizio dall’atto di revoca.

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Si tratta di una previsione di portata generale che prescinde dalle concrete ragioni che hanno indotto l’Amministrazione alla revoca dell’atto e si ricollega esclusivamente al pregiudizio subito dal privato, determinando, quindi, a carico della stessa pubblica Amministrazione la nascita di un obbligo di indennizzo. L’attribuzione dell’indennizzo a favore del soggetto che direttamente subisce il pregiudizio dell’atto di revoca presuppone, per prima cosa, la legittimità del provvedimento di revoca Inoltre, l’indennizzo spettante al soggetto direttamente pregiudicato dalla revoca di in provvedimento va circoscritto, in base alla previsione di cui all’articolo 21 quinquies della L. n. 241/1990, al danno emergente, e quindi nei limiti del c.d. interesse contrattuale negativo. Relativamente al caso sotto esame, il Collegio con la sentenza in commento, ha ritenuto legittimamente esercitato il potere revocatorio, in relazione alle mutate e sopravvenute esigenze connesse al progetto dell’opera appaltata e alla conseguente opportunità di una riconsiderazione generale dell’intervento, ormai insufficiente nella sua portata originaria. Trattandosi, dunque, di revoca ai sensi dell’art. 21 quinquies, il Collegio ha riconosciuto la sussistenza del diritto ad un equo indennizzo alla aggiudicataria, commisurato al solo danno emergente. I giudici amministrativi hanno pertanto escluso la fondatezza della pretesa risarcitoria nell’ambito della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 del codice civile, poiché sia la nuova riconsiderazione dell’interesse pubblico al restauro completo del complesso archeologico, sia il mutamento della situazione di fatto avevano evidenziato la legittimità della riconsiderazione dell’interesse pubblico ad evitare una spesa di risorse pubbliche inutili a risolvere i problemi nel frattempo emersi.

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Servizi: legittimo l’affidamento diretto per i piccoli comuni Corte di Giustizia UE, sentenza C/182/2011 del 29 novembre 2012 di Federica Caponi E’ legittimo l’affidamento diretto a una spa se il comune, benchè possieda solo un’azione, ha il potere di nominare rappresentanti nel consiglio di amministrazione. Questo il principio affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza C/182/2011 del 29 novembre 2012 con la quale ha respinto il ricorso di una società che aveva lamentato l’illegittimità di un affidamento diretto di un servizio disposto da un comune italiano a favore di una società partecipata dall’ente solo in misura minoritaria. Nel caso di specie, un comune capoluogo di provincia aveva costituito con altre p.a. una società per la gestione del servizio di raccolta di rifiuti solidi urbani, della quale deteneva la maggioranza. Successivamente due piccoli comuni della medesima provincia avevano acquisito un’azione ciascuno della spa e avevano sottoscritto un patto parasociale che prevedeva il diritto di essere consultati, di nominare un membro del collegio sindacale e di designare un consigliere di amministrazione in accordo con gli altri enti partecipanti. Un’azienda concorrente nel settore aveva presentato ricorso al giudice amministrativo, sostenendo l’insussistenza del controllo analogo dei due enti minori e, pertanto, l’illegittimità dell’affidamento diretto del servizio. Il consiglio di stato, cui si è rivolta la società ricorrente, ha interpellato la Corte di giustizia UE, in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di presupposti di applicabilità dell’eccezione riguardante l’affidamento diretto, cosiddetto “in house”, di un servizio di interesse pubblico. In particolare, i giudici amministrativi hanno sospeso la questione chiedendo alla Corte se il principio di irrilevanza della situazione del singolo ente pubblico, partecipante alla società strumentale, debba applicarsi anche nel caso in cui uno dei comuni associati possegga una sola azione della società pubblica ed i patti parasociali (intercorsi fra enti pubblici) non siano idonei a dare alcun controllo effettivo della partecipata all’ente socio, sicché la partecipazione societaria possa considerarsi solo la veste formale di un contratto di prestazione di servizi. Secondo giurisprudenza consolidata, un ente pubblico può non attivare una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico nel caso in cui lo stesso eserciti sull’affidataria un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e tale organismo realizzi la parte più importante della propria attività con l’amministrazione o le amministrazioni aggiudicatrici che la controllano.

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In tal caso, ai sensi della giurisprudenza della Corte europea, la questione se si tratti di una concessione di servizi o di un appalto pubblico di servizi e, in quest’ultimo caso, se il valore dell’appalto raggiunga la soglia comunitaria, è priva di rilevanza ove siano soddisfatte le condizioni attinenti all’esercizio di un controllo analogo. Sussiste un “controllo analogo” quando l’organismo partecipato è assoggettato a un controllo che consente all’amministrazione di influenzare le proprie decisioni, sia cioè soggetto all’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni importanti. In altri termini, l’amministrazione pubblica deve essere in grado di esercitare su tale società un controllo strutturale, funzionale e effettivo. Nel caso in cui il capitale sociale sia posseduto da più enti pubblici, il controllo analogo può essere esercitato congiuntamente. Secondo la Corte di Giustizia, ove più autorità pubbliche siano socie di una società ai fini dell’adempimento del controllo analogo non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo individuale. Al contempo, il controllo esercitato sulla società non può fondarsi soltanto sul potere di controllo dell’ente pubblico di maggioranza, altrimenti verrebbe svuotata di significato la nozione stessa di controllo congiunto. L’eventualità che un’amministrazione aggiudicatrice abbia, nell’ambito di una società posseduta con altre p.a., una posizione inidonea a garantirle la benché minima possibilità di partecipare al controllo aprirebbe la strada ad un’elusione dell’applicazione delle norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o di concessioni di servizi. In caso contrario, infatti, una presenza puramente formale nella compagine sociale o in un organo comune incaricato della direzione della stessa dispenserebbe l’amministrazione aggiudicatrice dall’obbligo di avviare una procedura di gara d’appalto secondo le norme dell’Unione, nonostante essa non prenda parte in alcun modo all’esercizio del «controllo analogo» sulla partecipata. Inoltre, gli stessi giudici europei hanno ribadito che spetta al giudice del rinvio verificare se la sottoscrizione di un patto parasociale che conferisce a alcuni enti il diritto di essere consultati, di nominare un membro del collegio sindacale e di designare un consigliere di amministrazione in accordo con le altre p.a. interessate sia idonea a consentire a tali comuni di contribuire effettivamente al controllo della società. La Corte ha chiarito che quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune una società incaricata di un servizio pubblico ad esse spettanti, per essere dispensate dal loro obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in conformità alle norme del diritto dell’Unione, devono esercitare congiuntamente sulla partecipata un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi. Tale requisito del controllo può dirsi soddisfatto nel caso in cui ciascuna p.a. socia partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi della società.