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MY GENERATION edizione web del bimestrale d'informazione a cura del Coordinamento FABI Giovani. Registrazione Tribunale di Roma n. 209/2012 del 5 luglio 2012 Direttore Responsabile: Lando Maria Sileoni a cura del Coordinamento FABI Giovani [email protected] Febbraio/Marzo 2016 L’ORACOLO DI DELFI SCALA 40 Pneumatici intelligenti MARKETING La sostenibilità non è più un optional SPAZIO APERTO Volontariato, una scelta vincente

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MY GENERATION edizione web del bimestrale d'informazione a

cura del Coordinamento FABI Giovani. Registrazione Tribunale

di Roma n. 209/2012 del 5 luglio 2012 Direttore Responsabile:

Lando Maria Sileoni

a cura del Coordinamento FABI Giovani [email protected]/Marzo 2016

L’ORACOLODI DELFISCALA 40

Pneumatici intelligenti

MARKETINGLa sostenibilitànon è più un optional

SPAZIO APERTOVolontariato,una scelta vincente

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03 EDITORIALEL’oracolo di Delfi

05 ATTUALITÀPressioni commerciali

06 ATTUALITÀDiritti, contratto, tutele

07 ATTUALITÀLa nostra vita è liquida

09 SCALA 40Pneumatici intelligenti

11 SICUREZZAIl responsabile del serviziodi prevenzione e protezione

14 WELFAREIl fondo pensione come gestirài miei contributi?

14 MARKETINGLa sostenibilità non è più un optional

16 POETRY CORNEROttobre / Il gioco dei contrari

18 MUSICA & CONCERTIEsperanza Spalding

19 CINEMALa grande scommessa

20 ARTEPiero Della FrancescaIndagine su un mito

22 SPAZIO APERTOVolontariato, una scelta vincente

24 SPORTAl giovane Dybala non piace aspettare

26 ENOGASTRONOMIALa Pasqua e le sue tradizioni

28 VIAGGICapo Verde

31 CITAZIONI

Direttore ResponsabileLando Maria Sileoni

Capo RedattoreLodovico Antonini

Comitato di RedazioneMattia PariPierluigi AielloRiccardo BarabaniWladimir BrottoSimone CapuaniGiovanni CorsaroAlessandro De RiccardisElisa Bianca GallinaroRoberto InchiappaGiorgio IsabellaAlberto LodaSimona MisticoniFederico MostaccioElio SfarraCaterina StramengaGiuseppe TaorminaFrancesco UrsoAlessandra VanonciniMaria Chiara Wang

CollaboratoriFlavia GamberaleSimona Sacconi

Grafica di copertinaSilvia Catalucci

Edizione webMarco Ammendola

ImpaginazioneOrione. Cultura, lavoroe comunicazione

CONTATTACI: [email protected]

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L’ORACOLODI DELFI

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di Mattia PariCoordinatore Nazionale FABI GiovaniditorialeE

Secondo Franzini tra il 1978 e il 2012le retribuzioni degli amministratoridelegati sono aumentate dell’876%,

facendo lievitare il rapporto con quelle dellavoratore mediano dal 20% del 1965 al273% del 2012. E, come sappiamo, anche ilnostro settore non è certo escluso da questogenere di distorsioni, anzi. Infatti, la retribuzione media annua (stipen-

dio e parte variabile) di un amministratore de-legato di società finanziarie quotate (banche, assicu-razioni, Sgr) ammontava nel 2015 a 1,6 milioni. Tutta-via, c’è chi ostinatamente continua a ritenere che questotipo di retribuzioni premino il merito. In realtà, il fattoche il valore aggiunto delle prestazioni di questi top ma-

nager sia proporzionalmente più alto dei lavoratori menopagati è difficilmente riscontrabile a livello empirico e, ancheconsiderando che oggi il grado di istruzione è piuttosto simile,non si riesce davvero a trovare giustificazioni plausibili. Po-tremmo, tuttavia, utilizzare qualche dato per cercare di farele nostre valutazioni in maniera più oggettiva. Il grande pro-blema che stiamo affrontando in questo momento nel settoreè quello delle “sofferenze”: sono 201 miliardi e, leggendo leelaborazioni del Centro Studi di Unimpresa su dati Bancad’Italia, scopriamo che il 70% (poco più di 141 miliardi) sonorelativi a prestiti dai 500.000 euro in su. Cioè deliberati, mol-to spesso, proprio dagli stessi top manager super pagati. An-che prendendo in considerazione i valori degli attivi di bilan-

EditorialeFebbraio / Marzo 2016

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cio, il risultato resta sconfortante: tra il 2011 e il 2014una riduzione del 4,4%. Insomma, molti top manager dovrebbero fare proprii moniti dell’Oracolo di Delfi che Platone erge a prin-cipi dell’etica: conosci te stesso e realizzati secondomisura. Altrimenti non ci rimane che pensare ad unelaborato e perverso sistema di merito al contrario.Se i moniti dell’Oracolo non fossero sufficienti, si stagià attrezzando la Banca d’Inghilterra, che sta propo-nendo nuove regole per prevedere che, laddove emer-gessero comportamenti dannosi per la banca, gli exnumeri uno potrebbero essere obbligati a restituire ibonus, anche se hanno cambiato azienda. Oppure, inalcuni Paesi è già previsto che i banchieri condannatiper frode possano essere obbligati a restituire persinogli ultimi dieci anni di stipendi. Nella nuova era delbail-in sarebbe una garanzia in più per i lavoratori e irisparmiatori. Tutto questo, tuttavia, non basta. Occorre un nuovomodo di fare banca, che non sia collegato alla ricercaspasmodica di risultati di breve termine e che possaessere vicino al territorio, alle famiglie e alle imprese.

ditorialeE

Noi pensiamo sia possibile mantenere i livelli occu-pazionali e, forse, anche garantire nuova occupazione,tenendo certo presente di come è cambiato il mondoe dimostrando che è ancora possibile portare la genteallo sportello. La nostra sfida per un nuovo modellodi banca e per maggiore democrazia economica nellagestione delle imprese è una battaglia importantissi-ma che riguarda tutti, anche e soprattutto la colletti-vità. ■

4 Editoriale

PER QUEI TOP MANAGER CHE ATTUANO COMPORTAMENTI DANNOSI

CI VOGLIONO PENE SEVERE CHEPREVEDANO, COME IN ALTRI PAESI,

ANCHE LA RESTITUZIONE DI ANNI DIBONUS E STIPENDI. NELL’ERA DEL

BAIL-IN SAREBBE UNA GARANZIA IN PIÙPER I LAVORATORI E I RISPARMIATORI. AL FIANCO DEI CONTROLLI VOGLIAMO,PERÒ, UN NUOVO MODELLO DI BANCAAL SERVIZIO DEL PAESE E MAGGIORE

DEMOCRAZIA ECONOMICA NELLAGESTIONE DELLE IMPRESE

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5Febbraio / Marzo 2016

In questi giorni si sta riaprendo la discussione circail problema delle pressioni commerciali. Una bat-taglia che, in categoria, stiamo portando avanti con

determinazione da oltre quindici anni, in un triste iso-lamento dall’interesse pubblico. E così, proprio quan-do rischiamo di diventare i capri espiatori di contrad-dizioni più grandi di noi, finiamo per ricordarci e ri-cordare a tutti il valore incontestabile dei diritti con-quistati dalle organizzazioni sindacali come strumen-to di tutela imprescindibile per poter operare conmaggiore serenità.Come sindacati dei lavoratori siamo riusciti spesso atradurre anche sul piano contrattuale iniziative volte

Attualità

ttualitàA

PRESSIONICOMMERCIALI

di Antonio Falco RSA FABI Caserta

al contrasto delle pressioni commerciali. Ad esempio,c'è stato il "Protocollo sullo sviluppo sostenibile e com-patibile del sistema bancario del 16 giugno 2004"; c'èl'ultimo Contratto Collettivo Nazionale, valenza aprile2015/dicembre 2018, che ha ribadito "coerenza ed eti-cità nelle politiche commerciali"; ci sono stati accordi eprotocolli etici in numerose aziende e gruppi bancari.In particolare, ricordiamo l'ultimo accordo integrativoIntesa Sanpaolo su "Politiche Commerciali e ClimaAziendale" del 7 ottobre 2015, che ha addirittura pre-visto, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2016, lapossibilità che siano segnalati "comportamenti noncoerenti" di dirigenti troppo aggressivi, per mezzo dimail ad apposita casella di posta elettronica aziendaleda parte dei colleghi. Ovviamente, le norme da sole nonbastano e occorrerà compattezza e partecipazione daparte di tutti per vigilare sul rispetto delle regole nellediverse realtà. Il tema delle pressione commerciali, an-drebbe, tuttavia, affrontato assieme a quello dell’orga-nizzazione del lavoro, che rappresenta un’altra prioritàsulla quale il sindacato dovrebbe cercare di recuperare

un ruolo più centrale. Occorrono spazi in cui i la-voratori, compresi quelli più giovani, possano

poter dire la loro su come sarebbe più opportunosvolgere determinate attività, ponendo come centralel'esperienza maturata sul campo e non soltanto le eru-dite discussioni salottiere di certi ruoli apicali. Magarisi potrebbero persino ipotizzare accordi sindacali per

favorire la partecipazione dei lavoratori alle sceltegestionali. Buone pratiche necessarie, perché la

produttività è data anche, e soprattutto, dalla funzio-nalità organizzativa e non solo dalle politiche commer-ciali. ■

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ttualitàA

6 Attualità

Viviamo tempi difficili e di grandi cambiamenti,lo sappiamo bene. Purtroppo, tuttavia, la parte-cipazione dei giovani al sindacato non è ancora

abbastanza decisa e questo nonostante, paradossal-mente, negli ultimi anni, nel nostro settore ci sianostate numerose assunzioni/stabilizzazioni dovute so-prattutto ad accordi sindacali (a fronte di esodi vo-lontari ed incentivati). Nonostante questo, la scelta di non partecipare restaancora una pratica troppo diffusa tra i giovani. Senzacondivisione di idee e pensieri da parte dei nuovi as-sunti non creeremo un progetto di futuro per la nostragenerazione, senza contare che questo potrebbe essereinterpretato come un pericoloso segno d’indifferenza.

Un disinteresse che ci potrebbe costare molto caro intermini di tutele.Perché i diritti, per continuare ad esistere, hanno bi-sogno di manutenzione. I tempi cambiano, come i modelli industriali e le esi-genze dei lavoratori, ma se non saremo noi a dire checosa vogliamo e che cosa ci aspettiamo, saremo sem-pre costretti a delegare ad altri il nostro presente e,forse, anche il nostro futuro. Se vogliamo che si investa sui giovani, dobbiamo es-sere noi i primi a dare un segnale forte di identità, al-trimenti saremo sempre travolti dal cambiamento enon contribuiremo mai a veicolarlo nella direzioneche desideriamo. Non ci resterà, quindi, che una vana lamentazione, perdare – troppo comodamente! – la colpa ad altri. ■

di Wladimir Brotto Esecutivo Nazionale FABI Giovani

SE VOGLIAMO CONSERVARLE DOBBIAM

O FARE

UNA VERA MANUTENZIONE DEI DIRITTI

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di Alessio Maniscalco Esecutivo Nazionale FABI Giovani

AttualitàFebbraio / Marzo 2016

Così il sociologo polacco Zygmunt Baumandescrive la società moderna. Fenomeni co-me la deregolamentazione dei mercati fi-

nanziari, l’affermarsi della globalizzazione, l’au-mento delle povertà e delle disuguaglianze, sonoartefici di questo scenario. L’organizzazione sociale mette in discussione séstessa e si rivela fragile per il continuo flusso dimerci, capitali, idee. E, in tal senso, l’immagine della liquidità comefenomeno sociale interpreta in modo chiaro lanatura instabile della nostra società nei suoi mu-tamenti repentini, come il movimento copiosa-mente veloce dei liquidi; la solidità, invece, è unpresupposto che appartiene al passato, poco di-sponibile a cambiare la propria forma e, quindi,destinato all’immobilismo. Quanto siamo lontani! Sospirò. Da cosa? Da noi

stessi. Le parole dello scrittore Gabriel García

ttualitàA

LA NOSTRA VITA

7

LA NOSTRA È UNA VITA LIQUIDA:INCERTA, FLESSIBILE, VOLATILE. È

CARATTERIZZATA DA UNA PROFONDAINSTABILITÀ, DA CAMBIAMENTI

VELOCI E IMPREVEDIBILI,DALL’INCERTEZZA DI CUI

SOFFRIAMO, DALLAFRAMMENTAZIONE DELLA NOSTRA

IDENTITÀ. NON È PIÙ POSSIBILEIMPIEGARE LE STESSE CATEGORIE A

CUI FACEVA RIFERIMENTO LASOCIETÀ INDUSTRIALE, UNA

SOCIETÀ, AL CONTRARIO, SOLIDA

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8 Attualità

ttualitàA

Márquez (Dell’amore e di altri de-moni) sembrano evocare la crisiidentitaria dei giovani: gli occhi concui le nuove generazioni leggono larealtà non sono più gli stessi.I giovani, chiarisce Bauman, nonvogliono”definire un’identità”, mavogliono avere la possibilità di po-terla ridefinire quando è il momen-to di darle una nuova definizione.Se i nostri antenati si preoccupa-vano della loro identificazione,oggi prevale l’ansia di re-identifi-cazione. L’identità deve essere aperdere perché un’identità chenon piace, non piace abbastanza,o semplicemente rivela la sua età

rispetto a identità “nuove e miglio-ri” disponibili sul mercato, deveessere facile da abbandonare.Forse la qualità ideale dell’identitàpiù desiderata sarebbe la biode-gradabilità.La crisi finanziaria esplosa nellaseconda metà del 2006 (lo sgon-fiamento della bolla immobiliare,la crisi dei mutui subprime e labancarotta di Lehman Brothers nelsettembre 2008), oltre a metterein ginocchio l’economia, ci ha con-dotto allo sgretolamento di valoridurevoli come il senso di apparte-nenza alla società e alla famiglia.

Lo indica, spiega Bauman, il dato,ad esempio, secondo il quale è ca-lata del 40 per cento la percentua-le delle famiglie negli Stati Unitiche condividono almeno un pastoal giorno. La famiglia non è più ilbaricentro della vita sociale e spes-so non riesce ad essere per i giova-ni un sostegno, nel momento in cuiaccedono al mondo del lavoro. In-quietudine e senso di inadeguatez-za sono sentimenti che accompa-gnano le vicende delle nuove gene-razioni nel loro percorso di vita.Oggi le certezze che hanno accom-pagnato le scelte dei nostri genitori

(la sicurezza del posto di lavoro,l’aiuto della famiglia, l’investimen-to nella propria vita) sono supera-te: il senso del futuro è stato so-praffatto dal senso di impotenza edi solitudine. I giovani sanno dinon poter sfruttare pienamente ilproprio know how nel mercato dellavoro, a volte avaro di opportunitàe lungimiranza: tre parole, investi-re sui giovani, stanno diventandouna sorta di réclame, una propa-ganda da inserire in una dichiara-zione di intenti. D’altra partequando i giovani si scontrano conla realtà, rimangono disillusi,sconfitti, fragili. Il marketing, af-ferma il sociologo Bauman, ha sa-puto capitalizzare questa debolez-za fin dai tempi del walkman lan-ciato sul mercato con lo slogan“mai più da soli” e da lì è stata unacorsa inarrestabile a proporre deisurrogati della collettività.Questa corsa, frenetica e, appunto,inarrestabile, ha trascinato le nuo-ve generazioni verso la definizionedi connettività, un rifugio dove cer-care una identità che si realizzanella continua esposizione di sé,tramite social network e blog per-sonali. Ma non sono i giovani ad averescelto questo nuovo modello dimodernità, liquida, dove ciò che èrilevante adesso può facilmente di-ventare consunto domani. Non so-no né i responsabili né i creatorima, probabilmente, sono ostaggi diessa. Usando le parole del sociologopolacco, è una generazione sen-za tutto, figlia della società li-quida. ■

LA CRISI FINANZIARIA ESPLOSA NELLASECONDA METÀ DEL 2006, OLTRE A METTEREIN GINOCCHIO L’ECONOMIA, CI HA CONDOTTOALLO SGRETOLAMENTO DI VALORI DUREVOLI

COME IL SENSO DI APPARTENENZA ALLASOCIETÀ E ALLA FAMIGLIA

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cala 40S

9Scala 40Febbraio / Marzo 2016

L’invenzione di 4 giovani ricercatori italiani

di Flavia Gamberale

Anche gli italiani entrano nell’ambito mercatodelle connected car. È tutto made in Italy il pro-getto Smart tyre, nato dalle menti di Arash Go-

lamzadeh Nasrabadi, Alessandro Biondi, Alessio Bal-sini, Davide Calvaresi della scuola Superiore Sant’An-na di Pisa.La loro start up, Wriggle Solutions, ha infatti brevet-tato un sistema informatico in grado di rilevare lo sta-to d’usura delle gomme delle automobili, segnalandoeventuali danneggiamenti.Si tratta di un sistema di sensori ed unità di elabora-zione dati che s’integra con i computer di bordo deiveicoli tramite le tecnologie dell'internet of things.L’hardware, grazie a complessi algoritmi, rielabora leinformazioni captate dai sensori che sono posizionatisugli pneumatici e allerta il guidatore in caso si veri-fichino problemi.

PNEUMATICIINTELLIGENTI

Storie di giovani che ce l’hanno fatta

È TUTTO MADE IN ITALY IL PROGETTOSMART TYRE, NATO DALLE MENTI DI

ARASH GOLAMZADEH NASRABADI,ALESSANDRO BIONDI, ALESSIO

BALSINI, DAVIDE CALVARESI DELLASCUOLA SUPERIORE SANT’ANNA DI

PISA, CHE SI PREPARANO A ENTRARENELL’AMBITO MERCATO DELLE

CONNECTED CAR. I QUATTRO GIOVANIHANNO BREVETTATO UN SISTEMA CHE

FUNZIONA ATTRAVERSO L’INTERNET OFTHINGS E I SENSORI INTELLIGENTI ED È

IN GRADO DI RILEVARE LO STATOD’USURA DELLE GOMME DELLE

AUTOMOBILI, SEGNALANDO EVENTUALIDANNEGGIAMENTI AL CONDUCENTE ▲

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cala 40S

10 Scala 40

“Il sistema suggerisce al conducenteil momento migliore per cambiarele gomme del veicolo. I vantaggidi questo servizio sono molte-plici: si possono prevenire gliincidenti. Secondo un reportannuale pubblicato da l'agen-zia americana NHTSA, infatti,ben il 43% dei casi di sinistridovuti a problemi tecnici delveicolo sono causati dal mal-funzionamento degli pneuma-tici. Inoltre, con il sistemaSmart Tyre, si possono ridurrenotevolmente i consumi energeti-ci, con un taglio dei costi operativi

stimati dal 2% al 3% annui. Circolarecon gomme in cattive condizioni fa au-

mentare il dispendio di carburante”,spiega Arash Golamzadeh Nasrabadi, Ceo

di Wriggle Solutions.Il sistema è ancora in una fase sperimenta-zione e la start up ha già avviato contatti conle maggiori aziende produttrici di pneumaticiper testare l’apparecchio.Il lancio sul mercato è previsto nel 2017 e iquattro giovani si stanno dando da fare. Pro-prio a dicembre la Wriggle solutions è entrataa far parte di Ego, un programma di accelera-zione d’impresa inaugurato dalla Ericsson.Per due anni i quattro ricercatori avranno unproprio ufficio nel Campus Ericsson di Romae saranno supportati dalla multinazionalesvedese nello sviluppo del loro progetto, at-traverso consulenze gratuite e la fornitura dinuovi contatti commerciali.

L’ambizione dei fondatori della Wriggle so-lutions è quella di “aggredire” il mercato del-le auto connesse, in particolare in quello del-la sensoristica su gomme, che, secondo stimeamericane, nel 2019 genererà un giro d’affaridi 5,6 miliardi di dollari.La ricerca dei partner industriali è appena co-minciata. Si guarda con interesse alle casa au-

tomobilistiche, alle aziende produttrici dipneumatici ma anche alle compagnie assicu-rative, che grazie alle black box stanno ormaicominciando a rivoluzionare l’offerta dei loroservizi, vendendo polizze personalizzate e de-finendo in premi assicurativi in base al com-portamento di guida del cliente.E il progetto Smart tyre asseconda il trend.“Con questa tecnologia si potrà risparmiaresul premio assicurativo dal 15 al 25%”, calcolail Ceo di Wriggle solutions. La logica è quelladelle prevenzione: disponendo di un sistemache segnala in tempo reale lo stato di usuradelle gomme ed eventuali danni si può inter-venire tempestivamente ed evitare che si ve-rifichino incidenti, con benefici in termini dirisparmio sia per la assicurazioni, per le qualii costi di risarcimento saranno più bassi, siaper i clienti che in questo modo non vedrannolievitare il prezzo della loro polizza. ■

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CON IL SISTEMA SMART TYRE, SI POSSONO RIDURRENOTEVOLMENTE I CONSUMIENERGETICI, CON UN TAGLIO DEICOSTI OPERATIVI STIMATI DAL 2% AL 3% ANNUI. CIRCOLARE CONGOMME IN CATTIVE CONDIZIONI FA AUMENTARE IL DISPENDIO DI CARBURANTE

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11SicurezzaFebbraio / Marzo 2016

di Caterina StramengaEsecutivo Nazionale FABI GiovaniicurezzaS

Èimportante essere a conoscenza delle figure contemplate nel Testo Unico sullaSicurezza sul Lavoro, per questo oggi parleremo del Responsabile del Servizio

di Prevenzione e Protezione (RSPP).Il RSPP è una figura obbligatoria contemplata e disciplinata dal D.lgs.81/08 (TestoUnico sulla Sicurezza sul Lavoro) e successive modifiche. La nomina del RSPP è ef-fettuata dal datore di lavoro. Il RSPP ha l’incarico di gestire e controllare l’organiz-zazione relativa a tutto ciò che concerne la sicurezza sul luogo di lavoro in azienda eredigere il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR). In alcune aziende la figuradel RSPP può essere ricoperta direttamente al datore di lavoro oppure, in altre, ancheda una persona esterna all’impresa stessa. Per lo svolgimento di tale attività il futuro RSPP deve svolgere dei corsi di formazioneadeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività la-vorative svolte. ■

IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO DIPREVENZIONE E PROTEZIONE

IN SINTESI, COSA FA IL RSPP?

1. Collabora con ildatore di lavoroper la valutazionedei rischi edefinisce diconseguenza lemisure di sicurezzada adottare inazienda;

2. Propone dei corsi di formazione eprogrammi diinformazione;

3. Partecipa allariunione periodicain materia ditutela della salutee sicurezza sullavoro;

4. Fornisceinformazioni ailavoratori;

5. Elabora leprocedure disicurezza.

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12 Welfare

Il Fondo Pensione ha il primario com-pito di tutelare gli interessi degliiscritti e delle iscritte. Quindi, sem-

plificando, ha come obiettivo la prote-zione del capitale gestito, nonché quellodi incrementarlo. Viene definito un “as-set al location”, cioè un processo deci-sionale mediante il quale si determinain quali classi di attività (azioni, obbli-gazioni, ecc...) investire le risorse delFondo pensione. L'asset allocation hal'obiettivo di diversificare il portafoglioal fine di massimizzare il rendimento eridurre il rischio associato.

ANCHE IN QUESTO NUMEROAPPROFONDIAMO ALCUNI IMPORTANTI

ASPETTI CHE RIGUARDANO IL WELFAREED IN PARTICOLARE QUELLE TEMATICHE

CHE INTERESSANO NOI GIOVANI.CHIUNQUE VOLESSE PROPORCI DELLE

ARGOMENTAZIONI DA TRATTARE PUÒFARLO SCRIVENDO A [email protected]

elfareW

IL FONDO PENSIONE

I MIEI CONTRIBUTI?COME GESTIRÀ

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13

a cura di Alessandro Vanoncini Esecutivo Nazionale FABI Giovanie Sergio Valvano Dipartimento Nazionale Welfare FABI

Welfare

È VERO CHE SE VOLESSI,POTREI CAMBIARE LA MIASCELTA SUL VERSAMENTODEL TFR, O DI QUANTOVERSARE AL FONDO?Qualora si decidesse di versare il TFR al Fon-do, tale scelta è irrevocabile. Qualora si richie-desse esplicitamente il mantenimento del TFRin azienda, si potrebbe, invece, in qualunquemomento, esercitare la nuova diversa volontàdi destinarlo al Fondo. Riguardo l’importo delcontributo, ogni soggetto può decidere in ognimomento di incrementare l’importo minimoprevisto contrattualmente. Tale incrementopuò essere costituito da un versamento spot,oppure da un importo da versare periodica-mente (anche a mezzo RID) al Fondo. Detto questo, si consideri che lasciando il TFRin azienda non si può beneficiare dei vantaggidescritti negli articoli già pubblicati, e nem-meno dei rendimenti raggiunti dal fondo pen-sione a cui il collega può aderire; rendimentiche storicamente sono stati decisamente piùelevati del TFR lasciato in azienda. ■

OGNI SOGGETTO PUÒ DECIDERE IN OGNI MOMENTO DI INCREMENTAREL’IMPORTO MINIMO PREVISTOCONTRATTUALMENTE

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Marketing14

arketingM

Negli ultimi mesi la Responsabilità So-ciale d’Impresa sta riconquistando unprofilo di primo piano nelle politiche

aziendali, divenendo uno dei valori fondantidel business, oltre che un mero fattore repu-tazionale e di marketing. Le aziende contem-poranee decidono, infatti, sempre più costan-temente di misurarsi e costruire la propriaidentità attraverso i temi della sostenibilità,diventati “conditio sine qua non” fondantedella maggior parte delle loro attività e dei lo-ro prodotti.

SECONDO UN RECENTESONDAGGIO EFFETTUATO DA

NIELSEN EMERGE CHE IN ITALIAPIÙ DI UN CONSUMATORE

SU DUE È DISPOSTO A SPENDERE DI PIÙ, PUR

DI ACQUISTARE UN BRANDSOSTENIBILE. E LE AZIENDECHE HANNO FATTO PROPRIO

QUESTO TREND CRESCONOMOLTO PIÙ VELOCEMENTE

DELLE ALTRE

La

SOSTENIBILITÀ non è piùun optional

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Marketing 15Febbraio / Marzo 2016

Ma, effettivamente, quanto contaoggi la sostenibilità dei brand peri consumatori? Per rispondere a questa domandaci aiuta l’ultima ricerca Nielsen“Global Survey of Corporate SocialResponsibility and Sustainability”condotta su di un campione di30mila individui di 60 paesi. Be-ne, il risultato è che essere etica-mente corretti è un valore aggiun-to. Un grande valore aggiunto.Talmente importante che, ormai,la maggioranza degli utenti sareb-be disposta a spendere di più perprodotti di aziende socialmenteresponsabili. In Italia i consuma-tori disposti a pagare un “pre-

20.000 dollari l’anno rispetto achi ne guadagna 50.000 (68% vs63%). I consumatori posseggonooggi un grado sempre più crescen-te di responsabilità sociale e am-bientale, che li accompagna sia nelmomento della ricerca di beni oservizi che nel momento dell’ac-quisto. Questo a tal punto che oggila sostenibilità associata a questibeni/servizi non è solo più da in-tendersi come un mero valore ag-giunto del prodotto e del brand,ma diventa invece un requisito es-senziale. In altre parole, non sipuò più parlare di sostenibilità co-me un mero differenziale di mar-keting. L’impegno etico, uno deivari aspetti della sostenibilità, di-venta premiante anche nel mes-saggio pubblicitario: sempre se-condo la ricerca se il 17% del cam-pione ha acquistato in seguito al-l’advertising televisivo di un pro-dotto, la percentuale sale al 21%quando la campagna contiene ri-ferimenti espliciti alla sostenibili-tà. ■

mium price” per brand sostenibilisono addirittura il 52%, in crescitarispetto al 45% del 2014. A livelloglobale il dato sale al 66%. Ma ildato che più fa riflettere è che,sempre a livello globale, le aziendeprotagoniste nella CSR (CorporateSocial Responsibility) hanno fattoregistrare nel 2015 una crescitadel proprio fatturato pari al 4%,una percentuale molto più alta ri-spetto a quelle meno impegnate,che hanno visto, invece, un incre-mento del giro di affari minoredell’1%. Nei 60 mercati presi inesame, inoltre, si nota che, in me-dia, le fasce di età maggiormentepredisposte a riconoscere un prez-zo maggiore per i prodotti sonoquelle dei Millennials (21-34 anni)e della Generazione Z (15-20 an-ni). I più giovani, dunque, sonoanche i più attenti e “critici”. Met-tendo poi a confronto la disponi-bilità finanziaria dei consumatoriattenti alla sostenibilità emerge undato sorprendente: sono propensia spendere di più per prodotti so-stenibili coloro che guadagnano

di Nettuno

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Poetry Corner16

oetry CornerP

OTTOBREdi Vincenzo Cardarelli

Un tempo, era d'estate,era a quel fuoco, a quegli ardori,che si destava la mia fantasia.Inclino adesso all'autunnodal colore che inebria,amo la stanca stagioneche ha già vendemmiato.Niente più mi somiglia,nulla più mi consola,di quest'aria che odoradi mosto e di vino,di questo vecchio sole ottobrinoche splende sulla vigne saccheggiate.

Sole d'autunno inatteso,che splendi come in un di là,con tenera perdizionee vagabonda felicità,tu ci trovi fiaccati,vòlti al peggio e la morte nell'anima.Ecco perché ci piaci,vago sole superstiteche non sai dirci addio,tornando ogni mattinacome un nuovo miracolo,tanto più bello quanto più t'inoltrie sei lì per spirare.E di queste incredibili giornatevai componendo la tua stagionech'è tutta una dolcissima agonia.

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17Poetry CornerFebbraio / Marzo 2016

Se fra i nostri giovani lettori ci fosse qualcuno con la vena poetica, ci invii le sue opere. La redazione pubblicherà le migliori a suo insindacabile giudizio

IL GIOCO DEI CONTRARIdi Francesca Lipperi

Nascosta dietroun’immagine sacra dalle fattezze angeliche, trovai un demonio.Ma se cerco nella spazzatura e mi sporco le mani,troverò un angelo?

a cura di Francesca LipperiDirigente Provinciale FABI Viterbo

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ESPERANZA SPALDINGLA NUOVA VOCE DEL JAZZ INTERNAZIONALE!

Da molti anni il jazz attrae contaminazioni provenienti da di-versi generi musicali, in Esperanza Spalding questa conta-minazione ha trovato una validissima interprete, grazie al suo

talento nel saper unire e alternare il jazz, il soul, il funk e l’r&b. Cresciuta in un quartiere ghetto di Portland, le sue radici nere daparte del padre, hanno influenzato molto il suo stile artistico. Fin da piccola inizia a suonare il violino, la chitarra jazz e il contrab-basso, strumento musicale che la contraddistingue e la fa conoscereal grande pubblico. Nel 2006 esce il suo primo disco Junio, ma raggiunge in seguito ilsuccesso con l’album del 2010 Chamber music Society vincendo nel2011 un Grammy Award nella categoria artista esordiente. La canzone Blackgold del suo ultimo album Radio Music Society cifa capire senza dubbi perché questa particolarissima artista è entrataa pieno diritto a far parte dell’Olimpo della musica nera.

a cura di Roberto InchiappaEsecutivo Nazionale FABI Giovaniusica & concertiM

18 Musica & concerti

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a cura di Giovanni CorsaroEsecutivo Nazionale FABI Giovani

LA GRANDE SCOMMESSA

“Alla fine degli anni '70 lavorare inbanca non era particolarmente red-ditizio: era una rottura di palle, unlavoro per sfigati, come fare l'assi-curatore o il contabile. Se lavorarein banca era noioso, allora il repartoobbligazioni era da vero e propriocoma. Sappiamo come funziona: glidai il tuo mocciosetto quando com-pie 15 anni e forse a 30 avrai gua-dagnato 100 dollari... che noia! Fin-ché Lewis Ranieri non compare sul-la scena di Salomon Bankers...”. Così comincia il suo racconto “Lagrande scommessa (The Big Short- 130' USA 2015)” e già dai primiminuti, ascoltando questo frizzantemonologo, lo spettatore comprendesubito cosa lo aspetterà nelle dueore successive: un caleidoscopio disuoni, immagini e racconti che siintrecceranno e si avviteranno tradi loro per raccontare una delle pa-gine economiche più buie e contro-verse degli ultimi anni: la bolla im-mobiliare culminata con la crisi del2008 e il conseguente crollo deimercati mondiali. A metà tra il do-cumentario e la fiction, viene rac-contata con grande precisione ecompetenza tecnica la nota vicendadei mutui sub-prime, da molti di

noi vissuta in quegli anni con nonpoche preoccupazioni. Quello che,tuttavia, in pochi conoscevano è cheun gruppo di investitori, non pro-prio “istituzionali” anzi dei veri epropri outsider, per una serie di al-terne vicende e coincidenze avevacapito in anticipo quello che stavasuccedendo e, nonostante la diffi-denza del sistema bancario, riuscì a“scommettere” proprio sul crollodei mercati, guadagnando vagonatedi soldi. Il film, prodotto da BradPitt, è diretto da Adam McKay evanta un cast di tutto rispetto: Chri-stian Bale, Ryan Gosling, Steve Ca-rell, oltre allo stesso Pitt; il soggettoè tratto dal libro best-seller di Mi-chael Lewis. Molto curata la regia eparticolarmente apprezzabile la co-lonna sonora. Da “addetti ai lavori”riteniamo che riuscire a fare funzio-nare una pellicola con un così altotasso di tecnicismi e spiegazioni ditipo finanziario non sia per nientefacile. In più, oltre all'aspetto squi-

Cinema

inemaC

FILMDA NONPERDERE

sitamente didascalico, il regista rie-sce a caratterizzare dei personaggicon una psicologia veramente com-plessa e profonda in maniera moltocredibile, creando un mix che riescea tenere incollato alla poltrona lospettatore per le oltre due ore di du-rata del film. Un vero pugno nello stomaco, in-somma, che mette davanti ai nostriocchi, in maniera immediata, tuttoil peggio di quel mondo della finan-za che è il pane quotidiano per moltidi noi e che, quindi, non fa altro chelasciarci tutta una serie di interro-gativi ai quali ognuno sentirà l'esi-genza di dovere rispondere. “Faresoldi non è come pensavo che fos-se... Tutte le persone che rispettavonon mi rivolgeranno più la parolase non tramite gli avvocati” questolo sfogo di Michael Burry (C. Bale)dopo avere “vinto” la sua scommes-sa, seppure con la consapevolezzadel disastro economico che incom-beva. La pellicola sta riscuotendo unbuon successo da parte sia del pub-blico sia dalla critica specializzata.Oltre a svariati riconoscimenti haricevuto 4 nomination ai GoldenGlobe e 5 nomination agli Oscar tracui miglior film e miglior regia. In conclusione, la rappresentazionedel sistema bancario non esce mol-to bene dal lavoro di McKay. Il fi-nale laconico non fa che accrescerequesto senso di “imbarazzo” difronte a quanto visto, ma ci piacepensare che le cose possano cam-biare e che il cambiamento debbacominciare da ciascuno di noi. Davedere assolutamente.

19Febbraio / Marzo 2016

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FORLÌ, MUSEI SAN DOMENICO SINO AL 26 GIUGNO 2016

INDAGINESU UN MITO

rteA

20 Arte

Impresa difficile quella propostaa Forlì. Perché il riunire un nu-cleo adeguato di opere di Piero,

artista tanto sommo quanto “raro”,è già operazione complessa.Riuscire poi a proporre un confron-to di questo livello con i più grandimaestri del Rinascimento, da Do-menico Veneziano, Beato Angelico,Paolo Uccello, Andrea del Casta-gno, Filippo Lippi, Fra Carnevale aFrancesco Laurana tra gli altri, èoperazione non semplice.Così come è complesso il riuscire adocumentare, riunendo sempre iveri capolavori, l’influsso di Pierosulla generazioni di artisti a lui suc-cessiva: Marco Zoppo, Francescodel Cossa, Luca Signorelli, Melozzoda Forlì, Antoniazzo Romano eBartolomeo della Gatta ma ancheGiovanni Bellini.Ma questa mostra, che già così sa-rebbe un evento storico, si spingeP FR

ARRNCESCACC

LA MOSTRA ÈORGANIZZATA DALLAFONDAZIONE CASSADEI RISPARMI DI FORLÌIN COLLABORAZIONECON IL COMUNE DI FORLÌ

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di Frog

21ArteFebbraio / Marzo 2015

oltre, indagando il mito di Pieroquando esso rinasce, dopo i secolidell’oblio, nel moderno, nei Mac-chiaioli, Borrani, Lega, Signorini,ad esempio. Ma soprattutto per ilfascino che la sua pittura ha sumolti artisti europei: da JohannAnton Ramboux o Charles Loyeux,fino alla fondamentale riscopertainglese del primo Novecento, legatain particolare a Roger Fry, DuncanGrant e al Gruppo di Bloomsbury.Poi gli echi pierfrancescani che ri-suonano in Degas e Seurat, nei per-corsi del postimpressionismo, e tra

gli ultimi bagliori puristi di Puvisde Chavannes. La fortuna novecen-tesca dell’artista è affidata agli ita-liani Guidi, Carrà, Donghi, De Chi-rico, Casorati, Morandi, Funi,Campigli, Ferrazzi, confrontati confondamentali artisti stranieri come

Balthus e Edward Hopper che han-no consegnato l’eredità di Piero allapiena e universale modernità.Il presidente del Comitato scienti-fico della mostra, Antonio Paolucci,cita nel catalogo ufficiale della mo-stra: “A un certo momento, nellastoriografia critica del Novecento,Piero della Francesca è sembrato ladimostrazione perfetta, antica eperciò profetica, di una idea che hadominato a lungo il nostro tempo;di come cioè la pittura, prima di es-sere discorso, sia armonia di colorie di superfici”.È l’affascinante rispecchiamentotra critica e arte, tra ricerca storio-grafica e produzione artistica nel-l’arco di più di cinque secoli a co-stituire il filo conduttore della mo-stra. Dalla fortuna in vita – LucaPacioli lo aveva definito “il monar-ca della pittura” – all’oblio, alla ri-scoperta.L’eterna immobilità dei solidi uma-ni di Piero, di questi volti appenasfiorati da un’ombra di passionecontinua ad eternare le sue figure,innalzandole al di sopra del caos,della mediocrità, in una pace so-vrannaturale che ce le mostra an-cora oggi come rivelazioni.La mostra è organizzata dalla Fon-dazione Cassa dei Risparmi di Forlìin collaborazione con il Comune diForlì. Catalogo Silvana Editoriale.Vale un weekend in Romagna, cheriunisca – perché no? – l’arte el’enogastronomia. ■

1) Piero della Francesca, Madonnadella Misericordia, 1445-1462, olio sutavola. Museo Civico, Sansepolcro.

2) Piero della Francesca: SantaApollonia, 1454-69, Olio, tempera eoro su tavola, cm 38,7x28,3, NationalGallery of Art, Washington.

3) Giovanni Bellini, Compianto, 1473-1476, olio su tavola. MuseiVaticani, Città del Vaticano.

4) Balthus, Les Joueurs de cartes,1966-1973, caseina, olio e tempera su tela. Museum Boijmans VanBeuningen, Rotterdam.

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pazio apertoS

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Il volontariato essenzialmente sitraduce nel desiderio di svolge-re un’attività di aiuto e sostegno

nei confronti delle esigenze dellasocietà, in pratica ciò che ci stimolaa dedicare il nostro tempo libero aquesto progetto nasce da ragioni dialtruismo, generosità e interesseper gli altri.Il volontariato inizia dalla sponta-nea volontà dei cittadini di farfronte a problemi non risolti o malgestiti, sia per migliorare le condi-zione generali relative all’ambito incui viene svolta l’attività, sia come

strumento per denunciare e com-battere ingiustizie e inadempienzecon un contributo concreto al mi-glioramento della qualità di vitanella società in cui viviamo. Senzadimenticare la speranza di poterconcorrere a costruire un nuovomodello di sviluppo. Fare volontariato spesso significaricevere molto più di ciò che si dà: èsorprendente quanti benefici sipossono trarre dal volontariato. Diseguito elenchiamo alcune delle ca-ratteristiche positive, oltre a quellesopra già descritte. In un rapporto

presentato nel International Jour-nal of PersonCentered Medicineviene riportato “La gente è più felicee più sana, quando sta contribuen-do (…) alla loro comunità o adun’organizzazione in cui crede”, di-chiara l’autore dello studio StephenG.Prost. La maggioranza dei parte-cipanti allo studio ha dichiarato cheil volontariato arricchisce il lorosenso di avere uno scopo nella vita.I volontari sono motivati perché“lavorano” per una causa vicino alproprio cuore, che infonde un sensodi realizzazione nel vedere l’effetto

Spazio aperto

UNA SCELTA VINCENTE

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di Francesca CacciariRSA FABI Ferrara

benefico sugli altri, ottenendo uneffetto rilassante, energizzante e di-vertente. L’energia e il senso di ap-pagamento ottenuto può aiutare adalleviare anche tensioni lavorative.Il volontariato rappresenta un mez-zo attraverso il quale possiamo sco-prire e sviluppare nuove abilità dicui non avevamo ancora consape-volezza: non è mai troppo tardi perapprendere nuove competenze.Far parte di una associazione si-gnifica entrare in contatto con per-

sone che hanno percorsi di studio,di vita e di esperienze diversi dainostri. Possiamo confrontarci,ascoltare e imparare; possiamo va-lutare le situazioni da punti di vistadiversi grazie a questo confrontopossiamo ampliare i nostri confini.Possono nascere amicizie nuove oaddirittura opportunità di lavoro,cosa importante vista l’incertezza

FARE VOLONTARIATOSPESSO SIGNIFICARICEVERE MOLTO PIÙDI CIÒ CHE SI DÀ: È SORPRENDENTEQUANTI BENEFICI SIPOSSONO TRARRE DAL VOLONTARIATO

economica che viviamo da qualcheanno. Questo aspetto è scarsamen-te considerato nel mondo del vo-lontariato, ma in realtà, rappresen-ta una buona opportunità in casodi necessità: non si può mai sapereche persone si incontrano e cheimpatto possono avere sulla nostravita. Il volontariato è un’esperienzadi lavoro a tutti gli effetti: mostracompetenze umane importanti co-me l’empatia, la capacità di gestio-ne e quella di lavorare in squadra,aiuta a sviluppare abilità, carattereed equilibrio nella propria vita, tut-te caratteristiche ricercate in moltiposti di lavoro. Rappresenta, quin-di, anche un buon elemento da in-serire nel curriculum. ■

Fonti: wikipedia.org - www.legambiente.it -www.romaltruista.it

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Giovani, arte, lavoro24

A22 anni sta già bruciando le tap-pe come gli avversari in campoe ha saputo prendersi sulle spal-

le il destino della sua squadra.Argentino con lontane origini polac-che e italiane, il ragazzo cresce calci-sticamente nella squadra del suo pae-se, l’Instituto de Cordoba, con cuiesordisce nel campionato argentino esi fa subito notare oltreoceano attiran-do le attenzioni del vulcanico presi-dente del Palermo, Zamparini, famosoper due cose: essere un “mangia-alle-natori” e avere occhio per i giovani ta-lenti. Paulo Dybala arriva a Palermonell’estate 2012 a 19 anni con un costodi 12 milioni di euro (fonte: Gazzettadello Sport).La serie A di calcio non è più “il cam-pionato più bello del Mondo”, ma in

portS

Sport

AL GIOVANE

NON PIACE ASPETTARE

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di Pierluigi Aiello e Elio SfarraEsecutivo Nazionale FABI Giovani

SportFebbraio / Marzo 2016

quanto a difficoltà, a durezza ed acompetitività resta una delle piùdure palestre d’Europa, soprattut-to se sei un giovanotto dai piedibuoni e dai modi educati. Il nostro campionato ha negli annibruciato molti potenziali campio-ni, molte giovani promesse presen-tate ogni volta come eredi dei cam-pioni del passato, ragazzi stritolatidalla pressione, dalle aspettative edai tacchetti dei nostri difensori.Ma Dybala non sembra avere tem-po per preoccuparsi di questi det-tagli, a 22 anni, nella squadra piùamata e odiata d’Italia, dopo tantolavoro fisico ed una full immersiontattica, si è preso subito i compagni(sicuramente più esperti di lui) sul-le spalle ed ha trascinato la squa-dra ad un recupero che a metàottobre sembrava fanta-scienza. Certamente, la Juven-tus ha una rosa di pri-mordine, molti cam-pioni ed una soliditàdi società che oggi nessuno vantain Serie A. Ma Dybala si è inseritocon la professionalità e la maturità

di un veterano affermato, con lestigmate del predestinato, ma sen-za montarsi la testa. Ha compiutoil “salto” dalla provincia, dove lepartite sbagliate sono perdonatepiù facilmente e la pressione è sen-za dubbio minore, alla grande so-cietà, in modo naturale e senzascossoni ben aiutato dal Mister Al-legri, maestro nel lanciare i giova-ni.

E il tutto acquisisce ancora più va-lore se si pensa che Dybala staprendendo il posto, sul campo enel cuore dei tifosi, di quel CarlitosTevez che è stato autentico trasci-natore della compagine biancone-ra nelle ultime due trionfali stagio-ni. Un aspetto non secondario que-sto, perché, come Tevez, Paulo nonè chiamato solo a segnare: deve fa-re da punto di riferimento per lasquadra; da vero attaccante mo-derno dev’essere il primo a difen-dere e a recuperare palla, a propor-si come appoggio ai compagni.A Palermo giocava principalmenteda prima punta e molto vicino allaporta, dove segnare è un po’ piùsemplice; nella Juve, invece, nondeve essere un semplice finalizza-tore, ma parte dell’ingranaggio diun motore già rodato.Un ruolo non facile per un giovanee non scontato, soprattutto in unasquadra che già annovera una gio-vanissima stella predestinata alruolo da leader: Paul Pogba.Proprio la presenza di due giova-nissimi con ruoli chiave ma diversi,fa della Juventus un’eccezione po-sitiva nel nostro campionato.Quando il talento è sicuro e vieneaiutato a crescere non si deve averepaura di metterlo al centro di unprogetto. L’esperienza non si puòacquisire, se non si mettono i ra-gazzi e i giovani in condizione dimisurarsi con la realtà, senza but-tarli allo sbaraglio con il rischio dibruciarli, ma senza nemmeno la-sciarli in panchina fino agli ultimi10 minuti. Un’immagine che ve-diamo troppo spesso e non solo neinostri campi di calcio. ■

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nogastronomiaE

26 Enogastronomia

In Italia è consuetudine prepa-rare particolari dolci per la Pa-squa, da consumare con parenti

ed amici, durante tutto il periododella festività. La colomba è il dol-ce tipico che più caratterizza la Pa-squa. Si tratta di un dolce lievitatocon ingredienti molti simili al pa-nettone e al pandoro. La colombachiude tradizionalmente il pranzopasquale insieme con le uova dicioccolato, perché fin dai tempi piùremoti, sia all’uovo sia alla colom-ba era attribuito un forte valoresimbolico di pace, rinascita e amo-re. Secondo la Bibbia, infatti, fuproprio una colomba, con un ra-

moscello d’ulivo nel becco, a tor-nare da Noè dopo il diluvio univer-sale per testimoniare l’avvenuta ri-conciliazione fra Dio e il suo popo-lo. L’origine della colomba, cometutti i dolci tradizionali che si ri-spettino, ha radici lontane ed è le-gata a diverse leggende. Una primavorrebbe far risalire questo dolcepasquale addirittura al re longo-bardo Alboino, che quando calò inItalia con le sue orde barbariche,dopo un assedio di tre anni dellacittà di Pavia alla vigilia della Pa-squa del 572 riuscì ad entrare incittà e si vide offrire, in segno dipace, un pan dolce a forma di co-

lomba. Si narra che questo dolcefosse così invitante che il sovranofu costretto alla promessa di pacee Pavia fu salvata dal saccheggio.Una seconda vuole la colomba pa-squale legata alla regina longobar-da Teodolinda ed al Santo abate ir-landese San Colombano. Un’ulti-ma, infine, è fatta risalire al tempodi Federico Barbarossa e della Le-ga dei Comuni lombardi, nel XIIsecolo, quando un condottiero delCarroccio, osservando durante labattaglia due colombi posarsi so-pra le insegne lombarde, decised’infondere ai suoi uomini il nobilespirito di quegli uccelli, facendo

E LE SUE TRADIZIONI

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di Simone CapuaniEsecutivo Nazionale FABI Giovani

27EnogastronomiaFebbraio / Marzo 2016

confezionare dai cuochi dei pani aforma di colomba.Abbandonando ora le leggende, ri-cordiamo che con colomba si indi-cano diversi dolci pasquali tipicidell’Italia. Vi sono due principalidolci cui fa riferimento la dizione“colomba pasquale”: uno è la co-lomba inventata in Lombardia ne-gli anni trenta del 1900 dalla Mottae poi diventata quella commercial-mente più diffusa in tutta Italia;l’altro di più antica tradizione è lacolomba pasquale diffusa in Siciliae chiamata anche i palummeddi opastifuorti. Entrambe sono stateufficialmente inserite nella lista deiprodotti agroalimentari tradizio-nali italiani.La colomba come prodotto di mas-sa nasce, quindi, come detto, neiprimi del Novecento, quandol’azienda milanese Motta decide diconfezionare un prodotto simile alpanettone, ma con un aspetto de-cisamente legato alla Pasqua. La ri-cetta poi venne ripresa da AngeloVergani, che nel 1944 fondò la Ver-gani srl, azienda di Milano che an-cora oggi produce colombe.Da allora questo dolce si diffusesulle tavole di tutti gli italiani, e an-che ben oltre i confini dell’Italia.L’impasto originale, a base di fari-na, burro, uova, zucchero e bucciad’arancia candita, con una riccaglassatura alle mandorle, ha suc-cessivamente assunto varie formee varianti.Le colombe pasquali siciliane sonoinvece dei piccoli dolci a forma dicolomba, galletti o semplicementerombi su cui sono incisi disegni opunzonature. Sono dolci a “pasta-

quindi, la vita. La tradizione delclassico uovo di cioccolato è recen-te, ma il dono di uova vere, deco-rate con qualsiasi tipo di disegni odediche, è correlato alla festa pa-squale sin dal Medioevo.In Francia, alla corte di Versailles,con Luigi XIV, il Re Sole (1638-1715), gli speziali e i cuochi di cortecostruirono un uovo, tradizionaledono di buon auspicio, con una so-stanza costosa e misteriosa da pocoimportata in Europa: nacque cosìil primo uovo di Pasqua... al cioc-colato.Mettendo ora da parte colomba euova, è interessante ricordare al-cuni dolci di Pasqua estremamenteparticolari. Innanzitutto, i nidi diPasqua al cioccolato, un dolce sem-plice e divertente da realizzare, chepuò trovare numerose varianti cosìcome la treccia pasquale, ovverouna brioche non eccessivamentedolce insaporita da un mix di spe-zie. In centro Italia adorano la piz-za di Pasqua, un lievitato a ricre-scita, ove gli ingredienti vengonoaggiunti e integrati in fasi succes-sive di lievitazione. Con canditi osenza, la pizza dolce presenta an-che una fiocca, una glassa di me-ringa e perline di zuccherini pre-sente nelle versioni umbro-mar-chigiane. Tra i dolci di Pasqua nonpoteva poi mancare la pastiera na-poletana. La ricetta è originaria ov-viamente della Campania, ma è or-mai abbastanza comune trovarla intutta Italia, nei pranzi e nelle cola-zioni pasquali affiancata alla tradi-zionale colomba pasquale o al ca-satiello, dolce rustico sempre diorigine partenopea. ■

forte” realizzati con zucchero, fari-na doppio zero e cannella. La zonadi produzione sono i comuni del-l’area dei Monti Iblei, in provinciadi Ragusa. In passato oltre che perle festività pasquali venivanoscambiate come regali tra fidanza-ti. Spesso si include nella forma unuovo sodo come decorazione esimbolo legato alla Pasqua. Anchese in origine le forme richiamanole colombe vi sono varianti a formadi canestro o gabbietta soprattuttoquando sono decorate con l’uovosodo.Passiamo ora all’uovo di Pasqua,divenuto nel tempo uno dei sim-boli della Pasqua, assieme per l’ap-punto alla colomba. L’uovo in séha significati ed origini antichissi-me. Già tra i Persiani e gli Egizi eradiffusa la tradizione dello scambiodi semplici uova di gallina all’av-vento della stagione primaverile.Lo stesso accadeva tra i Greci e iCinesi. Spesso poi le uova venivanodecorate a mano.Nel cristianesimo simboleggia larisurrezione di Gesù dal sepolcro ,

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iaggiV

28 Viaggi

CAPO VERDELa terra è nera come la pece. I volti dei bambini hanno decisi tratti

africani, ma la loro pelle tende al più chiaro, i capelli hanno qualcheriflesso biondiccio, gli occhi sono tra il grigio e l’azzurro. E la casa

è arancione. Chi ha alterato la tavolozza dei colori? Nessuno, siamo a Fo-go. Fogo è, tanto per cominciare, un vulcano altro 2829 metri, più deldoppio del Vesuvio (1281) e assai più prossimo all’Etna quanto ad impo-nenza. Ma è anche un isola con una superficie di 476 chilometri quadrati:come prendere Vulcano alle Eolie e moltiplicarla più o meno per 20.Basta fare quattro passi nel capoluogo, Sao Filipe, per cogliere alcunidegli aspetti tipici di Fogo. Intanto, la spiaggia nera, lunga quattro chilo-metri. Il paese sta su un alto sperone alto sul mare con l’isola di Bravache sembra ad un tiro di schioppo e che per un bel tratto ne copre l’oriz-zonte. Tutto è nero qui, non solo la sabbia: gli scogli, le pietre, la ghiaiadel vulcano. Nero è l’unico colore del suolo, può virare verso l’antracite,può brillare come il vetro, essere opaco al punto da assorbire la luce inun duello feroce col sole a picco dei tropici. Nero rimane. Anche la stessaterra coltivata non è che una stretta coperta da cui emerge sempre lanuda roccia nerastra: dove batte l’oceano frustando scogliere, nella partein quota verso le bocche eruttive, lungo le pendici fra le scorie millenarie

DI SOLITO SI PARLADELLA MONDANA SAL

O DELLA “SAHARIANA”BOAVISTA. MA SE SI

VUOLE SCOPRIRE“COM’ERA” UNA VOLTAL’ARCIPELAGO DI CAPO

VERDE SI DEVE PROPRIOVENIRE QUI

FOGO E MAIO, UNA L’OPPOSTO DELL’ALTRA

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a cura di Simona MisticoniEsecutivo Nazionale FABI Giovani

29ViaggiFebbraio / Marzo 2016

della Vetta. Salendo lungo i tornanti ricoperti da di-stese di agavi, con il blu del mare che lentamente siallontana , quel che si vede è una terre fertile e villaggi,dove le casette sembrano barchette galleggianti su ca-valloni di lava, costruite lì proprio perché, si dice, chela lava non passi mai due volte nello stesso punto. Pic-cole produzioni di caffè e Vinho do Fogo rosso o rosatoalimentano piccoli commerci, che possono dar da vi-vere a queste famiglie. È d’obbligo anche spingersi fi-no Ponta da Salina, la spiaggia più spettacolare del-l’isola, dove rocce, canali e caverne sottomarine si al-ternano a tranquille insenature. Qui il mare è consi-derato sicuro per nuotare mentre altrove occorre sem-pre prestare attenzione soprattutto alle correnti.La sabbia è candida, quasi ci trovassimo ai Caraibi, laspiaggia è lunga decine di chilometri, il mare è unosmeraldo liquido che si infrange con le maestose ondeverdi. Un’asinella ci segue fiduciosa con il suo cuccio-lo, mentre quattro maialini attraversano la strada. Chiè il regista del film? Nessuno. Siamo a Maio. Pianetadelle spiagge... La grande spiaggia di Vila do Maio èuno struggimento di acque smeraldine, ragazzi che situffano, bimbi sulle altalene, pescatori che tornanodal mare con le reti colmi di tonni, cernie e pesci serra(poco da invidiare al pesce spada), donne che vannoavanti e indietro con un carico in testa, come sonoabituate a fare in Africa. Come nelle saline, dove rac-colgono il sale iodato, una spianata bianca infiammatadal rosa del tramonto, sono tutte donne quelle cheriempiono i secchi fino a 40 chili e li trasportano sulcapo per centinaia di metri. Secchi grandi per le adultee secchi piccoli per le bambine. Altre donne tirano insecco le barche dei mariti pescatori sul litorale di La-goa. Descrivendo Maio, si farebbe prima a dire dovenon ci sono spiagge. Oltre a Lagoa e Vila do Maio, nonsi dimentica quella di Ribeira do Joao, un promonto-rio di roccia, fra due immense ali di sabbia chiara,punteggiata di sabbia nera, con lo stagno formato dal-la risacca alle spalle e, oltre il molo di Vila do Maio,ne parte un’altra larga in quel punto almeno 200 me-tri, con una lingua di battigia che non si capisce quan-to possa essere lunga perché si perde nell’orizzonte…Capo Verde non è il posto giusto, quando si vuole soloprendere il sole. ■

della lava. Poi le casette colorate che sono una co-stante pittoresca, a patto che la gente abbia il denaroper finire di intonacarle: altrimenti restano incom-piute con i mattoni di cemento grigi a vista. I vialettisono spesso ingentiliti da alberi e panchine e, per chivuole ponderare, c’è una Casa della Memoria, piccoloMuseo sul passato coloniale. Anche il cimitero riser-vato ai bianchi – apartheid post mortem – è un bel-l’invito a non dimenticare! L’escursione che nessunodeve perdere a Fogo è quella a Cha das Caldeiras, l’al-topiano rinchiuso fra il cratere vecchio – detto Bor-deira – largo otto chilometri – e il Pico Novo, il cono

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STOPALLA VIOLENZASULLE

DONNE

CHI PICCHIA

UNA DONNA

NON È UN UOMO

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di Biancaneve

31CitazioniFebbraio / Marzo 2016

itazioniC

“L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile.Prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione”.

Oscar Wilde

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