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Ricerche e problemi 3 Emilia Restiglian Insegnare nella scuola di base: con quali competenze? Strumenti e tecniche 7 Luciano Pasquero Le origini della didattica lineare nei metodi per strumento 14 Annalia Valentini Giocare con le gradazioni di note, parole e numeri Pratiche educative 23 Stefano Melis Pratica pianistica e gioco simbolico Confronti e dibattiti 28 Elena Ferrara (a cura di) PASSATO, PRESENTE E FUTURO DELLA SIEM 31 Giuseppe Grazioso Un contributo essenziale allo sviluppo culturale del paese 34 Anna Velati Tradizione gloriosa ma poco conosciuta 36 Ester Seritti Vantaggi e rischi della svolta manageriale Libri e riviste 39 Roberto Albarea Rileggere Rodari attraverso la musica [su M. Piatti, Gianni Rodari e la musica, Del Cerro Edizioni] 39 SCHEDE 40 Manuela Filippa Le molte potenzialità del gioco musicale [su F. Delalande, La musica è un gioco da bambini, Franco Angeli] 41 Roberto Albarea, RASSEGNA PEDAGOGICA 43 Marina Callegari Ricerche e prospettive per l’insegnamento musicale [su A.M. Freschi (a cura di), Insegnare uno strumento, EDT] 45 Enrico Bottero Un approccio interculturale all’educazione musicale [su M. Disoteo, Antropologia della musica per educatori, Guerini e Associati] 46 Luca Marconi, DA NON PERDERE Rubriche 09 Augusto Pasquali, MUSICA IN INTERNET: Styles game. Istruzioni 12 Francesco Bellomi, PAROLE CHIAVE: Pausa 20 Emanuela Perlini – Davide Zambelli, DANZE A SCUOLA: Te ve’ orez 22 Annibale Rebaudengo, GIORNALE SIEM: La Siem nel panorama internazionale 26 John Paynter, INVENZIONI MUSICALI: Solo musica 38 Carla Tessari, SPAZIO LABORATORI: Laboratori musicali: il punto della situazione 47 Donatella Bartolini, QUESTIONI DI METODO: La tecnica come avventura Trimestrale di cultura e pedagogia musicale Organo della Siem Società Italiana per l’Educazione Musicale www.siem-online.it Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 411 del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380 Anno XXXIV, numero 125 dicembre 2002 Direttore responsabile Rosalba Deriu Redattori Franca Mazzoli e Davide Zambelli Segretaria di redazione Simonetta Bettio Comitato di redazione Maurizio Della Casa, Franca Ferrari, Luca Marconi, Ester Seritti Segreteria di redazione Vicoletto cieco San Carlo, 2 - 37129 Verona Tel. e Fax 045-8346104 e-mail: [email protected] Grafica copertina Raffaello Repossi Preparazione pellicole Cierre Grafica Caselle di Sommacampagna - Verona Tel. 045-8580900, Fax 045-8580907 Stampa Stampatre, Torino Editore EDT srl, 19 Via Alfieri, 10121 Torino Amministrazione Tel. 011-5591816, Fax 011-5591824 e-mail: [email protected] Promozione, vendite e abbonamenti Tel. 011-5591831, Fax 011-5591824 e-mail: [email protected] Pubblicità Tel. e Fax 011-9364761 e-mail: [email protected] Un fascicolo Italia e 4,50 - Estero e 6,00 Abbonamenti annuali Italia e 16,00 - Estero e 20,00, comprensivo di quattro fascicoli della rivista. Gli abbonamenti pos- sono essere effettuati inviando assegno non trasferi- bile intestato a EDT srl, versando l'importo sul c.c.p. 24809105 intestato a EDT srl, o tramite carta di cre- dito (Cartasì, Visa, Mastercard) con l’indicazione “Musica Domani”. La rivista è inviata gratuitamen- te ai soci Siem in regola con l’iscrizione. Quote associative Siem per l’anno 2003 Soci ordinari e 31,00 – Studenti e 26,00. Soci sostenitori e 62,00 – Biblioteche e 31,00. Le quote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404, intestato a Società Italiana per l’Educazione Musica- le e vanno spedite a: Siem, Via Dell’Unione, 4 – 40126 Bologna. Per comunicazioni e richieste: tel. e fax 011-9364761 – e-mail: [email protected]c.c.p.: 19005404. Iscrizione all’Isme per l’anno 2003 International Society for Music Education Socio individuale, senza rivista, $30; con le riviste $54. Le quote possono essere versate con carte di credito Visa, American Express, Master Card o chè- que bancario a: ISME International Office, PO Box 909, Nedlands, 6909 Western, Australia – fax 00 61-8-9386 2658. Indice Musica Domani

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Ricerche e problemi

3 Emilia RestiglianInsegnare nella scuola di base: con quali competenze?

Strumenti e tecniche

7 Luciano PasqueroLe origini della didattica lineare nei metodi per strumento

14 Annalia ValentiniGiocare con le gradazioni di note, parole e numeri

Pratiche educative

23 Stefano MelisPratica pianistica e gioco simbolico

Confronti e dibattiti

28 Elena Ferrara (a cura di)PASSATO, PRESENTE E FUTURO DELLA SIEM

31 Giuseppe GraziosoUn contributo essenziale allo sviluppo culturale del paese

34 Anna VelatiTradizione gloriosa ma poco conosciuta

36 Ester SerittiVantaggi e rischi della svolta manageriale

Libri e riviste

39 Roberto AlbareaRileggere Rodari attraverso la musica[su M. Piatti, Gianni Rodari e la musica, Del Cerro Edizioni]

39 SCHEDE

40 Manuela FilippaLe molte potenzialità del gioco musicale[su F. Delalande, La musica è un gioco da bambini, FrancoAngeli]

41 Roberto Albarea, RASSEGNA PEDAGOGICA

43 Marina CallegariRicerche e prospettive per l’insegnamento musicale[su A.M. Freschi (a cura di), Insegnare uno strumento, EDT]

45 Enrico BotteroUn approccio interculturale all’educazione musicale[su M. Disoteo, Antropologia della musica per educatori,Guerini e Associati]

46 Luca Marconi, DA NON PERDERE

Rubriche

09 Augusto Pasquali, MUSICA IN INTERNET: Styles game. Istruzioni12 Francesco Bellomi, PAROLE CHIAVE: Pausa20 Emanuela Perlini – Davide Zambelli, DANZE A SCUOLA: Te ve’ orez22 Annibale Rebaudengo, GIORNALE SIEM: La Siem nel panorama

internazionale26 John Paynter, INVENZIONI MUSICALI: Solo musica38 Carla Tessari, SPAZIO LABORATORI: Laboratori musicali: il

punto della situazione47 Donatella Bartolini, QUESTIONI DI METODO: La tecnica come

avventura

Trimestrale di cultura e pedagogia musicale Organo della Siem

Società Italiana per l’Educazione Musicale

www.siem-online.it

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 411del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380

Anno XXXIV, numero 125 dicembre 2002

Direttore responsabile Rosalba DeriuRedattori Franca Mazzoli e Davide Zambelli

Segretaria di redazione Simonetta Bettio

Comitato di redazione Maurizio Della Casa,Franca Ferrari, Luca Marconi, Ester Seritti

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Quote associative Siem per l’anno 2003Soci ordinari e 31,00 – Studenti e 26,00.Soci sostenitori e 62,00 – Biblioteche e 31,00.Le quote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404,intestato a Società Italiana per l’Educazione Musica-le e vanno spedite a: Siem, Via Dell’Unione, 4 –40126 Bologna. Per comunicazioni e richieste: tel. efax 011-9364761 – e-mail: [email protected] –c.c.p.: 19005404.

Iscrizione all’Isme per l’anno 2003International Society for Music Education

Socio individuale, senza rivista, $30; con le riviste$54. Le quote possono essere versate con carte dicredito Visa, American Express, Master Card o chè-que bancario a: ISME International Office, PO Box909, Nedlands, 6909 Western, Australia – fax 0061-8-9386 2658.

Indice

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Roberto Albarea docente di Pedagogia all’Università di UdineDonatella Bartolini docente di Pedagogia musicale per Didattica della musica, ModenaFrancesco Bellomi docente di Elementi di composizione per Didattica della musica, MilanoPaola Bernardelli operatrice musicale, Suzzara (Mn)

Enrico Bottero ricercatore IRRE, PiemonteMarina Callegari docente di Pedagogia musicale per Didattica della musica, Venezia

Elena Ferrara docente di Educazione musicale nella scuola media, Oleggio (No)Manuela Filippi operatrice musicale, Torino

Giuseppe Grazioso docente di Pedagogia musicale per Didattica della musica, CuneoLuca Marconi docente di Pedagogia musicale per Didattica della musica, ComoStefano Melis docente di Pianoforte, Sassari

Luciano Pasquero docente di Clarinetto nella scuola media a indirizzo musicale, Alba (Cn)Augusto Pasquali docente di Educazione musicale nella scuola media, Bologna

John Paynter compositore, East Yorkshire, InghilterraEmanuela Perlini docente di Educazione musicale nella scuola media, Verona

Annibale Rebaudengo docente di Pianoforte al conservatorio di MilanoEmilia Restigian docente di Educazione musicale, Vicenza

Ester Seritti didatta, LivornoJohannella Tafuri docente di Pedagogia musicale per Didattica della musica, Bologna

Carla Tessari docente di Chitarra nella scuola media a indirizzo musicale, Sant’Ambrogio (Vr)Annalia Valentini operatrice musicale, Fermo

Anna Velati docente di Educazione musicale nella scuola media, BariDavide Zambelli docente di Educazione musicale nella scuola media, Verona

Via Regina Margherita, 15 - 37060 Mozzecane - VeronaTel. 045 6340500 - Fax 045 6340510

www.amadeusmusica.com

l’evoluzione

della musica

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Una recente indagine1 condotta presso l’IRRE del Ve-neto ha cercato di approfondire le problematiche re-lative alla formazione musicale degli insegnanti del-la scuola di base rilevando in particolare i bisogniformativi in ambito musicale di tali docenti.L’indagine è stata condotta tramite un questionarioa scelta multipla e alcuni focus group con insegnan-ti di scuola elementare.I questionari sono stati inviati a 84 scuole della Re-gione Veneto secondo un campionamento già effet-tuato dall’IRRE per la realizzazione del monitoraggionazionale dell’autonomia nel biennio 1998/2000. Ilcampione è stato allargato per la provincia di Vicen-za e i questionari utili ai fini dell’indagine sono stati413.I focus group sono serviti per spiegare e approfondi-re i dati emersi dal questionario fornendo anchequalche spunto di riflessione per coloro che si occu-pano di formazione in questo settore.I dati più interessanti sono quelli relativi ai docentidi scuola elementare per la delicatezza che da sem-pre contraddistingue l’insegnamento musicale in ta-le ordine scolastico.

L’indagine

Per quanto riguarda gli studi culturali e musicali,dal questionario si evince che il 22% dei docentipossiede una laurea. Tra questi solo nell’1% dei ca-si si tratta di una laurea in Musicologia e/o conse-guita presso il DAMS (Sezione Musica). Il 4% possiede invece un diploma di conservatorio(solo due insegnanti su 308 possiedono però il di-ploma in didattica della musica) mentre il 5% ha af-fermato di aver compiuto altri studi musicali (corsiprivati di strumento e/o esami intermedi di conser-vatorio).

In generale, è possibile quindi affermare che un do-cente su dieci sembra possedere una conoscenza mu-sicale conseguita attraverso studi specifici.Il 66% degli insegnanti ha affermato di avere espe-rienze musicali, ovvero di saper cantare, suonare,leggere uno spartito ecc., percentuale quindi netta-mente superiore a quella di coloro che dichiarano dipossedere un titolo di studio musicale. La maggiorparte dei docenti, pur privi di competenze certifica-te, dichiara di svolgere esperienze musicali di variotipo con i propri alunni. Per tentare però un’analisi dei livelli di tali esperien-ze, ho raggruppato le risposte dei docenti in tregruppi principali: l’ultimo risulta il più completoperché assomma le esperienze relative al fare musicaalle conoscenze teoriche. Dei 192 docenti considerati, 85 praticano musicavocale, strumentale o danzano; 20 sono musical-mente alfabetizzati e quindi sanno leggere e scriverela musica; 87 docenti affermano di possedere en-trambe le competenze.Non sempre però l’insegnamento di educazione alsuono e alla musica viene svolto dall’insegnante diclasse. Spesso egli è affiancato-sostituito da colleghi,da esperti esterni o da docenti di scuola media delmedesimo istituto comprensivo.I dati, riferiti in questo caso alla totalità dei docentidella scuola di base, evidenziano un 10% di presen-za di un esperto esterno e un 3% di collaborazionecon il docente della scuola media.L’Educazione al suono e alla musica non sembra unamateria ben accettata all’inizio dell’anno scolastico:il 18% dei docenti ha dichiarato, infatti, che è il Di-rigente Scolastico ad assegnare l’insegnamento men-tre, nel 5% dei casi, la musica è affidata al docenteche arriva per ultimo.Gli aspetti maggiormente inseriti nella programma-zione periodica dei docenti di scuola elementare so-no: ritmo e movimento (93%); produzione vocale estrumentale (90%); percorsi di ascolto (84%). Se-guono, quindi, le attività riguardanti la lettura escrittura della musica (37%) e, in buona posizione,anche i percorsi multi e interdisciplinari (35%).Ritmo e movimento e percorsi di ascolto sono aspet-ti trasversali della musica.Nel primo caso molti docenti riescono a recuperareconoscenze pregresse (psicomotricità, danza e mimi-ca); nel secondo si legano ancora al movimento maanche all’attività espressivo-pittorica, all’analisi ead aspetti storico-geografico-sociali. Tali settori sono anche quelli ritenuti essenziali per

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iInsegnare nella scuola di base:con quali competenze?

Chi insegna educazione musicale nella scuolaelementare? Come vengono attuati i programmiministeriali del 1985?Un’indagine regionale approfondisce lasituazione dell’insegnamento musicale nellarealtà veneta.

EMILIA RESTIGLIAN

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la formazione del discente nella scuola di base. Dal-l’indagine risulta quindi una certa corrispondenzatra le esperienze condotte in classe dagli insegnanti eciò che essi ritengono importante fare (nell’indaginesi trattava di rispondere a due diversi item). Ai docenti è stato anche chiesto un giudizio sull’at-tività musicale svolta nella loro scuola. In generale ilgiudizio è positivo; un docente su dieci giudica peròpessima l’esperienza musicale portata avanti nel suoistituto.Tra le competenze indicate dai maestri come fonda-mentali per delineare un possibile curricolo musica-le per l’insegnante della scuola di base, c’è innanzi-tutto il saper condurre esperienze di ascolto guidato,il saper usare la musica in contesti di animazione e ilsaper utilizzare lo strumentario didattico. Seguono,tra le indicazioni, la capacità di costruire percorsiverticali e trasversali.Appaiono quindi centrali l’ascolto, l’animazione(una delle tendenze didattiche più recenti che con-sente, tra le altre cose, di condurre esperienze musi-cali secondo modalità non più legate alla tassono-mia degli obiettivi educativi) e l’uso dello strumen-tario didattico che per la sua immediatezza e reperi-bilità (almeno nelle sue forme più semplici) costitui-sce una valida alternativa al “professionismo” dellostrumento tradizionale.I docenti hanno anche indicato quali sono le compe-tenze più difficili da acquisire. Nell’ordine esse so-no: saper suonare uno strumento tradizionale, co-noscere le principali tecnologie multimediali e saperleggere e scrivere la musica.Informatica a parte, si tratta di competenze specifi-camente musicali che, come emerso dai focus group,i maestri cercano di sostituire con percorsi trasver-sali che comunque rientrano nell’ottica di globalitàche caratterizza la scuola elementare.L’indagine ha anche rilevato la percentuale di do-centi che ha frequentato corsi di formazione/aggior-namento negli ultimi cinque anni. Poco più dellametà dei maestri ha partecipato a tali corsi: un datoesiguo, se si pensa che sicuramente a una parte di es-si sarà chiesto di insegnare anche la disciplina inesame. Il dato può considerarsi accettabile, invece,se si pensa che i maestri si devono aggiornare inmolte discipline e che non sempre, soprattutto neiprimi anni, vengono utilizzati sulle stesse materie.I corsi più frequentati sono quelli attivati presso cir-coli didattici e provveditorati; solo a distanza seguo-no quelli organizzati dal Ministero (come ad esem-pio il Progetto Muse2), dall’IRRSAE/IRRE o da associa-zioni (Siem, Simeos3…).Tra i corsi maggiormente richiesti dagli insegnantiquelli di animazione musicale, di uso dello strumen-tario didattico e di vocalità e di direzione di coro,raggiungono il più alto indice di gradibilità.I dati emersi con l’indagine hanno confermatoquanto emerso dalla Rilevazione sull’attuazione deiProgrammi didattici effettuata dalla Direzione Ge-nerale Istruzione Elementare nel dicembre 1993, ri-levazione che mise in luce come il programma di

educazione al suono e alla musica fosse il meno at-tuato nella scuola elementare4.Nella rilevazione l’educazione al suono e alla musi-ca venne definita la cenerentola fra tutte le discipli-ne e l’insegnante della disciplina più un esperto di-stinto dai docenti che non un insegnante curricolare.

I focus group

Il dato più interessante è quello che distingue l’at-teggiamento dei docenti provenienti da istituti com-prensivi da quelli provenienti da circoli didattici etra i docenti che provengono da scuole che da annicercano di portare avanti esperienze musicali daquelli che invece insegnano in scuole dove la musicaè poco presente. Laddove non esiste nei plessi elementari una tradi-zione musicale storica, si fa molto affidamento suicolleghi di educazione musicale della scuola media.Non si presta importanza, in questo caso, se il colle-ga ha o meno esperienza di insegnamento con ibambini più piccoli: è ritenuta indispensabile la co-noscenza della musica tout court. Lo stesso giudizioviene fornito anche nei confronti degli esperti ester-ni che, in questo caso, spesso si sostituiscono deltutto al docente di classe. L’atteggiamento degli insegnanti cambia invece lad-dove esiste una tradizione musicale consolidata gra-zie all’apporto di uno o più maestri di provata e du-ratura esperienza nel settore, le cui iniziative sonoapprezzate pur senza essere sorrette da una specificapreparazione. Per questi docenti l’esperto esterno,pur musicalmente preparato, non si dimostra sem-pre in grado di progettare percorsi adatti ai bambi-ni; viene cioè evidenziata l’esigenza di conoscenze ditipo psico-pedagogico. Tutti forniscono invece un parere positivo sul ruolodei maestri esperti, cioè i maestri che, grazie a di-stacchi parziali, riescono a coprire l’insegnamentomusicale in molte classi. Il fatto di essere maestri daun lato, ed esperti di musica dall’altro, sembra in-fondere nei colleghi un senso di completezza difficil-mente sostituibile dall’esperto esterno. Viene peròevidenziata la difficoltà nel trovare persone di que-sto tipo e soprattutto dirigenti scolastici disposti aconcedere il distacco. I maestri sono concordi anche nell’affermare che iprogrammi ministeriali del 1985 offrono una visio-ne formativa e non professionalizzante dell’educa-zione musicale. Ciò nonostante essi sentono la man-canza di una preparazione specifica e in particolaredi una alfabetizzazione musicale e la maggior partedi essi si dichiara pronta a seguire corsi anche plu-riennali di formazione in tal senso. Sono proprio imaestri esperti a dichiarare che la formazione musi-cale specifica non è obbligatoria per l’insegnante discuola elementare mentre molti docenti di lunga da-ta, consapevoli di mettercela tutta nella costruzionedi percorsi musicali, denunciano una carenza di ba-se che vorrebbero colmata.

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Moltissimi insegnanti ritengono insufficienti i corsidi formazione/aggiornamento frequentati e sonoconcordi nel ritenere i curricoli predisposti per i cor-si di laurea in Scienze della formazione primaria ina-deguati se non richiedono agli utenti una certa pre-parazione pregressa basata soprattutto sull’alfabe-tizzazione musicale. Tale preparazione consentireb-be, infatti, un approccio alla didattica della discipli-na più vicino a quello di materie come storia o ma-tematica per le quali si presuppone una certa cono-scenza già acquisita da parte degli studenti. Secondoi partecipanti ai focus group, si potrebbero ottenerebuoni risultati facendo tesoro e divulgando progettipreconfezionati già affrontati con successo nellascuola. Vengono giudicati positivamente i corsi-laboratorioche da un lato offrono occasioni di esperienze per gliinsegnanti e dall’altro forniscono consulenza per illavoro nelle classi secondo modalità di interscambiocontinuo e di programmazione concordata tra do-centi esperti e docenti di classe. Un apprendimentoefficace potrebbe essere quello che prevede corsipratici per i docenti e supporti in classe mediante af-fiancamento con l’esperto. Assai vantaggioso po-trebbe essere un laboratorio aperto, a disposizionedi tre-quattro scuole.

E allora?

Almeno tre decenni di ricerca hanno dimostrato chela musica non si esaurisce nel saper suonare unostrumento ma che è utile per l’acquisizione di abili-tà logiche, per la costruzione di quadri di civiltà, perlo sviluppo della personalità e del senso critico, del-la dimensione emotiva e comunicativa e per l’affina-mento del gusto estetico.La riforma della scuola, tutt’ora in discussione, sem-bra inserire la musica all’interno dei linguaggiespressivi non come disciplina obbligatoria ma co-me laboratorio facoltativo su scelta delle famiglie edegli studenti.Il mondo della scuola protesta e a protestare non so-no solo gli insegnanti di musica ma anche quelli dieducazione artistica, tecnica e fisica.Molti disdegnano l’idea dei laboratori (soprattutto ilaboratori pomeridiani) e altri cercano solamente didifendere la raggiunta obbligatorietà della musicanella scuola dell’obbligo. Sicurezze non ce ne sono:la speranza, invece, rimane. A ogni modo pare auspicabile l’idea della musicacome disciplina trasversale, idea che emerge anchedall’indagine come metodo di lavoro e presuppostofondamentale per ogni intervento educativo di mol-ti docenti di scuola elementare.Da un lato, infatti, la trasversalità dei saperi mettein luce la ricchezza insita nella musica, dall’altropermette ai maestri di affrontare una disciplina an-che senza possedere forti competenze strettamentemusicali come il saper suonare uno strumento o ilsaper armonizzare una melodia.

È qui che può inserirsi l’università, oggi luogo depu-tato alla formazione iniziale dei docenti di scuolaelementare, articolando percorsi formativi in gradodi educare ai saperi e al lavoro trasversale come in-grediente di ciascuna ricetta-azione educativa. Tuttoquesto nella consapevolezza di non poter formaremusicalmente, in un monte ore comunque limitato,la grande maggioranza degli studenti iscritti ma dipoter dare comunque degli strumenti di base anchea chi non andrà poi ad insegnare direttamente la di-sciplina nelle classi. Come persona mi auguro che la musica possa esserericonfermata come essenziale per la formazione del-l’individuo; come cittadino mi aspetto che a tutti iragazzi venga data la possibilità di fare musica ascuola (anche sotto forma di laboratorio), come do-cente credo che la Siem, assieme ad altre agenzie for-mative accreditate presenti nel territorio nazionale,dovrebbe insistere nel proporre la musica come ele-mento di qualsiasi progetto educativo, almeno nellascuola elementare.Tutto questo accanto alla proposta di inserire lapropedeutica musicale-strumentale nel triennio ini-ziale delle elementari e l’inizio delle studio di unostrumento nel biennio finale per tutti gli alunni cheintendano seguire un percorso di studi specificata-mente musicale5.

Note1 Le informazioni riportate sono contenute in La formazionemusicale degli insegnanti della scuola di base. Dall’indaginesulle competenze agli orientamenti nei nuovi corsi di laurea,tesi di laurea, relatore prof. Luciano Galliani, Università diPadova, Facoltà di Scienze della Formazione, a.a. 2000-2001.2 Progetto ipermediale, nato da un’iniziativa della DirezioneGenerale dell’Istruzione Elementare per incrementare lacompetenza nel settore musicale da parte degli insegnantielementari in collaborazione con il CEDE - Centro Europeodell’Educazione di Frascati oggi Istituto Nazionale per la va-lutazione del sistema dell’istruzione. 3 Società Italiana di Musica Elementare Orff-Schulwerk.4 S. Sansuini (a cura di), Indagine nazionale sull’educazioneal suono e alla musica nella scuola elementare, Rapporto diricerca (sintesi), CEDE-Mpi, S.S. 1993-94.5 Proposta del Gruppo di lavoro ministeriale, presieduto daGuido Salvetti, che ha formalizzato il Raccordo tra l’alta for-mazione musicale e la formazione musicale di base.

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Siem – Società Italiana per l’Educazione Musicale

GIORNATA DI STUDIOLa musica e la formazione musicale nel quadro delle riforme

del sistema scolasticoSabato 1 marzo 2003 – ore 14.30

Bologna - Sala conferenze IRRE - Emilia Romagna, via Ugo Bassi 7

L’iniziativa, ormai consolidata, rappresenta un’occasione di confronto e approfondimento sullo stato di avanzamento esulle prospettive delle riforme della scuola, con particolare riguardo alla posizione della formazione musicale e alle ini-ziative in merito della Siem. È aperta a soci e non soci.

ASSEMBLEA NAZIONALEdei soci della Società Italiana per l’Educazione Musicale

L’Assemblea Nazionale Ordinaria dei Soci è convocata domenica 2 marzo 2003 a Bologna, presso la sala conferenzeIRRE - Emilia Romagna, via Ugo Bassi 7 (dalla stazione autobus linea 25 o 30) alle ore 9.00 in prima convocazione ealle ore 9.30 in seconda convocazione.Ordine del giorno:1) Relazione del Presidente2) Relazione della Segretaria3) Attività dell’Associazione4) Presentazione del bilancio consuntivo 20025) Presentazione del bilancio preventivo 20036) Rapporti con le Istituzioni scolastiche7) Varie ed eventuali

I soci che fossero impossibilitati a intervenire possono farsi rappresentare da altri Soci, munendoli dell’apposita delega(qui acclusa) debitamente compilata. Non sono ammesse più di tre deleghe per Socio. I partecipanti sono tenuti ad esi-bire la tessera d’iscrizione alla Siem. I Soci Sostenitori con personalità giuridica possono essere rappresentati dal ri-spettivo titolare oppure delegato munito di attestato nominale. La presente comunicazione costituisce regolare convoca-zione dell’Assemblea come da art. 9 dello Statuto.Nel pomeriggio seguirà il COLLEGIO DEI PRESIDENTI delle Sezioni Territoriali.

Siem – Società Italiana per l’Educazione Musicale

CONVEGNOQuale musica nella scuola primaria tra sperimentazioni e riforma?

In collaborazione con DISMA e Scuola MusicafestivalSabato 12 aprile 2003 – ore 9.30/18.00

Rimini DISMA MUSIC SHOW

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Può la lettura del passato musicale superare il dato fi-lologico ed erudito e apportare all’attualità del dibat-tito pedagogico tematiche nuove e ricche d’interesse?La sfida è lanciata da Carlo Delfrati in uno dei qua-derni della rivista beQuadro (1997) e, se può appari-re demodé per il largo e giustificato consenso che in-contrano paradigmi pedagogici facenti riferimentoalle musiche del nostro tempo, si rivela tutt’altro cheavara di sorprese a chi intenda raccoglierla, specie sulversante attualissimo della didattica strumentale. L’a-nalisi della trattatistica storica rivela infatti con chia-rezza la genesi di pratiche e orientamenti ancora oggifortemente radicati, quali:• l’opinione che la gradualità necessaria all’accosta-mento all’esecuzione strumentale coincida con l’im-posizione di percorsi didattici chiusi ed esasperata-mente lineari, e che la dissociazione e la seriazione ri-gide delle difficoltà agevolino l’apprendimento;• che l’acquisizione tecnica preceda la comprensionee capacità di porre in atto le funzioni comunicativedel suonare;• che l’uso dei metodi per strumento attualmente invoga, in genere d’origine o impostazione ottocente-sca, possa completamente e comodamente esaurirel’iter di avvicinamento a uno strumento.Si tratta di una filosofia che caratterizza fortemente i

testi consegnatici dalla tradizione, ma che un’accortaanalisi di Donatella Bartolini (2002) ha ritrovato an-che in buona parte delle pubblicazioni e metodologierecenti e presunte innovative. E ciò nonostante essasia in contrasto con i modelli esplicativi dell’appren-dimento attualmente accreditati e il buon senso di-dattico (Sorbi, 2002; Gardner, 1982).

La nascita del metodo progressivo

Nei paesi in cui gli studi filologici hanno una consoli-data tradizione e la pedagogia affonda saldamente leproprie radici nella conoscenza delle didattiche stori-che, ben pochi insegnanti probabilmente ignoranoche il metodo progressivo, che rivendica di condurrel’allievo dai primi vagiti musicali alla virtuosità, si èmassicciamente affermato da appena due secoli.Le pubblicazioni didattiche diffuse tra il XVI e ilXVIII secolo si snodano su tipologie piuttosto diver-sificate: il trattato teorico (come i Versuche diQuantz, 1752 e di C. Ph. E. Bach, 1753) che svisceragli aspetti tecnico-pratici assieme a quelli estetici e sti-listici (ornamentazione, carattere, accompagnamen-to, accordatura ecc.); il manuale sull’improvvisazionee la diminuzione (tra i tanti, il celeberrimo Giardinodi van Eyck, 1646 e 1649); l’antologia di pezzi, dan-ze, arie, motivi celebri; la raccolta di duetti didatticiper gli strumenti monodici, derivante dal rinascimen-tale bicinium, solfeggio polifonico dilettevole in for-ma di mini-motetto o madrigale. Ciò corrisponde al fatto che nella formazione dei mu-sicisti, fossero essi amatori o professionisti, l’approc-cio era assai meno formalizzato rispetto a oggi, quasiper immersione e osmosi.I dilettanti aristocratici e ricco-borghesi, almeno fino alXVII secolo, riunivano nelle proprie dimore collegiamusica di amici amatori e professionisti: qui, non solo ilmaestro di musica domestico, ma anche il precettore, epersino cuochi e servitù erano spesso scelti in relazionealla loro conoscenza della musica. Si trattava di un am-biente in cui suonare faceva parte dello stile di vita, an-zi era stile di vita: un ambiente tale da consentire un ap-prendimento quasi “per esposizione”non solo ai giova-ni delle classi privilegiate, ma anche a persone di condi-zione più umile che con tali classi erano a contatto. La formazione dei professionisti – specie nei paesi te-deschi – avveniva perlopiù attraverso un apprendista-to presso musicisti civici o maestri designati dalle gil-de. Molto spesso, però, i giovani non solo non riceve-vano pressoché alcun insegnamento reale dai maestri,

Le origini della didattica linearenei metodi per strumento

L’analisi storica dei metodi strumentali mostrauna significativa trasformazione dei testi distudio. Originariamente mirati alla formazionecomplessiva del musicista inteso comeesecutore, improvvisatore, compositore, ossiapartecipe attivo dell’intera esperienza musicaledel proprio tempo, essi diventanoprogressivamente manuali centratiprincipalmente sull’acquisizione di abilitàtecnico-esecutive.In particolare l’analisi, condotta sui metodi perclarinetto in uso a partire dal Settecento, mostrala sostanziale dipendenza dell’insegnamentoodierno dai modelli ottocenteschi ispirati aprincipi di gradualità e linearità oggiampiamente in discussione.

LUCIANO PASQUERO

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iche ma facevano loro da servitori, subendo tra l’altro

trattamenti duri, anche brutali, così come avvenivaper qualsiasi garzone. Il meglio che si potessero aspet-tare era allora qualche forma di tutoring da parte de-gli apprendisti più anziani, l’opportunità di assisterea eventi musicali e quella di leggere partiture, poichécopiarle faceva parte degli obblighi di servizio. Acompletamento di questo apprendistato seguiva qual-che anno di tirocinio, viaggiando di città in città afarsi le ossa come suonatore salariato. Si trattava di un iter senz’altro meno entusiasmantedi quello degli amatori aristocratici: in comune vi erail fatto che si imparava più per l’essere in mezzo allamusica, piuttosto che per il fatto di seguire un corsodi studi regolare.Anche dove la didattica era decisamente più organizza-ta, nei conservatori napoletani e veneziani, la full im-

mersion nella pratica giocava un ruolo rilevante, perchégli allievi più dotati erano invogliati a svolgere fin dal-l’inizio attività concertistica pubblica: ciò serviva dafonte di finanziamento per le istituzioni e assolveva innatura gli obblighi di pagamento delle rette.

La nascita del conservatorio di Parigi

Nella seconda metà del XVII secolo i conservatori ve-neziani decaddero seguendo il declino politico edeconomico della Serenissima e quelli napoletani perla cattiva amministrazione e il venir meno delle sov-venzioni regali. La fama goduta in tutta Europa nonmancò di suscitare tentativi di rinnovarne la gloria:nella Parigi di Luigi XVI, l’operista Gossec fondò adesempio l’Ecole Royale de Chant, definita «une école

Scopo del gioco. Lo scopo del gioco è di riconoscereall’ascolto quali brani fra i dieci proposti appartengonoa un certo periodo musicale, basandosi su alcuni “in-dizi” stilistici forniti dalle squadre avversarie.Preparazione del gioco. Si divide la classe in quattro ocinque squadre; a ciascuna è affidato il compito di in-dagare su un periodo musicale: diciamo, ad esempio,medioevo, rinascimento, barocco, romanticismo e pri-mo novecento. Ogni squadra per prima cosa ricerche-rà informazioni sullo stile musicale del periodo asse-gnato, con lo scopo di giungere a una sintetica descri-zione di quei tratti che consentono il riconoscimento diquello stile.Per far ciò è consentito sfruttare il libro di testo ed enci-clopedie varie, ma anche navigare in Internet. Siti di rife-rimento saranno naturalmente quelli storico-musicali: cene sono alcuni anche in italiano, fra cui segnaliamo Mu-sicopoli (www.newmedia.it/musicopoli/story_m.htm),Cenni di storia della musica (www.geocities.com/ Tok-yo/Temple/8529/musica/storia/storia.html) e Storia dellamusica classica (www.criad.unibo.it/galarico/arts/classi-ca/home.htm). Le informazioni stilistiche così ricavatedovranno essere riportate su un foglio elettronico e ser-vire da indizi da sottoporre alle squadre avversarie.Facciamo un esempio. La squadra che deve occupar-si di musica barocca potrebbe sintetizzare così: “musi-ca maestosa, parti che si ripetono, ritmo regolare, ar-monia consonante, dialogo fra gruppi strumentali di-versi ecc.”.

Il secondo passo consiste nella registrazione da partedi ciascuna squadra di dieci frammenti musicali, cin-que dei quali devono rispettare i tratti storico-stilisticiprecedentemente descritti. I rimanenti costituiranno i“distrattori” e andranno scelti fra le musiche tipiche dialtri periodi storici.Ancora una volta Internet può venire molto utile per laricerca delle musiche adatte. Si possono a tal fine uti-lizzare gli esempi forniti a corredo nei siti di storia del-la musica prima citati. Ma certo in una ricerca di que-sto tipo non è necessario inserire per intero una sona-ta o una sinfonia: un campione di un minuto scarsoper ogni brano può essere sufficiente. Per ottenerli ci sipuò allora rivolgere ai tanti negozi di dischi online chespesso offrono all’ascolto brevi estratti. Qualche esem-pio: CD Now, (www.cdnow.com); Tower records di Lon-dra (www.towerrecords.com); o le sezioni discografi-che di Amazon (www.amazon.com) o di Barnes & No-ble (www.bn.com).Svolgimento del gioco. Ogni squadra sottopone alle al-tre il proprio foglio elettronico, in cui si trovano sia gliindizi stilistici sia i collegamenti ipertestuali ai dieci filesmusicali scelti. I componenti di ciascuna squadraascoltano le proposte musicali degli avversari, deci-dendo insieme quali siano le cinque che rispettano leindicazioni stilistiche fornite e segnando le proprie ri-sposte sullo stesso foglio.Fine del gioco. Il gioco termina quando tutte le squa-dre hanno ascoltato i brani sottoposti e hanno fatto leloro scelte. Sarà proclamata vincitrice la squadra cheavrà totalizzato il maggior numero di risposte corrette.

Styles game. Istruzioni

AUGUSTO PASQUALIMus

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ichedans le goût des conservatoires d’Italie»; ma fu con la

Rivoluzione che – un po’ per spirito nazionalistico, alfine di affrancare la Francia dall’influenza musicaletedesca, un po’ per l’illuministico sforzo di rinnovareradicalmente l’insegnamento delle arti – nacque inpompa magna il Conservatoire National de Musiqueet Déclamtion, dalle ceneri dell’Ecole di Gossec e diuna scuola militare diretta da Bertrand Sarrette.L’intento era fornire quella preparazione musicalecompleta e sistematica che l’apprendistato nelle cor-porazioni nella maggior parte dei casi non garantiva,ma si cercò di conseguire tale sistematicità attraversoun percorso di studi che dissociava fortemente i di-versi aspetti dell’apprendimento musicale. Il curricu-lum era suddiviso in tre livelli, dei quali il primo de-dicato principalmente al solfeggio e agli elementi digrafia (con la loro conseguente separazione dalla pra-tica), il secondo alla tecnica del canto o degli stru-menti, il terzo agli aspetti più “elevati” della culturamusicale, quali la teoria, la storia della musica, l’ac-compagnamento di cantanti ecc.Si legga il compendio di teoria che – in ossequio aquanto appena descritto – apre il metodo per clari-netto stilato da Frédéric Blasius (1796) per il Conser-vatoire (si noti il nozionismo, messo ancor più in evi-denza dalla forma dialogica, a mo’ di catechismo perfanciulli di campagna):«Domanda: Che cos’è il segno che si mette all’inizio diogni rigo (chiamiamo rigo le cinque linee musicali)?Risposta: È un segno Musicale, che si chiama Chiave.D: Perché lo mettiamo all’inizio di ogni rigo?R: Per riconoscere le diverse parti, Strumenti e voci.D: Perché chiamiamo Chiave questo segno?R: Perché senza questo segno sarebbe un enigma assaidifficile da sciogliere ma, servendosi di questo segno, se

ne ha la Chiave ed è per quello che si chiama così».Il pupillo ha la soddisfazione di suonare la prima leçonpratica («de la Ronde et de sa Valeur») dopo dodici ca-pitoli di tali quiz per complessive cinquantacinque pagi-ne, ossia metà della consistenza dell’intero libro. Lo smembramento della formazione avveniva nonsolo all’interno del palinsesto del corso degli studi,ma anche nell’impostazione metodologica delle sin-gole discipline. Nel solfeggio cantato venne definitivamente abban-donata la lettura relativa, evoluzione della solmisa-zione guidoniana, a favore di quella assoluta, che dis-sociava il nome della nota dalla sua funzione tonale(dissociazione che condurrà a un’altra più drastica:quella tra nomi dei suoni e altezze, con la nascita del-la pratica solfeggio parlato) (Delfrati, 1988).

Lo sviluppo dei metodi per lo studio strumentale

L’analisi delle pubblicazioni didattiche uscite a caval-lo tra Sette e Ottocento rivela quanto l’humus didat-tico del Conservatoire abbia dato impulso all’affer-mazione del moderno metodo progressivo. Partico-larmente significativo risulta poi il riferimento al cla-rinetto, cui era dedicato il dipartimento più vasto del-la scuola, con diciannove classi e un’enorme messe diallievi destinati perlopiù ad alimentare le fila dellebande che accompagnavano le armate repubblicanenelle campagne militari. Significativamente elevata èanche la quantità complessiva di metodi editi in que-sto lasso di tempo per il mercato parigino, che con-sente di individuare, anche da un dato bruto come inumeri di pagine, chiari segnali di tendenza (tab. 1).

Tabella 2. Pagine dedicate ai diversi aspetti del tirocinio.

Roeser Van der Hagen Anonimo Yost Blasius © Van der Hagen Lefevre ©ca. 1760 1785 1790 ca. 1800 1796 1796 1802

Teoria musicale / / 1 1 4 1/2 12 /Indicazioni esecutive, 2 13 / 10 10 18 34abbellimentiTecnica ed / 4 / 14 11 14 1/2 24esempi di letturaPreludi, cadenze / / / / / 23 1/2 10Leçons in duo / / / / 39 / 13Brani, duetti 5 19 5 27 9 / 64

Il simbolo © contraddistingue i titoli scritti per il Conservatoire. Le Leçons a una e due voci, stanno a metà tra l’esercizio tecnico il duetto vero e proprio. Sono in genere imperniate su un sin-golo elemento tecnico o di lettura e l’aspetto meccanico-esercitativo prevale su quello musicale.

Tabella 1. Numero di pagine dei principali testi presi in considerazione.

Roeser Roeser Van der Hagen Anonimo Yost Blasius © Van der Hagen Lefevre ©ca. 1760 1766 1785 1790 ca. 1800 1796 1796 1802

7 12* 37* 6* 52* 113 73 145

Gli asterischi indicano le pubblicazioni in piccolo formato. Il simbolo © contraddistingue i titoli scritti per il Conservatoire. Il Me-todo di Yost è collocato in modo non cronologico, in quanto stampato diversi anni dopo la morte dell’autore con evidenti aggiuntedi terzi; è strutturato in modo intermedio tra il gruppo dei quattro testi a sinistra e i tre metodi veri e propri, a destra.

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iche I metodi elaborati per gli alunni del

Conservatorio (Blasius, 1796; Lefe-vre, 1802) sono pesantemente più vo-luminosi degli altri; tra quelli destina-ti ad altri target, i più corposi sonoquelli editi dopo la fondazione dellascuola parigina: in particolare Vander Hagen (1796), rispetto a una pre-cedente edizione del 1785 risulta qua-druplicato, se si tiene conto del for-mato e del numero di pagine.Ancora più rivelatrice è l’analisi com-parativa delle quantità di pagine de-dicate ai diversi aspetti del tirocinio(tab. 2 a pag. precedente).

Le novità del XIX Secolo

Rileviamo, nelle pubblicazioni edite apartire dal 1796:• una corposa parte dedicata alla teo-ria musicale, presente in due metodisu tre;• un numero non trascurabile di pagi-ne dedicate a esercizi di lettura e tec-nica progressivi (fig. 1);• la generale trasformazione dei duet-ti (tranne che in Lefevre) da brani diautonomo senso musicale a leçonstecniche, spesso aride e meccaniche(fig. 2);• la comparsa di Capricci, cadenze,preludi, che non sono altro che stu-dietti meccanici, basati su scale e ar-peggi (fig. 3);• un’impostazione assolutamente dif-ferente tra i due metodi di Van derHagen (1785 e 1796), nati a poco piùdi un decennio di distanza ed entram-bi rivolti a un pubblico di amatori: ilprimo è un’antologia di duetti, il se-condo un tutore teorico-pratico.Anche le prefazioni offrono spunti in-teressanti. Proviamo a confrontarequanto prescrive il “cittadino Blasius”,(uno dei più influenti docenti nella fasedi nascita del Conservatoire) con leraccomandazioni contenute in un im-portante saggio di mezzo secolo prima,il Versuch di Quantz (1752). Di impo-stazione trattatistica tout-court (noncontiene esercizi o brani, ma esclusiva-mente dissertazioni) il Versuch dedicapochi capitoli alle questioni prettamen-te flautistiche, centrando invece il pro-prio interesse sugli aspetti espressivi einterpretativi («della buona espressio-ne in generale nel cantare e nel suona-re», «della maniera di eseguire l’alle-gro» ecc.). Ecco come vi è dipinto il ve-

Figura 1. Esercizi tratti dalla Nouvelle méthode di Blasius che tristemente ri-cordano i manuali di solfeggio della nostra infanzia musicale.

Figura 2. Leçons a due parti, dalla Nouvelle méthode di Blasius. Nessuna ri-cerca di senso musicale: il duetto diventa esercizio di divisione ritmica.

Figura 3. Préludes dalla Méthode di Van der Hagen (1796). Privi di qualsiasicorredo d’indicazione sull’arte di preludiare, più che esempi per l’improvvisa-zione paiono esercizi di routine sulle scale e gli arpeggi.

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ichero artista, in accordo con l’idea illuminista della mu-

sica come imitazione degli umani affetti: «egli è […]colui che si sforza per tutta la vita al fine di diventareun maestro nell’esprimere le sue passioni e nel con-traffare in se stesso il sentimento richiesto dal branoche deve eseguire. […]. Chi non comprende questaencomiabile arte della simulazione è ben lontano dalconsiderarsi un vero musicista, e non è migliore di unqualunque altro comune lavorante, anche se fosse ingrado di intendere tutto il contrappunto del mondo epotesse eseguire ogni diavoleria tecnica sul suo stru-mento» (Quantz, 1752).Per Blasius, invece, il vero musicista sembra esseresemplicemente chi non commette sbagli e tiene rigo-rosamente il tempo: «La musica non è come la pittu-ra, l’architettura o la scultura: in queste tre arti voipotete correggere i vostri errori se ne avete commessinella vostra esecuzione, ma in musica è impossibile.Una volta uscito il suono dal vostro strumento non lopotete più far tornare indietro: se avete mal diviso ocalcolato la vostra misura e sarete così partiti troppopresto o troppo tardi, avrete fatto un errore, ed un er-rore irreparabile, a meno di ricominciare il pezzo (masfortunatamente l’uditorio non è mai dell’idea). Cosìecco che un pezzo di musica, magari un capolavoro,guastato da un esecutore che si è creduto musicista,perché ha lavorato forse tutta la sua vita, non per ap-prendere l’arte musicale, ma per saper suonare o sof-fiare un po’ meglio di uno strumento». E poi: «[…] tutto dipende dalla misura e la Musicavuole e deve essere misurata. Senza la misura non c’èinsieme e senza queste due cose non c’è Musica. E tut-ti quelli che alterano questa misura o questo equili-brio musicale, derogano dall’arte e non possono dirsimusicisti senza mentire.»Per Quantz il maestro è chi conosce bene la propriaarte ed è in più dotato della pazienza, della costanza,della serietà necessarie a trasmetterla. Ma conoscerlasignifica possedere la necessaria padronanza dellostrumento (imboccatura, diteggiatura, respirazione,esecuzione precisa) ma anche e soprattutto saperel’armonia, suonare con proprietà stilistica, unire allabravura la raffinatezza e il buon gusto.Il buon maestro di Blasius è colui che: «[…] ha il ta-lento di spiegare ben chiaramente all’allievo la cono-scenza delle chiavi, delle linee, degli intervalli, dellenote, delle loro differenti figure, del loro valore, deiloro accidenti, dei Diesis, dei Bemolli, del Bequadro,delle pause, dei respiri, del punto e del suo valore,della Misura delle differenti Misure, della divisione,del calcolo, della combinazione, del ritardo, dell’ac-celerando, dei segni di ripetizione con la loro diffe-renti figure, le riprese ed i rinvii, dei crescendo e deidiminuendo ecc. ecc. , perché questo è quello che fa ilmusicista».A dire il vero, l’opera di Blasius più volte citata, uscital’anno stesso della fondazione del Conservatoire, è cer-tamente influenzata dall’orientamento bandistico-mili-tare che la scuola ebbe nella propria preistoria e neiprimi anni di vita e i suoi limiti musicali non dovetterosfuggire ai contemporanei. Fu infatti presto sostituita

da una nuova adozione (Lefevre, 1802) che – pur se-guendo il solco ormai segnato della didattica lineare –restituiva allo studio del clarinetto maggior dignità.

Pesanti eredità

La popolarità del Conservatoire fu enorme in tutto ilcontinente. La clamorosa eco suscitata dalla sua fon-dazione fu probabilmente dovuta alla diffusa esigen-za di offrire agli aspiranti musicisti un trattamentopiù decoroso di quello riservato loro nell’apprendi-stato presso le corporazioni e al richiamo ai vecchiconservatori italiani. Il suo modello fu pertanto imi-tato ed esportato, in parte anche grazie all’espansionenapoleonica e, nei neonati conservatori europei, i te-sti si ispirarono alla pedagogia francese o furono tra-duzioni di quelli parigini. L’evoluzione costruttiva che molti strumenti subirononel corso dell’Ottocento e lo sviluppo del virtuosismosolistico e orchestrale fecero il resto: i musicisti à lapage sfornarono revisioni dei vecchi metodi, gonfian-doli a dismisura, oppure composero trattati nuovi,naturalmente in rigorosa progressione dalla scala disemibrevi agli studi di virtuosità.Le ristampe del nostro secolo, infine, nell’esigenza disfrondare le pletoriche opere ottocentesche, hannoulteriormente tagliato su ciò che non era tecnica pro-gressiva ed esercitazione. Dall’attuale edizione italia-na del citato metodo di Lefevre, sono ad esempioscomparsi i dilettevoli duetti su arie d’opera, aggiuntida Benedetto Carulli a metà Ottocento; mentre dellaClarinetten-Schule di Carl Baermann (1864), ricca displendidi brani accompagnati, resta ormai unicamen-te un estratto di scale e arpeggi. Parimenti, hannoavuto scarsa fortuna editoriale i pochi trattati che sioccupavano di altri aspetti della performance musica-le, come i manuali sull’arte di preludiare e improvvi-sare di Grétry e Czerny (Rebaudengo, 2002).Resta da discutere se la popolarità goduta dal Con-servatoire e dalle sue metodologie fosse dovuta all’ef-ficacia dell’insegnamento impartito (come negli ar-chetipi veneziani e napoletani) o piuttosto alle dimen-sioni colossali (vi furono, nel primo anno di attivitàufficiale, 105 professori e 351 allievi) e al livello diorganizzazione per l’epoca inaudito (erano previsteperfino indennità per le fanciulle che avessero biso-gno di uno chaperon per frequentare le lezioni). Lacopiosa messe di musicisti sfornati (cui peraltro i con-temporanei rimproverarono carenze musicali, specienei cantanti) fu merito della disgregazione pedagogi-ca che ivi si praticava, o più semplicemente dell’enor-mità del numero dei frequentanti? Mi limito a osser-vare che, se la didattica fosse stata ottimale o per lomeno passabile, dalle 19 classi del suo dipartimentodi clarinetto sarebbe stata istruita una coorte di stru-mentisti in grado di scriverne la storia non solo inFrancia, ma in tutt’Europa. Ma nessun importanteclarinettista francese delle generazioni immediata-mente successive (Müller, Gambaro, Berr, Klosé) siformò a Parigi.

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iche Una conclusione

Non resta molto spazio, dopo questo excursus stori-co, per approfondite riflessioni sull’oggi. Mi limiteròa una breve considerazione: conoscere la tradizionedidattica è fondamentale per ogni docente.Ben altro è accettarla in modo incondizionato, per ilsenso di sicurezza che essa può infondere (ciò che fun-zionava per il proprio maestro, il maestro del propriomaestro… funzionerà certamente ancora) o solamenteper pigrizia (è comodo trovare ancora in libreria i testisu cui si è studiato, con lo stesso ordine negli esercizi, lestesse diteggiature…). Se cercare nuove vie sembra poiun salto nel buio, si consideri quanto appena detto: nonè così certo che il “vecchio” costituisse l’optimum pe-dagogico già al suo concepimento, mentre in due secolisono radicalmente cambiati gli strumenti, le tecnicheesecutive, gli stili e le pratiche musicali, la società, i gu-sti, le conoscenze sulla mente e la facoltà di apprendi-mento, i paradigmi pedagogici ecc.Non si vuole con ciò affermare che la linearità didat-tica debba per forza costituire un tabù: gli stili di ap-prendimento, le modalità di “essere musicale” e i gu-sti degli individui sono diversi e non è da escludereche vi siano alunni cui questa via risulti più congenia-le di altri. A essere perniciosa è la sua estremizzazio-ne, l’approccio disgregante, la dissociazione tra sin-gola acquisizione e contesto, tra operazione elemen-tare e gestualità complessiva e tra gesto strumentale eproduzione di senso.Si pensi al training dello strumentista jazz, dove simettono sempre in gioco interpretazione, invenzione,approfondimento tecnico: studiare le scale e gli ar-peggi non significa solamente allenare la mano, maanche e soprattutto formare l’orecchio, assimilare re-lazioni tonali, interiorizzare la forma dei brani per so-vrimporvi le proprie idee. Dove la tecnica è sviluppa-ta non come dato autonomo ma come mezzo neces-sario alla traduzione del pensiero musicale e il suono,piegato allo stesso fine, diventa “pronuncia” espressi-va. Dove la pratica e l’immersione nel suonare prece-dono la teoria mentre l’ascolto e l’analisi uditiva pre-cedono la prescrittività e la povertà della pagina scrit-ta. Dove la molteplicità di percorsi, stili, modi di suo-nare, è considerata ricchezza e non pericolo.

Bibliografia

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Weston Pamela (1971), Clarinet Virtuosi of the Past, Corby,Fentone.

Weston Pamela (1976), The Clarinettist’s Companion, Corby,Fentone.

Weston Pamela (1977), More Clarinet Virtuosi of the Past,Corby, Fentone.

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Quando ho scritto per la prima volta il titolo di questabreve chiacchierata sulla pausa, anziché scrivere pau-sa ho scritto paura. Alberto Savinio avrebbe sicura-mente osservato che la voce degli dei parla attraversoquesti lapsus di battitura e, alla luce delle riflessioniche seguono, sarebbe difficile dargli torto.Gian Francesco Malipiero intitolò alcuni suoi braniPause del silenzio (1917-1926). Sapeva bene che lepause non sono silenzi e che esse sono necessariealla musica come l’aria è necessaria a molti esseri vi-venti. Se pausa = aria allora silenzio = vuoto? Forse,ma dovremmo elaborare il concetto di silenzio per as-surdo e quindi in modo totalmente astratto rispetto aimeccanismi percettivi. Gli udenti immaginano erro-neamente che i non udenti vivano in un mondo di si-lenzio: niente di più sbagliato. A questo proposito, co-sì si esprime Oliver Sacks nel suo romanzo VedereVoci: «Il sordo congenito non ha esperienza del “si-lenzio” né di questo si lamenta, così come il cieconon ha esperienza né si lamenta del “buio”. Questesono nostre proiezioni, o metafore, della loro condi-zione».La pausa ha avuto nella musica una evoluzione cu-riosamente simile a quella che ha avuto, nei numeri,lo zero. Come per lo zero, anche la pausa ha trovatotardi l’onore di una scrittura. E anche i primi segniche indicano inequivocabilmente delle pause nellescritture musicali più antiche sono piccolissimi, è fa-cile confonderli con piccole macchie della scrittura odella stampa. Come fanno ancora i bambini di oggiquando inventano scritture sonore, i nostri antenatiavevano una certa riluttanza a elaborare segni speci-fici e ben visibili per indicare i silenzi.Un pezzo di storia dello zero ce la racconta inveceGeorges Ifrah in Storia universale dei numeri: «Quandolo zero fece la propria comparsa in occidente (cosache avvenne, ricordiamolo, nel XII secolo), gli furonoattribuite diverse denominazioni, tutte trascrizioni più omeno latinizzate del termine Sifr (il vuoto) dato dagliarabi al Sùnya di origine indiana. Nel suo Liber Abaci,Leonardo da Pisa (ca. 1170 - 1250) gli diede il nomedi Zephirum, di cui ci si sarebbe serviti fino al XV se-colo; con qualche modifica, esso sfociò quindi nell’ita-liano zefiro, (il nome di un vento) alla cui fine derivò, apartire dal 1491, l’attuale zero».

Formulo quindi due ipotesi per giocare con le parole: 1. se pausa = silenzio, silenzio = nulla, nulla = mor-

te; allora pausa = paura della morte.2. se pausa = zero, zero = aria, aria = respiro, respi-

ro = vita; allora pausa = respiro della vita.Murray Schafer ne Il paesaggio sonoro dice: «L’uomoama produrre dei suoni per ricordarsi che non è solo.L’uomo rifiuta il silenzio totale. Ha paura della man-canza di suoni, così come ha paura della mancanzadi vita. Poiché il silenzio definitivo è quello della mor-te, è nelle cerimonie commemorative che il silenzioraggiunge la sua dignità più alta. [...] Per chi possie-de un ascolto limpido, il silenzio è – in realtà – un’in-formazione. Per poter riuscire a migliorare il designacustico del mondo, dovremmo prima ritrovare unaconcezione del silenzio come condizione positiva del-la vita».Nel periodo barocco e classico i segni di alcune pau-se entrano nella scrittura con dignità pari a quella deisuoni. Ma i respiri, i silenzi d’articolazione sono la-sciati al gusto, alla tecnica e alla bravura dell’esecu-tore. Solo Dom Bedos de Celles (in L’art du facteurd’orgues, Parigi, 1766/1768) li annota con precisionemillimetrica quando deve far vedere come incidere ilcilindro di un organo meccanico. Problemi analoghidi precisione si hanno oggi nelle scritture compute-rizzate dove i piccoli silenzi di articolazione, che unmusicista eseguirebbe a istinto, vanno invece indica-ti con rigorosa precisione.Ricordo ancora la paura che mi attanagliava lo sto-maco diversi anni orsono, durante la mia prima oradi lezione, nella mia prima supplenza di EducazioneMusicale, di fronte a una bellissima prima media.L’insegnante titolare mi aveva telefonato e mi avevaindicato: “Ho appena spiegato loro le figure delle du-rate, lei illustri i segni delle pause corrispondenti”.Entrai in classe, salutai, ma credo che non guardaiveramente nessuno negli occhi, andai come un follealla lavagna e sciorinai, a una velocità semplicemen-te pazzesca, la tabella completa delle durate dellepause, dalla maxima alla fusa.Quando mi voltai tutti mi fissavano, immobili, in un si-lenzio semplicemente irreale. Poi il bambino del pri-mo banco, con uno sguardo da angelo del paradiso,mi chiese, un po’ esitante: “Ma allora, che cos’è lamenopausa?”.

Pausa

FRANCESCO BELLOMI

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Fare gradazioni è una capacità che si colloca dopo lascoperta dei contrasti estremi e delle identità; consistenel saper individuare tra due estremi di segno oppo-sto stadi intermedi sempre più frazionati, permettel’analisi e la costruzione delle sfumature. La Montessori per prima ha sperimentato degli eser-cizi sensoriali che permettono di acquisire questa ca-pacità: «si deve iniziare il procedimento da pochissi-mi stimoli in contrasto tra loro, per poi stabilire unaquantità di oggetti simili ma in gradazione differen-ziale sempre più fine».La moderna pedagogia la definisce come nozione divariabilità progressiva e regressiva: una nozione fon-damentale che serve da base per la numerazione, lestrutture, i ritmi, il controllo della scrittura e il sol-feggio.Il lavoro sulle gradazioni è una didattica che ricerca eindividua le analogie, le relazioni, i principi comuninelle varie discipline, che vuole affrontare la nozionedi gradazione attraverso modalità percettive e formeespressive diverse, perché partendo dalla stessa no-zione si può arrivare facilmente, a seconda delle si-tuazioni, alla musica, alla matematica, alla lingua.L’incontro, l’incrocio, la coordinazione di tali disci-pline crea tutta una rete di associazioni, collegamen-ti, correlazioni e corrispondenze che arricchisce e ren-de più aperto ed efficace l’apprendimento.Le proposte operative che presentiamo presuppongo-no da parte del bambino l’acquisizione a livello ini-ziale operatorio-concreto degli schemi d’ordine; talicapacità di gradazione dovrebbero già essere presential termine della scuola materna. Per verificare queste capacità è bene procedere a li-

vello manipolatorio facendo ordinare cilindretti, aste,cubi, colori, in gradazioni diverse. A questo scopopuò essere validamente utilizzato il materiale senso-riale montessoriano. Il suo uso sistematico porta ilbambino non solo a disporre per gradazione oggettidi forme e dimensioni simili, affinando automatica-mente le percezioni visiva e spaziale, ma anche adavere la possibilità di operare transfert in altri campi.Possibilità che facciamo subito nostra trasferendocinei campi musicale, matematico e linguistico e appli-cando a ciascun ambito la nozione di gradazione or-dinata: vediamo che così facendo nascono ipotesi diunità didattiche, percorsi di cui diamo alcune lineeessenziali.

Giocare con l’abbecedario

Nell’ambito della lingua le gradazioni trovano la loroapplicazione a vari livelli. In poesia con il termine“abbecedario” si indica un testo che abbia come ini-ziali delle diverse parole, versi o strofe la successionedelle lettere dell’alfabeto. Si può partire dalla primalettera fino all’ultima, oppure cominciare da qualsia-si lettera però compiendo un abbecedario completo.Esistono abbecedari già nella Bibbia: Salmi, Proverbi,Lamentazioni. Sono frequenti anche nella letteraturamedioevale. Il più antico esempio sembra sia il Psal-mus abecedarius contra partem Donati composto daS. Agostino. Ci sono abbecedari scanditi strofa perstrofa, ad esempio ne L’Alfabeto dei villani di Anoni-mo Pavano, e altri più complessi, come quelli tauto-grammatici dove ciascun verso inizia con una diversalettera in ordine alfabetico e in ciascun verso ogni pa-rola comincia con la stessa lettera della strofa. Nel Pinocchio di Collodi, il falegname Geppetto ven-de la giubba per comprare l’abbecedario al suo figlio-burattino. Oggi è stato sostituito dal metodo globale.Non mancano certo gli spunti per proporre agli allie-vi giochi sugli abbecedari; alcuni potrebbero esserecosì formulati:• cercare delle parole che permettano il giro comple-to dell’alfabeto;• ordinare i nomi e cognomi dei compagni seguendola successione alfabetica e per ciascuno trovare unaparola in rima;• si propone un’area di significato, ad esempio nomidi animali o di cibi o di città. Si estrae una lettera del-l’alfabeto da cui iniziare. Il primo bambino deve direuna parola che comincia con la lettera scelta e corri-spondente all’area richiesta, il secondo continua con

Giocare con le gradazionidi note, parole e numeri

A fianco di attività sui contrasti è importanteavviarne altre tendenti a far acquisire albambino il senso della gradazione negli ambitiesperienziali più diversi.L’itinerario che segue si rivolgeprevalentemente ai primi anni della scuola dibase e punta all’interazione fra diversediscipline e quindi diversi linguaggi,come quello musicale, alfabetico ematematico.

ANNALIA VALENTINI

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ichela lettera successiva e così via fino a compiere il giro

completo dell’alfabeto;• costruire una filastrocca con la successione delle let-tere dell’alfabeto.

Esplorare il mondo dei numeri

Nell’ambito matematico troviamo terreno fertile perlo sviluppo delle gradazioni. Le attività con i numerie le figure geometriche sono molteplici, ad esempiopossiamo contare in ordine crescente e decrescentefacendo ricorso alla linea dei numeri, ordinare ogget-ti secondo la successione dei numeri primi, individua-re e seriare figure geometriche ordinandole secondorelazioni date quali la forma, il colore, l’altezza, lalunghezza, la grandezza, lo spessore. Vediamo quindi come l’acquisizione della capacità dimettere in ordine di gradazione in matematica sia an-che associata o implichi i concetti di quantità, di pre-cedenza, di successività, di corrispondenza biunivoca,permettendo la strutturazione del numero naturalenel suo duplice aspetto di cardinale e ordinale con lasuccessiva esecuzione delle operazioni aritmetiche.

Gradazioni in musica

In ambito musicale il materiale sonoro ben si coniugacon la nozione del fare gradazioni; si possono co-struire tutta una serie di esercizi e giochi sui parame-tri musicali perché i bambini siano in grado di seriarein senso crescente e decrescente suoni, intervalli, du-rate, intensità, velocità e timbri con gradualità, il piùpossibile senza sbalzi improvvisi, sia attraverso la pu-ra audizione, sia a livello vocale e manipolativo-stru-mentale. Per affrontare le unità didattiche sulle gradazioni èimportante che il bambino abbia precedentementesviluppato l’espressività vocale e strumentale in mo-do informale attraverso giochi ed esercizi. È inoltrenecessario che con attività sull’esplorazione dell’am-biente sonoro abbia scoperto i parametri fondamen-tali del suono e sia perciò in grado di discriminare unsuono lungo da uno corto, un suono forte da uno de-bole, un suono grave da uno acuto. È da questi con-trasti che poi si potranno acquisire i valori intermedidella dimensione sonora.Le attività didattiche sulle gradazioni dei parametrimusicali potrebbero essere così articolate.

Gradazioni di intensità• Cantare o suonare un brano dato o inventato in cre-scendo e diminuendo controllando la gradualità pro-gressiva dell’intensità, riuscendo a prolungare il pas-saggio a lungo (ad esempio fino a 60 secondi). • Esplorare le possibilità dinamiche di ogni strumen-to cercando tutte le intensità intermedie consentitesuonando da un massimo di piano fino a un massimodi forte o viceversa.• Ordinare all’interno di una stessa famiglia o di di-

verse famiglie strumentali una serie di strumenti a se-conda della potenza: dal più potente al più debole eviceversa.• Riconoscere una sequenza in crescendo o in decre-scendo e rispondere vocalmente o con mezzi stru-mentali proseguendola con nuovi suoni e rispettandola dinamica indicata.

Gradazioni di durate• Ricomporre l’ordine progressivo crescente o decre-scente di una serie di suoni di durata diversa.• Eseguire suoni vocali e strumentali secondo unascala progressiva di durate dal suono più breve aquello più lungo e viceversa con tutte le possibili du-rate intermedie.• Dopo il confronto ordinare gli strumenti secondol’ordine di risonanza: dallo strumento con il suono arapido smorzamento fino a quello con la risonanzapiù lunga.• Eseguire suoni o brani vocali e strumentali in acce-lerando o rallentando sperimentando il passaggiograduale da un minimo di velocità a un massimo e al-l’opposto. • Da successioni date individuare accelerandi e ral-lentandi e proseguirle con mezzi vocali e strumentali.

Gradazioni di altezza• Individuare la direzione ascendente o discendente diglissandi e di scale e proseguirla con nuovi suoni vo-cali o strumentali.• Intonare con la voce glissandi o scale (pentafoniche,modali, maggiori e minori, tonali, cromatiche) ascen-denti e discendenti.• Riprodurre su strumenti glissandi, scale di diversotipo ascendenti e discendenti per gradi congiunti e persemitoni.• Dati due suoni intervallati eseguire con la voce unaserie di suoni contigui o un glissando in modo da ri-empire lo spazio dal primo al secondo suono.

Gradazioni timbrichePer quanto riguarda le qualità timbriche di un suono,poiché non esiste un repertorio di tratti codificati, siricorre ad analogie derivate da campi come la lumi-nosità, il gusto, il tatto. • Riconoscere le diverse voci dei compagni e ordinar-le a secondo del timbro dalla più squillante e argenti-na alla più cupa e roca.• Dopo l’ascolto e il confronto, raggruppare gli stru-menti secondo il materiale di cui sono costituiti e or-dinarli dal timbro più chiaro al più scuro o viceversa.• Riconoscere e continuare una serie timbrica datacon un nuovo timbro progressivamente più scuro opiù chiaro di quella iniziale.• Ordinare gli strumenti secondo il tipo di grana, dalpiù secco, pungente, stridulo al più vellutato, liscio.• Graduare il suono degli strumenti secondo lo “spes-sore”, dal suono più fino-sottile a quello più grosso-denso, aumento e diminuzione dello spessore-massadel suono degli strumenti.Spesso con i bambini l’esecuzione di un crescendo

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iche provoca un accelerando, quello di un diminuendo un

rallentando; si confonde il suono acuto (alto) conquello forte: bisogna tenere conto anche di questemescolanze e allenare i bambini a dissociare gli effet-ti di intensità da quelli di velocità, da quelli timbrici.

Intrecciare rapporti fra linguaggi

Abbiamo visto come è possibile affrontare la stessanozione di gradazione con modalità espressive e per-cettive differenti attraverso il linguaggio verbale, illinguaggio musicale, quello logico-matematico; le at-tività proposte, pur avendo come denominatore co-mune la stessa nozione, sono risultate diverse perchépeculiari di ogni disciplina.Un ulteriore passo avanti potrebbe consistere nel farinteragire tali discipline ottenendo tutta una serie diassociazioni e connessioni favorevoli a un progressi-vo allargamento cognitivo e allo sviluppo creativo delpensiero.Lo facciamo tracciando un itinerario interdisciplinareincentrato attorno all’educazione musicale, disciplinache con la sua tipicità comunicativa, mobile, indeter-minata, continuamente oscillante, senza sistemi defi-niti o referenti precisi, può assumere un ruolo privile-giato nella didattica interdisciplinare, intrecciandorapporti con l’educazione linguistica e connessionicon la matematica. Le esperienze fondate sull’uso in-tegrato e coordinato dei diversi linguaggi contribui-scono notevolmente al processo educativo.L’interazione fra musica e lingua fondata sulla comu-ne nozione di fare gradazioni sposta i confini dei dueambiti disciplinari individuando un nuovo spazio diattività che, con l’insiemistica, potremo definire insie-me intersezione, con elementi dell’insieme musica edell’insieme lingua.

Abbecedari musicali

Includiamo il termine abbecedario nella zona di in-tersezione fra musica e lingua; notiamo subito che an-che se il termine non fa parte del linguaggio specificomusicale vi sono nella storia della musica composi-zioni che potrebbero essere definite tali, perché orga-nizzate con le stesse regole.Un esempio lo troviamo nell’Inno a San Giovanni cheGuido d’Arezzo indicò come espediente per memoriz-zare e intonare lo schema esacordale.L’inno è formato da sei emistichi, ciascuno dei qualicomincia con una delle note dello schema in ordineascendente: la prima frase da ut, la seconda da re ecosì via.Un altro esempio che impiega lo stesso procedimento,lo abbiamo con il canto Do-re-mi, del compositoreamericano Rodgers (colonna sonora del film Tutti in-sieme appassionatamente).Va ricordato un interessante canone a tre voci, Inter-valli, di F.J. Haydn, che possiamo identificare come“abbecedario intervallare”. Il testo snocciola la serie

degli intervalli dall’unisono all’ottava e coincide inpartitura con le note reali dell’intervallo: si dice pri-ma mentre si cantano le note do-do, si dice secondamentre si cantano le note do-re, e così in ordine finoall’intervallo d’ottava. Anche nel repertorio popolare troviamo numerosicanti fondati sulle successioni; alcuni detti alfabeticiperché la successione delle strofe è condizionata dallasequenza alfabetica; altri in cui le sequenze condizio-nanti sono le vocali o i giorni della settimana o i me-si dell’anno; talvolta i canti si sviluppano anche al-l’indietro per moto retrogrado.Musica e lingua si intrecciano, percorrono lo stessoterritorio, ma con modalità sempre diverse; a volte larelazione è fondata su un innesto diretto e puntualedella musica nel testo (ad esempio: Intervalli diHaydn), altre sulla valorizzazione da parte della mu-sica delle onomatopee e delle qualità foniche del testo(Vocali di Porena), altre ancora sulla cooperazionecon l’adattamento al testo di frasi musicali semplici eripetitive per rafforzare la funzione didattico-mne-monica (il canone L’alfabeto di Mozart).

Parole e musica si rincorrono

Con le regole dell’abbecedario possiamo organizzareun certo numero di ascolti, osservazioni, analisi, atti-vità esecutive e produzioni creative di genere misto incui la parola è strettamente associata alla musica. Ta-le convergenza espressiva favorisce nell’allievo unadoppia padronanza nel linguaggio verbale e in quellomusicale, con il raggiungimento di obiettivi riguar-danti sia la lingua che la musica come la memorizza-zione e la formazione degli schemi cognitivi, la discri-minazione cronologica e ordinale, l’acquisizione del-l’orecchio ritmico e melodico, la padronanza delladisposizione graduata crescente e decrescente di suo-ni, intensità, ritmi e timbri e anche di lettere dell’alfa-beto, vocali, sillabe, parole, frasi, testi, la capacità dicostruire semplici strutture ritmico verbali e di adat-tare ritmi e parole in melodie. Vediamo alcune pro-poste operative.

Abbecedario musicale • Adattare su sequenze ritmiche o su sequenze melo-diche nomi e cognomi in ordine alfabetico (appellomusicale).• Applicare un ostinato ritmico o melodico su unasuccessione di parole in ordine alfabetico.• Dopo l’ascolto, l’analisi, l’esecuzione e la memoriz-zazione di alcuni canti alfabetici, costruire un testo inrima o non, condizionato dalla sequenza alfabetica;comporre poi un ritmo o una melodia da adattare al-la stessa struttura del testo. Esempio:

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icheAbbecedario di vocali

Costruire un testo sulla successione delle vocali par-tendo dalla i, la più acuta e giungendo alla u, la piùgrave (seguendo il criterio di ordine fonetico articola-torio) o viceversa e associarlo a una semplice melodiadi cinque suoni.Esempio: testo sulle vocali in rima adattato su diuna sequenza ascendente e discendente di cinquesuoni.

Abbecedario di altezzeConfrontare e seriare dal più acuto al più grave o vi-ceversa diversi gruppi strumentali e associarli ad ani-mali o personaggi con i quali si costruirà una storiaricavata dalla successione ordinata degli strumenti.Riporto qui un esempio di semplice storia elaboratadai bambini di prima che si rifà a un cartone moltoamato. Strumenti abbinati con personaggi seriati dalgrave all’acuto: Triangolo grande = Vegekou – Trian-golo medio-grande = Majinbu – Triangolo medio =Goku – Triangolo piccolo = GohanRacconto. Vegekou (triangolo grande) distrugge Ma-jinbou (triangolo medio-grande) che si ricompone inuna sfera rossa. Arriva Goku (triangolo medio) che sitrasforma in super-sajan e chiama in aiuto Gohan(triangolo piccolo) che si trasforma in super-sajan.Tutti diventano fortissimi!

Abbecedario delle noteDopo l’ascolto del brano vocale Do, re, mi di Rodgerse l’analisi della partitura, elaborare un brano sulla suc-cessione delle note; si potrebbe partire dal do, facendoin modo che le note di ogni inciso, semifrase o frase, sisuccedano secondo l’ordine scalare ascendente o di-scendente.Ripetere l’esercizio usando diversi tipi di scala: ascen-denti o discendenti, maggiori o minori, melodiche oarmoniche, pentatoniche, esatonali, cromatiche ecc.Esempio:

Abbecedario di durateElaborare un brano ad abbecedario sulla successionedelle durate dalla più corta alla più lunga o viceversa;il pezzo avrà ad ogni inizio di frase o a ogni chiusau-na durata diversa secondo l’ordine stabilito.

Esempio: Testo ritmico sulle andature degli animali.

Una stessa frase ritmica eseguita dalla voce e dal tam-buro, viene proposta più volte, ma sempre con il fi-nale di durata progressivamente più veloce a imita-zione delle andature degli animali citati.

Abbecedario dei timbri• Analizzare i timbri delle voci dei bambini e ordinar-le: dalla più acuta alla più grave. Ripetere lo stessoesercizio con gli aggettivi che descrivono le voci edabbinarli alla voce corrispondente.• Elaborare un brano ordinando i timbri strumentali adisposizione, dal più chiaro al più scuro o viceversa.• Usare lo stesso procedimento anche con le parolepartendo dai due termini in contrasto chiaro/scuro:ricercare tutti i termini intermedi e ordinarli, recitarlisu un ritmo o melodia di due o tre note con l’accom-pagnamento della successione timbrica.

Abbecedario delle intensità• Ordinare rumori o suoni vocali o strumentali o te-sti parlati o cantati in successione dal pianissimo alfortissimo. • Eseguire brani vocali tutti in crescendo e poi in di-minuendo curando i passaggi intermedi dell’intensità.• Eseguire brani vocali per accumulo: comincia un bam-bino a cantare la prima frase del canto, a ogni verso se neaggiunge un altro, all’ultimo verso canteranno tutti. • Elaborare un testo ispirato agli aggettivi dell’inten-sità; eseguirlo su di un ostinato ritmico o melodico se-guendo le indicazioni dinamiche ricavate dalle paroledel testo.Esempio di elaborazione ritmico-verbale di una clas-se prima:

Tamburo

Tamburo Flauto

LegnettiTamburo

Metallofono

PiattiTamburo

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iche Abbecedario delle velocità

• Scandire una filastrocca o cantare un brano accele-rando o rallentando molto gradualmente il tempo se-guendo il metronomo.• Elaborare un testo sulle gradazioni di movimentoda lentissimo a velocissimo o viceversa (largo, lento,adagio, larghetto, andante, andantino, moderato, al-legretto, allegro, vivace, presto, prestissimo) e scan-dirlo su una base ostinata ritmico-melodica o rap.

Abbecedario degli intervalliDopo l’ascolto, l’esecuzione e la successiva analisi deltesto e della partitura di Intervalli di Haydn, costrui-re una sequenza melodica; ripeterla iniziandola da in-tervalli diversi in ordine crescente o decrescente,adattarci un testo che si ispiri a questa musica.

Musica e numero

Disponiamo anche per la matematica e la musica diuno spazio comune, di un insieme intersezione costi-tuito sulla nozione gradazione con la quale possiamoindividuare gli stessi concetti, gli stessi processi logi-co-mentali, le stesse operazioni come la ripetizione, lasuccessività, la precedenza, la somma, la sottrazione,il raggruppamento, la seriazione progressiva e regres-siva, crescente e decrescente, applicate su numeri esuoni in corrispondenza biunivoca.Tale denominatore comune ci permette di passare in-differentemente dal campo matematico a quello mu-sicale, trasformando una gradazione numerica in rit-mo oppure matematizzando una linea melodica conla possibilità di spiegare una situazione tipicamentelogico-matematica anche con la musica, attraversol’udito e quindi con le durate dei suoni, la durata deisilenzi, i ritmi musicali, l’ordine scalare.A livello matematico la gradazione più semplice e re-golare è la successione dei numeri naturali che rappre-senta l’approccio più immediato al numero; può essererappresentata graficamente attraverso la costruzionedella linea dei numeri che si basa sulla proprietà del-l’insieme dei numeri naturali di essere insieme ordina-to e discreto, quindi rappresentabile con i punti di unaretta; diviene così possibile associare a ogni punto del-la retta un numero della successione naturale.La linea dei numeri è una linea divisa in parti ugualiin cui si fa corrispondere ad ogni punto un numero,partendo da 0 e proseguendo con 1; poi via via con isuccessivi si riproduce l’ordine della scala numerale. Esempio: 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Possiamo porre in corrispondenza biunivoca la gra-dazione dei numeri naturali con la gradazione dellealtezze, delle intensità, delle durate e dei timbri rita-gliando una zona comune di attività operative, esecu-tive, manipolative e produttive. A livello musicale, costruire gradazioni di ritmi, altezze,intensità e timbri in senso crescente e decrescente con la

visualizzazione della linea dei numeri, con la manipola-zione diretta degli oggetti sonori e con la pura audizio-ne permette la conquista e padronanza dello spazio dia-tonico e temporale, della presa di coscienza dell’ordinedei suoni e della disposizione graduata dei valori para-metrici. Vediamo degli esempi con la linea dei numeri.

Gradazioni d’altezza sulla linea dei numeri • Numerare una serie di punti sonori messi in ordineprogressivo ascendente o discendente seguendo lasuccessione crescente o decrescente dei numeri natu-rali. Il continuo delle altezze può essere variamentesegmentato in toni o/e semitoni e così il numero deisuoni da ordinare.• Sperimentare serie graduate con la voce e su stru-menti con la visualizzazione della linea dei numeri. Esempio: 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

do re mi fa sol la si do’ re’ mi’

A ogni numero viene associato un suono, in questocaso si parte dalla nota do e si procede per gradi con-giunti verso l’acuto. L’esecuzione potrà essere fattaassegnando una nota della scala abbinata a un nume-ro d’ordine a ciascun bambino. Per esercitarsi nelle gradazioni scalari senza annoiar-si troppo si possono eseguire forme ritmiche diverseper ogni nota, ad esempio:

Gradazioni timbriche sulla linea dei numeriI bambini dall’ascolto dovranno cogliere le sfumaturetimbriche dello strumentario scolastico, formare gra-dazioni dal timbro più scuro a quello più chiaro e vi-ceversa ordinandole secondo la linea dei numeri na-turali. Esempio:1 2 3 4 5 6 7

xilof. c. xilof. s. wood block cassettina castagnette claves g. claves p.

Si associano alla gradazione dei numeri naturali il tim-bro degli strumentini a percussione di legno ordinatidal timbro più scuro a quello più chiaro: xilofonocontralto - xilofono soprano - wood block - cassettinasonora - castagnette - claves grandi - claves piccole.

Gradazioni di intensità sulla linea dei numeriI segni delle intensità in gradazione crescente e decre-scente sono associati a ogni numero della linea dei nu-meri naturali. Si disegna alla lavagna la linea dei nume-ri abbinata ai segni dell’intensità e un direttore indicacon la bacchetta i crescendi e i diminuendi che il gruppodeve realizzare emettendo suoni con la voce o suonandogli strumenti; si curerà molto la gradualità del procedi-mento. Esempio di gradazione di intensità crescente:1 2 3 4 5 6

pp p mp mf f ff

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icheCon i bambini un modo per memorizzare facilmente

le gradazioni delle intensità è quello di presentarle as-sociate alle sei posizioni del battimano: al numero 1battere un dito contro dito, per il pianissimo, al nu-mero 2 battere due dita contro due dita per il piano,al 3 un dito contro il palmo per il mezzo piano, al 4due dita contro il palmo per il mezzo forte, al 5 quat-tro dita contro il palmo per il forte e infine al 6 palmocontro palmo per il fortissimo.

Gradazioni di intensità dei diversi strumentiDopo che gli allievi hanno sperimentato e confronta-to le possibilità dinamiche di diversi strumenti, sia al-l’interno di una stessa famiglia strumentale che tra fa-miglie di gruppi diversi, si propone loro di ordinarlidal suono più potente al suono più debole e vicever-sa, secondo la successione della linea dei numeri.È evidente che in ogni cifra della linea dei numeri na-turali è implicito il concetto di numero nel suo dupli-ce aspetto di numero ordinale e di numero cardinale.Le seguenti esperienze sulle gradazioni di durate, dimetri e di intervalli mirano a meglio chiarificare e svi-luppare tale concetto.

Gradazioni ritmiche sulla linea dei numeriAssegnare a ciascun bambino una cellula ritmicacomposta da un numero di figure corrispondenti allasuccessione dei numeri naturali ed eseguirla.Esempio di gradazione ritmica crescente:

Dalla successione numerica 1, 2, 3, 4, 5 ricaviamouna successione formata da una semiminima, duecrome, una terzina, quatto semicrome e una quintina; Una progressiva suddivisione dell’unità di misura disemiminima. Vediamo, viceversa, dalla gradazionenumerica decrescente 6, 5, 4, 3, 2, 1, 0:

In corrispondenza delle pulsazioni si succedono unaquantità di battiti o suoni indicati dal numero dellasuccessione matematica con un effetto di rallentando.

Gradazioni di risonanzeDopo aver confrontato le risonanze naturali degli stru-menti a disposizione, ordinarle secondo una scala dilunghezze crescenti o decrescenti mantenendo fissal’intensità. Ad esempio dalla risonanza più breve aquella più lunga: wood blocks - xilofono - tamburello- campanaccio - triangolo - glockenspiel - metallofono.Passare poi alla trascrizione numerica misurando conun cronometro le risonanze per ricavarne poi unasuccessione numerica da visualizzare sulla linea deinumeri.

Gradazioni di metri La successione dei numeri naturali può essere util-mente appaiata anche ai metri crescenti e decrescenti.In musica, il metro o misura è lo schema ritmico di

ogni battuta. Uniamo a ognuno dei 10 numeri il sim-bolo frazionario indicante il metro equivalente e aognuna delle unità componenti ciascuna cifra nume-rica lo stesso numero di pulsazioni; avremo allora ilnumero 1 corrispondente a una misura del valore diuna pulsazione, il numero 2 corrispondente a una mi-sura binaria con due pulsazioni e accento forte sullaprima, il numero 3 corrispondente a una misura ter-naria con tre pulsazioni e accento forte sulla primapulsazione e così via. L’esecuzione di queste gradazio-ni di metri consente all’ascoltatore di sentire contem-poraneamente sia il numero ordinale rappresentatodagli accenti forti, sia quello cardinale espresso dallepulsazioni.Esempio di gradazione di metri variabili crescenti:1 2 3 4 5 6

Gradazioni di intervalliL’intervallo armonico è la distanza in altezza che in-tercorre tra due suoni contemporanei. Mantenendofisso il suono di base, ordiniamo gli intervalli dal piùvicino (unisono) al più lontano e associamo ai nume-ri crescenti la gradazione crescente degli intervalli checorrispondono perfettamente anche con il nome del-l’intervallo: infatti con il numero 1 è contrassegnatol’intervallo di prima (do-do), con 2 l’intervallo di se-conda (do-re), con 3 l’intervallo di terza (do-mi) ecc.

1 2 3 4 5 6 7 8

L’esecuzione vocale o strumentale sarà polifonica: laprima voce ripeterà la nota di base do, mentre la se-conda canterà le note della scala di do; le due voci siimpareranno prima separatamente poi si eseguirannoinsieme. Le attività svolte fino a questo punto consentono fa-cilmente agli alunni di poter fare un’esperienza di sin-tesi allestendo uno spettacolo in cui verranno utiliz-zati sia i brani vocali e strumentali d’autore appresi,sia le loro produzioni testuali, ritmiche, melodiche,timbriche e matematiche; il tutto può essere visualiz-zato proiettando i grafici delle partiture durante leesecuzioni.

BibliografiaM. Montessori, La scoperta del bambino, Garzanti, Milano

1999.A. Lapierre e B. Aucouturier, I contrasti e la scoperta delle no-

zioni fondamentali, Sperling& Kupfer, Milano 1990.E. Willems, L’orecchio musicale, Zanibon, Venezia 1977.M. Della Casa, Educazione musicale e curricolo, Zanichelli,

Bologna 1988.

Si ringraziano la maestra Michela Bastiani e gli alunni delleprime e seconde classi della scuola elementare “Don DinoMancini” di Fermo per aver partecipato con entusiasmo allasperimentazione di queste attività sulle gradazioni.

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EMANUELA PERLINI – DAVIDE ZAMBELLI

Formazione: trii a raggiera, le due dame all’esterno, il ca-valiere all’interno, presa delle mani a V, direzione antio-raria.

Parte A3-4 Passo saltellato con sx, dx, sx, dx, ripetere

5-6 Tre galop partendo con sx, lateralmente verso il cen-tro, fermata sul sx; ripetere con dx ritornando alla posizio-ne di partenza.

Parte B7-8 Girandosi verso il centro quattro passi verso il centropartendo con sx e battendo le mani; quattro passi di ritor-no sempre battendo le mani

9 Riprendere i passi della battuta 310 Ripetere i passi della battuta 3 mentre il cavaliere ab-bandona il proprio trio per raggiungere quello davanti.

Ripresa parte A

Nella prima metà del ’900, la danzatrice Gurit Kadmannsi dedicò alla raccolta del patrimonio coreografico ebrai-co delle varie etnie giunte in Israele, promuovendo ricer-che, corsi, festival. La danza ebraica registra un costantesviluppo, attraverso l’integrazione del nuovo e dell’anticocon una ricerca strettamente connessa alla musica po-polare.Proposte di attività. Esecuzione motoria della cellula rit-mica . Recupero del passo saltellato che molti alun-ni possiedono spontaneamente: passo con piede destroe saltello sullo stesso piede, da ripetere con piede sini-stro. Dapprima farlo eseguire liberamente nello spaziopoi cercare di far sincronizzare il gruppo classe su unavelocità omogenea. Alternare 8 passi semplici e 8 passisaltellati, 4 e 4, 2 e 2. Con l’utilizzo di uno strumento, l’in-segnante o un alunno alterna – liberamente o su schemimultipli di 8 – semiminime (passo semplice) con

(passo saltellato), guidando il gruppo nei due diversimovimenti.Altre attività di movimento. La coreografia delle battute 7e 8 (inizio parte B) può essere sostituita da giochi di mo-vimento, concordati precedentemente dalle due dameche costringono il cavaliere ad adattarsi di volta in volta a

varianti diverse. Esempi: prendendosi per mano, forma-re un piccolo cerchio che con 4 passi gira in un senso econ 4 nell’altro; scambio di posizione delle dame con 4passi di andata e 4 di ritorno; le dame si prendono permano e ruotano attorno al cavaliere, in 8 passi, ritornan-do alla posizione di partenza.Attività strumentali. Il lavoro con può essere ripresocon gesti suono e strumenti a percussione combinandoquesta cellula ritmica con una secon-da (vedi esempio a fianco). Apprendi-mento per imitazione delle battute 1-4; suddivisione delle parti A e B tradue gruppi; esecuzione delle 4 battutein successione; esecuzione a canone(con entrata in B), anche in prepara-zione del lavoro di esecuzione simulta-nea delle 3 voci.

Il materiale graficodi queste pagine(in formato pdf)

e la realizzazione,con strumentazione sintetica,

della partitura(in formato midi)

si possono scaricaredalle pagine Web della Siem:

www.siem-online.it.

Bibliografia: E. Bartolini, Come sono belli i passi..., An-cora, 2002.Discografia: Hakketoon CD 1989, 1011 - Stichting Ne-vofoon, Bilderdijkstraat 20, 9673 GE Winschoten.

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Proposta esecutiva. La danza si ripete 6 volte.Prima volta: melodia 1, mano sinistra del piano, basso,xilofono. Seconda volta: melodie 1 e 2, mano sinistra delpiano, basso, xilofono, tamburello. Terza volta: melodie 1e 3, mano sinistra del piano, piastre, tamburello, sonagli.

Quarta volta: melodie 1 e 2, piano, piastre, tamburello,sonagli. Quinta volta: melodie 1 e 3, piano, piastre, tam-burello, sonagli. Sesta volta tutti.Le percussioni indicate con 1, 2 e 3 corrispondono ri-spettivamente ai sonagli, legnetti, tamburello.

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Nel logo della Siem è ben posto in evidenza larappresentanza nella nostra associazione in Italiadell’International Society For Music Education (ISME).Quando vogliamo o dobbiamo darci un tono con leistituzioni pubbliche citiamo la filiazione con orgoglio. Nonso, però, quanti sappiano cosa sia questa associazione,quali funzioni abbia, perché noi ne siamo i rappresentantiin Italia, da quando e in cosa consiste la nostraappartenenza. Abbiamo chiesto a Johannella Tafuri,Coordinatrice della Commissione di ricerca dell’ISME e, difatto, anche nostra Ministro degli Esteri e ambasciatrice,di spiegarlo ai lettori di Musica Domani. (A.R.)

Quando nel lontano 1969 nasceva la Siem, la musa ispira-trice era stata l’ISME. Come racconta Carlo Delfrati nella suaStoria della Siem (www.siem-online.it, cap. 6), la crescen-te consapevolezza dei problemi della didattica musicalefaceva sentire l’urgente necessità di un’associazione cheraccogliesse e potenziasse risorse ed energie e l’ISME nesuggerì il nome e gli obiettivi.Il successivo aggancio della Siem a organismi internazio-nali si concretizzò nella partecipazione di 50 soci al IX Con-vegno internazionale dell’ISME (Mosca 1970); nacque allo-ra un rapporto che portò nel 1972 all’elezione di Carlo Del-frati, allora Presidente della Siem, nel Board of Directorsdell’ISME. Di lì a poco la Siem venne nominata rappresen-tante dell’ISME in Italia. Ma qual è il ruolo della Siem nell’I-SME? Fin dai suoi inizi l’ISME, membro dell’UNESCO in quantoassociata al CIM - Conseil International de la Musique, si èposta come organismo internazionale che, oltre ai soci in-dividuali, ammette soci istituzionali per creare un grandemovimento di conoscenza, scambio e aiuto reciproco tragli educatori musicali in senso ampio. Obiettivo di grandeattualità oggi, alla luce del rafforzamento dell’Unione Euro-pea e di una progressiva globalizzazione dell’educazione edella cultura.La vita dell’ISME si concretizza di fatto in una serie di attivi-tà che sono le stesse della Siem ma a livello mondiale equindi con maggior peso politico. Convegni internazionalibiennali, convegni regionali legati a particolari aree geogra-fiche, seminari, pubblicazioni (due riviste: InternationalJournal of Music Education e Music Education Internatio-nal, un bollettino: Newsletter, Atti di convegni e seminari),progetti internazionali di studio e ricerca su argomenti spe-cifici, azioni politiche di sostegno verso i paesi membri chelo richiedano.All’interno dell’ISME operano diverse Commissioni (La ricer-ca per l’educazione musicale, Musica nella scuola e for-

mazione degli insegnanti; Formazione dei musicisti profes-sionisti ecc.) che riuniscono gruppi di soci intorno a deter-minate aree e organizzano seminari prima dei convegni in-ternazionali.Tornando al ruolo della Siem, a ciò che può dare e riceve-re, diciamo innanzitutto che la Siem riceve quel respiro in-ternazionale oggi necessario per una comprensione piùaperta e approfondita dei problemi dell’educazione musi-cale: nuove linee di tendenza nel mondo, formazione degliinsegnanti, scambi e progetti di ricerca interculturali ecc.Allo stesso tempo, rendendosi attivamente presente nellevarie iniziative, porta all’ISME il frutto della propria esperien-za, delle innovazioni e dei problemi della situazione italia-na, tassello necessario affinché l’ISME possa offrire ai proprisoci una visione mondiale. La nomina concessa alla Siem di “rappresentante italianadell’ISME”, le permette di acquistare un certo prestigio difronte ad associazioni e istituzioni italiane, ma è chiaro chequesta rappresentanza deve poi concretizzarsi non solonel perseguire gli stessi obiettivi, come di fatto avviene, maanche nel mantenere un legame di collaborazione e parte-cipazione alle varie iniziative.Certamente un legame c’è stato in tutti questi anni. Alme-no dal 1982 a oggi la Siem è stata sempre presente ai con-vegni internazionali anche se con pochi soci (dai 2 di que-st’anno in Norvegia, a Bergen, a 10 circa), ma la presenta-zione di lavori è stata molto scarsa, facendo così mancarela voce dell’esperienza italiana. La Siem è stata rappresen-tata nuovamente nel Board of Directors dalla sottoscritta(1992-1996), ha organizzato un Convegno internazionalecon il patrocinio dell’ISME (Bologna 2000), ha organizzato ilSeminario della Commissione di ricerca a Frascati nel1996, è stata ed è tuttora presente nelle commissioni (lasottoscritta è membro della Commissione di Ricerca dal1998 e da quest’anno ne è anche la coordinatrice). Musi-ca Domani ha sempre comunicato le notizie relative aiconvegni internazionali (resoconti e programmi). Nel sitoweb dell’ISME (www.isme.org) la Siem è citata tra le asso-ciazioni affiliate e contiene il link con la nostra pagina. La prossima scadenza è il Convegno internazionale, orga-nizzato dalla Spagna nel 2004 a Santa Cruz de Tenerife(Isole Canarie). Non sarebbe una splendida occasione perpartecipare numerosi? Per arricchire la panoramica inter-nazionale con la nostra esperienza, e al tempo stessoascoltare l’esperienza e la voce degli altri paesi?Il sito web dell’ISME contiene già le informazioni necessarieche diventeranno progressivamente più dettagliate (comepresentare una relazione, come partecipare con un grup-po musicale ecc.). Cominciamo a prepararci.

(Johannella Tafuri)

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ANNIBALE REBAUDENGO

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L’idea pedagogica di fondo, che caratterizza la propostadidattica di Kurtág, consiste nel contestualizzare la pras-si musicale nell’orizzonte più ampio dell’esperienza ludi-ca infantile, all’interno cioè di una struttura dinamica ecomplessa quale è il gioco simbolico, che si concretizzanella interazione cooperativa di differenti codici espressi-vi. L’opzione metodologica conseguente si pone così ri-spettosamente a servizio della specifica forma di pensieroche caratterizza il bambino al di sotto dei sette anni. Inquesta fase dello sviluppo, il piccolo arriva a conoscere ea dominare rapidamente i diversi sistemi simbolici dellacultura in cui vive, imparando a esercitarne la funzionesoprattutto nelle condotte ludiche con finalità espressivee comunicative. Ma la caratteristica più evidente di que-sta età, che si rivela cruciale per lo sviluppo delle capaci-tà artistiche, è l’esistenza di un rapporto naturale e spon-taneo fra i vari mezzi espressivi: si tratta del periodo del-la vita nel quale il bambino effettua disinvolte traduzionifra sistemi sensoriali differenti, edificando così le struttu-re psicologiche e gli strumenti di pensiero necessari allacomprensione del funzionamento simbolico primario dellinguaggio sonoro e musicale.Sulla base di questi presupposti e in accordo con i linea-menti generali di una pedagogia musicale creativa, laproposta di Kurtág per i più piccoli è orientata a un ap-proccio semantico al linguaggio musicale, con l’obiettivoprioritario di sviluppare la capacità generativa di reti dicorrispondenze metaforiche tra le strutture sonore, inte-ragenti con altri media simbolici (gesti, immagini, paroleecc.), e i contenuti immaginifici ed emozionali che na-scono dal vissuto personale di ciascuno. Nel contesto co-sì delineato, lo sviluppo del pensiero operativo musicale– ovvero l’apprendimento delle abilità percettive, mani-polative e riproduttive dei materiali sonori – trova la suapiù diretta e motivata giustificazione.

Per comprendere la specificità di tale approccio è op-portuno rifarsi alle riflessioni di Mario Baroni (1997)sul concetto di stilizzazione, ovvero sul processo diproduzione di senso che caratterizza le sonorizzazio-ni e, più in generale, le attività espressive nella didat-tica con i bambini. Riconoscendo la necessità di pro-blematizzare il momento della comunicazione espres-siva e di stimolare il bambino all’invenzione originalee stilisticamente individualizzata dei mezzi espressivi,Baroni definisce la stilizzazione (distinguendola dallasemplice imitazione) come il percorso che consente dicostruire corrispondenze metaforiche ricche e com-plesse, a partire non dai contenuti della finzione edalle immagini spontanee del gioco simbolico, madall’analisi delle caratteristiche strutturali dei mezzisignificanti di cui si dispone nel concreto della situa-zione educativa. Dal confronto tra gli oggetti signifi-canti e le caratteristiche del contenuto da rappresen-tare possono nascere rapporti metaforici sempre di-versi: non importa quale immagine mentale sia stataindividuata, ma come il bambino riesca, con una ocon l’altra, a selezionare i tratti comuni tra signifi-cante e significato e con quale risposta emotiva vivaquesta comparazione.

Ricchezza di materialie varietà di situazioni

Di stilizzazione, concepita in questi termini, si puòparlare a riguardo delle esperienze che il pianistaprincipiante può vivere con Játékok. Fin da una pri-ma rapida disamina ci si rende conto della estesa va-rietà di materiali sonori e tipologie strutturali e del-l’altrettanta varietà di situazioni espressive a cui talistrutture musicali sono associate. Spesso il medesimo(o analogo) schema formale ritorna più volte a deno-tare stati della realtà che sottendono un comune tonoemotivo, ma che sono in grado di generare immaginimolto diverse tra loro. Inoltre, titoli e indicazioni di-dascaliche compaiono di frequente tra parentesi, la-sciando intuire che nel processo di semantizzazionetutto gravita attorno all’analisi percettiva dei mate-riali concreti a disposizione e alle reali capacità mani-polative e ideative del singolo individuo.La diversità e l’originalità di tale prassi creativa sonoassicurate dal fatto che Kurtág non prescrive percorsiesecutivi rigidamente impostati, ma propone situa-zioni, schemi di progetto, che possono mutevolmenteadattarsi alle condizioni reali del bambino e dellospecifico contesto educativo.

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L’approccio allo strumento in età precoce si èsempre rivelato come un momentoparticolarmente delicato.In quest’ambito, gli Játékok per pianoforte diKurtág si dimostrano un materiale molto utileper integrare la pratica strumentale in uncontesto formativo globale, attento allo sviluppodell’intelligenza musicale e alla crescitacomplessiva della persona.

Pratica pianisticae gioco simbolico

STEFANO MELIS

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La partitura diventa copione

Esaminiamo in concreto come sia possibile realizzareun progetto di condotta ludico-espressiva dai materialidi Játékok. Il brano preso in considerazione ha per tito-lo Annoiato e si trova alla pagina 7A del primo volume.Destinato primariamente a bambini molto piccoli, per iquali è impossibile la presa di possesso di tutta la tastie-ra stando seduti sul panchetto, il pezzo si suona in pie-di «baloccandosi su e giù accanto al pianoforte». Nel complesso la partitura assume le sembianze di un ve-ro e proprio copione da mettere in scena, in cui i mezziespressivi coinvolti sono plurimi e interagenti nell’unitàdella condotta. L’insieme delle indicazioni costituisce tut-tavia solo un punto di partenza da cui far scaturire il pro-cesso della stilizzazione, una sorta di canovaccio struttu-rale e semantico imperniato sul concetto di opposizionebinaria: al contrasto vividamente percettibile sul pianoformale corrisponde, in termini di investimento simboli-co e di identificazione psicologica, la chiara contrapposi-zione tra l’immagine dell’abbandono indolente al senti-mento della noia e la reazione rabbiosa e repentina checonsente di scaricare tutta la tensione emotiva accumu-lata precedentemente. Su questa pista orientativa si inne-sta, quindi, l’autentica attività creativa e progettuale chepuò sostanziarsi in strutture narrative ed espressive diffe-renti. È auspicabile, altresì, la possibilità di potenziare ladimensione dello scambio intersoggettivo, aspetto domi-nante del gioco simbolico infantile, attraverso la coordi-nazione di percorsi di ricerca con più bambini, per l’in-venzione e la negoziazione collettiva del copione, deiruoli e dei caratteri espressivi da drammatizzare.

Titolo e indicazioni didascaliche definiscono e conte-stualizzano, in linea di massima, i ruoli e una sequenzadi azioni; le stesse indicazioni, talvolta, si pongono asupporto della semiografia musicale per una più com-piuta definizione del gesto esecutivo. Non è, infine, daescludere un uso propriamente espressivo del linguag-gio verbale, in quanto il bambino può liberamente ac-compagnare l’azione con parole.Per quanto riguarda l’articolazione degli eventi sonori,l’analisi non può prescindere dalla considerazione del-l’inestricabile rapporto di interdipendenza che lega lagestualità esecutiva, e più in generale l’atteggiamentomimico-posturale di tutto il corpo, alle caratteristichefenomenologiche della condotta sonora. Inoltre, l’e-spressività del linguaggio gestuale può arrivare a con-quistarsi spazi di piena autonomia da quella musicalenelle azioni non direttamente finalizzate alla produzio-ne del suono. È il caso della sequenza, suggerita dal-l’autore, da realizzarsi nel punto topico dell’intero pro-getto, laddove il lungo silenzio musicale, contrassegna-to in partitura con il simbolo, prende consistenza strut-turale e senso espressivo dall’azione del «passeggiaredistrattamente oltrepassando la tastiera, e poi tornareindietro improvvisamente, con rabbia». In generale,questa modalità di approccio alla tastiera muove allaricerca e alla sperimentazione di uno specifico stile per-sonale di realizzazione delle tecniche strumentali, al fi-ne di ampliare il campo delle possibilità sonore in fun-zione dei propri fini espressivi.

Il bambino come manipolatoredel materiale sonoro

Completamente differente, rispetto alla didattica tradi-zionale, è la concezione della percezione e manipola-zione della materia sonora, intesa qui come fenomenocomplesso da penetrare e ricostruire, soffermando l’at-tenzione su aspetti in genere trascurati del suono (at-tacco, corpo, estinzione) e apprezzando le differentiqualità acustiche ed espressive dei silenzi.Nell’arco della prima sezione formale, delimitata dalpunto coronato, le quattro micro-unità, distinte in par-titura dalla linea tratteggiata verticale, sono nel lorocomplesso percepite dal bambino come una gestaltunitaria in virtù del principio empirico della ripetizio-ne di configurazioni acustico-gestuali simili o analo-ghe. Ai suoni di altezza approssimativa, contrassegna-ti dal simbolo X, segue una variegata tipologia di glis-sandi su tasti bianchi o neri, secondo un processo ditrasformazione graduale della gestualità, caratterizzatasempre da un ritmo lento e da una debole intensità (ladinamica è uniformemente p). Da segnalare la variante“muta” del glissando, nella seconda unità strutturale,che produce comunque un rumore, anch’esso poten-zialmente significativo, a cui si sovrappongono tre suo-ni di altezza determinata. All’interno di ognuna dellequattro micro-unità gli elementi sonori si dispongonoordinatamente lungo tutta la tastiera, con scansioneisocrona, dando luogo a dei profili sonori che hanno lamedesima direzione rettilinea ed estensione nello spa-

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© Edizioni Ricordi

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zio acustico, seppure alternativamente verso i suonigravi e verso gli acuti. Complessivamente, le caratteristiche formali, tempora-li e intensive dell’organizzazione tonico-posturale edella gestualità esecutiva, intrinsecamente associate al-la qualità acustica dei materiali sonori prodotti, sonoassimilabili metaforicamente a immagini di oggetti, diazioni, di stati emozionali che richiamano una configu-razione percettiva analoga. Questo processo di compa-razione tra universi fenomenici differenti avviene pervia amodale nelle strutture della percezione, secondomeccanismi sinestesici che il bambino è in grado di do-minare fin dalla più tenera età. Continuità, regolarità,linearità, periodicità, prevedibilità costituiscono gli in-dici processuali dell’esperienza sonoro-motoria nellaprima parte della condotta, e a questi rilievi percettivipossono essere variamente associate, a seconda dellostile cognitivo ed emotivo del bambino, immagini sim-boliche correlate a vissuti emozionali come calma, se-renità distesa, ma anche passività deprimente, dolcecullarsi nei languori della noia appunto.Non è da trascurare, inoltre, un altro aspetto relativoalla prima sezione formale. Si tratta della concomitan-za di fattori che tendono a generare un processo di na-tura regressiva: le durate degli elementi sonori, da unamicro-unità all’altra, sono gradualmente più lunghe; ilcontatto con la tastiera, nel passaggio dai suoni singo-li ai glissandi, diviene sempre più ravvicinato e conti-nuo e, presumibilmente, la gestualità esecutiva si fa viavia più lenta. Assieme a tali fattori concorre anche ilcoinvolgimento della sfera del linguaggio logico-mate-matico. Il bambino è infatti impegnato nel controllo didue operazioni logiche concomitanti: la seriazione re-gressiva (da 4 a 1) relativa al numero di elementi sono-ri nella sequenza di micro-unità e la ripartizione in seg-menti uguali della intera lunghezza della tastiera, ri-spettivamente in tre parti (prima unità) e due parti (laseconda e terza unità). Questo sprofondare nella tastiera, questo regredire ral-lentando i movimenti fino all’immobilità, possono rin-viare per analogia a schemi di ordine fisiologico, a si-tuazioni e stati d’animo come l’atto dell’addormentar-si, lo svanire, il dissolversi. Ma anche, all’opposto, aschemi di natura tattilo-cinestesica riferiti, per esem-pio, alla polarità leggero-pesante a cui pertiene la stes-sa immagine, suggerita da Kurtág, della passeggiata sue giù accanto al pianoforte «come se si trainasse dietrodi sé un animale giocattolo legato ad uno spago». Ilgioco proposto potrebbe, infatti, diventare sempre piùfaticoso a causa della resistenza dell’animale immagi-nato, il quale manifesterebbe la sua riluttanza a esseretrainato fino a opporsi completamente e a scatenareuna colluttazione col suo padroncino.Un’altra possibile comparazione, questa volta riferita al-la sfera delle relazioni topologiche, può essere generatadall’alternanza del movimento lungo la tastiera, il qua-le, anche per effetto della trasposizione visiva mediatadal segno grafico in partitura, è assimilabile a una cam-minata che alterna tratti in discesa e in salita (ecco la ra-gione dell’espressione dell’autore «baloccandosi su e giùaccanto al pianoforte»). Questa esperienza è molto im-

portante per il bambino, che impara a dominare il con-cetto di direzionalità di un profilo sonoro nello spaziodiastematico, associandolo alla polarità alto/basso.Come già accennato, nella seconda parte della condot-ta la situazione si ribalta ed entra in gioco il principioempirico del contrasto. Si passa alla possibilità di spe-rimentare una gestualità differente, non più longitudi-nale e orizzontale ma verticale rispetto alla tastiera,con tre diversi tipi di “accordi” (clusters con avam-bracci e con i palmi delle mani, accordi veri e propri disei suoni), la cui realizzazione è impostata in modo daaumentare la distanza tra corpo e pianoforte, liberan-do l’ampiezza e la rapidità del gesto fino a raggiungerei limiti estremi delle possibilità fisiche in termini dienergia da infondere e ampiezza di apertura dellemembra. Cambia anche la modalità di misurazionedelle distanze e di orientamento corporale: non ci simuove più alternativamente in un senso o nell’altrolungo la tastiera, ma si sta stabilmente al centro di unarelazione topologica di simmetria, impegnando con-temporaneamente entrambe le braccia. La discontinui-tà formale e temporale dell’epilogo della condotta è ge-nerata dal susseguirsi convulso dei cambiamenti nellamodalità di contatto con la tastiera, ma anche dalla ca-pricciosa gestione delle durate dei silenzi. In particola-re, la seconda pausa, più lunga della precedente, acqui-sta un senso accentuato di rottura e spiazzamento do-vuto all’inaspettata eufonia degli accordi finali che se-guono, dopo il crescendo di aggressività dei clustersprecedenti. Il tutto farebbe pensare, ritornando all’im-magine dell’animale giocattolo, alla lotta che risolve inuna sorprendente riconciliazione.

BibliografiaM. Baroni, Suoni e significati, Torino, EDT, 1997.J.S. Bruner (a cura di), Lo sviluppo cognitivo, Roma, Armando

Editore, 1994.C. Cano, G. Cremonini, Cinema e musica, Firenze, Vallecchi

Editore, 1995.F. Delalande, Le condotte musicali. Comportamenti e motiva-

zioni del fare e ascoltare musica, Bologna, CLUEB, 1993.R. Francès, La perception de la musique, Parigi, Vrin, 1958.H. Gardner, Il bambino come artista, Milano, Anabasi, 1993.H. Gardner, Educare al comprendere, Milano, Feltrinelli, 1993.M. Imberty, Suoni, emozioni e significati, Bologna, CLUEB, 1986.G. Kurtág, “Játékok: una lezione di György Kurtág”, in AA.

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Ogni opera d’arte rivela, soprattutto, il piacere dell’arti-sta nell’uso del mezzo espressivo. I poeti sono trasci-nati dalle parole (i significati, certamente, ma anche isuoni e i ritmi). I pittori traggono piacere dai colori, daitoni, dalle combinazioni di forme sulla tela. Gli scultorisono intrigati dalle possibilità delle forme nello spazioma sono deliziati anche dalle differenti qualità di pie-tra, legno, metallo o qualsiasi materiale con cui lavori-no.Per i musicisti i suoni di ogni genere sono interessantie possono dare piacere se usati per creare struttureche si evolvono nel tempo a formare brani musicalicompleti. Le parole, i colori a olio, gli acquerelli, la pie-tra, il legno, il metallo, i suoni, sono tutti mezzi per lanascita di opere d’arte, ma ogni volta che si inizia acreare un’opera o un pezzo, si ha bisogno di una nuo-va idea.L’idea è il punto iniziale. Può essere qualcosa che si èsperimentato, visto o letto; qualcosa che è successo direcente o nel lontano passato, può essere un’altra ope-ra d’arte – ma una volta che si è sicuri di avere un in-teressante punto di partenza, è necessario pensareusando solamente la logica del materiale.

Alla ricerca di un’ideaL’idea può essere anche il mezzo stesso, senza riferi-menti ad altro. Una poesia può essere semplicementeuna struttura di parole casuali, senza altro significatoche il piacere (o divertimento) di sentire quelle paroleinsieme:

Fin fan fun flew flowerFlung fire for flowFist and frost.

Tartufo taschino teatro tafano,Talora tamburo talun tarabuso,Trapasso trattino, trottata tropico.E tromba tric trac è tritone trentina.

A volte chiamiamo alcune filastrocche non sense, maqueste poesie non sono realmente senza senso: ilsenso (il significato) è il modo divertente in cui i suonidelle parole si combinano e stanno insieme. I cosid-detti pittori astratti fanno lo stesso genere di operazio-ne con le forme, i colori e le linee, giustapponendo glielementi per creare un dipinto che, sebbene non sia

una riproduzione (cioè non ritrae nulla), è completo inse stesso e non necessita di una spiegazione.Per centinaia di anni i compositori hanno creato branimusicali in questo modo, e altre persone hanno godu-to di questi pezzi per il piacere della sola musica: valea dire dei suoni in sé, di come si susseguono o sicombinano in diverse strutture nel corso del brano. Ititoli astratti più comuni in musica sono questi:• sonata (semplicemente qualcosa che suona – soli-

tamente una combinazione di strumenti),• toccata (un pezzo veloce in cui i suoni non sono

sostenuti ma semplicemente “toccati”),• partita (alcuni brevi brani musicali in diversi stili

raggruppati in una singola opera),• suite (una serie di brani consecutivi – solo un sino-

nimo di partita!).

Una collezione di suoni interessantiCostruite una collezione di suoni interessanti. I bam-bini potrebbero prendere oggetti che producono suo-ni inusuali. Discutete ogni nuova sorgente sonora ognivolta che viene aggiunta alla collezione: cos’ha di spe-ciale? È facile o difficile controllarne il suono – adesempio per ottenerne il suono più interessante? L’og-getto produce solo un suono o può produrne diversi –di qualità differenti o tutti dello stesso tipo?Annotate o ricordate tutte queste caratteristiche accu-ratamente.Quando la collezione è abbastanza ampia e sufficien-temente varia, i bambini possono lavorare insieme inun grande gruppo alla creazione di un brano musicaleusando tutti i suoni disponibili oppure possono inven-tare un modo per appendere i vari oggetti sonori a unastruttura, sì da creare uno strumento sufficientementegrande da poter essere suonato da più bambini. Pic-coli gruppi si alterneranno nel lavorare con lo strumen-to e nell’inventare pezzi di musica. In ogni caso il (i)gruppo(i) deve concentrarsi sui suoni, ricercando convari esperimenti quali siano quelli migliori (i più inte-ressanti – perché sono interessanti?). Come possonoessere usati questi suoni interessanti per creare unbrano musicale “sui” suoni, un pezzo che gli ascolta-tori trovino dilettevole senza andare alla ricerca di si-gnificati extra-musicali?

I titoli astrattiI bambini lavoreranno in piccoli gruppi (massimo cin-que per gruppo). Ogni gruppo si accorderà su un tito-lo astratto. È possibile usare lo stesso per più pezzi(come i compositori in passato hanno usato titoli co-

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Solo musica

JOHN PAYNTER

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me Sonata). Pezzo sarebbe un titolo appropriato e sipotrebbero numerare i brani in sequenza: Pezzo n. 1,Pezzo n. 2 e così via, ma non sarebbe molto coinvol-gente. Pensate a qualcosa di più interessante. Peresempio, parole che suggeriscano l’azione della musi-ca: titoli come Rotazione, Scorrevole, Galleggiante,Eco, Zampillo, Simile, Distante, Calmo, Trascurato,Sostituito.

Titoli numerici e pitture astratteUsando gli strumenti musicali convenzionali e/o le vo-ci, create più di una composizione usando lo stesso ti-tolo.Lavorando in gruppi più piccoli (o anche individual-mente), i bambini inventeranno pezzi con titoli nume-rici che, ancora una volta, suggeriscono qualcosa sul-la musica. Ad esempio Due più due può significareche il pezzo è costituito interamente di suoni che pro-cedono in coppia. Cinque + tre + quattro può essere iltitolo di pezzi che usano cellule ritmiche costanti: cin-que battiti più quattro battiti più tre battiti.Lavorando in piccoli gruppi e utilizzando solo le pro-prie voci, i bambini inventeranno brani nei quali levoci saranno usate sempre come strumenti a percus-sione. Che tipo di suoni vocali suggerisce questo? Ac-

cordatevi su un titolo appropriato solo dopo che ilpezzo sarà stato completato.Componete una brano musicale basato su una pittu-ra “astratta”, come quella che vi proponiamo.

EsecuzioneCome nelle precedenti rubriche di questa serie, ognibrano completo deve essere discusso immediatamen-te dopo essere stato suonato.Concentratevi sui suoni utilizzati e sui processi di com-binazione dei suoni nella formazione del pezzo com-piuto. Evitate ogni riferimento a significati extra-musi-cali. I bambini dovrebbero capire che i brani compostidevono essere interessanti in se stessi, cioè come rag-gruppamenti di suoni affascinanti che significanoqualcosa semplicemente per il modo in cui sono statiorganizzati.La domanda più importante è: “Questo pezzo funzio-na? È interessante, coinvolgente, soddisfacente; è pia-cevole solo per quello che è senza nessun altro generedi spiegazione e senza riferimenti a eventi o esperien-ze nel mondo reale?”.

[Traduzione a cura di Paola Bernardelli]

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Mirò, Maig 1968, 1968-1973.

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La riflessione sul senso della Siem costituisce un vero eproprio filo conduttore che attraversa la nostra storiaassociativa. In un momento politico e culturale in cui ilpassato conta poco e nessuno pare vergognarsi nel mi-stificarlo, strumentalizzarlo o negarlo, la consapevo-lezza dell’alto valore della storia, dell’evoluzione e delcambiamento, della proiezione nel futuro che propriodal passato continua ad attingere risorse mi sembraforse poco alla moda, per niente in linea con “chi fa edisfa a suo piacere” e, proprio per questo, qualità diancor maggior valore.Penso che molti soci stiano seguendo sulla nostra rivi-sta on-line le pagine che con grande passione sta scri-vendo per noi Carlo Delfrati e che rappresentano sen-za dubbio anche una buona occasione di riflessionesulla Siem. La presente rubrica di Musica Domani ha ritagliato al-cuni interrogativi ben sapendo che molti altri potreb-bero essere i quesiti da porre in campo. Ma ben sap-piamo che essa rappresenta solo un tassello di un piùampio mosaico.Voglio ricordare che l’ultimo articolo apparso su Mu-sica Domani rispetto al nostra tema “Scuola in tra-sformazione e Siem” (marzo 1996) era succeduto allapubblicazione del volume L’educazione musicale trapassato, presente e futuro scritto in occasione del ven-ticinquesimo anniversario della nostra associazione,poco dopo la revisione del nostro Statuto, operazioneche ci aveva coinvolti in una riflessione approfonditasulla nostra identità sia sul piano ideologico-culturale,sia su quello amministrativo e gestionale. La riflessio-ne sul primo aspetto aveva già visto un momento diapprofondimento recente con l’elaborazione del Qua-dro di riferimento culturale datato 1992. Questa tavola rotonda ospita tre personalità da sem-

pre impegnate nella nostra associazione e si colloca apochi mesi dall’approvazione in Assemblea Nazionaledel Regolamento interno della Siem, operazione che hadi nuovo posto una serie di problemi relativi all’aspet-to gestionale dell’associazione. Quando si costruisco-no, ristrutturano o si formalizzano delle procedure nel-l’ambito di una istituzione, di fatto si lavora sulla pos-sibilità di essere più o meno efficaci ed efficienti, più omeno trasparenti e democratici e quindi più o menoautorevoli. Colgo quindi l’occasione per ringraziare ildirettivo nazionale che ha visto scadere il proprio man-dato nel mese di marzo di quest’anno e che, con gran-de impegno ha saputo portare a termine un lavoro ini-ziato tanti anni fa, uno di quei compiti che in genere glioperatori musicali rifuggono perché appartiene a sferedi competenza ritenute poco attinenti ai propri interes-si. In particolare ringrazio Maritè Villa che, essendodepositaria di tante discussioni già avviate negli annidel rinnovo dello Statuto (come membro della Com-missione Nazionale allora costituita), ha garantitocontinuità alla riflessione.Rispetto al passato sembra un po’ scontato confron-tarsi sul raggiungimento degli obiettivi anche perchépenso che la sensazione di tutti, nel leggere quelli cheCarlo Delfrati aveva ipotizzato nel suo immaginario(sintetizzati poi nelle finalità associative previste dalloStatuto del 1969), sia quella di una adesione ancoraoggi completa, mista alla consapevolezza che tantiobiettivi restano da raggiungere: da una parte perchéè giusto non accontentarsi mai, dall’altra perché real-mente non si è fatta poi tanta strada in tutti i settori.Un tema su cui l’associazione si è confrontata cercan-do di porre rimedio a una palese carenza è stato quellodella ricerca scientifica in campo musicale e in tale set-tore, nel corso degli anni ’90, molto è stato fatto. Ri-

1. Il passato. I principi pedagogico-didattici e gliobiettivi di politica culturale su cui fu fondata laSiem risultano ancor oggi particolarmenteattuali. Pensi che esista una sostanzialecoerenza tra ciò che fu pensato allora in modocosì lungimirante e l’immagine odierna dellaSiem a livello nazionale?2. Il presente. Quali ritieni siano oggi i punti diforza e/o di debolezza della Siem e a quali

ragioni imputi l’attuale successo o insuccesso inspecifici settori di intervento?3. Il futuro. Pur restando nell’ambitodell’associazionismo e del volontariato, la Siemdeve continuamente ridefinire il proprio ruolonel panorama dell’educazione musicale. Alcunesezioni territoriali stanno orientandosi versoun’attività simile a quella di un “centro diservizi”; quali potrebbero essere leconseguenze di un eventuale consolidamento ditale evoluzione?

Passato, presentee futuro della Siem

a cura di ELENA FERRARA

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ttititengo che la ricerca sia entrata maggiormente nella

mentalità e nel lavoro degli operatori musicali sia per illavoro svolto dalla nostra associazione (Consiglio distudi e ricerca, collana di pubblicazioni, corsi di meto-dologia), sia per una maggiore attenzione della scuolain generale al tema della ricerca-azione. Mi è già capi-tato di lanciare un appello ai membri del Consiglio distudi e ricerca perché si provi a ipotizzare un’attivitàche, elaborata nel suo impianto dal Consiglio stesso,possa coinvolgere insegnanti e operatori nelle fasi suc-cessive. Questo permetterebbe a chi vuole fare un per-corso di ricerca di avere un ruolo importante sebbenenon troppo impegnativo sul piano ideativo, di control-lo, elaborazione dati e analisi dei risultati.L’extrascuola, a mio parere, rimane un problemaaperto. Chi è coordinatore di un Laboratorio Musi-cale attivato con il Progetto Speciale Musica ben saquanto il suo ruolo sia sovrapponibile a quello dioperatore culturale territoriale come, per esempio,quello del presidente di una sezione Siem. Forse più diun operatore si trova, però, a fare i conti con l’extra-scuola e con la scuola superiore (compresa la forma-zione professionale), settori, questi, in cui i percorsisono poco sperimentati, scarso è il contributo datodalle nostre pubblicazioni e per i quali è spesso diffi-cile trovare operatori in grado di realizzare progettimusicali adeguati.La domanda rivolta ai nostri tre ospiti vuole toccareanche il problema di quanto e cosa sia stato recepitodel nostro operato. Ritengo questo un elemento im-portante con cui rapportarci per evitare di chiuderci inuna nostra visione della realtà: confrontiamoci con chiè al di fuori della nostra associazione, ne è coinvoltosolo marginalmente o ne riceve solo dei servizi se vo-gliamo capire quanto la nostra identità immaginata eprogettata sia stata recepita. Questo è un lavoro chedovrebbe vederci preparati in quanto docenti e quindiavvezzi a misurarci con le ricadute del nostro lavoro.Certo il problema si complica per istituzioni di caratte-re nazionale come la Siem, ma credo che sia opportunoinvestire qualche risorsa per documentare i risultati delnostro lavoro. In attesa di eventuali strategie di moni-toraggio, invito la redazione di Musica Domani a pro-grammare una tavola rotonda con ospiti non apparte-nenti all’associazione. La mia scelta, infatti è stataquella, opposta, di mettere a confronto personalità lacui storia corre da anni in parallelo con quella della no-stra associazione.Abbiamo cercato di presentare comunque punti di vi-sta differenti che ci consentissero di mostrare aspettipositivi e negativi, sapendo che sarebbe stato difficileevitare le lacrime per le sezioni chiuse e per il numerodi soci dimezzato rispetto a dieci anni fa. Siamo torna-ti a essere pochi e, forse, siamo ancora in gran parte glistessi. Potrebbe, questo, essere anche interpretato co-me un aspetto positivo perché penso che molti di noi,soci Siem da tanti anni, abbiano ancora molto da daree non tutte le attività necessitano di ulteriori risorse(sebbene ogni contributo sia sempre bene accetto). Ciònon può, però, metterci al riparo da una seria preoccu-pazione perché la penetrazione nel territorio non appa-

re sostenibile in assenza del riferimento costituito dallesezioni territoriali. Inoltre, sul piano ideale, un’associa-zione di volontariato ha l’obbligo di progettare il suofuturo attraverso il rinnovamento e l’adesione delle ge-nerazioni più giovani.È necessario, comunque, ricordare che oggi la Siempuò contare sulle risorse della rete telematica la cuifunzione, attualmente in fieri, andrà verificata nel tem-po con risultati prevedibilmente positivi sebbene, amio parere, non possa sostituire né l’editoria scritta, nél’articolazione in sezioni territoriali.La convergenza di opinioni è chiara nei nostri interlo-cutori rispetto alla positività dei settori inerenti allepubblicazioni e all’attività di formazione.Anche il potenziamento del raccordo con l’ISME, ilconsolidamento di rapporti con altre associazioni e laricerca di forme nuove di collaborazione (forum, con-sorzi), attività forse ancora poco percepite da partedel socio Siem, rappresentano un settore da incenti-vare in nome di una cooperazione oggi necessaria percrescere e per accrescere in immagine nei confrontidelle istituzioni. Senza dubbio il socio impegnato nella scuola avrà in-vece notato il coinvolgimento dell’associazione in alcu-ni concorsi nazionali, iniziative di collaborazione o pa-trocinio sulle quali si possono riscontrare opinioni di-verse di cui credo sia importante tenere conto.La notizia della convenzione con il Ministero Istruzio-ne, Università e Ricerca, che ha prodotto un riconosci-mento della Siem quale ente formatore e un suo ruolodi interlocutore privilegiato, potrebbe far prevederel’uscita dall’impasse che le sezioni territoriali stanno vi-vendo. Potrebbero così decollare nuovamente i corsi diaggiornamento che rappresentano momenti crucialiper l’adesione all’associazione. Molto dipenderà anchedalle scelte contrattuali sulla formazione dei docenti; lasensazione di “sospensione” manifestata da Anna Ve-lati credo possa essere condivisa. Un segnale positivoviene dai Corsi Internazionali Estivi che quest’annohanno registrato una ripresa.Decisa nei contributi la convergenza nell’identificare larelazione con il MIUR come punto di forza principale:vanno quindi un incoraggiamento e un ringraziamentoal presidente nazionale Annibale Rebaudengo, al diret-tivo nazionale e ai collaboratori tutti per l’attività fino-ra svolta nell’ambito delle commissioni ministeriali perla riforma dei cicli e degli studi musicali (indipendente-mente dai risultati che ci auguriamo dei migliori).Il mio ruolo di ex segretaria nazionale, referente nazio-nale delle sezioni territoriali e, prima ancora, presiden-te di sezione, e le esperienze compiute in queste vesti miinducono a segnalare come settore cruciale per il futu-ro quello delle attività dell’associazione, giacché misembra che gli altri settori, dalla ricerca all’editoria,dalla formazione alla sensibilizzazione del mondo poli-tico, continueranno il proprio costante, coerente e po-sitivo cammino. Non si riscontrano ragioni, infatti per-ché non possa essere così: le ristrettezze economiche ele politiche scolastiche più ottuse ci possono eventual-mente costringere a fare dei tagli, non a cambiare rottané, tanto meno, ad abbandonare la strada.

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ttiti Viceversa penso sia importante una riflessione sul fu-

turo del volontariato, sul rapporto con gli associati econ gli utenti, su una gestione più manageriale cioèpiù mirata sul piano della organizzazione, che po-trebbe, per contro, risultare carente di spinta ideolo-gica. Il problema è presente da diversi anni nellaSiem, ma forse ora è maggiormente evidente; è quin-di il momento di confrontarsi senza falsi pudori af-frontando quello che ritengo, in sostanza, un proble-ma economico sia per la Siem sia per gli operatori. Inquesto caso includerei nel termine economico sia l’a-spetto finanziario, sia quello legato al tempo e alleenergie personali. Si tratta, infatti di economizzare, omeglio ottimizzare le energie rispetto ai non sempliciobiettivi da raggiungere quali:• mantenere in vita le numerosissime attività nazio-nali e territoriali cercando di consolidare e ottimizza-re i rapporti con enti, associazioni, case editrici ecc.;• potenziare il consenso e incrementare gli iscritti;• individuare e rispondere alle reali esigenze del terri-torio curando l’immagine della associazione;• offrire occasioni formative, pubblicazioni, osserva-tori e forum telematici, per alimentare la discussioneall’interno dell’associazione e la diffusione della di-dattica e dell’educazione musicale in tutto il territorionazionale;• creare le condizioni per un ricambio nei ruoli (figuree incarichi associativi), cercando di individuare formedi mediazione tra il volontariato puro (quello che hacaratterizzato la Siem di questi primi decenni di vita) ela prestazione di servizio che vede corrispondenza

stretta tra impegno e riconoscimento economico.Quest’ultimo obiettivo, che vi prego di leggere con unpo’ di ironia (in quanto penso che la prestazioneprofessionale sia ancora lontana dal pensiero deinostri attivisti) pone un problema di mediazione tradue punti di vista che sono spesso frutto di necessi-tà e vanno quindi rispettati entrambi. L’altra grande mediazione, quella proposta nel ter-zo quesito, non è disgiunta dalla problematica dicui sopra poiché riguarda l’ipotesi (o la realtà?) percui il nucleo associativo, ora identificabile nella se-zione territoriale, diventi un centro di servizi, cioèuna sorta di Sportello Musica. I laboratori musicalidel Progetto Speciale Musica in Regione Piemonte(i cui coordinatori sono spesso operatori dellaSiem) sono stati inquadrati come dei Centri di ser-vizio per la formazione e, come ho già sostenuto,possono essere in molto sovrapponibili alla sezioneterritoriale Siem. In cosa ci differenzieremo?Le risposte che danno i nostri ospiti sono interes-santi e la riflessione deve, secondo me, prendere unpo’ il largo, nell’ambito degli organismi associativio delle pagine virtuali per poter, senza pregiudizi oprevenzioni, sebbene con la prudenza che contrad-distingue chi ha tanti valori da difendere, essere ap-profondita e dare i suoi frutti. È importante ricor-darci che se la Siem ha al suo attivo una vita cosìlunga e una consolidata legittimazione a livello na-zionale è soprattutto perché, nonostante si sia co-stretti molte volte a fare i conti con la difficile real-tà, abbiamo sempre saputo volare! (E.F.)

L’associazione alla Siem è un’occasione preziosa per:

• partecipare e far progredire il dibattito pedagogico e didattico in ambito musicale• conoscere esperienze, tecniche e metodi nuovi per l’educazione musicale• intervenire nelle sedi istituzionali per migliorare la formazione musicale in Italia

I soci, oltre a partecipare alle attività e alle iniziative della Siem, ricevono:

• la rivista Musica Domani• i Quaderni di ricerca e di didattica della Siem

Quote per il 2003:

soci ordinari e 31,00studenti e 26,00biblioteche e 31,00soci sostenitori e 62,00

SIEMSocietà Italianaper l’Educazione Musicale

Via Dell’Unione, 4 – 40126 Bolognatelefono e fax: 011-9364761e-mail: [email protected]: 19005404

diventa socio

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1. Scrivere del passato, presente efuturo della Siem è impresa che micostringe quasi a fare un consunti-vo della mia vita lavorativa, datoche questa è stata sempre accom-pagnata dalla sua presenza e che èstata proprio la Siem a indicarmila via da seguire per l’insegnamen-to dell’Educazione musicale.La storia del giovane diplomato diConservatorio che si presenta im-preparato al suo primo appunta-mento con le lezioni di Educazionemusicale e che annaspa per qual-che anno cercando di mettere a po-sto un meccanismo che vede nonfunzionare, è nota e non starò quia ripeterla. È noto anche il senso difrustrazione che assaliva coloro iquali avevano sognato di volaresulle ali del concertismo interna-zionale e si vedevano ridotti a sem-plici insegnanti di una disciplinache nella scuola godeva di poca o

nessuna considerazione. La re-sponsabilità, si diceva, era del con-servatorio che preparava per unaprofessione, mentre poi le contin-genze della vita costringevano asvolgerne un’altra che aveva con laprima legami di parentela piutto-sto lontani.Però, al di là delle facili critichefatte col senno del poi, cos’altrosi poteva fare allora? Mi riferiscoa un periodo (gli inizi degli anni’70) nel quale non si sapeva anco-ra bene che cosa fosse e a che co-sa servisse quella disciplina intro-dotta nei Programmi della Scuolamedia del 1963. Pubblicazioni initaliano quasi inesistenti, libri ditesto che ricalcavano, riducendo-lo, il sapere musicale consolidato,colleghi che avevano avuto la tuastessa formazione, una sola rivi-sta, Educazione musicale del-l’Angelicum, che lasciava intrave-

dere nuovi percorsi e nuove pro-spettive.Questa carenza di stimoli esterniera inoltre sostenuta, come ho ac-cennato, da un atteggiamento men-tale nei confronti dell’insegnamen-to musicale scolastico forgiato dastudi a esso non pertinenti. Cosa sipuò pretendere da un giovane alquale, dopo le fatiche per impararel’Appassionata e i Quadri di unaesposizione, si chiede di elaborareun Corale e un Contrappunto fiori-to a quattro parti? Erano infattiqueste le prove scritte richieste perottenere l’abilitazione all’insegna-mento di Canto corale, abilitazionela cui validità era estesa anche allaScuola media dato che non ne esi-steva ancora una specifica per l’E-ducazione musicale.Sono trascorsi trent’anni e oggi lasituazione è cambiata. Forse i gio-vani aspirano ancora al concerti-smo e rimangono disorientatiquando, ai primi contatti conbambini e ragazzi, si rendono con-to che le loro abilità strumentalinon servono a niente (leggo questodisorientamento sul volto dei mieiallievi del primo anno della Scuoladi didattica quando vedono crolla-re, poco alla volta, un castello co-struito faticosamente nel corso di

Un contributo essenzialeallo sviluppo culturale del paese

GIUSEPPE GRAZIOSO

MODULO PER IL PAGAMENTO DELLA QUOTA ASSOCIATIVA SIEM CON CARTA DI CREDITOda fotocopiare e spedire via fax allo 011/9364761

Cognome e nome

Via

CAP Città Stato

Telefono Fax e-mail

❏ Socio Ordinario ❏ Socio Studente ❏ Biblioteca ❏ Socio Sostenitore

Versa e

con carta di credito ❏ VISA ❏ Mastercard ❏ Eurocard

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Nome del Titolare data di scadenza

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ttiti tanti anni) ma, se ci si vuole occu-

pare di educazione musicale aqualsiasi livello, le occasioni nonmancano. Libri in gran quantità,convegni, corsi di aggiornamento,Internet e così via. Il cambiamentoha toccato anche il conservatorionel quale c’è una scuola dedicataall’educazione musicale, quella diDidattica della musica, che con-sente agli studenti del glorioso isti-tuto che decidono di dedicarsi al-l’insegnamento musicale scolasticodi completare i propri studi nelladirezione giusta. Si è finalmente af-fermata la convinzione che per in-segnar musica a livello non profes-sionale i tradizionali studi di stru-mento sono insufficienti e inade-guati e che a bambini e ragazzi bi-sogna dare qualcosa in più e di di-verso rispetto alle nozioni di teoriamusicale o alla biografia «degli au-tori più rappresentativi». È veroche gli studenti della Scuola di di-dattica sono ancora una piccolaminoranza rispetto a tutti gli altri(si pensi alle 35 cattedre di piano-forte del conservatorio di Bari),ma ritengo siano il gruppo trai-nante di quanti sceglieranno con-sapevolmente di dedicarsi all’inse-gnamento della musica, una voltache la legge di riforma dei conser-vatori diventerà operativa.Il cambiamento c’è dunque stato,ma dovuto a che cosa? Come hafatto il giovane insegnante del Co-rale e del Contrappunto ad andarenella direzione corretta? Le occa-sioni sono state molteplici, ma cen’è stata una, in particolare, che haavuto un peso determinante: la na-scita e la frequentazione dellaSiem. Associazione alla quale ilnostro si era iscritto il 2 settembre1969 e di cui aveva poi sentito am-piamente parlare dal suo fondato-re in un corso di aggiornamentoorganizzato a Chiavari nel dicem-bre dello stesso anno dal CentroDidattico Nazionale per l’Istruzio-ne Artistica. Gli aggiornatori sonofigure importanti o emergenti nelcampo dell’educazione musicale:Colarizi, Furgeri, Mancusi Unga-ro. Dicono e fanno fare tante coseinteressanti sul canto, sulla ritmi-ca, sugli strumenti. Poi, per l’ascol-to, si presenta Carlo Delfrati checomincia a parlare un po’ fuori dal

coro: siamo arretrati, questo nonva, quest’altro è sbagliato e così diseguito. Parole che destano per-plessità, ma anche grande interessein tutti i partecipanti.Delfrati coglie l’occasione per par-lare dell’associazione che ha dapoco fondato. Questa si proponedi essere a-sindacale, di essereaperta al confronto tra tutti i me-todi di insegnamento senza legarsia nessuno di essi in particolare, diessere promotrice della ricercascientifica sull’educazione musica-le, di aprirsi a chiunque abbia inte-resse per l’educazione musicale in-dipendentemente dalla professionesvolta, di promuovere la diffusionedell’educazione musicale a qual-siasi livello e non in un particolareordine di scuola, di apportare vali-di contributi in occasione dellescelte di politica scolastica, di or-ganizzare attività di aggiornamen-to per quanti operano in questocampo. Propositi, per quegli anni,molto ambiziosi e lungimiranti perla realizzazione dei quali sarebbe-ro occorsi molto tempo e molto la-voro, ma che hanno avuto la forzadi far diventare, nel giro di pochianni, la Siem il più importante equalificato punto di riferimentoper l’Educazione musicale italiana.La schiera di coloro che si occupa-no a livello scientifico della nuovadisciplina diventa sempre più nu-merosa e quasi tutti confluiscononella Siem. Il dibattito si fa vivace,le iniziative e i corsi di aggiorna-mento sempre più numerosi, sugliscaffali delle librerie cominciano acomparire libri qualificati, nasceMusica domani. Tutto questo por-terà a gettare le fondamenta dell’e-ducazione musicale che nei pro-grammi della scuola media del1979 (Delfrati era nella commis-sione per la loro stesura e ne fu ilprincipale ispiratore) troverà lasua consacrazione definitiva confinalità che le danno la dignità didisciplina indispensabile per l’ar-monico sviluppo della personalitàdegli allievi e che è aperta all’inte-razione con le altre discipline.Queste finalità verranno poi ripre-se nei programmi della scuola ele-mentare del 1985 (alla stesura deiquali contribuì l’allora presidentedella Siem, il compianto Giovanni

Belgrano), negli Orientamenti del-la Scuola materna del 1991 e lo sa-ranno nei Programmi della ancoraincerta scuola di domani (con ilcontributo, ancora una volta, diesponenti della Siem). Per cui misento di affermare che se non fossestato per l’impulso iniziale e per leoccasioni di incontro che la Siemha offerto a tutti coloro che hannolavorato sul terreno che ha fattogermogliare una disciplina che pri-ma non esisteva, l’educazione mu-sicale italiana non avrebbe la fisio-nomia attuale.Ora, mi si chiede di dire se ai lun-gimiranti obiettivi di allora (che hoprima citato, traendoli dalla Storiadella Siem che Delfrati sta pubbli-cando sul sito dell’associazione)sia corrisposto negli anni seguentiun orientamento coerente da partedi tutti coloro che si sono impe-gnati per la loro realizzazione. Lamia risposta è senz’altro positiva.Il Quadro di riferimento culturaledell’associazione, elaborato nel1993 e pubblicato sul n. 88 di Mu-sica domani, ne è una conferma. Inesso quegli obiettivi sono stati svi-luppati e ampliati ed è stato accol-to quello che gli studi all’interno eall’esterno dell’Associazione ave-vano fatto maturare negli anni chenel frattempo erano trascorsi. Èstato posto l’accento sull’educa-zione musicale extrascolastica chenei progetti nazionali e territorialiera rimasta in secondo piano ed èstato introdotto il tema dell’inter-culturalità che nel 1969 non eraancora oggetto del dibattito peda-gogico-didattico. La sede nazionale, con i suoi con-vegni, corsi di aggiornamento epubblicazioni, le sezioni territoria-li con i corsi e le attività a livellolocale, i rappresentanti dell’asso-ciazione ai vari livelli hanno sem-pre lavorato perseguendo obiettiviampiamente condivisi. Se qualchediscrepanza c’è stata, ha fatto par-te del dibattito democratico che hasempre caratterizzato la vita dellaSiem, anche se in casi sporadici cisono stati contrasti insanabili.Questa comunità di intenti, comeindicato nel Quadro di riferimen-to, è indirizzata verso la diffusionedell’educazione e della cultura mu-sicale a ogni livello e in ogni am-

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ttitibiente. La formazione musicale è

vista come un campo di esperienzache, partendo dalla realtà cogniti-va e affettiva dei singoli, si propo-ne di svilupparne l’identità musi-cale e le varie componenti dellapersonalità, di far comprendere eusare il linguaggio musicale in tut-te le sue manifestazioni, di far sta-bilire un rapporto positivo con lamusica e di far acquisire gli stru-menti per interagire dialetticamen-te e criticamente con il sistema del-le comunicazioni di massa.È difficile dire se tutto questo siastato recepito a livello nazionale,sia all’interno che fuori dall’asso-ciazione. Occorrerebbe fare un’in-chiesta. Ritengo che gli iscritti allaSiem abbiano, in buona percen-tuale, recepito il messaggio. Miaccade frequentemente di incon-trare persone che dicono che l’a-ver partecipato a uno dei nostricorsi o aver letto le nostre pubbli-cazioni ha aperto loro nuove pro-spettive per l’insegnamento dellamusica ai vari livelli o addiritturale ha indotte a cambiarne radical-mente l’impostazione. La produ-zione di questi effetti benefici, co-munque, non è più oggi appan-naggio esclusivo della Siem. Perquanto riguarda la realtà esternaall’associazione, mi sembra moltosignificativo il riconoscimento co-me ente formatore di recente otte-nuto da parte del ministero. Evi-dentemente il messaggio è statorecepito anche nelle alte sfere. Cisi fida di noi e si ritiene che pos-siamo fare qualcosa di buono perla formazione musicale.

2. Un punto di debolezza che si èmanifestato negli ultimi anni è ladiminuzione del numero degliiscritti. Ogni associazione dovreb-be tendere, col passare degli anni,ad aumentare questo numero, inspecial modo se lavora bene, comenel nostro caso. Invece i nostriiscritti sono diminuiti. Le ragioni,probabilmente, sono da ricercareoltre che in una diffusa diminuzio-ne di interesse nei confronti del-l’associazionismo, nella composi-zione del nostro corpo sociale. C’èuna percentuale di soci che si iscri-ve perché crede nella Siem e ritieneche sia giusto far parte di un orga-

nismo che si occupa del bene e delprogresso dell’educazione musica-le. Gli altri sono i soci occasionaliche si iscrivono quando partecipa-no ai corsi di aggiornamento na-zionali e territoriali. Purtroppol’interesse per i corsi, per una seriedi motivi che qui sarebbe troppolungo elencare, negli ultimi anni èsceso notevolmente. Per cui è ve-nuta a mancare la quota dei sociche “assaggiano” la Siem per unoo due anni. Questo ricambio an-nuale è un problema di cui si di-scute da sempre all’interno dell’as-sociazione e non sono stati maitrovati mezzi efficaci per frenarlo.Quello che è un punto di forzadella Siem, i meriti scientifici, di-venta un punto di debolezza nelmomento in cui il frutto di questimeriti viene offerto come unicacontropartita della quota associa-tiva. Forse bisognerebbe imitare legrandi associazioni nazionali cheoffrono vantaggi che, è triste dir-lo, sono di natura economica(sconti negli alberghi, nei ristoran-ti, nelle librerie ecc.). Non credoperò che la nostra politica associa-tiva possa rivolgersi in questa di-rezione che, oltre tutto, ritengo siapoco opportuna. Tuttavia, nel ri-cambio annuale dei soci si può an-che vedere un aspetto positivo. Lepersone che si sono accostate allaSiem nel corso dei suoi 33 anni diattività sono parecchie migliaia ein ognuna di esse qualcosa deveessere rimasto. Se poi assistiamoancora al deprimente spettacolo diinsegnanti, anche di scuola ele-mentare, che fanno del binomioflauto-storia della musica il lorocampo esclusivo di attività, nonresta che augurarsi che siano unaminoranza e che in futuro si ri-esca, con rinnovato impegno, apenetrare anche in queste sacchedi conservatorismo.Negli altri settori di intervento in-dicati nella domanda (sensibilizza-zione del mondo politico, attivitàdi formazione, ricerca, politica edi-toriale) vedo i punti di forza dellaSiem. Ho già detto del riconosci-mento come ente formatore e dellapresenza di nostri esponenti nellecommissioni ministeriali; l’attivitàdi formazione mi sembra procedabene (nonostante la diminuzione

dei partecipanti cui ho accennato),non solo con i corsi nazionali e ter-ritoriali, ma anche con la presenzadella Siem presso comuni, enti,scuole; la ricerca è stata negli ultimianni potenziata; in campo editoria-le vengono prodotte opere qualita-tivamente pregevoli anche se, acausa delle solite ristrettezze eco-nomiche, si è stati costretti a di-mezzare la quantità annuale deiQuaderni della Siem. Le ragionidel successo mi sembrano semplicida individuare: volontariato inde-fesso da parte di tutti coloro che la-vorano per l’associazione e presen-za all’interno di essa della maggio-ranza dei più bei nomi dell’educa-zione musicale italiana.

3. L’educazione musicale italianasta attraversando un momento diincertezza e di paura. Quale saràla sua presenza nella scuola rifor-mata? Al momento (primi giornidi settembre 2002) non si sa nien-te di certo. Si è temuto che la disci-plina venisse relegata nell’area del-l’opzionalità o, addirittura, delleattività a pagamento, ma le paroledel ministro e del professor Berta-gna sembra abbiano fugato questitimori. La Musica (nella nuovascuola si chiamerà così) continue-rà a esserci, ma in quale misuranon è ancora chiaro. Saranno con-servate le due ore così faticosa-mente conquistate nella scuolamedia? Cosa si farà nella scuolaelementare e negli istituti superio-ri? Ho letto in questi giorni la boz-za delle Indicazioni Nazionali per iPiani di studio personalizzati. Del-la Musica si parla ampiamente e icontenuti sono in linea con l’evo-luzione degli ultimi anni. Però bi-sogna che i governanti si rendanoconto che, per dare attuazione aquei princìpi e raggiungere quegliobiettivi, bisogna dare agli inse-gnanti un tempo adeguato di lavo-ro. So che la Siem si sta battendoin questa direzione, ma, se alla fi-ne di questo iter così travagliato,per la musica dovesse esserci unregresso, non ne addebiterei la col-pa alla Siem né alle altre associa-zioni che operano in campo musi-cale. La nostra forza, come ho det-to prima, è di tipo scientifico. Nonrientra nelle nostre competenze

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organizzare scioperi e barricatecontro una classe dirigente conser-vatrice che potrebbe essere tentatada un ritorno al passato.Comunque vadano le cose, laSiem continuerà ad avere i suoispazi operativi e continuerà nelcammino intrapreso. Continueràa dimostrare la necessità della suapresenza come luogo di incontroper coloro che si occupano dell’in-segnamento musicale e, probabil-mente, continuerà a trovare le sueforze di lavoro nel campo del vo-lontariato in quanto la possibilitàdi avere delle sovvenzioni adegua-te mi sembra piuttosto remota. Continuerà anche a organizzarecorsi di formazione e di aggiorna-mento a condizione che l’attualetendenza, che si sta manifestandoin alcune sezioni, a essere un cen-tro di servizi che risponde alle ri-chieste del territorio non si conso-

lidi al punto da diventare esclusi-va. I motivi sono due. Il primo è dicarattere culturale e vede la Siemcostantemente impegnata a fareautonomamente le proprie scelteproponendo gli argomenti che ri-tiene più qualificati e facendo co-noscere e diffondendo quello chedi nuovo viene prodotto nel cam-po dell’insegnamento musicale inItalia e all’estero. Da questa fun-zione non si può prescindere per-ché, in caso contrario, l’associa-zione perderebbe una delle sue piùimportanti ragioni di esistenza. Ilsecondo motivo è di carattere pra-tico. Ho già detto che una consi-stente percentuale di soci provienedalla partecipazione ai corsi e adaltre attività. Quando la Siem vie-ne chiamata da una scuola o da unente per svolgere un corso, nonpuò obbligare i partecipanti aiscriversi, come fa quando realizza

le proprie iniziative. Né si puòsperare, nonostante i bei discorsiche si fanno in queste occasioni,nella nascita di vocazioni misticheche inducano tutti a dare la pro-pria adesione. Se a livello naziona-le si svolgessero esclusivamente at-tività “di servizio” nel giro di po-chi anni si sarebbe costretti a chiu-dere i battenti per la mancanza diun elemento molto prosaico, mache è il carburante del mondo: ildenaro. Fino a quando la Siem sireggerà esclusivamente sulle quotedei propri iscritti la situazione nonpotrà cambiare. Se poi dovesseroarrivare le famose sovvenzioni,tutto questo discorso verrebbe acadere. Per il momento, comesempre accade, la soluzione piùsaggia è quella che sta in mezzo:un impegno equilibrato sui duefronti senza mai scendere a com-promessi di nessuna natura.

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1. Penso che vi sia una sostanzialecoerenza fra l’associazione immagi-nata da Delfrati nel 1969 e quellache poi è stata la Siem negli anni.L’associazione, «senza fini di lu-cro», è stata aperta a ogni linea me-todologica, ha diffuso conoscenze,ha incoraggiato confronto e creati-vità didattica. La Siem è stata, nelpassato, punto di riferimento e diincontro delle migliori energie intel-lettuali del nostro paese nel campodell’educazione musicale.Grandi nomi della didattica musi-cale si sono accostati alla Siem: al-cuni di loro non si sono fermati alungo, altri sono tuttora punti diforza dell’associazione. Questarealtà ha generato fecondi scambi

di idee, proposte, contributi, chehanno permesso non solo la cre-scita della Siem ma anche la nasci-ta di una generazione di operatoridell’educazione musicale compe-tente, agguerrita e consapevole delproprio ruolo nella formazionedell’uomo. Le idee e proposte sono diventateprogetti, ricerche, esperimenti, la-boratori, portati avanti sia a livellocentrale che al livello locale dallevarie sezioni.Fondamentali, secondo me, le spin-te propulsive esercitate dai tanticonvegni e dalle assemblee dei pre-sidenti, vere palestre dialettiche dacui si tornava ricaricati di energia edi voglia di fare.

Lungo il corso degli anni la Siemha avuto il merito, attraverso l’a-zione dei suoi massimi dirigenti, lepubblicazioni, i convegni, il lavo-ro sul territorio delle sezioni, diporre alle radici dell’Educazionemusicale la promozione di studi ericerche sul terreno della didatti-ca, l’indagine su tutti gli aspettidel rapporto fra musica e vita e lavolontà di affermarlo a vari livelliistituzionali, riuscendo nell’inten-to di introdurre la musica comeelemento necessario dell’educazio-ne. In tale processo, non facile nélineare, ma perseguito con deter-minazione nonostante la fatica el’impegno richiesti, sono statecoinvolte un gran numero di per-sone, non solo appartenenti almondo della scuola. L’orgoglio diaver combattuto e vinto le batta-glie per l’obbligatorietà della mu-sica nella scuola media, per l’in-troduzione dell’Educazione alsuono e alla musica nella scuolaelementare e nella scuola dell’in-fanzia, sia pur amareggiati questiultimi due risultati dalla mancan-za di un insegnante specialistico, il

Tradizione gloriosama poco conosciuta

ANNA VELATI

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riconoscimento della scuola di Di-dattica musicale quale insegna-mento ordinario nei Conservatorici dà la misura della forza e del va-lore della nostra associazione.Non si dimentichi che molte sezioniterritoriali sono state coinvolte nelpiano quinquennale d’aggiorna-mento sui nuovi programmi dellaScuola Elementare del 1985, cheFranca Ferrari, coautrice del Pro-getto Muse, pacchetto formativoipermediale per l’educazione al suo-no e alla musica nelle scuole ele-mentari che tanti riconoscimenti haavuto in Italia e all’estero, è una dinoi e che molti dei laboratori musi-cali finanziati dal Ministero dellaPubblica Istruzione e voluti dal mi-nistro Berlinguer sono stati proget-tati da soci Siem.La presenza nelle Commissioniministeriali volute dai ministriBerlinguer e De Mauro di alcunidei nostri massimi rappresentantimi sembra il miglior riconosci-mento della grande considerazio-ne che la Siem gode da parte di po-litici, amministratori e, in genera-le, dell’opinione pubblica.

2. A fronte dell’attivismo e dell’en-tusiasmo, caratteristici della storiaprecedente della Siem, vedo il pre-sente sospeso, come si fosse in unmomento di pausa. Probabilmentequesta stasi è dovuta allo strania-mento provocato dal susseguirsi didue avvenimenti: • l’accelerazione della riforma sco-lastica Berlinguer/De Mauro con ildubbio sul ruolo che avrebberosvolto gli insegnanti di Educazionemusicale; • il cambio di governo, la cancella-zione della riforma del centro-sini-stra, la presentazione della relazio-ne Bertagna con la musica relegatafra le attività facoltative da svolger-si il pomeriggio, e ora la riformaMoratti che, da quel poco che si sa,è un ritorno al passato.Punti di forza mi sembrano le pub-blicazioni, il giornale, i quaderni,che testimoniano di un retroterravivace e agguerrito. Uomini e don-ne che continuano nella loro stradadi ricerca, sperimentazione, innova-zione didattica, incuranti del futuroincerto e protesi invece in avanti, inuno slancio creativo e ancora carico

di entusiasmo, che dimostra quantostia loro a cuore lo sviluppo dellamusicalità di ciascuno.Altri punti di forza ritengo chesiano:• la ricerca di rapporti di collabora-zione organica con altre realtà a noimolto vicine (per esempio il Centrodi Ricerca e Sperimentazione di Fie-sole) perché dal confronto dialetti-co con istituzioni che abbiano lenostre stesse finalità possono nasce-re idee nuove, proposte più ampie earticolate, interventi a largo raggiosul territorio, coinvolgimento disoggetti diversi, azione più incisiva; • l’organizzazione dei corsi estivi,lunga e gloriosa tradizione dellaSiem per far conoscere i nostri sco-pi, i nostri risultati, il nostro pensie-ro e reclutare così nuovi soci;• la qualità del lavoro svolto a livel-lo centrale e periferico, che fa sì chealta sia la considerazione nei nostriconfronti di chi a noi si è accostato.Punto di debolezza, invece, misembra sia la poca capacità di pe-netrazione nel territorio (ancoramolti appassionati di musica nonsanno della nostra esistenza) el’incapacità di aggregare a noimolte forze nuove. La Siem sembra aver poco da offri-re in questo momento di confusio-ne, sembra dibattersi fra un passatodi esaltazione per il raggiungimentodi obiettivi certi e un futuro pienodi incognite; sono diminuite le pre-senze e le telefonate, i corsi si sonoridotti a due-tre per anno scolasti-co, il numero dei soci è diminuito. Le assemblee vedono il solito af-flusso di pochi e cari amici, perchéla Siem ha fatto anche questo, hacreato amicizie solide, ultradecen-nali, fra persone che si stimano e siapprezzano, ma i giovani e il ricam-bio di forze mancano. In parte ciò può essere attribuitoall’incertezza sul futuro dei giova-ni diplomati e degli insegnanti pre-cari, in parte alla difficoltà di farsiconoscere. La nostra, proprio peressere un’associazione che mira araccogliere intorno a sé personesensibili alla promozione dell’edu-cazione musicale, dovrebbe rivol-gersi a un pubblico eterogeneo,fatto non solo di musicisti. Eppureha difficoltà ad affermarsi, nonriesce a diffondere le sue iniziative.

Come mai?Probabilmente perché ci vuole de-naro, e la nostra è un’associazionedi volontari che notoriamente nonnuota nell’oro. La comunicazionecosta, qualunque sia il supporto chela regge, carta o nastro magneticoche sia. Il volontariato va bene, maun’associazione per vivere, cresceree affermarsi non può basarsi solosulla qualità del prodotto che offre.Ha bisogno di una sede facilmenteraggiungibile, con telefono, che noncoincida con la casa del presidenteo di un membro del direttivo. Habisogno di una presenza costante,almeno nei pomeriggi, per prenderele telefonate, per spiegare a chi civiene a trovare quali siano le nostreiniziative, perché esistiamo, perchéè importante l’educazione musicale,come si può collaborare in questadirezione con le scuole o con realtàdiverse, per svolgere lavori di segre-teria. E queste sono tutte cose checostano.

3. Prima di riflettere sul futuro del-la Siem forse è opportuno chiedersiquale potrà essere, alla luce degliavvenimenti odierni, il futuro delvolontariato e dell’associazionismoin genere. L’avvenire non si presen-ta roseo: sono diminuiti i comandiper importanti associazioni laichementre sono aumentati per quelledi matrice cattolica. Il CIDI, che neidecenni scorsi era stata non solo unsupporto importante al lavoro degliinsegnanti, ma una voce e una co-scienza critica, è quasi ridotto al si-lenzio. La Siem, che non si è schierata conil pensiero unico del governo, pro-babilmente non avrà vita facile. Purnon avendo mai goduto del privile-gio di ottenere degli insegnanti co-mandati, si è guadagnata negli annila stima e il riconoscimento di mol-ti colleghi e addetti al mondo dellascuola, e la sua forza è stata il vo-lontariato dei soci. Ora questo nonbasta più: gli impegni scolastici sisono fatti sempre più pressanti enumerosi, e il salto di qualità nel-l’immagine dell’associazione è de-terminato anche, purtroppo, dauna certa disponibilità finanziaria.Questa non può essere chiesta sol-tanto a privati che sono anche di-sposti a pagare, ma vogliono avere

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un ritorno immediato dei loro inve-stimenti e la ricerca teorica, si sa,non paga subito. Nel campo dellescienze essa viene finanziata soprat-tutto dai governi, perché nella pri-ma fase, quando si formulano nuo-ve ipotesi e si percorrono sentierinon battuti, non si sa se quello chesi troverà potrà poi trovare applica-zioni nella vita concreta; è in un se-condo momento, quando si è ap-prodati a nuove scoperte, che si cer-cano le applicazioni pratiche, e quiintervengono le industrie che finan-ziano un lavoro mirante a nuovetecnologie di produzione o a pro-dotti alternativi o comunque a coseche avranno un riscontro immedia-to nella vita di ogni giorno. Quanti finanziatori privati potràtrovare la ricerca teorica nel campodella didattica musicale?Ciò nonostante ritengo che ancheper il futuro la Siem non debba ri-nunciare al suo ruolo di luogo di

elaborazione di idee, di iniziativeformative, di produzione di pub-blicazioni sempre più qualificate,di pungolo instancabile delle isti-tuzioni. La mobilitazione delleforze che condividono un progettodeve continuare perché questeidee si traducano in pratiche edu-cative e si affermi la coscienza co-mune che la musica è una parteimportante dell’educazione. Finoa che questa convinzione sarà con-divisa solo da poche migliaia dipersone su una popolazione dicinquanta milioni di cittadini, laSiem dovrà lavorare sodo. Unaprogettualità ampia, l’offerta diservizi ma anche di stimoli diversi,forse non sempre rispondenti algusto corrente del pubblico, pro-poste innovative, diffusione dei ri-sultati delle ricerche, diffusione ditutti i generi di musica, anche con-temporanea, etnica, jazz, metal,rock ecc., alla luce della massima

economica: è l’offerta che crea ladomanda.Volontariato allora: sì, ma con l’i-dea che debba esserci anche un mi-nimo di riconoscimento economi-co, da ricercare con l’insistenza e ilfastidio delle mosche. Un’associa-zione non può vivere di aria. L’or-ganizzazione, la gestione, la comu-nicazione, richiedono denaro, tem-po una certa continuità anche nelladisponibilità di se stessi. I soci pos-sono assicurare l’entusiasmo, leidee, la progettualità, il tempo (nontantissimo). Non basta. Bisognastar dietro ai tempi delle istituzioni,ai tempi delle relazioni pubbliche e,soprattutto, bisogna curare la diffu-sione delle nostre iniziative.Sono pertanto del parere che va-dano percorse ambedue le strade:la fornitura di servizi per poter so-pravvivere, la progettualità ampiae autonoma per continuare a esse-re noi stessi.

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1. Ho vissuto in prima persona ilnascere e il crescere della Siem eposso constatare che esiste una so-stanziale coerenza fra le prime in-tuizioni e le realizzazioni nell’arcodel tempo.I personaggi che si sono avvicenda-ti hanno colorito di varie sfaccetta-ture l’associazione che, tutto som-mato, si è irrobustita attraversocontributi molteplici.Riconoscimenti ne abbiamo avuti ene abbiamo tuttora, ma non possoaffermare che l’attuale immagineesterna della Siem gratifichi in totol’opera compiuta.Distinguo due fasce di destinatari: imusicisti e i “non musicisti”.Personalmente ritengo che sia piùdifficile dialogare con la prima fa-scia che con la seconda, dato che

nella nostra categoria regna l’indi-vidualismo. Inoltre puntare suistanze pedagogico-didattiche, sullanecessità della ricerca e della speri-mentazione nel settore, ha procura-to nei nostri riguardi diffidenze eostilità. Abbiamo l’imperdonabiledifetto di insistere più sui doveri chesui diritti!I “non musicisti”, invece, nella peg-giore delle ipotesi ci ignorano, mal’ignorarci è dovuto alle note caren-ze che connotano il nostro paese infatto di cultura musicale di base.Tuttavia incontriamo spesso perso-ne che si rammaricano per questovuoto culturale e dimostrano inte-resse per il nostro settore. La sete dimusica è innegabile e trova rispostesoprattutto in una fruizione pocoarticolata e consapevole.

Le responsabilità appartengono al-l’ambito scolastico e ai politici.Non tutti gli insegnanti si rendonoconto delle valenze educative dellamusica. I politici (che dovrebberorisolvere i problemi dalle radici)provengono dalla nostra situazionenazionale e, anche se manifestanouna sensibilità personale a riguar-do, non dedicano troppe energie adaccogliere i nostri messaggi. La ri-cerca del consenso li porta spesso aprivilegiare altri settori enfatizzatidai mass media. Dovremmo insistere di più sull’or-ganizzazione di iniziative mirantia un’educazione musicale per tuttele età e le categorie di utenti, an-che per potenziare il livello di sen-sibilizzazione dell’opinione pub-blica e in modo da caldeggiare conmaggior forza la richiesta di unaconsistente presenza della musicanella scuola.Ho elencato varie difficoltà da su-perare, ma non voglio cedere al pes-simismo. Mi soffermo perciò sullabottiglia mezza piena e riconoscoche indubbiamente abbiamo realiz-zato delle conquiste.

Vantaggi e rischidella svolta manageriale

ESTER SERITTI

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Il riconoscimento ufficiale da partedel Ministero alla Siem quale enteper la formazione del personale del-la scuola è una conquista recenteche ci gratifica molto.

2. L’ultima conquista del riconosci-mento ufficiale potrebbe portare aun consolidamento dell’associazionee alla promozione di adesioni. Laforza di questi settori di interventodipende dalle combinazioni più omeno felice di tre punti nodali: • le capacità e le condizioni orga-nizzative dei nostri dirigenti nazio-nali e locali;• la partecipazione degli operatorimusicali che oscillano fra rari mo-menti di speranza e frequenti crisidi sconforto riguardo alle sorti del-l’insegnamento musicale in Italia;• la disponibilità dei politici e degliamministratori locali ad accoglieree a patrocinare la Siem fra le asso-ciazioni italiane degne di attenzio-ne.Ritengo necessaria la collaborazio-ne con altre associazioni ai fini diconseguire un arricchimento reci-proco e maggior forza di rappresen-tanza. Le opportunità in merito esi-stono, a condizione che le varie se-zioni possano permettersi un’effi-ciente disponibilità dei soci.Secondo me i punti forti attualidella Siem sono le attività di for-mazione. La politica editoriale procede fra

molte difficoltà, comunque il livelloraggiunto dalla nostra rivista e dainostri quaderni è gratificante.Considerando la ricerca, credo chesi verifichi più a livello individualeche di gruppo. Eppure proprio que-sto settore andrebbe potenziato pergarantirci un domani interessante:la vetusta didattica strumentale, adesempio, richiede allargamento diorizzonti e molti confronti a livellonazionale e internazionale. Auspicoaltrettanto per le cosiddette materiecomplementari dei conservatori,che in questo momento meritereb-bero una ricca fioritura di speri-mentazioni. Anche il futuro concer-tista dovrebbe avere una culturamusicale allargata e non limitata al-l’ambito di… bottega del suo mae-stro! Nonostante tante difficoltà,trovo che questo periodo è moltostimolante per chi sinceramente hadesiderio di rinnovarsi e di rinnova-re le situazioni!Per quanto riguarda la sensibilizza-zione del mondo politico, riconoscoche la nostra opera è incessante conrisultati alterni a seconda degli in-terlocutori. Possiamo mettere ingioco delle competenze non comunianche in merito di linee program-matiche lungimiranti.

3. L’associazionismo, per quanto ciriguarda, sopravvive soprattuttograzie al volontariato delle solitevittime che, nei direttivi delle varie

sezioni, si prestano ad adempieremolteplici compiti con abnegazio-ne. La partecipazione dei soci lasciamolto a desiderare. Ciò non è giu-sto. I compiti dovrebbero esseredistribuiti e ci vorrebbe anche unavvicendamento periodico nelle ca-riche sociali.Questo fenomeno (che non riguar-da soltanto la Siem) appartiene a ie-ri, a oggi e, con molta probabilità,si verificherà anche domani. Si sta progressivamente affermandola managerialità e mi chiedo seun’associazione solida e senza finidi lucro potrà cedere il campo a col-leghi furbi dotati di particolari abi-lità nello stilare progetti, ma nonsempre capaci di condurli sapiente-mente.Il fatto che l’utenza dei “servizi” of-ferti da alcune sezioni non debbanecessariamente associarsi non mirammarica più di tanto, perché hosempre distinto i soci dagli utenti.Non si può richiedere a tutti la cari-ca ideale del nostro statuto che do-vrebbe caratterizzare i soci.Se voglio tornare all’ottimismo,posso contare soprattutto sulla va-lidità professionale e sulla tenaciadi alcune persone che seguiterannoa costituire comunque un riferi-mento autorevole e che non si ras-segneranno a una resa. Ne contomolte fra le varie generazioni deinostri soci. Sono queste le principa-li forze trainanti della Siem.

Musica Domani 125 – Dicembre 2002 37

Con

fron

ti e

diba

ttiti

Libri ricevutiG. Piermarini, Nuovo Finale con brio. Capi-

re ed imparare a usare bene il più im-portante programma di scrittura dellamusica col computer. Aggiornato allaversione Finale 2002 in italiano, ArmellinMusica, 2002, pp. 393, t 41,98.

M. Labrousse, Corso di Formazione Musi-cale, Lettura delle note, Lettura ritmica,Dettati musicali, Cantati, Esercizi praticie teorici, Vol. 1, Rugginenti, 1999, pp. 80.

P. Molino, Manuale di armonia tonale, perlo studio iniziale della composizione, Edi-zioni Curci, 2000, pp. 174.

C. Heguy, Blu bemolle. Corso di educazio-ne musicale per il primo ciclo della scuo-la elementare, La Nuova Italia, 2001, pp.96, con Strumenti per l’insegnante (pp.30 e audiocassetta), t 5,83.

PartitureV. Virgilio Savona (musiche di), La testa del

chiodo. Azione scenico-musicale perbambini, su poesie di G. Rodari, EdizioniCurci, 1999, pp. 54, con cd.

G. Polloni (a cura di), La notte di Natale.Facili melodie popolari per piccoli piani-sti, Edizioni Curci, 2000, pp. 111.

R. Sportiello, A tempo di swing. Pezzi faciliin stile jazzistico per pianoforte a quattromani, Edizioni Curci, 1999, pp. 40.

R. Sportiello, Great jazz standard, per pia-noforte, con parti staccate d’accompa-gnamento per chitarra, basso e batteria,Edizioni Curci, 2001, pp. 79.

J. de Haan, In Concert, 12 brani per princi-pianti di strumento, particolarmenteadatti alla musica d’assieme, de Haske,2000, pp. 40.

Antologia dello Zecchino d’Oro, 3a raccoltadi 72 canzoni fra le più significative dellamanifestazione, Edizioni Curci, 2000,pp. 239.

G. Campagnolo, Metodo per clarinetto, aduso dei Conservatori e delle scuole me-die ad indirizzo musicale, vol. 7, By Bessedizioni musicali (www.bybess.it), pp.210.

L. Moretti, Variazioni sull’aria “Non più an-drai farfallone amoroso” dall’opera Lenozze di Figaro di W.A. Mozart, per chi-

tarra, Edizioni Curci, 2002, pp. 18.W.A. Mozart, Rondò in la maggiore, Fram-

mento K 581a, completato nel 1870 daOtto Bach, per clarinetto, due violini, violae violoncello, Edizioni Curci, 2002, pp. 68.

R. Vinciguerra, Grandi note per 2 piccolipianisti. Pezzi celebri in trascrizione faci-lissima per pianoforte a 4 mani, EdizioniCurci, 2002, pp. 39.

R. Vinciguerra, Piano Horror. Composizioniper pianoforte in stile gotico, EdizioniCurci, 2001, pp. 22.

A. Vivaldi, Le Quattro Stagioni. Versione fa-cilitata per pianoforte, Schott, 1999, pp.32, t 16,95.

B.C. Turner, Down by the Riverside, 8 Pie-ces for Violin and Piano, Schott, 2001,pp. 39, t 10,25.

P.I. Tchaikovsky, Lo schiaccianoci. Versio-ne facilitata per pianoforte, Schott, 2001,pp. 32, t 16,95.

G. Bizet, Carmen. Partitura per canto e pia-noforte, Schott, 2000, pp. 490, t 39,95.

K. Jarrett, Bridge of Light, for Viola and Or-chestra, Piano Reduction, Schott, 1991,pp. 32, t 18,95.

Page 38: Musica Domani Indice · Rileggere Rodari attraverso la musica [su M. Piatti, Gianni Rodari e la musica, Del Cerro Edizioni] 39 SCHEDE 40 Manuela Filippa Le molte potenzialità del

Sono quasi due anni che il Ministero tace sul ProgettoSpeciale Musica ed è forse opportuno fare il punto dellasituazione. L’ultimo documento ministeriale che trattadei laboratori musicali è infatti la Circolare n. 279 del di-cembre 2000 grazie alla quale sono stati approvati e fi-nanziati circa 90 laboratori nell’anno 2000-2001. Nel-l’anno successivo 2001-2002 non è stato attivato nes-sun laboratorio e nel corrente anno 2002-2003, ad atti-vità didattica ormai inoltrata, sembra non esserci alcunsegnale di ripresa del progetto. I laboratori aperti fino aora sono circa 350 distribuiti in maniera abbastanzaomogenea su tutto il territorio nazionale e in tutti gli ordi-ni scolasti. La maggior parte di questi è funzionante conpunte di eccellenza di cui spesso abbiamo dato conto inquesta rubrica. Un certo numero invece, superato loslancio iniziale, ha rallentato se non addirittura fermatole attività. Le difficoltà incontrate sono state soprattuttodi ordine economico in quanto alcuni laboratori, unavolta allestiti, non sono riusciti a sostenere finanziaria-mente la spesa degli operatori e delle iniziative. Nonsempre quindi è funzionato quell’intreccio tra scuola eterritorio che doveva sostenerne le attività anche tramiteaiuti finanziari da parte delle amministrazioni locali, del-le associazioni e di altri soggetti. Proprio in riferimento al monitoraggio dei laboratori èpartito il progetto VALMUS Valutazione dei Laboratori Mu-sicali nel Sistema Scolastico elaborato dal Centro Euro-peo dell’Educazione. Una prima raccolta di dati e mate-riali provenienti da tutti i laboratori è stata effettuata nel-la primavera del 2001. Un secondo monitoraggio, effet-tuato all’inizio del corrente anno scolastico, ha inveceinteressato un campione ritenuto significativo di 60 la-boratori. Quest’ultima indagine aveva proprio il compitodi sondare la continuità, con domande finalizzate a va-lutare il processo di attivazione e di consolidamento deilaboratori, capirne le dinamiche di sviluppo, focalizzarele difficoltà, individuare le motivazioni nel caso di unacessata attività.Nel corso di questi ultimi anni sono continuate le attivitàdi aggiornamento dei coordinatori di laboratorio organiz-zate dall’IRRE Toscana. Tra marzo e aprile del 2001 sonostati attivati tre seminari interregionali di formazione, ilprimo a Montecatini Terme (PT) per Liguria, Lazio, Mar-che, Sardegna, Toscana, Umbria; il secondo a Vetri sulMare (SA) per Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania,Molise, Puglia, Sicilia; il terzo a Desenzano del Garda(BS) per Friuli, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte,Veneto. Nel novembre del 2001 è stato poi organizzato

un seminario nazionale a Montecatini rivolto ai neo-coor-dinatori e cioè ai coordinatori dei laboratori attivati nel2000-2001. L’IRRE Lombardia sta curando la pubblica-zione degli atti dei seminari. Altre iniziative di confronto e formazione sono state at-tivate da altri istituti regionali di ricerca, ad esempio la“Rassegna musicale dei laboratori musicali e delle me-die ad indirizzo musicale” organizzata dall’IRRE Venetoe di cui è già stata annunciata una riedizione per il2003.L’IRRE del Friuli Venezia Giulia ha avviato un progettodal titolo Il laboratorio musicale nella didattica dei lin-guaggi e in prospettiva interculturale destinato ai coor-dinatori di laboratorio della regione, coadiuvati daesperti ricercatori. La natura interdisciplinare e inter-culturale del progetto richiama un diretto coinvolgi-mento anche di insegnanti di altre discipline, non soloartistiche. Gli esperti hanno il compito di proporre lineeprogettuali, dare coesione al percorso, effettuare i mo-nitoraggi, valutare i materiali prodotti e creare una retedi scambi di informazioni e di documentazione. Inizia-to nel 2002, continuerà per tutto l’anno scolastico cor-rente e prevede la pubblicazione di un volume conte-nente partiture, testi (letterari-musicali, teatrali, cine-matografici), cd-rom, saggi ed esperienze scolastiche,materiale audiovisivo e un cd audio con musiche pro-dotte nelle attività dei laboratori.Un altro importante fulcro di sperimentazione e ricercaè rappresentato dal progetto LaViM il Laboratorio Vivodella Musica di Città della Scienza a Napoli ormai atti-vo da tre anni e dedicato all’attivazione di laboratorimusicali attraverso la realizzazione di percorsi didatticisperimentali. La ricerca è orientata ad approfondire irapporti tra musica e scienza, lo sviluppo delle tecno-logie e il loro utilizzo nella didattica del suono e dellamusica. I risultati del lavoro di questi anni saranno di-vulgati su scala nazionale con un seminario che si ter-rà nei primi mesi del 2003. Verrà inoltre distribuito unpacchetto di materiali Progetto LaViM contenente 32percorsi didattici e due volumi di documentazione.Verrà infine creato su Internet un punto di assistenzaper tutte le scuole interessate all’attivazione di labora-tori musicali LaViM.Queste qualificate esperienze dimostrano che il gran-de movimento che il Progetto Musica aveva messo inmoto – nell’ambito della sperimentazione, dell’inno-vazione, della progettazione, del coordinamento – staandando avanti anche se privo di un efficace coordi-namento centrale e senza un definito orizzonte di svi-luppo per gli anni a venire.

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Spaz

iola

bora

tori Laboratori musicali:

il punto della situazione

CARLA TESSARI

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L’idea per una ricerca su GianniRodari e la musica, dice l’autore, ènata da un corso di aggiornamen-to rivolto a un gruppo di inse-gnanti di Orvieto, attivato in col-laborazione con l’Amministrazio-ne comunale e il Centro StudiGianni Rodari di quella città. Gliobiettivi del lavoro sono stati so-stanzialmente tre: porre in eviden-za come e quanto la musica fossepresente nei testi dello scrittore,avviare una prima catalogazionedi musiche scritte su (o ispirate a)testi rodariani, verificare l’appli-cabilità anche all’educazione mu-sicale di alcune indicazioni meto-dologiche della Grammatica dellafantasia. Ne esce un’attenta ricostruzione,supportata da accurate annotazio-ni biografiche, dell’esperienza diRodari intorno alla musica. Gra-zie ai materiali di diversa prove-nienza (oltre al Centro di Orvieto,l’autore si avvale di numerose fon-ti bibliografiche e dell’apporto delCentro Rodari per la Musica diCosenza, con le sue esperienze giàrealizzate e i vari progetti in atto),la partecipata e dettagliata rico-gnizione si suddivide in cinqueparti.Risvolti musicali della biografiarodariana: esperienze di imprin-ting, vissuti, valori, competenzeacquisite, elementi che denotanouna profonda sensibilità musicale:«un uomo senza musica è come unuomo senza gusto, o senza udito,ha un senso in meno. Se appena neavete la possibilità, imparate asuonare uno strumento: uno qual-siasi, dal pianoforte al piffero altamburo» (p. 13).Riferimenti musicali nelle opere:sono numerosi – dagli aspetti spe-cifici agli strumenti, alle canzoni eai cantanti – ma quel che è degnodi nota è che essi rappresentano

per lo scrittore più che semplici al-lusioni o analogie «configurando-si come vere e proprie annotazionitecniche per stimolare il lettore aintrecciare diversi saperi, per invo-gliare a trovare punti in comunetra strutture di linguaggi diversi,

per facilitare rimandi e incursioninei diversi campi dell’esperienzainfantile» (p. 33). E questo si ponein sintonia con una profonda con-sapevolezza pedagogica, sottoli-neata da Mario Piatti: il fatto cioèche la fiaba, la filastrocca, le storiesi pongono al servizio dei bambiniperché crescano, non perché resti-no bambini. Questo sgombra ilcampo da tutta la produzionebamboleggiante o falsamentebambinesca che talvolta si fa pas-sare per «poesia per bambini» (p.19); una caratteristica che sta gra-datamente investendo anche ilmondo adulto, attraverso un pro-cesso di infantilizzazione negativa

Musica Domani 125 – Dicembre 2002 39

Lib

ri e

rivi

steRileggere Rodari

attraverso la musica

ROBERTO ALBAREA

SCHEDE

Circa 350 proposte di giochi, esercizi e attività teatrali da presentare aibambini: un vero e proprio alfabetiere che, attingendo alla competenzaprofessionale dell’autore (e alla sua più che ventennale esperienza conragazzi, insegnanti e scuole), traccia un percorso organico e graduale, incontinuità tra la scuola dell’infanzia ed elementare, con tappe e scan-sioni definite a seconda dell’età. Rivolto a insegnanti, educatori e ani-matori, Alfabeto Teatro di Marco Bricco fornisce suggerimenti operativiper organizzare e condurre autonomamente un progetto di laboratorioteatrale con bambini dai tre ai dieci anni. Tutte le attività proposte utiliz-zano la creatività e il pensiero divergente, l’ascolto di se stessi e degli al-tri, con una particolare attenzione all’uso del proprio corpo, e collocanoal centro dell’azione il vissuto e l’immaginario individuale dei bambini.Facendo riferimento alle grandi idee che hanno attraversato la storia delteatro e alle tecniche su cui si fondano i suoi diversi codici espressivi, inparticolare all’animazione, l’autore propone infatti il laboratorio teatralecome progetto di ampio respiro da sviluppare accanto alle normali atti-vità curricolari e in stretto rapporto con esse, superando la sporadicità diesperienze estemporanee legate esclusivamente all’allestimento dellospettacolo di fine anno.Organizzato in schede operative, il testo si propone come strumento dautilizzare in classe per valorizzare e incrementare progressivamente leabilità espressive dei bambini, ma non dimentica di fornire i presuppo-sti teorici che sorreggono l’impianto del laboratorio, delineando nelleprime pagine della Guida all’utilizzo di Alfabeto Teatro alcuni concettiessenziali per realizzare un teatro a misura di bambino. Una proposta ampia e articolata, che non vuole in nessun modo imbri-gliare una materia flessibile e variegata, e tantomeno definire rigidi mo-delli di riferimento, ma che intende piuttosto presentarsi come un pos-sibile e stimolante strumento di lavoro, molto utile in una scuola checontinua a considerare marginali le attività espressive. Da leggere econsultare nei momenti di progettazione delle attività, ma anche quan-do si desidera avvicinarsi maggiormente, attraverso il teatro, al pensie-ro e all’immaginario dei bambini, così presente in questo alfabetiere.(F.M.)

Marco Bricco, Alfabeto Teatro. Idee e materiali per un percorsoteatrale dai tre ai dieci anni, Edizioni Erikson, Trento 2001, pp.290, E 20,14.

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Musica Domani 125 – Dicembre 200240

Era il 1984 quando, nel suo libroLa musique est un jeu d’enfant,François Delalande scriveva «inmusica il gioco è una nozione car-dine: [...] anzi, è esso stesso la mu-sica», enunciando così a chiarelettere l’indissolubile legame framusica e gioco. Dopo diciassette anni, la traduzio-ne di quell’opera, inserita nella col-lana Idee e materiali musicali a cu-ra del Centro Studi Musicali e So-ciali Maurizio Di Benedetto, con-sente oggi ai lettori italiani di segui-re le argomentazioni sulle quali il ri-cercatore francese poggia le sue po-sizioni. Per cogliere l’analogia chel’autore ci propone nel titolo, oc-corre districarsi e comprendere me-glio quale sguardo egli adotti sullamusica e sul gioco del bambino.

Nella sua chiara e completa intro-duzione all’edizione italiana,Maurizio Disoteo suggerisce di fa-re un passo indietro volto a rileva-re i punti di riferimento, le ricer-che e i contributi a cui Delalandesi rifà per arrivare alle conclusioniesposte, ricordando prima di tuttol’esperienza della musica contem-poranea, che ha fornito importan-ti punti di riflessione, in particola-re nella specificità delle ricercheelettroacustiche e di musica con-creta: «è talmente evidente che imusicisti concreti fanno qualcosadi molto simile alla musica deibambini che bisognava in qualchemaniera farlo notare». Una volta colte le somiglianze frale ricerche del musicista concreto ele condotte musicali dei bambini

che esplorano le sonorità in sestesse, scoprono degli utensili e deicorpi sonori, così rapiti dalla ma-teria del suono, il passo verso l’esi-genza di una pedagogia musicaleradicalmente rinnovata è breve.Come è poi stato sottolineato nel-la raccolta di saggi Le condottemusicali, tali scelte pedagogiche«non sono divenute realistiche fi-no al giorno in cui la musica con-temporanea non si è avvicinata aquella dei bambini, in cui cioè i si-stemi, siano essi la tonalità o la se-rialità, non siano caduti in disusoe si è imposto un approccio “pri-mitivo” al materiale»1.Il bambino dunque è un musicista,i suoni da lui prodotti vanno sot-tratti alla sfera del rumore e le suericerche sonore, sotto la veste digioco, trovano fondamento nelletre fasi ludiche descritte da Piaget:«la ricerca del suono e del gestonon è altro che un gioco senso-motorio, l’espressione e il signifi-cato in musica si congiungono conil gioco simbolico e l’organizza-zione è un gioco di regole».Proprio partendo dall’analisi delgioco vengono tracciate inconsue-te analogie fra le condotte musica-

Le molte potenzialitàdel gioco musicale

MANUELA FILIPPA

Lib

ri e

rivi

ste tale da inficiare la sua autonomia

di pensare.Fantasia musicale e percorsi didat-tici: «Sarebbe un errore, dice Ma-rio Piatti, considerare queste indi-cazioni come un metodo di educa-zione musicale, o come la sintesidi una didattica musicale di stam-po rodariano» (p. 47). Sono inve-ce tracce, intersezioni, canovacci,mappe, per inventare percorsi enuovi materiali in modo che si diaai bambini non quantità di sapere,ma strumenti culturali per ricerca-re, intrecciando attività motorie,visive, sonore, linguistiche, teatra-li, attraverso uno sfondo integra-tore che unifica le esperienze e «dàsenso e significato ai diversi mo-menti operativi» (p. 53). Le pro-poste, che sono state oggetto disperimentazione nelle scuole (equindi fattibili), sono dotate di

percorsi esemplificativi, alla lucedi quanto affermato da FrancoCambi a proposito del complessoquadrilatero, carico di tensioni, diintrecci, anche di scarti, «fatto diLingua, Scienza, Società e Arte»attorno al quale «si dispongono isaperi formativi per Rodari e sidispone la stessa loro dialetticaaperta, “senza sintesi”» (p. 55). Elaborazioni musicali dei testi ro-dariani, distinte in canzoni con te-sti delle filastrocche, brani musi-cali ispirati a storie e racconti, mu-siche per spettacoli teatrali e perfilm ispirati dalle opere di Rodari.Un’antologia che, come si può de-sumere dal termine, costituisce undeposito di idee, di brani-stimolo,di consultazione o di lettura inter-pretativa, per l’utilizzazione didat-tica e la riflessione pedagogica.Il testo, e penso sia questa l’inten-

zione dell’Autore, oltre a conside-rare l’opera di Rodari da un altropunto di vista, si propone come unsistema aperto verso una serie diinterventi educativi interessanti,sia nell’ambito scolastico che inquello extrascolastico e comunita-rio. Apre perciò a una ricerca con-tinua di invenzione, di creatività edi applicazione che può imboccaree percorrere molteplici strade, cosìcome si prefiggeva il progetto pe-dagogico di Rodari stesso: e que-sto si traduce in una valorizzazio-ne ulteriore della sua opera.

Mario Piatti, Gianni Rodari e lamusica. Appunti pedagogici eproposte didattiche, Del CerroEdizioni, Pisa, 2001, pp. 126,t 14,46

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li del bambino piccolissimo e quel-le del musicista adulto, passandoattraverso uno studio delle prati-che musicali. L’indagine sul gesto, per esempio,già riportata nei suoi particolari allettore italiano nel libro Le con-dotte musicali, si rivela centrale: ibambini infatti accedono alla mu-sica attraverso il fare, agendo su diun corpo sonoro, adattando ilproprio schema senso-motorio al-l’oggetto nuovo, prima ancora cheattraverso l’ascoltare. La centrali-tà del fare e l’importanza di unaprima fase esplorativa e senso-mo-toria costituiscono una novità nel-la didattica musicale per piccolis-simi: in altre proposte di rilievo,infatti, si pensi alla Music Lear-ning Theory dell’americano Ed-win Gordon2, fare musica produ-cendo dei suoni non è centrale esoprattutto non è immediato perbimbi così piccoli, ma primario èpiuttosto l’ascolto, che passa at-traverso un’acculturazione, un as-sorbimento, un’imitazione e unaassimilazione.La scoperta delle ragioni che spin-gono un bambino, come un adul-to, verso l’esplorazione di unostrumento, di un corpo sonoro overso la ricerca della padronanzadi un gesto è la grande svolta au-spicata dalla pedagogia de l’éveil,il passaggio, cioè, dalla didatticadei comportamenti a quella dellecondotte, da una didattica cheguarda alle azioni manifeste adun’altra che, più alla radice, agiscesulle motivazioni spontanee delbambino, perché «educare sola-mente i comportamenti significhe-rebbe perdere l’essenziale»3. Ancora una volta Disoteo, nellasua introduzione, viene incontroal lettore italiano restituendo uncontesto alle affermazioni di Dela-lande, e sottolineando come que-sto approccio all’educazione mu-sicale abbia senso all’interno dellapedagogia de l’éveil, e sia diventa-to simbolo di un orientamentoformativo «basato sull’attivazionee lo sviluppo progressivo delle at-titudini, motivazioni, capacità delbambino».Un testo, dunque, di riflessioniprima di tutto pedagogiche che,scritte in forma di dialogo, rispon-

Musica Domani 125 – Dicembre 2002 41

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ri e

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ste

RASSEGNA PEDAGOGICA di Roberto Albarea

Il numero della rivista che qui si propone all’attenzione dei lettori, fo-calizza alcuni nodi cruciali del ruolo della pedagogia nell’attuale mo-mento storico e sociale. L’Editoriale si appunta soprattutto sulle co-siddette sfide della formazione, intesa come «regolatore pedagogico»delle mondializzazioni socioeconomiche e culturali. Essa, secondoFrabboni, può contribuire a progettare un capitalismo dal volto uma-no: la domanda, dunque, è questa: con quali carte pedagogiche laformazione gioca la sfida della globalizzazione culturale?La prima carta è quella della presa di coscienza che soltanto alimen-tando le componenti valoriali della singolarità sarà possibile contrap-porsi all’uniformizzazione attraverso modelli collettivi di vita persona-le fondati su irriducibilità, irrepetibilità e inviolabilità. La seconda sfi-da è quella che tende alla costruzione di una cultura più ampia diquella che riduce la conoscenza ai saperi elettronici e a quelli imme-diatamente spendibili sul mercato (delle conoscenze, appunto). Oltrea un microset cognitivo indirizzato ad accumulare e selezionare, c’èanche un macroset della conoscenza intesa come attitudine metaco-gnitiva e riflettente, secondo il «triplice dispositivo»: ermeneutico, in-vestigativo ed euristico. Il doppio primato dell’immagine (alfabeti tra-dizionali) e del codice scritto in e-mail o in chat (nuovi alfabeti) po-trebbe porre in secondo piano, se non addirittura reprimere, il lin-guaggio dell’oralità e quello della corporeità, nonché la dinamica del-le emozioni. L’ultima e difficilissima sfida della formazione riguardala possiblità di fornire a una umanità «mediatamente drogata gli alfa-beti di disintossicazione» mediante i quali ripristinare le cifre della ir-ripetibilità personale.Il secondo intervento è di Giuseppe Acone che affronta il tema: «Lascuola e la paideia possibile nel XXI secolo». I grandi paradigmi pe-dagogici del passato (Gentile, Dewey, Maritain, per citarne alcuni)non riescono più a supportare grandi narrazioni e a fornire chiavi in-terpretative del presente (se non al prezzo di una elaborazione con-cettuale, diremmo noi). La «paideia è societas subspecie educatio-nis»: essa attualmente si relaziona alla cosiddetta società del ri-schio. La condizione post-moderna spiazza quasi tutte le agenzieistituzionali della paideia: da quelle più tradizionali (famiglia, scuo-la, chiesa) a quelle informali, ma in minor misura (gruppo dei pari,aggregazioni animate da spirito comunitario e da coesione sociale),per raffigurarci una condizione di individualismo e di isolamentodell’uomo contemporaneo. Fatta eccezione per la libertà individua-le, talvolta così propugnata e testardamente perseguita, a dispetto ditutto e di tutti, tanto da risultare autoreferenziale e scadere in com-portamenti opportunistici, la questione è quella di intraprendere unadifficile ricerca di senso, di trovare una idea generale di scuola, difar fruttificare la dialettica tra libertà e senso etico. «La crisi strut-turale dell’Ethos è quanto di più rilevante si possa immaginare perdare forma adeguata anche alla modalità problematica in cui siesprime oggi l’estrema difficoltà di riformare la scuola di massa e didarle una sagoma rispondente a compiti nuovi».In tale quadro complesso, quali proposte è possibile avanzare?• riattivare nel sistema formativo il «circolo virtuoso» continuità/ tra-dizione e discontinutà/innovazione facendo leva su una nuova inter-pretazione della relazione scuola/famiglia/cittadinanza;• promuovere il circolo ineludibile tra cultura dei sentimenti e cultu-

Pedagogia oggi, Mensile della Società Italiana di Pedagogia, Tecno-did, Napoli, maggio-giugno 2002, n. 3/4, pp. 44. Da richiedere pres-so Ed. Tecnodid, tel. 081441922, fax: 081210893.

Page 42: Musica Domani Indice · Rileggere Rodari attraverso la musica [su M. Piatti, Gianni Rodari e la musica, Del Cerro Edizioni] 39 SCHEDE 40 Manuela Filippa Le molte potenzialità del

dono puntualmente alle domandedi chi intende accostarsi al pensie-ro di Delalande. Una guida efficace e chiara per ri-cercatori musicali, per animatoridi vario genere, per genitori, masoprattutto per educatori. Un sor-prendente capovolgimento delmodo di guardare alla didatticamusicale per i piccolissimi che,guidata dalle linee della pedago-gia de l’éveil, dalle teorie psicolo-giche piagetiane, dall’antropolo-gia della musica e dalle sperimen-tazioni della musica contempora-nea e concreta, vuole andare ol-tre. Oltre la troppo comune di-stinzione fra suono e rumore, ol-tre i limiti imposti dalla musicaoccidentale, oltre i metodi che,seppure attivi, hanno sempre co-me meta la musica tonale, oltrel’illusione che i consueti parame-tri possano essere un adeguato esufficiente vocabolario per la de-scrizione oggettiva dei suoni, ol-tre, dunque, la consueta figuradell’educatore musicale.Si evidenziano infatti, nelle paroledi Delalande, i tratti di un educa-tore nuovo che ascolta con orec-chio consapevole le produzioni so-nore del bambino, che sa coglierele sue “trovate musicali”, che rin-forza e sviluppa le sue ricerche so-nore spontanee e il suo gusto per ilsuono, che gli offre nuove occasio-ni per esplorare i corpi sonori at-traverso “dispositivi” studiati adhoc, che valorizza la dimensioneimmaginativa (simbolica) dellamusica e lo incoraggia verso losviluppo di un’autentica invenzio-ne musicale. Da proposte tanto innovativenon possono non nascere quesiti,dubbi, chiarimenti che compaio-no, sempre in forma dialogica,negli ultimi capitoli: un alternarsidi domande e risposte che tocca-no argomenti, per citarne alcuni,quali gli strumenti da utilizzareper il risveglio sensoriale e musi-cale, la costruzione di un vocabo-lario nuovo che non si basi esclu-sivamente sui consueti parametridi descrizione del suono o l’inte-ressante dibattito circa l’opportu-nità o meno di “far fare delleopere”.Nell’ultimo capitolo vengono infi-

ne fornite alcune “piste multiple”nell’ambito delle quali gli educa-tori, dal nido in poi, possono tro-vare un alternarsi di esperienze di-dattiche e di puntuali e chiare ri-flessioni metodologiche. Si segna-la inoltre un’interessante selezionediscografica che, a conclusione deltesto, propone accostamenti tra lesperimentazioni infantili – qualil’esplorazione di una fonte o dellavoce, la simbolizzazione o la mes-sa in forma – e le produzioni arti-stiche, quasi a ribadire, un’ultimavolta, che la musica (degli adulti)

può essere realmente un gioco (dibambini).

Note1 Delalande, F. (1993) Le condotte musi-cali, CLUEB, Bologna, p. 152.2 Gordon, E., (1997), A Music LearningTheory forNewborn and Young Chil-dren, GIA Publications, Chicago.3 Delalande, F. (1993) op.cit., p. 157.

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ra dei valori (cui non è estranea anche una educazione alla volontà);• contestualizzare in modo più centrato sulla relazione persona/co-munità/solidarietà quanto propone Morin sulla «testa ben fatta», co-niugando la «testa» con il «cuore» e con la «mano» (Pestalozzi);• infine attivare un ulteriore circolo efficace e produttivo tra testuali-tà e ipertestualità in cui la scuola come contenitore, ordinatore e se-lettore di «testi» è integrata dall’attenzione della famiglia e degli am-bienti formativi «terzi» del sociale educante.Piero Bertolini discute sui possibili rapporti tra politica e pedago-gia e sulla crisi, universalmente riconosciuta, dell’agire politico.Fra le possibili alternative dell’esperienza politica egli propendeper quella che punta sulla possibilità di individuare delle unità disenso originarie o strutture portanti, che offrano una generale fun-zione orientativa pur nelle diversificate prassi di tale esperienza.«La crisi politica sarebbe da ricercare nell’avere perso per stradale sue costitutive ragioni d’essere, finendo per ridursi ad una ri-cerca del potere per il potere, inducendo al fallimento molti con-creti sistemi democratici» (p. 19). L’autore si domanda se l’edu-cazione, e la pedagogia, hanno contribuito a questo stato di de-grado della politica e se siano possibili collaborazioni tra educa-zione e politica. Per ciò che concerne il primo quesito, si fa nota-re come una certa responsabilità pedagogica sia da ricercarsi nel-l’aver imboccato in passato la strada di una realizzazione dell’u-guaglianza attraverso una assurda eliminazione delle differenze;d’altro canto sembra sia mancato un esplicito interesse per unaeducazione politica che fosse in grado di diffondere un’autenticacultura conseguente. Per quanto riguarda la cooperazione tra i dueversanti le indicazioni sono: ricerca di significative mediazioni enon di compromessi, ma anche consapevolezza dell’inevitabilitàdel conflitto (che non si identifica con la violenza e che si può tra-durre in resistenza di fronte alla pratiche politiche più scorrette);importanza di una adeguata gestione anche della quotidianità chesappia realizzare una sorta di micropolitica, nelle scelte e nei com-portamenti (più volte ribadito dalle pagine di questa rubrica); esi-genza che gli educatori riguadagnino il gusto per la politica e sap-piano testimoniarlo.Il numero della rivista contiene inoltre un contributo di Alberto Gra-nese su «Filosofia, pedagogia e filosofia dell’educazione»; una tavolarotonda su: La scuola oggi e le voci «altre», con interventi di un pe-dagogista (Alessandro Antonietti), di una antropologa (Matilde Calla-ri Galli), di un attore (Arnoldo Foà) e di un filosofo (Ado Masullo); unaintervista a Francesco Guccini, note di Cesare Scurati e Franco Fab-broni, recensioni e informazioni varie su iniziative e convegni.

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François Delalande, La musicaè un gioco da bambini, FrancoAngeli, Milano, 2001, pp. 185,t 14,46.

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Nel Quaderno della Siem curatoda Anna Maria Freschi, Insegnareuno strumento, si ritrovano le at-mosfere vissute durante il conve-gno sull’approccio allo strumentotenuto a Perugia nel settembre2001, sebbene il testo non si pro-ponga come Atti del convegno.Per questa stesura, infatti, sonostati selezionati alcuni contributisu quei temi pedagogici (quali larelazione insegnante/allievo o il“che cosa avviene” – a livello co-gnitivo, emotivo, motorio – nellapersona che impara a suonare)non sempre approfonditi da chi sioccupa di didattica strumentale,come ricorda la curatrice del volu-me nell’introduzione.L’attenzione del lettore, già dalsottotitolo Riflessioni e propostemetodologiche su linearità/com-plessità, si focalizza sul dibattitoin corso, che critica una visione li-neare dell’apprendimento (dal piùsemplice al più complesso) sottoli-neando piuttosto la sistemicitàdell’esperienza. Anna Maria Freschi ci spiega, nelsuo bel saggio, che la conoscenza fi-nora è stata pensata come un edifi-cio da costruire mattone su matto-ne: materiale sempre uguale a sestesso da accumulare uno strato do-po l’altro fino a ricostruire l’oggettoda conoscere. La prospettiva attua-le invece vede l’apprendimento nonpiù come un appropriarsi della real-tà ma come un relazionarsi con es-sa; più adatta quindi la felice imma-gine del rapporto tra un fiume e ilterritorio in cui scorre: ambienti di-versi che interagiscono modifican-dosi a vicenda. Il tentativo è dire a chi si occupa diinsegnare (di trasmettere la cono-scenza) che deve assumere unanuova mentalità, aperta al “noncerto”, ossia alla non coincidenzadel “prodotto” dell’allievo con

quello del maestro, poiché nellarelazione educativa entrano ingioco le diverse identità dell’allie-vo e del maestro: persone differen-ti che interagiscono modificandosia vicenda! Ecco allora riapparire in modoprofondo un concetto già suggeri-to da Piaget, e cioè che la cogniti-vità si costruisce attraverso l’inte-grazione delle esperienze corporeeed emozionali: concetto così veronella relazione con lo strumentoche basterebbe da solo per indi-carci delle modalità di insegna-mento. Ma la questione diventa quasi la-palissiana leggendo l’intervento diSorbi che, con un linguaggio allanostra portata, ci illustra questionidavvero complicate. Se l’interessedei neurologi verso chi suona è do-vuto al fatto che di per sé questa èdavvero un’attività complessa, ègrazie a questi studi che veniamo asapere, ad esempio, che la motiva-zione a compiere un movimento at-tiva aree cerebrali diverse da quelleutilizzate per movimenti non agitiper interesse (quindi non scaturitida un’emozione), ma anche che ilcervello apprende schemi di movi-mento, non singoli movimenti. Aquesto punto chiedersi se ha sensofar studiare la tecnica, che tende aparcellizzare gesti e repertorio, èquantomeno inevitabile. Si sgretola quindi, alla luce dellascienza, l’importanza della notaintesa come primo e fondamentalemattone della conoscenza musica-le e dell’approccio allo strumento.Poiché non è assemblando singoleunità di conoscenza che emerge ilsenso musicale, meglio impostarel’approccio allo strumento la-sciando un grande spazio alla li-bertà di movimento sullo stru-mento. In questa prospettiva si pone l’in-

tervento di Donatella Bartolini:con un’analisi critica ad alcuniprimi libri per pianoforte, l’autricedimostra come il tipo di scritturascelta (generalmente da una notadi partenza si vanno via via ag-giungendo le altre) limiti il tipo digesto strumentale. Senza adden-trarsi nelle metodologie che utiliz-zano il canto e il suonare ad orec-chio o per imitazione, Bartolini ri-prende le proposte legate al gioco(come Kurtág), all’invenzione e al-la conquista di una tecnica perso-nale, magari a partire da movi-menti che si fanno abitualmente.Far inventare ad esempio braniche utilizzano un gesto come iltamburellare delle dita (movimen-to che contiene uno schema d’a-zione unitario e una velocità corri-spondente all’impazienza chespesso lo caratterizza) ideandoneanche modalità di scrittura, o uti-lizzando una scrittura che si servadei codici contemporanei, puòfornire una valida alternativa all’i-dea dell’insegnare solo a eseguire(nota per nota) per dare spazio aquella dell’insegnare a fare musica(nel senso più ampio del termine)con lo strumento. Ci si trova quindi a riproporre quel-la che con Piatti potremmo definireuna “didattica dell’occasionalità”,in cui l’insegnante coglie i suggeri-menti delle situazioni e contribuiscea organizzare quei dispositivi, perdirla con Delalande, adatti a creareun contesto di apprendimento ri-spettoso delle diverse modalità diapprendimento di ogni allievo: suquesta linea si propone anche ilcontributo di Pepicelli. Con un sopraffino esempio lettera-rio, Moderato cantabile di Mar-guerite Duras, in cui l’insegnantepressa l’allievo di richieste per defi-nire l’espressione agogica (sosti-tuendo parole con altre parole),l’autore mostra come spesso la di-mensione di chi insegna non coin-cide con quella di chi apprende,orientata più al sentire e al provareche allo svolgersi a livello verba-le/astratto. È la dimensione tipicadel condizionamento, basato suuna relazione unidirezionale (dal-l’insegnante all’allievo) e su una di-dattica dell’allenamento: situazioniche consentono di arrivare piutto-

Ricerche e prospettiveper l’insegnamento musicale

MARINA CALLEGARI

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sto rapidamente a un obiettivo. Pepicelli avverte che, se esercizioci deve essere, serve una maggiorconsapevolezza: nella ripetizionesi cerca un cambiamento, cosa chepuò avvenire solamente se si è pre-so atto di ciò che si sta facendo.Poiché l’insegnante non è l’allievopuò solamente osservare l’allievoaiutandolo a rendersi conto dellesue sensazioni, con indicazioni chelo favoriscano nel sentire differen-ze anche minime, ed evitandoquelle pressioni che impedisconoun vero auto-ascolto, inteso nonsolo come fatto uditivo ma soprat-tutto come fatto cinestesico. Nell’immersione in un contesto diapprendimento, di cui insegnantee allievo insieme contribuiscono adisegnare i contorni, sono la moti-vazione e la relazione affettiva –con l’insegnante ma anche con lostrumento e il repertorio, intesicome terreni di esplorazione e digioco – a far scattare la molla diun apprendimento che però appa-re lento, specie all’inizio. L’allena-mento qui è fondato più sulla di-scriminazione che sul potenzia-mento; ma ciò che si è imparatopermane più a lungo nel tempo. Viè la saggezza del saper lasciare cheil tempo maturi le informazioni (ilrisparmio “energetico” spiegatoanche nel saggio di Sorbi), tipicadi un modello di autoconsapevo-lezza corporea come il Felden-krais, basato su studi scientifici(dall’anatomia alla fisica) e sullacompetenza in arti marziali (Fel-denkrais faceva judo). Tale sag-gezza porta a una pedagogia dellapossibilità, che sembra recitare:per ognuno di noi è possibile mi-gliorare e cercare strade per farlo.Su analoghe posizioni si sono mos-

se molte prospettive didattiche nelcorso del Novecento, come ci illu-stra Bellentani nel saggio che chiu-de il volume, dove troviamo anchequalche interessante esempio prati-co. La crisi della lezione di tipo tra-dizionale (la lezione ispiratrice, ca-ratterizzata dall’esempio strumen-tale e interpretativo del maestro chesuscita la musicalità dell’allievo) èdovuta al fatto che troppo spesso ilvissuto musicale dell’allievo noncoincide con la tradizione musicaledel maestro. Per risolvere questadifficoltà di comunicazione fra in-segnante e allievo diverse metodo-logie hanno lavorato sul fronte cul-turale, occupandosi di un reperto-rio limitato che diventa terreno co-mune tra maestro e allievo, oppureandando alla ricerca di una didatti-ca globale.La panoramica offerta da Bellenta-ni mostra come in quest’ultima pro-spettiva si sono mossi sia coloro chehanno cercato di descrivere gliaspetti fisiologici dei gesti strumen-tali, dove spicca l’idea di un movi-mento globale che parte dal centrodel corpo sfruttando l’energia e nonla forza, sia gli autori che rilevanoquale terreno comune tra insegnan-te e allievo quello del fare esperien-za. In entrambe le modalità di ricer-ca il concetto di buona impostazio-ne viene decisamente relegato inposizione marginale. La prospettivasviluppata sulla consapevolezzadell’esperienza collega ciò che èbuono in generale con ciò che vabene per quello studente in quelladeterminata situazione: la natura-lezza del movimento particolare,trovata lavorando su di sé e nontentando di applicare regole gestua-li, si inserirà nella consapevolezzacomplessiva del proprio modo di

suonare che l’allievo ha in quel mo-mento. Ben può aggiungersi, in questoprocesso, l’uso dell’immaginazio-ne: immaginare il bel suono puòaiutare il corpo a trovare la posi-zione più adatta alla sua esecuzio-ne; immaginare di eseguire il re-pertorio in un contesto diverso(l’esecuzione corporea dalcrozia-na) può rendere evidenti allo stu-dente gli spazi di miglioramentoancora possibile. Nel cercare l’integrazione tra tuttii piani (corpo, organi sensoriali,immaginazione, psiche, spirito)coinvolgendoli nel processo sti-molativo, l’insegnante-maieutacrea una situazione di auto-ascol-to, quindi di concentrazione, si-lenzio attento, coinvolgimento:anche se egli non sa bene cosa an-drà esattamente a smuovere e qua-le risposta darà lo studente.Questa apertura alla novità e alladiversità dell’esperienza, essenzia-le per la vitalità e la verità del rap-porto didattico, non risolve il con-fronto tra linearità e complessitànell’apprendimento strumentale,ma arricchisce in modo essenzialeil dibattito in corso.Al fine di evitare che l’insegna-mento strumentale rischi di isolar-si rispetto ai grandi temi pedago-gici (il rischio della iper-specializ-zazione, sottolineato da Morin)Insegnare uno strumento non do-vrebbe mancare nella bibliografiadei futuri e attuali docenti di stru-mento.

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A.M. Freschi (a cura di), Inse-gnare uno strumento, Quadernidella Siem, EDT, Torino, 2002,pp. 116, t 11,88.

La trovate qui.Torino, Beethoven Haus

Milano, MitarotondaPadova, Musica e Musica

Bologna, Ut OrpheusFirenze, Ceccherini

Roma, Hortus MusicusRoma, Musicarte

Napoli, SimeoliPalermo, Matilde Sacco

Nelle Librerie Feltrinelli di:Ancona, Bari, Bologna, Brescia,Ferrara, Firenze, Genova, Milano,Modena, Napoli, Padova, Pescara,Pisa, Parma, Ravenna, Roma,Salerno, Siena e Torino

e nelle Librerie Fernet di:Piacenza, Alessandria e VigevanoMu

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Il libro di Maurizio Disoteo puòessere collocato nell’alveo deglistudi sull’educazione musicale.Tuttavia l’attenzione non è tantorivolta all’educazione alla musica,intesa come alfabetizzazione auno specifico sistema musicale,quanto all’avvio alla musicalità inrelazione allo sviluppo di atteggia-menti, comportamenti e motiva-zioni. Di qui uno sguardo prefe-renziale nei confronti dell’identitàmusicale. Essa, secondo Disoteo,«ha un suo imprinting originario,che si forma attraverso l’ambientefamiliare e sociale a partire daiprimi mesi di vita, ma che si inte-gra nell’arco di tutta la vita attra-verso i vissuti musicali» (p. 85).L’identità musicale, come ogniforma di identità, è qualcosa che sisviluppa all’interno di processiculturali e costituisce il nucleo es-senziale della crescita formativadel soggetto (un nucleo troppoignorato, secondo Disoteo, da unascuola spesso sbilanciata sulle di-scipline e su meri processi di incul-turazione). All’inculturazione Di-soteo preferisce l’interculturalitàcome categoria della relazione. Leidentità individuali e collettivenon devono essere pensate comeentità chiuse in se stesse ma comeluoghi magmatici in continua tra-sformazione. Pertanto «assumereun atteggiamento interculturalenell’educazione e nell’animazionemusicale significa soprattutto farcomunicare le diverse identità mu-sicali, metterle in gioco e farle in-teragire tra loro» (p. 156).Sulla base di queste premesse il li-bro si propone di aprire agli edu-catori, agli animatori musicali, agliinsegnanti e ai musicoterapisti ilmondo dell’antropologia culturalee dell’antropologia della musica inparticolare. Il volume si sviluppa,in primo luogo, attraverso una ras-

segna dei temi e degli ambiti di ri-flessione della disciplina definitaantropologia della musica (primocapitolo). Ne emerge il quadro diuna disciplina aperta, che studia iflussi, gli intrecci, le dinamiche trale culture. L’idea della cultura noncome oggetto chiuso e statico macome costrutto aperto in continuaibridazione e meticciamento conl’altro è il tema del secondo capito-lo. Disoteo mette in guardia dauna concezione che guarda alleculture con attenzione alla loro“autenticità” (idea diffusa ancoroggi come reazione all’anonimiadella cultura di massa) smasche-rando l’ingenuità e magari l’im-broglio di una visione foriera dipericolosi atteggiamenti fonda-mentalisti. Lo sguardo sull’altro (èil ricorrente tema fenomenologicodell’entropatia) è sempre soggettoal rischio della proiezione, di unasua costruzione a partire solo da séinvece che anche da sé (è su questadifferenza che, per inciso, si è svi-luppata tutta la ricerca husserlianasulla percezione dell’altro). È cosìche si sviluppano gli stereotipi:nella musica basti ricordare il casodell’Aida, citato da Disoteo, in cuil’Oriente viene rappresentato nelmodo esotico corrispondente al-l’immaginario del pubblico euro-peo dell’epoca. Ma perché gli ste-reotipi non si trasformino in pre-giudizi o qualcosa di peggio l’iden-tità individuale e culturale di cia-scuno non va assolutizzata ma vis-suta nel suo essere migrante, fruttoperenne di incontri e ibridazioni. Èin questa dialettica tra appartenen-za e spaesamento che si gioca lapossibilità dello sviluppo di identi-tà aperte (sul tema rimando al belsaggio di G. Vattimo, La societàtrasparente, Garzanti, Milano,1989).Lo sguardo sull’antropologia del-

la musica ha un’appendice nell’ul-timo capitolo del volume, dopo icapitoli centrali di carattere piùpedagogico. Qui Disoteo volge ilsuo sguardo al rapporto tra musi-ca e stati alterati di coscienza. Ilfenomeno del tarantismo e le altretrance terapeutiche non europeemettono in luce la presenza, an-che prima della moderna musico-terapia, di una lunga tradizioneche guarda alla musica non tantocome a un oggetto formale ma al-la sua capacità di agire sulla sog-gettività. Nel capitolo quinto sidelineano principi e orientamentidi un’educazione musicale orien-tata in senso interculturale: il su-peramento di un atteggiamentopuramente sommatorio (aggiun-gere alla normale attività didatti-ca qualche musica non europea èuna scelta riduttiva), il recuperodell’oralità e dell’improvvisazionenell’apprendimento musicale, l’at-tenzione alla corporeità. Que-st’ultima non viene intesa comeritorno a una presunta naturalitàdel ritmo ma, più in generale, co-me il tentativo di mettere in rela-zione il gesto che produce il suo-no e il suono stesso. A tutto ciò sideve aggiungere la presa di di-stanza nei confronti dei tentatividi indirizzare precocemente glieducandi verso gli stili e gli atteg-giamenti tipici della musica occi-dentale, l’attenzione al metodoautobiografico e alla teoria dellecondotte musicali.Il libro di Disoteo si segnala, dun-que, per la presenza di un’artico-lata panoramica sull’antropolo-gia della musica in funzione peda-gogica. È un quadro che può cer-tamente essere di aiuto agli edu-catori al fine di relativizzare ilproprio punto di vista e quellodella propria cultura di apparte-nenza. Soprattutto oggi, in unmomento di grandi migrazioni,siamo chiamati tutti ad avvicinar-ci con spirito più aperto all’alteri-tà e alla relazione.

Un approccio interculturaleall’educazione musicale

ENRICO BOTTERO

Maurizio Disoteo, Antropolo-gia della musica per educatori,Guerini e Associati, Milano,2001, pp. 252, t 18,59.

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DA NON PERDERE di Luca Marconi

In questo articolo Anna Rita Addessi, ricercatrice della facoltà diScienze della Formazione dell’Università di Bologna, torna ad af-frontare alcuni dei temi toccati dal Quaderno della Siem da lei cu-rato, Le metamorfosi del suono (Torino, EDT, 2000). Chi non ha let-to tale volume potrà trovare una prima introduzione alla riflessionesu diverse possibili relazioni che si sono create, dagli anni ’60 a og-gi, tra la musica contemporanea e la didattica che si interroga sul-la musicalità infantile. Chi già conosce Le metamorfosi del suonopuò trovare alcuni spunti di approfondimento: nella prima parte delsaggio, viene affrontata la relazione tra la poetica musicale di JohnCage e le teorie di François Delalande; nel prosieguo vengono mo-strate diverse possibili interazioni tra le esperienze vivibili con alcu-ne musiche contemporanee e le proposte pedagogiche elaborateda Piero Bertolini e Marco Dallari quando questi invitano a provo-care negli studenti qualche forma di stupore estetico. Tra i testi elencati nell’ampia bibliografia che correda il saggio diAddessi, ulteriori riflessioni sulla musicalità infantile si possono tro-vare nel numero speciale del 1999-2000 della rivista MusicaeScientiae, che presenta gli atti di un simposio dal titolo “Rhythm,Musical Narrative and Origins of Human Communication”, tenuto-si a Liegi nel 1998, nel corso della seconda edizione della Confe-renza Internazionale del CASYS - Computing Anticipatory Systems.Particolarmente interessante è il saggio di Colwyn Terwarthen “Mu-sicality and the intrinsic motivic Pulse: Evidence from humanPsychobiology and infant Communication”, nel quale vengono illu-strati alcuni aspetti della musicalità riscontrabili fin dal primo annodella vita umana, cercando di individuarne le origini. Nell’ambitodelle teorie di Terwarthen, i primi scambi vocali tra madri e figlivengono studiati dagli articoli di Stephen N. Malloch (“Mothers andInfants and communicative Musicality”), Maya Gratier (“Expres-sions of belonging: the Effect of Acculturation on the Rhythm andHarmony of Mother-Infant vocal Interaction”) e Louise Robbie(“Emotional Musicality in the Mother-Infant vocal Affect, and anacoustic Study of postnatal Depression”). Marc Wittmann e ErnstPöppel, nel loro studio intitolato “Temporal Mechanisms of theBrain as fundamentals of Communication – with special Referenceto music Perception and Performance”, affrontano le capacità rit-miche umane sulla base di una tassonomia dei processi temporalidel sistema nervoso centrale. Completano la raccolta “Synchro-nous chorusing and the Origin of Music” di Björn Merker e “Stud-ying temporal Co-ordination in jazz Duets” di Benjamin Schögler.

Anna Rita Addessi, “I bambini e la musica contemporanea”, KonSe-quenz, Rivista di musiche contemporanee, anno VIII, n. 6, pp. 63-85.Musicae Scentiae. The Journal of the European Society of the Co-gnitive Sciences of Music, Numero speciale 1999-2000, “Rhythm,Musical Narrative and Origins of Human Communication” (di-sponibile presso la Biblioteca del Dipartimento di Musica e Spetta-colo dell’Università degli Studi di Bologna, la Biblioteca del Dipar-timento di Psicologia dell’Università degli Studi di Bologna e la Bi-blioteca Interdipartimentale di Psicologia dell’Università La Sa-pienza di Roma).

NotizieIl Dialogo Sonoro

Seminario di formazionein musicoterapia didattica esperienziale

Nel Dialogo Sonoro due o più per-sone comunicano tra loro attraversoi suoni prodotti con il proprio cor-po, con la voce, con oggetti qualsia-si, con strumenti musicali. Improv-visando, ascoltandosi reciprocamen-te, reagendo ciascuno ai messaggidell’altro, in una interazione sonoralibera da schemi precostituiti. Durante il seminario verranno pro-poste tecniche di affinamento per-cettivo indispensabili per creare unabuona relazione che avviene ancheattraverso il ricalco della mappa delmondo della persona facilitata, si af-fronteranno i concetti di posizionipercettive, intese come capacità diosservazione del contesto relaziona-le da punti di vista diversi, accetta-zione, rifiuto, squalifica degli aspettidi contenuto e/o di relazione. Ver-ranno proposti giochi di ruolo edesperienze di respirazione, movi-mento, improvvisazione di gruppo.Il quadro di riferimento teorico en-tro cui le esperienze verranno analiz-zate è quello della ProgrammazioneNeurolinguistica.Il corso, destinato a musicoterapisti,musicoterapeuti, educatori, insegnan-ti di sostegno, insegnanti, musicisti,operatori musicali, operatori sociosa-nitari, studenti., si terrà presso il Cen-tro socioriabilitativo, V. Galli, 16,Faenza nei giorni di sabato 11 e do-menica 12 gennaio 2003, per una du-rata complessiva di 13 ore.

Per informazioni: tel. 0546 25404 o0546 667622

Riviste ricevuteIl cantastorie, Rivista di tradizioni po-

polari a cura dell’Associazione cul-turale Il Treppo di Reggio Emilia,“Il tarantismo e la pizzica salenti-na”, n. 61, gennaio-giugno 2002,pp. 64, e 8, per contatti: http://rivi-stailcantastorie.interfree.it

Cooperazione educativa, La rivistapedagogica e culturale del Movi-mento di cooperazione educativa,“Parliamo di guerra”, n. 1, gen-naio-febbraio 2002, edizioni ju-nior, Bergamo, pp. 72, e 5,78

Il Fronimo, rivista di chitarra, n. 119,luglio-settembre 2002, Edizioni IlDialogo, Milano, pp. 76, e 9

4e40, Quadrimestrale di formazionemusicale di Scuole Musicali Tren-tine S.C.AR.L., n. 1, gennaio-aprile2002, Edizioni Osiride, Rovereto(Tn), pp. 40, s.i.p.

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Suono e Gesto. All’apparenza separati. In realtà cosìintrinsecamente congiunti da creare un’unità solidale,compatta, praticamente inscindibile. Una corrispon-denza e un equilibrio costruiti con anni di pratica, distudio, di paziente ricerca. Nella strumentalità classica il suono rappresenta cer-tamente il polo trainante di questo binomio: è sul suo-no che il gesto viene regolato, calibrato, modulato, èattraverso il suono che il gesto trova la sua precisione,diventa duttile, sviluppa la propria sensibilità. L’appro-priazione è lunga e talvolta tormentata, richiede sedi-mentazioni di anni; nessun metodo strumentale fingedi offrire contributi risolutivi, anzi, molto spesso trala-scia, attende, rimanda.Tra le possibili direzioni di ricerca dischiuse dalle avan-guardie degli anni Sessanta e Settanta non sono man-cate operazioni intente a indagare, distorcere, e perfi-no infrangere il legame gesto-suono. Così hanno vistola luce composizioni in cui il gesto esecutivo, vincendoil rapporto di sudditanza col suono, ha rivendicato unapropria autonomia, una propria centralità espressiva.In queste opere, la motricità strumentale si è distacca-ta da una “naturale” direzionalità per ricercare un con-tatto creativo con lo strumento; contatto visivo, mimi-co, talvolta teatrale. È il caso di Espressione di Giusep-pe Chiari, da cui è tratta la citazione iniziale. Qui lemodalità di produzione del suono balzano in primopiano e acquistano un’importanza determinante an-che rispetto al suono stesso. In Espressione lo stru-mentista viene incoraggiato a cercare col proprio stru-mento un rapporto nuovo, scevro dalle incrostazioni diuna pratica consumata, per ritrovare il miracolo delprimo contatto, quell’intensità offerta solo dal procede-re verso l’ignoto: «Le mani sono quelle di un inespertodella tastiera, radicalmente inesperto […], deve com-portarsi come un bambino di 3 anni […], non consi-derare la tastiera una scala, pensare di avere sotto lesue mani una carta che può solo piegarsi, incresparsi,presa nella morsa sotto il peso delle dita»Più o meno nello stesso periodo, agli inizi degli anniSettanta, attraverso percorsi distanti e antitetici, uscivaalle stampe un metodo per pianoforte dedicato a bam-bini molto piccoli (da quattro a sette anni). L’autore,Klaus Runze, senza rifarsi né al Dada, né a Fluxus, marimanendo ben saldamente all’interno dei confini di-dattici, propone un percorso di apprendimento che

mostra evidenti analogie, quasi un cammino simmetri-co. In Zwei Hände – Zwölf Tasten il contatto con lostrumento privilegia infatti, in maniera netta, l’aspettopiù spiccatamente gestuale. Una gestualità essenzial-mente ludica, quella di Runze, rappresentativa, mimi-ca, narrativa. In Der Tiger la mano afferra, striscia, lot-ta; le dita diventano artigli di una tigre affamata, la ta-stiera un terreno di caccia (Fig. 1). Con due esecutori(come suggerisce l’autore stesso) la lotta può divenirequasi reale: le mani-tigre si scrutano in lontananza, siavvicinano furtive, si scontrano con balzi fulminei eprese feroci di artigli. Altrove, la mano si trasforma in un becco di pappagal-lo, in una scimmia che si aggrappa ai rami, in un ric-cio che cammina tra gli alberi del bosco. Alla gradualità tradizionale, basata sulla lentezza, sullascelta di ambiti ristretti e intimamente influenzata dal-la grafia, Runze sostituisce una progressività pura-mente motoria, mostrando come si possa giocare colpassaggio del pollice, coi salti e coi glissati fin dalle pri-me lezioni. Il testo espone un catalogo dei movimenti ritenuti fon-damentali per la tecnica pianistica, anche avventuran-dosi in ambiti generalmente esclusi dalle fasi inizialidello studio. Dapprima il gesto è generico – anchegrossolano – direttamente derivato da una motricitàquotidiana, ma poi si indirizza verso una sempre piùspecifica attitudine strumentale. Soprattutto in certe pagine di Zwei Hände – Zwölf Ta-sten, questa concentrazione intorno all’aspetto moto-rio finisce per allontanare il fulcro dell’azione esecutivadal risultato sonoro. Il gioco narrativo del “fare finta di”attrae tutte le energie dell’esecutore, le distoglie dal

La tecnica come avventura

DONATELLA BARTOLINIFig. 1

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suono che diventa, alla fine, nient’altro che un effettoderivato al quale il bambino stenta a porgere attenzio-ne. È interessante notare che nel 1962 il compositoreamericano Alvin Lucien scrive un’opera per pianofortedal titolo Action Music nel quale richiede esplicitamen-te che i suoni prodotti rappresentino soltanto un “resi-duo” del gesto. E ugualmente “residuali” appaiono anche i risultati so-nori di molte proposte di Zwei Hände – Zwölf Tasten.Altrove, invece, l’esuberanza del gioco narrativo finisceper spegnersi nella ripetizione di sterili formulette ap-plicate secondo un razionale e “didattico” trasporto-cromatico-su-tutti-i-semitoni o un altrettanto coerenteribaltamento-simmetrico (Fig. 2).Non è certo il tradizionale vincolo della notazione a fre-

nare le sperimentazioni gestuali del didatta tedesco.Nel primo volume, infatti, la grafia viene abolita quasidel tutto, per essere sostituita con disegni, filastrocche,storie. Ma è soprattutto ai disegni che viene affidatol’incarico di illustrare i compiti e le attività richieste dal-l’autore. Infatti, se si escludono quei pochi e limitati ca-si in cui il testo utilizza le prescritture, Runze consegnaall’immagine della tastiera il compito di chiarire il gestoo illustrare il risultato sonoro desiderato. Questi disegni– quasi intavolature – pur corredati da frecce e nume-retti, non riescono però a fugare appieno i dubbi sulleintenzioni dell’autore (Fig. 3). Infatti, il movimento ese-cutivo, anche il più semplice, non si sottomette facil-mente a una rappresentazione bidimensionale essen-zialmente statica. “Disteso”, privato del suo articolarsinel tempo, congelato in un disegno statico, il gesto di-viene spesso inintelligibile. Consapevole di queste difficoltà di lettura, l’autore ri-porta a fondo pagina una più “domestica” trascrizionein notazione tradizionale, a esclusivo uso degli inse-gnanti. Proprio queste piccole note rivelano quanto icolori, i giochi, le avventure rimangano spesso relega-te unicamente all’ambito narrativo, mentre l’aspettomusicale confluisca molto rapidamente in quei bennoti esercizi tecnici appartenenti alla tradizione didatti-ca più consolidata. Se Zwei Hände – Zwölf Tasten, soprattutto nelle suepagine iniziali, rivela una precisa critica ai limiti deipercorsi tradizionali e manifesta esplicitamente l’inten-to di superarne le restrizioni motorie, col suo progredi-re sembra invece stemperare questo tentativo di rinno-vamento. Così la grande varietà motoria iniziale – giu-stamente tesa a ricercare più una flessibilità gestualeche non una diligente accuratezza tecnica – pian pia-no si cristallizza proprio in quelle forme codificate dauna tradizione strumentale decisamente meccanicisti-ca. Al tempo stesso l’esplorazione motoria più autenti-camente “gestuale” viene abbandonata in modo defi-nitivo lasciandoci il desiderio di un percorso didatticocapace di mettersi realmente sulle orme di Kagel, del-lo stesso Chiari, o di una sichtbare Musik (Musica davedere) alla Schnebel. Eppure, eravamo arrivati così vicino.

K. Runze, Zwei Hände – Zwölf Tasten, Schott’s Söhne,Mainz.Il testo è disponibile in tedesco: Vol 1, Ein Buch mit Bildernfür kleine Klavierspieler, ED 61100 (1971); Vol 2, Spiel mitNoten, ED 6300, (1973), o in inglese: Vol 1, A picture-bookfor pianists ED 11366 (1977), Vol 2, Playing with music, ED11367 (1977). I due volumi sono corredati da un fascicoloper l’insegnante disponibile solo in lingua tedesca: Leherer-heft, ED 7142, (1984).

Fig. 2

Fig. 3